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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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CALCIOSCOMMESSE ALL’ITALIANA

I SOLITI TRUFFATORI

La ricostruzione della Disciplinare: tra tentativi

falliti di combine, millantatori e giocatori

Al centro le dichiarazioni di due

“pentiti”: Gervasoni e Carobbio

Sullo sfondo il mercato asiatico

di LUCA CARDINALINI (il Fatto Quotidiano 23-06-2012)

Una roba a metà tra John Le Carré e Lino Banfi. Letta l’ultima riga della

sentenza della commissione disciplinare sul processo del calcio scommesse,

questa è la netta sensazione. A cominciare da quella stretta di mano, a Milano

Malpensa, in una fredda mattina di febbraio, tra il singaporiano Poh Hock

Kheng, e Luigi Sartor, ex difensore di Roma e Inter, “che subito lo accompagna

a casa di Beppe Signori”. Al telefono con l’ex barese Bellavista, Beppegol si

lamenta di chi promette risultati che poi non mantiene e minaccia tempi cupi:

“Ora dalla Cina andranno a Benevento a dargli una lezione”. A Benevento? E il

glamour Alessandro Zamperini? Chiama l’ex compagno nelle giovanili della Roma,

Simone Farina, dandogli appuntamento in una pasticceria di Gubbio, dove il

play boy di Fregene arriva a bordo di una Porsche bianca. Lo informa di una

cupola “fortemente intenzionata a manipolare Gubbio-Cesena di Coppa Italia”.

Invece di buttarsi a terra dalle risate, Farina chiede: chi? La risposta di

Zamperini è l’incipit di una barzelletta: “C’è un gruppo asiatico, a capo c’è

un indonesiano, i soldi li porta un macedone, vogliono fino alla morte l’over

del Gubbio”.

TUTTO il processo si basa sulle dichiarazioni dei due “pentiti” Gervasoni e

Carobbio. Prima di Pisa-Albinoleffe (marzo 2009), Gervasoni invita con un sms

alcuni compagni di squadra a casa sua, alla periferia di Bergamo. Ci tiene

talmente all’intimità di quel raduno di amici, che subito dopo aver detto

“ciao”, li invita a spegnere i telefonini e a lasciarli insieme ai soprabiti

al piano di sopra, e poi filare nella taverna dove inizia a parlare della rava

e della fava, per poi arrivare al dunque: 15 mila euro a testa per far vincere

il Pisa. Narciso e Cellini non ci stanno, Ruopolo è titubante, ma non “tituba”

più. I 15 mila euro vengono consegnati in una busta, all’uscita dallo stadio,

dopo la doccia. Per Albinoleffe-Ancona, si muovono i giocatori da soli. Un

paio calciatori dell’Ancona, Comazzi e Turati , contattano Gervasoni che va

dai suoi e propone la sconfitta. Incredibile: nessuno è disponibile, nemmeno

Carobbio. Lungi dal cadere in depressione, va da solo, incassa 15 mila a

Legnano e altri 5 mila due giorni dopo al casello autostradale di Lainate.

Torino-Grosseto , stavolta è Carobbio a organizzare la combine, in un pranzo

al centro di Grosseto, ma la paga avviene nell’hotel del ritiro vicino Torino,

di notte, come racconta Conteh: “Dormivo in camera, a un certo punto entra

Carobbio e mi dice di andare nella stanza numero X, vado trovo la stessa

persona che in occasione di Pisa-Albinoleffe mi offrì dei soldi all’interno

del suo Suv nero, mi diede 15 mila euro in banconote da 500”.

Altre volte sono le stesse società a progettare il “car sharing”. Per

taroccare Ancona-Grosseto , due calciatori toscani, Joelson e Turati, si sono

mossi dal ritiro di Norcia fino al capoluogo marchigiano, per concordare il

risultato, a bordo di un’auto messa a disposizione dal direttore sportivo

della società, Iaconi. Quell’altra macchina, invece, in direzione Ancona, è

stipata di calciatori del Mantova: Gervasoni, Locatelli, Bellodi e Nassi.

Vanno a incontrarsi con Salvatore Mastronunzio, bomber dei marchigiani.

L’accordo non arriva. Così, la sera seguente, “furono i giocatori dell’Ancona

a recarsi presso l’albergo di quelli del Mantova che li seguirono con la

macchina messa a disposizione dal dirigente Magalini, fino a un parcheggio un

po’ nascosto”.

DELLA COMBINE per Albinoleffe-Piacenza, Cassano, Passoni e Rickler, chiedono

addirittura al proprio direttore sportivo, De Falco, “l’approvazione in ordine

alla decisione di pareggiare”. Dell’accordo viene a conoscenza Federico

Cossato, ex attaccante del Chievo. Il colpo da Topkapi però doveva essere

Novara-Ascoli, aprile 2011. Gli zingari avvicinano Micolucci e gli propongono:

40 mila euro per l’over 2,5. 80 mila per l’over 3,5 e – bum – 100 mila per il

risultato esatto. Micolucci “in un incontro notturno” all’uscita autostradale

di Ascoli, riceve 20 mila euro. La gara però va male, bisogna ridare i soldi

indietro, che Micolucci consegna al tramite Bertani, attaccante del Novara,

arrotolati dentro un asciugamano. Nel tritacarne finisce anche Rijat Shala,

che Gervasoni indica tra i beneficiari della stecca di 150 mila euro per

Chievo-Novara. Nel primo interrogatorio Gervasoni parla di “Ventola, Bertani e

qualcun altro”, nel secondo parla di “forse anche quell’albanese che gioca nel

Novara ”, nel terzo dice “ora che me ne fate voi il nome, dovrebbe trattarsi

di Shala”. Che è svizzero, di origini kosovare. Pisa-Monza, taroccata da due

calciatori della Cremonese, il solito Gervasoni e Stefani. Sono gli asiatici a

muoversi, ma salta tutto “perché le quote dell’over 2,5 del Pisa, sul mercato

asiatico, sono crollate all’improvviso”.

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SportEconomy.it

20:19 - venerdi 22 giugno 2012

Vulpis interviene su AGICOS sul

tema dell'inchiesta NEW LAST BET

Il direttore di Sporteconomy, parlando dello scandalo

del calcioscommesse, in una intervista apparsa ieri

sull'agenzia specializzata Agicos.it, ha criticato la

lentezza della giustizia sportiva italiana.

Marcel Vulpis, direttore di Sporteconomy, a margine del secondo convegno

Sportlab Roma 2012, ha esposto ad Agicos le sue impressioni sugli ultimi

capitoli dello scandalo calcioscommesse in Italia. "Questo ’fenomeno' che ha

macchiato ancora una volta l'immagine del calcio italiano all'estero, deve

essere combattuto sin dalla base: alle spalle del caso 'new Lastbet' c'è la

crescita della criminalità organizzata internazionale che ha trovato in Italia

quattro mafie che fanno da terminali di raccolta e riciclaggio di denaro

sporco. Il denaro che ritorna poi indietro a queste associazioni

delinquenziali viene usato per il traffico di armi: la questione è molto seria

e nonostante l'impegno delle tre procure (Cremona-Bari-Napoli), c'è un

rallentamento della giustizia italiana, che tarda ad organizzarsi per

contrastare il fenomeno delle scommesse illegali". Il direttore di

Sporteconomy parla quindi delle possibili soluzioni per contrastare le combine

sportive. "Ci vorrebbe un coordinamento globale tra organi quali polizia

postale e magistratura per provare a mettere fine a questi scandali: non

esistono infatti, attualmente, norme severe specifiche in merito né una

task-force che si basa sulla severità e certezza della pena. Non esiste quindi

velocità di contrasto anche perché i flussi anomali dovrebbero essere

segnalati subito e non in ritardo". Vulpis pone poi un quesito sui soldi cash

che arrivano dall'estero in Italia, sempre in merito al caso Lastbet: "Come è

possibile che tutto questo denaro liquido possa arrivare in Italia senza

incontrare ostacoli? Dove è andato a finire il controllo della Polizia

Transfrontaliera? Declan Hill nel suo libro "CalcioMafia", aveva già

ampiamente previsto il traffico di soldi dall'Asia all'Italia nel settore

dello sport". Marcel Vulpis conclude il suo intervento parlando infine della

regola della responsabilità oggettiva e delle previsioni sulla chiusura

dell'indagine: "Condivido la norma della responsabilità oggettiva perché chi

viene a conoscenza di una truffa e non denuncia l'accaduto va squalificato,

mentre chi vende una partita dovrebbe essere radiato e i club coinvolti,

retrocessi. Sono sicuro però che le mie speranze saranno infrante perché

questo scandalo finirà in un nulla di fatto: nessuno purtroppo ha il coraggio

di usare la mano pesante".

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Milan-Genoa: c'è qualcosa sotto di molto

più grosso. Ecco il perchè dei rapporti

di Preziosi con Moratti e Galliani

di GIANCARLO PADOVAN (TUTTO.MERCATO.WEB 22-06-2012)

Perché qualsiasi cosa succeda al Milan - Nesta smette e serve un centrale,

si infortuna Muntari e c'è bisogno di un centrocampista - Galliani chiama

Preziosi? Dicono: buoni rapporti. Sì, ma in questo caso c'è qualcosa di più,

e di maggiormente datato, come testimonia anche l'operazione Boateng.

Perché Preziosi compra per i rossoneri? E perché per sostituire Muntari

gli ha prontamente fornito Constant? Mi piacerebbe saperne di più.

Sono malizioso se ipotizzo che tra i due -Preziosi e Galliani - ci siano

interessi di altro genere? Per esempio a proposito dell'oggettistica sportiva

e, in generale, dei prodotti sfornati dall'azienda del presidente del Genoa?

Cioè è così losco pensare che la Giochi Preziosi lavori per il merchandising

rossonero?

E sono blasfemo se penso che questi giri di mercato possano ingenerare il

sospetto di qualcosa di più complice domani su un campo di gioco? Non

parlo di accordi, non parlo di slealtà. Parlo dell'esatta contrario: cioè di

trasparenza. Perciò, anche se è ovvio che esistano delle corsie preferenziali

tra società, meglio sarebbe che non si creasse una sorta di esclusiva. Anche

il mercato, secondo me, dovrebbe avere la sua etica.

Al contrario da un po' di tempo mi è chiaro perché Preziosi sia così

sostenuto dalle società potenti. Perché ai colleghi potenti (Galliani, ma

anche Moratti) ha fatto e continua a far piaceri. Se è una strategia non si

può proprio dire non sia vantaggiosa. Se è un caso è un caso fortunato.

Prendiamo Destro di cui il Genoa detiene la metà. L'altra metà, come ormai

tutti sanno, è stata riscattata dal Siena. Ebbene che cosa ha già fatto sapere

Preziosi. Che, ovviamente, chi vorrà Destro dovrà venire a patti con Genoa e

Siena. L'avvertenza conteneva anche un avvertimento (al Siena? a eventuali

altri offerenti?). Questo: anche in caso di offerta inferiore, l'Inter sarà la

squadra che il Genoa favorirà.

Continuo a interrogarmi: perché? Possibile che Preziosi sia addirittura

disposto a rinunciare a qualche milione pur di dare Destro all'Inter? E se sì,

come sembra, per ottenerne quali vantaggi? Qualcuno forse può ipotizzare

che il beneficio sia rappresentato dal passaggio in nerazzurro di Samuele

Longo, l'attaccante che i nerazzurri hanno interamente riscattato. Ma mi

sembra una tattica dal respiro corto. Preziosi vede più lungo e più largo.

Chissà fino a dove.

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Dichiarazione UEFA sul caso Bursaspor

In seguito alla decisione del Tribunale Arbitrale dello Sport del 22 giugno, la

squadra turca è stata autorizzata a partecipare alla UEFA Europa League 2012/13.

di UEFA NEWS Sabato, 23 giugno 2012, 18.22CET

In seguito alla decisione del Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) del 22

giugno 2012, la squadra turca del Bursaspor è stata autorizzata a partecipare

alla UEFA Europa League 2012/13. Il 30 maggio 2012, la Commissione d’Appello

UEFA aveva squalificato il club dalle competizioni europee per un anno, applicando

anche una sanzione di €50.000, per debiti non pagati relativi a operazioni di

trasferimento del 2007.

L’8 giugno 2012, il Busaspor ha presentato ricorso al TAS, il quale ieri ha

decretato che il Bursaspor sarà escluso da una competizione UEFA alla quale

si qualificherà nei prossimi quattro anni, ma che la presente esclusione è

sospesa per un periodo probatorio di tre anni. La società ha inoltre ricevuto

una sanzione di €250.000 euro.

La UEFA ha debitamente ricevuto e preso atto della decisione del Tribunale

Arbitrale dello Sport, di cui rispetta l’autorità e le sentenze in qualità di organo

superiore di giustizia sportiva. Tuttavia, intende esprimere disappunto e sorpresa.

Mentre i motivi della sentenza verranno esaminati con la dovuta cura una

volta disponibili, la UEFA ribadisce che continuerà ad applicare le regole

sulle licenze per club e sul fair play finanziario in modo rigoroso, equo e

assiduo.

La UEFA è convinta che i club debbano tassativamente pagare i debiti verso

le altre società, e vigilerà per garantire che ciò avvenga secondo le sue regole

sulle licenze per club e sul fair play finanziario. Questi principi basilari di buona

condotta devono essere largamente appoggiati, e non sminuiti, dalle future

sentenze del TAS.

La sentenza del TAS, pertanto, non incide in alcun modo sull’implementazione

delle regole di fair play finanziario, che la UEFA continuerà ad applicare in

modo equo e universale.

La UEFA sottolinea che le regole sulle licenze per club e sul fair play

finanziario sono state appoggiate dall’intera comunità del calcio europeo

e che la conformità a tale sistema è fondamentale per salvaguardare gli

interessi di club e giocatori, oltre che per tutelare la sostenibilità del

calcio in Europa.

