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  1. Sotto la lente - Calciopoli: la parola passa alle motivazioni 27.03.2015 01:40 di Carmen Vanetti Twitter: @@carmenvanetti1 "Qualcuno doveva aver calunniato Joseph K. perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina fu arrestato". E' l'incipit de "Il processo" di Kafka, un libro che Luciano Moggi, nel suo 'Il pallone lo porto io", dice di aver iniziato a conoscere ed apprezzare dopo Calciopoli, per i risvolti surreali che accomunano le due vicende. E il giudizio della Cassazione, che è, pardon, dovrebbe essere il supremo giudice di legittimità dell'ordinamento giudiziario italiano, non fa che rendere ancora più surreale l'intera vicenda. Almeno per il momento. E' infatti chiaro che per comprendere a fondo quali siano state le ragionate pronunce della Cassazione occorrerà attendere le motivazioni, perché dal dispositivo due sono i fatti espliciti: - l'assoluzione di Moggi dei reati sportivi di cui ai capi B e M, rispettivamente relativi a Udinese-Brescia (1-2), arbitrata da Dattilo, ora assolto (la famosa partita dell'espulsione di Jankulovski, su segnalazione dell'assistente Camerota) e a Juventus- Milan 0-0, arbitrata da Bertini, anch'egli ora assolto. - l'annullamento del reato di associazione a delinquere, capo A, perché estinto per prescrizione (sia per Moggi che per Giraudo che per Pairetto; ricordiamo che l'altro designatore, Paolo Bergamo, aveva visto in appello annullata la sentenza di primo grado perché il legittimo impedimento del suo difensore nella fase finale aveva fatto venir meno il suo diritto di difesa). Attraverso quale percorso la Corte di Cassazione (che, giova ricordarlo, non entra nel merito ma deve solo certificare la legittimità giuridica di quanto statuito nel giudizio precedente) sia giunta alla sua pronuncia lo capiremo dalle motivazioni. C'è da rilevare anzitutto che l'estinzione del reato per prescrizione mette anzitutto sotto accusa il modo in cui la vicenda processuale è stata gestita perché a dilatare in maniera abnorme i tempi non sono certo state le difese, cui peraltro è toccato svolgere pure una parte del lavoro che sarebbe toccato ai pm (svolgere accertamenti anche su fatti e circostanze a favore degli indagati, art. 358 cpp); la difesa di Moggi, peraltro, proprio per favorire la snellezza del tutto aveva drasticamente tagliato il numero dei testimoni (da 150 a soli 24); al contrario l'accusa ci ha messo molto del suo, per esempio avanzando e reiterando la richiesta di ricusazione del giudice Teresa Casoria. Nelle motivazioni non potranno peraltro non trovare spazio almeno alcuni di quelli che sono i buchi neri della vicenda: tra i quali certamente quello evidenziato dal pg Mazzotta nella sua requisitoria (ce l'ha raccontato il sempre ben informato Ruggiero Palombo), commentando il richiamo dei difensori di Moggi ad alcune intercettazioni (Bergamo/Facchetti e Meani/ Bergamo) che nell'inchiesta non erano entrate: "non sappiamo perché l'attività investigativa non abbia sviluppato i dati emergenti da tali conversazioni telefoniche"; già, basterebbe chiedere quell'Auricchio tanto impegnato a cupolare e ribaltare con Baldini da farsi 'sfuggire' quegli evidentissimi baffi e tanto impegnato a saccheggiare il pc di Tavaroli tanto da non trovare nemmeno il tempo di ascoltare l'assistente Coppola che voleva parlare dell'Inter e cui venne risposto che 'no, l'Inter non interessava'. Certo, bisognava badare a correr dietro solo ai misfatti di Moggi, non era un'indagine, era una spietata caccia all'uomo, come ebbe a definirla nella sua arringa l'avvocato Prioreschi. Quell'Auricchio, per inciso, che ancora oggi sostiene la tesi del Moggi corruttore e del Facchetti illibato e entra a gamba tesa su qualcosa che non lo riguarda, la questione degli scudetto tolti alla Juve. Calciopoli, come ho già detto e ripetuto, non finisce qui; questa è solo una tappa ma Calciopoli sanguina ancora. Di certo ci sono solo i dati della realtà: si è costruita l'ipotesi di un'associazione a delinquere senza fine di lucro e, quel che è più grave, senza associati in grado di