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Ghost Dog

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  1. Le mani del clan sul Bari: 4 partite sotto inchiesta La procura antimafia sospetta che tre giocatori ricattati alterassero i risultati di GIULIANO FOSCHINI (la Repubblica 01-12-2011) La mafia ha alterato l´esito di tre partite di serie A dello scorso campionato e una di coppa Italia. E´ il sospetto del procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, che da mesi insieme con i Carabinieri del reparto operativo, conduce un´indagine sui rapporti tra il clan Parisi, il più influente della città, e alcuni calciatori che lo scorso anno giocavano nella squadra biancorossa. Quattro le partite finite nell´indagine: Bari-Livorno 4-1 di coppa Italia, Bari-Chievo 1-2, Parma-Bari 1-2 e Bologna-Bari 0-4. Tre i calciatori sospettati (ma non indagati) di essere stati in contatti con il clan. Due gli intermediari individuati. L´inchiesta nasce da una denuncia presentata da un bookmakers austriaco, Sky Sport 365, dopo la partita di coppa Italia del dicembre 2010 tra Bari e Livorno. A insospettire un flusso importante (si parla di decine e decine di migliaia di euro) registrati alla fine del primo tempo. Al 45´ la partita è 1-0 per il Bari. Gli scommettitori puntano tutto sull´over (più di tre gol) e sul fatto che anche il Livorno segnerà almeno una rete. Nella ripresa succede di tutto. Segnano Masiello, Rivas e D´Alessandro per il Bari mentre è di Dionisi la rete della bandiera per il Livorno. La partita finisce 4-1. Gli scommettitori fanno saltare il banco. Fin qui la cronaca sportiva. Poi comincia quella giudiziaria: i carabinieri hanno registrato un flusso di telefonate dall´area dello stadio San Nicola a una serie di città del nord Italia. Le stesse città dove sono state giocate puntate vincenti da migliaia di euro proprio su quelle partite. Le matrici delle schedine sono state già acquisite. Alcuni vincitori individuati. Ma la mafia che c´entra? Dai flussi telefonici è emerso che tre giocatori (difensori che quest´anno non giocano più nel Bari) avevano contatti con alcuni personaggi vicini - secondo le indagine dell´Antimafia - al clan Parisi. Uno di essi, Nicola de Tullio, è stato nei mesi scorsi arrestato (ora è libero) dalla procura di Napoli con l´accusa di aver fatto scommettere in agenzie che lui gestiva uomini vicini ai clan napoletani. L´altro invece è Antonio Bellavista, ex capitano biancorosso, coinvolto nell´inchiesta sul calcioscommesse condotta dalla procura di Cremona. Tornando a Bari, secondo il procuratore Laudati, il gruppo non si muove per semplici illeciti sportivi. Si tratta di veri riciclatori della malavita. Il clan dei Parisi aveva deciso di reinvestire nel calcio i proventi del traffico di sostanze stupefacenti, avendone intuito da un lato il facile guadagno dall´altro i controlli assai blandi. Avevano così deciso di acquistare direttamente un bookmakers con sede in Inghilterra (Paradise bet) e contemporaneamente avevano avvicinato alcuni calciatori, tra l´altro assai carismatici nello spogliatoio biancorosso: in questa maniera potevano orientare le gare del Bari e ricevere informazioni utili su altre gare sempre della massima serie. Ai giocatori davano la possibilità di scommettere (tramite dei siti Internet) con i dati di alcuni prestanome. Una struttura organizzata - sospetta il procuratore Laudati - che ha lavorato almeno su altre tre partite di campionato. La prima è Bari-Chievo, del marzo del 2011: gli ospiti vincono per 2-1, il Bari abbandona ogni sogno salvezza e Nicola Belmonte, terzino del Bari (denunciano i tifosi sui forum Internet) pare esultare al secondo gol dei veneti. La seconda è Parma-Bari 1-2, del 3 aprile, vittoria a sorpresa dei biancorossi ormai retrocessi. Segna Alvarez verso il finale e accade qualcosa di strano dopo il novantesimo con il centrocampista emiliano Morrone che aggredisce il difensore barese Rossi che nel tunnel urlerà: «Mi accusate di aver fatto soltanto il professionista». Infine finisce nel mirino l´ultima gara del campionato, Bologna-Bari 0-4. In tanti, troppi, scommettono sul 2 con handicap del Bari azzeccando così il risultato. L´inchiesta di Bari è al momento ancora nelle fase dell´indagine preliminare e non è ancora chiaro quali sviluppo possa avere. Certo è che la società è estranea, anzi è parte lesa nel procedimento. E´ possibile però che gli investigatori nelle prossime settimane decidano un coordinamento con Cremona e Napoli dove lavorano a indagini simili. ___ Poker di partite per la mafia barese RICICLAGGIO E SCOMMESSE: SOTTO INDAGINE 4 INCONTRI DEL BARI di ANTONIO MASSARI (Il Fatto Quotidiano 02-12-2011) Le mani della mafia barese sul campionato della Serie A 2010/2011 e sulla Coppa Italia: dopo la Procura di Napoli e quella di Cremona, anche la magistratura barese indaga sul calcio e sulle scommesse, per verificare se il clan Parisi abbia riciclato i guadagni del traffico di stupefacenti. Il sospetto è che li abbia riciclati scommettendo sui risultati del Bari. Nel mirino della Procura – che indaga solo per mafia e non per illeciti sportivi – ci sono quattro partite: Bari-Livorno 4-1 di Coppa Italia, Bari-Chievo 1-2, Parma-Bari 1-2 e Bologna-Bari 0-4. Quest’ultimo incontro si aggancia all’inchiesta della Procura di Cremona, che sta indagando sugli ultimi risultati del Bologna, nello scorso campionato. In particolare, sulle ultime cinque partite del calendario. Il Bari – la società, secondo la procura pugliese, non ha avuto alcun ruolo nelle partite incriminate per il riciclaggio – compare anche nell’inchiesta cremonese e in parecchie intercettazioni. Una conversazione viene registrata nella domenica di Lecce-Inter, quella del “bagno di sangue”, quando gli scommettitori legati a Beppe Signori investono e perdono cifre astronomiche, dirottate sui siti asiatici. AFFIDANDOSI alla soffiata di Marco Paoloni, ex portiere del Benevento, i bolognesi avevano puntato sulla goleada dell’Inter, che invece vinse con un risicato 1-0. Ci fu però una piccola consolazione: gli scommettitori avevano puntato anche sul “2” e sull'over di Bari-Chievo. E l’imbroccano. “Per fortuna è andato bene il Bari. . . ”, commenta l’ex capitano biancorosso Antonio Bellavista che, pochi giorni prima, si lamentava con l’ex difensore Gianfranco Parlato, delle difficoltà per contattare i calciatori del Bari. “E poi la settimana prossima vengono da te (... ) Ma quelli come sono messi?”, dice Parlato, “sono dei rincoglioniti quelli giù, i tuoi”. “Credimi, sto perdendo le forze”, risponde Bellavista, “questi se facevano con il Milan l'ove r gli... 60 mila euro a testa (...) magari prima o poi una la fanno”. Poco prima della partita con il Parma, in effetti, Bellavista prova a contattare i calciatori del Bari, attraverso un ex compagno di squadra, Marco Esposito. L’annotazione della polizia giudiziaria, nell’inchiesta cremonese, è esplicita: “Bellavista Marco se ha parlato con Andrea. Marco dice che Andrea (Masiello, ndr) ha paura e che sarebbe meglio contattare Nicola (Belmonte, ndr). Bellavista