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SPY CALCIO

Sky offre 1,5 milioni a Capello

Rai fra polemiche e superascolti

Fulvio Bianchi - repubblica.it - 24-06-2012

Lo scontro adesso è a tutto campo. Rai contro Sky. Sky contro Rai. Le battute di Fabio Caressa non sono piaciute ai giornalisti-opinionisti-telecronisti della tv pubblica, impegnati agli Europei di calcio. Quindici ore di trasmissioni al giorno, grandi ascolti e non solo quando c'è l'Italia (la sfida con l'Inghilterra è da oltre 20 milioni di telespettatori: domani i dati auditel). Il direttore di Rai Sport, Eugenio De Paoli, ha spirito da rugbista, sport che ama molto, e non entra nelle polemiche. Nessuna replica quindi al telecronista Caressa ma "la soddisfazione-spiega De Paoli-di aver mandato in Polonia-Ucraina un'ottima squadra, anche di opinionisti, di aver lanciato dei giovani e di aver fatto sempre grandi ascolti". Non solo: "La vera scommessa vinta è quella di Rai Sport", spiega il direttore. Il canale tematico dello sport cresce e gli Europei lo aiutano. Molti giornalisti di Rai Sport, che prima lo snobbavano, ora si stanno ricredendo. Certo, la Rai attraversa un momento delicatissimo, di grossi tagli: De Paoli aveva subito agganciato Fabio Capello, non appena il tecnico si era dimesso da ct dell'Inghilterra. Capello è considerato l'opinionista n.1, in assoluto: ed in Rai già c'era stato, portato dall'allora direttore Massimo De Luca. Ma stavolta non c'è stato nulla da fare, per ora Capello ha detto di no (a tutti). Ma per il futuro è stato già "agganciato" da Sky: una superofferta, un milione e mezzo di euro per tre anni, superopinionista del campionato e della Champions (che la Rai non ha più). De Paoli aveva in pratica raggiunto un accordo con Rino Gattuso, ma poi l'ex milanista è andato a giocare in Svizzera. Non è facile trovare tecnici in auge (Ancelotti, Allegri, Conte, ecc.), ma in Rai sono soddisfatti di Dossena, Mondonico, Cosmi. E gli attori che "invitiamo per gli Europei", spiegano in Rai, "non ci costano nulla se non un rimborso spese". Ora il fronte dello scontro si sposta sull'Olimpiade di Londra. Mercoledì 27 giugno, a Viale Mazzini, la Rai presenterà i palinsesti olimpici. Con una puntualizzazione, proprio sui dati: "Noi a Pechino 2008 abbiamo trasmesso per quasi 900 ore, forse a Sky non lo ricordano...". Una frecciata alla pay tv che promette 1600 ore a Londra, mentre la Rai, non più leader, si dovrà "fermare" a 200 ore. "Ma con una Rete Olimpica, Rai 2, che trasmetterà 12 ore al giorno, più che sufficienti per coprire, bene, tutti gli sport. E, attenzione, sono 12 ore al giorno gratis...". In Rai sono convinti che Sky ha fatto un "flop" coi Giochi olimpici invernali di Vancouver, e anche "stavolta-sussurrano a Viale Mazzini-non riuscirà a fermare il calo di abbonamenti". Ma Sky (vedi Capello) può ancora investire, Rai e Mediaset (tagliata fuori da Europei e Olimpiadi) giocano invece sulla difensiva. Il vero scontro sarà sui prossimi diritti. Lì contano i milioni di euro che uno mette in campo, non le chiacchiere o le polemiche fra Caressa e Mazzocchi...

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Balotelli King Kong

e la vignetta razzista

Il più grande giornale sportivo si butta sulla satira razzista

contro Balotelli, raffigurato come King Kong appeso al Big

Ben e bersagliato da palloni. A voi fa ridere?

di M.VI. (Globalist.it 24-06-2012)

Mario Balotelli disegnato in versione King Kong a Londra, arrampicato sul Big

Ben e bersagliato da palloni da calcio. Se fosse apparsa su Facebook nel

profilo di qualche leghista razzista, uno si sarebbe potuto anche indignare.

Ma il problema è che questa vignetta, che mi rifiuto di chiamare satira, è

apparsa sulla Ġazzetta dello Sport. Opera di Valerio Marini. Mah. . .

Capisco che la vena italica non è molto in forma e che per far ridere il

tifoso sportivo bisogna attingere ai luoghi comuni più triti e ritriti, ma

addirittura il razzismo, no. Che voleva satireggiare Marini? Il fatto che

essendo negro è simile a uno scimmione? e dovremmo ridere della

trovata?

Viene da pensare tutto il male possibile di un ambiente, quello del calcio,

che talvolta sembra aver perso il contatto con la realtà. Perché questa

vignetta è la parte satirica di una mentalità che negli stadi è accettata:

ossia che a Balotelli si faccia buuu (non è razzismo, dicono, è goliardia),

che si canti: se saltelli muore Balotelli. E si possano lanciare banane,

sempre come elemento di ironia stile Zelig, immagino.

Penso che la Ġazzetta debba chiedere scusa per questa orrenda

vignetta. E vorrei capire se non c'è neanche uno del giornale che se n'è

accorto e che ha detto: no, non si può... Sui social in molti si stanno

arrabbiando (...)

___

Sicuri che la vignetta della Ġazzetta

dello Sport su Balotelli sia razzista?

di ALESSANDRO OLIVA dal blog VIVA LA FIFA (LINKIESTA 24-06-2012)

Adesso mi verranno a dire che sono razzista, o che sfrutto certe situazioni

per farmi pubblicità, ma sapete com'è: se c'è qualcosa che va detta, va detta.

Se no ti resta lì.

La questione riguarda una vignetta del bravo (secondo me, non sia mai

che voglia inculcarvi chissà quale verità assoluta) Valerio Marini, comparsa

sulla Ġazzetta dello Sport di oggi. Il disegno è dedicato a Mario Balotelli,

ritratto come un King Kong aggrappato al Big Ben e preso a pallonate.

Apriti cielo. Su Twitter la reazione alla vignetta è stata di assoluta e

ferma condanna. Elenco solo alcuni esempi, quelli che (secondo me eh)

sono i più significativi:" Il negro come una scimmia. Siamo nel 1712 e non

me ne ero accorto"; "Vignetta razzista su @ġazzetta_it, che poi si riempie

la bocca di moralismo ipocrita verso gli ultras"; "guardatela, non l'ho presa

da Libero o dal sito di Forza Nuova. È la Ġazzetta dello Sport" e via di questo

passo (se non avete a che fare, leggeteveli tutti qui).

Ora, fatemi capire, perché evidentemente il caldo milanese o la mia

ristrettezza mentale (vi sto offrendo un sacco di assist per insultarmi, non

sprecateli) mi ottenebrano la mente.

Balotelli è stato descritto in questi giorni come un uomo solo, che ha fatto

terra bruciata attorno ai compagni con i suoi modi di fare. In Inghilterra

molti giornali non fanno altro che attaccarlo, che descriverlo come una

convivenza nello stesso personaggio di Super Mario e Stupid Mario. Insomma,

lo stanno pigliando a pallonate, sia in Inghilterra che spesso e volentieri in

casa sua. Si può obiettare: e allora perché scegliere una scimmia per ritralo?

Perché (secondo me, eh) King Kong è simbolo della condizione di Balotelli

non in quanto ragazzo di colore, ma in quanto persona sola contro tutti, che

se la sia cercata o meno. Questo è razzismo? No perché se è così dovrò

comprarmi un nuovo vocabolario.

A proposito, questa in basso è la vignetta. Come avrebbero detto una volta

i telecronisti sportivi di Tele+, "Queste sono le immagini: giudicate voi".

___

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___

Euro 2012 – Putiferio sulla Ġazzetta:

“Quella vignetta su Balotelli è razzista”

Monta la polemica sui social network dopo la pubblicazione

di un disegno che rappresenta l'attaccante italiano

abbarbicato al Big Ben come King Kong sull'Empire State

Building. C'è chi vuole boicottare il giornale, chi chiede

le scuse. La prima firma Garlando: "Infelice e non riuscita"

di LUCA PISAPIA (il Fatto Quotidiano.it 24-06-2012)

Sta montando un putiferio sui social network. Oggetto della rabbia degli

utenti una vignetta a firma Valerio Marini apparsa sull’edizione di oggi

della Ġazzetta dello Sport a pagina 23. Nella vignetta è rappresentato

Mario Balotelli in versione King Kong. Invece che uno scimmione

abbarbicato all’Empire State Building c’è il giocatore della nazionale

italiana aggrappato al Big Ben e al posto dei missili gli vengono tirati

addosso palloni dal calcio. Perché non banane a questo punto, visto

che si paragona uno dei pochi sportivi di colore italiani a uno scimmione?

Hai voglia poi a stigmatizzare il razzismo a Euro 2012 o chiedere punizioni

severe per chi negli stadi accoglie Balotelli con i versi della scimmia, come

fa quotidianamente lo storico giornale sportivo italiano.

La vignetta ha suscitato indignazione fin dal primo mattino. Su twitter è

partita una campagna in cui s’invitano gli utenti a smettere di seguire

l’account della Ġazzetta. C’è chi si chiede come mai certe “schifezze” non

vengano controllate prima di essere pubblicate e chi giudica il disegno

odierno come certe vecchie vignette “a difesa della razza” di cui si sperava

di aver perso la memoria. Nei forum degli appassionati di calcio la gente

chiede che il vignettista sia rimosso al più presto. Anche perché la vignetta

fa anche poco ridere – segnalano gli utenti del social network – e questo per

un autore satirico è veramente il peggio. Tutti insomma pretendono dal

giornale e dalla sua direzione rosa delle scuse che, fino a questo momento,

non sono ancora arrivate.

Ilfattoquotidiano.it ha chiesto spiegazioni a Luigi Garlando, prima firma

della Ġazzetta che da anni segue la nazionale italiana e che con Balotelli ha

pubblicato un libro per ragazzi: “Buuu”, proprio per fare in modo che il

pallone possa aiutare a dare un calcio al razzismo. “Posso esprimermi solo a

titolo personale e allora ti dico che è una vignetta infelice e non riuscita –

ci dice Garlando da Kiev – Certo, devo difendere il diritto di satira contro

la censura, ma questo è stato proprio un brutto scivolone che non avrei mai

voluto vedere sul mio giornale. Certe domande andrebbero fatte al direttore,

che ne ha autorizzato la pubblicazione, io non l’avrei mai permesso”. Dato

che la frittata è oramai fatta, quello che gli appassionati si aspettano è, come

minimo, che domani qualcuno ai piani alti della Rosea prenda carta e penna

per chiedere scusa. A Balotelli e ai lettori.

Ps: ilfattoquotidiano.it ha provato a chiedere spiegazioni sulla vignetta

incriminata alla direzione della Ġazzetta dello Sport per tutto il pomeriggio,

ma non ha ricevuto nessuna risposta.

___

Il caso

Balotelli come King Kong

E' polemica sul web

Forti le critiche a una vignetta della Ġazzetta dello Sport che paragona

l'attaccante, arrampicato in cima al Big Ben, allo scimmione del noto film.

Una trovata infelice dopo i tanti discorsi fatti sul tema del razzismo

della Redazione (Repubblica.it 24-06-2012)

ROMA - Mario Balotelli che in cima al Big Ben respinge palloni scagliati

dagli inglesi. Descritta così, una vignetta che non fa un grosso effetto.

Il problema però è la evidentissima associazione di idee con la scena finale

del film King Kong (celebre la versione del 1933), quando lo scimmione

si arrampica sull' Empire State Building ed invece dei palloni cerca di

respingere gli aerei arrivati per abbatterlo.

Altro dato importante, non si tratta la trovata ad effetto di qualche

testatina a caccia di pubblicità, ma della Ġazzetta dello Sport (vignetta

a firma Valerio Marini a pagina 23). La pubblicazione sta scatenando

polemiche di ogni tipo su siti e social network. Commenti indignati e, ci

permettiamo di aggiungere, giustificati. E' praticamente dalla partenza

per l'Europeo che intorno al nome di Balotelli si discute della questione

del razzismo.

Lo stesso Super Mario aveva detto che in caso di insulti razzisti "sarebbe

uscito dal campo", così come è stata pronta e decisa la presa di posizione

dell'Uefa a proposito dei cori razzisti riservati al nostro giocatore dai

tifosi della Croazia. Gli 'u u u' che troppo volte stanno infastidendo la

sensibilità dei più, mutuano di fatto i versi della scimmia. Fin troppo

evidente quindi che l'associazione Balotelli-King Kong, magari fatta

senza malizia ma con inopportuna ironia, rappresenti uno scivolone che

poteva essere evitato.

___

Quella vignetta su Balotelli

di ANDREA MONTI (GaSport 25-06-2012)

Ieri, alcuni lettori hanno protestato per una vignetta

di Marini apparsa nella pagina delle opinioni. Balotelli

vi era raffigurato come King Kong, abbarbicato al Big

Ben anziché all'Empire State Building, nell'atto di

respingere le terribili pallonate degli inglesi. Occorre

dire con onestà che non è tra le migliori prodotte dal

nostro bravo vignettista. E che, di questi tempi e con

questi stadi, una misura in più di prudenza e di buon

gusto sono necessarie perché tutto, ma proprio tutto,

può essere frainteso. Il giornale è di chi legge: se

qualcuno l'ha trovata offensiva ce ne scusiamo, senza

nasconderci dietro la sacra libertà di satira. Ma da qui

ad accusare la Ġazzetta (e il povero Marini) di

cripto-razzismo ce ne passa. Questo giornale ha

sempre combattuto il razzismo negli stadi in ogni sua

forma e ha denunciato i «buuu» a Balotelli come una

forma inaccettabile di inciviltà. Pensare che qualche

mente malata abbia voluto insinuare nelle nostre

pagine l'equazione King Kong uguale scimmione nero,

più che offensivo è francamente strumentale e assurdo.