alterare alcunché perché senza arbitri (a parte lo sventurato De Santis che nulla aveva a che spartire con presunto architetto) non si va da nessuna parte, erano solo quattro amici al telefono, nemmeno al bar, quello era terreno di Nucini e Facchetti. Nulla di più paradossale. Inoltre: i sorteggi erano regolari, meno regolare la sequenza fotografica di fotogrammi in libertà che voleva dimostrarne il taroccamento, visto che il colpo di tosse pareva non bastasse. Le conversazioni tra Moggi e i designatori, oltre ad essere lecite in sé, non erano esclusive e quelle di altri contenevano, piaccia o non piaccia agli inquirenti, elementi davvero compromettenti che sono, ahimè, sfuggiti, nonostante i baffi. Le ammonizioni mirate non esistevano (tanto meno le espulsioni e lo sventurato Dattilo è stato finalmente assolto, dopo un calvario interminabile). Le schede svizzere (il cui possesso era legale e di cui fu interrotta l'intercettazione quando si scoprì che non portava da nessuna parte) sono state acquisite senza rogatoria, attribuite con olio di gomito invece che con il previsto software forense e il loro contenuto è ignoto. Ma allora, di cosa stiamo parlando? Dulcis in fundo: la Juventus non era in Cassazione, assolta in primo grado con conferma in appello. La battaglia per gli scudetti è più aperta che mai. Dopo l'uscita delle motivazioni l'art. 39 è lì che ci aspetta. Corollario: Luciano Moggi non si arrende, contateci!
  2. Non riesco a capire sino a che punto questa sentenza è una presa per cvlo. Amico Wmontero, certo che passeremo sempre da questa nostra riva: Dopo nove anni mi crescono i muschi tra l'infradita. E poi non è ancora finita, mi pare di capire. Se AA ..........
  3. Scusami, ma io ho parlato di juventine e juventini non sedicenti juventini, che sono una brutta razza di antipatici
  4. Tutti gli juventini e tutte le juventine possono salire sul carro della Juve a qualsiasi ora.
  5. E allora, come dice il nostro amico toscano, Wmontero SPERAMOLO!
  6. Ah, si? E, in genere, come risultano le tue ispirazioni positive?
  7. Sotto la lente - Il calcio in Cassazione 20.03.2015 01:58 di Carmen Vanetti Twitter: @@carmenvanetti1 articolo letto 1937 volte Il 23 maggio è alle porte: lunedì sarà infatti il giorno in cui la Cassazione scriverà la parola fine ad uno dei tanti capitoli di Calciopoli, quello dei tre gradi dell'azione penale. Perché poi Calciopoli sanguinerà ancora, chissà per quanti anni, forse per sempre, se qualcuno non si prenderà la responsabilità di fare giustizia fino in fondo: su Moggi e gli altri imputati di Calciopoli, sulla Juventus e anche sul calcio tout court. E comunque la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo cui si è già rivolto Moggi e il Tar adito dalla Juve per il risarcimento di 443 milioni di euro chiesto alla Figc, nonché la possibile richiesta di revisione del processo sportivo ex art. 39 CGS, sono già dietro l'angolo Sì, perché in questo Grande Imbroglio, come ebbe a definirlo l'avvocato Prioreschi, il legale di Moggi che in questo pasticciaccio brutto ci si è infilato fino al collo per sbrogliare la matassa che stava avviluppando troppe vite. Ma nel guazzabuglio in cui la Cassazione è chiamata a fare ordine e chiarezza non vi sono solo Moggi & compagni di sventura e la Juventus, vi è anche il povero calcio italiano, un tempo re e ora mendicante. Quello che in realtà è accaduto nel 2006 è ormai chiaro a tutti: è stato costruito un processo sul nulla, su quel nulla a cui le indagini avevano portato; l'accusa non è riuscita a dimostrare nessuno dei suoi teoremi, che dunque sono rimasti semplici postulati, cioè "affermazioni non dimostrate e non evidenti che vengono comunque prese per vere in modo da fondare una dimostrazione o un procedimento che altrimenti risulterebbe incongruente". Già, perché i sorteggi hanno dato evidenza di essere assolutamente regolari, le ammonizioni mirate avevano la mira sbilenca e, per quanto riguarda la pistola fumante delle schede svizzere, non era nemmeno caricata a salve, era scarica proprio: non si è mai vista infatti prova meno provata di questa sulla base di