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Maidomi

Tifoso Juventus
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  1. capitolo 1 di demistificazione delle balle di quei badola. Premessa : Complotto da parte dei poteri forti che impediscono agli imprenditori locali (e non) di investire nel lucrosissimo Topino calcio. In questo mondo immaginario sono idolatrati 2 presidenti, Pianelli e Sergio Rossi. Di seguito il trattamento a Pianelli prima e dopo lo scudetto e le due coppe Italia.... Una partita si e una no campeggiava lo striscione PIANELLI VATTENE già a partire da fine anni 60 e continuato con una sola interruzione di un paio d'anni. Colpa dei poteri forti o di quella manica di idioti che sono riusciti a insultare e far disamorare persino l'artefice del 90% delle loro miserrime vittorie post Superga ? Io una risposta ce l'avrei, ma non vorrei svegliare Fidel Castro Minà dal suo sogno...
  2. Per farlo calare nella parte del vero tremendista basta fargli leggere questo articolo demenziale di Che Guevara Gianni Minà . Qui c'è veramente la quintessenza del vero tremendista: i poteri forti, la supremazia cagata nel tifo a Torino, Superga, tutto... Una pagina di luoghi comuni, balle, vittimismo, ignoranza, ecc. ecc. In altre parole il classico cagata vittimista che imputa ad altri i propri insuccessi. Quando ho tempo risponderò al Fidel Castro della Crocetta con fatti (cosa che ai cagata fa malissimo, visto che loro vivono in un mondo immaginario...). Buona lettura http://www.giannimina.it/index.php?option=com_content&task=view&id=120&Itemid=52
  3. Questo l'avevate visto ? Firenze bianconera ! . http://video.repubblica.it/edizione/firenze/firenze-in-troppi-per-buffon-e-chiellini-e-caos-la-rivolta-dei-tifosi/240653/240598?ref=HRESS-4
  4. Ce ne hanno messo x scriverlo 40 anni E' un regalo utilissimo anche per i non-cagata: lo possono usare come block notes... "The golden age"... Voglio proprio regalarlo a "Calogero" degli UG Liguria
  5. E chi se lo perde questo magnifico libro ? :haha: Edizioni Badola .
  6. Domenico era l'ultimo della lista. Dietro il numero 39 c'erano persone in carne ed ossa, c'erano famiglie e amici, la cui vita cambiò drasticamente. Era una partita di calcio e non una guerra. Chi era nel settore Z non era un guerriero, un ultras, uno abituato menare le mani. Erano persone tranquille e normali che volevano passare una giornata di festa, di gioia per la loro amata Juventus. All'avanzare dei teppisti fecero l'unica cosa che gente normale avrebbe fatto: indietreggiare. L'assenza di via di fuga fece il resto. Furono usati e continuano ad essere usati come oggetto di scherno da gente ignobile, senza umanità. Usati come strumenti per poter gettare veleno contro la Juve e i suoi tifosi. Invece di considerare quella notte come una tragedia nazionale in breve il tutto si ridusse ad una ridicola diatriba sulla opportunità o meno di giocare, sulle esultanze dei giocatori in campo e dei tifosi a casa nelle piazze. In breve i 39 e le loro famiglie furono dimenticati da quasi tutti. Un processo farsa con teppisti presi a casaccio e puniti in maniera ridicola, una sospensione dalla coppe e finì lì. Per i 39 cadde il silenzio, rotto soltanto dal lavoro dell'Associazione dei familiari e dai "cattivi" ultras della Sud, che non mollarono mai nel tenere in vita il ricordo di quei poveretti. L'anno scorso per il trentennale finalmente l'intera Italia fu costretta a sentire di nuovo le loro storie e da allora non finiremo mai di ricordare al mondo che non si deve morire per una partita di calcio e che i 39 devono essere rispettati da TUTTI. Nei 39 c'erano imprenditori, muratori, bidelli, fotografi, studenti, casalinghe, carrozzieri, medici, dentisti, politici, ristoratori, benzinai, operai, ecc. ecc. Uomini, donne, ragazze e bambini. C'erano italiani, belgi, francesi e un nord irlandese. C'erano tifosi juventini e anche 3 tifosi interisti e persino gente cui il calcio interressava poco. C'era il mondo in quella curva, quella parte di mondo perbene che non va oltraggiata, derisa o insultata. Va soltanto ricordata e amata per sempre. NESSUNO MUORE SE VIVE NEL CUORE DI CHI RESTA.... PER SEMPRE !
