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Folliamaggiore

Tifoso Juventus
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  1. Semi-finals[edit] The first legs were played on 26 and 27 April, and the second legs were played on 3 and 4 May 2011. Team 1 Agg. Team 2 1st leg 2nd leg Schalke 04 1–6 Manchester United 0–2 1–4 Real Madrid 1–3 Barcelona 0–2 1–1
  2. Il livello della CL oggi è altissimo, era molto probabile prendere un'avversaria impervia. Bene così, ce la giochiamo con chiunque. Se ripenso però alle avversarie che incontravamo negli anni '90... quante occasioni buttate via! Era tanto se c'erano una o due avversarie di livello
  3. L'anno prossimo si cambia. Il suo sostituto l'abbiamo già in casa, è Pjaca, poi riportiamo a casa Kean come vice-Higuain. Certo, perdiamo tantissimo in carattere e grinta, ma possiamo sopperire con un boss a centrocampo
  4. Partita dura, ben gestita. Vittoria di importanza capitale. Higuain strepitoso, Pjanic, Matuidi e Manzo fuori fase.
  5. Speriamo che il goal serva a Matuidi per il morale, stasera è stato irriconoscibile
  6. è stata fatta prima di tutte le gare. Ma il clima è tale che, se lo fa la Juve, è vergognoso a prescindere
  7. Ne prendo uno Bologna, toccante omaggio ad Astori con Lucio Dalla E la curva dei "nemici" rossoblù grida il nome del capitano della Fiorentina 11 marzo 2018 91 (afp) BOLOGNA Commovente l'omaggio del Dall'Ara a Davide Astori, il capitano della Fiorentina scomparso domenica scorsa, sulle note di Lucio Dalla "Le rondini" mentre sul tabellone scorrevano le immagini del giocatore, prima di Bologna-Atalanta. Lacrime sulle gradinate e in campo prima che la curva rossoblù gridasse più volte il nome dell'ex azzurro. Un momento davvero toccante al di sopra di ogni rivalità tra tifoserie tradizionalmente nemiche, oltre ogni odiosa ruggine e tensione del passato (i bolognesi non hanno mai perdonato ai fiorentini l'assalto al treno dell'89 quando venne sfigurato, a Firenze, da una molotov il giovane Ivan Dall'Olio: episodio spesso purtroppo ricordato ai rivali con vanto dagli ultras viola, nel tempo). Bello pensare che nel nome di Astori finalmente si possa almeno andare oltre e mettere per sempre da parte simili barbarie da stadio.
  8. Dai, ora in ghiaccio Khedira e Higuain, dentro Bentancur e Manzo
  9. Ha tenuto la baracca su da solovper tutto l'Inverno solo applausi per lui Già, bravo, bravo e ancora bravo
  10. Sturaro sta facendo bene ed è molto preciso nei passaggi. Da quel lato, invece, Asamoah non imbrocca niente.
  11. perfino Varriale ha detto "ci può stare" (cit. Benitez, ovviamente)
  12. Un fratello gobbo di grande e spigoloso carattere, uno dei pochi in prima linea nel mondo dell'informazione a difendere la Juventus durante la farsa, ci saluta: Morto Piero Ostellino, agiva e pensava da liberale in contrasto con il suo tempo Fu direttore del «Corriere» dal 1984 al 1987. In precedenza era stato corrispondente da Mosca e da Pechino. Aveva diretto l’Ispi nella prima metà degli anni Novanta di PAOLO MIELI Piero Ostellino nel suo studio al «Corriere della Sera» shadow 1 155 Di Piero Ostellino probabilmente ricorderemo che è stato un grande inviato, corrispondente, editorialista nonché direttore del «Corriere della Sera». Ma penso di non fargli torto se dico che il momento più intenso, decisivo per la sua vita, fu quello del biennio tra il 1963 e il 1964, quando a Torino fondò dapprima il Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi e poi la rivista «Biblioteca della Libertà». Torino fu per Ostellino, che era nato a Venezia da genitori piemontesi, la città in cui si laureò avendo come relatore e correlatore due maestri del calibro di Alessandro Passerin d’Entrèves e Norberto Bobbio. La città in cui divenne liberale, nella quale, quando aveva tra i ventotto e i ventinove anni, diede vita alle due importantissime creature di cui ho detto. Piero Ostellino corrispondente da Mosca Da allora divenne per tutti «il liberale Piero Ostellino», uno dei pochissimi nel nostro Paese a poter declinare quella identità senza essere costretto ad