telefonate intercettabili ma non intercettate (perché il primo tentativo non corrispondeva alle attese), delle quali non solo non c'è la minima idea del contenuto ma nemmeno l'attribuzione degli interlocutori, fatta con olio di gomito anziché con l'apposito software forense, è minimamente attendibile (livello di approssimazione inferiore al 5%, secondo la testimonianza del perito De Falco). Come si può costruire un'accusa, prima ancora che una condanna, di frode sportiva, per non dire poi dell'associazione a delinquere su questo nulla? Se a tutto questo aggiungiamo la più che dubbia competenza territoriale di Napoli, i buchi dell'inchiesta, il pasticcio dell'acquisizione (senza rogatoria) dei numeri delle schede svizzere (con De Cillis, il gestore del negozio di Chiasso, rinviato a giudizio per falsa testimonianza), il giallo del video sparito, smontato e rimontato, la mancata osservanza da parte del pm dell'art 358 cpp che impone al pubblico ministero di svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore degli indagati (invece di nascondersi dietro un 'piaccia o non piaccia' che ha smascherato l'intenzione di correr dietro solo ai misfatti di Moggi), come può la Cassazione avallare le condanne? C'è solo da augurarsi che la Suprema Corte trovi il coraggio e l'onestà di acclarare appieno la natura della Farsa, sbugiardando quanti se ne sono resi complici; in ogni caso sarebbe il minimo sindacale dichiarare che a Napoli non ne han fatto una giusta, con due sentenze che peraltro non riflettono quanto emerso nel dibattimento, ma sono ferme alle informative di Auricchio, anni di udienze buttati alle ortiche; come se tutto fosse già stato scritto. Non era un mondo perfetto quello del calcio del 2006, e aveva già sofferto di parecchi mali, dalle prime Scommessopoli all'impunita (anzi quasi premiata) Passaportopoli alla Bilanciopoli rattoppata con le solite pezze peggiori del male: chi lanciava ammonimenti (Giraudo sul doping amministrativo e finanziario: "Chi non paga le tasse e gli stipendi per comprare giocatori fa concorrenza sleale. Ci sono società con un livello tecnico assoluto che però non potrebbero permettersi. E' questo il vero problema del calcio italiano") era decisamente scomodo, anche perché dimostrava coi fatti competenza ed efficienza. La cosa migliore era togliere di mezzo queste figure anomale, bisognava solo attendere il momento giusto, anzi il complice giusto, perché già una volta la ciambella era riuscita male, nel caso delle accuse di doping che Guariniello, titillato da Zeman, aveva scagliato contro la Juventus. Ma, una volta fatto il ribaltone e istruito il Grande Imbroglio, quello che si presentava come il Nuovo Calcio ripulito non fece altro che trasformare quelli che erano al più piccoli malvezzi generali in una deregulation nel cui alveo a spadroneggiare si è insediata una lobby che oggi fa esclamare: 'Aveva ragione Giraudo quando disse: Noi togliamo il disturbo, ma vedrete i banditi che verranno dopo di noi'. Adesso i nodi stanno venendo al pettine: al di là dello spettacolo sempre più misero offerto dal nostro calcio, per di più giocato in impianti inospitali e fatiscenti, le nuove regole coniate nel 2007 hanno permesso di mascherare una situazione di degrado finanziario che sta generando mostri come il crack del Parma, e si sussurra che sia solo la punta dell'iceberg. Questo calcio allo sbando, attraversato da continui febbroni (un Calcioscommesse all'ombra della cupola di un'organizzazione internazionale, fallimenti, bilanci in profondo rosso, scandalotti assortiti, dirigenti - a qualsiasi livello - tutt'altro che illibati, politiche federali e di Lega fondate non su competenze ma su scambi di poltrone e favori) merita, lui sì, una Suprema Corte che faccia piazza pulita e metta al bando chi sta distruggendo lo sport che tanto amiamo. [da tuttojuve]
  8. Lo so che non c'è relazione, ma il mio cuore gioirebbe più per il verdetto della cassazione che per una vittoria in CL. Avrò modo in futuro di vedere la Juve vincere la coppa. Penso che non ci sarebbe bisogno neanche di vivere molto a lungo (ma io mi sto toccando).
