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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Un miliardo dalle tv,

pace con l'Aic

Traguardo vicino con la vendita boom della Coppa Italia

(alla Rai). Proroga per il contratto collettivo

di MARCO IARIA (GaSport 05-07-2012)

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La Lega vede il traguardo del miliardo di euro di ricavi televisivi e offre il

ramoscello d'ulivo all'Aic sul contratto collettivo, da prorogare per un anno.

Ce ne fossero altre di giornate come quella di ieri! Innanzitutto i soldi: la

Rai si è assicurata i diritti tv e radio della Coppa Italia (e della

Supercoppa) per il triennio 2012-15. I grandi ascolti in prima serata ne

hanno fatto impennare il valore: includendo pure l'estero (conferma per

Be4), gli introiti medi annui sono cresciuti di oltre il 60%, da 15 a 24,5 milioni.

Torta In precedenza erano stati assegnati, per il campionato, i pacchetti

delle dirette in pay (561 milioni a stagione da Sky, 268 da Mediaset Premium),

i diritti internazionali (117 da Mp & Silva) e una parte di quelli in chiaro

(14,5 dalla Rai). Restano da assegnare una serie di diritti non

esclusivi (mobile, web-tv, internet, tv nazionali e locali) da cui si prevede

d'incassare 7 milioni. Nel frattempo, martedì, si apriranno le buste con le

offerte per il pacchetto in chiaro rimasto invenduto, che consente di

ereditare la fascia oraria di Quelli che il calcio e di trasmettere i primi

gol di giornata: la trattativa privata — l'assemblea ha dato mandato a Beretta

di chiudere entro una certa cifra — dovrebbe portare a un'intesa con Cielo, il

canale free di Sky, per circa 8 milioni. La somma di queste voci porta,

appunto, al miliardo di proventi audiovisivi annui per il 2012-15, in netto

aumento rispetto ai 940 milioni della scorsa stagione. Un vero e proprio

exploit, tenuto conto della crisi economica e del fallimento di Dahlia.

Proroga Per uscire dall'impasse la Lega ha proposto all'Assocalciatori

la proroga del contratto collettivo fino al 30 giugno 2013. C'era il rischio

che si ripetesse l'estate infuocata del 2011, che portò allo sciopero dei

giocatori. Pericolo scongiurato. «È un passo avanti importante — spiega

Damiano Tommasi, presidente dell'Aic —, aspettiamo di vedere le modifiche alle

nostre proposte, se non ci saranno intoppi firmeremo la proroga, in modo da

affrontare con calma e spirito collaborativo i temi che hanno bisogno di più

tempo». L'accordo-ponte, scaduto da qualche giorno, resterà quindi in vigore

per la nuova stagione, con un'integrazione suggerita dallo stesso sindacato:

sospensione automatica degli emolumenti per i giocatori arrestati o condannati

per vicende legate alle scommesse.

Convenzione Sminato il campo dal contratto, ci sarà il tempo per discutere

il rinnovo della convenzione promo-pubblicitaria, oggetto della prossima

assemblea di Lega, il 18. «Era importante avere una certezza contrattuale

senza soluzione di continuità per poi impostare con l'Aic un percorso teso

all'innovazione», ha detto Maurizio Beretta. La Lega ha accolto con favore la

disponibilità del sindacato a riformare i diritti d'immagine collettivi,

facendo entrare via Rosellini nella gestione. L'obiettivo è di massimizzarne i

ricavi: non tanto quelli delle figurine (da Panini l'Aic riceve circa 8

milioni all'anno), quanto quelli di videogame e altri prodotti. Forse la

giornata di ieri segna l'inizio del disgelo nei rapporti tra club e

calciatori.

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Il caso dei permessi falsi a Bologna

Assolvendo i Campioni di Furbizia

il Giudice Premia l'Irresponsabilità

«Calciatori immaturi» e il giudice li assolve

di ALDO CAZZULLO (CorSera 05-07-2012)

In effetti, a vederli ciondolare con le cuffie nelle orecchie e la playstation

sotto il braccio, possono dare l’idea di ragazzoni viziati, avulsi dalla

realtà, incapaci di concentrarsi su qualcosa che non sia il calcio. Però,

insomma, proprio incapaci di intendere e di volere non sono.

Così invece il procuratore aggiunto Valter Giovannini di Bologna vede i

calciatori, anzi «i moderni gladiatori». E per questo chiede il

proscioglimento dei tesserati della squadra (si suppone la sua) coinvolti in

una brutta storia di permessi per disabili usati per entrare in macchina nel

centro storico.

La premessa della richiesta di archiviazione è talmente spassosa che va letta

per intero. «Nel nostro Paese i "moderni gladiatori" e cioè i calciatori

vivono in una sorta di bolla immateriale che, salvo rare eccezioni, li

mantiene avulsi dal quotidiano, al limite dell'incapacità di badare agli

affari correnti di natura burocratica, che affaticano invece ogni persona che

non pratica, ad alti livelli, l'arte pedatoria».

I «moderni gladiatori» — tra cui il bomber Di Vaio, Adailton, Viviano,

Portanova... — erano accusati di aver approfittato di permessi riservati a

disabili o a residenti in centro. In particolare le targhe delle auto di

alcuni atleti e dei loro cari erano collegate al permesso di una donna

disabile che da anni lavora per i calciatori del Bologna. Una storia

ovviamente da approfondire. Raccontata così, sembrerebbe che i «praticanti

l'arte pedatoria» — quasi un omaggio del procuratore al grande Gianni Brera —

fossero tutt'altro che «avulsi dalla realtà»; anzi, partecipassero di quella

natura furbastra fin troppo diffusa «nel nostro Paese». Di sicuro, oltre a

esasperare «ogni persona che non pratichi, ad alti livelli, l'arte pedatoria»,

una simile decisione non giova eppure ai pedatori. Che sono capaci anche di

qualità morali, come si è visto pure all'Europeo. Ma talora tendono a pensare

che tutto sia dovuto. E la colpa non è loro; è nostra. È di chi li circonda,

li strapaga, li lusinga, talvolta li sfrutta, li circuisce, li suborna. E li

vizia. Prosciogliere chi fa il furbo non significa fare il suo bene. Non aiuta

a forare la «bolla immateriale» che lo separa dal mondo. Rischia di farlo

sentire autorizzato ad andare avanti così. Magari lo scandalo delle scommesse

non finirà allo stesso modo. Ma vicende come queste preparano gli scandali

prossimi venturi.

___

la Repubblica 05-07-2012

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___

I colpi di testa fuori misura di De Laurentiis

di FULVIO BUFI (CorSera 05-07-2012)

Chi chiama cafone qualcun altro si presume che poi agisca con educazione.

Chi accusa gli altri di pensare troppo ai soldi si presume che al denaro non sia

attaccato. Chi minaccia un altro di mettergli le mani addosso non si presume

niente: è un bullo o uno che si comporta da bullo, che poi è la stessa cosa.

Per farci dimenticare in fretta Cesare Prandelli e i suoi modi da persona per

bene, ieri il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ha risposto ai

giornalisti che alla riunione di Lega gli chiedevano notizie su Cavani,

accusandoli di essere cafoni, di pensare solo ai soldi e minacciando di

menarli se avessero insistito (video su corriere. it). De Laurentiis è

legittimamente padrone del Napoli perché lo ha comprato, e questo gli dà

diritto a stare nel calcio, dove sta facendo anche bene. Ma delle sue

escandescenze il calcio non ha bisogno. Il calcio ha bisogno del De Laurentiis

che rispetta il fair play finanziario, non del De Laurentiis che in conferenza

stampa alla domanda della giornalista su come sostituirà Lavezzi risponde: «Te

ce metto a te nuda in mezzo al campo». E nemmeno ha bisogno del De

Laurentiis che festeggia la Coppa Italia dicendo: «Così quel giornalista di m. . .

juventino della Ġazzetta sai come rosica». E, a proposito di attaccamento ai

soldi, i tifosi hanno bisogno di un De Laurentiis che non venda (né quest'anno

né il prossimo) Cavani come ha lasciato partire Lavezzi, non del De Laurentiis

che mette in pay per view pure le amichevoli d'agosto.

Modificato da Ghost Dog

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Media. Il colosso arabo Al-Jazeera è su tutti i dossier caldi, da Mediaset Premium a La 7

Le mire del Qatar sulla tv italiana

LA CNN DEL MEDIO ORIENTE

Con 65 uffici e 220 milioni di famiglie raggiunte in 100 Paesi, il canale

satellitare è la tv che cresce di più e il network del Sud del mondo

di SIMONE FILIPPETTI (Il Sole 24 ORE 05-07-2012)

Da Doha, l'assolata capitale del Qatar piccolo ma sempre più potente emirato

sul Golfo Persico, parte la conquista della tv commerciale in Italia:

Al-Jazeera vuole fare l'asso pigliatutto. Dietro le quinte, lo sceicco Hamad

Bin Khalifa Al-Thani, il facoltoso signore del Qatar e proprietario della tv

satellitare, è sempre più intenzionato a mettere le mani sulla tv in Europa e

si candida al ruolo di nuovo Rupert Murdoch dell'etere.

Mentre l'industria dei media in Italia si lecca le ferite di una recessione

che la sta colpendo, il canale arabo, che letteralmente vuol dire "l'Isola", è

oggi il nome su tutti i dossier caldi delle tv in Italia: la Telecom guidata

da Franco Bernabè cerca un possibile compratore per tutta Ti Media, che

controlla il canale La 7? Ecco che si fa avanti al-Jazeera. Che, allo stesso

tempo, bussa anche alla porta della famiglia Berlusconi per proporre

un'alleanza nella pay-tv Mediaset Premium.

Inutile cercare un bilancio o i numeri di al Jazeera: nessuno li ha. Ma tanto

con le spalle lo sceicco di uno dei pochi emirati del Golfo passato finora

indenne nella crisi (a differenza di Dubai travolta dal crack della società di

stato immobiliare Dubai World, schiacciata da 59 miliardi di dollari di debiti),

i soldi per investire e dare il via al risiko delle tv in tutta Europa non

mancano (quando lanciò al-Jazeera mise sul piatto senza battere ciglio 150

milioni di dollari). Se infatti in Italia lo sceicco fa capolino solo ora, in

Francia ha già piazzato una pedina pesante facendo del paese la base operativa

in Europa della Qia (Qatar Investments Authority), il fondo sovrano che di

fatto è il suo braccio armato (finanziario). A Parigi sono in molti a

sussurrare che l'emiro possa andare all'attacco del quasi-monopolio storico di

Canal+, sul fronte del binomio sport-tv (in realtà calcio-tv, partendo dalla

testa di ponte della squadra del Psg, il più popolare club di calcio francese

di cui la Qia è diventata proprietaria). Ambizioni di conquista che in Francia

preoccupano, tanto che il quotidiano «Libération» ha pubblicato un pezzo di

fiction in cui immagina un futuro dove il Qatar sia proprietario di mezza

Francia.

Ora le mire dello sceicco, attraverso al-Jazeera, si spostano anche in Italia,

dove, dovessero andare in porto, al-Thani si troverebbe proprietario del

terzo polo tv nazionale e socio in affari con la pay-tv di Berlusconi che

conta già una non disprezzabile base di 2 milioni di spettatori. Lanciato nel

1996, in quindici anni il canale arabo è diventato uno dei network più diffusi

e autorevoli, tanto da meritarsi il soprannome di Cnn del Medio Oriente: con

65 uffici e 220 milioni famiglie raggiunte in 100 Paesi è la tv che cresce di

più e il polo tv del Sud del mondo. L'improvvisa smania di espansionismo della

tv ha il suo epicentro a Londra: sulle rive del Tamigi non hanno solo sede le

principali banche d'affari del Vecchio Continente, ma anche al-Jazeera ha il

suo quartier generale (l'altro centro operativo fuori dal Qatar è a

Washington). E da lì vengono pensate le strategie: proprio in questi giorni,

presunti emissari degli arabi sarebbero a Milano per incontri d'affari. Sarà

lo sceicco l'anti-Murdoch in Europa?

-------

Ipo. Il Manchester United punta a raccogliere 100 milioni di dollari dalla quotazione al Nyse

I «Reds» sbarcano a Wall Street

I fondi serviranno a ridurre il debito, eredità dell'acquisizione del 2005

I DEBUTTI IN BORSA

Nel secondo trimestre le quotazioni sono calate in Europa e Usa

ma il controvalore è salito grazie alla maxi-Ipo di Facebook

di ANDREA FRANCESCHI (Il Sole 24 ORE 05-07-2012)

Il Manchester United torna in Borsa dopo sette anni. La squadra fino al 2005

era quotata al London Stock Exchange di Londra ma fu cancellata dal listing

dopo l'acquisizione ad opera del miliardario americano Malcom Glazer. Per il

ritorno alla Borsa i "Reds" hanno scelto Wall Street. L'obiettivo è quello di

raccogliere 100 milioni di dollari che - secondo il documento presentato dalla

società alla Sec - serviranno in primo luogo a ridurre i debiti che, al 31

marzo scorso, ammontavano a 423,3 milioni di sterline e che, l'anno scorso

sono costati 51 milioni di sterline in forma di oneri finanziari. Questo

fardello peraltro è proprio un'eredità dell'acquisizione che ha portato nel

2005 la famiglia Glazer (proprietaria anche della squadra di baseball Tampa

Bay Bucaneers) ad acquisire il club per 790 milioni di sterline. L'operazione

infatti fu fatta grazie ad un prestito da 540 milioni di sterline da parte

delle banche, che tuttora pesa sulla società.

Il collocamento avrà per oggetto azioni di "classe A" mentre la famiglia

Glazer resterà in possesso di azioni di "classe B" privilegiate che

garantiscono un diritto di voto dieci volte superiore. Di fatto gli attuali

proprietari manterranno saldamente il controllo della squadra con il 67%

del capitale votante. Tra i sottoscrittori ci sono Jefferies, Credit Suisse, Jp

Morgan, BofA Merrill Lynch e Deutsche Bank.

Resta fuori dall'affare Morgan Stanley. Quest'ultima era in prima linea

nell'operazione, originariamente programmata dai vertici del club, di una

quotazione a Singapore. L'Ipo avrebbe dovuto essere da un miliardo di dollari.

La scelta della piazza asiatica era legata al fatto che la squadra - secondo

una stima della società Kantar - ha nel continente quasi la metà dei suoi 659

milioni di fan. La volatilità dei mercati ha però spaventato i vertici del

club britannico che, lo scorso mese di marzo, hanno fatto marcia indietro per

optare su Wall Street.

La speranza dei fan è che i nuovi fondi possano essere utilizzati per

finanziare una campagna acquisti. La stagione 2011-2012 non è stata

proprio brillante: la squadra è stata superata dai cugini del Manchester

City di Mancini e Balotelli che hanno vinto il campionato e umiliato i "reds"

con una storica vittoria 6-1 nel derby cittadino.

Il collocamento del Manchester United arriva in una fase piuttosto asfittica

per il mercato delle Ipo. Almeno nei mercati sviluppati. Nel secondo trimestre

dell'anno - calcola PwC - in Europa c'è stata una flessione del 40% in volumi

e un calo del 95% in valore rispetto allo stesso periodo del 2011. Oltreoceano

(vedi grafico) c'è stato un rallentamento dei volumi e un incremento dei

capitali raccolti anche se il dato è "drogato" dalla maxi Ipo di Facebook da

16 miliardi di dollari. Meglio è andata nel resto del mondo. Nel secondo

trimestre 2012, secondo Ernst & Young, c'è stato un aumento dell'87%

dei capitali raccolti in Asia. Buoni segnali sono arrivati poi dall'America

Latina. A livello globale, sono stati raccolti 41, 8 miliardi di dollari nel

secondo trimestre 2012.

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DOPO GLI EUROPEI

Caratteri nazionali e contaminazioni

Il calcio non è soltanto un gioco

di IAN BURUMA (CorSera 05-07-2012)

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La stampa popolare più isterica, in Germania, nel deplorare la sconfitta contro

l'Italia nelle semifinali del campionato europeo, ha dato la colpa allo scarso

entusiasmo dei suoi giocatori nell'intonare l'inno nazionale. Facciamo il paragone

con i calciatori italiani, che abbiamo visto cantare tutti a squarciagola l'Inno

di Mameli. Il capitano Gigi Buffon, addirittura, cantava tenendo gli occhi chiusi,

quasi fosse raccolto in preghiera.

Ma l'Italia non ha avuto nessuna possibilità nella finale contro la Spagna, la

squadra più forte al mondo, i cui giocatori non si sono scomodati nemmeno ad aprir

bocca, dato che la Marcia Reale non ha versi da cantare. Per non parlare dei

giocatori catalani, da sempre insofferenti all'inno nazionale, dal tempo in cui

venne diffuso e imposto con la forza sotto la dittatura di Francisco Franco, da

sempre ostile alla Catalogna.

Sappiamo che nel calcio le squadre più fortunate non sono necessariamente quelle

che vantano i giocatori più bravi. I campioni sanno agire di concerto, tutti

insieme, coesi, immuni ai capricci delle star, ciascun giocatore pronto a lavorare

per gli altri. Ma è lecito affermare che ci sia davvero il patriottismo dietro lo

spirito vincente delle squadre nazionali, come sembrano convinti quei tedeschi che

hanno criticato la formazione della Germania?

Il calcio è stato spesso definito un'attività alternativa alla guerra, un modo

simbolico, più o meno pacifico, per dar sfogo alle nostre rivalità internazionali.

I tifosi delle squadre nazionali sono attori coinvolti in una specie di carnevale

patriottico, e indossano difatti i costumi degli stereotipi nazionali: i tifosi

inglesi si sono presentati come cavalieri medievali, gli olandesi con i tipici

zoccoli, gli spagnoli travestiti da toreador. I tedeschi, purtroppo — e si capisce

perché — hanno non pochi problemi nell'esternare il simbolismo nazionale, eppure

ho avvistato qualche fan in costume quasi bavarese. Il primo premio per questa

divertente kermesse spetta certamente gli italiani, che si sono pavoneggiati

sfoggiando abiti papali e cardinalizi.