insiste in quanto questi vanno a Parma. Marco dice di aver provato a contattare anche Parigi (probabilmente il riferimento è al difensore Parisi, ndr)”. E proprio Nicola Belmonte, Alessandro Parisi e Andrea Masiello – tre difensori del Bari nella passata stagione – sono sospettati, sebbene non indagati, dalla Procura di Bari per il contatto con i clan. LA PROCURA guidata da Antonio Laudati ha anche individuato due intermediari, che si sarebbero mossi per condizionare le partite sospette. Incontri anomali, secondo il bookmaker austriaco Sky Sport 365, che con la sua denuncia ha fatto partire l’indagine. Bari e Livorno, dicembre 2010, Coppa Italia: il primo tempo si conclude con il Bari in vantaggio per 1-0, ma il flusso delle puntate si concentra sull’over, che prevede più tre reti, e su almeno un gol segnato dal Livorno. Il risultato finale è di 4-1 per il Bari. Gli inquirenti baresi, però, hanno indagato e lavorato sui tabulati telefonici: dalla zona dello stadio barese, in quelle ore, partivano telefonate in città del nord, le stesse dove si sono registrate ingenti vincite e puntate sugli stessi incontri. E proprio l’analisi dei tabulati ha consentito di scoprire che i tre ex difensori del Bari erano in contatto con uomini vicini al clan Parisi. Secondo l’accusa, il clan ha provato a riciclare nel calcio e ha acquistato il bookmaker inglese “Paradise bet”. Lo schema del clan prevedeva poi il collegamento con i calciatori, per ricevere informazioni e orientare le partite, ricambiando con la possibilità di scommettere in maniera occulta, attraverso dei prestanome. Per ora, le partite sospette, nello scorso campionato, sono quattro. Oltre a Bari-Livorno, c’è Bari-Chievo (2-1), Parma-Bari (1-2) e Bologna-Bari (0-4). E se quest’ultima partita è un punto di connessione con l’indagine di Cremona, nelle prossime ore, potrebbe essere vagliato un coordinamento con la Procura di Napoli, dove i pm Pierpaolo Filippelli, Claudio Siragusa e il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, con l’ausilio del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Torre Annunziata, guidati da Alessandro Amadei, hanno scoperto le infiltrazioni del clan D’Alessandro, nel mondo del calcio internazionale e delle scommesse.
  2. Che dire... Incontestabile e condannabile la blasfemia dello striscione. Altrettanto incontestabile la grettezza ed inutilità del commento di quell'organo di partito noto come Pravda rosa-nerazzurra a memorie alterne.
  3. MOLTI SCAMBI PER IL TITOLO DELL'AZIENDA DELLA FAMIGLIA DEL PRESIDENTE DELL'INTER In forte rialzo le quotazioni Saras In Borsa c'è un boom di acquisti Chiusura con più 22,16%, scambiato il 5% del capitale. Escluso l'ingresso di nuovi soci di CARLO LAUDISA (GaSport 01-12-2011) Nel giorno in cui la Borsa italiana ha messo a segno un incoraggiante +4, 38% dell'intero listino, la parte del leone è toccata a Saras con un +22, 16. Una perfomance che ha indotto le autorità borsistiche a sospendere più volte il titolo durante la giornata per eccesso di rialzo. Scambi boom La società di proprietà della famiglia Moratti (che detiene il 63% delle quote) ha registrato volumi insolitamente alti (oltre cinque volte gli scambi medi giornalieri), com'era già accaduto, del resto, negli ultimi due giorni. E ciò ha comportato un cospicuo passaggio di mano nell'azionariato della società che opera nel campo della raffinazione: quasi il 5%. Forte rialzo Il risultato è che la quotazione, scesa a quota 0, 82, è tornata ieri sera a 1,166: vale a dire a valori di mercato più vicini all'attuale andamento del settore, che evidentemente risente della difficile congiuntura economica. E soffre delle specifiche difficoltà legate alla recente crisi libica oltre che alle preannunciate restrizioni internazionali per l'Iran. Il vertice A dimostrazione della delicatezza del momento proprio ieri di fronte alla Commissione per le Attività Produttive si sono presentati i rappresentanti di Api, Q8 e Saras per rappresentare i problemi della raffinazione del petrolio e chiedere aiuti doganali. Per conto di Saras c'erano il d.g. Dario Scaffardi e il responsabile delle relazioni esterne s. f.. Le voci Il significativo rialzo di Saras ieri ha fatto tornare d'attualità le voci secondo cui la famiglia Moratti sarebbe in procinto di stringere nuove alleanze strategiche. Magari con l'ingresso in scena di un socio estero importante. A tal riguardo va ricordato che già nei mesi scorsi s'era parlato di un matrimonio con Gazprom, il colosso russo dell'energia, peraltro proprietario dello Zenit San Pietroburgo. In quell'occasione sia la Saras che i vertici di Gazprom esclusero quest'eventualità. E anche ieri ipotesi di questo tipo non sono state prese in considerazione dalla sede di corso Vittorio Emanuele. E per chiudere il cerchio va ricordato che Saras non ha rapporti con l'Inter, visto che Massimo Moratti è proprietario a titolo personale delle sue quote nel club nerazzurro.
  4. VERGOGNOSA SCRITTA ESPOSTA AL SAN PAOLO NEL SETTORE DEGLI JUVENTINI Terribile striscione contro Facchetti di GABRIELLA MANCINI (GaSport 01-12-2011) Uno striscione nerazzurro abominevole è apparso martedì sera al San Paolo durante Napoli-Juventus: «Facchetti 48», c'era scritto, e nella smorfia napoletana il numero 48 significa «morto che parla». Pessimo gusto Una scritta di pessimo gusto di alcuni tifosi juventini rivolta al grande ex presidente dell'Inter Giacinto Facchetti e ripresa dal sito ReSport.it. Ma chiamarli tifosi sarebbe troppo. Scrivere una frase del genere è ripugnante ed è anche sintomo di profonda ignoranza. Ci sono state delle sentenze dopo Calciopoli, ed è stato provato, come ha confermato l'ex pm Giuseppe Narducci, che le telefonate di Facchetti non avevano valore penale, non c'entravano con la struttura di potere che governava il calcio. Pubblico Detto ciò per gli smemorati, lo stadio è bello anche per il pubblico, come insegna proprio la Juventus, che ha nei suoi tifosi il dodicesimo uomo in campo, una cornice fantastica. E' divertente quando dagli spalti si lanciano sfottò, alcune frasi sono esilaranti e geniali, fanno parte dello spettacolo tanto che Striscia la notizia ci ha costruito una rubrica. Ma uno striscione così becero, fotografato per caso da Franco Romano e finito su Facebook, non può far parte del mondo dei tifosi autentici. Noi pensiamo che i veri fan bianconeri prendano le distanze da un comportamento così ignobile. Non ha nulla a che vedere con la Vecchia Signora. ___ Aggiorno con il trafiletto trovato su la Repubblica odierna ___ Lo striscione “Facchetti 48” la macabra ironia degli ultrà juventini art.non firmato (la Repubblica 01-12-2011) MILANO — C’è ironia e ironia, quella accettabile e quella che proprio non si può. In Napoli-Juve i tifosi del Napoli hanno esposto una maglia di Quagliarella con il n°71 (nella smorfia il 71 rappresenta ll’omme ‘e mmεrda... ) , mentre nella curva juventina si è decisamente esagerato: lo stendardo nerazzurro con scritto “Facchetti 48” [. . . ] evoca il «morto che parla». Alla faccia dei tavoli della pace.
