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CRAZEOLOGY

Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"

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Joined: 20-Apr-2009
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A proposito non leggo Crazeology in giro. Ma sara' contento della vittoria della Coppa Italia, oppure stara' sulla sponda di JE? ;)sefz

Modificato da ClaudioGentile

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Joined: 18-Dec-2006
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Allora come stava oggi il tuo collega intertriste? Per caso, sente il bastone (o ombrello alla Mamozio che dir si voglia) avvicinarsi sempre di piu' dietro? .asd .asd

Eh ... come vuoi che stia ?!?

 

Tra l'altro per lui è un periodaccio: un giorno viene in ufficio con i postumi non del tutto smaltiti di influenza da virus, il giorno successivo incerottato dopo aver sbattuto contro una porta (a detta sua ...), il giorno successivo con un bozzo al braccio dovuto a rottura di capillare ... che ne so  .asd

 

Sarà il magone misto a rabbia dovuto alle vittorie juventine che non trova sfogo ...

 

Sssso' problemi ...

 

Brutta bestia il tifo calcistico ... sefz

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Joined: 08-Jul-2006
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non dico nulla

auricchio

naltro

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Joined: 20-Apr-2009
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Eh ... come vuoi che stia ?!?

 

Tra l'altro per lui è un periodaccio: un giorno viene in ufficio con i postumi non del tutto smaltiti di influenza da virus, il giorno successivo incerottato dopo aver sbattuto contro una porta (a detta sua ...), il giorno successivo con un bozzo al braccio dovuto a rottura di capillare ... che ne so  .asd

 

Sarà il magone misto a rabbia dovuto alle vittorie juventine che non trova sfogo ...

 

Sssso' problemi ...

 

Brutta bestia il tifo calcistico ... sefz

specie per gli intertristi .asd .asd .asd

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Inviato (modificato)
Eredità Agnelli, la Cassazione chiude la partita

di RAFFAELLA POLATO (CORSERA 27-06-2015)

Prima il Tribunale. Poi la Corte d’appello. Ora il verdetto della Cassazione, che chiude definitivamente la contesa sull’eredità di Giovanni Agnelli: Margherita Agnelli de Pahlen, la figlia dell’Avvocato, esce perdente dalla causa promossa contro la sua stessa madre, Marella Caracciolo, e contro gli uomini di maggior fiducia della famiglia sul piano manageriale e su quello legale, vale a dire Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens, Siegfried Maron.

La sentenza è stata depositata ieri e mette fine all’annosa vicenda, avviata da Margherita dopo la morte del padre (nel 2003) e dopo una prima accettazione della parte di eredità a lei destinata.

In causa, davanti al Tribunale di Torino, de Pahlen aveva chiamato Gabetti (difeso dall’avvocato Carlo Pavesio), Grande Stevens (assistito dal professor Natalino Irti) e Maron (seguito dagli avvocati Guido Canale e Sergio Carbone): obbligati in qualità di mandatari dell’Avvocato a rendere conto della gestione del relativo patrimonio. Insieme a loro, aveva citato la mamma Marella per l’assegnazione di alcuni beni e la liquidazione della quota.

Le richieste erano già state respinte sia dal Tribunale sia successivamente dalla Corte d’appello. Margherita non si era arresa, e aveva presentato il ricorso in Cassazione. Che però ha deciso di rigettarlo, con parallela condanna al pagamento delle spese processuali.

Modificato da Ghost Dog

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Inviato (modificato)

Cuore e portafoglio

Una stagione con due vittorie (Scudetto e Coppa Italia) e la finale della Champions League con il Barcellona a Berlino, da catalogare tra le migliori per il club bianconero. Risultato di scelte tecniche e solidità aziendale, di un mix di tradizione, spirito di sacrificio, fame di successo e di un'attenta e modernissima capacità di fare comunicazione.

di GIORGIO GRECO (PRIMA COMUNICAZIONE | GIUGNO-LUGLIO 2015)

È mancata la ciliegina sulla torta, che resta, comunque, da MasterChef. Ne sono una riprova i cori, le ovazioni e gli applausi - prima, durante e dopo la partita - degli oltre 15mila tifosi bianconeri accorsi il 6 giugno all'Olympiastadion di Berlino per la finale di Champions League col Barcellona. La partita è stata trasmessa in 200 Paesi con oltre 400 mi1ioni di telespettatori. Cifre da record anche in Ita1ia (tenendo conto che non c'erano le reti Rai) con 11,5 milioni per Canale 5 (picco di share al 52%) e 2,4 milioni per Sky (9,6% di share). Una marea i giornalisti accreditati: 2.500 (1.800 delle tivù, 500 della carta stampata e 200 fotografi).

È vero, sono stati i catalani del fuoriclasse Leo Messi ad alzare la coppa con cui hanno centrato il triplete (Liga, Coppa nazionale e Champions), provocando il pianto disperato di Andrea Pirlo, uno dei giocatori mito bianconeri, protagonista di una delle 'sfide' lanciate della Juventus con l'hashtag #SeAndiamoInFinale, in cui si chiedeva ai fan di provare a impressionare l'imperturbabile campione. Beh, c'è riuscito il Barça.

Reazioni emotive a parte, una stagione con due vittorie (Scudetto e Coppa Italia) e la finale europea è da catalogarsi tra le migliori per il club bianconero. Merito dei giocatori, dell'allenatore Massimiliano Allegri, dei dirigenti (a cominciare dal direttore generale Giuseppe Marotta), dei due uomini chiave della svolta sportiva e societaria, Andrea Agnelli, presidente della Juventus, e John Elkann, presidente di Exor, la finanziaria della famiglia, e anche di una attivissima squadra dedicata alla comunicazione e al marketing. Perché il calcio è show business dietro cui si muovono i sentimenti di milioni di tifosi, ma anche gli interessi e gli investimenti degli sponsor e del mondo dei media. I numeri parlano chiaro: il raggiungimento della finale di Champions League porterà nelle casse della società una somma complessiva di poco superiore ai 33 milioni. Essendo quotata in Borsa la Juventus non fa previsioni né commenti su questo tema. Però tra i dati che emergono dalla trimestrale 2015 approvata il 31 marzo dal Cda, si vedono l'incremento degli introiti per i diritti tivù e media (133,4 milioni contro i 123 della trimestrale 2014) e la crescita anche dei ricavi dalle sponsorizzazioni (da 38,6 a 39,3 milioni) e l'accordo con Adidas, nuovo sponsor tecnico al posto di Nike. Così alla soddisfazione del cuore (gli Agnelli sono proprietari della Juventus da poco meno di cento anni, caso unico dello sport a livello mondiale) si accompagna adesso quella del portafoglio.