___

QUI LONDRA

QUANDO ANCHE L’ELOGIO È RAZZISTA

di LUCA PISAPIA (il Fatto Quotidiano 26-06-2012)

È successo un putiferio. Sui social network è montata la rabbia degli utenti a

causa di una vignetta a firma Valerio Marini, apparsa domenica a pagina 23

della Ġazzetta dello Sport, dove era rappresentato Mario Balotelli in versione

King Kong: invece che uno scimmione abbarbicato all’Empire State Building

c’era il giocatore della Nazionale italiana aggrappato al Big Ben, e al posto

dei missili gli venivano tirati addosso dei palloni da calcio. Il fatto che

sia apparsa su un quotidiano che stigmatizza il razzismo e chiede punizioni

severe per chi negli stadi di Euro 2012 accoglie Balotelli con versi da

scimmia, non ha fatto altro che aumentare l’indignazione dei lettori. C’è chi

si è chiesto come mai certe “schifezze” non fossero controllate prima di

essere pubblicate, chi ha giudicato il disegno come certe vecchie vignette “a

difesa della razza”, e chi si aspettava che il Balotelli/King Kong nella

vignetta dovesse difendersi dalle banane piuttosto che dalle pallonate, dato

che l’autore aveva paragonato uno dei pochi sportivi di colore italiani a uno

scimmione. La vignetta non è piaciuta nemmeno a Luigi Garlando. La prima

firma della Ġazzetta – che con Balotelli ha scritto un libro contro il razzismo –

l’ha definita “infelice e non riuscita” aggiungendo che “fosse stata mia la

responsabilità, non ne avrei mai permesso la pubblicazione”.

CHI NE ha permesso la pubblicazione ha preferito rimandare le scuse in un

corsivo, firmato dal direttore Andrea Monti e apparso nell’edizione di ieri

del quotidiano, sempre a pagina 23. Bene. La toppa è stata, se possibile,

peggio del buco. Dopo aver chiesto scusa a chi si fosse ritenuto offeso, e

aver addebitato la rabbia dei lettori non alla pubblicazione della becera

vignetta bensì a non meglio specificati “tempi che corrono in cui tutto, ma

proprio tutto, può essere frainteso”, il direttore si è scagliato contro

“qualche mente malata che ha voluto insinuare che sulle nostre pagine ci sia

l’equazione King Kong uguale scimmione nero”. Effettivamente molti lettori del

quotidiano rosa che si sono indignati, sono in realtà delle “menti malate”,

perché non hanno capito che King Kong non è uno scimmione nero, ma

piuttosto un coccodrillo bianco o un coniglio rosa. A loro è suggerito al più

presto un ripasso della vera storia del cinema: magari tenuto dal professor

Monti.

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La verità è che c'è da indignarsi ogni mattina,

appena viene stampata quella cartaccia del giornalaccio rosa.

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La verità è che c'è da indignarsi ogni mattina,

appena viene stampata quella cartaccia del giornalaccio rosa.

Il colmo dei colmi è il Fatto Quotidiano che riprende la Gazza...

P.s.

Dopo l'articolo sulla vignetta del Fatto Quotidiano,

tra lo sfiduciato Monti ed il maestrino Garlando IMO

ne vedremo delle belle.

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Processi, rischio rinvio

si chiuderà a settembre

Le squadre saranno iscritte alle coppe

Nessuno slittamento per calendari e campionato

di CARLO SANTI (Il Messaggero 25-06-2012)

ROMA - Domani sono attesi gli ultimi interrogatori per concludere le audizioni

relative al filone di Bari. Marco Rossi, Marcello Sanfelice e Marco Esposito

saranno ascoltati dalla Procura della Federcalcio che poi deciderà come

istituire il processo. Ma i tempi per chiudere questa ennesima pagina di

scaldalo del calcio italiano si allungano - forse anche volutamente nonostante

il lavoro sia imponente - e appare impossibile che tutto posso concludersi

entro la fine del mese. Il 20 luglio ci saranno i sorteggio per le squadre che

dovranno giocare i preliminari delle coppe e per quella data non sarà concluso

nulla di questo processo.

Se il primo processo, quello che ha emesso le (prime) sentenze la settimana

scorsa ma che non è ancora definitivo, è il meno importante dal punto di

vista dei protagonisti, manca tutta la parte più seria, diciamo così, quella

che coinvolge anche squadre della serie A. Mancano però, a Stefano Palazzi,

i riscontri della Procura di Cremona che non ha ancora trasmesso gli atti delle

indagini. Sarà poi complicato per gli uomini della Procura della Figc stilare

un elenco di convocati per le prossime settimane: tra vacanze e ritiri (anche

all’estero) difficilmente i tesserati riusciranno a rispondere.

Si finirà a settembre e intanto coppe e calendario andranno per la loro

strada. Per quanto riguarda l’Uefa, che gestisce Champions e Europa

League, saranno presentate le iscrizioni delle squadre che hanno ottenuto

la qualificazione sul campo. I tornei cominceranno e le eventuali sanzioni

riguarderanno il campionato. Prendere tempo visto che non si farà in

tempo a concludere anche per evitare possibili deferimenti delle squadra

«europee». Meglio, quindi, intervenire in agosto e concludere i processi a

settembre. Il rischio di deferimenti e poi di assoluzioni c’è e, per la questione

etica, la Federcalcio non potrebbe iscrivere all’Uefa una società deferita.

Giancarlo Abete, il presidente della Figc, ha affermato che il campionato

non avrà rinvii e i calendari verranno stilati, come sempre, alla fine di luglio.

Una cosa, in questo processo - o meglio in questi processi - appare chiara:

ci saranno molti patteggiamenti. Sarà questa la chiave anche per chiudere

più in fretta senza trascinare in ulteriori ricorsi la vicenda.

Dicevamo del primo processo e dei patteggiamenti. Il Grosseto ha ottenuto

una penalizzazione di 6 punti da scontare nel prossimo torneo. Ma per il club

c’era la responsabilità oggettiva. Diverso sarà, nel proseguo del processo,

se verrà accertata anche la responsabilità diretta: cambierà tutto.

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Quella vignetta su Balotelli

Andrea Monti - Gasport - 25-06-2012

Ieri, alcuni lettori hanno protestato per una vignetta di Marini apparsa nella pagine delle opinioni. Balotelli vi era raffigurato come King Kong, abbarbicato al Big ben anziché all'Empire Stare Building, nell'atto di respingere le terribili pallonate degli inglesi.

Occorre dire con onestà che non è tra le migliori prodotte dal nostro bravo vignettista. E che, di questi tempi e con questi stadi, una misura in più di prudenza e di buon gusto sono necessarie perché tutto, ma proprio tutto, può essere frainteso. Il giornale è di chi legge: se qualcuno l'ha trovata offensiva ce ne scusiamo, senza nasconderci dietro la santa libertà di satira. Ma da qui ad accusare la giornalaccio rosa (e il povero Marini) di cripto-razzismo ce ne passa.

Questo giornale ha sempre combattuto il razzismo negli stadi in ogni sua forma e ha denunciato i "buuu" a Balotelli come una forma inaccettabile di inciviltà. Pensare ch qualche mente malata abbia voluto insinuare nelle nostre pagine l'equazione King Kong uguale scimmione nero, più che offensivo è francamente strumentale e assurdo.

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Banche e fondi a caccia di giocatori

Il nuovo mercato arriva in Europa

Tutto è cominciato in Brasile, da oltre un decennio Mecca degli

investitori che vogliono fare soldi facili con il calcio. Ma ora il

modello è sbarcato nel Vecchio Continente: il Portogallo è il

nuovo Eldorado (già ci sono i casi di David Luiz o Moutinho). La

Uefa per ora si limita a vigilare, ma anche i club sono preoccupati

di STEFANO SCACCHI (Repubblica.it 25-06-2012)

MILANO - Come in una colonizzazione al contrario, ora è il Brasile a

trasferire l'ultima frontiera dell'affarismo calcistico in Portogallo. Da

oltre un decennio il Paese sudamericano è diventato la Mecca degli

investitori che vogliono guadagnare col pallone. Il grimaldello per soldi

quasi sicuri è acquistare percentuali dei cartellini dei giocatori: l'ideale è

farlo quando sono in rampa di lancio per incamerare milioni al momento

della cessione in Europa. Ma adesso il modello è sbarcato anche nel

Vecchio Continente. Non solo di rimbalzo attraverso l'arrivo nei nostri

campionati dei talenti sudamericani. Ma direttamente perché qualcuno

ha iniziato a comprare quote dei giocatori anche in Europa.

Tutto è cominciato proprio in Portogallo, la nazione dove nascono i Re

Mida del pallone: l'allenatore e il calciatore più pagati del mondo, Josè

Mourinho e Cristiano Ronaldo, assistiti dall'agente più ricco del pianeta,

Jorge Mendes, quello che nel corso della carriera, attraverso la sua

'Gestifute',ha incassato più commissioni di tutti (369,8 milioni di euro,

secondo un recente studio dell'Osservatorio europeo sui calciatori

professionisti). A entrare in questo settore in Portogallo è stata addirittura

la principale banca lusitana: il Banco Espirito Santo che quattro anni fa ha

creato un fondo di investimento basato sul controllo di quote di proprietà

dei calciatori del Benfica, squadra sponsorizzata dall'istituto di credito

insieme alle altre due grandi portoghesi, Sporting Lisbona e Porto. Il

veicolo si chiama 'Benfica Stars Fund' e le sue operazioni hanno pubblicità

assoluta, essendo il club della capitale quotato in Borsa. Così si scopre

che il Banco Espirito Santo nell'estate 2011 ha ottenuto profitti notevoli

dalla cessione al Chelsea di David Luiz: 1,6 milioni di euro, grazie alla

plusvalenza rispetto al costo pagato un anno e mezzo prima per acquistare

il 25 per cento del difensore brasiliano. Non a caso molti milionari in giro per

il mondo, stufi di perdere cifre notevoli tra Borsa o hedge fund, stanno

iniziando a prendere seriamente in considerazione di buttarsi in questo

business calcistico per tutelare i propri cospicui risparmi.

Il Portogallo è l'Eldorado di questi fondi. Prima del 'Benfica Stars Fund',

erano stati creati il 'First Portuguese Football Players Fund' e il 'Soccer

Invest Fund' che hanno acquistato quote dei principali calciatori lusitani

di Porto, Boavista e Sporting Lisbona: ad esempio, il 37,5 per cento di

Moutinho, titolare della Nazionale semifinalista agli Europei. Il 'First

Portuguese Football Player Fund' è stato però chiuso a gennaio 2008

dopo l'entrata in vigore dell'articolo 18 bis del Regolamento sullo status

e il trasferimento dei calciatori della Fifa. Questa norma vieta l'influenza di

"parti terze" sui club calcistici. E' stata dettata proprio per arginare il

potere sempre maggiore di questi gruppi privati sui calciatori (in alcuni

casi queste operazioni insospettiscono anche per tempistica con il calciatore

venduto dal club pochi mesi dopo l'entrata in scena del gruppo privato

che così monetizza rapidamente grazie alla preveggenza). Non a caso in

Inghilterra, il controllo delle "parti terze" è vietato da quando Kia Joorabchian

provocò scandalo in Premier League muovendo come pedine i "suoi"

campioni: Carlos Tevez e Javier Mascherano. Proprio in relazione a queste

normative, la Fifa ha avviato un'indagine sull'attività del 'Quality Investment

Fund' con sede nell'isola di Jersey (una delle Isole del Canale scelte da

molte società per la loro fiscalità vantaggiosa), creato da Jorge Mendes

insieme all'ex manager del Chelsea, Peter Kenyon, e alla Creative Artist,

gigante statunitense del settore delle procure nel mondo dello sport e

dello spettacolo.

Ma ormai è difficilissimo fermare questi investitori che hanno cominciato a

corteggiare anche alcuni talent-scout dei grandi club europei per cercare

di ridurre i rischi di errori nella scommessa finanziaria sui giovani calciatori.

Anche la Uefa ha iniziato a insospettirsi. In una recente riunione della

commissione sulle strategie del calcio professionistico, alla vigilia della

finale di Champions a Monaco di Baviera, è stata avanzata la proposta di

vietare ai calciatori controllati da "parti terze" di scendere in campo nelle

coppe europee. Sarebbe uno sconquasso. Se ne riparlerà a settembre.

Ma non sono preoccupati solo i puristi dello sport e le autorità calcistiche.

Anche i dirigenti dei club non approvano queste derive. Per un motivo

molto semplice che si aggiunge al già consistente drenaggio economico

da parte degli agenti (in Premier League ai procuratori, tra commissioni e

intermediazioni, va il 10 per cento del totale delle somme mosse dal

calciomercato): "Il problema è che in questo modo molti soldi delle società

escono dal calcio per essere investiti altrove. La Uefa vigila ma non sempre

ha una conoscenza approfondita delle vere dinamiche del fenomeno", spiega

un manager di lungo corso di un importante club europeo. Nel trasferimento

di un calciatore, controllato da "parti terze", una parte consistente del prezzo

finisce nelle tasche dei proprietari del fondo o della banca, come nel caso

del Banco Espirito Santo in Portogallo. E non esiste garanzia che rientri nel

pallone. L'unica certezza è che tanti hanno capito come guadagnare in modo

fulmineo col calcio mentre l'economia va a rotoli. Ma non sembra che lo sport

sia destinato a fare un grande affare.

___

MONEY

Goaaal?

MANCHESTER UNITED'S IPO IS NO WINNER.

by ROB COX (Newsweek | JULY 2 & 9, 2012)

IF MANCHESTER United kicks off a public stock offering in New York this

year, it will likely be touted as a triumph for U.S. capitai markets. This is, after

all, England's top soccer team, and of all the listing venues the club could

have chosen, not least London's, it looks like Man U is coming to America.