  5. Il tavolo della pace Il n. 1 dello sport detta l'agenda Petrucci alza la voce «Comanda il Coni riforme e non litigi» Moratti: «Niente regali di Natale» di FABIO MONTI (CorSera 30-11-2011) MILANO — Comanda Petrucci. Il presidente del Coni continua a lavorare per mettere intorno a un tavolo il 14 dicembre Agnelli, Moratti, Della Valle e Galliani, e non intende farsi dettare da altri l'agenda dell'incontro di Palazzo H di Roma. Lo ha chiarito in maniera definitiva lo stesso Petrucci, ieri, dopo la Giunta: «Ho già parlato direttamente con gli interessati; tutti mi hanno espresso le loro richieste. L'incontro servirà soprattutto a rasserenare gli animi. Vado avanti per la mia strada, anche se tutti si divertono a polemizzare con me». Tre punti sono già stati chiariti ai protagonisti dell'incontro: il Coni non distribuisce scudetti e non è un organo di giustizia sportiva; il Coni non ha intenzione di organizzare un'assemblea di Lega o un Consiglio federale. Ancora Petrucci: «Voglio interpellare le persone che possono rasserenare il clima e gli animi. Non farò una lista ufficiale, magari alla fine ci sarà qualche sorpresa. Ma senza continuare a parlare di pace, perché non ci sono guerre in corso. Non sono preoccupato dalle dichiarazioni degli ultimi giorni, perché sono abituato alle solite uscite pubbliche dei presidenti. Ho rapporti buoni con tutti, anzi con tanti, ma ognuno va per la propria strada. L'intervento del Coni serve e mi auguro che si rendano conto che devono andare tutti d'accordo per dare di più al calcio italiano. Il mio obiettivo è di riportare serenità all'interno di quel mondo e spero di riuscirci». Il presidente del Coni ha annunciato anche la seconda parte del suo programma: «Il calcio è importante per il Paese, e per questo il Coni vuole prima risolvere i problemi dall'interno, con l'aiuto di Abete, e poi andare al Governo per chiedere le misure che riterremo giuste. Bisogna approfittare della crisi per fare le riforme. Lo diciamo da troppi anni, è ora di farlo: bisogna agire e riformare, magari anche con interventi legislativi». Il personaggio centrale del vertice del 14 dicembre resta Massimo Moratti, per quanto accaduto nel 2006. E il presidente, dopo una visita all'Inter club Montecitorio, ha spiegato (a Maurizio Pizzoferrato dell'agenzia Area) che cosa si aspetta da questo incontro: «Prima di tutto si tratta di un invito del presidente del Coni, anche se il tavolo era stato chiamato prima da altri e con altri obiettivi. Per conto mio lo scopo deve essere costruttivo. Lo deve essere per forza. Ci conosciamo tutti; è importante vedere di costruire, attraverso l'amicizia, la collaborazione e la Lega, progetti nuovi nel calcio, che consentano di avere obiettivi più alti dei litigi di tutti i giorni. Il passato? Ci sono altri che hanno già giudicato o che stanno giudicando: non è questo il tavolo per fare un discorso sul passato». Moratti ha liquidato così la questione dello scudetto 2006: «Va bene che siamo vicino a Natale, ma non credo che il presidente della Juve pretenda quel regalo... Credo che sia qualcosa di cui sinceramente si può parlare come si fa al bar. L'incontro può solo servire per dire: va bene, facciamo finta di dimenticarci di tutto e andiamo avanti. E questo lo posso dire soprattutto io. Rispetto al tavolo ipotizzato da Della Valle a luglio, cambia lo scopo. Allora c'era l'invito a qualcosa in cui io ero l'imputato innocente, ma ero comunque l'imputato. Credo che questo tavolo non abbia un'impostazione del genere: sarebbe assurdo ora, come allora». Mentre il Coni è impegnato a organizzare questo incontro, dalla Lega filtra la notizia di una lettera dai toni molto duri scritta dal presidente Beretta ad Abete, nella quale si minaccia di portare la Figc in tribunale, qualora non venga convocato in tempi rapidi il Consiglio federale, per modificare l'art. 22 delle Noif. Domani ci sarà il parere della Corte di Giustizia sulla posizione di Lotito dopo la sentenza di Napoli, ma a Milano hanno fretta, per preparare la festa di Desenzano (19 dicembre), con danze (del ventre) e musiche (di Cellino). ___ Il 14 dicembre a Roma il Coni ospiterà il «tavolo della pace» tra presidenti per chiudere la battaglia nata con Calciopoli ma il clima è da resa dei conti. Sarà chiarimento o rottura? === MORATTI «Lo scudetto 2006? Non faccio regali» Il presidente dell’Inter gela subito Agnelli «Ho accettato l’invito del Coni soltanto per parlare del futuro. Il passato è escluso» «All’incontro proposto da Della Valle avevo detto no, perché ero l’imputato innocente Su Calciopoli si è già espresso il giudice» di ALBERTO POLVEROSI (CorSport 30-11-2011) MILANO - Prima di partire per Roma, prima di stringere la mano ad Agnelli e Della Valle, Moratti ha bisogno di capire e soprattutto di sapere. Il presidente dell’Inter ha assicurato a Petrucci la sua presenza, ma i suoi interventi, in quella sede, saranno solo in prospettiva futura. Interventi per costruire. Che non si torni indietro nel tempo, che non venga riesumato lo scudetto del 2006, calciopoli e tutto quello che ne consegue, perché su questo terreno Moratti non scenderà. COSTRUIRE IL FUTURO - L’ha detto in modo esplicito al collega Maurizio Pizzoferrato, dell’agenzia Area, in un’intervista nella quale non si lasciano dubbi. Primo argomento: il 14 è in programma il tavolo della pace, Moratti ci sarà? «Prima di tutto si tratta di un invito, un invito del presidente del Coni, anche se è stato chiamato come lo avevano definito precedentemente altri e con altri scopi (Diego Della Valle che aveva - ed ha tuttora: l’ha confermato pure lunedì scorso - l’intenzione di ripartire da calciopoli e dalle nuove intercettazioni del processo, ndr). E’ un invito a incontrarsi tra noi, presidenti responsabili diretti di squadre di calcio. Lo scopo? Per conto mio deve essere costruttivo. È costruttivo, per forza. Ci conosciamo tutti, quindi è importante vedere di costruire, attraverso l'amicizia, attraverso una collaborazione, e poi anche attraverso la Lega, progetti nuovi per il calcio italiano, progetti che consentano di avere degli obiettivi più alti di quelli di litigare tutti i giorni». NO ALLO SCUDETTO 2006 - E calciopoli? «Per il passato ci sono altri che giudicano, che hanno già giudicato o che stanno giudicando: non è quello il tavolo per fare un discorso sul passato». Secco, deciso, irremovibile. Moratti avverte il giovane Agnelli che gli ha già chiesto di restituire lo scudetto del 2006. «Va