Sul piano strettamente sportivo, la differenza con gli altri club italiani la fanno l'amalgama, le scelte tecniche e solidità aziendale, e un mix di tradizione, spirito di sacrificio, fame di vittorie. Tutti elementi presenti nel dna della Juventus che non ha mai "la pancia piena", come dice Claudio Marchisio, uno dei giocatori nelle cui vene scorre sangue bianconero. Nato a Torino nel 1986, da ragazzino ha fatto il raccattapalle prima di entrare nelle giovanili della Juventus, diventando capitano della Primavera. Ha debuttato in prima squadra nel 2006, l'anno nero in cui i bianconeri disputarono per la prima volta nella loro storia il campionato di serie B, in seguito allo scandalo di Calciopoli. Inchiesta che alla fine portò non solo alla retrocessione nella serie cadetta e la penalizzazione di nove punti, ma anche la revoca dello scudetto 2004-2005 e la non assegnazione di quello 2005-2006, vinti entrambi dai bianconeri (la società continua a inserirli nel suo palmares perché "vinti sul campo" e nel Museo dello Juventus Stadium c'è un pannello con una frase emblematica "dal paradiso all'inferno e ritorno").

La vicenda fa da spartiacque tra la vecchia (quella di Moggi e Giraudo) e la nuova gestione, con John Elkann che per tre anni fa un po' da tutore e un po' da traghettatore, e la presidenza affidata a Giovanni Cobolli Gigli, prima dell'arrivo al timone della società nel 2010 di Andrea Agnelli.

La nuova Juventus - quella dei quattro scudetti di fila, della decima Coppa Italia, Supercoppa, finale di Champions - nasce dalla sintesi che i due giovani eredi riescono a fare unendo le grandi tradizioni alla nuova organizzazione societaria, dove puntano su un team di manager che devono avere una caratteristica precipua: saper fare gioco di squadra. E a ricordare il percorso e sottolineare i meriti di Andrea Agnelli e di John Elkann, due giorni prima della finale di Berlino tutti i rappresentanti dell'accomandita Giovanni Agnelli e C. - che controlla gli asset della Famiglia - erano in campo (in una squadra gli Agnelli, nell'altra i Nasi) o sulle tribune dello Juventus Stadium, per una partita omaggio a una stagione straordinaria. Un'iniziativa nel segno del legame inossidabile che lega gli Agnelli alla Juventus, ma anche della leadership dei due giovani, John Elkann, a cui è stata affidata la cassaforte della famiglia (Exor), e Andrea Agnelli, a cui è toccato quello che un tempo era ritenuto un bel giocattolo e oggi è un gioiello, la Juventus. Una squadra che continua a incarnare i valori dello sport e della tradizione, ma li declina secondo parametri nuovi imposti dalle sfide che deve affrontare sullo scenario internazionale. Le vittorie sono allo stesso tempo premessa e conclusione di una strategia imperniata su iniziative finanziarie come la quotazione in Borsa, su progetti innovativi nel marketing, nel merchandising, con Francesco Calvo, chief revenue officer, cioè l'uomo delle entrate, e nella comunicazione, con Claudio Albanese, direttore della comunicazione e delle relazioni esterne, affiancato da Federico Palomba, responsabile dei progetti digitali (la Juventus è stabilmente in testa alla Facebook Engagement Leader e alla Twitter Engagement Leader), e adesso impegnato anche nell'e-commerce.

Pienamente inserita nella modernità, la Juventus non dimentica però le sue origini. E questo connubio tra tradizione e rinnovamento emerge visitando il Museo, che si trova all'interno dello Juventus Stadium (un altro asset importante dell'azienda) e di cui è presidente Paolo Garimberti, ex presidente della Rai e per lunghi anni giornalista alla Stampa. Qui sono custoditi alcuni dei cimeli storici, in primis la mitica panchina di corso Umberto, dove nel novembre del 1897 si ritrovavano, all'uscita da scuola, un gruppo di studenti del liceo classico Massimo D'Azeglio, per parlare di uno sport che si stava imponendo Oltremanica ma ancora semisconosciuto in Italia: il football. Furono quegli appassionati ante litteram a fondare lo Juventus Fc, che otto anni dopo vinse il suo primo Scudetto. Parte da lì la lunga storia di una squadra che primeggia in Italia (uno scudelto ogni tre anni e mezzo) ed è entrata nel rating delle società sportive più forti sulla scena internazionale.

E forse uno dei complimenti più belli, e di stretta attualità, fu quello che arrivò da Carlo Mazzone, l'allenatore che lanciò Francesco Tolti, che disse: "La Juventus? È la società più società e la squadra più squadra". Un binomio col sigillo degli Agnelli che presero in mano la società nel 1923 con Edoardo, figlio di Giovanni, fondatore della Fiat, e che ne fu presidente fino al 1935. Chi non ricorda infatti l'Avvocato e le sue battute ("Che vinca la Juve o che vinca il migliore? Sono fortunato, spesso le due cose coincidono") e il fratello Umberto, padre di Andrea, che da presidente prese nel 1957 uno dei magici numeri 10, Omar Sivori, primo calciatore di un club italiano a vincere il Pallone d'oro. Un guascone argentino che derideva gli avversari con i suoi dribbling e che formò un trio leggendario con Giampiero Boniperti e il gallese John Charles.

Quanto hanno inciso e quanto continuano a incidere la storia, le tradizioni, gli aspetti 'mitologici' di una squadra non solo simbolo del calcio italiano, ma oggi anche brand vincente fuori dal terreno di gioco sul fenomeno Juventus e sulla sua evoluzione? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe De Rita, sociologo di fama e fondatore del Censis, grande interprete della società italiana. "La Juventus? Io non sono un tifoso e i miei ricordi risalgono alla Ciociaria degli anni Trenta e a mio padre che non si perdeva una partita dei bianconeri e aveva anche la maglia della squadra del cuore. Il mito parte da lì, dallo Strapaese, un esempio virtuoso in cui l'Italia ha primeggiato. Ovviamente ci si riconosce sempre in un mito quando si parla di fenomeni di massa. E questo mito è stato a lungo garantito. Ma con l'andar del tempo, e con l'uscita soprattutto di Gianni Agnelli, il mito ha perso i suoi connotati (il grande presidente, la grande storia, eccetera) e si è trasformato in una efficiente macchina aziendale", sottolinea De Rita. Che continua: "Ai valori delle origini si sono ora aggiunti quelli di questa fase storica. Un esempio su tutti: lo stadio di proprietà, sogno cullato da sempre e concretizzato sotto la nuova gestione. Niente di straordinario, ce ne sono altri in Europa, ma la Juventus è la prima che l'ha fatto in Italia, riservando ai suoi tifosi un trattamento particolare (posti prenotati, palchetti, servizi di ristoro e altro)".

Per il professor De Rita, Andrea Agnelli e John Elkann hanno saputo interpretare in maniera moderna quello che per i loro nonni e genitori era un gioco. "Credo che i risultati ottenuti negli ultimi anni", spiega, "siano frutto di questa trasformazione aziendale, e penso che John abbia un peso indiretto ma cruciale perché garantisce la solidità della squadra, puntellata e rafforzata dalla solidità della società. Cosa che non è riuscila a Silvio Berlusconi e questo spiega le odierne difficoltà del Milan. Nella Juventus di oggi il valore del mito continua a essere importante, ma in una struttura moderna, capace di interpretare modernamente il calcio, e, sopratutto, capace di avere una squadra che somiglia alla società. Io sono sempre legato", conclude De Rita, "alla Ciociaria, allo Strapaese, e la Juventus è nata con lo Strapaese di cui è stata una delle migliori interpreti. Ma poi è cresciuta e oggi è una squadra europea, un'eccellenza italiana".