Non molto tempo addietro, i fan britannici — ma non solo — interpretavano alla

lettera la metafora bellica e si comportavano da orde di invasori scatenati sul

continente europeo, terrorizzando le sfortunate cittadine che ospitavano una

partita contro l'Inghilterra. Ma anche i giocatori non erano da meno, talvolta

incapaci di nascondere sentimenti di rancore e di ostilità: quando l'Olanda

sconfisse la Germania in una celebre semifinale europea nel 1988, un giocatore

olandese fece il gesto di pulirsi il didietro con una maglia tedesca.

Ben sapendo quanto sono forti e radicati i sentimenti nazionali in queste

competizioni sportive, non sorprende che anche i cronisti finiscano col proiettare

le caratteristiche nazionali sullo stile del gioco. Nelle rare vittorie

dell'Inghilterra, negli ultimi anni, il successo viene ascritto al «tipico»

spirito combattivo degli inglesi, abbinato al loro immancabile «fair play». I

tedeschi invece giocano con «disciplina», gli italiani con una difesa degna delle

legioni romane, gli olandesi con l'individualismo del libero pensiero e gli

spagnoli con l'eleganza dei toreri. Quando i francesi vinsero i Mondiali nel 1998,

la vittoria fu attribuita allo spirito multietnico della squadra, esaltazione

dell'ideale francese di liberté, égalité, fraternité.

Ma quando le squadre perdono, queste tipiche doti vengono rovesciate in tipici

difetti, che finiscono con l'essere biasimati con altrettanto fervore: la mancanza

d'immaginazione dei tedeschi, l'egoismo degli olandesi, la paura degli italiani

davanti all'attacco avversario, l'assenza di patriottismo tra le minoranze etniche

francesi e via dicendo.

Per essere sinceri, tuttavia, occorre ammettere che lo stile di gioco nel calcio

odierno è un fenomeno assai più complicato. La fantastica prestazione della Spagna

di oggi non viene ovviamente dalla corrida, ma dalla squadra del Barcellona

costruita da Johan Cruyff negli anni Settanta e Ottanta. La filosofia del «calcio

totale», ovvero assicurarsi il possesso di palla con passaggi rapidi e ravvicinati,

per poi scattare fulminei sia in difesa che in attacco, trae origine dal gioco

praticato dall'Ajax di Amsterdam negli ultimi anni Sessanta.

Come capita spesso con i modelli innovativi, essi vengono adottati e,

successivamente, come nel caso della Spagna, migliorati e raffinati. Oggi tutti si

sforzano di giocare il «calcio totale» — tranne gli inglesi, che, «tipicamente»,

si tengono alla larga da qualsiasi idea proveniente da Oltre Manica. Gli italiani

hanno abbandonato la vecchia tattica difensiva e persino i tedeschi oggi si

passano la palla con intuito e immaginazione. La differenza tra la Spagna e gli

altri è che gli spagnoli ci riescono meglio di tutti.

Daniel Cohn-Bendit, già capo del movimento studentesco franco-tedesco del 1968 e

rappresentante dei Verdi al Parlamento europeo, sostiene in un recente articolo

che le stelle del calcio moderno non giocano affatto per il loro Paese. Questi

aridi professionisti, a suo parere, giocano per esclusivo vantaggio personale.

Sono diventati, per usare la sua espressione, i «mercenari» del pallone.

Qui rischiamo di precipitare nel cinismo più spietato, perché le lacrime che

scorrevano sulle guance di Andrea Pirlo e di Mario Balotelli, dopo la sconfitta

dell'Italia, certo non erano lacrime di professionisti incalliti. Volevano vincere,

e non solo per i soldi e la carriera, ma anche per la gloria. Quanto dev'essere

emozionante, ancora oggi, sentirsi un eroe nazionale, festeggiato per le strade di

Roma, Madrid, Londra o Berlino, come un guerriero che torna a casa vittorioso.

Eppure Cohn-Bendit non ha tutti i torti. Quello che più mi ha colpito, durante

questo campionato europeo, è stato lo spirito di cameratismo che accomunava i

giocatori avversari. Si consolavano e si congratulavano a vicenda, abbracciandosi

come vecchi amici e colleghi — quello che sono in realtà. La stragrande

maggioranza dei campioni gioca per qualche decina di club eccelsi, sempre gli

stessi, in Spagna, Germania, Inghilterra e Italia. Molti di loro parlano le lingue

con la scioltezza degli uomini d'affari internazionali, altra caratteristica che

li accomuna.

I migliori club europei oggi sono tutti multinazionali. I calciatori seguono gli

ingaggi milionari. E i club al vertice delle classifiche sono anche i più ricchi:

Real Madrid, Chelsea, Barcellona, Manchester City, Bayern Monaco, ecc. E alcuni di

questi divi, per quanto capricciosi ed esigenti, spesso causano meno grane nelle

loro maglie multinazionali che non nella squadra di casa.

La morale della storia, se esiste, potrebbe riassumersi così: una bandiera,

lingua e storia comune possono certamente stimolare la gente a lavorare insieme in

armonia, per una causa comune. Ma così pure il tornaconto personale, nella sua

accezione più elevata. Ai massimi livelli di prestazioni — che si tratti di arte,

scienza o calcio — questo potrebbe rivelarsi addirittura il fattore preponderante.

(Traduzione di Rita Baldassarre)

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I conti nerazzurri

Non soltanto risparmi.

Già spesi 40 milioni.

Sorpassata la Juve

Carlo Laudisa - 05 -07 -2012

Un dato è certo: Massimo Moratti negli ultimi due mesi ha speso 40 milioni di euro per rinforzare la nuova Inter. E presto gli investimenti potrebbero toccare i 65 milioni di euro se andassero in porto anche gli acquisti di Mudingayi, Debuchy e Destro. Anche la più danarosa Juve deve inchinarsi di fronte a questa virtuale vittoria di tappa. I campioni d’Italia, infatti, sinora si sono mossi in lungo e in largo con gli ingaggi di Asamoah, Isla, Lucio e Leali, oltre il riscatto di Giovinco. Tuttavia le loro spese sul mercato non sono andati sinora oltre i 35 milioni di euro. E’ vero che in cassaforte c’è sempre il budget per il top player, vale a dire altri 30 milioni che, però, potrebbero essere finanziati anche da alcune cessioni all’orizzonte.

La risposta Ma l’Inter percorre una strada differente. Gli ingaggi di Handanovic e Silvestre, il riscatto di Guarin comportano cifre importanti. In assoluta controtendenza con i conti di un bilancio chiuso a giugno con un rosso di 86,8 milioni e un monte stipendi di 190 milioni. Fardelli ormai non più sostenibili. E la famiglia Moratti ha scelto di voltar pagina con grande coraggio. Cioè investendo ancora. E’ altrettanto chiaro, però, che la campagna di rinnovamento va di pari passo con la dolorosa scelta di privarsi di autentiche bandiere e dei loro costosi contratti.

Tanti addii In quest’ottica c’è il recentissimo addio a Lucio che su base biennale permette di risparmiare 14 milioni di euro. Ma sulla stessa via sono anche Maicon, Forlan, Pazzini e Julio Cesar, tutti in lista di partenza. Quella del portiere brasiliano è l’ultima spina. Quella che forse fa più discutere e amareggia il mondo nerazzurro. Eppure la ratio societaria non ammette deroghe. L’obiettivo è di far dimagrire il monte stipendi almeno il 30 per cento e gli ingaggi milionari dei protagonisti del Triplete sono un peso troppo gravoso per concedere ulteriore gratitudine.

Politica verde E non è un caso che la guida tecnica del nuovo corso sia quell’Andrea Stramaccioni che proprio nelle giovanili nerazzurre ha dimostrato di poter essere il punto di riferimento di una rosa che punterà decisamente sui giovani. Mancava, però, la generazione di mezzo. E la scelta di Handanovic va proprio in questa direzione, sgravando i ragazzi di responsabilità che sarebbero forse esagerate. E’ altrettanto chiaro, però, che questo progetto non può esaurirsi in una sola stagione. Un po’ quel che è avvenuto proprio alla Juve…

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Modificato da huskylover

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Calcioscommesse

Oggi le sentenze. Multa cancellata per i blucerchiati?

La Corte di giustizia federale pare intenzioata ad accogliere il ricorso del club.

RoBerto Pelucchi - Gasport - 6-07- 2012 pag. 16

Ieri pomeriggio i giudici della Corte di giustizia federale erano ancora chiusi in una sala della Federcalcio per esaminare i ricorsi del processo di appello sul calcioscommesse. Potrebbe essere il segnale che la linea colpevolista di Stefano Palazzi non è passata per tutti i casi (sono andati a giudizio 30 tesserati e 10 società, hanno rinunciato all'appello Paoloni, Federico Cossato e Santoruvo, oltre ad Ancona, Avesa, Piacenza e Ravenna). Anche se il processo è durato soltanto un giorno e mezzo, con interventi di 5-10 minuti per le difese, gli avvocati hanno notato molta sensibilità da parte della Corte e, in qualche caso, si è avuta la sensazione che i giudici annuissero di fronte alle contestazioni dei legali.

Casi controversi. La sentenza della Disciplinare non verrà stravolta, l’impianto accusatorio della Procura federale reggerà, ma certe posizioni «al limite» - vedi i casi di Manfredini e Fabbri dello scorso anno - potrebbero essere riviste. Quelle di Fontana del Novara e Iacopino del Monza, per esempio. O quella di Ferrari, attaccante del Verona: l’sms di Carobbio che lo scagionerebbe dalla partecipazione alla combine Rimini-AlbinoLeffe, e che è stato presentato durante il processo, potrebbe non essere tenuto in considerazione, ma il fatto che il «pentito» non sia stato ascoltato dalla Procura per ottenere ulteriori riscontri su quella partita potrebbe risultare decisivo. Sono destinate, invece, ad andare deluse le speranze delle parti terze. Nocerina, Gubbio e Vicenza avevano chiesto l’annullamento del patteggiamento del Grosseto, il Cesena quello dell’Atalanta e la retrocessione del Novara all’ultimo posto del campionato 2011-12.

Le società. Pare, invece, che abbia fatto presa sulla Corte il ragionamento dell'avvocato Giulia Bongiorno sull'articolo 9, quello sull'associazione, relativo a Bertani. L'associazione a delinquere dell'attaccante è caduta a livello penale, ma Palazzi vorrebbe che venisse confermata a livello sportivo, con conseguente danno per la Sampdoria, «colpevole» di avere acquistato un giocatore accusato di avere combinato alcune partite con il Novara. La società blucerchiata ha buone probabilità di vedersi annullare i 50 mila euro di ammenda. Il dispositivo della sentenza sarà reso noto oggi o, al più tardi, domani. Per le motivazioni si dovrà attendere la fine di agosto.

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Calcioscommesse

Mille telefonate e 41 contatti

Così il clan Ilievski controllava la A

104946254-525a483d-96ec-40d2-bebf-4d79a9e06314.jpgLecce-Lazio 2010-2011, una delle partita nel mirino degli investigatori

L'inchiesta della procura di Cremona non è finita: dai colloqui con Singapore al patto con gli ungheresi, ecco le mosse del latitante macedone, considerato il boss dei cosiddetti 'zingari'. Truccate due stagioni, dal massimo campionato italiano alla seconda serie svizzera. E a Bari continua a essere al centro dell'indagine il ruolo della criminalità organizzata

di MARCO MENSURATI e GIULIANO FOSCHINI

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Calcioscommesse

ROMA - Quarantuno numeri di telefono, da Roma all'Ungheria, dalla Serie A italiana alla seconda serie svizzera, una ragnatela di contatti, un mondo di informazioni, un grande business. Un migliaio di telefonate, il centro dello scandalo. L'inchiesta della procura di Cremona sul calcioscommesse italiano non è finita. E per ripartire punta proprio dal centro internazionale del suo scandalo: Hrystian Ilievski, il latitante macedone, il capo degli Zingari che nel 2010 e nel 2011 ha girato per i ritiri e per gli stadi della A e della B a comprare informazioni, minacciare giocatori, appattare partite. Quella ragnatela è stata ricostruita ora, anche graficamente, dagli uomini del Servizio centrale operativo della Polizia, i migliori investigatori italiani che da due anni stanno indagando sul giro di scommesse attorno al nostro calcio. Ci sono le telefonate con Zamperini, l'uomo che secondo gli investigatori è stato il passepartout di Ilievski per la Serie A. Ci sono le chiamate con Carobbio, oggi pentito, ieri uomo del gruppo in Serie B. A interessare molto gli investigatori sono poi i contatti con gli altri gruppi internazionali di scommettitori, a partire dagli asiatici.

Ilievski (la sua utenza era intestata a un fantomatico Viktor Kondic) era in contatto diretto con il gruppo di Singapore, guidato da Tan Seet Eng, ma nello stesso tempo aveva stretto un patto con gli ungheresi: soci d'affari tanto da stringere, in tribuna d'onore a San Siro durante Inter-Barcellona di Champions League, un patto, una sorta di joint venture internazionale

per lavorare insieme, senza farsi troppa concorrenza, sulle partite dei campionati italiani. Per esempio Lecce-Lazio, ultima giornata della stagione 2010-2011, che secondo gli investigatori fu gestita da Zingari, asiatici e ungheresi.

E proprio nell'ambito della transnazionalità dell'inchiesta, lungo l'asse Zingari-Bulgaria-Italia, nelle carte di Cremona sono finiti anche alcuni fatti di cronaca. Nera. "Vi informiamo - scrive l'Interpol alla Polizia italiana - che le autorità di Sofia stanno indagando su un omicidio collegato alle scommesse illegali nel mondo del calcio (...) il 4 aprile scorso a Sofia è stato ucciso il cittadino bulgaro Yordan Petrov Dinov, nato il 24.08.1972, titolare e legale rappresentante di due agenzie di gioco d'azzardo in Internet: scommesse su eventi sportivi (incontri di calcio, eccetera). Secondo le informazioni disponibili - continua - Dinov ha inviato un rapporto alla sede della Uefa in Svizzera nel quale indicava che a causa della corruzione nella lega calcio bulgara alcuni incontri del campionato bulgaro erano stati predeterminati". In particolare Dinov, che lavorava per l'agenzia di scommesse Skysport 365, la stessa che collabora con le procure di Bari e Cremona, aveva denunciato la combine tra Cherno More e Lokomotiv Sofia, terminata 3-0, lo scorso primo aprile. Tre giorni dopo è stato ammazzato.

Il ruolo della criminalità organizzata continua a essere al centro anche dell'indagine della procura di Bari che ha in piedi un fascicolo per 416 bis (associazione mafiosa): gli investigatori - che stanno per chiudere il filone che riguarda le partite truccate dal Bari nel campionato 2010-2011, filone nel quale sono coinvolti giocatori di Serie A e i vecchi dirigenti del Lecce - sono convinti che la criminalità organizzata abbia avuto un ruolo diretto nella raccolta delle scommesse e nello svolgimento di alcuni incontri. Per questo il procuratore Antonio Laudati e il pm Ciro Angelillis, oltre che per frode sportiva, indagano per riciclaggio.

(06 luglio 2012)

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Il progetto dei russi è prendersi il mondo

del calcio. Capello è solo l’inizio

di BEPPE DI CORRADO (IL FOGLIO 06-07-2012)

Fabio Capello a Mosca è una controintuizione. Perché se lascia la panchina

della Nazionale inglese e poi pensa di accettare quella della Russia c’è

qualcosa che non abbiamo ancora capito. Ha detto no a mezza serie A, a molti

club tra i più importanti d’Europa. E va a Mosca per rimettere in piedi la

Nazionale di Putin. Perché? La sfida, sì. E poi? I russi sono certi: l’ex

allenatore di Milan, Roma, Juve e Real Madrid andrà lì. Anzi, dicono debba

solo firmare. Lui sorride, come fa quando qualcosa di vero c’è. Dicono che

Vladimir Putin si sia speso in persona con la federazione calcio: prendete

lui. Il posto è quello lasciato da Dick Advocaat, responsabile

dell’eliminazione della Russia al primo turno dell’Europeo. Fuori l’olandese,

dentro l’italiano. Logica la loro richiesta, un po’ meno – in teoria –

l’eventuale sì di Capello. Se si muove uno come lui, vuol dire che noi non

abbiamo capito. Significa che abbiamo sottovalutato. La Russia, lo sport, il

futuro, il potere. Noi abbiamo in testa il deludente risultato degli Europei,

loro studiano già il modo per prendersi il mondo. Perché la Russia si prepara:

sei anni prima pensa solo e soltanto ai Mondiali che organizzerà nel 2018. E’

tutto una pianificazione, è tutto una tappa di avvicinamento. Il 2018 è per il

pallone ciò che fu il 1980 per il resto degli sport. Mosca vuole dimostrare al

mondo di essere cresciuta: socialmente, urbanisticamente, umanamente. Mosca

vuol dire al pianeta che ce l’ha fatta. Capello serve a questo: parte dalla

base di una Nazionale buona che non ha sfondato. Parte dai giocatori che

inondano i campionati stranieri, hanno lasciato quello russo e adesso

cominciano il percorso inverso. Il rientro dei cervelli e dei piedi. Arshavin

che lascia l’Arsenal per andare allo Zenit di San Pietroburgo è l’esempio.

Capello è la speranza di poter pianificare veramente il destino che nella

testa del governo politico e sportivo di Mosca ha come obiettivo quello di

vincere la Coppa del mondo in casa. Banale e dannatamente reale. Solo che fino

a oggi avevamo pensato che fosse propaganda, mentre se dovesse davvero

diventare lui il ct russo allora dovremmo cominciare a pensare che questi

fanno davvero sul serio.

Il problema, in fondo, è più nostro che loro. Nostro degli occidentali.