bene che siamo vicino a Natale, ma non credo che pretenda da me quel regalo. . . (lo dice ridendo, ma non è una battuta nel modo più assoluto, ndr). Credo che quello sia qualcosa di cui si può parlare come se ne parla in un bar, ma non sono quelli i tavoli in cui si decide se qualcuno ha avuto, per fortuna o sfortuna, un certo tipo di atteggiamento, di comportamento, e qualcun altro no. Quel tavolo può solo servire per dire “va bene, facciamo finta di dimenticarci di tutto e andiamo avanti”. E questo lo posso dire io, soprattutto». Il messaggio è chiaro: non invertiamo le parti, l’Inter, secondo Moratti, è la società danneggiata, non quella che ha fatto danni. LO SCOPO DI DIEGO - Chiedono al numero 1 dell’Inter se ora cambia qualcosa, con un invito istituzionale rispetto alla richiesta iniziale di formare lo stesso tavolo, giunta da Diego Della Valle qualche tempo fa. «Certo, cambia lo scopo. Allora l'invito era a un tipo di tavolo in cui io ero l'imputato innocente, però ero l'imputato. Questo tavolo non credo proprio che abbia lo stesso tipo di impostazione, anche perché come era assurda allora sarebbe assurda adesso». Sulla prescrizione, alla quale l’Inter non ha rinunciato, fa parlare i giudici. «Ha già risposto il procuratore di Napoli dicendo quanto poco importanti fossero quelle intercettazioni». Il fair-play finanziario è invece un tema molto caro a Moratti, di sicuro più del tavolo. «Credo che finirà sulla testa di tutti. Non è una questione solo di fair play finanziario ma di obiettivi e situazioni talmente diversi col resto del mondo che non si può neanche essere così stonati da pensare che il calcio possa comportarsi diversamente. Però, abbiamo sempre dei doveri e lo terrò presente al momento giusto» . === PETRUCCI «Basta, nessuno mi detta l’agenda» Il presidente del Coni duro: «Gli inviti al tavolo li faccio io. Verrà chi può rasserenare il clima Ma sembra che qui vogliano tutti la guerra» «Tutti si preoccupano di ciò che diranno gli altri ma nessuno si preoccupa di quello che dirò io E parlerò. Le riforme? E’ il momento di farle» di EDMONDO PINNA (CorSport 30-11-2011) ROMA - L’ha definita come la «saga dei Forsyte» , ovvero quei romanzi scritti dal premio Nobel Galsworthy che ha raccontato la nascita e la fine della famiglia Forsyte, e chissà che il riferimento non sia casuale. Ha parlato più volte di «serenità» , che dovrà ispirare «l’operato del Coni» , ma è stato contemporaneamente deciso e fermo, soprattutto nei confronti di quei presidenti (l’ultimo riferimento è per Moratti) che parlando con lui dicono una cosa e poi «sono contenti se polemizzano con me» : Deciso anche nei confronti di chi vorrebbe arrivare al tavolo politico convocato per il 14 dicembre prossimo venturo, che è stato ribattezzato «della pace» , perché l’obiettivo del presidente dello sport italiano è chiaro, rasserenare gli animi. «Invito chi voglio. Andrea Della Valle? Io ho parlato con Diego.. . . e qui taccio» . PAROLE E PAURA - Lucido, sereno eppure estremamente pungente, Gianni Petrucci ha voluto fare nuovamente il punto della situazione, visto che non passa giornata che i protagonisti di quel tavolo (con Petrucci, Pagnozzi e Abete ci saranno Agnelli, Moratti, Galliani, Diego Della Valle, ma il numero uno del Coni ieri ha avuto parole anche per De Laurentiis) alimentino la polemica. Ci sono alcuni concetti che devono essere chiari, ecco il succo del discorso di Petrucci: a) gli inviti «Io invito le persone che ritengo giusto invitare, persone che possano rasserenare l’ambiente, che possano contribuire alle riforme. Nessuno può candidare la propria presenza, gli inviti li faccio io» ; b) gli argomenti «Tutti si preoccupano di quello che diranno gli altri, se si parlerà del 2006. Nessuno, però, si preoccupa di quello che dirò io. E io parlo e parlerò, ho l’esperienza anche nel calcio - che dovrebbe essere indispensabile per chi vuole fare il presidente del Coni - che serve per indicare quello che può essere fatto. Noi voliamo più in alto, non saremo passivi. E non mi faccio dettare le agende» ; c) le riforme «Il calcio è importante per il Paese, per questo i problemi dobbiamo risolverli prima al nostro interno, cioè con la Federazione, poi con il Governo, per chiedere quelle misure che riterremo giuste. Ogni anno si dice che tot squadre sono troppe, che bisogna cambiare. Bene, è ora di farle queste riforme. Ci sono tanti presidenti innovatori, come De Laurentiis, vediamo queste idee senza, però, scavalcare la Federcalcio» . AVVISI - Petrucci ha poi voluto distillare alcuni avvisi ai naviganti. «Ricordo che le Leghe agiscono solo su delega della Federcalcio, che risponde al Coni» . Il tavolo, però, non parte sotto i migliori auspici, quantomeno non c’è proprio serenità in questa vigilia. Preoccupato? «No, ormai sono mitridatizzato, sono sempre le stesse uscite pubbliche. Se mi dovessi preoccupare ogni volta, non farei il presidente del Coni. Io ho parlato con tutti.... beh, con tanti, non con tutti (a più di qualcuno è venuto in mente Lotito, ndr....) da Agnelli a Moratti e Della Valle, tutti si sono detti disponibili, ma poi sembra che tutti si augurano le guerre. Io mi auguro di riportare la serenità con la serenità, dirò quello che devo dire. Che è ovvio ma oggi come oggi è l’ovvio che stupisce. Altrimenti andrò avanti per la mia strada» . CONDANNA - Dice di non aver parlato con Andrea Agnelli, «ma pure se l’avessi fatto non ve lo direi» . Ribadisce, però, e il tono si fa grave, di aver sentito una bestemmia domenica in diretta durante una partita (non la cita, ma è Cagliari-Bologna), «perché non lo fanno davanti ai loro figli? perché hanno bisogno di queste cose per sentirsi più forti, più veri? C’è una normativa, va applicata, la Federcalcio l’ha sempre perseguite» . ___ Tutti al tavolo Moratti: «Ci vado, ma non regalo scudetti alla Juve» Il presidente dell'Inter parla con Petrucci «Dimentichiamoci il passato, io posso dirlo» di MATTEO DALLA VITE (GaSport 30-11-2011) La visione è più aperta, l'aria più serena. Massimo Moratti mostra nuova e ulteriore disponibilità al tavolo della pace fissato per il 14 dicembre. E dimostra, soprattutto, che quel «Parliamone» ipotizzato inizialmente l'estate scorsa (da Diego Della Valle) non è un semplice varco ma una porta che via via si sta spalancando. Il numero uno interista dice sì alla partecipazione, sì a parlare del futuro e in parte anche del passato «ma solo per dirci di far finta di dimenticare tutto, e questo