Per Antonio Di Rosa, direttore dell'agenzia LaPresse, con un passato a capo del giornalaccio rosa, la Juventus è un fenomeno trasversale sulla scena italiana. "È come la vecchia Dc, capace di trovare consensi tra tutte le classi sociali. Più che la 'Vecchia Signora' la considero la 'Mamma d'Italia'. Gli inizi di Andrea Agnelli e John Elkann non sono stati facili, e hanno fatto qualche errore, ma poi sono stati bravi a capire che per allestire una squadra e una società vincenti, in campo e fuori, era necessario dotarsi di uno staff di valore. In questo senso sono state azzeccate le scelte come direttore generale di Giuseppe Marotta e come direttore sportivo di Fabio Paratici. Con il loro supporto, Andrea Agnelli è stato molto bravo a scegliere in 24 ore Massimiliano Allegri come successore di Antonio Conte, non lasciandosi condizionare dai malumori e dai pregiudizi dei tifosi". Sapendo gestire il cambiamento con l'ufficio stampa e comunicazione, ben allineato con la filosofia aziendale. "Le 'mamme' cercano sempre di evitare i litigi e smussare i contrasti, l'ufficio stampa della Juve fa lo stesso con le polemiche, riducendole al minimo e arginando gli effetti", dice Di Rosa.

Chi meglio dei giornalisti incaricati della copertura informativa giornaliera sulla Juventus, come Mirko Graziano del giornalaccio rosa e Antonio Barillà del Corriere dello Sport, conoscono pregi e limiti dei loro referenti. "I rapporti sono sempre soggettivi", sottolinea il primo, "e sono cambiati, come era inevitabile alla luce dei mutamenti societari e dell'arrivo di una miriade di nuovi soggetti che fanno informazione. Il nostro rapporto con la Juventus è onesto e leale, a cominciare da Claudio Albanese, responsabile della comunicazione, uno dei collaboratori più stretti di Andrea Agnelli. Lo posso chiamare". spiega Graziano, "anche venti volte al giorno ed è sempre cortese, magari replica con un 'non ne so un c...', quando gli chiedo qualche dettaglio o cose specifiche".

"Il servizio comunicazione della Juventus", aggiunge Barillà, "è una stuttura complessa perché deve coprire diversi aspetti dell'informazione-comunicazione. Per diventare un'eccellenza a livello internazionale, la Juventus non può trascurare un aspetto chiave: è la squadra che ha più tifosi all'estero e questo impone iniziative che coinvolgono non solo la squadra e il tecnico ma anche gli altri settori, da quello amministrativo a quello della comunicazione, senza dimenticare gli sponsor".

Per vedere come funzionano le cose nei rapporti tra Juve e mondo dell'informazione e per parlare con i manager che gestiscono la comunicazione ho partecipato al Media-day, un incontro con la stampa internazionale delle due squadre finaliste della Champions League, promosso dall'Uefa (il 1° giugno a Torino e il giorno dopo a Barcellona), tappe mediatiche di avvicinamento all'appuntamento di sabato 6 giugno all'Olympiastadion di Berlino. Il Media-day comincia alle 11, ma io arrivo un'ora prima, come concordato con Claudio Albanese, per farmi raccontare il ruolo e il peso che ha la comunicazione in una società che non vince solo sul prato verde ma anche sul nuovo campo di gioco virtuale, quello di Internet e dei social media. Ci sono già diversi giornalisti in fila (alla fine saranno poco meno di 200), molti stranieri, in prevalenza spagnoli ma anche inglesi, sudamericani (argentini, cileni, messicani) e diverse troupe tivù (c'è anche un giornalista di una tivù serba).

Il 6 giugno, il giorno della grande sfida di Berlino, nell'area stampa dell'Olympiastadion si accalcano migliaia di giornalisti, fotografi, troupe televisive, provenienti da tutto il mondo. Tra gli italiani l'eccitazione è altissima, ma la gente della Juve si muove con la compostezza che riesce a mantenere anche nei brutti momenti della sconfitta. Un'ora dopo il fischio finale di Juventus-Barcellona viene organizzata la conrerenza stampa post match, in cui Massimiliano Allegri non fa recriminazioni e gira la storia tutta in positivo: parla di "consolidata posizione tra le top otto squadre d'Europa". Così come Gigi Buffon, portiere della Juventus e capitano della squadra, intervistato ancora in campo ammette che i giocatoti del Barcellona hanno meritato di vincere sottolineando che "nello sport si vince e si perde, ci vuole orgoglio e dignità, e a noi non sono mancati". Insomma la linea è di non drammatizzare la sconfitta, ma di sottolineare con enfasi i risultati raggiunti in una "annata straordinaria", come ha detto Andrea Agnelli nella conferenza stampa organizzata l'8 giugno a Torino. Agnelli parla per 29 minuti della sua Juve: "Questo è un momento importante", esordisce nella sala stampa dello Juventus Stadium, "perché abbiamo chiuso un anno che ci rende estremamente orgogliosi. Usciamo con sensazioni miste dalla partila di Berlino, perché quando giochi una finale, come ogni partita, la giochi per vincere. E la prestazione della squadra a Berlino è un ottimo punto di partenza per il futuro, per un percorso importante. Abbiamo giocato contro i migliori, e potevamo vincere".

Agnelli ringrazia Marolta, Paratici e Pavel Nedved. E Allegri, "entrato in punta di piedi, si è inserito con il suo staff in maniera impeccabile. Lo ringrazio per il coraggio e per la consapevolezza di far crescere la squadra. I risultati ottenuti sono sotto gli occhi di tutti. Grandissimo merito al mister e a tutto lo staff". E ringrazia anche l'ad dei conti Aldo Mazzia e Francesco Calvo, capo della parte commerciale, perché ora la Juve ha una dimensione europea: "Essere arrivati a 315 milioni di fatturato significa poter affrontare le grandi europee sul campo. Con una potenza di fuoco, ovvero costo del personale tesserato (gli stipendi) e ammortamenti, sui 200 milioni di euro".

Per festeggiare l'annata eccezionale della Juventus viene lanciato anche un francobollo interattivo. Una novità assoluta per l'Italia (e seconda al mondo dopo la Russia). Il francobollo intitolato 'Juventus Campione d'Italia', creato in collaborazione con Juventus Fc dal Centro filatelico di Poste Italiane insieme alla Bolaffi spa, è in vendita presso gli uffici postali a 80 centesimi. Sulla vignetta, celebrativa delle villorie del club bianconero, c'è un codice Qr con contenuti mediali esclusivi che si possono vedere avvicinando il proprio cellulare e scaricando, attraverso l'applicazione apposita, il video con i momenti più emozionanti legati al club bianconero. La tiratura prevista è di 3 milioni e 600mila pezzi.