  9. Me ne fotterei della CL se ci fosse il verdetto che voglio io dal tribunale.
  10. Infatti: Tavecchio: «Risarcimento Juve? Chiudere in modo bonario»Il presidente della Figc sulla richiesta di 443 milioni dei bianconeri: «Non c'è mai stato nulla di congelato» Agnelli: Dialogo con Figc © Ansa TORINO - «Dobbiamo ricostruire i fasti della Nazionale, il calcio italiano deve ripartire necessariamente dai settori giovanili», ha detto il presidente della Figc, Carlo Tavecchio che ha aggiunto:«Faccio una supplica alle società: date alla Nazionale il massimo sostegno. Perché nella nostra Nazionale c'è l'immagine italiana». E sul caso Parma: «L'importante è garantire la regolarità del campionato - ha sottolineato al riguardo - fino alla fine».RISARCIMENTO - "Non c'è mai stato nulla di congelato, con il presidente Agnelli ci siamo incontrati in diverse occasioni. Il problema fondamentale è che la Federazione ha in atto una situazione particolare per quanto riguarda quell'esposto-denuncia che vorremmo chiudere in maniera bonaria". Così il presidente della Federcalcio, Carlo Tavecchio si è espresso sulla richiesta di risarcimento di 443 milioni presentata dalla Juventus in merito a Calciopoli e ancora pendente. "Noi abbiamo interesse - ha aggiunto Tavecchio - ad avere questa grande società, questa grande squadra senza nessun problema federale".
  11. Dal poco che ho letto io, mi pare che l'ascia è sprofondata. Se di ascia di guerra si sia mai trattato.
  12. La toccante lettera di Rizzoli in memoria di Luca Colosimo 12 marzo 2015 14:14 - Francesco Gregorace Nicola Rizzoli si è sempre distinto nel mondo del calcio, sia per la sua enorme bravura sul terreno di gioco come arbitro, sia per la sua grande umanità fuori dal terreno di gioco. Anche in occasione della morte del collega Luca Colosimo, non ha perso l’occasione di distinguersi, condividendo sul proprio profilo Facebook la lettera di Cristiano Carriero, firma de ‘ilgiornaledigitale.it': La morte di Luca Colosimo, arbitro di Lega Pro, può e deve essere l’occasione per fermarci un attimo a riflettere sul valore delle passioni “Non è il critico che conta; non colui che sottolinea come l’uomo forte sia caduto, o dove colui che doveva fare avrebbe potuto fare meglio. Il credito appartiene a colui che scende veramente nell’arena, la cui faccia è macchiata dalla polvere, dal sudore e dal sangue; colui che combatte coraggiosamente, che sbaglia, che manca l’obiettivo ripetutamente, perché non esiste sforzo senza errore e fallimento; a chi si sforza veramente di fare ciò che deve; chi conosce il grande entusiasmo, la grande devozione; chi si spende per una nobile causa; colui che nel migliore dei casi conosce il trionfo del grande risultato, e nel peggiore, se fallisce, almeno fallisce osando molto, cosicché il suo posto non sarà mai insieme alle anime timide e fredde che non conoscono né la vittoria, né la sconfitta”.