posso soprattutto dirlo io. . . » fa. Il tutto accade davanti a 300 persone all'Inter club Montecitorio, un incontro che ha avuto un aperitivo molto indicativo. Petrucci-Moratti: contatto Perché la sera prima - quindi lunedì scorso - il presidente del Coni Gianni Petrucci e Massimo Moratti hanno parlato a lungo in una chiacchierata telefonica. Fra i due, nessun incontro ma solo un gradevole scambio di opinioni che segna un significativo passo in avanti. Costruzione, basta litigi Intervistato dall'Agenzia Area, Moratti ha dato voce a pensieri e pareri. «Il tavolo della pace? Prima di tutto è un invito del presidente del Coni, anche se è stato chiamato come l'hanno chiamato precedentemente altri e con altri scopi... Lo scopo? E' un tavolo costruttivo per forza, perché ci conosciamo tutti ed è quindi importante costruire attraverso l'amicizia, la collaborazione e anche la Lega affinché ci siano costruttività e progetti nuovi nel calcio italiano che consentano di avere obiettivi più alti di quelli di litigare tutti i giorni». Passato? Solo per... Ovvio, poi, che ci siano allegati sul passato: temi, questi, che per la prima volta Moratti mette in conto di dover trattare. Ma con dei paletti. «Il passato? Ci sono altri che stanno giudicando o che hanno già giudicato: non è quello il tavolo per fare un discorso sul passato. Agnelli si riferirà a quello scudetto 2006? Va bene che siamo vicini a Natale ma non credo pretenda che gli faccia quel regalo... Io credo che di quello si possa sinceramente parlare come si parla in un bar, ma non sono quelli i tavoli in cui si decide se qualcuno ha avuto più fortuna o sfortuna o un certo tipo di atteggiamento. Certo quel tavolo può servire solo per dirci "Facciamo finta di dimenticarci di tutto e andiamo avanti". E questo posso dirlo io, soprattutto...». Prescrizione e richiesta Poi, c'è un passaggio su quella richiesta di rinuncia della prescrizione dettata da Palazzi. «A quello ha risposto già il Procuratore di Napoli dicendo quanto poco importanti fossero quelle intercettazioni». La chiosa è un riferimento (richiesto) a quella che fu inizialmente una proposta della famiglia Della Valle. «Cosa cambia se lo chiedeva prima Della Valle e adesso il presidente del Coni? Cambia lo scopo: allora era un invito in cui io ero l'imputato innocente. . . però l'imputato. Questo è un tavolo che non credo proprio abbia questo tipo di impostazione, anche perché come era assurda allora sarebbe assurda adesso». Buona seduta a tutti. === L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL CONI Petrucci avvisa: «Agenda e inviti li decido solo io» «Voglio interpellare persone che possano rasserenare gli animi. E non sarò spettatore» di MAURIZIO GALDI (GaSport 30-11-2011) «Nessuno può imporre la propria presenza perché l'agenda e gli inviti li faccio io, punto», il presidente del Coni, Gianni Petrucci, non fa nomi, ma le pressioni di questi giorni lo hanno sicuramente infastidito. Un commento alle tante dichiarazioni dei presidenti, lo fa citando Giulio Onesti: «Sono mitridatizzato ad alcune uscite pubbliche. Io ho parlato personalmente con tutte le persone che devono venire e sono sicuro: il clima sarà sereno. Per questo non riesco a capire perché si continui a parlare di tavolo della pace, non c'è nessuna guerra». De Laurentiis Al tavolo si è aggiunto il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, nemmeno questo nome viene fatto da Petrucci, ma traccia un profilo preciso di chi ci sarà: «Voglio interpellare le persone che possono rasserenare il clima e gli animi. Non farò una lista ufficiale, ma magari alla fine ci sarà qualche sorpresa. Ho rapporti buoni con tutti, anzi con tanti, ma ognuno va per la propria strada. L'intervento del Coni serve e mi auguro che si rendano conto che devono andare tutti d'accordo per dare di più al calcio». Con il «nuove entrato» De Laurentiis siederanno al tavolo il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete, quello dell'Inter Massimo Moratti e quello della Juventus Andrea Agnelli, non mancheranno il patron della Fiorentina Diego Della Valle e l'a.d. del Milan Adriano Galliani, a fare da padroni di casa Petrucci e il segretario generale Pagnozzi. Per ora questi e non altri. Di cosa si parla «Molti pensano che il Coni sia passivo in questo tavolo, questo è l'errore: il Coni sarà parte attiva — spiega il numero uno del Coni —. Io dirò cosa penso possa essere fatto. Dirò il mio punto di vista. Il calcio è importante per il Paese, e per questo il Coni vuole risolvere i problemi dall'interno, con l'aiuto del presidente Abete, e poi andare al Governo per chiedere le misure che riterremo giuste». E non manca la polemica a distanza con la Lega di A. «Quando ho detto che parlavano solo di modificare l'articolo 22 bis delle Noif, non pensavo a un singolo presidente, ma al fatto che la Lega non abbia detto una parola sulla serenità». Poi accenna alle riforme del calcio: «Quello che chiederemo è che le federazioni, non solo il calcio, ribadiscano che le Leghe operano su delega e che ora è il tempo di fare le riforme. Nei momenti difficili, e l'Italia ne sta attraversando uno, è l'ora delle riforme. Parleremo del calcio del presente e del futuro». ___ Vertice senza parlare di scudetto 2006 Petrucci cerca la mediazione per la pace di FULVIO BIANCHI (la Repubblica 30-11-2011) Mettere al bando la parola scudetto 2006, che Juve e Inter si contendono: ecco la soluzione cui lavora diplomaticamente il presidente del Coni, Gianni Petrucci. L´unica strada per evitare una pericolosissima guerra per bande e fare in modo, mercoledì 14 dicembre, che il tavolo della pace («Macché pace, mica c´è la guerra», protesta lui) non salti in aria e qualcuno fra gli invitati se ne vada prima del tempo. A Petrucci non sono piaciute le notizie trapelate. Perciò l´ideale (con buone probabilità di essere raggiunto) sarebbe evitare la parola scudetto, parlando sì di Calciopoli, ma guardando al futuro. Petrucci ha contattato gli invitati, da Andrea Agnelli a Massimo Moratti, rivendicando il ruolo chiave del Coni. Come ha ribadito ieri in giunta e poi in conferenza stampa: «Certo che parlerò il 14, dirò il mio punto di vista. Nessuno mi può dettare l´agenda, io invito chi desidero». No comment sul fatto che la Fiorentina voglia presentarsi con Diego Della Valle e suo fratello Andrea, presidente onorario sospeso dopo la sentenza di Napoli (ma forse per motivi di opportunità resterà a casa). Petrucci è stato duro con