But this apparent financial score isn't worth cheering like an extra-time

win. While U.S. exchanges dwarf the competition in raising capital this year,

there's a dark side to this distinction that investors should heed. Man U

won't be choosing New York because Americans are gaga for the sport (just

1 percent of respondents in a recent Harris Interactive poll said their favorite

sport was soccer). Rather, the Glazer family, which also owns the NFL's

Tampa Bay Buccaneers, will be taking advantage of the leeway America's

listing standards offer companies to practice poor corporate governance.

New York's stock markets permit companies to sort their shareholders

into different classes, allowing founders and owners to sell shares while

maintaining control. In London, such a setup gets you excluded from key

indexes. It's an aberration of democratic capitalism, which in its purest form

gives one vote per share. The mechanism lets Mark Zuckerberg hold shares

in Facebook with 10 times the voting power of those available to the investing

masses. Similar structures enable Rupert Murdoch, the Sulzbergers at The

New York Times, the Ford family, and dozens of others to keep a grip on their

companies that is far greater than the capital they have at stake.

While this practice has been tolerated for years, it has lately gained

considerable ground. This year there have been 21 IPOs on the NYSE and

Nasdaq that have sold more than $200 million in shares. All told, they have

reaped $24.2 billion, according to Thomson Reuters data. Nearly 80 percent

of the money, through nine of the deals, came from the sale of securities with

subpar ownership rights.

Facebook, which raised $16 billion and promptly saw its shares tumble, was

the biggest of the bunch, but it wasn't alone. Carlyle Group, the private equity

firm tbat owns Dunkin' Donuts and 200 other companies, harvested $671

million by selling securities that give investors almost no say. Oaktree Capital,

an investment firm, did the same in April.

All of this is amply disclosed ahead of time, so buyers can beware. And there

are sometimes perfectly good reasons, such as tax advantages, for buying

the sort of coach-class securities that Manchester will likely offer. But winning

a race to the bottom by selling out the rights of shareholders is hardly worth

celebrating.

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Con Gianello, Palazzi chiama

pure Cannavaro e Mazzarri

Filone campano, dal 2 luglio le audizioni per Samp-Napoli: oltre all'ex

portiere saranno ascoltati il capitano, il tecnico, Grava e Mascara

di MAURIZIO GALDI (GaSport 26-06-2012)

L'attenzione della Procura federale si sposta sul Napoli. Al centro del mirino

Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010. Gli investigatori federali hanno

completato l'esame dei documenti che il Procuratore aggiunto di Napoli, e

capo del pool reati da stadio, Giovanni Melillo ha trasmesso. Atti che portano

a una probabile richiesta di rinvio a giudizio per il terzo portiere del Napoli

(all'epoca dei fatti) Matteo Gianello e per l'ex calciatore e osservatore del

Chievo Silvio Giusti. L'accusa è associazione per delinquere finalizzata alla

frode sportiva.

L'inchiesta sportiva Stefano Palazzi, però, non si ferma alle conclusioni

della magistratura ordinaria e preferisce farsi una propria idea dei fatti per

questo chiama per la prossima settimana 15 persone. Si comincia il 2 luglio

(stesso giorno dell'apertura dell'appello davanti ala Corte di giustizia

federale del primo procedimento) con Claudio Furlan, Luca Ariatti, Dario

Passoni e Marco Zamboni. Tutti citati nelle informative perché legati ai

principali soggetti della vicenda: i fratelli Federico e Michele Cossato e

Silvio Giusti. Questi tre saranno sentiti il 5 con Gianfranco Parlato. Venerdì

6 sarà il giorno del Napoli. Sono infatti convocati Gianello, l'allenatore

Walter Mazzarri, Gianluca Grava, Paolo Cannavaro e anche l'ex Giuseppe

Mascara. Infine il 9 sarà la volta di un amico dei Cossato, Giuseppe Santorum,

e di un altro ex del Napoli, Fabio Quagliarella.

L'inchiesta penale Circa due anni è durato il lavoro della Procura di Napoli

con la squadra mobile della questura. Tutto parte dalla presenza sul terreno

di gioco del San Paolo del figlio del boss della camorra Lo Russo, ora

latitante, per Napoli-Parma (il padre si è pentito). Secondo gli investigatori

ci sarebbe stato un flusso anomalo di scommesse per quella gara. Risalendo

la corrente vengono messi sotto controllo i telefoni di Gianello, dei Cossato e

di Giusti. Da queste intercettazioni si alza un velo su alcune giocate e

soprattutto sulla possibilità che ci siano stati tentativi di combine. Cinque

sofferte ore di interrogatorio un anno fa portarono Gianello a fare delle

ammissioni. «Ricordo che Giusti mi prospettò la possibilità di ricompensare i

compagni che avessero aderito alla richiesta (di rendere maggiormente sicuro

il risultato della partita a favore della Sampdoria, ndr) con somme di denaro»,

ammette ai magistrati. Poi parla di quattro o cinque compagni presenti nello

spogliatoio, ma non ricorda i nomi, ma poi riflettendo... «Mi rivolsi a Paolo

Cannavaro e a Grava e a nessun altro». Esclude infatti la presenza di

Santacroce, De Sanctis o di averne parlato con Quagliarella, ma specifica:

«Cannavaro e Grava diedero immediatamente e con estrema decisione una

risposta negativa». Ora Palazzi deve verificare cosa avvenne davvero in

quello spogliatoio. La partita terminò con la vittoria della Samp per 1-0.

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La faccia tosta dell’intoccabile Capitano

DOPO L’INVESTITURA DI NAPOLITANO E I RISULTATI AZZURRI,

BUFFON SI VENDICA DELLE CRITICHE SFODERANDO L’“IRA FUNESTA”

di MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 26-06-2012)

La paura del portiere prima del calcio di rigore è non poter riscrivere la

storia. L’esultanza successiva, la certezza di avercela fatta. Osannato dai

media, abbracciato al Presidente della Repubblica, nell’assoluta

condiscendenza della platea. L’Italia ha appena vinto. È in semifinale. “Sono

felice, ma irritato” dice invece Gigi Buffon. Un muso lungo, offeso,

tesissimo. Una maschera grottesca. Buffon espone la Sindone con sacro

tempismo. Ostenta la lesa maestà e sposta l’orologio in avanti. Ai tempi in

cui l’oblìo sarà assoluto, città e province un’unica esultanza di clacson e

tricolori, la controrivoluzione completata. Un sogno possibile, così vicino e

così lontano a quello già vissuto nel 2006, lo stesso che Buffon ha intenzione

di godersi rielaborando la realtà. Niente più versamenti alle tabaccherie di

Parma. Nessuna ombra. Un buffetto per gli scommettitori, biasimo per i

giornalisti cattivi e il breviario di fine stagione: “Meglio due feriti che un

morto” elevato a religione unica.

NEL FANGO del dio Pallone, San Gigi, la divinità padana in mutande verdi, ha

perso il senso delle proporzioni. Non più il difensore estremo che nella

filosofia di Boskov rivestiva un ruolo preciso: “Portiere è lì per parare e

stare zitto” né “l’optional” con cui Giovanni Galeone bastonava le proprie

groviere pescaresi, ma il pensatore livido. Il protervo allievo di una scuola

antica (Mourinho, Lippi, Moggi) convinto che abbia ragione solo chi passa al

turno successivo, alza una Coppa, copre con il silenzio le domande

inopportune. Buffon, già campione del mondo, è persuaso di vantare crediti e

di godere di assoluta intangibilità. Normale che accada quando il Capo dello

Stato si fa baciare nello spogliatoio. Naturale che succeda quando lo stesso

Napolitano intervenendo come un qualunque avventore del bar sport all’1-1

ottenuto con la Spagna: “In tribuna mi hanno detto firmiamo per il pareggio”

consente il contropiede ironico e gli sghignazzi a un atleta in delicata

posizione: “Non lo dica Presidente che ci metton dentro”. Buffon aveva già

dimostrato il proprio punto di vista cazziando brutalmente i cronisti poco

prima di atterrare in Polonia. Battendo le nocche sul tavolo, ascoltando

annoiato le legittime domande sul milione e mezzo versato al suo amico Alfieri

(83% di vincite, nel caso Buffon avrebbe visto bene), stendendo il suo

personale Piave con linguaggio marziale: “Mi dispiace che da gente come voi

che frequenta il calcio da millenni, tocchi subire certe paternali. Se avete

la forza di farle, non parliamo più. Chiedetemi solo il risultato della

partita”. Oggi, con il risultato in ghiacciaia e il podio nel mirino, se è

lecito, è anche peggio. Dopo aver sostenuto serio, lamentandone l’assenza non

più di 20 giorni fa, che la cose più importanti da preservare in Italia

fossero “democrazia e libertà” e che la spettacolarizzazione della giustizia

fosse giunta, per due volanti giunte al centro tecnico dove Prandelli e i suoi

attendevano l’alba, a livelli intollerabili, Buffon si è diretto altrove.

TRAVESTENDOSI da imitatore. Il modello di Gigi sarebbe stato un altro capitano,

Dino Zoff. Il portavoce di Bearzot che all’epoca delle bugie sentimentali che

avrebbero visto avvinghiati Rossi e Cabrini nel ritiro mundial di Pontevedra,

decretò il silenzio stampa più proficuo di un secolo di Nazionale. Buffon

invece parla. E, poveri noi, medita vendetta. Prima di partire per la Polonia,

con la Polizia sull’uscio di Coverciano, aveva maldestramente recitato da

dissidente politico: “Non posso dire quello che realmente il mio cuore e la

mia mente pensano, ma ho avuto l’ennesima conferma che le persone perbene

prive di scheletri nell’armadio, qui non possano esprimere il proprio pensiero”.

Oggi ha cambiato idea. Complice la semifinale, il caldo, la fatica, Buffon

brandisce il manganello e ordina la carica. In nome del popolo. Forza Italia,

sempre.

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La faccia tosta dell’intoccabile Capitano

DOPO L’INVESTITURA DI NAPOLITANO E I RISULTATI AZZURRI,

BUFFON SI VENDICA DELLE CRITICHE SFODERANDO L’“IRA FUNESTA”

di MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 26-06-2012)

La paura del portiere prima del calcio di rigore è non poter riscrivere la

storia. L’esultanza successiva, la certezza di avercela fatta. Osannato dai

media, abbracciato al Presidente della Repubblica, nell’assoluta

condiscendenza della platea. L’Italia ha appena vinto. È in semifinale. “Sono

felice, ma irritato” dice invece Gigi Buffon. Un muso lungo, offeso,

tesissimo. Una maschera grottesca. Buffon espone la Sindone con sacro

tempismo. Ostenta la lesa maestà e sposta l’orologio in avanti. Ai tempi in

cui l’oblìo sarà assoluto, città e province un’unica esultanza di clacson e

tricolori, la controrivoluzione completata. Un sogno possibile, così vicino e

così lontano a quello già vissuto nel 2006, lo stesso che Buffon ha intenzione

di godersi rielaborando la realtà. Niente più versamenti alle tabaccherie di

Parma. Nessuna ombra. Un buffetto per gli scommettitori, biasimo per i

giornalisti cattivi e il breviario di fine stagione: “Meglio due feriti che un

morto” elevato a religione unica.

NEL FANGO del dio Pallone, San Gigi, la divinità padana in mutande verdi, ha

perso il senso delle proporzioni. Non più il difensore estremo che nella

filosofia di Boskov rivestiva un ruolo preciso: “Portiere è lì per parare e

stare zitto” né “l’optional” con cui Giovanni Galeone bastonava le proprie

groviere pescaresi, ma il pensatore livido. Il protervo allievo di una scuola

antica (Mourinho, Lippi, Moggi) convinto che abbia ragione solo chi passa al

turno successivo, alza una Coppa, copre con il silenzio le domande

inopportune. Buffon, già campione del mondo, è persuaso di vantare crediti e

di godere di assoluta intangibilità. Normale che accada quando il Capo dello

Stato si fa baciare nello spogliatoio. Naturale che succeda quando lo stesso

Napolitano intervenendo come un qualunque avventore del bar sport all’1-1

ottenuto con la Spagna: “In tribuna mi hanno detto firmiamo per il pareggio”

consente il contropiede ironico e gli sghignazzi a un atleta in delicata

posizione: “Non lo dica Presidente che ci metton dentro”. Buffon aveva già

dimostrato il proprio punto di vista cazziando brutalmente i cronisti poco

prima di atterrare in Polonia. Battendo le nocche sul tavolo, ascoltando

annoiato le legittime domande sul milione e mezzo versato al suo amico Alfieri

(83% di vincite, nel caso Buffon avrebbe visto bene), stendendo il suo

personale Piave con linguaggio marziale: “Mi dispiace che da gente come voi

che frequenta il calcio da millenni, tocchi subire certe paternali. Se avete

la forza di farle, non parliamo più. Chiedetemi solo il risultato della

partita”. Oggi, con il risultato in ghiacciaia e il podio nel mirino, se è

lecito, è anche peggio. Dopo aver sostenuto serio, lamentandone l’assenza non

più di 20 giorni fa, che la cose più importanti da preservare in Italia

fossero “democrazia e libertà” e che la spettacolarizzazione della giustizia

fosse giunta, per due volanti giunte al centro tecnico dove Prandelli e i suoi

attendevano l’alba, a livelli intollerabili, Buffon si è diretto altrove.

TRAVESTENDOSI da imitatore. Il modello di Gigi sarebbe stato un altro capitano,

Dino Zoff. Il portavoce di Bearzot che all’epoca delle bugie sentimentali che

avrebbero visto avvinghiati Rossi e Cabrini nel ritiro mundial di Pontevedra,

decretò il silenzio stampa più proficuo di un secolo di Nazionale. Buffon

invece parla. E, poveri noi, medita vendetta. Prima di partire per la Polonia,

con la Polizia sull’uscio di Coverciano, aveva maldestramente recitato da

dissidente politico: “Non posso dire quello che realmente il mio cuore e la

mia mente pensano, ma ho avuto l’ennesima conferma che le persone perbene

prive di scheletri nell’armadio, qui non possano esprimere il proprio pensiero”.

