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Lo stesso intervento radiofonico trattato in maniera-RCS ed in modalità spagnola sui quotidiani. In medio stat virtus… poi sulle pagine online si trova pure in Spagna la denuncia relativa alle scommesse Come non detto... -
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Paulo Teixeira, il cacciatore di taglie che ha fatto arrabbiare la Fifa Il procuratore brasiliano agisce per conto di squadre latinoamericane e africane, i cui vivai sono depredati dalle società europee senza che questi paghino ai club di provenienza l’indennità di compensazione. Ma il governo del calcio mondiale lo accusa di aver utilizzato Facebook e non canali ufficiali di LUCA PISAPIA (ilFattoQuotidiano.i 22-01-2013) Come il Django di Quentin Tarantino, anche il procuratore brasiliano Paulo Teixeira racconta di essere diventato un cacciatore di taglie. Agisce per conto di squadre latinoamericane e africane, i cui settori giovanili sono depredati dai club europei senza che questi paghino ai club di provenienza l’indennità di compensazione per giovani calciatori (art. 20 del regolamento Fifa). Si mette alla ricerca di giovani pedatori in giro per l’Europa e cerca di ricostruirne la provenienza, poi se il club riesce ad ottenere l’indennità, lui ne ricava una percentuale. I casi aperti sono molti, dai più noti che riguardano i grandi club all’immenso sottobosco della tratta di baby calciatori. Tanto che oggi si stima ci siano almeno 20mila ragazzini sbarcati in Europa con la promessa di diventare stelle del pallone e finiti a vivere sotto i ponti, se non scomparsi del tutto. Una vera e propria tratta degli schiavi, già ampiamente documentata, su cui nessuno ai piani alti della Fifa pensa di intervenire. “La cosa paradossale – spiega Teixeira a ilfattoquotidiano.it – è che io non ho nemmeno posto il problema della diaspora di ragazzini che spariscono nel nulla. Perché le cause per la mancata indennità di compensazione, di cui mi occupo, scattano solo quando il ragazzo diventa calciatore professionista e firma un regolare contratto. Ho invece chiesto alla Fifa il rispetto dei regolamenti a tutela dei club minori, anch’essi affiliati alla Fifa e pertanto degni di considerazione”. Ma anche qui, sembra che la Fifa preferisca non intervenire e lasciare che i grandi club la facciano da padrone. “E’ una questione di cultura – continua Teixeira – I club europei sono pronti a pagare decine di milioni per i trasferimenti, ma quando si tratta di pagare l’indennità di formazione alle squadre di paesi come Africa o Sud America diventa un problema”. Racconta il caso dell’Anderlecht che, a fronte di un bilancio annuale di 300 milioni, si rifiuta di pagare un’indennità di 100mila euro per Kabanga Junior, sostenendo che il ragazzo ha firmato in patria un contratto con l’Aigles Verts (20 centesimi al mese) ed è quindi da considerare già professionista. Mentre un altro dei contenziosi aperti tra il cacciatore di taglie e i grandi club europei riguarda la richiesta del Botafogo di 300mila euro al Milan come indennità per la formazione di Sergio Ceregatti, passato prima da Ancona e oggi tornato in patria al Vasco Da Gama. Interpellate da ilfattoquotidiano.it, fonti interne alla società rossonera spiegano che il calciatore in realtà è stato al Botafogo solo alcuni mesi e che il Milan ha già pagato il dovuto: ovvero 60mila euro. E che solo in un secondo momento la squadra brasiliana ha avanzato un’ulteriore richiesta da 300mila euro, che il Milan non ritiene di dover pagare. Teixeira invece risponde a ilfattoquotidiano.it di avere le prove che Ceregatti sia stato nelle giovanili del Botafogo per 4 anni, da quando ne aveva 12 fino al suo arrivo in Italia. E di averle trasmesse alla Fifa chiedendo che sia riconosciuto un