  7. Mah, se proprio dobbiamo scegliere una sconfitta cagata in Coppa Italia io sono per la Coppa Italia 1937-1938, prima coppa Italia vinta da noi in finale con gli irrelevants (e unica finale giocata contro di loro) 1º maggio 1938 Torino-Juventus 1-3 8 maggio 1938 Juventus-Torino 2-1 Aggegate 5-2... per la serie ridicoli da sempre. Nessun filmato ma solo una foto.
  8. L'ultima vittima cui voglio rendere omaggio è Domenico Ragazzi, 43 anni, muratore. A Ludriano, 800 abitanti nella provincia Bresciana, allenava la squadra di calcio dell' oratorio. Celibe, lascia sette sorelle e due fratelli. Dal paese vennero in sessanta all'aeroporto ad attenderlo: hanno portato la bandiera con lo stemma, nessuno avrà il coraggio di aprirla. Di lui nessuna foto, il ricordo dei suoi parenti e amici in Requiem for a final. Qui l'articolo completo di Repubblica che racconta dell'arrivo delle bare all'aeroporto di Milano. Non ci vuole molto ad immaginare il dolore di quel giorno nei cuori dei familiari e degli amici. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/06/02/al-rientro-lacrime-tricolori.html RIP Domenico, un abbraccio a tutta la famiglia.
  9. Claudio Zavaroni di Reggio Emilia aveva 28 anni quando morì allo stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio 1985. Era arrivato con il pullman dei reggiani, per assistere alla finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. «Spettatore atipico della partita, sportivo ma mai tifoso, partito per concedersi una vacanza, uno svago, un’altra curiosa osservazione del mondo, questa sì a lui molto distante», come lo descrivono i suoi amici. Zavaroni era molto conosciuto a Reggio. Aveva avviato da tre anni uno studio fotografico dedicato a foto di moda e il suo talento stava emergendo nel panorama delle riviste di settore; questa sua vocazione per la fotografia era maturata già in epoca giovanile portandolo a compiere importanti lavori di ricerca a carattere antropologico sul mondo rurale e montano, che diedero corpo alla sua mostra più importante: «Ritratto d’Appennino». http://www.ilrestodelcarlino.it/reggio_emilia/cultura/2010/05/05/327616-ricordo.shtml RIP Claudio
  10. Franco Martelli di Todi era uno studente e aveva 22 anni. Di lui pochissimo in rete. La sua mamma Bice (insegnante elementare) dopo la sua scomparsa si impegnò in una vera e propria missione verso la sensibilizzazione tra i giovani alla fraternità, all’amore per la vita e ovviamente alla necessità di uno sport pulito e soprattutto lontano dalla violenza, dagli eccessi e dagli odi tra fazioni diverse. Alla mamma, una signora piccina e dolce, come si vede nel documentario Requiem for a final, un grosso abbraccio da parte mia. Per Franco voglio postare un saluto lasciato da un suo amico in rete. jimbo #2 jimbo 2015-05-27 21:32 Lillo seguirà la prossima da lassù e lo farà con lo stesso entusiasmo che aveva la sera precedente quel maledetto 29 maggio quando ci saluto on piazza cpn la bandiera bianconera in mano. R.I.P. vecchio amico.