Oggi ha cambiato idea. Complice la semifinale, il caldo, la fatica, Buffon

brandisce il manganello e ordina la carica. In nome del popolo. Forza Italia,

sempre.

Questo articolo è illeggibile.

A questo punto è difficile fare una graduatoria tra cazza, rep e fq.

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Finali Giovanissimi, l'Inter fa troppi cambi, perde e fa eliminare la Juve. Marotta: «Che ingiustizia».

Roberto Pelucchi - Gasport - 26-06-2012

Dopo avere assaporato per qualche ora la soddisfazione per l'accesso alla semifinale, a un passo dalla partita che vale una stagione, i Giovanissimi nazionali della Juventus, allenati da Claudio Gabetta, si sono ritrovati eliminati per «colpa» dell'Inter. Il giudice sportivo Francesco Magni, esaminando il referto arbitrale di Inter-Reggina, finita 3-0, si è accorto che i nerazzurri di Salvatore Cerrone avevano effettuato otto sostituzioni invece delle sette previste. E così non ha potuto far altro che assegnare la vittoria a tavolino ai calabresi 3-0, sconvolgendo la classifica del campo, che aveva visto qualificate l'Inter come prima 9 punti e la Juve come seconda 4. Grazie al ribaltone, la Reggina è balzata al primo posto e in semifinale affronterà il Napoli oggi alle 18 a Montepulciano, mentre l'Inter dovrà sfidare il Milan nel derby sempre oggi alle 18 a San Quirico d'Orcia. Un errore identico era stato commesso un anno fa. La squadra romana Torre Tre Teste cambiò un giocatore di troppo contro il Pordenone e perse la semifinale a tavolino. Il suo posto venne preso dall'Accademia Internazionale che, ironia della sorte, poi conquistò il titolo dei dilettanti.

Amarezza Nel clan juventino facce tristi, soprattutto tra i ragazzi che, dopo aver dominato il proprio girone nella fase regolare 22 vittorie, 2 pareggi e 2 sconfitte, 95 gol fatti e appena 10 subìti e aver superato Cagliari e Brescia ai playoff, erano riusciti ad avvicinarsi ulteriormente allo scudetto. L'amarezza della Juve è stata espressa dall'a.d. Beppe Marotta attraverso il sito internet della società: «Siamo molto dispiaciuti per quanto è successo. La nostra squadra ha visto sfumare un traguardo conquistato sul campo, frutto del lavoro di un'intera stagione. La cosa più difficile è stata spiegare la situazione ai ragazzi, che hanno lottato lealmente per l'intero campionato e si sono visti privare di una qualificazione ottenuta meritatamente, per un errore — peraltro grave — commesso da altri. Considerata la loro giovane età e il grande spirito mostrato in questa stagione, avranno occasione di puntare in futuro a obiettivi più importanti e usciranno ancora più forti da questa esperienza. Ho già parlato con Gianni Rivera, presidente del Settore Giovanile Scolastico della Figc, per esprimergli tutto il mio disappunto per un regolamento che andrebbe modificato per evitare in futuro il ripetersi di fatti di questo tipo».

Tante scuse Anche il direttore del settore giovanile dell'Inter, Roberto Samaden, è «dispiaciutissimo per la disattenzione del nostro staff dirigenziale. In campionato si portano in panchina sette giocatori e tutti possono entrare in campo, mentre nelle fasi finali in panchina possono andare in nove, ma le sostituzioni restano sette. Ho subito chiamato Giovanni Rossi, capo del settore giovanile della Juve, e mi sono scusato per il danno procurato. Non ci facciamo una bella figura e anche noi perdendo il primo posto adesso saremo costretti a giocare il derby. Nonostante la qualificazione in tasca, contro la Reggina avevamo mandato in campo la migliore formazione perché a livello giovanile non si fanno calcoli». Nelle riunioni tecniche che hanno preceduto le finali, tra l'altro, a dirigenti accompagnatori, allenatori e capitani era stato ricordato che le sostituzioni restavano sette. «Non è un problema di regolamenti — precisa Samaden — ci sono persone che devono occuparsi proprio di questi aspetti e io sono arrabbiato con loro per questo grave errore. Non voglio crocifiggerle, non sarebbe giusto, ma sto pensando se non sia il caso di cambiare qualcuno».

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News JU29ro.com

Il pasticciaccio dell'Inter sgambetta i Giovanissimi Nazionali bianconeri - "«Dopo aver esaminato il referto della partita Inter-Reggina, si è rilevata l'effettuazione di 8 sostituzioni invece delle 7 consentite da parte dell'Inter. Per decisione del Giudice Sportivo, avv. Francesco Magni, si stabilisce che la gara viene vinta a tavolino dalla Reggina per 0-3. L'effetto concreto di questa decisione è il cambiamento della classifica nel modo che segue: Reggina, Inter 6; Juventus 4; Roma 1. Ulteriore effetto anche sulle due semifinali che diventano Reggina-Napoli e Milan-Inter. Come da programma, le partite si disputeranno il 26 giugno, alle 18.00, rispettivamente a Montepulciano e San Quirico D'Orcia».Con questo comunicato, pubblicato sul sito della FIGC, la squadra Giovanissimi Nazionali della Juventus ha visto cancellato il raggiungimento delle semifinali e ha pertanto chiuso anzitempo la sua avventura alle finali Scudetto di Chianciano Terme. Una vera beffa per Claudio Gabetta e i suoi ragazzi che avevano conquistato sul campo il traguardo e si apprestavano a giocarsi le loro chance di conquista del tricolore di categoria.

La Juventus ha commentato l’episodio attraverso questa dichiarazione rilasciata dall’Amministratore Delegato e Direttore Generale Sport Giuseppe Marotta. «Siamo molto dispiaciuti per quanto è successo. La nostra squadra ha visto sfumare un traguardo conquistato sul campo, frutto del lavoro di un’intera stagione. La cosa più difficile è stata spiegare la situazione ai ragazzi, che hanno lottato lealmente per l’intero campionato e si sono visti privare di una qualificazione ottenuta meritatamente, per un errore – peraltro grave - commesso da altri. Considerata la loro giovane età e il grande spirito mostrato in questa stagione, avranno occasione di puntare in futuro a obiettivi più importanti e usciranno ancora più forti da questa esperienza. Questa mattina ho già parlato con Gianni Rivera, Presidente del Settore Giovanile Scolastico della FIGC, per esprimergli tutto il mio disappunto per un regolamento che andrebbe modificato per evitare in futuro il ripetersi di fatti di questo tipo»."

Questo il comunicato pubblicato sul sito ufficiale della Juve, con un Marotta decisamente amareggiato, ma anche arrabbiato perché, se dal punto di vista della lettera del regolamento, la decisione federale regge alle contestazioni, la Juve trova a dover subire più di un danno per responsabilità non sue. Al danno dell'eliminazione in sé e per sé, sono i tempi nei quali si è consumata l'intera vicenda a creare un danno: psicologico ai ragazzi (e speriamo li renda davvero più tosti per il futuro), ma anche organizzativi al club (che aveva già confermato la prenotazione alberghiera e del campo d'allenamento).

Insomma il non saper contare dev'essere un must in casa Inter: non sanno contare gli scudetti, né il numero delle sostituzioni.

Per la verità l'Inter sul suo sito ha fornito una sua spiegazione dell'errore: "Il provvedimento nei confronti dei nerazzurri è stato causato da errore sul numero delle sostituzioni da parte di un dirigente accompagnatore: per la categoria Giovanissimi durante la stagione tutti i ragazzi in panchina possono entrare in campo (essendo sette a disposizione), mentre durante le finali ne possono essere sostituiti sempre sette, ma avendone in panchina nove".

Resta il fatto che a questo punto sembra si siano persi uno dei loro giovanissimi, Andrea Bondioli, che, proprio sul sito ufficiale, figura nella formazione iniziale (in panchina), ma scompare dal tabellino finale (non figura tra le sostituzioni: che risultano sette, quelle lecite), né in panchina dove è citato solo il secondo portiere Bourmilla. Dov'è finito Bondioli? Al posto di chi è entrato e quando? Se la Figc ha deciso così, è perché il direttore di gara l'ha segnato nel suo referto come giocatore in campo; ma l'Inter non lo sapeva, credeva fosse rimasto in panchina se dobbiamo credere a google dove, utilizzando la funzione 'ricerca', si ritrova lo 'stralcio' della prima versione del report nerazzurro (con Bondioli rimasto seduto in panchina accanto a Bourmilla). E adesso non sa più neppure che fine abbia fatto. Sparito! Chi l'ha visto? Purtroppo per i Giovanissimi Nazionali bianconeri l'ha visto il signor Gozzi di Siena, l'arbitro della gara.

Viste le pubbliche rimostranze di Marotta, il direttore del settore giovanile Roberto Samaden, si è detto "dispiaciutissimo per la disattenzione del nostro staff dirigenziale. Ho subito chiamato Giovanni Rossi, capo del settore giovanile della Juve, e mi sono scusato per il danno procurato. Non ci facciamo una bella figura e anche noi perdendo il primo posto adesso saremo costretti a giocare il derby".

Bisogna dire che l'Inter non è nuova a 'pastrugni' con il settore giovanile. Basti ricordare il caso di Massimo Pellegrini, che 21 anni fa venne iscritto al Mundialito sotto falso nome perché fuori età, lo disputò per intero, laureandovisi capocapocannoniere e contribuendo così in modo determinante alla vittoria del trofeo da parte dei nerazzurri; trofeo che però l'Inter dovette restituire, una volta smascherato l'inganno.

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SPY CALCIO di FULVO BIANCHI (Repubblica.it 26-06-2012)

I tempi del calcioscommesse

campionato a rischio rinvio

Una volata contro il tempo: chiuso il processo bis del calcioscommesse

(il 2 luglio inizia l'appello), ecco che lo staff di Stefano Palazzi si sta

concentrando sul nuovo filone, quello che potrebbe riguardare anche molti

club di serie A e illustri calciatori e tecnici. Sino al 9 luglio sono previsti gli

interrogatori in merito alla gara fra Napoli e Sampdoria, poi toccherà ancora

alla trance che arriva da Cremona, e saranno sentiti, fra gli altri, Antonio

Conte e il presidente del Siena, Mezzaroma. Il grande accusatore è Filippo

Carobbio, ex del Siena, un pentito considerato, almeno sinora, attendibile da

Palazzi. Carobbio ha parlato il 29 febbraio con la procura federale, ma da

allora Conte e c. non hanno avuto ancora la possibilità di replicare, di

difendersi. E' normale? Quando si chiuderà questa inchiesta? Probabile che il

processo possa iniziare soltanto intorno al 25 luglio, non prima: con sentenza

di primo grado, quindi, verso il 10 agosto (se va bene). E secondo grado

verso fine agosto. Il vero problema si potrebbe avere nel caso ci siano club

deferiti (e condannati) per responsabilità diretta: due sono quelli che stando

alle indagini sinora svolte a Cremona e Bari potrebbero rischiare. Sono Siena

e Lecce. Il Siena si è salvato in serie A, il Lecce è retrocesso in B. Come

fare per gli organici (e i calendari) dei campionati se la sentenza, di primo

grado, dovesse arrivare solo il 10 agosto? Il 25 scatta il campionato di serie

A: che fare? Rinviare la data di partenza? Non è del tutto escluso, ma dovrà

decidere anche la Lega di serie A (se esiste ancora. . . ). Bisogna vedere

appunto se ci saranno club coinvolti per responsabilità diretta che, come noto,

in caso di condanna prevede la retrocessione all'ultimo posto in classifica.

La serie B è pronta a fare un campionato a 21 squadre, la Lega Pro è nei guai

seri fra calcioscommesse e soprattutto club (tanti) che rischiano di non

iscriversi per problemi economici. Più semplice invece sarebbe se ci fossero

"solo" penalizzazioni dei club da scontare nella prossima stagione e

squalifiche dei tesserati: in questo caso il processo potrebbe concludersi

anche a settembre, a stagione già iniziata. E anche per quanto riguarda le

norme Uefa non sono così automatiche nell'escludere dalle Coppe i club

coinvolti (vedi Spy Calcio del 20 giugno) e possono essere decise sanzioni

anche quando le competizioni sono già iniziate (ma in questo caso, a nostro

avviso, rischierebbero di falsarle). Che sarà un'estate caldissima, comunque,

è dimostrato dal fatto che la Figc ha già prenotato l'ex Ostello della

gioventù per i mesi di luglio e agosto, e che i rappresentanti di Procura,

Disciplinare e Corte di giustizia federale sono stati avvisati che quest'anno

le loro ferie sono ad altissimo rischio di... slittamento. Il presidente della

Federcalcio, Giancarlo Abete, e il direttore generale Antonello Valentini, nel

rispetto della piena autonomia della giustizia sportiva, hanno chiesto a

Palazzi solo una cosa. Di fare "presto e bene". Sul "presto", c'è qualche

dubbio. Sul "bene" non resta che sperare.

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Il mercenario

(da Demostene a Borriello)

di MARCO BETTALLI Professore Ordinario di Storia Greca

all'Università di Siena dal blog FÚTBOLOGIA 26-06-2012

Chi segue il calcio, sa che un giocatore può venire a un certo punto della

sua carriera bollato come mercenario. Anzi, come ho letto in uno striscione

qualche tempo fa, riferito a un noto calciatore di serie A, mercenario senza

onore né dignità. La circostanza merita una riflessione. I calciatori – non

solo le poche centinaia della Serie A, ma molti altri di campionati assai più

oscuri – sono professionisti e quindi giocano tutti in cambio di uno stipendio,

spesso elevato; per quale motivo dunque solo alcuni vengono tacciati di

questo epiteto, che etimologicamente – lo ricordiamo – si riferisce appunto a

chiunque svolga un qualsiasi lavoro in cambio di una mercede? Rispondere

a questa domanda ci aiuterà a comprendere un po’ di cose, non legate solo

al mondo del calcio.