la Lega di A: «Perché non fanno le riforme? Non voglio scavalcare la Figc, ma dal tavolo verranno fuori proposte che porteremo al governo. Non sono preoccupato dalle uscite dei presidenti», garantisce, come se certe parole fuori le righe siano un prezzo da pagare alla piazza. Massimo Moratti, pure lui, guarda avanti: «Altri giudicano, hanno giudicato e stanno giudicando: non è quello il tavolo per un discorso sul passato». Non gli era piaciuta la proposta dell´ex amico Della Valle («Lì ero l´imputato innocente»), dice sì a Petrucci e chiude con una battuta: «Se Agnelli dovesse chiedermi lo scudetto 2006? Siamo a Natale, ma non credo pretenda quel regalo». Forse ci siamo, se non la pace una tregua. E oggi Petrucci spiega ai presidenti delle federazioni, in occasione del consiglio nazionale, che i contributi (192 milioni) verranno tagliati del 20,4% e scenderanno a quota 143. È la crisi. Calciopoli, stavolta, non c´entra nulla. ___ Moratti e il titolo 2006 “Agnelli, no ai regali” Il patron Inter: “Anche se è Natale... Il tavolo? Bene, ma per dimenticare” di LAURA BANDINELLI & SIMONE DI SEGNI (LA STAMPA 30-11-2011) Gianni Petrucci ha apparecchiato il tavolo della pace, mercoledì 14 al Coni, Massimo Moratti invece pensa al menù. Se il tema dominante della discussione deve essere la restituzione dello scudetto 2006, allora è inutile sedersi. Moratti infatti ribadisce il concetto durante un evento svoltosi a Roma, nella sede dell’Inter Club Montecitorio: «Va bene che siamo vicino a Natale, ma non credo che Agnelli pretenda che io gli faccia quel regalo.. . Di un argomento del genere si può parlare in un bar, non in una sede come quella, anche se sono presenti delle persone che hanno avuto la fortuna o sfortuna di comportarsi in un certo modo. Quel tavolo può solo servire per dire “va bene, facciamo finta di dimenticarci di tutto e andiamo avanti”. E, diciamo la verità, una cosa del genere posso dirla soprattutto io...». Moratti spera che alla fine prevalga il buon senso: «Lo scopo di questo incontro deve essere costruttivo per forza. Ciò che è successo in passato non ci deve riguardare. Ci sono altri che giudicano, che hanno già giudicato o che giudicheranno. . . ». Di sicuro Juve e Fiorentina avrebbero preferito che l’Inter rinunciasse alla prescrizione: «In merito ha già risposto il procuratore di Napoli, dicendo quanto fossero poco importanti certe intercettazioni». Non sarà facile riallacciare rapporti seppelliti da tempo. Moratti oltre a battibeccare spesso con Agnelli ha tagliato i rapporti anche con la famiglia Della Valle e infatti Inter e Fiorentina hanno smesso di fare affari insieme. Mister Tod’s era stato il primo a lanciare la proposta rilanciata da Petrucci senza successo. Moratti ieri ha spiegato il perché: «Adesso è cambiato lo scopo, allora l’invito era a un tipo di tavolo in cui io ero l’imputato, innocente però ero sempre l’imputato. Questo è un tavolo che non credo proprio abbia questo tipo di impostazione, come era assurda allora questa cosa sarebbe assurda adesso». Ma ieri si è fatta sentire eccome anche la voce di Gianni Petrucci, il presidente del Coni ha ribadito in maniera decisa lo spirito dell’incontro stoppando sul nascere illazioni di ogni tipo: «L’agenda e gli inviti li faccio io. Tutti si preoccupano di quello che dicono i presidenti, nessuno di quello che dirò io. Sappiate che parlerò». ___ Scricchiola il tavolo della pace Moratti gela Petrucci: «Niente regali ad Agnelli» di FABIO RUBINI (Libero 30-11-2011) Va bene sedersi al tavolo della pace (previsto per il 14 dicembre), perché mica si può dire di no al presidente del Coni, ma giorno dopo giorno Massimo Moratti chiarisce sempre più i contorni della sua partecipazione. «Deve essere un tavolo che parli del futuro. Il passato? Ci sono altri che giudicano, hanno già giudicato o stanno giudicando: non è quello il tavolo per fare un discorso sul passato». Insomma il messaggio ad Andrea Agnelli, che continua a rivendicare lo scudetto 2006, è partito forte e chiaro. «Va bene che siamo vicino a Natale, ma non credo che pretenda che gli faccia quel regalo. Credo che quello sia qualcosa di cui sinceramente si può parlare al bar, ma non sono quelli i tavoli in cui si decide se qualcuno ha avuto per fortuna o per sfortuna un certo tipo di atteggiamento, di comportamento, e qualcun altro no». Prosegue Moratti: «Certo quel tavolo può solo servire per dire va bene, facciamo finta di dimenticarci di tutto e andiamo avantì. E questo lo posso dire io, soprattutto». In serata però è arrivata, stizzita, la risposta del presidente del Coni Gianni Petrucci a Moratti e a tutti quelli che in questi giorni hanno parlato dell’invito di Petrucci: «Non so perchè sia stato definito tavolo della pace, ogni giorno c’è una nuova puntata di questa telenovela. Io ho già parlato con tutti e tutti mi hanno detto come la pensano. Ma poi alla fine sono contenti solo se polemizzano con me. L’incontro servirà per rassenerare gli animi, io vado avanti per la mia strada». E ancora «Tutti sono preoccupati per quelloche dirannoloro e nessuno si preoccupa perquello che dirò io. Si dà per scontato che io e il segretario generale Pagnozzi siamo parte passiva, ma non è così. Nessuno mi può dettare l’agenda, io invito chi voglio». ___ CALCIOPOLI IL TAVOLO DELLA PACE DEL 14 DICEMBRE «Non farò regali di Natale» Moratti mette le mani avanti sul titolo 2006 irritando la Juve Petrucci, presidente del Coni, abbassa i toni: «Voglio riportare serenità nel mondo del calcio: serve a tutti» di ALVARO MORETTI ft.SIMONE DI STEFANO (Tuttosport 30-11-2011) VIENE IN MENTE la Cinquetti di «e questa è casa mia, e qui comando io e ogni dì voglio sapere chi viene e chi va». Perché - giustamente - Gianni Petrucci nel suo piccolo si “ri-arrabbia” per le continue scosse d’assestamento che vengono a far traballare il convocato tavolo della pace o incontro sui problemi del calcio di vertice del 14 dicembre prossimo venturo. «Io faccio gli inviti, io faccio l’agenda», il concetto espresso al termine della Giunta Coni di ieri e rilanciato nel pomeriggio dopo che Massimo Moratti , urticando non poco la Juve, ha parlato e dettato la sua di agenda, scevra dai riferimenti a Calciopoli e al 2006 con tanto di battuta poco gradita sul fatto che la Juve non si debba aspettare lo scudetto 2006 come regalo di Natale figlio del tavolo. Le sedi per provare a pretendere di sottrarlo all’Inter, quello scudetto, ce le ha: i tribunali ordinari, vista