Quando parliamo di Russia e pallone è come se fossimo rimasti al 1989, o al

massimo al 1991. Noi, con la nostra presunzione di essere i padroni di tutto,

a pensare che il calcio in Russia sia rimasto inchiodato a quando lo

immaginavamo incredibilmente lontano dal nostro modo di ragionare. Ci faceva

un po’ paura e forse ci metteva contemporaneamente anche in soggezione. E’ qui

che cade il velo d’ipocrisia che ha ammantato i giorni immediatamente

successivi alla scelta del paese ospitante del Mondiale del 2018. La

commissione Fifa s’è alzata, ha annunciato la Russia e a noi, a tutti noi, è

venuta in mente quella cosa là: il denaro che ha oleato i meccanismi e gli

ingranaggi del sistema di assegnazione dei Mondiali. I soldi come prosecuzione

più che simbolica della forza che negli anni Settanta e Ottanta l’Unione

sovietica riusciva a imporre alle organizzazioni dello sport mondiale. La

Russia oggi è un Occidente estremo, anche nel calcio. Per banalizzarlo e anche

un po’ denigrarlo lo chiamiamo pallone dei ricchi. Pregiudizio, più che

conoscenza. In Russia di ricchezza dentro il mondo del pallone c’è, sì. Lo

Zenit di San Pietroburgo, il Cska Mosca e il Rubin Kazan. Perché il primo è di

proprietà della Gazprom, il secondo della Lukoil, il terzo della Taife

(chimica, edilizia e telecomunicazioni) e della Tatenergo, holding

dell’elettricità. Poi l’Anzhi, il club che ha comprato Samuel Eto’o e che

vorrebbe comprare tutto il meglio del meglio del pallone mondiale. Piano e

meno piano i russi conquistano territorio calcistico. Costruiscono squadre che

possono competere in Champions o Europa League. Hanno già scontato la loro

crisi economica, prima della nostra. I giocatori ci sono. Manca oggi un’idea

di Nazionale. Capello è il potenziale collettore. Lui, i soldi, la politica

che ha interesse. Prendersi il mondo del calcio, per la Russia, è un progetto.

E’ cominciato per davvero.

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  • L'INDAGINE

Gianello era spiato e pedinato

da un poliziotto infiltrato

Un investigatore della squadra mobile si fingeva amico dell'ex portiere azzurro ma aveva il compito di seguirlo e mandare relazioni segrete ai suoi superiori. Oggi mezzo Napoli davanti al procuratore federale Palazzi. Il mistero della seconda assenza dell'ex giocatore azzurro: chiede di essere ascoltato dai pm ma poi manda un certificato medico

di ANTONIO CORBO

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È l’ora del Napoli. Con un grosso punto interrogativo entra alle 9 nella sede federale di via Po a Roma e nel processo sportivo. È coinvolto, senza sapere come e perché, nelle inchieste sul calcio scommesse. Il mistero si chiama Matteo Gianello, ex terzo portiere, una comparsa diventata protagonista nell’indagine. Si presenterà? Il dubbio è fondato. Ancora una volta si è distinto per la sua volubilità. Ha sollecitato lui un interrogatorio in Procura, l’ha ottenuto ma non si è presentato. In sede penale lo assiste un celebre penalista, Vincenzo Maria Siniscalchi, esperto di cinema ed amico di De Laurentiis oltre che difensore di Tinto Brass.

Lo aspettavano tre pm: Antonello Ardituro, che indaga da anni sui Casalesi ma anche calcio e malavita, con i colleghi Danilo De Simone e Vincenzo Ranieri. Alle sedici, ecco un certificato medico. Gianello si scusa ma non viene. Se stava male ieri, oggi come sta? In Procura nessun commento né reazione: Gianello è indagato, la chiusura dell’inchiesta è stata ormai notificata, l’interrogatorio prelude solo al possibile rinvio a giudizio. Il legale potrà anche mandare una memoria difensiva. Non cambia la sua posizione. Ma che voleva dire di nuovo ieri? La sua versione è rilevante in sede di giustizia sportiva. Dove il Napoli è chiamato dall’inquirente Stefano Palazzi a spiegare meglio alcune partite. NapoliParma (10 aprile 2010), LecceNapoli (8 maggio 2011) e BresciaCatania stessa data, NapoliInter

(15 maggio 2011) e Palermo Chievo (22 maggio 2011). Il pool del procuratore aggiunto Giovanni Melillo ha però rilevato profili di reato (frode sportiva) solo nella settima: NapoliSamp, 16 maggio 2010. È la prima di cui parlerà Palazzi con Gianello, se si presenta, con Cannavaro, Grava e Mascara ceduto dal Napoli a gannaio.

Gianello avrebbe proposto a Grava e Cannavaro di perdere l’incontro. Ricevendo un netto rifiuto. Capitolo chiuso? No, il portiere è intercettato. Riferisce ai due presunti complici, ex compagni del Chievo, Silvio Giusti e Federico Cossato, che «i due non ci stanno». I due difensori negano dinanzi ai pm. Mai sentita quella proposta, per carità. Nega anche Gianello, la memoria lo soccorre in Procura quando gli fanno sentire la registrazione. «Scusatemi, ora ricordo di aver ingenuamente detto...».

Gianello chiedeva di essere interrogato entro il 6 luglio, ieri. Per modificare la versione ancora una volta? Per negare tutto e salvare i due compagni (rischiano per omessa denuncia) e il Napoli? Il club rischia per “responsabilità oggettiva”: il portiere all’epoca era suo tesserato. In sede sportiva Gianello ha un avvocato esperto, Eduardo Chiacchio, il Perry Mason dei tribunali sportivi. Rileggendo le carte, è emerso un dettaglio: c’è un rapporto segreto della Squadra Mobile. Gianello era intercettato, ma anche pedinato. Un finto amico. Un infiltrato. Il poliziotto G.V. che in una relazione, alcuni mesi prima, aveva riferito ai pm le confidenze di Gianello. Che ora è ad un bivio. Confermare la versione alla Procura a Napoli, patteggiare una squalifica breve quale premio della collaborazione. Smentire di nuovo tutto. Linea a più alto rischio: una condanna più severa gli impedirà la carriera di allenatore dei portieri.

Conclude Mazzarri. Risulta dubbio un fumoso discorso sul pareggio che aprì a Napoli e Inter le porte della Champions. In sintesi. «È una di quelle leggi non scritte del calcio». Questo non vuol dire illecito. Le squadre non erano mica d’accordo. Mazzarri crede di conosce la giustizia, e parla molto. In buona fede. Oggi avrà tutto il tempo per chiarire.

(06 luglio 2012)

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«Contro le combine

le seconde squadre»

Tommasi:«Uno stesso club in serie diverse

come in Spagna. Il contratto? Ce la faremo»

Secondo il numero uno dell’Associazione dei calciatori: un

anno per raggiungere l’accordo con la Lega su diritti e soldi

di FRANCESCO CAREMANI (l'Unità 06-07-2012)

È stato sempre un modello per i giocatori più giovani. Ora che Damiano Tommasi

è presidente dell’Associazione calciatori, da modello è diventato punto di

riferimento. L’ex capitano della Roma, azzurro ai mondiali del 2002, riflette

sul calcio italiano e sul contratto dei calciatori che sopravvive ai rimandi

dei club, in un contesto in cui troppi guardano solo al proprio particolare e

pochi all’interesse generale del movimento.

Dopo l’assemblea di Lega di mercoledì qualcosa sul contratto s’è mosso,

a che punto siamo?

«L’assemblea della Lega di A ha espresso la volontà di prorogare l’accordo

collettivo fino al 30 giugno 2013. Un tempo nel quale potremo discutere di

tutti i temi che ci stanno a cuore. Mi è sembrato, inoltre, d’intuire la

volontà di andare avanti senza intoppi, avremo così modo di confrontarci sulla

convezione promo-pubblicitaria e sulle sue modifiche».

Si procede per proroghe, quali sono i nodi che non hanno permesso un

accordo definitivo?

«Ci sono argomenti che devono essere approfonditi, sia per loro che per noi:

dalla convezione promo-pubblicitaria, appunto, al fondo di garanzia, che va

certamente ristrutturato. Ritengo che ci siano margini per trovare un accordo

anche su questo».

L’anno scorso lo sciopero scatenò la pancia dell’opinione pubblica

contro i calciatori “ricchi e viziati”…

«Siamo consapevoli che il giocatore è visto come una persona che guadagna

tanti soldi senza merito, è difficile far capire che proprio il mercato del

calcio e l’attenzione che c’è attorno permettono a certi presidenti di firmare

determinati contratti di lavoro dipendente. Pochi sanno, inoltre, che il

minimo contrattuale in serie A è di 1.500/1.800 euro, eppure per arrivarci si

fanno grandi sacrifici, ma il discorso economico è in secondo piano».

Cioè?

«Sul tavolo dell’accordo collettivo non ci saranno i soldi, bensì i diritti e

doveri che i calciatori hanno verso le società e queste verso i giocatori,

cercando di mettersi alle spalle comportamenti che sono il retaggio del

passato».

Durante gli Europei, quattro grandi club di A si sono incontrati con

Murdoch per parlare di Super Lega, mentre Prandelli chiedeva più

spazio per la Nazionale. Quale dovrebbe essere la strada maestra del

calcio italiano?

«L’aspetto sportivo deve tornare primario rispetto a tutto il resto. Ci sono

tanti soldi e interessima l’obbligo della Federazione e del Ct credo sia

proprio quello di provare a spostare il baricentro. Alla fine uscire male

dalle coppe europee è un aspetto sportivo che si ripercuote sul ranking Uefa,

sull’attenzione mediatica e sugli investitori, quindi anche su quello

economico».

Abete ha attaccato frontalmente la Lega, non è che proprio i

calciatori rischiano di rimanere schiacciati tra i due poli

d’attrazione?

«L’Europeo, tra le altre cose, ha dimostrato che nei momenti di difficoltà ci

si aggrappa a chi va in campo, alle loro prestazioni, al loro modo di porsi e

comunicare. Il ruolo dei calciatori è di grande responsabilità e troppo spesso

vengono strumentalizzate le piccolezze a discapito di ciò che è importante.

Nonostante ciò, rimangono dei punti di riferimento per i ragazzi e i tifosi

grazie al loro attaccamento alla Nazionale e alla professione».

Cosa resta di questo secondo posto europeo?

«Siamo stati la vera sorpresa, Prandelli ha cambiato il modo di giocare e

molti giovani hanno risposto bene alla prima grande esperienza internazionale,

conquistando anche l’accesso alla Confederations Cup».

La ricetta Tommasi: seconde squadre per contrastare il fenomeno delle

combine. Crede che il sistema spagnolo possa essere innestato in

quello italiano?

«Al di là dei sistemi diversi, l’idea è di dare uno scopo che non sia solo

quello della classifica o del risultato, bensì quello della prestazione e

della crescita. Offrire ai più giovani un obiettivo diverso per tenere lontani

gli interessi negativi che girano intorno al pallone».

Il calcioscommesse è un problema internazionale, ma il football

italiano ciclicamente torna nelle aule dei tribunali, perché?

«È giusto andare sino in fondo per conoscere i colpevoli, punire i

responsabili e dare risposte certe a tutti quelli che si comportano bene,

rispettando le regole, e che hanno a cuore il nostro sistema calcio. In Italia

si fanno indagini, altrove è tabù, ma la stragrande maggioranza del movimento

è un esempio di professionalità e sportività».

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Porto Franco

a cura di FRANCO ARTURI

(GaSport 07-07-2012)

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IL TEMPO 07-07-2012

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Calcioscommesse Niente punizioni al club per omessa denuncia. Gianello in una memoria ritratta l’illecito

Pescara senza handicap, il Napoli spera

«Solo chiacchiere»

Sentiti Mazzarri, Grava e Cannavaro. Ma l’ex accusatore ora parla di semplici «chiacchiere»

di ANDREA ARZILLI (CorSera 07-07-2012)

ROMA — Da ieri la responsabilità oggettiva fa un po' meno paura: la Corte di

giustizia federale ha tolto il -2 al Pescara, ridotto le penalizzazioni di

Novara e Reggina, entrambe da -4 a -3, e regalato un super sconto

all'Albinoleffe, dal -27 della richiesta di Palazzi al -15 del primo grado

fino al -9 del secondo. Anche il Monza passa da -5 a -4. L'appello del

processo relativo alle carte sulla serie B dell'inchiesta della procura di

Cremona ha alleggerito la posizione dei club confermando la mano pesante sui

tesserati. Segnale di una rilettura in chiave moderna della responsabilità

oggettiva.

Il caso del pescarese Nicco è la prova lampante: aveva preso 3 anni perché

per la Disciplinare aver collaborato a «taroccare» Piacenza-Pescara del 9

aprile 2011, ma l'illecito è stato derubricato a «omessa denuncia», il

tesserato si è visto ridurre la pena a un anno e la squadra neopromossa in A

si è vista azzerare l'handicap per la prossima stagione. «Giustizia è stata

fatta — il commento del presidente Daniele Sebastiani —, avevamo sempre detto

di essere del tutto estranei a questa vicenda».

Ovviamente c'è omessa denuncia e omessa denuncia. Ma la sentenza di ieri può

davvero fare giurisprudenza e regalare tranquillità al Napoli, per esempio.

Ieri Mazzarri, Paolo Cannavaro e Grava sono andati a deporre in procura Figc

(e Mimmo Criscito è stato chiamato per il 16 luglio). Non è andato Gianello,

fino a ieri grande accusatore del filone napoletano. Solo fino a ieri perché

il portiere, che alla procura di Napoli aveva confessato di aver tentato di

coinvolgere Cannavaro e Grava nella combine di Samp-Napoli, non si è

presentato, ma ha fatto sapere di aver pronta una memoria difensiva nella

quale aggiusta il tiro della confessione resa davanti al giudice: non più un

«tarocco» tentato e fermamente rifiutato dai due napoletani, solo chiacchiere

da spogliatoio in un clima tutt'altro che delittuoso. Con la ritrattazione e

il precedente Nicco-Pescara, la stagione del Napoli sembra poter partire col

piede giusto.

Continua il lavoro della procura di Cremona: ieri è arrivato in Italia,

estradato dall'Ungheria, Laszlo Strasser, che sarà interrogato lunedì dal gip

Guido Salvini. Strasser è colui che accoglie a Malpensa il singaporiano Choo

Beng Huat (che secondo l'accusa porta soldi per pagare i calciatori), è

sospettato di aver partecipato alle combine di Palermo-Bari e Lazio-Genoa

(alloggia nell'hotel di Milano dove c'è anche Milanetto), è in contatto

costante con il capo degli zingari Ilievski.

___

Tutti in Procura: l’esordio tocca al Napoli

MAZZARRI E MEZZO CLUB ASCOLTATI PER IL FILONE

PARTENOPEO DELLE SCOMMESSE; AUDIZIONI

A RAFFICA DALLA PROSSIMA SETTIMANA

di LUCA DE CAROLIS (il Fatto Quotidiano 07-07-2012)

Il Napoli si è presentato, il suo accusatore no. Ma il giorno più caldo in via

Allegri sarà il 16 luglio, con Criscito, Bonucci e Ranocchia. Ieri,

nell’ambito dell’inchiesta del calcio scommesse, la procura federale ha

ascoltato a Roma il tecnico degli azzurri, Walter Mazzarri, il capitano Paolo

Cannavaro e due ex del Napoli, Gianluca Grava e Giuseppe Mascara. Tutti

convocati per dare risposte su Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010 (1-0), e in

particolare alle accuse di Matteo Gianello, ex terzo portiere dei partenopei.

Ai pm di Napoli, dove è indagato per concorso in frode sportiva, Gianello ha

raccontato di aver provato a truccare assieme a Silvio Giusti, suo ex compagno

nel Chievo quella gara di fine campionato, senza riuscirci.

In particolare, l’ex azzurro sostiene di aver proposto ai compagni Cannavaro e

Grava di aggiustare la gara in favore della Sampdoria, ricevendo “il secco no”

di entrambi. Versione che ieri il portiere avrebbe dovuto ripetere agli

inquirenti della giustizia sportiva. Ma all’ultimo minuto Gianello ha marcato

visita, ottenendo dalla procura un rinvio per “motivi di salute”. Così a

sfilare davanti al procuratore Palazzi sono stati i tesserati del Napoli. A

partire da Cannavaro e Grava, che se venisse provata la versione di Gianello

rischierebbero una squalifica per omessa denuncia.

MA ENTRAMBI hanno respinto la ricostruzione dell’ex compagno, come avevano già

fatto davanti ai pm. Sulla stessa linea Mazzarri, che ai cronisti ha

assicurato di essere “assolutamente sereno”, e Mascara. Morgan De Sanctis, il

portiere del Napoli, era già stato sentito martedì scorso, appena rientrato

dagli Europei con la Nazionale. E anche lui aveva negato tutto. Buon per il

club, che nell’inchiesta sportiva rischierebbe sanzioni per responsabilità

oggettiva. Intanto gli 007 federali, che lavorano da settimane sul materiale

arrivato dalle procure di Bari, Napoli e Cremona, continuano ad aggiornare il

calendario delle audizioni. La giornata più trafficata di big è quella del 16

luglio. La data in cui verranno sentiti Andrea Ranocchia, difensore dell’Inter,

ex Bari e Genoa, e due giocatori della Nazionale: Domenico Criscito, escluso

all’ultimo momento dai 23 per l’Europeo per l’avviso di garanzia ricevuto

dalla procura di Cremona, e Leonardo Bonucci, partito per il torneo anche se

indagato a Bari. La prossima sarà una settimana cruciale per le audizioni

della procura. Lunedì verrà ascoltato l’ex Napoli Fabio Quagliarella, ora alla

Juventus.

Il 12, sarà sentito il presidente del Siena, Massimo Mezzaroma. Il giorno dopo,

toccherà all’allenatore della Juventus, l’ex tecnico del Siena Antonio Conte,

che verrà ascoltato nel ritiro juventino di Chatillon, in Valle D’Aosta.

Intanto ieri la Corte di Giustizia federale ha emesso le sentenze d’appello

per il primo processo sportivo sulle scommesse. Annullati i due punti di

penalità per il Pescara, neo promosso in Serie A. In B, ridotte le pene a

Novara (da – 4 a – 3), Albinoleffe (da – 15 a – 9) e Reggina (da – 4 a – 3).

___

Calcioscommesse L'ex portiere del Napoli ammalato non si presenta in Procura

Gianello salta l’interrogatorio

spunta un’ipotesi: patteggiare

di PINO TAORMINA (IL MATTINO 07-07-2012)

Roma. Un certificato medico e un sospetto. Una diagnosi ed una ipotesi

investigava. Alle ore 9 di ieri mattina, Matteo Gianello non era presente nel

palazzo della Figc. Doveva raccontare, lui unico che avrebbe ammesso la

tentata combine ai magistrati della procura di Napoli, cosa era successo alla

vigilia di Sampdoria-Napoli. Giannello, però, è rimasto a casa sua. A Venezia.