  11. Tarcisio Venturin di Pero (MI) aveva 23 anni e lavorava come operaio presso un'azienda di porte per ascensori. È descritto come una persona tranquilla, un bravo ragazzo con l'unica passione il calcio e il tifo per la Juventus. Partì per Bruxelles con il Juventus Club Legnano ma non tornò indietro. Qui un filmato RAI dell'epoca con la mamma e il papà di Tarcisio subito dopo avere avuto la triste notizia. Poche immagini che rendono bene il dolore straziante di chi ha perso la persona più cara. Non ci sono parole da aggiungere, se non che non lo dimenticheremo MAI. Un caro abbraccio ai suoi genitori. RIP Tarcisio. http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Enzo-Biagi-racconta-strage-Heysel-Juventus-Clubstoria-di-un-tifoso-da-Linea-Diretta-del-29-maggio-1985.-La-vicenda-di-Tarcisio-Venturin-5620afe5-6ef7-46bc-9148-73ee5131c90b.html
  12. Bruno Balli aveva 50 anni ed era il presidente dello Juventus Club Traballe (Prato). Il fratello Riccardo 30 anni dopo ricorda così quella serata. http://iltirreno.gelocal.it/livorno/sport/2015/05/27/news/quei-5-toscani-morti-di-calcio-1.11503732 Riccardo sta cenando a casa di amici. È a Prato, la sua città. Suo fratello Bruno – tifosissimo bianconero e presidente dello Juventus Club Traballe – si trova all’Heysel per assistere alla finale di Coppa Campioni. È tranquillo, Riccardo. Rimane tranquillo anche dopo che, acceso il televisore, apprende dei disordini, dei morti, di quella partita che si è giocata nonostante la tragedia. Riccardo è sereno perché suo fratello, Bruno, è una persona tranquilla. Ma soprattutto perché aveva comprato i biglietti per la curva N, dalla parte opposta rispetto a dove la furia omicida degli hooligans, consumatasi in uno stadio totalmente inadeguato con un servizio d’ordine praticamente inesistente, aveva appena spezzato le vite di un numero imprecisato di persone. È mezzanotte. Riccardo va a dormire. Felice per suo fratello, che immagina felice per la vittoria della Vecchia signora. Meno per sé stesso, visto che lui, a differenza di Bruno, è un tifoso viola. Sono le 2,30. Il telefono squilla. È la Farnesina. «Bruno è morto». Travolto dall’avanzata degli hooligans, che avevano facilmente divelto l’inefficace rete che divideva le curve X e Z, stava caricando la sua cinepresa e non ha avuto il tempo di scappare. «Io ero tranquillo proprio perché certo che lui non stesse nel settore Z – racconta Riccardo Balli – e quando ho ricevuto quella telefonata sono caduto dalle nuvole». La partita, lui, non l’ha neanche guardata. Poi, alla notizia della tragedia, ha cercato subito di capire in che parte dello stadio si fosse consumata. «Curva Z? Meno male, tanto non è là», ha pensato Riccardo. Purtroppo, però, Bruno stava proprio lì. Era stato spostato in un settore neutro. Un settore riservato a coloro che non tifavano né Juventus, né Liverpool. Una tragedia annunciata, come ripetono a trent’anni di distanza i parenti delle vittime dell’Heysel. RIP Bruno e un abbraccio alla famiglia.
  13. Non Domenchini, ma Domenghini (con la G). Domingo per i tifosi, grandissima ala destra che vinse tantissimo con l'Inter (caffeinata) di Herrera e poi con il Cagliari di Gigirrriva. Vicecampione ai mondiali del Messico. Da notare il terzo goal, come mette a sedere il portiere bovino...
  14. Mah.. Con rammarico mi sa che per una volta i cagata ci battono. Ti ricordi di questo articolo ?http://www.toro.it/content/5778-immobile-tifosi-in-delirio-gia-vendute-100-magliette.html Il "delirio" cagata per 100 magliette . In un altro thread si parla di 670.000 magliette di Pogba haha: #1 Maglia di Pogba tra le 10 maglie più vendute nel 2016: messaggio Avvocato (34) Secondo uno studio condotto dall'agenzia Euromericas Sport Marketing, la maglia più venduta nel mondo nel 2015/2016 è quella di Lionel Messi. "L'argentino del Barcelona ha chiuso un 2015/16 sublime per quanto riguarda i titoli di squadra e individuali, assicurandosi il Pallone d'oro e aumentando ulteriormente fama, prestigio e popolarità. I rilevamenti sono stati fatti fino ad aprile 2016", ha detto Gerardo Molina, CEO di Euromericas Sport Marketing. In classifica, l'argentino è seguito dal colombiano del Real Madrid James Rodriguez, Eden Hazard, Cristiano Ronaldo e Neymar Jr. "Le società di calcio hanno trovato nella vendita delle maglie un nuovo veicolo di comunicazione e di contatto con i tifosi. L'attesa è tale che la maggior parte delle persone in giro per il mondo desidera indossare i colori delle maglie dei grandi giocatori, diventati veri e propri idoli e supereroi", conclude Gerardo Molina. La top ten delle maglie più vendute: 1) Lionel Messi (Barcelona) 1.985.000 2) James Rodríguez (Real Madrid) 1.234.000 3) Eden Hazard (Chelsea) 975.000 4) Cristiano Ronaldo (Real Madrid) 955.000 5) Neymar (Barcelona) 942.122 6) Wayne Rooney (Manchester United) 877.000 7) Zlatan Ibrahimovic (PSG) 865.000 8) Paul Pogba (Juventus) 667.000 9) Alexis Sanchez (Arsenal) 566.000 10) Antoine Griezmann (Atletico Madrid) 490.900 E il napulot dove si posiziona ? . Da leggere i commenti: non tutti i cagata hanno l'anello al naso. Mimmo75 (Mimmo ? Tipico nome sabaudo come Calogero .) li stronca senza pietà: "Redazione, o vi siete persi qualche zero per strada oppure, fossi in voi, toglierei subito questo articolo perché fa ridere..." :haha:
  15. Tra le vittime c'era anche Gianfranco Sarto, di Donada, Rovigo. Aveva 57 anni ed era il titolare di un'officina meccanica di autoriparazioni a Porto Viro. Era partito dal Basso Polesine con un amico, aveva acquistato i biglietti per la partitissima. E poi, poi scoppiò il finimondo. "Ricordo bene quella sera - dice Roberto, il figlio di Gianfranco che allora aveva 19 anni - io guardavo la partita in tv con la mia famiglia. Vedemmo tutto quello che successe, quelle scene di pazzia, i morti. Ma non ci preoccupammo per mio padre perché aveva acquistato i biglietti attraverso uno Juventus club di Torino, e la tv inquadrò uno striscione del club nella curva opposta agli scontri e alla ressa mortale. La famigerata curva col settore Z dell'Heysel". Invece il destino aveva deciso di giocare uno scherzo assurdo e atroce. Il club infatti aveva acquistato anche biglietti del settore Z, uno dei quali toccò a Gianfranco. "Il giorno dopo - continua Roberto - alle cinque del mattino ci svegliarono i carabinieri. Ci dissero che fra i 39 morti c'era anche mio padre". "Domenica scorsa lo stadio di Torino ha ricordato le vittime con cartelli con i nomi dei morti. C'era anche quello di mio padre. Mi sono commosso". E il 6 giugno c'è una finale di Champions della Juventus. "La guarderò in tv - chiude Roberto - E di sicuro avvertirò un brivido agrodolce: l'attesa per la partita e il dolore per mio padre, strappato alla vita troppo presto". Qui l'articolo dell'intervista. http://polesine24.it/Detail_News_Display/Porto%20Viro/l-heysel-si-e-preso-gianfranco-sarto-oggi-lo-ricorda-suo-figlio-roberto Una preghiera per Gianfranco e un abbraccio a Roberto e alla famiglia. Non vi abbiamo dimenticato.
  16. Antonio Ragnanese era nato a San Severo, Foggia, ma si era trasferito in Lombardia per lavoro. Aveva 29 anni e viveva a Brugherio, Milano in una villetta vicina a quella del fratello Ciro. Lavorava come odontotecnico a Milano. Entrambi andarono a Bruxelles, Antonio non ce la fece e Ciro fu ferito. Di Antonio nessuna foto in rete. RIP Antonio e un grosso abbraccio alla sua famiglia.
  17. Io da buon magrebino l'ho vista su Abu Dhabi Sport in streaming (così mi sono evitato Cerqueti che non sopporto). Il mio arabo deve essere un po' arrugginito perchè non è che capissi molto... ma al goal il commentatore gridava come un ossesso, altro che Cerqueti
  18. Questo qui era ancora sveglio: "Rotti in c**o bastardi" E lo stesso che patisce da morire il coro: CAGAAAATA, CI SEEENTI ? CI SEENTI ? PEZZO DI MIERDAAAAAAAAA . Suca, mierdaaaaaaaa
  19. Giancarlo Gonnelli aveva 45 anni (non 20 come erroneamente indicato in molti siti) ed era custode presso l'Istituto Comprensivo Niccolini di Ponsacco, Pisa. La moglie racconta che Giancarlo era andato a Bruxelles con la figlia Carla (non Laura come anche qui erroneamente indicato in più parti), come regalo dei 18 anni della ragazza. Il papà e la figlia furono travolti dalla folla in fuga. Giancarlo non tornò, mentre Carla fu sotterrata sotto una serie di corpi e perse conoscenza. Fu salvata da un inglese di Liverpool (un eroe che salvò non solo lei ma altre 7 persone), tirandola fuori da un cumulo di corpi e accompagnadola all'ospedale. Il giovane inglese si chiama John Welsh (o Wells) e all'epoca aveva 27 anni. Era riuscito a tirare fuori già 7 corpi ed era stremato. Dichiarò che non ce la faceva più, ma a un certo punto vide una mano sottile con un anellino spuntare da sotto una pila di corpi. Con le forze rimaste la tirò fuori e la mise su un ambulanza e con lei andò all'ospedale, salvandole la vita. Carla era in coma. Qui la storia di John. Onore a lui. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/06/15/dopo-tanto-dolore-finalmente-una-luce.html RIP GIancarlo, un abbraccio alla famiglia e un grazie di cuore a John. Un vero eroe. Insieme a qualche centinaio di bestie c'erano persone normalissime che come la stragrande delle persone era andata alla partita per una festa. Da ricordare sempre che odiare gli inglesi o odiare Liverpool vuol dire odiare gente come John, la stragrande maggioranza di persone perbene che si trovò coinvolta suo malgrado in un inferno.