Borriello.jpg

Credo che il ragionamento sia il seguente: giocare a calcio è sì una

professione, non lo si può negare, ma il calciatore deve, nel corso della

sua carriera, mostrare anche l’attaccamento alla maglia. Solo pochissimi

riusciranno nel corso della loro carriera a legarsi a una sola squadra,

sublimando così il loro lavoro in una sorta di matrimonio mistico senza

tradimenti, diventando una bandiera. Altri saranno costretti dalle contingenze

della professione a cambiare tre-quattro maglie, ma dovranno comunque

dimostrare con il loro comportamento – e qui si entra in terreni difficilmente

esplorabili da menti normali e non ultras – che nella loro professione hanno

il senso dell’onore e rispettano la famosa maglia (tipico esempio di rituale

legato a quest’esigenza: chi segna un gol alla sua ex-squadra non esulta mai e

compie questo non-gesto in modo eclatante). Insomma, dovranno dissimulare

il fatto che lavorano perché ben pagati e che cambieranno anche spesso la

famosa maglia perché pagati meglio altrove; dovranno mostrare che hanno

un cuore (non a caso, il toccarsi il cuore è uno dei segni più usati dai calciatori,

per esempio alla fine della partita, per rivolgersi ai propri tifosi).

In un certo senso, chiamare mercenario un giocatore è un’operazione

nostalgica: il mondo di oggi è brutto, dominato dalla mercificazione, ma

esisteva un giorno, e forse un giorno esisterà di nuovo, un mondo

dominato da valori veri. Inutile ironizzare sul fatto che il mondo agognato

da molti tifosi potrà sembrare rozzo e per nulla migliore: sognare un mondo

migliore è un diritto inalienabile, lo si pone di solito nel futuro (l’opzione

più gettonata), ma spesso ispirandosi a un fantomatico passato (*).

Abbandonando il calcio, ne abbiamo comunque ricavato la lezione

promessa. Mercenario è colui che fa vedere con troppa chiarezza che

lavora esclusivamente per un guadagno; che non ha alcun apparente scopo

superiore per fare ciò che fa; e che quindi sarebbe pronto in ogni momento a

cambiare maglia pur di guadagnare di più, poiché ragiona con la testa (o

meglio, con la calcolatrice) e non con il cuore. Visti da un’ottica più

razionale, i mercenari sembrano in realtà i più onesti, non i peggiori: come il

bambino della fiaba, sono gli unici a vedere che l’imperatore è nudo, che

nessuno in realtà è coperto dal mantello di uno scopo più alto; semplicemente

tutti gli altri fanno finta.

Venendo alla guerra, che è l’ambito dove la parola ha maggiormente attecchito,

è facile vedere come vi regni una certa confusione, un po’ come nel calcio

(l’accostamento non è casuale; il calcio è una buona metafora della guerra e

ha sostituito in questo prestigioso ruolo la caccia: un bel miglioramento,

almeno per chi abbia un minimo di sensibilità nei confronti degli animali). I

nazisti non minacciano più il mondo, i paesi europei e gran parte dei paesi

del mondo non hanno nemici alle loro frontiere, né è probabile che li avranno

in futuro. Chi, in Italia o in Francia o in Inghilterra fa il soldato, lo fa

come professionista, pagato abbastanza bene: la leva è stata abolita in gran

parte dei paesi sviluppati. Lo scopo superiore è di fatto assente. Le

faticosissime definizioni di mercenario elaborate dalla Convenzione di Ginevra

e poi via via perfezionate impediscono ovviamente di definire mercenario un

italiano che militi nell’esercito italiano. E – che diamine – lo impedisce

anche il senso comune. Ma più di quest’ultimo, lo impedisce un apparato

retorico in caduta libera, ma comunque sempre vivo (specie in paesi come gli

Stati Uniti, un po’ meno in Europa) e sostenuto da millenni di storia

appassionata e condivisa; apparato che quanto meno riuscirà utile al soldato

per farsi celebrare funerali di stato e farsi dedicare piazze e strade se per

caso muore in un’azione di peace-keeping. E la morte è importante, e come

sei trattato dopo la morte: lo sapeva anche Giasone di Fere, che circa 2380

anni fa, in Tessaglia, invogliava i mercenari a servire presso di lui garantendo

loro splendidi funerali in caso di morte.

Ma alla fin fine i soldati sono tutti mercenari. Tutti combattono – e uccidono,

pur con tutte le cautele riservate oggi all’atto che costituisce l’essenza

del soldato – in cambio di una paga. E molti soldati – soprattutto inglesi,

tanto per fare un esempio – si trasformano dopo anni di servizio in mercenari,

per guadagnare di più. Faranno sempre le stesse cose: a ragionare come gli

ultras dello striscione contro Borriello, in questo trasferimento perderanno

l’onore. Ma la parola non fa più alcun effetto a nessuno e ha ormai una

valenza semantica un po’ traballante, che tende a deviare verso la vaghezza,

se non addirittura verso un coté paradossale che nulla avrebbe a che fare con

l’etimologia originaria.

Forse non ha perso l’onore, che tutti hanno perso di vista: ma, seguendo vie

misteriose, invece, il mercenario ha conservato la sua fama negativa. Ce

l’aveva anche nell’antica Grecia: Demostene e Isocrate parlavano dei mercenari

come della feccia dell’umanità, e questi poveri disgraziati non erano neppure

ben pagati come oggi. Eppure, se i due grandi e ricchissimi personaggi

avessero fatto una passeggiata fino ai moli del Pireo, avrebbero visto molti

poveri, eppure loro concittadini e quindi formalmente membri del club più

esclusivo del mondo greco, imbarcarsi come rematori nelle triremi,

affollandosi alle banchine per strappare un ingaggio. Erano mossi dallo stesso

bisogno dei mercenari – forse qualche pazzo ama combattere, ma dubito

siano mai esistiti pazzi che abbiano servito con passione come rematori

nelle triremi o nelle galere – ma non erano considerati mercenari: perché

era possibile trovare per loro uno scopo superiore, il combattere e morire per

la propria patria.

Millenni dopo, studi approfonditi svolti durante la II guerra mondiale o la

guerra del Vietnam dimostreranno che non si combatte – e si muore – per

la propria patria, ma per difendere i propri compagni di sventura; l’impellenza

della fedeltà e del patto non scritto con il proprio commilitone sono molto

più importanti di un’astratta fedeltà a una bandiera. I Greci non avevano

studiato – la sociologia non l’avevano ancora inventata – ma lo sapevano già,

e facevano combattere, se possibile, i parenti e i compagni di quartiere uno

accanto all’altro, quando addirittura non crearono battaglioni di coppie

omosessuali che morivano avvinte nell’estrema difesa dell’amato (c’è un po’ di

letteratura in questa storia, ma sicuramente anche qualcosa di vero) – e lo

spirito di corpo esisteva sicuramente anche nelle compagnie mercenarie.

Eppure ai mercenari non sarà mai riconosciuto alcun bonus.

Sorprende come le nostre società abbiano ormai accettato da un bel po’ il

ruolo centrale, fondamentale, decisivo del denaro per determinare gerarchie,

status e quant’altro, ma si ribellino, in ambiti circoscritti, quasi senza

rendersene conto, a questo ovvio dato di fatto, condannando senza appello,

in nome di obsolete “ragioni del cuore”, coloro che hanno preso alla lettera ciò

che è condiviso da tutti. Nessuna parola è più di moda di professionalità:

eppure, il marchio dell’infamia sfiora ancora chi la ossequia senza

tentennamenti.

(*) I laudatores temporis acti sono un’infinità e nessuno si rende conto di

come il passato sia inventato quanto il futuro. Gli storici, in questo gioco,

svolgono un ruolo fastidiosissimo, di guastafeste. Infatti non è di una

conoscenza del passato che la gente ha bisogno, ma della evocazione di

un passato immaginario. Sono uno storico, scusate lo sfogo).

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Daniele Capezzone:

"Oggi tutti celebrano l'Italia, ma fino a qualche giorno fa c'era chi chiedeva la testa di Buffon. Oggi i giustizialisti si scusino.."

25.06.2012 15.15 di Lorenzo Buconi per tuttojuve.com

Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, si è soffermato sulla vittoria dell'Italia esprimendo poi una considerazione su coloro che fino a qualche giorno fa volevano Gigi Buffon fuori dalla nazionale: "Oggi i giornali celebrano l'Italia, dopo il successo con l'Inghilterra. Ma fino a qualche giorno fa fioccavano i commenti giustizialisti e manettari, fino a chi si spingeva a chiedere l'esclusione di Buffon, dopo una campagna mediatica di insinuazioni e sospetti privi di valenza giuridica. Resta ancora qualche isolato pasdaran che, sempre in nome del giustizialismo, proclama di tifare contro l'Italia di Buffon. Chi fa così dà la misura di un approccio distruttivo, di chi sa solo odiare, e amerebbe danzare sulle macerie del Paese, ben al di là del calcio".

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Il Romanista 26-06-2012

Una vergogna da evitare,

per il bene del calcio

Caro Presidente Napolitano,

Mi rivolgo a Lei con la stima e l’affetto che ben conosce. Mi rivolgo a Lei

affinché eserciti la sua autorevole capacità di persuasione sui vertici del

calcio italiano e ci eviti dunque una figuraccia in campo internazionale che

contraddirebbe la splendida prova di orgoglio nazionale che stanno dando

i ragazzi di Prandelli cui Lei è voluto essere vicino rappresentando il

sentimento di tutto il paese.

Con i Suoi gesti simbolici, carissimo Presidente, con quella commozione

trattenuta a stento mentre consegna la bandiera ai nostri atleti olimpici, Lei

ha saputo ben interpretare lo spirito di riscatto e di lealtà che muove ogni

vero sportivo, mostrandosi ancora una volta interprete dei più profondi

sentimenti di coesione e di moralità di cui oggi il nostro paese ha un estremo

e disperato bisogno.

Ebbene, mentre i nostri ragazzi riscattano sul campo la brutta pagina di

Scommessopoli, mostrando che il nostro calcio è fatto in grande maggioranza

da ragazzi per bene e puliti, i vertici del calcio italiano, in testa Giancarlo Abete,

stanno cercando di coinvolgere anche Platini in una operazione che, se andasse

in porto, ci coprirebbe di una vergogna che inevitabilmente ricadrebbe sull’intero

paese.

I fatti possono anche esserLe sfuggiti, dal momento che in queste ore ha ben

più drammatiche e dolorose vicende cui pensare, a cominciare dalla morte di

un nostro carabiniere in Afghanistan.

Ci permettiamo allora di rammentaLe quanto scritto da noi e da altri

giornali in merito all’iscrizione nelle competizioni europee delle squadre

italiane coinvolte in Scommessopoli. Tre di esse, Lazio, Udinese e

Napoli, probabilmente in tempi diversi, saranno deferite alla giustizia

sportiva. Orbene, il regolamento Uefa parla chiaro e dice che in caso di

"coinvolgimento diretto o indiretto", in illeciti sportivi le squadre coinvolte

non possono disputare i tornei ai quali dovrebbero accedere secondo la

posizione raggiunta nei rispettivi campionati. Non si fa alcuna menzione né

alla colpevolezza, né all’entità della sanzione poiché si tratta di un codice

etico al quale basta "il coinvolgimento" per decretare l’esclusione. Del resto,

è in base a un codice etico che il capitano della Lazio, Mauri, è stato escluso

della lista dei convocati di Prandelli. I codici etici, infatti, servono proprio a

definire comportamenti che rispettino la legalità a prescindere dalle sanzioni

e dalle responsabilità penali.

Non dovrebbe dunque esserci alcun dubbio sull’interpretazione della norma

e invece il presidente della Figc Giancarlo Abete sta facendo pressing su

Platini affinché ne dia una lettura "elastica" nel solco di quel relativismo

morale che fa parte di una certa immagine dell’Italia che Lei in questi anni

ha sempre e giustamente combattuto.

La lettura "elastica" della norma si fonda sul fatto che i processi non

termineranno prima che scada l’iscrizione delle squadre ai tornei europei

e quindi, dicono i fautori dell’"elasticità", le squadre coinvolte devono essere

ammesse perché vanno considerate innocenti fino all’ultimo grado di giudizio.

E se arrivasse una condanna nel corso dei tornei? Non c’è problema: basta

concordare condanne lievi e ottenere da Platini un trattamento "morbido".

Dopo aver inveito contro il "Biscotto" che, a detta di coloro che misurano i

comportamenti altrui con i propri metri (im)morali, stavano per somministrarci

Spagna e Croazia (le quali ci hanno invece fornito ma bella prova di lealtà e

correttezza sportiva), come possiamo adesso chiedere alla stessa istituzione,

l’Uefa, cui chiedevano di vigilare con inflessibile durezza sui presunti

accordi illeciti altrui di sorvolare sulla corruzione che purtroppo non

risparmia il nostro calcio?

Si immagini, signor Presidente, quale disonore cadrebbe sul nostro paese

se si mostrasse non solo incapace di combattere la corruzione nel mondo

dello sport, ma se addirittura ne esibisse i protagonisti, freschi freschi di

carcere, sui palcoscenici internazionali.

Certo della Sua sensibilità, Le invio miei più deferenti saluti,

Carmine Fotia

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Il Romanista 26-06-2012

Una vergogna da evitare,

per il bene del calcio

Caro Presidente Napolitano,

Mi rivolgo a Lei con la stima e l’affetto che ben conosce. Mi rivolgo a Lei

affinché eserciti la sua autorevole capacità di persuasione sui vertici del

calcio italiano e ci eviti dunque una figuraccia in campo internazionale che

contraddirebbe la splendida prova di orgoglio nazionale che stanno dando

i ragazzi di Prandelli cui Lei è voluto essere vicino rappresentando il

sentimento di tutto il paese.