Al suo posto un certificato medico che parla di «coliche renali». E una

telefonata al suo avvocato. Non è un colpo di scena, ma l’assenza dell’ex

portiere del Napoli sorprende, e non poco, il suo legale, l’avvocato Eduardo

Chiacchio. «Deve stare molto male per non essere venuto qui. Mi ha detto che

ha perso cinque chili ma sarebbe stato meglio per tutti, per lui e pure per il

Napoli che fosse venuto». Chiacchio è uno dei massimi esperti italiani di

diritto sportivo. «Lo stanno criminalizzando, ma lui si sta comportando bene.

Ha difeso tutto e tutti, altro che... Smentire? Non vedo come sia possibile

alla luce di quello che ho letto. Fosse per me valuterei il patteggiamento:

una condanna morbida sarebbe l’ideale. Anche per il Napoli che ne trarrebbe

grande giovamento: rischierebbe il minimo del minimo. Forse solo una piccola

ammenda».

Ma non c’è solo il processo sportivo e la carriera di allenatore dei portieri

in bilico in caso di squalifica pesante. I guai veri vengono dall’inchiesta

della procura di Napoli dove è indagato, ed è l’unico tra gli azzurri e gli ex

azzurri, con chiusura dell’inchiesta ormai notificata, preludio del possibile

rinvio a giudizio.

In sede penale lo assiste il celebre penalista Vincenzo Maria Siniscalchi che,

nei giorni scorsi, ha presentato una memoria scritta ai pm napoletani

chiedendo che Gianello venisse nuovamente ascoltato. L’avvocato Siniscalchi

racconta: «Ho sollecitato io un nuovo interrogatorio: rileggendo il verbale di

quello precedente durato circa cinque ore sono rimasto assai sorpreso dalla

decisione dei magistrati di indagarlo. È necessario che Gianello spieghi

meglio». L’appuntamento col pm Vincenzo Ranieri era previsto per giovedì. Ma è

saltato pure questo per la malattia del portiere. In sintesi: l’ex portiere

avrebbe proposto a Grava e Cannavaro (che negano) di perdere con la Samp.

Ricevendo un netto rifiuto (Grava e Cannavaro negano anche questo). Ai suoi

presunti complici, Giusti e Cossato, al telefono dice: «Non ci stanno». È

intercettato. Davanti ai pm Gianello prima nega poi ci ripensa: «Ricordo

ingenuamente di aver parlato... ». Da ieri si sa anche che Gianello era

pedinato da un poliziotto. Siniscalchi spiega: «Solo chiacchiere di

spogliatoio, nulla di rilevante penalmente. Spiegherà per bene le cose appena

starà meglio». E conclude? «Patteggiare con la giustizia sportiva? E perché?

Vedrete che verrà assolto anche da quella ordinaria».

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Calcioscommesse Il tecnico e gli azzurri ascoltati su situazioni diverse, sembra allontanarsi la scure di sanzioni anche minime

Il Napoli si difende: «Nulla da temere»

di PINO TAORMINA (IL MATTINO 07-07-2012)

Roma. Novanta minuti di interrogatorio, o meglio di audizione. Come in una

partita di calcio. Solo che contro Paolo Cannavaro e Gianluca Grava ieri

pomeriggio avevano gli 007 della Procura federale che volevano sapere tutto su

Matteo Gianello e quel Sampdoria-Napoli del 10 maggio del 2010. La coppia di

difensori ha negato ogni addebito, confermando la versione già fornita davanti

al procuratore aggiunto Giovanni Melillo che, alla luce della parole dei

tesserati azzurri, aveva disposto l’archiviazione delle loro posizioni. Per la

procura di Napoli, Cannavaro, Grava e lo stesso Napoli sono completamente

innocenti. Ma per la giustizia sportiva questo non è sufficiente.

Cannavaro e Grava si sono mostrati assolutamente sereni davanti alla folla di

giornalisti che li attendeva a via Po, quasi infastiditi dall’essere stati

tirati in ballo per questa storia. Ma i cattivi pensieri, dopo il pomeriggio

di ieri, il Napoli può metterli da parte. Una volta negli uffici della Procura

Federale il capitano azzurro, arrivato qualche minuto prima delle 16,30, si è

preso persino il lusso di scherzare con una guardia giurata tifosa del Napoli

che gli ha chiesto l’autografo. «È vero, si è svolto tutto nella massima

serenità. Come era giusto che fosse: Cannavaro ha risposto a ogni domanda. E

sapete cosa ha detto agli inquirenti? Se Gianello o chiunque altro si fossero

avvicinati a me per propormi una sconfitta del Napoli non l’avrei solo

denunciato... Perché sono il capitano di questa squadra e tifo per gli azzurri

da quando avevo due anni», ha raccontato il suo avvocato Luciano Ruggiero

Malagnini svelando alcuni particolari del faccia a faccia.

Gli inquirenti guidati da Stefano Palazzi (ma gli interrogatori sono stati

tenuti dai suoi sostituti) hanno maneggiato con cura le 40 pagine che il pool

diretto da Melillo ha inviato alla procura federale. Le attenzioni si sono

soffermate solo sulla sfida di Marassi: nessuna richieste delle altre gare

pure finite al centro del filone napoletano. Ovvero quelle contro Parma (10

aprile 2010), Lecce (8 maggio 2011) e Inter (15 maggio 2011). Il difensore

della Loggetta ha spiegato che «Matteo (Gianello) è un giocherellone, uno che

ama scherzare tantissimo e che strappava sorrisi a tutti negli spogliatoi ma

che non frequentava al di fuori degli allenamenti». Ovvio che né lui né Grava

si spiegano perché l’ex terzo portiere li abbia coinvolti in questa faccenda.

«Paolo non ha negato nessuna accusa, perché non era accusato di niente. Lui ha

raccontato la verità, dichiarandosi assolutamente estraneo alla vicenda»,

conclude. Nessuna contestazione e la rassicurazione che non che non ci fu

alcuna combine. Né quel giorno né mai in una gara del Napoli.

Anche l’interrogatorio di Grava è durato un’ora e mezza circa e il giocatore

casertano - che è giunto negli uffici federali verso le 14,20 - ha più volte

ha ribadito la stessa tesi: «Non ci sono dubbi sulla regolarità della partita

con la Sampdoria e del suo risultato finale, io e i miei compagni abbiamo

giocato nel modo più vero possibile. E Gianello non ci disse mai nulla». La

Sampdoria, come è noto, vinse uno a zero con gol di Pazzini. Il suo legale

Luisa Delle Donne spiega ancora che «Grava ha negato che ci sia stato un

tentativo di truccare la gara. Cosa ci aspettiamo? La cosa più ovvia: che non

scatti il deferimento». Mascara detto ”dentino” come si legge spesso nei

verbali è arrivato quasi a fine giornata. Ora gioca negli Emirati Arabi. Ha

confermato di non aver nulla a che vedere con le storie della gare taroccate.

___

La Corte di Giustizia Federale cancella la penalizzazione al club abruzzese. Respinti i reclami di Siena e Samp

Pescara graziato

sconti solo ai club

Tolti 6 punti all’Albinoleffe, 1 alla Reggina

Ieri in Figc ascoltato anche Mazzarri

Prima era toccato a Grava e Cannavaro

di CARLO SANTI (Il Messaggero 07-07-2012)

ROMA - La Corte di Giustizia Federale ha cancellato diverse penalizzazioni

alle società. La sentenza sui ricorsi del processo del calcioscommesse bis

tenutosi all’inizio del mese scorso ha annullato la penalizzazione di 2 punti

che il Pescara avrebbe dovuto scontare nella prossima stagione in serie A, ha

ridotto quella dell’AlbinoLeffe da 15 a 9 punti mentre a Novara, Reggina e

Monza ha tolto 1 punto passando da 4 a 3 per i primi due club e da 5 a 4 per

il Monza. La lettura della sentenza della Corte di Giustizia, che su un totale

di 46 ricorsi tra club e tesserati ne ha accolti 7, mostra un ammorbidimento

sulla responsabilità oggettiva delle società. Che rimangono responsabili per

quanto commettono i loro tesserati, ma le colpe vengono modulate. Nel caso del

Pescara Nicco è stato parzialmente assolto - la sua pena passa da 3 anni a un

anno (il calciatore era responsabile in relazione alla partita con il Piacenza

dell’aprile 2011) e il club è stato assolto (pagherà una penale di 30 mila

euro) e nella prossima stagione in serie A partirà alla pari con le altre.

Sono stati respinti invece i reclami di Siena, Spezia, Empoli, Sampdoria e

Padova. Inammissibili quelli della Nocerina, del Vicenza, del Barletta, in

parte inammissibili e in parte respinti quelli del Cesena e del Gubbio.

Rimangono inalterate le pene comminate dalla Commissione Disciplinare, segno

che l’impianto accusatorio di Stefano Palazzi è stato accolto totalmente. Ed è,

questo, un segnale preciso per i prossimi processi del calcioscommesse che

infuocherà l’estate visto che adesso entrano in scena personaggio e club di

maggiore caratura.

Resta ancora strano come tre club, adesso coinvolti per questioni marginali,

non siano stati scagionati. Ci riferiamo a Sampdoria, Siena (che la settimana

prossima sarà sotto la lente d’ingrandimento per questioni ben più gravi) e

Spezia sanzionati con multe perché loro tesserati hanno commesso degli

illeciti quando erano sotto contratto con altre società.

Niente da fare per Alberto Fontana. L’ex portiere del Novara era stato

squalificato per tre anni e sei mesi e lui, difendendosi davanti alla Corte di

Giustizia aveva cercato di far saltare il «teorema del portiere» spiegando che

Gervasoni lo aveva tirato in ballo perché gioca in porta. Il suo ricorso è

stato respinto. Tra i tesserati, oltre a Nicco, riduzione (da 3 anni e 9 mesi

a un anno) per De Falco.

Intanto in via Po continuano le audizioni. Ieri è stato il giorno del Napoli

cominciato, però, con una defezione, quella di Matteo Gianello. L’ex terzo

portiere del Napoli ha presentato un certificato medico motivando l’assenza

con una colica renale. Gianello aveva parlato, con gli inquirenti della

Procura della Repubblica di Napoli, di una combine per Samp-Napoli del 16

maggio 2010 chiamando in causa i compagni Paolo Cannavaro e Gianluca Grava.

L’ex terzo portiere, che forse ha millantato facendo il nome dei due titolari

con i quali potrebbe non aver mai parlato, sembra intenzionato a tornare in

Procura a Napoli (quella della Repubblica) magari per ritrattare le sue prime

dichiarazioni. I titolari della squadra, il capitano Paolo Cannavaro e Grava,

interrogati a Roma, hanno ribadito quanto affermato davanti ai magistrati di

Napoli, ossia che entrambi sono estranei e non hanno mai saputo nulla di

quella presunta combine.

All’ora di pranzo è arrivato anche Walter Mazzarri. L’allenatore del Napoli è

stato chiamato come persona informata dei fatti e non come incolpato. Non è

rimasto moltissimo con i procuratori Ricciardi e Laporta che lo hanno

interrogato. Quattro domande in tutto, sulle partite con la Samp e con l’Inter

e una precisa su Gianello. «Gianello è leggerino?», gli hanno domandato. Il

tecnico, subito ripartito per la Toscana in attesa, martedì, di cominciare il

ritiro del Napoli, ha ribadito quando già detto agli inquirenti napoletani.

«Sono venuto a dare il mio contributo ai giudici in un momento in cui c’è

bisogno di chiarezza - ha detto Mazzarri - come ho fatto l’altra volta, e con

grande serenità». A chi gli ha chiesto «ha paura di qualcosa?», Mazzarri ha

risposto puntuale: «Ma state scherzando?».

Intanto la Procura ha convocato per il 16 luglio Domenico Criscito, il

difensore dello Zenit che ha ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di

Cremona ed è stato escluso dalla nazionale di Prandelli.

___

CASO NAPOLI IERI L’AUDIZIONE SULLA PRESUNTA COMBINE TENTATA DUE ANNI FA NELLA PARTITA CONTRO LA SAMPDORIA

Giallo Gianello: non si fa vedere da Palazzi

L'avvocato: «Meglio che confermi tutto»

Negano Grava e Cannavaro

di VALERIO PICCIONI (GaSport 07-07-2012)

Doveva essere la sua giornata e invece è saltato tutto. Matteo Gianello è

rimasto a casa: ammalato. E così niente audizione presso la procura federale

diretta da Stefano Palazzi a Roma in una giornata in cui sono stati

interrogati proprio i giocatori, Paolo Cannavaro e Gianluca Grava, che il loro

ex compagno di squadra al Napoli ha tirato in ballo parlando del rifiuto del

tentativo di combine per addomesticare Samp-Napoli del 16 maggio 2010. E'

stato ascoltato anche Walter Mazzarri, ma «da persona informata dei fatti e

non da indagato» ha precisato il legale del Napoli, Mattia Grassani. L'ultimo

incontro è stato quello con Giuseppe Mascara, che ha dichiarato la sua

«assoluta estraneità» sui fatti raccontati sempre da Gianello ma per

Brescia-Catania.

Ritrattare? Quello di Gianello è un giallo. Non fa notizia il suo forfait di

ieri. Piuttosto il fatto che il giorno prima Gianello fosse atteso alla

procura di Napoli per un nuovo appuntamento, saltato per l'indisposizione. Si

è sparsa la voce che Gianello abbia chiesto l'incontro con gli inquirenti per

smontare, comunque ridimensionare il racconto pronunciato nel primo

interrogatorio. Una ritrattazione? Di certo Edoardo Chiacchio, il suo legale

«sportivo», e Vincenzo Maria Siniscalchi, il suo penalista, che ha depositato

alla procura di Napoli una memoria, sembrano avere posizioni differenti. Per

il primo non si può tornare indietro: «Consiglierò a Gianello di confermare

quanto dichiarato ai pm napoletani. Lui è davvero dispiaciuto, ha commesso una

leggerezza, l'obiettivo è ridurre al minimo le conseguenze per il Napoli che

rischia il deferimento per responsabilità oggettiva». Insomma, ci sarebbero

troppe circostanze per fare retromarcia. Le intercettazioni, ma anche la

testimonianza del poliziotto a cui il portiere confidò l'intervento di «gente

del nord» per Samp-Napoli.

Nessuna anomalia Grava, Cannavaro e Mazzarri sono stati categorici: non

solo nessuna combine, ma neanche nessun tentativo. Distinguo non ininfluente

perché naturalmente i due giocatori, anche nel caso di una proposta respinta

al mittente, rischierebbero l'omessa denuncia. «Ha risposto in assoluta

tranquillità su quanto già chiesto dalla Procura di Napoli. L'audizione si è

limitata a Sampdoria-Napoli», ha detto l'avvocato Ruggiero Malagnini

raccontando l'interrogatorio di Paolo Cannavaro. Grassani, legale del Napoli,

aveva invece accompagnato Mazzarri: «E' durato tutto meno di un'ora. E' stato

un confronto sereno su aspetti tutti già noti. Mazzarri ha risposto che non ci

fu nessuna anomalia nell'avvicinamento a quelle partite. I procuratori sono

rimasti molto soddisfatti delle risposte». «Tutto bene, è andato tutto bene.

Forza Napoli», ha detto invece il tecnico. Intanto una novità nel calendario

delle audizioni: lunedì 16, oltre a Bonucci e a Ranocchia, sarà sentito anche

Domenico Criscito.

-------

SCOMMESSE

Sorridono solo i club

Al Pescara tolto il -2

L'appello conferma quasi tutte le condanne per i giocatori

Sconti a Novara, Reggina, Monza (1 punto) e AlbinoLeffe (6)

Ridotta a un anno la squalifica di Nicco. Soltanto una multa per gli abruzzesi

di ROBERTO PELUCCHI (GaSport 07-07-2012)

La responsabilità oggettiva resterà un caposaldo della giustizia sportiva, non

sparirà come vorrebbe qualche presidente, ma dalla Corte di giustizia federale

arriva un messaggio ai naviganti molto chiaro: chi si trova a fare i conti con

calciatori «infedeli» non può pagare due volte. Il dispositivo della sentenza

del processo di appello sul calcioscommesse è una mano tesa alle società,

anche a futura memoria: quattro (Novara, AlbinoLeffe, Monza e Reggina) hanno

avuto ulteriormente sforbiciate le penalizzazioni, una (il Pescara) potrà

cominciare il campionato di A da zero, dopo che al suo calciatore Nicco è

stata derubricata l'imputazione, da illecito sportivo a omessa denuncia, così

come accaduto al d.s. Franco De Falco. Agli altri tesserati, anche quelli che

sembrava potessero sperare in un proscioglimento, confermate tutte le pene,

comprese le radiazioni di Cassano, Santoni, Sartor e Zamperini. Le

indiscrezioni circolate giovedì su una possibile cancellazione dell'ammenda

alla Samp per l'articolo 9 (associazione) di Bertani, invece, non hanno

trovato conferme.

Premiate Da questo secondo processo esce vincitore ancora una volta

l'avvocato Eduardo Chiacchio. Un anno fa era riuscito a portare il Benevento

da -14 (richiesta di Palazzi) a -2 (condanna definitiva del Tnas), adesso è

riuscito a fare avere all'AlbinoLeffe «solo» 9 punti di penalizzazione, dopo

una richiesta «monstre» di -27 e un pesante -15 in primo grado. Dimezzata

anche l'ammenda (45 mila euro). Un capolavoro, se si pensa che il club

bergamasco aveva 13 giocatori coinvolti e 9 gare combinate, e che prima del

processo davanti alla Disciplinare, Palazzi aveva proposto un patteggiamento

di 10 punti. E c'è ancora il Tnas... Anche il Novara ha visto premiata la

propria strategia difensiva. Penalizzazione dimezzata rispetto alle richieste

della Procura federale (da -6 a -3) e niente ammenda. L'avvocato del club,

Cesare Di Cintio, è stato bravo a far capire che il Novara aveva messo in atto

tutti i possibili strumenti per prevenire le combine e fatto in modo «che il

cancro non si diffondesse», come ha detto durante il dibattimento.