  20. di Mauro Paloschi Da Bergamo news http://www.bergamonews.it/2015/05/28/quella-catenina-dororubata-a-mio-fratellomentre-moriva-allheysel/204692/ La mattina del 29 maggio 1985, in un terreno della Bassa Bergamasca, due fratelli stanno zappando la terra. A un certo punto Francesco, il più giovane, tirando un calcio a un sasso esclama in dialetto: "Stasera Platini segna così e vinciamo la Coppa dei campioni". Quella sera a Bruxelles andò esattamente in quel modo. Ma Francesco non vide il gol del suo idolo: era morto un paio di ore prima. Nel modo in cui nessuno avrebbe potuto immaginare. Soprattutto in uno stadio da calcio. Francesco Galli è una delle vittime della strage dell’Heysel, lo stadio di Bruxelles in cui prima della finale di Coppa dei Campioni 1984/’85 morirono 39 persone, tra cui 32 italiani, e ne rimasero ferite 600. Francesco, per gli amici Franco, aveva solo 25 anni ed era l’ultimo dei dieci figli di una famiglia molto unita, come quelle di una volta. Lavorava come carpentiere ed era fidanzato con Daniela. Ma il suo grande amore era la Juventus. Una passione che condivideva con un gruppo di amici della zona. Gli stessi con i quali, una settimana prima della finalissima contro gli inglesi del Liverpool, aveva organizzato la trasferta in Belgio. "Gli avevano tolto da poco il gesso alla gamba e non riusciva ancora a muoverla molto bene – racconta Mario Galli, ora 76enne, il fratello con cui Francesco lavorava quella mattina nel terreno di famiglia – . Per questo nostro padre Pietro gli aveva sconsigliato di andare a Bruxelles. Aveva provato a convincerlo in ogni modo. Niente da fare. Quel giorno si svegliò molto presto ed era agitatissimo per la partita. Mentre zappava non parlava d’altro. Appena terminato il lavoro partì insieme agli amici. Prima ci salutò con il suo solito sorriso. Per l’ultima volta". Il gruppo di tifosi juventini partiti da Calcio con un pulmino raggiunse la capitale belga intorno alle 18. Mezzora più tardi erano già all’interno dello stadio, dopo aver acquistato i biglietti. Del maledetto settore Zeta, proprio quello che crollò. Poco più in là erano stati collocati i tifosi inglesi, separati dagli italiani solo da una rete metallica. Franco, non essendo molto alto, prese posto nella parte bassa della gradinata. Circa un’ora prima della partita, intorno alle 19, i tifosi del Liverpool cominciarono a spingersi verso il settore Zeta, fino a sfondare le reti divisorie. Nella grande ressa che venne a crearsi, alcuni si lanciarono nel vuoto per evitare di rimanere schiacciati, altri cercarono di scavalcare gli ostacoli ed entrare nel settore adiacente, altri si ferirono contro le recinzioni. Il muro crollò per il troppo peso, moltissime persone rimasero schiacciate, calpestate dalla folla e uccise nella corsa verso una via d’uscita. Tra loro anche il 25enne bergamasco, rimasto sepolto sotto un cumulo di gente e tra i primi a morire, come ricostruito poi dagli inquirenti. "Stavamo guardando la partita in televisione, tutti insieme – prosegue Roberto Galli, 72 anni, un altro fratello, ancora scosso nel ricostruire quelle ore – . Nel vedere quelle immagini restammo impietriti. Ma pensavamo che Franco fosse riuscito in qualche modo a mettersi in salvo. Aveva sempre fatto sport, era un ragazzo molto agile e sveglio. Col passare delle ore iniziammo a preoccuparci, come se avessimo il sentore che qualcosa non andava. Intorno alle 23 suonò il citofono. Era un commerciante del paese. Aveva saputo da un giornalista bergamasco presente a Bruxelles che nostro fratello era morto. Eravamo disperati. Mio padre si inginocchiò di fronte alla