Con i Suoi gesti simbolici, carissimo Presidente, con quella commozione

trattenuta a stento mentre consegna la bandiera ai nostri atleti olimpici, Lei

ha saputo ben interpretare lo spirito di riscatto e di lealtà che muove ogni

vero sportivo, mostrandosi ancora una volta interprete dei più profondi

sentimenti di coesione e di moralità di cui oggi il nostro paese ha un estremo

e disperato bisogno.

Ebbene, mentre i nostri ragazzi riscattano sul campo la brutta pagina di

Scommessopoli, mostrando che il nostro calcio è fatto in grande maggioranza

da ragazzi per bene e puliti, i vertici del calcio italiano, in testa Giancarlo Abete,

stanno cercando di coinvolgere anche Platini in una operazione che, se andasse

in porto, ci coprirebbe di una vergogna che inevitabilmente ricadrebbe sull’intero

paese.

I fatti possono anche esserLe sfuggiti, dal momento che in queste ore ha ben

più drammatiche e dolorose vicende cui pensare, a cominciare dalla morte di

un nostro carabiniere in Afghanistan.

Ci permettiamo allora di rammentaLe quanto scritto da noi e da altri

giornali in merito all’iscrizione nelle competizioni europee delle squadre

italiane coinvolte in Scommessopoli. Tre di esse, Lazio, Udinese e

Napoli, probabilmente in tempi diversi, saranno deferite alla giustizia

sportiva. Orbene, il regolamento Uefa parla chiaro e dice che in caso di

"coinvolgimento diretto o indiretto", in illeciti sportivi le squadre coinvolte

non possono disputare i tornei ai quali dovrebbero accedere secondo la

posizione raggiunta nei rispettivi campionati. Non si fa alcuna menzione né

alla colpevolezza, né all’entità della sanzione poiché si tratta di un codice

etico al quale basta "il coinvolgimento" per decretare l’esclusione. Del resto,

è in base a un codice etico che il capitano della Lazio, Mauri, è stato escluso

della lista dei convocati di Prandelli. I codici etici, infatti, servono proprio a

definire comportamenti che rispettino la legalità a prescindere dalle sanzioni

e dalle responsabilità penali.

Non dovrebbe dunque esserci alcun dubbio sull’interpretazione della norma

e invece il presidente della Figc Giancarlo Abete sta facendo pressing su

Platini affinché ne dia una lettura "elastica" nel solco di quel relativismo

morale che fa parte di una certa immagine dell’Italia che Lei in questi anni

ha sempre e giustamente combattuto.

La lettura "elastica" della norma si fonda sul fatto che i processi non

termineranno prima che scada l’iscrizione delle squadre ai tornei europei

e quindi, dicono i fautori dell’"elasticità", le squadre coinvolte devono essere

ammesse perché vanno considerate innocenti fino all’ultimo grado di giudizio.

E se arrivasse una condanna nel corso dei tornei? Non c’è problema: basta

concordare condanne lievi e ottenere da Platini un trattamento "morbido".

Dopo aver inveito contro il "Biscotto" che, a detta di coloro che misurano i

comportamenti altrui con i propri metri (im)morali, stavano per somministrarci

Spagna e Croazia (le quali ci hanno invece fornito ma bella prova di lealtà e

correttezza sportiva), come possiamo adesso chiedere alla stessa istituzione,

l’Uefa, cui chiedevano di vigilare con inflessibile durezza sui presunti

accordi illeciti altrui di sorvolare sulla corruzione che purtroppo non

risparmia il nostro calcio?

Si immagini, signor Presidente, quale disonore cadrebbe sul nostro paese

se si mostrasse non solo incapace di combattere la corruzione nel mondo

dello sport, ma se addirittura ne esibisse i protagonisti, freschi freschi di

carcere, sui palcoscenici internazionali.

Certo della Sua sensibilità, Le invio miei più deferenti saluti,

Carmine Fotia

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Speriamo che da qui a un mese sia coinvolta anche la riomma

sarebbe troppo bello.

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il Fatto Quotidiano 27-06-2012

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Il rigore di Monti

Buffon è nero per i 125mila euro di Imu

La scure della tassa sulla casa si abbatte su Gigi: fra affari e famiglia possiede 89 fabbricati e 99 terreni

di CHRIS BONFACE (Libero 27-06-2012)

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Non sono le polemiche sul calcio scommesse. Il portiere della nazionale

italiana, Gianluigi Buffon non ha festeggiato la vittoria sull’Inghilterra e

si è mostrato nero in volto anche alle interviste tv perché è furioso come

molti altri italiani. Lui e la sua famiglia hanno appena dovuto staccare la

prima rata di un assegno da 125.808 euro per l’Imu di Mario Monti. E gli

viene difficile sorridere. Certo, la maxi stangata fiscale indica che Buffon ha

un tetto dove dormire in ogni stagione. Qualcosa anche di più: perché

direttamente intestate a lui o alle società controllate insieme ai familiari

di origine, il portiere della Juventus e della Nazionale controlla 89

fabbricati e 99 terreni. Qualcosa lui direttamente a Torino e Parma (Imu

prevista 13.500 euro), qualcosa altro (a Massa e a Carrara) attraverso una

società controllata, la Suolo e Ambiente srl (Imu prevista 12.795,17 euro),

ma il grosso attraverso la società immobiliare di famiglia. Si chiamava Buffon

&C (poi trasformata in GVG immobiliare) e ha come azionisti tutti in parti

uguali Gianluigi, le sorelle Guendalina e Veronica, papà Adriano e la mamma

Maria Stella Masocco. È per loro tutti insieme che la cura Monti ha

significato quasi 100 mila euro di Imu da pagare. Certo, le proprietà non

sono da poco: appartamenti, ville, garage, soffitte per un totale di 79

fabbricati a cui si aggiungono 35 terreni. Ce ne sono in città a Torino, Massa,

Carrara e Parma. Ce ne sono in montagna a Limone Piemonte e al mare, sia

in Versilia (Forte dei Marmi) che in Sardegna (Arzachena).

Sicuro che buona parte dei guadagni da calciatore Buffon li avesse investiti

nel mattone, dividendo con la famiglia di origine la fortuna. Fra l’altro

insieme hanno anche costituito una società di gestione di un albergo, l’Hotel

Stella della Versilia a Massa. Ma l’Imu rappresenta una bella stangata anche

per uno che guadagna molto come il portiere della nazionale. E quei 125 mila

euro sono un ottimo motivo per spegnere il sorriso di chiunque. Tanto più

che si aggiungono alle continue risorse finanziarie che da un anno a questa

parte il calciatore sta iniettando nella Zucchi, società tessile (proprietaria del

marchio Bassetti) quotata in piazza Affari e da qualche tempo in crisi di

bilancio e di liquidità. Buffon ha messo dentro quasi 3 milioni di euro nel

2011 sottoscrivendo un aumento di capitale che lo ha portato ad essere il

primo singolo azionista della quotata (con il 19,61%). Non ha comunicato la

sua crescita azionaria alla Consob, e si è preso pure una bella multa da 60

mila euro che il Tar ha confermato il 22 giugno mentre lui era in Ucraina.

Nella Zucchi è stato anche consigliere di amministrazione, fino al 14 maggio

scorso quando ha rassegnato le sue dimissioni. Scelta lungimirante, perché

da lì a 15 giorni Buffon avrebbe potuto trovarsi in conflitto di interessi: la

Zucchi ha firmato il 4 giugno scorso un triennale con la Federazione italiana

gioco calcio per diventare partner ufficiale della nazionale azzurra, dagli

europei fino ai mondiali in Brasile. Ed era già pronto un catalogo di lenzuola,

copri piumino, accappatoi azzurri. Meglio evitare polemiche in una società

quotata. Anche per questo Buffon ha scelto la trasparenza: lui e la sua

famiglia hanno girato lo spot per la Zucchi-Bassetti. Ma quando alla moglie

Alena la società ha staccato un assegno da 60 mila euro per quel filmato, è

stato segnalato nei «rapporti con parti correlate. . . ».

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Il derby malato

L'ultrà al telefono: «Zauri mi raccontò

come volevano combinare Genoa-Samp»

«Diciotto doriani raccolsero 100 mila euro a testa per Milanetto,

Criscito, Dainelli, Palacio e Rossi, che rifiutò». I dubbi della Procura

La scottante intercettazione del tifoso Leopizzi che però dal pm ha smentito tutto

di MAURIZIO GALDI & ROBERTO PELUCCHI (GaSport 27-06-2012)

«Zauri mi disse che 18 giocatori della Sampdoria misero 100 mila euro a testa

per pareggiare il derby con il Genoa. Soldi che servivano a pagare Milanetto,

Criscito, Dainelli, Palacio e Marco Rossi, ma quest'ultimo si oppose alla

combine. L'accordo prevedeva anche che, in caso di salvezza della Samp, i

due derby dell'anno successivo sarebbero stati vinti dal Genoa». Questo è,

in soldoni, il riassunto dell'intercettazione che ha fatto saltare sulla sedia il

procuratore capo di Cremona, Roberto di Martino, tanto da fargli prevedere

«effetti devastanti», «la cosa peggiore» tra quelle emerse nell'inchiesta sul

calcioscommesse. A parlare è Massimo Leopizzi, capo ultrà genoano, poche

ore dopo l'arresto di Milanetto, il 28 maggio, quando i siti internet avevano già

diffuso le sue foto con Domenico Criscito davanti all'Osteria del coccio di

Genova. La conversazione con un altro tifoso di nome Davide è stata

intercettata dalla squadra mobile di Alessandria nell'indagine che ha

coinvolto il pregiudicato Altic, amico di Sculli, e trasmessa a Cremona.

Qualche particolare era già emerso, ma adesso la giornalaccio rosa ha potuto

leggere la trascrizione dell'intera conversazione. Avvertenza: Leopizzi al pm

ha negato di aver incontrato Zauri, ha detto di avere riferito «discorsi da bar»,

ma al tifoso Davide fa capire il contrario. La Procura sta ancora indagando,

non crede alla seconda versione di Leopizzi, ma ha dubbi sull'enormità della

cifra che sarebbe servita per la combine (1 milione 800 mila). Nessuno, per

ora, sa con certezza se quello che l'ultrà dice al telefono è la verità, se

l'incontro con Zauri c'è stato davvero. Tocca ai magistrati verificarlo.

L'incontro con Criscito Quando tra le 17.22 e le 17.49 del 28 maggio

Leopizzi parla con Davide, il capo ultrà è irritato e preoccupato per la

diffusione delle fotografie in cui lo si vede con Criscito, pochi giorni dopo il derby.

In quel periodo era sottoposto all'affidamento in prova e non poteva lasciare

la sua casa di Urbe, in provincia di Savona. Questa violazione avrebbe potuto

spingere il magistrato di sorveglianza a chiedere la detenzione in carcere:

«Il mio avvocato mi ha già detto di preparare la borsa». Leopizzi dice che

l'incontro tra lui, l'altro ultrà Filippo Fileni e Criscito era finalizzato «a

fare il ċulo» al difensore («M'ha detto: perché non mi dai la mano? Gli ho

detto: perché sei un uomo di ɱerda... Perché ti sei venduto il derby. Lui m'ha

cominciato a raccontare la storia del derby») e che Sculli era lì per caso e

non per progettare con loro la combine di Lazio-Genoa, come sospettato

dagli inquirenti. Dice Leopizzi: «Io pago perché ho sbagliato a essere lì perché

non dovevo esserci e pagherò, pazienza, non è un problema... Però da un punto

di vista etico e morale io non voglio... anzi, peraltro sto facendo un comunicato,

lo faccio stasera, dove non racconto tutto perché non posso, non voglio

raccontare tutto su una persona che è in carcere, perché un incarcerato non

si butta ancora più nella ɱerda». (chi ascolta la conversazione annota: dice

di voler essere ascoltato dal dottor Salvini). Leopizzi racconta che i capi ultrà

sono andati a «interrogare» tutti i giocatori sospettati. Da questo punto in

poi è opportuno riportare l'intercettazione quasi integralmente.

Davide: però allora bisogna dare i nomi.

Leopizzi: raccontiamo tutto... raccontiamo tutto.

D: e poi il discorso è: il prossimo anno Sculli se ne deve (andare), qua non

ci deve stare.

L: fuori dal ċazzo, però ti dico una cosa Davide.. . Sculli quella sera non

c'entra niente, non è lì per il derby. Sculli è della Lazio quella sera.

D: va beh.

L: è lì con un amico suo (il pregiudicato Altic, ndr) col quale parla forse

di macchine, di Ferrari, di assicurazioni. Io e Fabri andiamo lì perché Fabri

mi dice: ho sentito Criscito e mi ha detto che è lì. Bene, dico, andiamo a

chiedere spiegazioni. Sculli il derby non l'ha giocato. Eravamo lì per

Criscito come il giorno prima eravamo io e Marco in Piazza Paolo da Novi

con Marco Rossi, mi spiego?

D: certo.

L: a noi interessava il derby. E di fatti poi abbiamo saputo come era la

storia del derby e poi insomma i ragazzotti se la cantano (...)

D: lo sappiano chi c'è ancora (nella presunta combine, ndr) e dovrebbe uscire

perché se fosse un uomo sarebbe il primo a dire "Signori vi dico la versione".

L: ma ragazzi, cioè, ma il quinto, il quinto del giochetto è Palacio.

D: e appunto... a posto no, ma ce n'è un altro.

L: non Kaladze sul derby.

D: no no è Scarpi.

L: io a 'sto giro non so un ċazzo.

D: Massi è Scarpi.

L: ma sul derby ti dico i nomi, te li dico a voce alta. I contattati sono

Marco Rossi che dice "siete matti" ok? Dice: siete dei pazzi, non accetterei

mai, e difatti Marco è l'unico pulito. Criscito che dice uhm.

D: (ride).