 

La nuova comunicazione della Juve inizia nel 2011 ed è digitale

 

Il francobollo con il codice Qr sintetizza bene l'approccio quasi totalizzante che la Juventus ha con il mondo digitale, pronta com'è a sfruttarne ogni potenzialità per rafforzare il legame con i propri fan e sviluppare ogni possibilità di business legata a pubblicità, merchandising, interazione con altri media e sponsorizzazioni, eccetera. Un'attività messa in piedi dal nulla, come racconta Claudio Albanese, un progetto di nuova comunicazione che ha una data di avvio precisa: il 27 aprile del 2011. "Quel giorno parte il nuovo sito ufficiale e inizia il nostro intenso lavoro sul web, dove la Juventus in poco tempo da marchio semplicemente passivo diventa tra i più attrattivi e a maggiore interazione". La scelta strategica è stata fatta l'anno prima, quando Andrea Agnelli, appena nominato presidente (il 19 maggio 2010), chiama Albanese - con cui già aveva lavorato con un rapporto di consulenza tramite la carlobruno&associati, nota società specializzata in strategie di comunicazione di cui il giovane manager era partner e amministratore delegato - e gli propone di andare alla Juve. "In quegli anni la Juventus", ricorda Albanese, "aveva una presenza minima sul digitale, ma era uno dei nomi più cliccati, come il calcio in genere". Da qui la scelta di affidare il progetto di sviluppo sul web a Federico Palomba (manager con esperienze in Ferrari, Google Italia e Rcs-Corriere della Sera.it). "La startup parte non in un momento di gloria sportiva, ma quando la squadra era settima in classilica. Andrea Agnelli ha dato il via libera pur sapendo che ci esponevamo ai rischi che sono insiti nel sistema dei social: quello di essere, per esempio, molto criticati. Ma il web è questo e va accettato. Abbiamo fatto un paio di anni di forte sviluppo, forti investimenti e oggi l'area digitale è uscita dalla fase di startup per entrare in quella delle revenue che fa capo a Francesco Calvo". Infatti il sito oltre a sviluppare un continuo lavoro informativo sulla squadra, i campioni, con un intenso storytelling che usa criteri giornalistici, di dialogo con i tifosi a cui fornisce informazioni e statistiche per soddisfare anche i veri maniaci, è il luogo di promozione delle membership (divise secondo vari livelli di partecipazione), del merchandising on line e anche vetrina dei numerosi partner e sponsor (prima di tutti Jeep che sul sito comunica "Top Of The World. The Jeep® brand is proud to team with the Juventus Football Club").

"Con l'arrivo di Internet e delle nuove tecnologie", spiega Federico Palomba, responsabile del digitale all'interno della direzione Comunicazione della Juventus, a capo di un team di undici persone tra addetti al marketing e ai prodotti digitali, "è cambiato tutto nel calcio, che prima era un fenomeno mediaticamente esposto ma in modo passivo. Il percorso fatto negli ultimi quattro anni ci ha portato nella classifica dei dieci club sportivi, non solo di calcio ma anche degli sport americani, che hanno sul digitale le audience maggiori a livello mondiale". La Juventus diffonde attualmente i suoi contenuti sui principali social network in sei lingue (italiano, inglese, spagnolo, giapponese, indonesiano e cinese). E non si tratta di una semplice traduzione, perché si studiano contenuti e attività specifiche per ogni Paese. Proprio in Cina da pochi giorni sono stati stretti accordi con altri due social network, dopo Tencent Weibo, un servizio di microblogging sul modello di Twitter che nel gennaio 2013 ha raggiunto 540 milioni di utenti. Inoltre, su YouTube ha un canale dove pubblica i video della Juve che è quinto nel mondo dello sport per numero di iscritti.

Sono 22,6 milioni le persone che seguono la Juve sui social, secondo le analisi di Reputation Manager, specialista nell'analizzare i trend della reputazione on line. I 22,6 milioni sono così distribuiti: 18.833.758 di fan sulla pagina ufficiale Juventus su Facebook, 1.935.983 followers dell'account @juventusfc su Twitter, 1.498.502 follower su Instagram e 357.432 iscritti al canale YouTube. In una settimana 850.795 persone parlano della Juve su Facebook, e su Twitter ogni messaggio del club ottiene in media 208 reazioni tra retweet e mentions. Solo nel mese di maggio sono stati 46.288 i tweet dedicati alla Juve. L'ondata di cinguettii è iniziata il 4 maggio, prima della semifinale con il Real Madrid, quando proprio dall'account ufficiale della Juve è stato lanciato l'hashtag #SeAndiamoInFinale che invitava i tifosi a scrivere cosa sarebbero stati disposti a fare se la Juve fosse arrivata in finale. L'account ufficiale della Juve su Twitter ha saputo coinvolgere i tifosi stimolandoli quotidianamente a interagire, e ricevendo così 5.190 mentions e 4.375 retweet. 'Sponsor' social dell'iniziativa del club è diventato Nicolò De Marchi, il tifoso che è andato in bici dall'Italia a Berlino. Il ragazzo su Twitter aveva scritto alla Juve: "#SeAndiamoInFinale vado a Berlino a piedi". Sfida raccolta dal club che, alla fine del viaggio, gli ha regalato un biglietto per la finale di Champions.

In totale sono stati creati più di 200 hashtag dai tifosi per commentare le vicende della Juve, tra i quali: #UCL, #JuveReal, #FinoAllaFinale, #finoAllaFine, #Juveinfinale, #AndiamoABerlino, #ForzaJuve, #ChampionsLeague, #bombersdoitbetter, #SeVinciamoLaFinale.

Con Albanese lavorano otto persone, di cui cinque all'ufficio stampa guidato dn Enrica Tarchi, che gestisce un grande lavoro che comprende le conferenze stampa, le interviste con i dirigenti e con i giocatori, ma anche gli aspetti della comunicazione societaria e finanziaria.

 

Giornalisti e social network

"A chi non è capitato, mentre attendeva nel dopo partita il protagonista da intervistare, sentire vibrare il cellulare per l'arrivo di un tweet con una dichiarazione del giocatore?". Paolo Condò, primo inviato per il calcio del giornalaccio rosa, ammette che "quella coi social è una sfida che possiamo vincere solo se saremo capaci di alzare il livello del la nostra professionalità e giocare in campo aperto".

Un po' di nostalgia dei vecchi tempi ce l'ha il direttore di Tuttosport, Vittorio Oreggia. "Non so se dirlo con felicità o con tristezza", osserva, "ma era più bella la linea del 'buco', da dare e da prendere. Con l'avvento delle Rete da un lato, e dall'altro di Sky, la realtà del terzo millennio, non è praticamente possibile essere i soli ad avere una notizia".