Associazione Sconto di un punto anche per Monza (da -5 a -4) e Reggina

(da -4 a -3), mentre potrà incominciare il campionato di A senza zavorre il

Pescara, che la Disciplinare aveva condannato al -2. In questo ha pesato la

riduzione della squalifica di Nicco, da 3 anni per illecito sportivo a un anno

per omessa denuncia. «Giustizia è stata fatta», ha commentato il presidente

Sebastiani. Doccia gelata per la Samp: dopo che il tribunale del Riesame di

Brescia aveva fatto cadere l'accusa di associazione per delinquere nei

confronti di Bertani, sembrava quasi scontato che cadesse anche l'associazione

sportiva (articolo 9), unico motivo per il quale la Samp era stata deferita.

Invece, è passata la linea di Palazzi, che non ritiene che le due cose

viaggino sullo stesso binario.

I tesserati Sono i veri sconfitti di questo appello. Se si fa eccezione per

Nicco e Franco De Falco, tutti i ricorsi sono stati respinti. Per De Falco, ex

d.s. del Piacenza, Palazzi aveva chiesto 4 anni e 6 mesi e la Disciplinare era

scesa a 3 anni e 9 mesi. Per la Corte, invece, non ha partecipato alla combine

di AlbinoLeffe-Piacenza del 20 dicembre 2010, ma era al corrente e non ha

denunciato. Omessa denuncia anche per Gianluca Nicco, e questa è una sorpresa

visto che era accusato direttamente da Gervasoni, uno dei pentiti-chiave

dell'inchiesta, per Piacenza-Pescara. E ancora più sorprendente se si pensa

che la stessa linea non è stata seguita per altri casi controversi (come

quelli di Ferrari, Fontana e Iacopino, solo per citare quelli che avevano

fatto emergere i maggiori dubbi durante il dibattimento), nei quali le accuse

di Gervasoni erano state «de relato» e/o non confermate da altri

«collaboratori». Ora non resta che attendere le motivazioni (a cavallo di

Ferragosto). Poi resterà il Tnas, ma con speranze di revisione ridotte al

lumicino.

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___

Il processo

Gianello ancora assente

ma il Napoli non rischia

L’Uefa conferma il club in Europa League

Solo un’ammenda se gli avvocati (troppi) indovinano la strategia. I dubbi dell’ex portiere

di ANTONIO CORBO (la Repubblica - Napoli 07-07-2012)

IL NAPOLI è entrato ieri nel ciclone dei processi sportivi al calcio truccato.

Dagli interrogatori di Mazzarri, Cannavaro, Grava e Mascara non emerge nulla

di nuovo: tutto rimane fermo al 30 maggio, alle 44 pagine della Procura di

Napoli, quando fu notificata la chiusura dell’inchiesta a Gianello. L’ex

portiere, personaggio chiave, unico indagato, ben lanciato verso il rinvio a

giudizio per frode sportiva, non si è presentato nella sede di via Po. Ma

atmosfera e indiscrezioni sono rassicuranti per il Napoli.

UNA informazione riservata supera le notizie del giorno. Risale ai campionati

europei. In un contatto tra dirigenti dell’Uefa e della Federcalcio fu

comunicato l’orientamento del presidente Michel Platini. Porte aperte

all’Europa League per Napoli e Lazio. I tempi non consentono modifiche ai

calendari. Le norme per l’ammissione prevedono l’esclusione di club puniti per

illecito sportivo. Nelle norme 2 e 3, fu ribadito in Polonia, l’Uefa si

riserva di «valutare la posizione dei club con la più ampia discrezionalità».

Precisazione ambigua. L’Uefa può glissare su una modesta condanna, ma anche

intervenire in seguito «se in successive indagini risultasse conclamata la

responsabilità del club». Non è il caso del Napoli. È finito nel processo

sportivo solo perché era nel giro delle scommesse Matteo Gianello, un suo

tesserato, personaggio irrilevante. Mazzarri lo definisce «elemento mediocre»,

«messo lì come terzo portiere», «un tipo leggero», che «si impegnava poco in

allenamento», «uno che ho trovato quando sono arrivato e con i dirigenti ho

deciso di escludere a fine campionato». La descrizione di Mazzarri, ascoltato

come testimone ieri, coincide con quella resa ai pm di Napoli. Mazzarri ha

dovuto chiarire meglio l’infelice spiegazione del pareggio del 15 maggio 2011,

utile sia al Napoli e all’Inter per l’ingresso in Champions. «Una legge non

scritta del calcio». Anche ieri l’allenatore toscano, sempre loquace, ha

parlato per un’ora.

La posizione del Napoli non solo è molto sfumata, quello azzurro è tra i club

danneggiati dai tesserati: le manovre tendevano a far perdere la partita. In

questo caso, la giustizia sportiva si mostra clemente nell’applicare

l’istituto della responsabilità oggettiva. Lo dimostrano i successi di Eduardo

Chiacchio, un avvocato napoletano, difensore anche di Gianello. Proprio

Chiacchio ha convinto i giudici federali sui danni derivanti alle società

dalle scommesse dei tesserati. Ha difeso l’Albinoleffe, riducendo la condanna

da 27 a 15 punti in primo grado, da 15 a 9 nel verdetto finale ieri,

nonostante 13 giocatori sotto accusa e 9 illeciti contestati.

Il Napoli è coinvolto in astratto solo per l’incontro con la Samp del 16

maggio 2010. Può cavarsela con un solo punto di penalizzazione e persino con

la sola ammenda: questa l’ipotesi emersa a Roma. Ma gli esperti indicano una

condizione: che sia indovinata la strategia dagli avvocati. Per il Napoli ed i

suoi tesserati ce ne sono forse troppi, e distanti. Non è un vantaggio. Il

Napoli si affida come sempre a Matteo Grassani, ma solo Mazzarri si è fatto

assistere ieri dal legale bolognese. Paolo Cannavaro è con Ruggiero Malagnini

di Nola, scelto dal suo procuratore Enrico Fedele. Per Mascara, l’avvocato

Giudice di Catania. Matteo Gianello ne ha due: in sede penale Vincenzo Maria

Siniscalchi, una celebrità, esperto di cinema, amico di De Laurentiis. In sede

sportiva, Eduardo Chiacchio. Giovedì era evidente la mancanza di contatti.

Siniscalchi aveva ottenuto un interrogatorio urgente in Procura, Gianello era

quindi atteso dal pm Antonello Ardituro con i colleghi Danilo De Simone e

Vincenzo Ranieri. Per un cambio di versione? Per smentire tutto e tentare di

sal- vare il Napoli? Ma non si è presentato. Chiacchio, che segue da sempre i

processi sportivi, consiglia di confermare la confessione resa in procura a

Napoli con tutti i riscontri. Gli basta per avere una squalifica lieve e

allenare tra un anno i portieri di squadre venete.

Gianello per ora tace. Ha inviato un certificato medico (colica renale) ai pm

di Napoli giovedì e ieri agli inquirenti federali. Tutto ruota intorno a lui,

quindi. Conferma o smentisce? Le carte dicono finora che prima di Samp-Napoli

avrebbe chiesto a Cannavaro e Grava la sconfitta, per conto di due

scommettitori, gli ex compagni del Chievo, Giusti e Cossato. Ricevendo un

netto rifiuto. Cannavaro e Grava hanno negato sia la proposta che il rifiuto

in Procura e ieri a Roma. Gianello, che era intercettato ed anche pedinato da

un poliziotto infiltrato nel giro del Napoli (G.V.) confermò il tentativo di

combine, dopo aver ascoltato in Procura la sua nitida telefonata ai presunti

complici. «Non ci stanno». Noiose queste coliche. Che dirà quando finalmente

sarà guarito?

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La prima rifondazione con i vecchi

di STEFANO OLIVARI dal blog GUERIN SPORTIVO.it 07-07-2012

Massimo Moratti sta proseguendo nel ridimensionamento dell’Inter, fra i

complimenti della maggior parte dei media (teorema enunciato più volte da

Silvio Berlusconi: le gente è tifosa, legge solo della sua squadra e accetta

solo articoli in positivo) e la soddisfazione di quelli che in teoria

sarebbero avversari ma che l’Inter della prossima stagione potrebbe vedere

solo con il binocolo. Solo adesso si sta capendo il senso dell’operazione

Stramaccioni, passato nel giro di pochi settimane da traghettatore a uomo

della Provvidenza (e senza nemmeno grandi risultati), in luogo dell’ingaggio

di un Villas Boas che avrebbe preteso ben altro mercato e che soprattutto non

avrebbe più voluto vedere nessuna delle anziane facce che di fatto stanno

gestendo tecnicamente l’Inter condizionando scelte grandi e piccole. Cambiasso,

Zanetti, Samuel, Milito: una piccola e vecchia Argentina che ha creato un

asse con Stramaccioni favorendo l’arrivo di Palacio e Silvestre, oltre che la

permanenza di Alvarez. Assurdo analizzare tutto in chiave nazionalistica, ma

la cronaca dice che Lucio è sta accompagnato alla porta, così come Julio

Cesar. Sulla rampa di lancio anche Stankovic e probabilmente Maicon,

all’ultimo giro buono per incassare soldi. Un po’ di saluti freddi, qualche

giovane buttato lì tanto per raccattare complimenti (non si sbaglia mai, con i

‘gggiovani’), strategie che non vanno oltre la pura sopravvivenza. L’idea di

base è che il livello della serie A sia sceso a livelli penosi e che anche

questa Inter né carne né pesce potrebbe arrivare terza. La premessa è giusta,

ma di sicuro le distanze con Juventus e Milan non sono state ridotte. Come si

può spiegare tutto questo? Con meno soldi e la mancanza di chiarezza nel

dichiararlo. Così servono punti di riferimento e capri espiatori già serviti.

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La spina dei campioni - Il calcioscommesse

Conte tiene la Juve in ansia

Abbate & Splendore -Corsport 07-06-2012

Ha la pelle bianconera: «Salvate il soldato Conte», urla la Juve. Ora è generale, Antoniocapitano s’è conquistato i gradi. Con un’ascesa vertiginosa, meritata, imprevista. La Juve è appena riemersa dalle ceneri, graziata dal dono di Pirlo, resuscitata dalle stigmate di Conte. Forse neppure lui, solo un’ipotesi d’allenatore la scorsa estate, pensava di poter essere il Messia. Senza proclami o strepiti, ha riportato sulla soglia di Torino la parola Vincerò con un grosso punto interrogativo. Si sa mai che piova. E son piovute vittorie, uno scudetto. Ora però diluvia sulla sua testa.

LE ACCUSE – Non è contemplato dalla giustizia, ma Conte non è certo un delinquente. Ed eventuali accuse sono tutte da provare. Il Superpentito Carobbio è il solo ad averlo coinvolto nella combine con il Novara (2-2, 3-4-2011): «Ci fu un accordo per far finire la gara in parità, in effetti ne parlammo anche durante la riunione tecnica e quindi eravamo tutti consapevoli del risultato concordato, soprattutto al fine di comportarsi di conseguenza durante la gara; lo stesso allenatore, Antonio Conte, ci rappresentò che potevamo stare tranquilli in quanto avevamo raggiunto l’accordo con il Novara per il pari». Sul secondo match “truccato”, quello tra Siena e AlbinoLeffe (8-1-2011), ancora Carobbio: «Preciso che in settimana si parlò molto in società, alla fine fummo tutti d’accordo, squadra e allenatore, di lasciare il risultato all’AlbinoLeffe». Né Terzi, né Ficagna, Vitiello o i dirigenti del Siena confermano. Ma Carobbio è considerato teste affidabile a Cremona. E se fosse creduto anche dai federali, Conte rischierebbe più dell’anno di squalifica per omessa denuncia.

L’UDIENZA – Ora Conte dovrà dimostrare la sua innocenza: Palazzi lo andrà a trovare – è quasi certo – in ritiro a Chatillon il 13 luglio. Nella tana bianconera sono in ansia anche per Buffon, Bonucci, Quagliarella e Pepe: solo quest’ultimo è stato già ascoltato dalla Procura Federale. La squadra che rappresenta un intero Paese, la nazionale, e la società più amata, la Juventus che pure non c´entra niente, come simboli di una ferita profondissima. Il presidente Agnelli si stringe con i suoi Campioni d’Italia e con l’allenatore, ha messo in moto un formidabile apparato legale: questa volta, c´è da risolvere un problema più grande dello scudetto di cartone di Moratti. Non bussate alla Vecchia Signora, non aprite quella porta.

La Juve non lo dice apertamente. Anzi, ha fatto di più attraverso il suo presidente, Andrea Agnelli, che ha sempre detto «Conte è e sarà l’allenatore della Juventus», dando per assoluto il presupposto incrollabile dell’innocenza. Ma in realtà attorno alla guida tecnica della squadra ci sono più di un ragionamento e di una riflessione.

SQUALIFICA DI TRE-QUATTRO MESI – Qualche mal di pancia, anche discretamente forte in seno alla proprietà, uno stop breve lo genererebbe comunque. Ma sembra che alla fine Antonio Conte potrebbe restare al suo posto. In panchina andrebbe Alessio, lui lavorerebbe dietro le quinte presumibilmente fino a novembre se le sentenze uscissero ad agosto. Attenzione, non che la cosa andrebbe proprio a genio alla proprietà, questo giova ripeterlo. John Elkann avrebbe già consigliato al cugino presidente di rinunciare al suo allenatore di fronte ad una squalifica. Il minimo, però, consentirebbe ad Andrea Agnelli di provare a farlo recedere da propositi netti. Con buona possibilità di riuscirci.

SQUALIFICA PIU’ LUNGA - Di fronte ad uno stop più lungo a quel punto la dicotomia dialettica emersa in casa Juve difficilmente lascerebbe spazio alla linea Agnelli e vedrebbe prevalere l’assolutismo di Elkann. E a quel punto? Non è un mistero che in casa Juve serpeggi non da oggi una suggestione-Prandelli che potrebbe rinfolocarsi. Certo, molto difficile dopo i dubbi dell’Europeo fugati con un sì ripetuto davanti al Presidente della Repubblica che ha anche aggiunto: «Fosse andato via mi sarei arrabbiato». Ma se qualcosa clamorosamente cambiasse, certo non sarebbe Napolitano, impegnato in ben altre questioni riferite al Paese, a tornare sull’argomento. Anche l’altra strada porta ad un ritorno, un doppio ritorno, da ex giocatore e tecnico bianconero: parliamo di Capello, coinvolto anche per la successione sulla panchina della Russia. Certo la Juve sarebbe una bellissima sfida. Una delle poche che riaccetterebbe in Italia.

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Gasport 7 luglio 2012

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Modificato da huskylover

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SportEconomy.it

18:04 - sabato 07 luglio 2012

Editoriale/Calcioscommesse:

Fontana: se questo è un colpevole...

Nella giornata di ieri la giustizia sportiva italiana ha dato il peggio di sè:

edulcorando le penalizzazioni previste per molti club e andando giù con

la mannaia (non valutando caso per caso, come avrebbe dovuto fare) sul

fronte dei calciatori presunti colpevoli. Questa "linea dura" che sa tanto

di scelta politica, più che di analisi ragionata dei diversi casi, oltre ad

essere sbagliata tecnicamente sta creando una serie di errori giudiziari.

Il caso più eclatante in tal senso è quello del secondo portiere del Novara

calcio, Alberto Fontana, reo solo di essere stato convocato per difendere la

porta del suo club in una partita di Coppa Italia con il Chievo Verona.

Una gara finita nella lista dei match sottoposti ad indagine da parte della

procura di Cremona, che, da tempo, ascolta, nemmeno fosse un "oracolo",

solo ciò che esce dalla bocca del pentito Gervasoni. Un "pentito" che ha

un suo teorema: nelle partite indagate non può non esserci il portiere. E

così anche il povero Alberto Fontana, utilizzato in quella partita "maledetta",

insieme alla seconde linee della società piemontese, è finito tra i deferiti

della procura federale.

E' bastato essere convocato per finire nel tritacarne mediatico di New Last

Bet (l'ultima indagine collegata a calcioscommesse). Se avesse avuto un

raffreddore o fosse stato infortunato oggi Fontana sarebbe già in ritiro con i

suoi compagni. Questa è la realtà. E' il classico esempio di "uomo sbagliato

nel posto sbagliato". Uno sliding doors dal profumo calcistico, che dà il

senso, però, di quanto la sorte o il destino può decidere il presente o futuro

di un uomo.

Il numero uno del club piemontese si è difeso come un leone durante l'appello,

scegliendo autonomamente di rilasciare una dichiarazione spontanea,

mettendoci la faccia, non avendo il timore di guardare dritto negli occhi chi

l'avrebbe giudicato nuovamente colpevole.

Il caso in esame ci deve far riflettere anche su quello che è il senso della

giustizia in questo Paese. La giustizia non può avere una direzione "politica"

(come può apparire dalle decisioni prese nella giornata di ieri), non può

avere una chiave di lettura colpevolista (come in questo preciso momento

storico) o innocentista a priori. Deve essere certa e deve dare a tutti la

possibilità di difendersi e di dimostrare di essere innocente. Alberto Fontana

è sicuramente innocente. E' sufficiente risentire la sua dichiarazione ai

giudici, leggere le carte dell'avvocato (Davide Gatti) o l'intervista che

ripubblichiamo come agenzia.

E' sufficiente avere il coraggio di assolvere una persona che non ha fatto

nulla se non quello di rispondere, come dovuto, a una convocazione del proprio

club. Se fossi stato tesserato del Novara e avessi risposto alla convocazione

adesso anche il sottoscritto sarebbe indagato e costretto a difendersi.

Gervasoni ha la responsabilità di aver tirato in ballo persone che nemmeno ha

conosciuto (come nel caso di Rijat Shala, seguito giornalisticamente come caso

proprio da questa agenzia, e assolto in 1° grado). Ma mi spingo a dire che, se

per un'atmosfera da "caccia alle streghe", si dovesse arrivare a condannare

davanti al TNAS Alberto Fontana (solo perchè Gervasoni oggi viene ritenuto

credibile) allora ci troveremmo veramente in un Paese NON democratico e poco

credibile come l'intero sistema calcio tricolore.

Modificato da Ghost Dog

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Un paio d'ore fa c'era Mensurati a Radio 1 a parlare di Giustizia Sportiva e Calcioscommesse e per promuovere il suo libro scritto a 4 mani con Giuliano Foschini.

Inutile raccontare quel che ha detto ma la "chicca" è quando ha detto che in Italia le squadre di calcio sono intoccabili perchè quando si toccano persino stimati professionisti diventano "deliranti". Immancabile l'accenno alle minacce ricevute da Bari.