L: quello che fanno i vecchi... dice nì, dice: quello che fanno i vecchi

facciamo anche noi. Ma queste sono cose che sappiamo tutti cioè io, Roberto,

Marco... Puoi domandare... E dice: se lo fanno i vecchi lo faccio anche io. E

poi ci sono Palacio, Dainelli e Milanetto. Punto chiuso. Il derby è questo. Ti

do i dettagli.

D: il derby sì, però c'è anche il signor Scarpi se vogliamo parlarne. Perché

poi allora veramente se facciamo pulizia togliamo tutto.

L: assolutamente.

D: perché se no allora ci troviamo sempre qualcuno che sa qualcosa di più e

non va bene.

L: parli con quello che ne sa più di tutti, te lo dico io. Ho detto che

Milanetto se ne deve andare non perché me l'ha detto qualcuno. . . un

giornalista... un amico al bar. Perché me l'ha detto il suo compare, hai

capito?

D: sì.

L: e ti aggiungo un pezzo. Io quest'estate, quando facemmo la contestazione a

Milanetto, quel pomeriggio ero a Auronzo di Cadore, al ritiro della Lazio... E

l'uomo che racconta tutto te lo dico qua... E' Zauri. Non Mauri... Zauri. Che

Zauri quel giorno era in campo (con la Sampdoria, ndr).

D: ah ah

L: Zauri racconta dei 100 mila euro per diciotto da spartire per 5 giocatori

del Genoa. Che facevamo 350 mila euro a giocatore, e poi Zauri dice anche (che)

l'accordo era: l'anno prossimo il Doria in Serie A due derby. . .

Cade la linea, ma gli inquirenti interpretano così la frase: in cambio del

pareggio, in caso di salvezza il Genoa avrebbe avuto in cambio anche la

vittoria nei due derby dell'anno successivo. Per la cronaca, Zauri nel 2001 fu

prima squalificato dalla Disciplinare per un anno e poi prosciolto per la

presunta combine (con scommesse) di Atalanta-Pistoiese. Ma Cristiano Doni

di recente ha confessato che quella partita fu davvero taroccata (il reato è

prescritto).

Scuse Intanto, ieri gli ultrà genoani (7 ai domiciliari, 3 con obbligo di

dimora) ascoltati dal gip Nadia Magrini che indaga sulla sospensione di

Genoa-Siena del 22 aprile hanno spiegato che la contestazione sarebbe

andata oltre le loro reali intenzioni e hanno chiesto scusa alla città.

___

Scommesse

Filone Napoli

Palazzi chiederà di Lecce e Inter

di MATTEO PINCI (la Repubblica 27-06-2012)

ROMA — Quando dalla prossima settimana la Procura federale avvierà

le audizioni sul calcioscommesse in merito al filone di Napoli, non sarà soltanto

la partita Samp-Napoli 1-0 del 2010 a finire sotto la lente d’ingrandimento.

Gli uomini di Palazzi lavoreranno anche sulle posizioni archiviate perché

prive di “rilevanza penale” ma di interesse sportivo: Lecce-Napoli e

Napoli-Inter del 2011. Durante la quale Gianello aveva individuato “9 fighe”:

giocatori «disponibili ad avere un atteggiamento tranquillo». Soltanto però

«in base a una personale sensazione nel riscaldamento ». L’ex portiere

potrebbe collaborare per poi patteggiare l’eventuale pena: «La sua posizione

— ricorda il legale Chiacchio — è legata indissolubilmente a quella del Napoli

che abbiamo a cuore».

Nuova ipotesi intanto per il processo sportivo: possibile vengano scorporati

i filoni di Napoli e Bari da quello di Cremona (che dovrebbe coinvolgere i

“big” Conte, Mauri e Mezzaroma), per il quale devono ancora partire le

audizioni. I tempi coincidono: già il 25 luglio si potrebbe dare il via al

dibattimento, spostando ad agosto il processo sportivo a Cremona-bis.

___

Calcioscommesse

Frase sui pareggi, Mazzarri da Palazzi

ma Platini disse le stesse cose

di FRANCESCO DE LUCA (IL MATTINO 27-06-2012)

Venerdì 6 luglio Mazzarri e due calciatori del Napoli, Cannavaro e Grava,

dovranno presentarsi presso gli uffici della Procura federale a Roma per

rispondere alle domande di Stefano Palazzi e dei suoi collaboratori. Quelle

per Cannavaro e Grava riguarderanno la proposta fatta dal portiere Gianello

per una combine alla vigilia di Samp-Napoli del 16 maggio 2010, secondo

le dichiarazioni rese dall’ex azzurro ai magistrati napoletani: un’ipotesi

respinta subito e con forza dai due calciatori, che però non denunciarono

formalmente l’episodio alla Procura della Figc e per questo rischiano il

deferimento per omessa denuncia.

Il tecnico del Napoli, invece, è stato convocato non soltanto per dare

ulteriori chiarimenti sulla posizione di Gianello all’interno del suo gruppo,

ma anche per una dichiarazione sulla partita contro l’Inter del 15 maggio

2011. I nerazzurri, già sicuri del secondo posto e qualificati per la

Champions League, andarono in vantaggio con Eto’o. Alla fine del primo

tempo il pareggio di Zuniga. Secondo la Procura di Napoli, Gianello e i suoi

soci in scommesse erano interessati anche all’esito di quella partita, che

però fu regolare e giocata su ritmi sostenuti, soprattutto nel primo tempo.

Interrogato dai pm napoletani, Mazzarri - da uomo di calcio - ha ricordato:

«Se a fine campionato a due squadre serve un pareggio, difficilmente c’è

un risultato differente. Una regola sportiva non scritta».

È quello che tutti nel mondo del calcio pensano. Il procuratore della

Figc chiede al tecnico di chiarire, però non lo ha fatto con Buffon, che

prima di essere investito dai sospetti su quel milione e mezzo girato a un

amico di Parma aveva detto: «A volte un pareggio può fare due feriti e due

feriti sono meglio di un morto». Stesso tono e parole di Platini, il presidente

dell’Uefa, che a poche ore di Italia-Irlanda e di Spagna-Croazia, il match del

presunto biscotto, aveva detto: «Nel calcio se ne sono viste tante e tante

squadre fare un risultato utile». Lo dice Platini, lo dice Buffon, ma se lo dice

Mazzarri viene convocato dal procuratore della Federcalcio.

Intanto, ieri Gianello - ha ricevuto dalla Procura di Napoli l’avviso di

chiusura indagini ed è assistito dall’avvocato Vincenzo Maria Siniscalchi

per la parte penale - ha scelto come legale per il processo sportivo un

esperto napoletano, Eduardo Chiacchio. Anche l’ex portiere del Napoli sarà

ascoltato il 6 luglio a Roma. Il consulente del club azzurro, Mattia Grassani,

ha dichiarato di non nutrire preoccupazioni per l’iscrizione all’Europa League

2012-2013: «Società e squadra non c’entrano in questa vicenda, siamo

molto ottimisti. L’Uefa ha potere discrezionale». L’esclusione di una squadra

coinvolta direttamente o indirettamente in un procedimento per scommesse

non è automatica, ma viene stabilita dall’ente calcistico europeo valutando i

singoli casi: autonomia attribuita al Comitato esecutivo dall’articolo 50

dello statuto.

Modificato da Ghost Dog

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La faccia tosta dell’intoccabile Capitano

DOPO L’INVESTITURA DI NAPOLITANO E I RISULTATI AZZURRI,

BUFFON SI VENDICA DELLE CRITICHE SFODERANDO L’“IRA FUNESTA”

di MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 26-06-2012)

La paura del portiere prima del calcio di rigore è non poter riscrivere la

storia. L’esultanza successiva, la certezza di avercela fatta. Osannato dai

media, abbracciato al Presidente della Repubblica, nell’assoluta

condiscendenza della platea. L’Italia ha appena vinto. È in semifinale. “Sono

felice, ma irritato” dice invece Gigi Buffon. Un muso lungo, offeso,

tesissimo. Una maschera grottesca. Buffon espone la Sindone con sacro

tempismo. Ostenta la lesa maestà e sposta l’orologio in avanti. Ai tempi in

cui l’oblìo sarà assoluto, città e province un’unica esultanza di clacson e

tricolori, la controrivoluzione completata. Un sogno possibile, così vicino e

così lontano a quello già vissuto nel 2006, lo stesso che Buffon ha intenzione

di godersi rielaborando la realtà. Niente più versamenti alle tabaccherie di

Parma. Nessuna ombra. Un buffetto per gli scommettitori, biasimo per i

giornalisti cattivi e il breviario di fine stagione: “Meglio due feriti che un

morto” elevato a religione unica.

NEL FANGO del dio Pallone, San Gigi, la divinità padana in mutande verdi, ha

perso il senso delle proporzioni. Non più il difensore estremo che nella

filosofia di Boskov rivestiva un ruolo preciso: “Portiere è lì per parare e

stare zitto” né “l’optional” con cui Giovanni Galeone bastonava le proprie

groviere pescaresi, ma il pensatore livido. Il protervo allievo di una scuola

antica (Mourinho, Lippi, Moggi) convinto che abbia ragione solo chi passa al

turno successivo, alza una Coppa, copre con il silenzio le domande

inopportune. Buffon, già campione del mondo, è persuaso di vantare crediti e

di godere di assoluta intangibilità. Normale che accada quando il Capo dello

Stato si fa baciare nello spogliatoio. Naturale che succeda quando lo stesso

Napolitano intervenendo come un qualunque avventore del bar sport all’1-1

ottenuto con la Spagna: “In tribuna mi hanno detto firmiamo per il pareggio”

consente il contropiede ironico e gli sghignazzi a un atleta in delicata

posizione: “Non lo dica Presidente che ci metton dentro”. Buffon aveva già

dimostrato il proprio punto di vista cazziando brutalmente i cronisti poco

prima di atterrare in Polonia. Battendo le nocche sul tavolo, ascoltando

annoiato le legittime domande sul milione e mezzo versato al suo amico Alfieri

(83% di vincite, nel caso Buffon avrebbe visto bene), stendendo il suo

personale Piave con linguaggio marziale: “Mi dispiace che da gente come voi

che frequenta il calcio da millenni, tocchi subire certe paternali. Se avete

la forza di farle, non parliamo più. Chiedetemi solo il risultato della

partita”. Oggi, con il risultato in ghiacciaia e il podio nel mirino, se è

lecito, è anche peggio. Dopo aver sostenuto serio, lamentandone l’assenza non

più di 20 giorni fa, che la cose più importanti da preservare in Italia

fossero “democrazia e libertà” e che la spettacolarizzazione della giustizia

fosse giunta, per due volanti giunte al centro tecnico dove Prandelli e i suoi

attendevano l’alba, a livelli intollerabili, Buffon si è diretto altrove.

TRAVESTENDOSI da imitatore. Il modello di Gigi sarebbe stato un altro capitano,

Dino Zoff. Il portavoce di Bearzot che all’epoca delle bugie sentimentali che

avrebbero visto avvinghiati Rossi e Cabrini nel ritiro mundial di Pontevedra,

decretò il silenzio stampa più proficuo di un secolo di Nazionale. Buffon

invece parla. E, poveri noi, medita vendetta. Prima di partire per la Polonia,

con la Polizia sull’uscio di Coverciano, aveva maldestramente recitato da

dissidente politico: “Non posso dire quello che realmente il mio cuore e la

mia mente pensano, ma ho avuto l’ennesima conferma che le persone perbene

prive di scheletri nell’armadio, qui non possano esprimere il proprio pensiero”.

Oggi ha cambiato idea. Complice la semifinale, il caldo, la fatica, Buffon

brandisce il manganello e ordina la carica. In nome del popolo. Forza Italia,

sempre.

Ancora un mafioso "Pensa a parare e sta zitto!".

Ancora una puntata della vendetta dell'associazione a delinquere mediatico giudiziaria verso Buffon, quel Buffon reo di aver toccato i "fili". I fili di altissima tensione attraverso i quali scorre la linfa vitale del randello inquisitorio che da anni ormai grava sull'Italia.

Buffon ha squarciato il velo dell'ipocrisia e della vergogna di un paese in cui ormai tutto viene guidato e condizionato dall'associazione a delinquere mediatico giudiziaria.

Da una parte pubblici ministeri e la loro grancassa mediatica, quella pronta a rilanciare le loro accuse come sentenze e a divulgare in men che non si dica tutto ciò che per legge dovrebbe essere riservato.

Dall'altra un cittadino che ha a colpa di essere oltre che ricco e noto anche senza peli sulla lingua.

E allora questo cittadino diventa pericoloso: vuoi mai che il popolo bue si toglie le fette di prosciutto dagli occhi e capisca che sta dicendo la verità?

E giù prima fango (rispolverando dal secchio della spazzatura o dal fondo di un cassetto dossier a contenuto 0 di reati ma sufficienti all'uopo dello sputtanamento mediatico) e poi reprimende a più non posso.

L'altra sera Gigi Buffon ha avuto l'ardire di esternare il proprio profondo disappunto rispetto a quel fango.

Il randello mediatico è arrivato puntuale direttamente dal giornale del portavoce pressocché ufficiale dell'associazione a delinquere di stampo mafioso Media-PM.

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il Fatto Quotidiano 27-06-2012

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Il solito Malcom Pagani.

Ancora lui, appassionato anche nella difesa della memoria di Petrini.

Appassionato e omissivo in quanto non spiega i motivi della decisione fortemente condizionata dall'esito della sentenza di Napoli.

Ma tant'è, la sentenza di Napoli, col suo dispositivo di condanna su motivazione di assoluzione, è lì è di condanna e ci dobbiamo stare. Almeno fino ad esito dell'appello. Fino a che Giustizia non sia fatta.

Allora forse Pagani si straccerà le vesti e griderà allo scandalo verso questa Giustizia capace di sovvertire i teoremi del Dio PM prima che qualche bravo giornalista estraneo all'associazione a delinquere a cui appartiene Malcom Pagani non scoprirà cosa c'è NEL FANGO DEL DIO PM.

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