(Theodore Roosevelt – Cittadinanza in una Repubblica) Quando andiamo in giro per la città la gente dice di noi “Quello è L’arbitro” siete orgogliosi di questa definizione? Vi piace? Se vi piace allora siamo qui per lo stesso motivo. Queste parole, pronunciate qualche settimana fa da Domenico Celi, arbitro di Serie A attualmente fermo per infortunio, durante la visita alla sezione di Jesi, ci torneranno utili nel corso di questo articolo. Un arbitro, infatti, è tale dentro e fuori dal campo. Essere arbitro vuol dire portare con sé alcuni valori come il rispetto delle regole, la correttezza, la puntualità e la dedizione. Certo non potevamo pensare che si potesse essere arbitri anche nel tragico momento in cui arriva la morte. È successo a Luca Colosimo domenica scorsa in un maledetto incidente di cui si è ampiamente parlato sui giornali. Luca tornava da Ferrara, dove era andato ad arbitrare. Ma in pochi sanno dove lavorava Luca. O cosa aveva studiato. Tutti sanno però che Luca era un arbitro. È il destino che porta con sé quella divisa, e se la indossi con orgoglio nessuno potrà mai togliertela di dosso, neanche la morte. Si è detto di tutto, di bello, su Luca. Sarebbe persino ridondante tornarci su. Si è detto che non si può morire inseguendo una passione, ma non è vero. Si muore, purtroppo, facendo paracadutismo, arrampicata, andando in bicicletta, persino giocando a pallone. Di passioni si vive, di passioni si può anche morire. Quello che non si può sopportare sono i luoghi comuni, le verità che vengono fuori solo quando succedono le tragedie. Gli arbitri viaggiano da soli, in molti casi ad orari improbabili, la mattina presto o la sera tardi, dopo una giornata che ti logora fisicamente ma soprattutto psicologicamente. Spesso le madri chiamano e chiedono se va tutto bene. E gli arbitri rispondo “certo mamma, cosa vuoi che succeda, tra poco arrivo”. Molti tifosi pensano che viaggino in business class o in taxi e invece sono gli arbitri che guidano, gli arbitri che rischiano di addormentarsi, perché l’adrenalina l’hanno lasciata tutta in campo. Non si può aspettare la morte per ricevere un applauso o una parola di incoraggiamento. Perché Luca, domenica, sarà stato insultato come tutti gli arbitri, su tutti i campi, per un fischio sbagliato o poco gradito. Magari qualcuno gli avrà “ironicamente” augurato di schiantarsi con la macchina al ritorno perché, in fondo, “fa parte del gioco, noi mica lo pensiamo davvero”. È colpa del destino, sia chiaro, ma voglio solo capire se dal prossimo fine settimana torneremo ad augurare la morte a ragazzini di 16 anni, rei di non aver fatto baldoria con i loro coetanei per andare a dormire presto, “perché domani ho la partita dei giovanissimi”. Perché è con questa cultura, con questa ipocrisia, con questi pensieri che ogni santa domenica un arbitro si confronta tornando a casa. Pensando e riflettendo sui propri errori, aggiungendo preoccupazione e tensione alla stanchezza, in uno sport che a volte ti logora, anche se lo ami da morire. E lo vivi, come giusto che sia, come la passione più grande che hai. Tanto da morire con il borsone nel portabagagli e con la divisa ancora sudata. Allora, se non vogliamo che sia l’ipocrisia a vincere, e se davvero vogliamo onorare Luca facciamo un applauso al prossimo arbitro che ci troviamo davanti. Magari quello che sta arbitrando la partita di vostro figlio e che forse è più giovane di lui. Rispettatelo quando fa un errore, criticatelo senza insultarlo, mettendo da parte le mamme, le sorelle, le malattie. Godetevi la partita e fate un respiro, pensando a tutte le volte che avete ferito l’anima di ragazzi forti, ma pur sempre umani. Fatelo per Luca, almeno per una domenica.
  13. La difesa con Barzagli è quasi insuperabile. Ma se si vuole passare ad alti livelli internazionali bisognerà migliorare l'organico. In Germania si va con un esiguo vantaggio. Speramolo! (cit.)