Dal canto suo il direttore del Guerin Sportivo Matteo Marani sottolinea che la Juventus è stata la prima in Italia ad aver intuito le potenzialità di crescita con l'avvento della Rete. "Ha capito che oggi bisogna interagire con i propri tifosi e in questo senso il nuovo stadio è diventato uno dei veicoli di questa nuova comunicazione, sul modello americano e dei grandi club spagnoli, inglesi e tedeschi".

Un altro frequentatore assiduo dello Juventus Stadlum è Giovanni Guardalà, inviato di Sky. Il suo è un osservatorio privilegiato perché i diritti televisivi rappresentano più del 45% degli introiti e la copertura informativa prevista dal contratto firmato dalla Lega Calcio impone una serie di obblighi che agevolano il lavoro del giornalista. "La Juventus è una società che per restare ai vertici deve anche garantire una copertura informativa a 360 gradi. E sta assolvendo in pieno a questo compito la struttura messa in piedi dai due giovani eredi".

Per un altro esponente di Sky, Federico Ferri, già inviato che seguiva la Juventus e oggi responsabile eventi Calcio, l'evoluzione del rapporto con i mass media è stato un passaggio obbligato per la Juventus per inserirsi pienamente nella realtà europea e mondiale.

Secondo Maurizio Crosetti di Repubblica, il calcio-spettacolo e il calcio-impresa di oggi hanno portato a una comunicazione più istituzionale. "Una volta", ricorda, "quando partecipavamo a una conferenza stampa, eravamo spesso affiancati non da addetti stampa ma addetti contro la stampa. La Juventus è oggi un club nel centro della modernità, che cavalca, secondo parametri che non consentono più di essere contro la stampa".

marchetta.jpg

Modificato da Ghost Dog

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chi sei ?

dove vai ?

cosa hai ?

un fiorino

 

mah

io vorrei sapere chi ti ha fatto entrare

anzi chi ti ha fatto uscire

da dove ???

lo sai

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EAfnyV3w.jpg

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EAfnyV3w.jpg

ed è un co*****e................ per il forum

 

avenne di co*****i .............................

 

AA sempre più assente

in altre faccende affaccendato

e con ragione

la juve è un orticello anzi un orto da balcone

speriamo che abbia costruito una solida società

ora ha da chiudere calciopoli poi ci saluta

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Inviato (modificato)

Ieri, sceso dalla metro Linea 1 al capolinea Lingotto son salito in superficie per prendere il bus.

Siccome c'era d'attendendere ho fatto una camminata fino alla fermata precedente e sono passato davanti al cancello carrario (che viene subito prima - tecnicamente dopo - del famigerato civico 250 di Via Nizza - quest'ultimo ingresso pedonale, pricipale, di rappresentanza ma inutilizzato) e ho notato le due targhe affisse: "EXOR" e "Fondazione Giovanni Agnelli" (poi le ho notate anche al civico 250, non credete!).

Ho notato anche il custode/vigilante davanti la porta della portineria posta al lato del cancello mentre parlava al cellulare.

Era di carnagione abbastanza scura tale da farlo identificare a distanza come nordafricano o mediorientale piuttosto che italiano abbronzato, ma poco importa.

Importa che mi sono ritrovato a immaginare l'omino, estremista suicida, che imbottito di tritolo si fa saltare al passaggio dell'auto di Jaki urlando "La Juve è grande"!

Un estremista bianconero pronto ad immolarsi contro il principale oppressore della vera fede calcistica! sefz

Mi son messo a ridere come un deficiente ma per fortuna a guardarmi c'era solo un signore simil-peruviano (detto col massimo rispetto) che sbraitava contro il bambino che aveva con se e che buttava sempre le chiavi di casa a terra.

Per la cronaca: il simil-peruviano aveva una maglietta nera e azzurra che...... faceva pensare male!

Modificato da gobbo_dal_76
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Ieri, sceso dalla metro Linea 1 al capolinea Lingotto son salito in superficie per prendere il bus.

Siccome c'era d'attendendere ho fatto una camminata fino alla fermata precedente e sono passato davanti al cancello carrario (che viene subito prima - tecnicamente dopo - del famigerato civico 250 di Via Nizza - quest'ultimo ingresso pedonale, pricipale, di rappresentanza ma inutilizzato) e ho notato le due targhe affisse: "EXOR" e "Fondazione Giovanni Agnelli" (poi le ho notate anche al civico 250, non credete!).

Ho notato anche il custode/vigilante davanti la porta della portineria posta al lato del cancello mentre parlava al cellulare.

Era di carnagione abbastanza scura tale da farlo identificare a distanza come nordafricano o mediorientale piuttosto che italiano abbronzato, ma poco importa.

Importa che mi sono ritrovato a immaginare l'omino, estremista suicida, che imbottito di tritolo si fa saltare al passaggio dell'auto di Jaki urlando "La Juve è grande"!

Un estremista bianconero pronto ad immolarsi contro il principale oppressore della vera fede calcistica! sefz

Mi son messo a ridere come un deficiente ma per fortuna a guardarmi c'era solo un signore simil-peruviano (detto col massimo rispetto) che sbraitava contro il bambino che aveva con se e che buttava sempre le chiavi di casa a terra.

Per la cronaca: il simil-peruviano aveva una maglietta nera e azzurra che...... faceva pensare male!

La propaganda dei cattivoni padroni juventini contro la umanita' ed onesta' dei mer(d)azzurri.

Guarda ora ti diro' qualcosa che molti italiani e juventini non saranno contenti di ascoltare perche' tifosi delle squadre "inglesi" degli Stati Uniti credendo che siano americane ;). Allora devi sapere che qua negli USA ci sono le squadre di New York e le squadre del New England ( un sacco di stati nel Nord Est degli Usa dove Boston la fa da padrone). Tutti i sudamericani che fanno i lavori piu' umili a New York in particolare ed in altri stati del nord est sono tifosi delle squadre inglesi di Boston, Red Sox di baseball, Celtics di Basket, Patriots di NFL, ed odiano le squadre americane di New York, Yankees di baseball, Giants di NFL. Loro credono che gli onesti di Boston sono migliori dei "padroni" di New York. A proposito gli Yankees sono odiati e discriminati a cominciare dal Nord Est proprio come la Juve. E quelli del Nord Est fottono e vanno in carrozza proprio come i prescritti, i riomanisti (vedi Pallotta quale squadra italiana ha comprato), ed i napolisti. Non ti dico,  di quali squadre sono i beniamini della stampa americana. Lo lascio indovinare a te!

 

Ti do' solo un esempio, i Patriots di NFL di Boston, il cui quaterback Tom Brady, osannato dalla stampa usa, e' stato ritenuto colpevole di essere arrivato in finale del superbowl dopo aver sgonfiato a posta il pallone nei turni precedenti alla finale. La finale e' stata vinta da loro. Chi ha indagato ha fatto prima giocare la finale, gliel'ha fatta vincere e poi alla fine lo hanno squalificato per 4 turni per il l'inizio del nuovo campionato. Ti assicuro che se fosse successo ad una squadra di New York avrebbero chiesto la restituzione del titolo come prima cosa.

 

Ora, cio' che ti ho scritto, rapportato in Italia, ti ricorda qualcosa?