giusto indennizzo come da regolamento. Il contenzioso è ancora aperto. ”Il problema con l’Italia è quello della regola che da voi si chiama ‘primo tesseramento’. Per cui quando un ragazzo firma il primo contratto da professionista diventa ‘italiano’ per il regolamento sportivo, e si cancella ogni traccia del passato sportivo del calciatore – spiega Teixeira – C’è un’intera generazione di giovani brasiliani o africani che sono stati letteralmente strappati ancora minorenni dai loro club di provenienza, grazie al lavoro di oscuri faccendieri, per essere poi portati in Italia dove c’è questa strana regola”. L’altro lato curioso della faccenda è che Teixeira ha deciso di usare i social network per condurre la sua indagine e per renderla pubblica, postando tutto sulla sua pagina Facebook. Perché, come racconta dalla sua casa di San Paolo, “ho tratto ispirazione dalla Primavera Araba, dove internet e i telefonini sono diventati i mezzi per chiamare a raccolta la gente e informare all’esterno su quello che stava accadendo”. Ma alla Fifa questo non è piaciuto e lo ha multato per oltre 8mila dollari e squalificato per due mesi. Non perché Teixeira abbia sbagliato nel merito, piuttosto per una questione di metodo. Come è scritto nella sentenza: "Mr. Teixeira potrebbe anche dire la verità, ma questo non lo autorizza a usare una piattaforma come Facebook per diffonderla“. Ma il cacciatore di taglie spiega che ha deciso di non arrendersi, e di volere continuare a combattere la sua battaglia tramite i social network. -
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15 01 2013 Il solito pallone per procura CALCIOSCOMMESSE, CLASSIFICHE CONDIZIONATE E I SOLITI BURATTINAI AL POTERE IL CALCIO ITALIANO SPROFONDA, MA “PRESADIRETTA”, CHE LO RACCONTA IN PRIMA SERATA SU RAI3, RACCOGLIE SOLO IL 6% DI SHARE. NESSUNO TOCCHI IL GIOCATTOLO OCCHIO NON VEDE... Il popolino storna i cattivi pensieri e invece di invocare un rinascimento preferisce prendersela con l’arbitro reo sospetto di qualche favoritismo Domenica sera nessun gol a Marassi, tra Sampdoria e Milan, e invece, in contemporanea su Rai3, gragnuola di gol giornalistici nell’inchiesta di Presadiretta di Iacona su calcio e ’ndrangheta. Inchiesta che ci ha illustrato oltre ogni ragionevole dubbio come il pallone sia – in questo caso in Calabria, ma direi ovunque con le debite differenze di intensità mafiosa e di modi – una formidabile leva sociale, economica e quindi politica di malaffare. E ambientalmente di malessere per tutto l’ecosistema pallonaro che si intreccia con il sistema-Paese. L’avrete letto qui tante volte, fino alla noia. Per la serata domenicale di Rai3, con un pubblico abituato alla Gabanelli e appunto a Iacona, quindi presumibilmente acculturato e politicizzato, un’inchiesta su tale tema era invece una novità. Premiata dagli ascolti? Macché, un piccolo 6 per cento di share, la metà del solito, e l’ennesima dimostrazione nel tempo e nei palinsesti che il calcio sembra interessare solo per la sua parte emersa e spettacolare (diciamo a volte spettacolare), per il tifo, per i simboli, le metafore, la retorica della fede, della messa, della guerra e vai col tango. È UNA GIGANTESCA corsa alla rimozione per non guastarsi il rito collettivo, è l’equivalente aggiornato e sempre più triste del “non mi levate anche il pallone...”