tv. Mia madre non parlò più. Non si è mai ripresa da quella notizia. E nel giro di alcuni anni, morirono entrambi". E non è tutto. Oltre alla tragica morte di Franco, la famiglia Galli fu costretta a fare i conti un altro schiaffo: "La mattina seguente partimmo noi tre fratelli per il riconoscimento del corpo – continua il signor Roberto – . Le salme erano state posizionate a terra, una a fianco all’altra, nell’hangar dell’aeroporto. Ci indicarono il sacco nero in cui avevano messo il nostro caro. Era irriconoscibile. Capimmo che era lui solo grazie al tatuaggio che aveva sul braccio". "La salma arrivò a casa il giorno seguente, passando dallo scalo di Roma – spiega – . Purtroppo però, gli avevano rubato gli oggetti in oro che indossava. Tra i quali una catenina d’oro di circa due etti che valeva molto e a cui era molto legato. La sostituirono con una da bigiotteria. Probabilmente gliel’hanno rubata quella sera mentre era a terra morto. Qualche tempo dopo arrivarono i risarcimenti economici: 12 milioni di lire dallo Stato italiano, 12 milioni dalla Juve e 12 milioni dal primo ministro britannico Margareth Thatcher, la quale ci inviò anche una lettera di scuse per il comportamento dei suoi connazionali. I soldi li usammo tutti per il monumento e la statua che lo rappresenta felice mentre gioca a pallone". Riposa in pace, Franco. Non ti abbiamo dimenticato. Un abbraccio alla famiglia.
  21. Da Mirabella Imbaccari, in provincia di Catania, sono partiti in sette al seguito della Signora. C’è anche il padre di Giuseppe, Eugenio Gagliano, che è riuscito ad ottenere un biglietto per il big match. Trent’anni fa, però, il signor Eugenio (molto noto anche perché assessore comunale allo Sport), come altre 38 persone, si trovò al posto sbagliato, la maledetta Curva Z, nel momento sbagliato. A Mirabella tornerà in una bara. A casa daventi alla Tv c'è il figlio Giuseppe. 30 anni dopo è intervistato da un giornale locale. Ecco l'intero articolo. http://catania.blogsicilia.it/30-anni-fa-quei-siciliani-allheysel-mio-padre-non-e-morto-per-il-calcio/297923/ Lei cosa ricorda di quel giorno? “Purtroppo tutto. Ero alla tv e festeggiavo il mio 12 compleanno.." Adesso Giuseppe fa l'allenatore: “No mi faccia finire. Le confido una cosa: io sono voluto diventare allenatore proprio per stare con i ragazzi fargli capire che il calcio è uno sport bellissimo e che non bisogna cedere alle provocazioni di chi siede in tribuna e quando succede qualcosa in campo fanno un casino. Ai miei giocatori dico sempre di rispettare l’avversario, l’arbitro, di farsi scivolare addosso le tensioni. Ecco perché faccio l’allenatore per essere innanzitutto educatore e far sì che non succeda niente”. Una preghiera per Eugenio e un abbraccio a Giuseppe e a tutta la famiglia. Il papà Eugenio dall'alto sarà orgoglioso di come il figlio è cresciuto così bene.
  22. Dionisio (Nisio) Fabbro era un friulano di Buja, Udine. Aveva 51 anni, sposato con Marilena,lavorava nella tessitura Iftam e collaborava con la Polisportiva Bujese. Andò a Bruxelles in camper con 6 amici. Prima di partirono scattarono questa foto in cui tengono uno striscione artigianale con la scritta JUVE !! PER SEMPRE Qui sotto due storie con il racconto dell'amico che si salvò a stento. http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2015/05/29/news/quel-29-maggio-all-heysel-vidi-morire-il-mio-amico-1.11517823 http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2015/05/28/news/domani-l-omaggio-a-fabbro-30-anni-dopo-l-heysel-1.11509857 RIP Nisio e un abbraccio alla sua famiglia.
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