Orbene, il Sig. Mensurati forse si è ricordato di un mio (ma sono sicuro di quelli di tanti altri che non guardano i giornalisti italiani come l'oracolo di Delfi ma come della gente che nella classifica della libertà di stampa viene dopo anche giornalisti di regimi autoritari africani) "delirio" firmato con nome cognome e indirizzo in cui semplicemente gli facevo l'elenco delle puttanate scritte e dette (da lui) in questi anni e lo chiamavo associato della mafia mediatica.

Non ho ricevuto risposta nel merito.

Povera Italia. Questo signore ha il palcoscenico senza contraddittorio per dare del delirante a chi gli elenca le falsità che dice.

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Ancora un titolo del Corsport su Conte e sui tifosi divisi pro e contro Conte.

Si gioca con il futuro della Juventus e si tenta di affossarla.

SARA' GUERRA E MOLTI SI FARANNO MALE SUL SERIO!

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Ancora un titolo del Corsport su Conte e sui tifosi divisi pro e contro Conte.

Si gioca con il futuro della Juventus e si tenta di affossarla.

SARA' GUERRA E MOLTI SI FARANNO MALE SUL SERIO!

Di quali tifosi parli, di quelli della Juve?

Ci sono tifosi juventini che sono contro Conte? O almeno questi giornalai pensano ci siano?

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Di quali tifosi parli, di quelli della Juve?

Ci sono tifosi juventini che sono contro Conte? O almeno questi giornalai pensano ci siano?

Questo si arguisce dal titolo del Corriere.

E' un gioco a dividere e logorare.

La Juventus ha di nuovo forza in campo e fuori e bisogna distruggerla adesso che sta per aprire un ciclo.

L'obiettivo è chiaro.

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Questo si arguisce dal titolo del Corriere.

E' un gioco a dividere e logorare.

La Juventus ha di nuovo forza in campo e fuori e bisogna distruggerla adesso che sta per aprire un ciclo.

L'obiettivo è chiaro.

OK, ho visto.

Questi, secondo me, hanno una tattica ben precisa: colpire chirurgicamente la Juve nei suoi punti di forza.

Nel 2006 non bastava mandare la squadra in serie B pur con la penalizzazione ma bisognava neutralizzare definitivamente i suoi punti di forza: Moggi e Giraudo. E così fu.

Ora è chiaro che se abbiamo vinto lo scudetto, se siamo tornati competitivi in Italia e in Europa (competitivi vuole dire che non lascia spazio ai nerazzurri di Milano) lo dobbiamo all'allenatore. E' Conte il deus ex machina della resurrezione, senza di lui staremmo ancora al sesto-settimo posto, senza gioco e senza futuro.

E allora devono colpire Conte.

Se ci sono state delle combine non si dovevano coinvolgere gli allenatori? Ci si può mettere d'accordo senza passare dagli allenatori?

Io sono convinto di no.

Quanti sono gli allenatori passibili di squalifica? Solo Conte.

Mazzarri è stato ascoltato, ma Il Mattino ha precisato subito che era andato solo per chiarire, non dovevamo pensare di coinvolgerlo.

Stanno martellando i maroni solo a Conte.

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CALCIOSCOMMESSE INDAGATO A CREMONA, SARÀ INTERROGATO IL 13 DAL PROCURATORE FEDERALE PER IL PROCESSO SPORTIVO

Conte in trasferta: venerdì sentito a Roma

Il tecnico decide di saltare un giorno di ritiro: chiaro segnale di rispetto verso Palazzi

La linea difensiva mira a evidenziare le incongruenze nelle dichiarazioni di Carobbio

di FRANCESCO CENITI (GaSport 08-07-2011)

Si svolgerà a Roma l'audizione di Antonio Conte: il tecnico della Juve è

atteso dal procuratore Stefano Palazzi il prossimo venerdì, alle 15,

nell'ambito dell'inchiesta sul calcioscommesse. Il filone è quello di Cremona

e l'allenatore è stato chiamato in causa dal pentito Carobbio (arrestato lo

scorso 19 dicembre) per due gare del campionato di B con il Siena (Novara e

AlbinoLeffe), promosso in A proprio con Conte in panchina. La scelta di

presentarsi nella capitale nonostante il contemporaneo ritiro dei bianconeri

(appuntamento giovedì a Chatillon, in Valle d'Aosta) è stata presa dal tecnico

d'accordo con i suoi avvocati, Antonio De Rensis e Luigi Chiappero. Il motivo?

Un chiaro segnale di rispetto nei confronti degli inquirenti che stanno

svolgendo un lavoro importante per fronteggiare un fenomeno pericoloso come

scommesse illecite e combine. Ecco perché pur andando incontro a un disagio

(saltare il secondo giorno della preparazione), Conte scenderà a Roma. E la

difesa potrà ribattere ad accuse e illazioni e scoprire carte che potrebbero

riservare sorprese.

Partita aperta I legali dell'allenatore, infatti, nelle ultime settimane non

sono rimasti a guardare. Da quando la Procura di Cremona ha ufficializzato

l'iscrizione di Conte nel registro degli indagati, è iniziato il lavoro per

studiare nei minimi particolari gli atti e le accuse. Dopo un paio di contatti

con il pm di Martino (anche questi nel pieno rispetto dei ruoli e con la

massima fiducia nella magistratura), le attenzioni si sono spostate sul

procedimento sportivo. Conte ha sempre ribadito con forza la propria

estraneità a ogni illecito, ma lo stesso tecnico è consapevole che potrebbe

non bastare la sua parola a smontare lo scenario descritto da Carobbio per

Novara-Siena (il tecnico, secondo l'ex centrocampista, il giorno prima della

sfida avrebbe parlato dell'accordo per un pari nella riunione tecnica davanti

a tutta la squadra) ed evitare il deferimento. Ecco che gli avvocati

potrebbero aver architettato la difesa in modo diverso da quello fatto finora

dagli altri tesserati chiamati in causa dai pentiti. La linea impostata

prevederebbe di non puntare a contrastare Carobbio (che guarda caso sarà

riascoltato dopodomani dalla Procura) contestandone l'attendibilità in linea

di principio o sulla mancanza di altri riscontri, ma lavorando proprio su

quelle accuse e mettendo in evidenza le diverse incongruenze. Insomma, far

cadere gli addebiti presentando prove e fatti precisi, non il classico «Non

c'entro nulla: è la mia parola contro quella di Carobbio». Quest'ultimo

canovaccio nei processi ha portato spesso alla condanna degli imputati.

Scenari Venerdì, dunque, ci sarà un confronto aperto e leale con gli

inquirenti. Confronto ancora difficile da decifrare fino a quando non saranno

scoperte tutte le carte (fermo restando che Conte respingerà qualsiasi

addebito sulle combine). Ecco perché al momento un'ipotesi di patteggiamento

poggia sull'acqua. Solo dopo l'audizione si capirà se davvero accusa e difesa

troveranno un punto d'incontro.

___

Il caso Conte

spacca i tifosi

Il nostro sondaggio: metà dei sostenitori bianconeri vuole un nuovo tecnico in caso di squalifica

Lui attende con serenità l’audizione di venerdì prossimo presso la Procura federale a Roma

Ma inevitabilmente circolano le voci su possibili soluzioni ad alto livello: Capello o Prandelli

di ANTONIO BARILLÀ (CorSport 08-07-2012)

TORINO - Spiccioli di vacanze marchigiane. Antonio Conte è pronto a

ricomiciare. Giovedì la sua Juve si radunerà a Chatillon con la

Supercoppa dietro l'angolo, lo scudetto da difendere e la Champions da

rivivere dopo un paio di stagioni. E' la sua squadra, sono i suoi

risultati: progetta un ciclo e non considera null'altro.

TESTIMONIANZE - Il famoso piano B, che la Juve nega e le

indiscrezioni diffondono, non è una preoccupazione né una ferita.

Semplicemente non è, perché Conte che si sente tranquillo. «So quello

che ho fatto» ha dichiarato a Chi, in un'intervista sotto l'ombrellone,

pur faticando a nascondere l'amarezza per essere stato risucchiato in

una storiaccia dalle parole d'un suo ex calciatore ai tempi del Siena:

adesso lo ribadisce agli amici più cari e lo scrive nella memoria

difensiva. Erano in tanti, quando, secondo il pentito, Conte parlò

d'un risultato aggiustato: nessuno dei presenti, sin qui ascoltati, ha

confermato, e i legali produrranno altre testimonianze, tutte

d'identico tenore.

PROCURA - «Antonio non patteggerà, perché gli innocenti non

patteggiano» ripete chi gli sta accanto, mentre lui non vede l'ora di

poter chiarire. In primo luogo davanti alla Procura federale che lo

interrogherà venerdì a Chatillon, appena un giorno dopo l'inizio del

ritiro. Si potrebbe discutere sull'opportunità della data, bisbiglia

qualcuno nell'ambiente bianconero, ma prevale la voglia di esprimere

il proprio punto di vista e dimostrare la propria estraneità. Non è

piacevole, anche se la coscienza è a posto, vivere una situazione

simile, l'allenatore però si sforza di tirar dritto, forte

dell'appoggio del presidente Andrea Agnelli che il 28 maggio, giorno

della perquisizione nell'abitazione torinese, volle affiancarlo in

conferenza stampa per ribadire la fiducia della Juve.

PERIODO - L'ansia, attorno al tecnico, aspettando le sentenze

serpeggia comunque. E circolano i nomi di Cesare Prandelli e Fabio

Capello. Bianconeri di ieri candidati a rilevare la panchina in caso

di lunga squalifica, un'ipotesi da considerare benché respinta da

Conte nella consapevolezza d'essere estraneo ai fatti. Perché se mai

dovesse accadere, la Juve non può affacciarsi in Europa con un

allenatore squalificato... pochi mesi va bene, avanti con Angelo

Alessio aspettando il ritorno, ma in caso contrario come si fa?

Questione di etica e di opportunità, in fondo tecnicamente si può

fronteggiare anche un lungo periodo.

SPIRAGLI - Lui non ci bada. Non comprende e non accetta le

indiscrezioni: ripete che non c'è un riscontro, che non ha fatto

niente, che è finito dentro il calderone in seguito al racconto d'un

solo calciatore. Riaffiorano le parole del presidente e quelle di

Beppe Marotta, i sospetti di strumentalizzazione legati alla

visibilità, la solidarietà dimostrata più volte e minata solo dal

rischio di una squalifica consistente: quella che a pochi giorni dal

ritiro lascia spiragli per una successione clamorosa, per altro non

condivisa da quasi metà degli sportivi sensibili al caso.

CONSOLAZIONE - Già, perché il sondaggio del notro sito internet («La

Juventus deve cambiare allenatore in caso di lunga squalifica di

Conte?») spacca letteralmente i votanti: è d'accordo infatti il 50, 6

per cento, ma il 49, 4 per cento dice no. Non è solo questione

d'affetto e riconoscenza da parte dei cuori bianconeri, ma di fiducia

in un allenatore che deve difendersi da un'accusa isolata. Una

consolazione in un momento complicato. Dal punto di vista del tecnico,

più che per le ombre di Capello e Prandelli, per il fatto di sentirsi

innocente eppure costretto a tirarsi fuori dagli impicci.

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Zeman insiste:

«La Juve ha 30 scudetti?

Credo che già 28 siano troppi»

di GIANLUCA PIACENTINI (CorSera 08-07-2012)

RISCONE DI BRUNICO — Se fosse dipeso da lui, il problema della terza stella

della Juventus non sarebbe nemmeno sorto e non si sarebbero passati alcuni

mesi a discuterne. Perché per Zdenek Zeman gli scudetti conquistati

«regolarmente» dalla formazione bianconera sono ancora meno dei 28 che

gli sono stati riconosciuti. Il tecnico giallorosso lo ha ribadito ieri in

conferenza stampa dal ritiro di Riscone di Brunico. «Per me — le sue parole —

gli scudetti della Juventus sono tanti quanti le sono stati assegnati». Niente

di strano, verrebbe da dire. Una posizione condivisa da buona parte degli

sportivi italiani, esclusi gli juventini ovviamente. La frase però non è

completa, rimane a mezz'aria e solo dopo la stoccata finale se ne può cogliere

completamente il senso. «Certo che se poi leggo qualche dichiarazione o

qualche libro, qualcosa è stata scritta. Credo che già 28 siano troppi». Il

sorriso dipinto sulla bocca, segno inconfondibile della consueta ironia del

boemo, non riesce ad attenuare il peso delle sue parole, destinate a sollevare

altre polemiche. Non certo le prime con la società bianconera. È infatti una

partita infinita quella tra l'attuale allenatore della Roma e la Juventus,

cominciata nell'estate di 14 anni fa quando Zeman parlò per la prima volta di

doping nel calcio e tirò in ballo Alessandro Del Piero e Gianluca Vialli,

puntando il dito contro i loro muscoli, a suo dire cresciuti in maniera

innaturale. «Il calcio italiano deve uscire dalle farmacie e dagli uffici

finanziari», fu la frase che contribuì a scatenare uno degli scandali più

grossi del calcio italiano e che diede il via a un processo per doping che

coinvolse la società bianconera. Ieri a Riscone è andato in scena l'ennesimo

capitolo del match infinito, che tra poco più di un mese di trasferirà in

mezzo al campo dove la Roma dovrà cercare di recuperare il gap con i

campioni d'Italia. «Io voglio competere per fare risultato, poi gli avversari

si possono chiamare Juventus, Milan o Pescara. Bisogna vedere dove si arriva

masi parte tutti alla pari. Sarà una stagione in cui ci saranno gioie e dolori,

la mia speranza è che le gioie siano di più». Battere la Juventus, in questo

senso, avrebbe una volta di più un sapore speciale.

___

c’eravamo tanto odiati

Guerra scoppiata nel '98

con i muscoli bianconeri

di ALESSANDRO CATAPANO (GaSport 08-07-2011)

Quattordici anni dopo, siamo tutti più vecchi e, forse, pure un po' stufi.

Sarà per questo che la polemica a distanza con la Juventus oggi risulta

ridondante. Anche a Zeman, probabilmente. «Mi fate sempre la stessa

domanda...». Stavolta, è sul numero degli scudetti: 28 o 30? «Per me quelli

che le sono stati assegnati sono pure troppi». La considerazione solletica gli

umori dei romanisti. Ma stavolta lì si ferma, anche perché l'argomento è trito

e ritrito.

Farmaci, muscoli, politica Quattordici anni fa, invece, le dichiarazioni del

boemo sulle farmacie nel calcio ebbero ben altra eco. La questione era inedita

e scottante. E mai prima di allora un uomo dentro il Sistema aveva osato

tanto. Scatenarono un terremoto mediatico, polemiche che sarebbero continuate

per anni, soprattutto provocarono l'intervento della magistratura, audizioni e

indagini che sarebbero sfociati in un processo penale fino alla Cassazione che

nel 2007 ha assolto per prescrizione, pur ritenendo provato l'abuso nella

somministrazione di farmaci ai calciatori della Juventus, cioè esattamente

quanto aveva denunciato Zeman dal ritiro di Predazzo e in un'intervista

all'Espresso del 7 agosto 1998. Nella quale, ad onor del vero, il piatto forte

erano state le perplessità dell'allenatore romanista sui muscoli di Vialli e

Del Piero. «Pensavo che certi risultati si ottenessero solo con il culturismo

— disse Zeman —. Il calcio è altro, almeno il mio...». Frasi che provocarono

uno scontro politico senza precedenti. Il primo Roma-Juventus, qualche mese

dopo, fu un delirio, in campo e nello spogliatoio: nell'intervallo Ferrara e

Conte tentarono di mettere le mani addosso a Zeman, i giallorossi si imposero

2-0.

Di nuovo in pista Nella sua crociata il boemo fu dapprima sostenuto, poi

scaricato da Franco Sensi. Una cosa gli va riconosciuta: con quelle denunce il

tecnico boemo ci ha soltanto rimesso. E se da allora — come gli ricordano

puntualmente i suoi detrattori —, non ha vinto nulla di importante, forse non

è solo per demeriti suoi. Calciopoli nel 2006 è stata la sua grande rivincita.

«Si è dimostrato che il calcio non era sano». Ma non è servita a riabilitarlo

tecnicamente. Si è rimesso in pista solo quest'anno, a Pescara. Ora la Roma

gli dà la chance di far parlare solo il campo. Magari con qualche divagazione,

ogni tanto.

___

LA POLEMICA

Zeman tira al bersaglio Juve

«Ventotto scudetti sono troppi»

di PIERO MEI (Il Messaggero 08-07-2012)

ZEMAN va subito all’attacco, e sennò che Zeman sarebbe? Così, per dirne una,

a richiesta sulla terza stella della Juve, quella poi tradotta con la semplice

scritta «30 sul campo » che ha fatto ironizzare il web («ma non erano 14 in

campo, 11 giocatori, un arbitro e due guardalinee?» battuta più feroce degli

oltre 100 aces di Serena Williams a Wimbledon) ha riposto: «Gli scudetti sono

quelli assegnati, cioè 28; poi, se leggo dichiarazioni e libri, sono anche di

meno».

Lo ha detto con quella lentezza e quelle pause che tiene solo per sé e

che sono l’esatto contrario di quello che vorrebbe dai suoi giocatori: perché

il calcio lento non è il suo genere, e la pausa non è nemmeno quella del fumo

di una sigaretta, essendo una ciminiera continua. Lo ha detto con quell’aria

di star declinando un aforisma di quelli da citazione, perché Zeman è così,

e niente lo ha cambiato, né le disavventure di prima, pure in terra straniera,

né la meravigliosa avventura di Pescara, quando ha trasformato postadolescenti

in campioni che perfino il povero mercato dei nostri giorni rincorre

proponendo cifre d’altri tempi.

