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Borja Poohttana

Tifoso Juventus
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  1. Rabiot lo sa che non deve dettare lui i tempi di gioco?
  2. RONALDO – “Diciamo subito che margini per trattenerlo non ce n’erano. Certe decisioni non sono negoziabili e, in fondo, non sarebbe stato opportuno per il club, perché il club è più importante di qualsiasi cosa e rimarrà sempre, al di là dei giocatori. Quindi, per il bene del club era giusto concentrarci sul futuro e non trattenere Ronaldo. E la scelta di fronte alla quale ci siamo messi non era: esce Cristiano, come lo sostituiamo. Era: esce Cristiano, dobbiamo pensare ad anticipare un pezzo di futuro, quello che comunque avremmo costruito al termine di questa stagione, quando sarebbe scaduto il suo contratto. E così abbiamo fatto”. KEAN – “Lui sostituto di Ronaldo? Ecco, quello è proprio sbagliato. E si dovrebbe sgombrare il campo da questo ragionamento. Noi anticipiamo il futuro di un anno, non sostituiamo Ronaldo con Kean. Anche perché Ronaldo non è sostituibile, non credo che ci sarebbe stato sul mercato qualcuno di assimilabile a lui. Esce Cristiano e, diciamo, chiude una sorta di ciclo, di fase, di era CR7 alla Juve e se ne apre un altro, che non è la sostituzione di un calciatore con un altro di cui poi peso il valore e le differenze, ma un’operazione in linea con la direzione che comunque avremmo preso. Cercando di dare un segnale: riportare a casa un ragazzo che esce dall’attività di base del club, così che possa diventare un esempio per chi ne fa parte ora, il segnale che nella Juventus c’è spazio per chi cresce nel settore giovanile”. CARATTERE KEAN – “Allora, io mi assumo tutto il rischio di quello che sto per dire. Io conosco Kean da tantissimi anni e non voglio raccontarvi che sia un santo, ma nel calcio prendersi etichette è facilissimo, togliersele è difficilissimo. Io ho parlato con Leonardo e lui mi ha detto che Moise ha avuto un comportamento molto regolare. Parliamo di un ventenne che non avrà la maturità di un trentenne, ma lo conosco: è un ragazzo pieno di valori e, se trova il giusto ambiente, è un calciatore che può dare tanto. Io non vedo il bad boy di cui si parla”. ANCORA RONALDO – “Segnali prima dell’ultima settimana? Noi nella settimana prima di Udine avevamo segnali chiari sulla sua permanenza, per dire…”. MENDES – “Al lavoro da giugno? Vero, ma con segnali diversi. Ovvero, con segnali che non c’erano prospettive. Non voglio essere ipocrita e dire che gestire la situazione Ronaldo il 28 di agosto sia stato piacevole, se fosse successo un mese prima sarebbe stato meglio per tutti. L’abbiamo gestita a tre giorni dalla fine delle trattative, ma l’unico rischio potenziale è stato che un giocatore come Kean non fosse disponibile nell’ultima settimana di mercato. Dicono: eh, ma la Juve non era pronta a sostituire Ronaldo, doveva cautelarsi prima. Rispondo: ci sono tempi che non si possono gestire, voglio dire: non tutti i giocatori aspettano fino al 31 di agosto in attesa di capire se Ronaldo va o resta. Condizioni di cessione? Vorrei ricordare che negli ultimi anni molto spesso abbiamo anche pagato per chiudere un rapporto con un giocatore. Devo dire che come in tutte le operazioni c’è sempre qualcosa che si poteva fare meglio, ma so anche che, con altri club, non saremmo riusciti a ottenere nemmeno un indennizzo”. MANCHESTER CITY – “Non ce ne sarebbero state le condizioni. Lo United da questo punto di vista si è comportato in modo diverso, in un mercato nel quale ognuno tira i propri interessi, lo United si è comportato da club di tradizione. Poi, diciamocelo, una volta che Cristiano Ronaldo ci parla nel modo in cui ci ha parlato, non ci può essere epilogo diverso. In quei giorni è stato molto diretto, esprimendo la sua volontà e noi, come ho detto, abbiamo reagito pensando al bene del club e non il bene immediato, ma nell’ottica di uno sviluppo di un piano che poteva iniziare prima. Non potevamo costringere una persona a rimanere in un contesto che non riconosceva più. Con grandissimo rispetto di Ronaldo, cito quello che disse il presidente quando inaugurò il Museum: “La nostra storia è fatta da grandissimi campioni, allenatori e dirigenti, ma il club resta sempre la cosa più importante”. Questa è la filosofia che ci ha guidato anche in questa occasione”. ALLEGRI – “È una scelta precisa, anche per dare stabilità tecnica al progetto che negli ultimi anni non c’era stata. Pentiti? Se si guarda a posteriori, è sempre facile rimpiangere le scelte. Dico che in quel momento quelle scelte apparivano come le migliori, con il senno di