l’incompetenza seriale di politici e arbitri sportivi. L’attesa del fatidico 14 rischia di consumarsi come l’esercizio degli eserciti in lotta senza vero afflato pacifista. Ma Petrucci e Pagnozzi sanno che è difficile il compito, che la Figc non riuscirà a farlo dopo il 18 luglio, ma che la mossa va fatta per evitare la deriva avvocatizia denunciata il 6 novembre. LE PRIMARIE Non vuole seguire uno schema che preveda le primarie del tavolo, Petrucci: «Non ho incontrato il presidente della Juventus, Andrea Agnelli , e anche se l’avessi fatto non ve lo direi. Posso solo dire che al telefono ho parlato con tutte le persone che ho ritenuto giusto invitare al tavolo del 14 dicembre: nessuno può imporre la propria presenza perché gli inviti li faccio io, punto». Le telefonate sono partite per Pagnozzi, Abete, Agnelli, Moratti e Della Valle Diego (non Andrea). «Voglio interpellare le persone che possono rasserenare il clima e gli animi - ha aggiunto - Non farò una lista ufficiale, ma magari alla fine ci sarà qualche sorpresa. Ma senza continuare a parlare di pace, perché non ci sono guerre in corso. Non sono preoccupato dalle dichiarazioni degli ultimi giorni, perché sono abituato alle solite uscite pubbliche dei presidenti. Ho rapporti buoni con tutti, anzi con tanti, ma ognuno va per la propria strada. L’intervento sereno del Coni serve e mi auguro che si rendano conto che devono andare tutti d’accordo per dare di più al calcio italiano. Il mio obiettivo è di riportare serenità all’interno di quel mondo e spero di riuscirci, senza guerre, perché io voglio la pace». Una pace che consenta al calcio e al Coni di andare dal ministro Gnudi a chiedere «le misure (legge 91, tutela dei marchi, legge stadi, ndr) che riterremo giuste per un settore importante per il Paese». SCURDAMMOCE... Petrucci, presidente del Coni, abbassa i toni: «Voglio riportare serenità nel mondo del calcio: serve a tutti» Il fatto è che la corsa è ad ostacoli: ieri Massimo Moratti ha parlato all’Agenzia Area durante un incontro con l’Inter Club di Montecitorio. Nascosto dietro le parole del procuratore di Napoli, Lepore , degli investigatori di Calciopoli penale Auricchio e Narducci (quello del «piaccia o non piaccia, le telefonate non ci sono»...) che hanno ritenuto - a differenza dal procuratore federale Palazzi - ininfluenti penalmente le telefonate prescritte dell’Inter, il presidente nerazzurro va all’attacco. Facendo la vittima, manco fossimo tornati al luglio 2006 quando celebrò «lo scudetto degli onesti» dopo il comunicato tricolore del commissario Guido Rossi . «Va bene che siamo vicino a Natale - ha detto Massimo Moratti - ma non credo che Agnelli pretenda che gli faccia quel regalo. . . (sorride rispondendo all’ipotesi di ridare il titolo 2006, ndr). Quel tavolo può solo servire per dire “va bene, facciamo finta di dimenticarci di tutto e andiamo avanti”. E questo lo posso dire io, soprattutto. Calciopoli è qualcosa di cui sinceramente si può parlare come si può parlare in un bar, ma non sono quelli i tavoli in cui si decide se qualcuno ha avuto per fortuna o per sfortuna un certo tipo di atteggiamento, di comportamento, e qualcun altro no». A Petrucci sì, a Della Valle no: l’adesione al tavolo è spiegata così. «Cambia lo scopo, perché allora l’invito era a un tipo di tavolo in cui io ero l’imputato innocente, però ero l’imputato. Questo è un tavolo che non credo abbia questo tipo di impostazione, anche perché come era assurda allora sarebbe assurda adesso. Perché sulle telefonate ha già risposto anche il procuratore di Napoli dicendo quanto poco importante fossero quelle intercettazioni. Quello del 14 è un invito del presidente del Coni, anche se e’ stato chiamato come l’hanno chiamato precedentemente altri e con altri scopi. Un invito a incontrarsi tra noi presidenti responsabili diretti di squadre di calcio. Per conto mio lo scopo deve essere costruttivo. Ci conosciamo tutti, quindi è importante vedere di costruire, attraverso l’amicizia, attraverso una collaborazione, e poi anche attraverso la Lega, affinché ci siano delle espressioni di costruttività e di progetti nuovi nel calcio italiano, che consentano di avere degli obiettivi che sono piu’ alti di quelli di litigare tutti i giorni». === SPONDA BIANCONERA Agnelli contrariato sceglie il silenzio di GUIDO VACIAGO (Tuttosport 30-11-2011) NAPOLI. Sicuramente contrariato, forse anche un po’ stupito, il silenzio della Juventus è comunque carico di significati. Nessun commento alle dichiarazioni di Moratti, che tuttavia sono state ascoltate con attenzione e disappunto dai vertici bianconeri. Andrea Agnelli, quando aveva rilanciato l’idea di un tavolo politico, probabilmente pensava a qualcosa di diverso. Anche perché se Moratti non ha intenzione di parlare del passato, Agnelli - che si guarda dallo stilare anzitempo una scaletta, lasciando il compito a Petrucci - si aspetta che l’argomento 2006 genericamente inteso venga quanto meno toccato. MULTI PROBLEM Non solo quello, per carità. Agnelli è molto interessato a discutere della Legge 91, delle problematiche legate ai diritti tv, alla riscrittura del codice di giustizia sportiva e ai rapporti fra la Lega e la Federcalcio (ai minini storici assoluti in questo periodo). Insomma, la Juventus non pensa al tavolo solo come a un confronto su Calciopoli. Certo, per porre le basi del nuovo calcio italiano, servirebbe un po’ di chiarezza su quello che è stato il calcio italiano negli ultimi 5 anni e, per questo, Agnelli si aspetta che l’argomento 2006 venga toccato e possibilmente chiarito. LA DISPARITA’ Venga chiarita, per esempio, la domanda centrale di ogni ricorso bianconero: perché nel 2006 per gli stessi reati contestati all’Inter nel 2011 (vedi relazione di Palazzi) c’è stata una clamorosa disparità di trattamento? Perché la Juventus ha pagato sportivamente ed economicamente (450 milioni di danni secondo i calcoli bianconeri), mentre l’Inter se ne è potuta avvantaggiare sportivamente ed economicamente? E’ la domanda alla quale, finora, nessuno ha risposto, trincerandosi dietro prescrizione, improcedibilità e incompetenza. Il tavolo potrebbe essere una buona occasione per provare a farlo. Anzi, magari proprio lo stesso Petrucci potrebbe provare a rispondere. In caso contrario, tuttavia, la Juventus non si alzerà, ma continuerà a discutere dei temi proposti da Petrucci. E quella domanda continuerà a porla nei tribunali (dal Tar in poi), sperando di trovare in qualche aula la risposta.