È già lo Zeman che piace ai più: non parlate di progetto in questa stagione

giallorossa che sta per ripartire, perché la parola è bandita dal vocabolario

romanista dopo il campionato spagnolo, che però spagnoli non ha avuto

i risultati. È «la mano del boemo», così spesso cantata a quei tempi: che

è anche la mano dell’ironia che affonda nella verità. Perché mica ci sono

stati soltanto gli scudetti della Juve, dei quali si è perso il conto giacché

dipende da come li si consideri: c’è stata quella che se non volevamo lavorare

andavamo al villaggio turistico, e anche quella che conta i minuti della

partita, quelli del campione con la palla al piede e si domanda cosa fa in

tutti gli altri minuti. E via «zemanando». La premessa è dunque una promessa:

quella che la Roma che verrà sarà divertente e divertita, seria e impegnata,

piena di giovanotti che sono alla loro prima occasione guidati da Zeman che è

forse all’ultima.

In questo calcio che ha visto l’Italia di Prandelli far di nuovo innamorare

di sé, con l’idea di proporre un gioco (perché il calcio deve essere un gioco,

non un bilancio economico perfino truccato, una scommessa forse taroccata,

una sperimentazione farmaceutica probabilmente pericolosa nei suoi effetti a

medio e lungo termine), la Roma di Zeman ci sta bene. Il risultato è garantito:

non quello «sul campo», come i famosi scudetti della Juve, ma quello nel

piacere di ritrovare lo sport che ha affascinato tutti quando il pallone balzava

in un cortile, e continua pure nelle scuole calcio. Lo sport che ci dà pure

la possibilità di guardare a un’Italia nuova, multietnica, rispettosa delle

regole e degli interlocutori, che siano amici o avversari. Zeman lo sa. E lo

fa, con il sorriso che magari non mostra. Gli scudetti con il ringhio non sono

un gran successo.

___

Passeggiando col Boemo

di TONINO CAGNUCCI Vincitore del Premio lirico "Aho', semo i

tifosi più tifosi del mondo" 2012 (IL ROMANISTA 08-07-2012)

Il quesito è uno: meglio la risposta sul numero degli scudetti della Juventus

o il coro dei tifosi sulle note di Dalla: “a modo mio Zdenek Zeman come Padre

Pio”? Di blasfemo c’è solo la richiesta della stella. Quelle qui a Riscone di

Brunico non le guarda nessuno perché con Zeman gli slogan non funzionano

e perché qui ci sono soprattutto giornate lunghe di nuvole e sole, ieri più di

sole finalmente. Pieno, ha brillato attorno a mezzogiorno quando è spuntato il

Boemo in conferenza stampa. Albe e tramonti a go-go. Svisate. Qualche

aurora boreale. E il Maestro è stato al centro del suo sistema dialettico come

sa esserlo soprattutto lui: pause, silenzi masticati, sguardo fisso e sottile

persino più delle labbra strette, smorfiette, dicendo a mo’ di mozzicone di

sigarette, normalmente tutto, cose semplici, anche banali, ma altre profonde,

alcune eccezionali. Con nonchalance perché si vede che c’è la preparazione

(è sempre figlio del Circolo Linguistico di Praga).

La conferenza stampa di Zdenek Zeman 7 luglio 2012 è stata un’intera

giornata a Riscone, iniziata con un Villaggio Vacanza e finita con una

lunga passeggiata nei boschi. In mezzo il mazzo che gli fa, altroché, ai giocatori

e alle attese. In questo arco di tempo concetti che andrebbero messi nei

programmi di educazione civica o che starebbero bene in qualche canzone

di Gaber per i bambini: “La differenza fra i giocatori non la fa chi costa di

più” non solo perché le parole sono importanti (“non conosco la definizione di

top player”) ma per quello che racconta questa semplice asserzione: una

visione, un mondo, in cui si crede nel lavoro e nella forza dell’idea, non al

denaro, in cui si crede negli uomini e quindi nella loro organizzazione e

preparazione (“credo sia tutto”). Zdenek Zeman continua a essere un manifesto

politico della politica quand’era politica, soprattutto quando semplicemente

racconta di come le partite inizino sempre dallo zero a zero, di come anche i

campionati inizino con uno zero a zero (forse questa è stata la cosa più

preziosa e delicata, trovando il modo di citare il Pescara vicino a Juventus e

Milan) di come solo i ruoli siano necessariamente definiti, non le gerarchie,

non i giocatori che li dovranno interpretare. Altro che quella corinthiana

(forse è anche per questo che il Boemo ieri ha espresso una predilezione

spiccata per Dodò che arriva da lì) questa è la democrazia boema. Perché

come al solito non sono parole, ma verità, cose, nomi, animali e città. Esempi.

Un Esempio? L’esempio: Francesco Totti. Ieri a quattro minuti dalla fine della

seconda seduta pomeridiana il Capitano stava per rientrare negli spogliatoi

prima del tempo, Zeman lo ha richiamato per farlo andare a fare stretching

insieme agli altri, anche prima aveva fatto la stessa cosa nell’esecuzione di

un esercizio. Prima e dopo ci ha scherzato, e qui oltre alla democrazia, c’è

anche la psicologia (viene sempre dalla terra di Freud). Una

collettivizzazione del lavoro raccontata e contemporaneamente applicata. Che

va al popolo. E per questo il popolo va a lui. Ieri mattina a un certo punto è

partito un lungo applauso verso di lui che stava sulla linea di centrocampo a

guardare la linea della sua squadra, di fatto è stato il primo lungo e

collettivo applauso dei tifosi della Roma verso Zeman. Perché loro lo sanno

meglio di altri che di Zeman ce n’è uno. Come di 28 (che è pure troppo).

___

LA REPLICA DI UN EX BIANCONERO

Tacchinardi

«E’ prevenuto

I titoli sono 30»

di ANTONIO BARILLÀ (CorSport 08-07-2012)

TORINO - Alessio Tacchinardi, bianconero ai tempi delle accuse sul

doping: Zdenek Zeman attacca ancora la Juve, stavolta sul numero degli

scudetti. . .

«Preferisco non replicare: significherebbe scivolare nella polemica. Dico

soltanto che per me, sul campo, sono trenta e che il presidente Agnelli fa

benissimo a portare avanti la battaglia. Questa è la mia opinione,

l’allenatore della Roma ha la sua».

Dal terreno di gioco, è l’unica prospettiva: non c’è calciatore

passato da Torino che intravveda un’ombra, anche minuscola. . .

«Chi si è allenato duramente e ha lottato ogni domenica sa che i campionati

sono stati vinti con merito e sudore. Se mi dicono che ci aiutavano gli

arbitri, e la battutina qualcuno inevitabilmente la fa, io ribatto che non è

mai successo: da fuori c’è chi è prevenuto e guarda anche una punizione nitida

con sospetto, da dentro sappiano di esserci battuti alla morte e di aver vinto

solo con le nostre forze. Se avessi un minimo dubbio, credetemi, lo direi,

perché amo vincere, ma vincere pulito: non ci sono mai stati favori pilotati,

al massimo sudditanza psicologica, ma quella ci sarà sempre e vale per tutte

le grandi squadre».

Antonio Conte, già suo capitano, sostiene che chi vince è

antipatico. . .

«E’ la verità. E questa Juve diventerà antipaticissima. Nessuno dice che

vincevamo perché andavamo a letto presto la sera o davamo il ducento per cento

negli allenamenti settimanali: più facili le dietrologie. Chi vince dà

fastidio e anche questo vale per tutti, anche se la Juve ha la particolarità

di essere amata o odiata senza vie di mezzo: qualche anno fa era comunque

simpatica, mentre era malvista l’Inter di José Mourinho, adesso è tornata

antipatica e lo sarà sempre di più perché è una corazzata».

___

Il Giornale 08-07-2012

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Inchiesta

La grande truffa

del pallone

Lo sport più popolare del mondo è anche il più corrotto. Indagini in 25

paesi rivelano un giro d’affari illegale da centinaia di milioni di dollari

di BRETT FORREST, ESPN The Magazine, Stati Uniti (Internazionale 952 | 8 giugno 2012)

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La mattina del 20 febbraio 2011 un uomo di Singapore è entrato in un

commissariato di polizia di Rovaniemi, in Finlandia. Rovaniemi è una città

vicino al circolo polare artico. L’uomo ha detto agli agenti che un altro

cittadino di Singapore, Wilson Raj Perumal, si trovava a Rovaniemi con un

passaporto falso. Poi è scappato senza aggiungere altro.

Nonostante le perplessità per una soffiata apparentemente senza senso,

gli agenti di Rovaniemi hanno deciso di sorvegliare Perumal. Tre giorni dopo

lo hanno seguito in un ristorante francese vicino allo stadio di calcio dove il

Rovaniemen Palloseura aveva appena pareggiato una partita per 1-1.

I poliziotti hanno osservato Perumal mentre era seduto al tavolo con tre

giocatori del Palloseura. Lo hanno visto rimproverare i calciatori, che

sembravano aver paura di lui. Il giorno dopo, con la scusa del passaporto

falso, la polizia finlandese ha fermato Perumal. Gli agenti hanno avvertito la

federazione calcistica finlandese, che a sua volta ha contattato la Fédération

internationale de football association (Fifa), il più importante organismo di

governo del calcio.

Una settimana dopo Chris Eaton, il responsabile della sicurezza della Fifa, è

arrivato a Rovaniemi. Eaton sapeva molto bene chi era Perumal: gli

investigatori finlandesi avevano appena catturato l’uomo che aveva truccato

più partite di calcio nel mondo. Eaton gli dava la caccia da sei mesi.

Perumal aveva truccato centinaia di partite, facendo vincere centinaia di

milioni di dollari in scommesse alle organizzazioni criminali asiatiche ed

europee. Alla fine era stato preso. Ed era stato proprio uno dei suoi complici

a consegnarlo alla polizia.

Lo sport più popolare del mondo è anche quello più corrotto. In più di

venticinque paesi ci sono inchieste in corso su partite truccate. Ecco alcuni

piccoli esempi di quello che sta succedendo dall’inizio del 2011: l’operazione

Last bet ha travolto la federazione calcistica in Italia, dove ventidue club e

52 giocatori sono in attesa di essere processati per varie combines.

L’Associazione gioco calcio dello Zimbabwe, invece, ha già escluso 80

giocatori corrotti dalle selezioni per la nazionale. Lu Jun, il primo arbitro

cinese di un incontro dei Mondiali, è stato condannato a cinque anni e mezzo

di carcere per aver condizionato alcune partite della massima serie del

campionato cinese, incassando 128mila dollari.

Il mercato cinese

In Corea del Sud, invece, i magistrati hanno incriminato 57 persone per

presunte combines nella K-League e quattro di queste sono poi state trovate

morte in apparenti suicidi. Il manager della squadra Reac di Budapest (che

gioca nella seconda divisione ungherese) si è buttato da un palazzo dopo

che sei giocatori sono stati arrestati per aver truccato delle partite. Infine, in

un'amichevole tra nazionali under 21, il Turkmenistan avrebbe vinto 3-2 contro

le Maldive in quello che è stato definito un “match fantasma”: nessuno dei due

paesi, infatti, era a conoscenza della partita per il semplice fatto che non è

stata mai giocata. Nonostante questo i bookmaker l’hanno quotata e le

organizzazioni criminali ci hanno lucrato sopra.

Per la criminalità, truccare le partite di calcio è diventato un business su

scala mondiale, come il narcotraico, lo sfruttamento della prostituzione e il

commercio illegale di armi. Secondo i dati dell’Interpol, le scommesse

sportive sono diventate un affare da mille miliardi di dollari e il 70 per

cento di queste scommesse riguarda il calcio. Le scommesse online

hanno trasformato degli allibratori locali in uomini d’affari globali pieni di

denaro proveniente da ogni continente. Secondo Eaton, i bookmaker

asiatici hanno un giro di affari di due miliardi di dollari a settimana. “È

diventato un mercato gigantesco e con molta liquidità”, dice David Forrest,

professore di economia dell’Università di Salford a Manchester. “Questo giro

di denaro favorisce le combines. Si possono scommettere molti soldi senza

rischiare più di tanto”.

Chi scommette sul calcio può scegliere tra molte opzioni. Su Sbobet. com,

uno dei siti di scommesse legali più importanti del sudest asiatico, si può

puntare su decine di partite ogni giorno, dalla Premier league inglese alla

Super league indonesiana, fino ai campionati giovanili ucraini. E le

possibilità crescono esponenzialmente se si considerano le propositional bets,

le puntate in tempo reale durante una partita.

Intorno alla metà degli anni novanta le organizzazioni criminali cinesi,

dette “triadi”, hanno creato un sistema internazionale di scommesse truccate.

Ma perché tutto è partito dalla Cina? L’economia in grande espansione e la

sua intrinseca cultura del rischio hanno fatto sì che la Cina diventasse il

mercato ideale per le scommesse. Ma per sfruttare questo mercato a livello

mondiale le triadi avevano bisogno di emissari per truccare le partite

all’estero. Avevano bisogno di persone che parlassero un inglese fluente e

che potessero viaggiare liberamente. Per questo si sono rivolte alle

organizzazioni criminali di Singapore, lo snodo occidentalizzato del business

asiatico.

Dalla criminalità di Singapore proviene il personaggio più abile: Wilson

Raj Perumal. Carismatico e di bell’aspetto, Perumal è un ex ladruncolo che

si è dedicato alla missione di truccare le partite di tutto il mondo. Non si

è dovuto sforzare più di tanto per trovare degli obiettivi raggiungibili: basta

considerare che ci sono diecimila squadre professionistiche nel mondo.

Ai giocatori, poi, si aggiungono gli arbitri, i dirigenti dei club e quelli delle

federazioni. Per un esperto di combines come lui chiunque poteva

essere comprato al giusto prezzo. Grazie a intermediari come Perumal

le organizzazioni criminali cinesi e di Singapore hanno truccato tante di quelle

partite da mettere in discussione l’integrità del calcio. Per risolvere il

problema gli appassionati di questo sport si sono rivolti all’unica

organizzazione che sembra avere l’autorità per farlo: la Fifa. Il 28 marzo, a

poco più di un anno dall’arresto di Perumal in Finlandia, Chris Eaton è salito

su un palco a Manchester, in Gran Bretagna, durante SoccerEx, la più

grande fiera mondiale del settore. Il superpoliziotto della Fifa era stato invitato

a parlare del fenomeno delle scommesse nel gioco più bello del mondo.

“È impossibile gonfiare la portata del problema, perché stiamo parlando di

una quantità enorme di denaro”, ha affermato Eaton. Sessant’anni, caparbio

e con alle spalle una carriera da poliziotto lunga più di quarant’anni, Eaton

è entrato nell’Interpol nel 1999. Con la Fifa ha cominciato a lavorare nel 2009

come consulente per la sicurezza di un torneo giovanile in Egitto. Alla Fifa

ha fatto un’impressione così buona che l’organizzazione lo ha strappato

all’Interpol per dargli un ruolo a tempo pieno ai Mondiali di calcio in

Sudafrica nel 2010, visto che i dirigenti della Fifa temevano attacchi

terroristici e truffe. Dopo che il torneo si è concluso senza intoppi, Eaton è

diventato il capo della sicurezza della Fifa, con l’obiettivo di creare una

nuova divisione all’interno dell’organismo internazionale per combattere il

fenomeno delle partite truccate.

Ingannare le federazioni

All’inizio della sua nuova sida, Eaton ha messo su una squadra di

investigatori, tutti poliziotti come lui, scegliendoli in base alla loro

“energia e al loro odio per il crimine”. Li ha disseminati in tutto il mondo

lasciandogli ampia libertà di azione. Gli investigatori di Eaton sono entrati

in contatto con alcuni informatori, che alla ine li hanno fatti arrivare a

un’organizzazione criminale di Singapore. Piano piano hanno scoperto in

che modo personaggi come Perumal erano riusciti a iniltrarsi nel mondo del

calcio. “Avevano smesso di condizionare le partite e hanno cominciato a

condizionare le persone”, dice Eaton.

Secondo gli investigatori, Perumal aveva perfezionato le sue tattiche

criminali alla fine degli anni novanta in Ghana e Zimbabwe. Il suo obiettivo

non era solo corrompere i singoli calciatori ma ingannare intere federazioni.

Fingendosi rappresentante di società fittizie dai nomi come Footy Media e

Football4U, Perumal si rivolgeva ai dirigenti delle federazioni per

organizzare amichevoli tra le nazionali. “Gran parte delle federazioni

calcistiche sono in rosso”, ha poi scritto Perumal al giornalista di Singapore

Zaihan Mohamed Yusof dal carcere in Finlandia. “Quando ti presenti con

una squadra che è pronta a giocare un’amichevole, ti accolgono a braccia

aperte. Non sanno cosa c’è sotto”.

Mentre la sua rete criminale cresceva, Perumal firmava accordi regolari

con federazioni nazionali di paesi dove non era conosciuto, come Bolivia

e Sudafrica, pagando anche centomila dollari per le amichevoli, spesso

contro nazionali di livello superiore che volevano risparmiarsi la fatica

di organizzare un incontro. Perumal si occupava dell’organizzazione,

della pubblicità e della scelta degli arbitri. Molte amichevoli si giocano

senza l’ok della Fifa. Dunque, spesso tutto quello che doveva fare

Perumal era trovare uno stadio e pagare l’affitto per un giorno. Queste

partite attiravano l’attenzione dei bookmaker internazionali nonostante un

numero insolito di espulsioni, rigori concessi o fuorigioco fischiati. Per match

del genere, gli arbitri sono pagati dalla Fifa solo 350 dollari, quindi

era facile corromperli. “Ogni federazione calcistica iscritta alla Fifa è

responsabile dell’organizzazione e della supervisione delle partite nel suo

paese”, spiega il portavoce della Fifa Wolfgang Resch. “Il controllo degli

arbitri e dei dirigenti rientra nei doveri delle singole federazioni”.

Corrompere gli arbitri era un modo per manipolare i risultati, ma per

raggiungere quello che i criminali chiamano un lavoro eccellente, Perumal

doveva accordarsi anche con giocatori e allenatori. Per riuscirci ha vestito i

panni del Robin Hood del calcio, pagando oltre cinquemila dollari a partita a

molti giocatori di Africa, America Centrale e Medio Oriente che con i loro

compensi regolari riuscivano a stento a sfamare le famiglie. Perumal si è

infiltrato così bene nei campionati professionistici che, secondo fonti di

Singapore, parlava con gli allenatori in panchina durante le partite. Perumal

si è vantato del fatto che “controllava il calcio siriano più di quanto Assad

controlli il paese”.