  14. Agnelli attacca: “Lega debole, dalla Figc vogliamo 443 milioni” Andrea Agnelli, presidente dellaJuventus, non molla, anzi raddoppia. Dopo mesi e mesi di silenzi e dribbling sulla guerra al ‘palazzo’, il numero uno bianconero fa il punto della situazione dalle colonne del giornale tedesco ‘Die Zelt’. Nemico giurato del nuovo corso targato Tavecchio-Lotito, Agnelli non le manda a dire: “Da noi non succede nulla senza l’Assemblea dei Presidenti. La Lega è debole. Questo porta ad una situazione meno trasparente e a conflitti di interesse. Con poche eccezioni – sottolinea – i presidenti hanno 60-70 anni”. Il caso Parma, secondo Agnelli, è solo la punta dell’iceberg di un sistema ormai allo sbando e che non sarà salvato dalle riforme promesse dal nuovo presidente federale: Ci sono pochi quarantenni. E il caso del Parma è solo la punta dell’iceberg: il fatto che un club possa arrivare fino a questo punto è frutto della cattiva gestione del calcio italiano. Non mi preoccupa quello che l’Italia pensa dell’Italia – rivela – , mi preoccupa tanto quello che gli altri pensano di noi, con i relativi danni all’immagine dovuta ai vari scandali. Il modello da seguire, secondo il presidente della Juve, è quello della Premier League: un pensiero condiviso anche da James Pallotta, presidente della Roma e “alleato” dei bianconeri. Secondo me la Serie A in Italia dovrebbe essere gestita come la Premier League in Inghilterra, da persone che portano avanti l’intera Lega come prodotto con una strategia per lo sviluppo e l’esportazione del nostro calcio. In James Pallotta, il presidente della Roma, abbiamo trovato un alleato. Investitori stranieri in altri club? Non importa da dove arrivino gli investimenti – prosegue – , ma posso assicurare che la Juve resterà italiana. Dopo tre scudetti consecutivi, l’obiettivo di Agnelli è quello di riportare la Juventus nell’olimpo del calcio europeo e mondiale: In questo momento ci sono quattro squadre che non hanno concorrenti in termini di fatturato: Real Madrid, Manchester United, Bayern Monaco e Barcellona. Sono seguiti da PSG e Manchester City, che però operano un doping finanziario, con i quali non posso concorrere. Se tolgo questi due club dalla classifica la Juventus sale all’ottavo posto. Il mio obiettivo è raggiungere il quinto posto in tre, quattro anni. Infine due battute veloci sulla prossima sfida contro il Borussia Dortmund e su Calciopoli: Siamo la Juventus. Dobbiamo vincere ogni partita. Calciopoli? Abbiamo presentato una domanda di risarcimento alla Figc di 443 milioni. Aspettiamo l’udienza. [JUVEMANIA.it]
  15. 11 marzo 2015 Russia: prende a calci un ragazzino, licenziato il "peggior allenatore dell'anno" Immagini shock in un video che arriva dalla Russia e sta facendo il giro del web 12:23 - Si chiama Valentin Pavlov e grazie al video che vedete qui sotto è stato eletto dal web come "peggior allenatore dell'anno". Il signore in questione è il mister di una squadra di calcio giovanile russa e le immagini, che si riferiscono alla partita tra Lokomotiv e Brateevo Mosca, lo mostrano mentre richiama un suo giocatore (di soli 7 anni) e gli rifila un calcione facendolo volare gambe all'aria. In pochissimo tempo il video ha fatto il giro del web, facendo urlare allo scandalo gli appassionati di calcio e non solo. Pavlov, che si è scusato dicendo che voleva solo mostrare al ragazzino come si calcia, è stato licenziato.
  16. Dico la verità: mi sono emozionato quando Barzagli, mentre aspettava di entrare in campo, aveva gli occhi lucidi.
  17. Insomma, ci vogliono regalare proprio il campionato. Stasera bisognerà chiudere il discorso scudetto per poi concentrare l'attenzione sulle coppe.