poi…”. DE SCIGLIO E RUGANI – “De Sciglio e Rugani non stanno alla Juventus perché sono, come qualcuno dice, “invendibili”. Sono alla Juventus perché crediamo che siano dei valori aggiunti di questa rosa. Mattia De Sciglio ha delle qualità di assoluto livello e ha un’età per avere ancora ambizioni, per esempio il ritorno in Nazionale. Daniele Rugani ha giocato cento e più partite con la Juventus, si è sempre fatto trovare pronto e ha anche vinto tanto. La Juventus ha sempre fatto convinvere grandissimi giocatori con altri giocatori fondamentali per l’equilibrio dello spogliatoio. Io sono sicuro, e mi assumo anche le responsabilità di ciò che dico, ma sono sicuro che questi giocatori sono importanti per la Juventus. Parliamo di due ragazzi seri e sempre professionali con la società. In una squadra ci sono molti tasselli e ognuno deve essere consapevole del proprio ruolo. Se sai di non essere un titolare e ti fai trovare sempre pronto senza lamentarti alla seconda panchina sei importante per la squadra, altrimenti diventi un problema per lo spogliatoio. C’è stato un momento in cui la Juventus aveva 23/24 giocatori di livello mondiale, quando Khedira scherzava e diceva che la partitella del giovedì sembrava un quarto di Champions, ma c’è statao anche un momento in cui vincevi e avevi i Padoin, perfetti per completare la squadra. Adesso in un progetto in cui stai puntando sulla creazione di una forte entità di squadra, ovvero un gruppo solido che fa della compattezza il punto di forza, avere giocatori con quelle caratteristiche è fondamentale per gli equilibri di spogliatoio”. RINNOVO DYBALA – “Ottimismo corretto? Sì, credo di sì. In giro aumenta la tendenza a liberarsi a parametro e quasi tutte le squadre in Italia hanno qualche problema di rinnovo. Però sono tranquillo. Diciamo che, come per Locatelli, non mi interessa metterci un incontro in più se alla fine raggiungo un accordo soddisfacente. E c’è l’intenzione da tutte le parti di raggiungere un accordo soddisfacente. Non lo ordina nessuno che si debba chiudere al secondo incontro. Poi le parodie sui tanti pranzi con Carnevali mi hanno anche fatto sorridere. La volontà è chiara ed è stata espressa da Allegri. Dybala ha una centralità nel progetto, credo che abbia l’età e le caratteristiche per farlo. Poi quella centralità tecnica non significa che si deve caricare tutta la Juventus sulle sue spalle, perché ci sono giocatori che possono trascinare la squadra insieme a lui. Se si gira vede Bonucci e Chiellini e si sente in buona compagnia”. DONNARUMMA – “Perché non l’abbiamo preso? Perché la Juventus ha un portiere con un contratto lungo e un’affidabilità nella quale continuiamo a credere. Per cui abbiamo ritenuto che non fosse prioritaria la sostituzione tra i pali e, per la logica delle scelte che stiamo facendo non avrebbe avuto senso fare quello che ha fatto il Paris Saint Germain. Cioè, non era opportuno creare quella condizione con due portieri importanti nello stesso organico”. ROSA – “Bè, intanto la Juventus non ha una rosa di soli “potenziali”, ma ha anche molti giocatori esperti come Chiellini, Bonucci, Danilo, Dybala, Morata, Cuadrado e lo stesso De Ligt che possono dare un contribuito di esperienza. Sono forse meno rispetto al passato, è vero, ma ci sono. E poi, quando parlo di “giocatori di potenzialità”, non parlo di ragazzini, ma sono nazionali e hanno una dimensione internazionale riconosciuta. Certo, possono e devono fare uno step ulteriore. Insomma, se devo pensare alla Juventus del futuro, non penso a una Juventus di una squadra che alleva i talenti in chiave mercato, ma di una squadra che compete per vincere”. COMPETITIVITÀ – “Il primo punto, l’ho detto e lo ribadisco, resta la competitività: l’obiettivo è vincere ogni competizione alla quale partecipiamo, la sfida è riuscire a farlo con un progetto diverso. Sì, il rischio sportivo si alza un po’ di più, questo è evidente. Ma noi dobbiamo compensare questo rischio con la cultura del lavoro, la solidità, la storia del club, la disciplina, tutti aspetti che rendono questa società unica e che ci viene riconosciuto da molti ragazzi, spesso stranieri. E’ bello che abbiano questa percezione del nostro ambiente. E’ un valore, forse il più forte che abbiamo e che non dobbiamo mai perdere di vista. In questo senso, l’idea di riportare nel club dei nostri ex calciatori è importante, perché sono portatori del Dna. Abbiamo figure storiche come Nedved e Pessotto, ma il rientro di Storari e Padoin, per esempio, manda segnali che vanno in questa direzione, perché sono i testimoni di questa cultura e sanno come portarla avanti”. MERCATO – “Abbiamo un piano