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Ma io dico una cosa, no anzi due. La prima, ma perche' lo strafatto non si fa i kazzi suoi. Due, ma perche' lo strafatto non mette becco negli affare dei tronketto e dei moratti?

 

PS: Logicamente la mia e' una domanda retorica ;)

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Infatti sono gli affari, o molti di essi, che si spostano all'estero, o comunque si estendono nel mondo. Ma loro in realtà non vogliono perdere il potere che hanno qui in Italia....

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Infatti sono gli affari, o molti di essi, che si spostano all'estero, o comunque si estendono nel mondo. Ma loro in realtà non vogliono perdere il potere che hanno qui in Italia....

Ma l'estero, cioe' il mondo sara' piu' grande dell'Italia? Allora e' logico che, in questa epoca della globalizzazione, se una societa' e' gia' forte e presente in Italia, ed e' gia' internazionale per ingrandirsi e fare piu' affari, per forza di cosa si deve spostare all'estero. Ma che non si preoccupassero sia lo strafatto che landini, Exor avra' sempre potere qui in Italia. Non lo venderanno ai concorrenti esteri oppure a tronketto, moratti o monnezzemolo

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Pasquale Gallo: "Io, testimone di Calciopoli. Avvoltoi aspettavano morte di Gianni e Umberto Agnelli. Processi rapidi per mettere in atto proposito atteso da 90 anni"

 

Sulle pagine del suo sito internet, il procuratore Pasquale Gallo ha affrontato il tema Calciopoli. Ecco le sue parole da pasqualegallo.net:  "Non passa giorno che il ricordo del 2006 non turbi il mio naturale umore ed immenso diventa lo sforzo per mantenere un apparente equilibrio. Sto lavorando sodo affinchè per Natale 2015 possiate leggere un racconto; per esser precisi il mio racconto perché, mio malgrado, spettatore e al tempo stesso "testimone" di alcuni momenti maggiormente significativi di quella brutta storiaccia. Perché non si materializzasse quella calamità, Gianni ed Umberto Agnelli avrebbero dovuto possedere il dono dell'immortalità: gli avvoltoi erano ovviamente consapevoli che l'eternità non esiste ed erano già da tempo organizzati per poter colpire con violenza inaudita e soprattutto per ribaltare la verità a loro esclusivo vantaggio. Che ognuno di noi abbia dei nemici si è tutti consapevoli. Ma la vera drammaticità (che non sarà mai superata da "quelli che sanno") si avverte nel momento in cui la mente con la sua intelligenza (dal latino intelligere, ossia unire i punti distanti tra loro per ottenere una immagine netta) realizza che il nemico è più vicino di quanto si sia potuto immaginare (a volte in casa) e capace di lotte fratricide per il potere. Come su accennato nel prossimo futuro chiarirò quali sono i punti da unire e se non sarà sufficiente il capitolo (del libro) dedicato all'argomento, lavorerò per la pubblicazione di una "dispensa" sul tema. La vera calciopoli è iniziata (sviluppandosi fino all'incendio) dopo l'anno 2006. A volte, con le dovute proporzioni ed argomentazioni di natura maledettamente diversa, scorgo un parallelismo con gli stravolgimenti politici. Questi ultimi avvengono per la sostituzione cruenta (quando non è possibile quella democratica) dei governi con gruppi nuovi che, stanchi nell'attesa da decenni ricorrono a qualsiasi mezzo per assaltare il palazzo. Non ho mai considerato questi atti come sentimento d'amore, di ambizione e di odio si! Ricordate il ministro Melandri affermare che ci sarebbero state sentenze esemplari? Che nessun colpo di spugna sarebbe stato possibile pur di eliminare il marcio? Ed infatti mai come allora si fece tutto maledettamente in fretta per mettere in atto un proposito atteso da novant'anni: punire la Juventus ed il suo mondo. Fu la mancata difesa a lasciare inebetiti ed in taluni casi a stroncare la passione del popolo di fede juventina. In qualsiasi argomentazione l'antipatia, l'avversione ed altri sentimenti simili sono anche comprensibili, ma l'odio così forte giammai! Sto dissertando di calcio e non di guerre. L'analisi degli avvenimenti degli ultimi nove anni ci sballotta dalla finale di Berlino con in campo una Juventus al completo tra le formazioni dell'Italia e della Francia ad una attualità che certifica la nostra discesa agli inferi (sportivi) nel ranking europeo e mondiale: corruzione, tribunale, vertenze, processi sportivi e non, dirigenze posizionate immeritatamente ad alti livelli e, per completare il quadro, istituzioni sportive che senza carisma confondono ancor di più il popolo di appassionati con l'esibizione di un potere arrogante. Quanti discorsi etici, quanti conflitti di interessi, quali curriculum vitae a dir poco discutibili. Ma apprendo che tra qualche giorno riprendono i processi finalizzati ovviamente alla (ri)pulizia del mondo del calcio, un esercizio noiosamente ricorrente che vedrà emergere soggetti nuovi tutti da scoprire, ovviamente fino a nuove inchieste. Ma davvero ci siamo? O ci fanno? E' sempre l'Italia del gattopardo, anzi no!Abbiamo insegnato bene al mondo come si fa finta di cambiare senza che nulla cambi!".

 

http://www.tuttojuve...o-atteso-247579

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Ma fa che sono tutti questi investimenti, ultimo la Continassa, che non ci permettono di rafforzarci? Mi spiego meglio. Noi sappiamo che una Juve forte e' controproducente per la vendita di veicoli Fiat in Italia, come disse nel 2003 o 2004 un dirigente della Fiat. Fa che la Exor per comprare di tutto e di piu' non vuole avere una Juve forte intorno, che potrebbe attirare troppi occhi indiscreti sul gruppo? .penso

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Ma fa che sono tutti questi investimenti, ultimo la Continassa, che non ci permettono di rafforzarci? Mi spiego meglio. Noi sappiamo che una Juve forte e' controproducente per la vendita di veicoli Fiat in Italia, come disse nel 2003 o 2004 un dirigente della Fiat. Fa che la Exor per comprare di tutto e di piu' non vuole avere una Juve forte intorno, che potrebbe attirare troppi occhi indiscreti sul gruppo? .penso

boni boni

se qwuesta è una juve perdente

w i perdenti

 

siamo anni luce avanti agli altri come lo è la sacra famiglia

e lo dico a malincuore poichè dopo li loro c'è il vuoto pneumatico

al livello politico finanziario economico dirigenziale etc etc  etc etc etc

 

poichè qui io sto ..................vedo nero anzi non vedo più nulla sefz

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EXOR Nel giro di un anno la galassia torinese è stata rivoluzionata

secondo il piano ideato da Elkann e Marchionne. Per completarlo

serve la mossa decisiva: l'aggregazione di Fca con un big dell'auto

Manca il colpo grosso

di LUCIANO MONDELLINI (MILANO FINANZA 08-08-2015)

 

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What a difference a year makes, ripetono inglesi e americani quando notano che nel giro di soli 12 mesi qualcosa è cambiato a tal punto da essere quasi irriconoscibile. Il detto stavolta fa al caso della dinastia Agnelli,  che nell’ultimo anno ha trasformato il perimetro dei propri interessi sposandone il baricentro sempre più verso gli Stati Uniti.