. Questo non significa che, se indotto a ragionare, anche il popolo tifoso non si renda, magari faticosamente, conto della gigantesca presa dei fondelli da parte dei Signori del Pallone, che difendono il loro Reame Rotondocratico facendosi e disfacendosi le regole a loro piacimento. Ma se ci riesce, il popolino storna i cattivi pensieri e invece che dedicarsi a un rinascimento pallonaro preferisce prendersela con il singolo arbitro se reo sospetto di qualche favoritismo (pensate all’arbitraggio di Lazio-Atalanta, con il mani di Floccari commovente e tutti gli omini gialli del direttorio arbitrale che han fatto finta di non vedere; oppure a quel Romeo di Udinese-Fiorentina che ha letteralmente capovolto le sorti della partita). Insomma, il calcio malatissimo alla fine sta bene a (quasi) tutti così, e non ci sono inchieste che tengano. Non è bastato il serial ancora in corso del calcio-scommesse, che ridurrà sicuramente in cenere quell’avanzo di credibilità delle partite come è accaduto con l’ippica o la boxe. Non è bastata la trilogia delle Procure, tra Cremona, Bari e Napoli, con sentenze distribuite diacronicamente in modo inconsulto e contraddittorio, per cui è una specie di lotteria: quando vieni giudicato? E se ritenuto colpevole quando sconterai la tua penalizzazione? E la classifica virtuale che classifica reale è, essendo abituati ormai da tempo a stagioni segnate da asterischi profusi vicino ai nomi delle squadre? Mauri, capitano della Lazio anti-Juventus oggi in grande spolvero con il latinorum di Lotito, c’entra oppure no con lo scandalo? E IL NAPOLI riavrà i 2 punti di penalizzazione per una responsabilità oggettiva che è un istituto più antico – che so – di quello delle Orsoline? E Conte, sotto il cui naso è passato di tutto a giudicare da ciò che esce “con grande dispiacere” sulla stampa per motivi analoghi al rifiuto nei confronti dello Iacona da stadio? Conte è un derviscio della sfera, un distratto, un timido o un superbo Mazzarino? Ci dica lui se trova tutto l’insieme “agghiacciante”, una congiura contro, oppure semplicemente (come penso io) una “normale” fotografia dell’attuale drink calcio-delinquenza-Italia, miscelato bene e versato in calici adeguati così che venga assunto “fino alla feccia”. Non è bastato lo scempio della giustizia sportiva che se è possibile in questi anni ha fatto in un certo senso più danni di chi doveva indagare, processare e punire (giacché se la guardia è più dubbia del ladro è tutto il sistema che va a farsi benedire) o almeno ne ha completato l’infausta opera? Eppure all’indomani del flop-Iacona, e mentre filtrano o addirittura grondano le notizie sugli scandali tra una Procura e l’altra, viene rieletto con il 94% dei consensi presidente della Federcalcio Giancarlo Abete, che fino a subito prima e da subito dopo le sue annose rielezioni subisce spernacchiamenti a non finire: non c’è nessun altro, è la spiegazione a tale suffragio più uzbeko che bulgaro, non c’è alcuna dialettica, nessun altro candidato, c’è sempre e solo lui dal 2006 e Calciopoli perché essendo così debole fa l’effetto del Libano prima delle guerre intestine. Era la Svizzera del medio-oriente, abbiamo visto come è finita. MA PER ORA i capataz della Lega di Serie A, mandanti di tutto, di Abete, della (in)giustizia sportiva, degli arbitri, preferiscono tenere a bagnomaria l’alberello Giancarlo protetto da un sistema di potere che riguarda l’Italia, non solo il calcio italiano. E la prima dichiarazione di Abete, dopo una domenica di ignobile teppismo questa volta a Parma da parte di ultras juventini, è: “Il calcio non rappresenta i mali del Paese”, ergo “sta meglio del Paese”. Si dimentica di dire quello che dovrebbe far comodo a tutti i poteri forti o marci che siano che il calcio funzionasse bene, come arma oppiacea di distrazione di massa mentre l’Italia sprofonda. Ma non è così. Perché? Perché il calcio in realtà è guidato dagli stessi burattinai del sistema-Paese, e quindi entrambi i sistemi vanno male. Ma come si diceva non c’è alcuna reazione dell’opinione pubblica, perché almeno in questo non ha opinione e difende una ricreazione di massa che va alla deriva come il resto che dovrebbe esorcizzare.
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