di investimenti per i prossimi anni e sappiamo già quanto potremmo spendere sul mercato. E sono convinto che potremo cogliere altre opportunità, ovviamente orientate al tipo di campagna acquisti che abbiamo condotto finora: giovani con grandi potenzialità e, possibilmente, italiani. Anche se bisogna essere cauti nel fare previsioni, bisogna capire che tipo di mercato tornerà quando si attutiranno definitivamente gli effetti della pandemia. Quest’anno c’è stato un mercato schizofrenico: a un problema economico globale, ci sono state risposte domestiche molto differenti, anche per circostanze differenti”. HAALAND – “Niente corsa ad Haaland e un colpo alla Haaland in stile Dortmund col Salisburgo? Sì, seguendo l’ordine delle cose direi di sì, poi stiamo alla finestra e guardiamo se capitano delle opportunità. Non vorrei precludere niente a prescindere. Una cosa è certa: qualsiasi investimento andrà nella direzione di un profilo giovane. È completamente fuori dal nostro piano investire su altri giocatori”. RIMPIANTO HAALAND – “Dico sì, sarebbe stupido rispondere in modo diverso. Tutto, però, va contestualizzato. C’è un tema quando ti approcci a un giocatore di quell’età da squadra italiana, ed è il tema del prestito che spaventa i giovani (il norvegese era ancora al Molde, ndr). Eravamo all’inizio del progetto della seconda squadra e la prospettiva che potevamo offrire ad Haaland era, ai suoi occhi, forse meno allettante, perché il circuito dei prestiti è un deterrente per i profili come il suo. Oggi saremmo attrezzati forse in modo diverso per far fronte alla domanda che ti pone un giocatore della sua età, cioè: che prospettive ho, firmando per voi?”. KAIO JORGE – “Ecco, torniamo alle opportunità di cui parlavamo, con Allegri pensavamo di aggiungere qualcosa a centrocampo, che è stato Locatelli. L’altro era un centravanti giovane, un vice di Morata, e in questo senso Kaio Jorge è stata una risposta perfettamente in linea con il progetto. È un 2002, con caratteristiche interessantissime. Mi spiace per l’infortunio, ma è arrivato con grandissimo entusiasmo: è un ragazzo super professionale, sta lavorando tanto per recuperare e, quando parli con lui, capisci che è molto focalizzato sul calcio. Mi trasmette il piacere di stare qui e di apprendere dai suoi compagni, almeno così è stato nei primi giorni di allenamento con la squadra. Sono curioso di vedere cosa potrà fare, ma ho la consapevolezza che abbia grandi potenzialità”. IHATTAREN – “Per esempio, l’altro 2002 che abbiamo preso, Ihattaren, si sarebbe trovato davanti una serie di giocatori con le stesse caratteristiche e non avrebbe giocato molto. Per cui abbiamo percorso la via del prestito per dargli l’opportunità di esprimersi, anche perché ha fatto tante partite fra i grandi e da noi si sarebbe trovato in un limbo. Kaio da noi può crescere e ambientarsi in una situazione più protetta: arriva da un altro continente e per un ragazzo di 19 anni questo ha sempre un peso importante. Ihattaren arriva da un campionato europeo, è già più pronto ad affrontare il calcio italiano”. LOCATELLI – “È stata una trattativa molto trasparente per cui forse ha dato l’impressione di essere lunga. Raccontare che non ci stessimo vedendo quando in realtà lo stavamo facendo sarebbe stato irrispettoso, non avevamo nulla da nascondere. Ma per capire la durata, è necessario fare un passo indietro fino al giorno della mia presentazione, quando dissi che la squadra, per me e per l’allenatore, era competitiva e che avremmo affrontato un mercato nel quale eventualmente cogliere le occasioni. In teoria, in pura teoria, avremmo potuto non fare nessuna operazione. Diciamo che poi è intervenuto un evento esterno come l’intervento chirurgico di Arthur e così abbiamo pensato che avremmo potuto anticipare questo piano di investimento e mettere a disposizione di Allegri un elemento in più a centrocampo, anche per migliorare il reparto, innestando un giocatore perfettamente in linea con il piano di sviluppo che caratterizzerà i prossimi anni. Giovani, possibilmente italiani”. STIPENDI BASSI – “È noto che la nostra politica sia quella del contenimento dei costi, compresi gli ingaggi”. I TEMPI DI LOCATELLI – “Legittimamente le due parti volevamo mantenere dei punti fermi. Per loro era un aspetto di natura economica, per noi di natura finanziaria e quindi si è verificato questo allungarsi nei tempi. Alla fine è stata una di quelle trattative dalle quali ti alzi felice e scontento insieme, in cui cioè devi mollare qualcosa e qualcosa ottieni”.
  3. Peccato gli abbia rovinato la carriera Cazzano
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