aggiungere aggettivi né a specificare precedenti o successive appartenenze. Un liberale puro, che alle ascendenze torinesi poteva aggiungere quelle degli autori da lui più amati e approfonditi: John Locke, Adam Smith e, con un’attenzione specifica, David Hume. La passione giornalistica per Ostellino era venuta in seguito, attorno ai trent’anni. E l’aveva sempre intesa come una forma di «militanza» (beninteso, entro i confini della correttezza professionale) in omaggio ai principi della propria formazione. Oggi che tutti o quasi comodamente si dicono liberali, è bene ricordare come quella militanza per lui fu invece assai scomoda: lo mise in urto con i poteri costituiti nelle capitali dei Paesi comunisti da cui si trovò a scrivere — Mosca, Pechino —, ma anche con una parte consistente dell’intellettualità qui in Italia, sia negli anni in cui fu direttore di questo giornale, sia nei tempi successivi. Ostellino con Gino Palumbo e Candido Cannavò della «giornalaccio rosa» Il fatto è che la passione per il liberalismo puro lo ha portato ad essere in dissonanza con i tempi nei quali è vissuto. Sempre. Una dissonanza colta, mai tronfia, elegante, spesso ironica. Che si accompagnava ad un’attenzione al contesto economico e internazionale, puntigliosa quasi come quella di un altro grande liberale del giornalismo italiano, Alberto Ronchey. Il che gli ha prodotto apprezzamenti al di là dei nostri confini anche prima che fosse chiamato, nella prima metà degli anni Novanta, a dirigere l’Istituto per gli studi di politica internazionale. Il che spiega, almeno in parte, perché, negli ultimi tempi della sua vita, abbia scelto di vivere per gran parte del tempo in Francia. Nel mondo politico italiano, a tenere Ostellino in grande considerazione curiosamente negli anni Ottanta furono più i socialisti e altri laici che i liberali, i quali, pure, annoverarono all’interno e ai margini del loro partito importanti estimatori del suo liberalismo. Ma quelli che allora e in seguito gli hanno sempre testimoniato affetto e stima sono stati i radicali di Marco Pannella. Anche quando — ciò che è accaduto in più occasioni — Ostellino ha criticato questa o quella loro iniziativa. Più complicati furono invece i suoi rapporti con i comunisti, che non gli perdonavano il tono poco condiscendente di alcune delle sue corrispondenze da Mosca. Ostellino però non se ne adontò. E quando nel 1979 Claudio Petruccioli, all’epoca dirigente del Pci e condirettore dell’«Unità», si recò a Pechino per preparare l’importantissimo viaggio che il segretario del Partito comunista, Enrico Berlinguer, avrebbe compiuto nella capitale cinese nel marzo successivo, Ostellino lo accolse con grande cordialità e lo guidò, per così dire, tra i misteri della politica cinese. Petruccioli andò nella provincia dello Sichuan, ottenne preziose informazioni e riferì che poco più di un decennio prima, nel corso della Rivoluzione culturale, in quella stessa regione c’erano stati scontri armati di grandi dimensioni in cui si era fatto ricorso a mezzi militari d’ogni entità (tutti, eccezion fatta per l’aviazione) ed erano state scavate addirittura delle trincee. Una grande battaglia della quale fino a quel momento non si era mai saputo nulla. In Italia in pochi notarono quella clamorosa notizia; se ne accorse invece il «Washington Post» a cui non sfuggirono né la cosa in sé, né l’importanza che a dare quella informazione fosse stato il quotidiano del più grande partito comunista occidentale. Piero Ostellino è stato anche questo: un uomo di mente aperta e di grande generosità. Al quale forse è mancata solo un’unica cosa di cui spesso aveva parlato con gli amici: tornare negli ultimi tempi a vivere a Torino per occuparsi ancora, come quando aveva tra i venti e i trent’anni, del pensiero liberale.
  13. Mamma saura, inascoltabile il prepartita di Rai Italia, condotto da Varriale. Una sfilza di domande tendenziose, le cui risposte concludono inevitabilmente "ho negli occhi la bellezza del gioco del Napoli, che può ancora vincere lo scudetto come merita".
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