Di fronte a organizzazioni criminali che operavano in piccoli centri africani

e negli spogliatoi del Medio Oriente, Eaton ha deciso che bisognava

combatterle con un approccio da “antiterrorismo”. Ma quando ha proposto

due iniziative – un numero di telefono speciale per le soffiate e l’amnistia

per chi confessava le truffe – la Fifa le ha subito scartate. “La Fifa è

un’organizzazione non profit che vigila sulle squadre, le istituzioni e i vari

campionati. La sua autorità si applica solo ai suoi affiliati, è impossibile

per l’organizzazione controllare chi agisce fuori dal sistema”, dice Resch

della Fifa.

Ogni volta che ne ha l’opportunità, il presidente della Fifa Sepp Blatter

sottolinea il suo impegno nell’estirpare il fenomeno delle combines nel

calcio. Ma Eaton alla fine si è ritrovato con le mani sempre più legate.

“L’approccio di Chris è di tipo olistico”, sostiene Ronald Noble, un suo ex

collega all’Interpol. “Vuole un programma di protezione dei testimoni e una

squadra di investigatori della Fifa pronta a volare in ogni parte del mondo,

in qualsiasi momento. Ma tutte queste cose sono impossibili per istituzioni

come la Fifa che non hanno compiti di polizia”.

Eaton, invece, la pensa così: “Stiamo parlando dello sport più diffuso del

mondo, dunque deve essere un modello. Il punto è la sua gestione. Allora

c’è solo un business con un pizzico di controllo o c’è un sistema di controllo

con un pizzico di business?”.

A Singapore il fenomeno delle partite truccate si è trasformato in un’impresa

strettamente controllata dalla criminalità. Alla sua guida ci sono quattro

boss, con a capo un uomo di nome Dan Tan Seet Eng. Una volta che si è

deciso come finirà una partita, le triadi cinesi usano delle “fabbriche di

scommesse” nel sudest asiatico dove schiere di persone davanti a un

computer fanno puntate da circa tremila dollari ognuna il più velocemente

possibile, per non insospettire i bookmaker. I boss spesso agiscono insieme,

usando il sistema hawala, una struttura di credito clandestina a cui si

affidano le organizzazioni criminali internazionali per scambiarsi denaro

senza lasciare tracce. La crescita del giro delle scommesse truccate ha

fatto aumentare i gruppi criminali con organizzazioni simili in altri paesi,

come Italia, Ungheria, Croazia e Bulgaria.

Ignorati dalla polizia, i boss di Singapore sono diventati sempre più

spudorati al punto da organizzare partite fantasma come quella tra le

nazionali under 21 di Maldive e Turkmenistan. Visto che sono le federazioni

dei singoli paesi, e non la Fifa, ad annunciare le amichevoli, i bookmaker si

basano su osservatori locali per ottenere le informazioni su queste partite.

Ma gli osservatori sono corrotti dalle organizzazioni criminali per

imbrogliare gli allibratori, che ricevono i resoconti di partite mai giocate.

Un folle megalomane

Per Wilson Raj Perumal truccare le partite stava diventando troppo semplice.

Così ha preso anche lui il vizio di scommettere, puntando sui Chicago Bulls o

sul Manchester United; squadre che per quanto ne sapeva non erano corrotte.

Ma come scoprì presto, Perumal era molto più bravo a truccare le partite che

a scommetterci sopra. Secondo un investigatore del gruppo di Eaton, in tre

mesi Perumal ha perso circa dieci milioni di dollari.

Per recuperare i soldi persi Perumal ha deciso di ingannare l’organizzazione

criminale di cui faceva parte. Ha cominciato a tenere per sé i 500mila dollari

che i suoi capi gli davano per organizzare le combines, sperando che la

squadra giusta vincesse regolarmente e con il punteggio che serviva. Presto,

però, Perumal si è ritrovato nei guai: secondo alcune fonti della Fifa, doveva

un milione di dollari a un boss, 500mila a un altro e un milione e mezzo a un

altro ancora. A quel punto era disperato e ha cominciato a commettere degli

errori. Il 7 settembre 2010 ha pensato di far passare alcuni impostori come

calciatori della nazionale del Togo e fargli giocare un’amichevole contro il

Bahrein. Ma la messinscena è stata così sfacciata che dalle cronache dei

giornali sembrava proprio una partita truccata. Il commissario tecnico del

Bahrein, Josef Hickersberger, disse a fine partita che la nazionale del Togo

non “era abbastanza in forma per giocare i 90 minuti”.

aauinOF6.jpg

La finta nazionale del Togo prima dell’incontro con il Bahrein, 2010

Qualche mese dopo Perumal era già in Finlandia, dove truccava le partite

con la squadra del Rovaniemi almeno dal 2009. Doveva seguire un affare

per conto di Dan Tan. Negli anni il club del Rovaniemi aveva

procurato all’organizzazione criminale tanto di quel denaro che Dan Tan

aveva deciso di rilevare la squadra per garantirsi introiti costanti. Ma,

visto che aveva ancora bisogno di soldi per finanziare le sue scommesse,

Perumal ha fatto saltare l’affare. I proprietari finlandesi, infatti, avevano

accettato di vendere il club per 500mila dollari. Ma Perumal ne ha offerti

solo 200mila, tenendosi il resto per sé. Dopo alcune telefonate infuocate

tra i dirigenti del Rovaniemi e i boss di Singapore, è stato subito chiaro dove

erano finiti i 300mila dollari scomparsi.

Perumal aveva troppi contatti con il Rovaniemi, che era una gallina

dalle uova d’oro, perché Dan Tan potesse tagliarlo fuori. Ma perfino

prima che saltasse l’acquisto del club, i boss avevano voluto incontrare

i due assistenti di Perumal, Danny Jay Prakash e Anthony Santia Raj. I due

avevano confessato che Perumal ormai era diventato un folle megalomane.

Aveva perfino creato una pagina Facebook con le foto che ritraevano lui

e i giocatori corrotti, per non parlare delle informazioni che aveva postato

online per contattare altri criminali in Europa. Con i suoi azzardi Perumal

si era giocato la credibilità. Mentre la sua reputazione andava a rotoli, il suo

vice Santia Raj stava organizzando la più grande combine della sua carriera,

ovvero due amichevoli nella località turistica di Adalia, sulla costa turca:

Lettonia contro Bolivia ed Estonia contro Bulgaria. Quello che Santia Raj non

sapeva è che le due partite avevano fatto nascere dei sospetti prima del fischio

di inizio. Janis Mezeckis, segretario generale della Federazione calcistica della

Lettonia, era preoccupato per il modo in cui erano stati scelti gli arbitri:

l’inesperto Santia Raj, infatti, si era rifiutato di rivelare i nomi dei

direttori di gara prima del match. Allora Mezeckis aveva contattato la Fifa. A

sua volta Chris Eaton aveva contattato Sportradar, un osservatorio sulle

scommesse con sede a Londra che, tra i suoi clienti, ha anche la Fifa, l’Uefa

e le federazioni calcistiche di Germania, Francia e Repubblica Ceca. I nodi

stavano venendo al pettine.

Sportradar sorveglia trecento siti di scommesse nel mondo, sfruttando

degli algoritmi per indentificare i flussi insoliti delle puntate. Quando lo

staff di Sportradar ha controllato quello che succedeva ad Adalia si è

accorto che le scommesse su entrambe le partite erano identiche. “C’era

un grande flusso di giocate per più di tre gol su tutti e due i match”, racconta

Darren Small, il direttore operativo di Sportradar. “La cosa era piuttosto

strana, considerando i cinque milioni di euro puntati su ogni partita”. Alla

fine nelle due partite furono segnate complessivamente sette reti, tutte su

calci di rigore. E quando un giocatore lettone aveva sbagliato un calcio di

rigore, l’arbitro glielo aveva fatto ripetere.

Dopo i match di Adalia, la Fifa ha contattato Santia Raj via email attraverso

la società di facciata del truffatore. Dan Tan e gli altri boss hanno pensato

che Perumal avesse fatto una soffiata alla Fifa. È stato questo il momento in

cui Dan Tan ha autorizzato Santia Raj a consegnare Perumal alla polizia. Per

farlo, Santia Raj ha spedito un suo uomo al commissariato di Rovaniemi,

mettendo la parola fine alla lunga carriera di Perumal.

Perumal ha deciso di collaborare con gli inquirenti, mentre le prove contro

di lui si accumulavano . Ha rivelato diversi segreti sulle combines che nel

dicembre 2011 hanno portato un tribunale italiano a incriminare Dan Tan.

Perumal è stato un anno in carcere in Finlandia, poi è stato consegnato a

febbraio alla polizia ungherese, il primo dei paesi dell’Unione europea che lo

vogliono processare per aver truccato le partite.

Perumal ora si trova in un luogo sicuro di Budapest, dove, dicono i ben

informati, starebbe svelando le operazioni dell’organizzazione di Singapore

con altri gruppi criminali.

La Fifa deve imparare

Eaton non sarà alla Fifa per vedere come finirà questa faccenda. Il primo

maggio ha lasciato il massimo organismo del calcio mondiale per lavorare

all’International centre for sport security, un osservatorio finanziato

generosamente con sede nel Qatar.

Mentre è al bar del Radisson Edwardian hotel di Manchester dopo un

giorno passato a SoccerEx, Eaton sembra sollevato dal suo nuovo lavoro:

“La Fifa deve imparare ancora molto sul crimine organizzato e le scommesse”,

dice. “Il business del calcio è diventato così grande che ha soffocato la

sportività. Ecco perché quando vuoi andare a fondo nel mondo del calcio, c’è

chi storce il naso”.

Perumal ora ha una nuova e lunga lista di nemici. Da Singapore un suo ex

collega lancia un avvertimento: “Custodia cautelare. Se rimane quindici minuti

da solo e va al bagno, è un uomo morto. Non ci vuole niente. Mi hanno offerto

300mila dollari per andare in Ungheria, mettermi su un tetto con un cecchino e

dirgli chi è Perumal”. Ma Perumal gioca ancora d’azzardo. Come ha scritto dal

carcere: “Sono io che ho la chiave del vaso di Pandora. E non ci metto nulla

ad aprirlo”.

La storia

Undici comparse arruolate con la maglia del Togo

La finta nazionale pagata per

perdere un’amichevole vera

Il colpo grosso di Perumal, il n. 2 degli scommettitori asiatici: attori al posto dei giocatori

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 08-07-2012)

UNDICI divise da calciatori, undici attori arruolati per strada, un paio di

dirigenti compiacenti e una partita internazionale da trasformare in una

miniera d’oro a suon di scommesse. Non ci sono solo giocatori corrotti e

criminali spietati nella piaga mondiale del calcioscommesse, ma anche

autentici colpi di genio. Il più incredibile è finito agli atti della procura

di Cremona, la stessa che in un anno di indagini ha messo a soqquadro il

calcio italiano e ha decapitato a suon di arresti l’organizzazione più

articolata (e pericolosa) del mondo.

Raccontata così, questa storia fa sorridere ma la sua importanza va oltre il

suo folklore, perché rende perfettamente l’idea di quanto capillare e potente

fosse il sistema che ha devastato l’intero movimento calcistico internazionale,

Serie A compresa. Il protagonista è Wilson Perumal, un tipo sveglio. Adesso è

in carcere in Finlandia, ma prima del piccolo incidente che gli è costato la

libertà era una delle persone più potenti del calcioscommesse mondiale. Di

fatto era il numero due dell’organizzazione che faceva capo all’asiatico Den,

l’uomo di Singapore che aveva come braccio operativo gli zingari del super

latitante Hristiyan Ilievski. Questo Perumal era in grado di manomettere

eventi di ogni tipo, dal calcio al basket, al cricket; e poi di guadagnarci

sopra, attraverso le scommesse, quanto voleva, in ogni valuta, euro, yuan,

dollari. Era considerato un fuoriclasse, nell’ambiente. Ma lo status della sua

reputazione rasentò il livello di leggenda nel settembre 2010, quando fece il

“big deal”, forse il colpo più eclatante che l’intera storia del

calcioscommesse ricordi. L’organizzazione aveva bisogno immediato di molti

soldi e lui decise, per una volta, di cambiare strategia: non avrebbe comprato

due o tre giocatori, né una squadra intera, come si faceva di solito. Ma

avrebbe “inventato” una partita. Da zero.

Attraverso i suoi agganci negli uffici del potere calcistico mondiale mise in

piedi un’amichevole tra Togo e Bahrein da disputarsi nello stadio di Manama.

Il Togo era una nazionale di tutto rispetto mentre la squadra di casa era una

piccola realtà. Le quote per le scommesse erano sbilanciate a favore del Togo.

Lui scommise sulla vittoria del Bahrein, pure con molti gol di scarto. E,

ovviamente, vinse: il Bahrein tritò gli avversari con un secco tre a zero. E a

Singapore festeggiarono a champagne. Peccato che gli avversari non fossero

affatto ciò che sembravano. In campo, quel giorno, non scesero i giocatori

della nazionale, ma undici comparse arruolate chissà come e chissà dove da

Perumal. Li aveva scelti lui, uno ad uno, fisico vagamente atletico e facce

ordinarie. Aveva dato loro pochi dollari e la divisa ufficiale del Togo:

maglietta gialla e pantaloncini bianchi, e aveva persino vestito con un

bell’abito scuro un paio di persone più attempate, i finti dirigenti. La

partita – le immagini sono su Youtube - fu una meraviglia, con i finti

difensori togolesi che entrano scomposti in ogni parte del campo (il 2-0 è

segnato su rigore) e quelli del Bahrein più stupiti che altro. «Mai visto

giocare una squadra di pallone così male» fu l’unanime commento al termine

dell’incontro. Il giorno dopo ministro dello Sport del Togo lesse sul giornale

di quella partita e incredulo scrisse una lettera alla Fifa: la nazionale,

quella vera, era impegnata in Botswana nelle qualificazioni della Coppa

d’Africa. La Fifa aprì un’inchiesta ma era troppo tardi: Perumal aveva già

incassato il frutto del suo capolavoro. E con i suoi amici stava preparando la

campagna d'Italia.

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Joined: 01-Jun-2005
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La storia

Undici comparse arruolate con la maglia del Togo

La finta nazionale pagata per

perdere un’amichevole vera

Il colpo grosso di Perumal, il n. 2 degli scommettitori asiatici: attori al posto dei giocatori

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 08-07-2012)

UNDICI divise da calciatori, undici attori arruolati per strada, un paio di

dirigenti compiacenti e una partita internazionale da trasformare in una

miniera d’oro a suon di scommesse. Non ci sono solo giocatori corrotti e

criminali spietati nella piaga mondiale del calcioscommesse, ma anche

autentici colpi di genio. Il più incredibile è finito agli atti della procura

di Cremona, la stessa che in un anno di indagini ha messo a soqquadro il

calcio italiano e ha decapitato a suon di arresti l’organizzazione più

articolata (e pericolosa) del mondo.

Raccontata così, questa storia fa sorridere ma la sua importanza va oltre il

suo folklore, perché rende perfettamente l’idea di quanto capillare e potente

fosse il sistema che ha devastato l’intero movimento calcistico internazionale,

Serie A compresa. Il protagonista è Wilson Perumal, un tipo sveglio. Adesso è

in carcere in Finlandia, ma prima del piccolo incidente che gli è costato la

libertà era una delle persone più potenti del calcioscommesse mondiale. Di

fatto era il numero due dell’organizzazione che faceva capo all’asiatico Den,

l’uomo di Singapore che aveva come braccio operativo gli zingari del super

latitante Hristiyan Ilievski. Questo Perumal era in grado di manomettere

eventi di ogni tipo, dal calcio al basket, al cricket; e poi di guadagnarci

sopra, attraverso le scommesse, quanto voleva, in ogni valuta, euro, yuan,

dollari. Era considerato un fuoriclasse, nell’ambiente. Ma lo status della sua

reputazione rasentò il livello di leggenda nel settembre 2010, quando fece il

“big deal”, forse il colpo più eclatante che l’intera storia del

calcioscommesse ricordi. L’organizzazione aveva bisogno immediato di molti

soldi e lui decise, per una volta, di cambiare strategia: non avrebbe comprato

due o tre giocatori, né una squadra intera, come si faceva di solito. Ma

avrebbe “inventato” una partita. Da zero.

Attraverso i suoi agganci negli uffici del potere calcistico mondiale mise in

piedi un’amichevole tra Togo e Bahrein da disputarsi nello stadio di Manama.

Il Togo era una nazionale di tutto rispetto mentre la squadra di casa era una

piccola realtà. Le quote per le scommesse erano sbilanciate a favore del Togo.

Lui scommise sulla vittoria del Bahrein, pure con molti gol di scarto. E,

ovviamente, vinse: il Bahrein tritò gli avversari con un secco tre a zero. E a

Singapore festeggiarono a champagne. Peccato che gli avversari non fossero

affatto ciò che sembravano. In campo, quel giorno, non scesero i giocatori

della nazionale, ma undici comparse arruolate chissà come e chissà dove da

Perumal. Li aveva scelti lui, uno ad uno, fisico vagamente atletico e facce

ordinarie. Aveva dato loro pochi dollari e la divisa ufficiale del Togo:

maglietta gialla e pantaloncini bianchi, e aveva persino vestito con un

bell’abito scuro un paio di persone più attempate, i finti dirigenti. La

partita – le immagini sono su Youtube - fu una meraviglia, con i finti

difensori togolesi che entrano scomposti in ogni parte del campo (il 2-0 è

segnato su rigore) e quelli del Bahrein più stupiti che altro. «Mai visto

giocare una squadra di pallone così male» fu l’unanime commento al termine

dell’incontro. Il giorno dopo ministro dello Sport del Togo lesse sul giornale

di quella partita e incredulo scrisse una lettera alla Fifa: la nazionale,

quella vera, era impegnata in Botswana nelle qualificazioni della Coppa

d’Africa. La Fifa aprì un’inchiesta ma era troppo tardi: Perumal aveva già

incassato il frutto del suo capolavoro. E con i suoi amici stava preparando la

campagna d'Italia.

Mensurati e socio pensano che il fatto di scrivere fatti veri (e noti) facendosi passare per giornalisti d'inchiesta sia sufficiente a dargli credibilità quando scrivono le loro vaccate su Repubblica?

Per la serie "La Formica disse all'Elefante dopo aver passato un ponte: Hai visto come lo abbiamo fatto tremare?"

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