Il 1° agosto 2014 l’ultima assemblea degli azionisti Fiat tenuta a Torino sancì non solo la nascita di Fca, dalla fusione tra Fiat e Chrysler, ma anche lo spostamento definitivo dal capoluogo piemontese di una società che ha ormai sede legale nei Paesi Bassi e sede fiscale nel Regno Unito. Oggi, quasi un anno dopo da quella riunione, la galassia della famiglia piemontese è cambiata profondamente. In ottobre Fca è stata quotata a New York (Milano è ora solo il listing secondario) e nel contempo l’amministratore delegato Sergio Marchionne ha annunciato la quotazione della controllata Ferrari (che avverrà a New York il prossimo ottobre) e lo scorporo della casa di Maranello da Fca. La Rossa finirà così nel 2016 sotto il controllo diretto della holding Exor, che, a riprova della fase di grande fermento attraversata dal mondo Fca, nel frattempo non è rimasta ferma, anzi. La holding nei mesi scorsi ha venduto l’immobiliare newyorchese Cushman&Wakefield  (il closing è atteso entro il 2015), ha acquistato la società di riassicurazione PartnerRe (anche qui il closing è atteso nei mesi prossimi) e ha annunciato di voler salire nell’azionariato dell’Economist sino al 50% dall’attuale 4%. Nel contempo ha continuato a investire mediante la controllata Almacantar nel mercato immobiliare londinese puntando 781 milioni nella ristrutturazione di un’area da 174 mila quadri nel cuore della capitale inglese.

Insomma, nel 2016 il reticolo ufficiale delle partecipazioni di Exor dovrebbe essere quello nel grafico in pagina. Però tutto quello che è stato fatto finora è soltanto una tappa intermedia nell’ambito del processo di trasformazione del Lingotto ideato da John Elkann e Marchionne. Il punto chiave del riassetto dev’essere infatti ancora affrontato ed è rappresentato dall’aggregazione di Fca con un gruppo più grande in modo da creare una casa automobilistica globale che sia in grado di reggere meglio le fortissime pressioni competitive nel settore.

Questo giornale aveva indicato immediatamente l’intenzione di Fca di andare a nuove nozze non appena, nell’ottobre 2014, Marchionne annunciò lo scorporo di Ferrari. L’idea degli Agnelli-Elkann infatti era: portiamo sotto il controllo di Exor, ossia la cassaforte di famiglia, il gioiello Ferrari  e  fondiamo Fca (senza la gemma più splendente) con un’altra casa auto diventando uno dei grandi soci di un colosso internazionale delle quattroruote. Un’idea che nei mesi successivi fu esplicitamente espressa da Marchionne, quando, in occasione della pubblicazione della prima trimestrale 2015, il manager annunciò che il settore auto così come è ora non ripaga il capitale investito e quindi necessita con urgenza di un altro round di consolidamento. Il problema è che nessuno tra i ceo delle altre case auto sembra avere le stesse convinzioni di Marchionne. Così si spiega la serie di rifiuti incassati negli ultimi mesi dal manager italo-canadese e la sensazione che non sarà facile trovare marito per Fca. Tanto più che il rifiuto più pesante è stato quello espresso da Mary Barra, ceo di quella General Motors che da Marchionne viene considerata il partner ideale per Fca.

Qualche osservatore (v. S.Feltri) ha voluto mettere in relazione il successo di Exor nella battaglia su PartnerRe con il futuro di Fca, segnalando che la conquista della società di riassicurazione quotata a New York farà entrare la holding torinese nel salotto buono della finanza statunitense facilitando il pressing nei confronti dei fondi presenti nell’azionariato di General Motors, in modo che questi ultimi a loro volta spingano Barra ad accettare una fusione che apertamente non vuole. In realtà però l’asso nella manica di Marchionne è di natura tutta politica. General Motors infatti ha una capitalizzazione di circa 50 miliardi di dollari contro i 21 di Fca e sul mercato americano i margini di Fiat Chrysler sono del 3,7%, la metà rispetto a quelli di GM. Insomma, una fusione «tra pari» appare impraticabile, quindi non resta che una «vendita», seppur mascherata. E Obama, considerando anche tutti gli sforzi fatti nel 2009 dalla sua amministrazione quando decise di salvare Chrysler affidandola a Marchionne e sborsando soldi pubblici, ora non può permettersi di ignorare una Fca «in vendita» né in odore di instabilità. Specie in prossimità delle elezioni presidenziali americane (a gennaio inizieranno le primarie). Dunque: è nell’interesse della stessa Casa Bianca un’operazione che tramite una moral suasion governativa unisca Chrysler con GM, l’altra casa automobilistica statunitense salvata con soldi pubblici e ora tornata al profitto. Politicamente mettere in sicurezza Fca appare come la soluzione perfetta per i democratici americani.

Se tutto ciò non si concretizzasse, Marchionne si ritroverebbe ad affrontare da solo il piano industriale al 2018 che dal 2016 dovrebbe portare al lancio di sette nuovi modelli Alfa Romeo (oltre alla nuova Giulia, presentata di recente); un piano di non facile realizzazione che era stato bollato immediatamente come «troppo ambizioso» nei circoli finanziari internazionali.

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Ma fa che sono tutti questi investimenti, ultimo la Continassa, che non ci permettono di rafforzarci? Mi spiego meglio. Noi sappiamo che una Juve forte e' controproducente per la vendita di veicoli Fiat in Italia, come disse nel 2003 o 2004 un dirigente della Fiat. Fa che la Exor per comprare di tutto e di piu' non vuole avere una Juve forte intorno, che potrebbe attirare troppi occhi indiscreti sul gruppo? .penso

 

Non credo: ordini di grandezza tanto diversi. Quando è servita una linea di credito buona alla Juventus Exor è intervenuta, anche con gli aumenti di capitale precedenti.

L'unico peccato vero è la sponsorizzazione Jeep a prezzo irrisorio rispetto alle dinamiche internazionali.

Onestamente, credo che la Juventus stia operando in questa dimensione economica cum grano salis, a differenza di altre realtà italiane.

 

 

P.s.

Piuttosto l'ultima analisi di Mondellini di MF che porta la EXOR ad influenzare direttamente la politica ammerigana mi lascia un po' basito.

Modificato da Ghost Dog

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Se quando fai gli affari, non coinvolgi i Rotschild, qualcosa di brutto puo' capitare a te o alla tua famiglia ;)

 

Edit:

In October 1910, a group of seven men, all senior players in the Rothschild and Rockefeller financial dynasties, met in strict secrecy on a private island off the coast of Georgia, USA. Their brief was to create an organization to usurp the power to create and print money, until then solely a function of the US government. This organization was to be named 'The Federal Reserve Bank'. This plan however, had several extremely powerful, high-profile opponents who stood in the way of these banker's goals.