  18. Fondo pro-Parma: il voto contro della Juve e la guerra su cifre e cause del crac I club di serie A spaccati sul piano Tavecchio (che alla fine passa). Stanziati 5 milioni, ma in assemblea c'è chi chiede conto alla Figc Non è stata una mattinata semplice quella trascorsa nella sala assemblea della Lega di Serie A. Chi ha assistito racconta di toni concitati e voci che si sono più volte alzate. Non fronti contrapposti, perché sulla scelta politica di aiutare il Parma la maggioranza era sufficientemente compatta e numerosa, ma una serie di posizioni e sfumature che ha finito col riproporre uno schema consueto dalle parti di via Rosellini. Se il presidente Tavecchio ha potuto mettersi in macchina a inizio pomeriggio in direzione Collecchio con un tasca proposte da lui stesso definite "ragionevoli" è perché la voglia di non consegnarsi a un finale a 19 squadre era prevalente e le pressioni di Sky e del Coni avevano fatto breccia anche nei più riottosi. E' nata così la votazione con 16 sì, un solo contrario (Cesena) e 3 astenuti (Napoli, Parma e Sassuolo) alla prima delibera, quella sull'impegno della Lega a farsi carico della situazione del Parma fino al termine del campionato. Poi, però, è stato il momento di parlare di cifre e intorno alla quantificazione dei 5 milioni e al giudizio su quanto accaduto in questi mesi le voci in contrasto si sono moltiplicate. Non solo la Juventus si è dissociata, votando contro, ma altri club hanno chiesto apertamente conto a Tavecchio e alla Figc dell'operato degli ultimi sei mesi. Caos Parma, la Lega trova 5 milioni per finire la stagione: vengono dal fondo multe Se davvero la Covisoc in almeno tre occasioni nel 2014 aveva segnalato la situazione problematica dei conti del club di Ghirardi, perché nessuno è intervenuto? Come ha esercitato i propri poteri la Figc? Chi ha ricevuto, letto e considerato le relazioni dell'organo di controllo dei bilanci? Quesiti posti con forza da De Laurentiis, Lugaresi e Marino oltre che da Andrea Agnelli e che non hanno ricevuto una risposta adeguata. Si aspettavano, come del resto molti al di fuori di quella sala, una prima presa di coscienza di cosa non ha funzionato per cominciare a delineare un percorso di riforma del sistema e, invece, hanno dovuto incassare un poco gradito silenzio sul tema. In assemblea non si è consumata una rivincita delle battaglie politiche estive, ma i toni non sono stati morbidi. E, soprattutto, una parte dei presidenti non ha accettato la posizione delle 'colombe', espressa in maniera diretta da Preziosi prima di salire in sala assemblea: "Mi sembra di assistere alla caccia al colpevole, al sistema e a quelli che nel passato hanno contribuito a questa situazione ma non è così che si risolve il problema. Non buttiamo fango su questo mondo che non è così brutto visto che dà da mangiare a tanti ed è la seconda industria d'Italia". Tesi condivisa anche da altri presidenti e sulla quale la discussione si è accesa. Poi c'è stata la questione delle cifre. L'idea di attingere al fondo delle multe, che per statuto è destinata a scopi solidaristici e fin qui era stato usato per sostenere progetti di promozione, non è dispiaciuta; Tavecchio aveva anticipato di non voler ricorrere all'autotassazione dei club (Panorama ne aveva scritto lo scorso 4 marzo) e la soluzione va in questa direzione anche se è evidente che si opera ai limiti del regolamento creando un precedente pericoloso. Sulla quantificazione, però, si è consumato un secondo scontro perché alcune società, Juventus in testa, hanno fatto presente che l'udienza davanti al Tribunale fallimentare del 19 marzo potrebbe disegnare uno scenario diverso da quello immaginato. Perché scrivere una cifra, dunque, prima che il giudice la certifichi? Un'obiezione che non ha fatto breccia anche se il presidente Beretta, con una certa dose di equilibrismo, alla fine ha parlato di generica "disponibilità" ad intevenire e con dei limiti "qualora ci siano gli estremi per proseguire nell'esercizio" e con "risorse limitate". Ufficialmente "senza esprimersi sulla cifra" che, però, Tavecchio ha voluto votata a maggioranza con 3 no (Juventus, Napoli e Cesena) e 2 astenute (Roma e Sassuolo). [Panorama.it]
  19. Mi sa tanto che, dopo la supercoppa, anche la coppitalia è andata. La vedo dura nel ritorno in Germania con questo atteggiamento della squadra. e continua a non girare una lira
  20. Delibera? La consuetudine fa legge. Il nostro amico fa la guardia notturna della riva sin dal 2006. I post dalle 24:00 alle 6 sono tutti abusivi.
  21. In qualche modo chi fa il presidente della Juventus deve avere delle competenze. ADP è stato un grande calciatore, ma queste competenze le ha? Secondo me, uno non può improvvisarsi e assumere incarichi di certo spessore. Certo, un presidente deve saperne di bilancio e Del Piero nella sua carriera l'aspetto finanziario l'ha sempre curato e bene
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