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Ghost Dog

Tifoso Juventus
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  1. la sentenzaGiraudo di VALERIO PICCIONI (GaSport 29-03-2013) INCHIESTA CALCIOPOLI IMPERFETTA MA NON È UN COLPO DI SPUGNA C’è Inter-Juve e come sempre, ecco il fantasma di calciopoli che si riaffaccia. Anche perché, fra sentenze, motivazioni, appelli vari ed eventuali, la parola è sempre attuale. Ieri Roberto Beccantini in questa pagina ha rappresentato con grande concretezza lo stato d’animo del tifoso juventino perplesso e dell’osservatore sconcertato, assediato dai punti interrogativi dopo tanti mesi di intercettazioni dimenticate e pronunciamenti giudiziari, sempre colpevolisti, ma ogni volta con qualche distinguo o assoluzione fatta apposta per alimentare dubbi e contraddizioni. Dirigenti condannati, arbitri assolti. «Associazione a delinquere» viva e vegeta senza però prove di partite truccate. Schede svizzere determinanti una volta e ininfluenti l’altra. Ma basta tutto questo per giungere alla conclusione che calciopoli non sia mai esistita? Non è solo una questione di sentenze, che pure sono undici (sei sportive, una ordinaria di rito ordinario, due di rito abbreviato, una del Tar, più quella della Corte dei Conti) e tutte, seppure con motivazioni diverse, hanno sposato almeno parzialmente l’idea della colpevolezza. E’ che quella stagione, con i suoi ripetuti incontri «istituzionali» fra dirigenti e designatori, le sue telefonate su utenze di cui comunque un comune mortale non ha bisogno di servirsi, o all’una di notte, o nell’avvicinarsi delle partite, il tentativo di colpire tutti coloro che non si omologavano a un certo tipo di sistema, ci appare davvero troppo lontana da un’idea di «normalità ». Naturalmente la traduzione giudiziaria di tutto questo spetta alla magistratura, fino all’ultimo (il 24 maggio c’è un’altra puntata, l’appello del rito ordinario, quello di Moggi). Naturalmente non tutte le posizioni sono uguali, come le stesse sentenze hanno dimostrato, scagionando diversi protagonisti. E più di qualche dubbio sulle modalità dell’inchiesta ce l’abbiamo pure noi. Per non parlare degli errori macroscopici compiuti dall’istituzione sportiva— vedi l’assegnazione dello scudetto 2006 all’Inter — e che avrebbero potuto essere evitati anche prima delle intercettazioni bis. Ma di qui al colpo di spugna ci pare che ce ne corra. Per non parlare di quest’idea secondo la quale siccome tutti lo fanno allora non l’ha fatto nessuno, un manifesto che tollera ogni comportamento. Una cultura dell’alibi che giustifica tutto e tutti. E che il calcio, ma un bel po’ di questo Paese, conosce a memoria.
  2. IL CASO E IN BELGIO È TRATTA DI GIOVANI AFRICANI L’Eupen è controllato dall’Aspire, l’accademia dei proprietari del Psg. Ma quanti dubbi sui 17 ragazzi del ’94 in rosa di ALESSANDRO GRANDESSO (EXTRATIME 26-03-2013) Non c’è Beckham, neppure Ibrahimovic e Lavezzi. Non sono primi in classifica, né ai quarti di Champions League. Ma l’Eupen, 6° in serie B belga, con in rosa tantissimi ragazzini africani, quasi tutti del ’94, è comunque imparentato col Psg stellare di Ancelotti. Lo scorso anno è stato rilevato dell’accademia Aspire, fondata da Tamim Bin Hamad Al-Thani, lo sceicco proprietario del Psg. Non uno sfizio, ma una tappa cruciale del piano di formazione di nuovi talenti che Doha preleva in giro per i Paesi del terzo mondo, essenzialmente in Africa, con l’idea di farne giocatori professionisti, magari da naturalizzare in vista del Mondiale 2022. Torbida provvidenza Almeno quelli più talentuosi. Gli altri, invece, rischiano forse di fare la fine degli operai dei cantieri degli stadi qatarioti. Per lo meno secondo France Football, che punta il dito contro una strategia espansionistica con pochi scrupoli. L’Eupen infatti la scorsa stagione stava per estinguersi. Il proprietario, Ingo Klein, era in carcere per truffa. L’approccio dell’Aspire è stato provvidenziale, ma impostato da Luciano D’Onofrio, un procuratore «cui - scrive il magazine francese – è vietato esercitare la professione, già condannato per il processo sui conti occulti del Marsiglia, sotto inchiesta per un giro di riciclaggio di denaro sporco». Poco importa, l’operazione va in porto permettendo così di concretizzare la fase finale del programma «Football Dreams», ovvero l’inserimento nel mondo professionistico. Li naturalizzano? Così all’Eupen sono sbarcati 17 giocatori nuovi, tutti africani, tutti 18-19enni, tutti sotto contratto, ma per un solo anno. Il che solleva dubbi sulla politica qatariota, perché a Doha si scalda già la nuova sfornata di accademici, classe ’95. «Non li abbandoneremo – dichiarano i dirigenti che però hanno già fatto fuori la vecchia guardia – e non abbiamo intenzione di naturalizzarli». Ma il cambio di passaporto non è da escludere per il giovane difensore senegalese Diawandou Diagne, già a quota 26 presenze in questo campionato: «Nel calcio non bisogna mai dire mai». Sempre se si è all’altezza delle ambizioni dello sceicco.
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