In the meantime, John Pierpoint (JP) Morgan, another American high-financier, involved in the Federal Reserve scheme, who also happened to own the British-based White Star shipping line, had commissioned a series of 'super-liners', the Olympic class, in an attempt to gain the lion's share of the highly lucrative Atlantic-crossing market. The speculative investment involved in this project was immense.

However, in September 1911, before the second one of the planned three 'sisters', RMS Titanic had been completed, Morgan's plans were dealt a massive financial blow when RMS Olympic, the first of the 'sister' ships off the production line was involved in a disastrous collision with a Royal Navy cruiser, HMS Hawke.

And so, the scene was set for one of the greatest deceptions ever perpetrated... in the 100th anniversary year, John presents information and evidence that seriously questions the official account in the history books.

 

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Il Nipotissimo punta in alto

Sette miliardi per PartnerRe negli Usa, poi l’Economist. Gli Agnelli guidati

da John Elkann tornano alla grande sul palcoscenico internazionale. E ora...

di STEFANO CINGOLANI (PANORAMA 26-08-2015)

Sono trascorsi sette anni da quando ha preso lo scettro e sei dall’operazione Fiat-Chrysler, in tutto questo tempo John Elkann ha cercato di disegnare un futuro oltre la Fiat. Le ultime mosse stanno trasformando la Exor in una conglomerata che si regge su quattro pilastri: l’industria grazie alle quote di controllo di Fca (auto) e Cnh (macchine movimento terra); la finanza attraverso la compagnia americana di riassicurazione Partner Re, Banca Leonardo e l’immobiliare Almacantar; l’editoria con l’obiettivo di creare un gruppo internazionale; il lusso attorno un brand come Ferrari. Ma non è finita qui.

Mettendo insieme tutti i settori di attività, il gruppo Exor è al numero venti nella classifica delle multinazionali, con 122 miliardi di euro, il 92 per cento dei quali realizzati all’estero. Più difficile calcolare il suo valore in borsa, almeno finché le nuove acquisizioni non verranno contabilizzate: oggi capitalizza 13 miliardi di euro e viaggia verso i venti. Una taglia ancora piccola (General Electric, dove il giovane John Jacob s’è fatto le ossa, e che resta un modello di riferimento, è quotata 260 miliardi); per giocare al risiko globale dovrà crescere e consolidarsi.

Elkann ha mostrato una tempra che pochi erano disposti a riconoscergli. I «fiatologi» ricordano il ragazzo riccioluto che sedeva silenzioso e timido nei consigli di amministrazione dove lo portava il cursus honorum preparato da nonno Gianni. Per tutti era Jaki, ora è l’ingegnere, come lo chiamano in azienda.

Ridotta a una scatola finanziaria, la holding è stata rimpolpata da Sergio Marchionne, vicepresidente operativo insieme ad Alessandro Nasi, e oggi è piena di attività, ma anche di debiti. Per acquisire Partner Re ha pagato 6,9 miliardi, quattro usciti dalla capogruppo grazie alla vendita della compagnia immobiliare americana Cushman & Wakefield, il resto preso in prestito.

Secondo Mediobanca, nel 2014 la Exor era la più indebitata tra le grandi compagnie che hanno origine in Italia: con 60 miliardi di euro superava Enel; anche togliendo la liquidità e i titoli emessi si arriva a 29 miliardi, peggio di Telecom. Il rating attribuito dalla Standard & Poor’s resta molto basso: BBB+ con outlook negativo. In buona parte è colpa di Fiat- Chrysler, ma l’espansione aggressiva degli ultimi anni si è fatta sentire.

La novità più rilevante, anche per la eco nel circo politico-mediatico mondiale, riguarda l’editoria. Elkann è entrato in punta di piedi nel consiglio di amministrazione della News Corp di Rupert Murdoch, e cinque anni fa ha acquisito il 4,7 per cento dell’Economist Group che lo ha fatto sedere accanto ai Rothschild, ai Cadbury, agli Schroder. Non appena Pearson ha annunciato la vendita del suo 50 per cento, è apparso chiaro che l’erede di Gianni Agnelli faceva sul serio. Diventando primo azionista dell’Economist con il 43,4 pagato 405 milioni di euro presi dalla cassa Exor, ha dato sostanza all’ambizione di diventare un editore internazionale.

Le partecipazioni nei media andranno riorganizzate sotto una vera holding editoriale. Oggi comprendono anche una società di produzione tv, la Banijay, una quota di Random House e di Le Monde, oltre a La Stampa, Il Secolo XIX e il 16,7 per cento nel Corriere della Sera. Un tentativo di accorpare Rcs e Italiana editrice, che sono ancora in Fca, non è riuscito per l’opposizione di azionisti come Diego Della Valle da un lato e Giovanni Bazoli dall’altro. Ma è probabile che la razionalizzazione avvenga dall’estero, come è accaduto alla Fiat.

La conquista dell’Economist covava da tempo anche se è apparsa repentina. È stata possibile rassicurando Lynn Forester de Rothschild, moglie americana del barone Evelyn, e utilizzando la buona parola di un uomo chiave come Henry Kissinger importantissimo per l’Avvocato fin dagli anni ‘70 e ancor oggi per i suoi eredi (è «il padrino americano» secondo il Financial Times). Nello studio del vecchio dottor Stranamore è passato il giovane Obama, anche questo è servito quando la Fiat si è presa la Chrysler senza sborsare un centesimo.

Quel matrimonio è stato un successo, adesso però il vento comincia a cambiare e diventa inevitabile una fusione tra Fca e un altro grande gruppo. Marchionne ha già bussato alla porta di General Motors. Se andrà in porto, la famiglia Agnelli diverrebbe azionista di minoranza nel nuovo colosso, mentre il manager italocanadese potrebbe sedere sul trono di Detroit con in tasca un pacchetto consistente di azioni Ferrari dopo lo scorporo e la quotazione in borsa. Ecco perché è così urgente diversificare le attività attorno a una strategia chiara.

Ci vogliono i quattrini, ma anche le buone relazioni che a Elkann non mancano. Il gelido ingegnere non possiede l’ironia, l’apparente distacco e lo charme dell’Avvocato; in cambio, non lo annoia studiare i dossier. Quanto all’audace sfrontatezza, ci pensa Marchionne.

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ALL'ITALIA provincialotta mafiosetta cialtronetta

qusta ascesa non va giù

non ha termini di paragone

è ......altra

certamente stanno facendo un triplo salto mortale caroiato con avvitamento multiplo

.penso.oddio

però se va bene............... bene

se va male andranno ai caraibi con villa piscina et accessori degni

io non ci capisco nulla ma se la exor è amministrata come la juve

sono a posto

 

forse c'è stataun poco di fortuna

ma bisogna riconoscere che al di la del tifo la juve è avanti anni luce alle altre

 

perlomeno qualcosa tocca anche a noi

che rimaniamo qui in questo paese alla deriva

senza nocchiero senza timone

vabbuò come diceva la teresina

domani è un altro giorno ........rossella

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