  6. PUZZA DI BRUCIATO I 13 abbagli che inguaiano gli arbitri Denuncia dell’avvocato Taormina: la Procura di Roma apre un fascicolo per frode sportiva di FABIO SANTINI (Libero 30-11-2011) Alla vigilia della convocazione per il tanto discusso “Tavolo della pace”, potrebbe scoppiare una nuova Calciopoli. A innescarne la macchina giudiziaria e investigativa è l’avvocato Carlo Taormina, il quale ha sporto denuncia contro alcuni arbitri e assistenti di linea per aver rilevato, per undici partite del campionato in corso, falli inesistenti o per aver omesso di sanzionare azioni fallose di gioco. «Ho presentato la denuncia alla Procura della Repubblica del Tribunale di Roma», dichiara a Libero il famoso penalista, ospite fisso del “Processo di Biscardi”, in onda su 7Gold il lunedì sera. «L’atto da me formulato è stato ristretto a casi assolutamente eclatanti, tali che, per la condizione del gioco o per la posizione degli arbitri in campo, non potesse sfuggire la realtà che si stava consumando sotto i loro occhi. In relazione a questi episodi inerenti le partite relative alla tranche del campionato in corso, ho chiesto che l’Autorità Giudiziaria svolga tutte le più approfondite indagini per accertare se sussistano reiterate ipotesi di frode sportiva». Taormina chiede che, nel caso venissero accertate le responsabilità documentate, si dia inizio ad un’azione penale contro gli arbitri Mazzoleni, Rizzoli, Brighi, D’Amato Orsato, Rocchi, Valeri, Giannoccaro, Tagliavento e ai loro assistenti di linea. Ma l’iniziativa di Taormina non si ferma qui. «Ho voluto segnalare alla magistratura», continua l’avvocato, «anche l’omissione di rapporto all’Autorità Giudiziaria da parte dei vertici dell’organizzazione del calcio, in violazione di una precisa disposizione di legge. Ho anche sottolineato che, come già accaduto per i casi giudicati di recente dal Tribunale di Napoli, la frequenza degli episodi sia espressione di una rete di rapporti e ingerenze, riconducibile a un’ipotesi d’associazione per delinquere». Ma quali sono le partite messe nel mirino da Taormina? «Con l’aiuto del giornalista di 7Gold, Federico Bertone», continua l’avvocato, «abbiamo analizzato 13 episodi verificatisi in 11 partite sino a qui disputate. Purtroppo, per mera questione temporale, nella denuncia non compare il rigore non concesso alla Lazio nella recentissima Lazio-Juventus, un fallo di mano evidente dello juventino Barzagli ignorato dall’arbitro Rocchi che risulta essere posizionato a pochissimi metri dal fatto. Ci tengo a precisare, come si nota dalle partite prese in esame», conclude Taormina, «che la mia denuncia non è dettata da una qualsivoglia presa di posizione contro una squadra invece di un’altra, ma vuole essere un fatto concreto per mettere in evidenza lo scandalo che ogni turno di campionato offende le società, i tifosi e la credibilità stessa del mondo del Calcio». Chissà che questa iniziativa non convinca una volta per tutte gli organismi federali a istruire l’utilizzo della moviola in campo, da oltre trent’anni invocata da Biscardi in televisione. Nel frattempo, il prossimo lunedì 3 dicembre, verrà reso noto il nome del magistrato cui è stato affidato il fascicolo.
  7. Per la serie "qualis pater, talis filius" ___ Sotto il tavolo di Calciopoli di STEFANO OLIVARI dal blog "Guerin Sportivo" 28-11-2011 Agnelli, Moratti, Della Valle, Galliani, eccetera: i pupi del nostro teatrino personale sono sempre quelli, solo che i burattini in realtà siamo noi. Calciopoli non finirà mai, per la gioia anche di noi che ci campiamo sfruttando la rabbia di chi si sente derubato, di chi si sente accerchiato, di chi si sente accusato e di chi semplicemente ha una vita triste. E’ quindi con letizia che aspettiamo il 14 dicembre, data della convocazione da parte del CONI del cosiddetto ‘tavolo della pace’ in cui tutti i protagonisti di Calciopoli, condannati, prescritti, innocenti e spettatori, dovrebbero ritrovarsi davanti a Gianni Petrucci per tirare una riga sul passato ma soprattutto impostare un futuro in cui per i furbi la vita sia più difficile. Belle intenzioni, che nascondono il vero proposito: quello di togliere pressione ad Abete e alla Figc (il tavolo avrebbero dovuto organizzarlo loro, in realtà), ‘consigliando’ nel contempo di limitare le avventure nella giustizia extrasportiva. Avventure senza speranza, come si sta osservando a forza di porte in faccia, ma che hanno l’effetto di avvelenare il presente. Al momento è una convocazione senza…copnvocati, ma soprattutto senza argomenti all’ordine del giorno. Petrucci è da una vita nella politica sportiva, non può credere che anni di furti, di contro-furti e in generale di odio possano terminare senza che qualcuna delle parti in causa ceda qualcosa. Rimane, a nostro modesto avviso (ma qui potrano esserci d’aiuto gli insigni giuristi in canottiera che a volte ci onorano di leggere il Guerino), la questione di fondo: non è possibile che società e persone condannate in sede sportiva e penale cerchino di imporre le loro regole. Sarebbe, passateci la metafora, come se lo Stato invitasse a mettersi intorno a un tavolo sia il negoziante a cui è stato chiesto il pizzo sia il mafioso che glielo ha estorto. ___ Agnelli che non si vergognano di LIBECCIO (INDISCRETO Sport & Libertà 29-11-2011) E' molto difficile comprendere il senso di un "tavolo della pace" tra Inter e Juve. Un tavolo della pace è credibile e auspicabile per israeliani e palestinesi contrapposti da decenni di reciproco odio e sanguinoso conflitto. In altre parole, il tavolo della pace può avere senso quando tutti i suoi partecipanti hanno combattuto una guerra. Il cosiddetto tavolo della pace invocato da Gianni Petrucci ha invece a riferimento un contesto per nulla chiaro, che vede protagonista assoluto Andrea Agnelli che in ogni modo sta tentando di occultare ciò che la giustizia sportiva prima e quella ordinaria (in primo grado) poi hanno suggellato con chiarezza estrema. Sia la giustizia sportiva che quella ordinaria, infatti, hanno chiaramente concluso che esisteva in Italia una associazione a delinquere che condizionava pesantemente il regolare svolgimento dei campionati di calcio di serie A, creando un vantaggio a coloro che questo sistema avevano posto in essere (Juventus soprattutto) e agli altri club che in modo collaterale e per conseguenza di un complesso e articolato sistema di alleanze di questo sistema si avvalevano per trarne profitto e indiscussi vantaggi. Questa è l'unica realtà che ben due distinti procedimenti hanno portato alla luce e dimostrato senza possibilità che venisse mai meno l'impianto accusatorio di partenza. Quanto emerso a proposito dell'Inter, ad esempio, non ha indotto la magistratura ordinaria giudicante a inviare un fascicolo al tribunale di competenza per l'apertura di una indagine specifica. In giurisprudenza vuol dire che mancavano completamente i fondamenti di reato. In base a quanto accaduto, alle sentenze della giustizia sportiva soprattutto, la Juventus è stata condannata a pene che ne hanno pesantemente ridimensionato il ruolo centrale e di leadership giocato stabilmente per oltre mezzo secolo. La Juventus ha riconosciuto le sue eclatanti responsabilità, espulso dai suoi quadri dirigenziali Giraudo e Moggi e patteggiato la pena che altrimenti sarebbe stata molto più dura di quella comminata, impegnandosi oltretutto a non effettuare ricorsi di sorta sul tema. Ora i ruoli si sono scambiati: la Juve contesta violentemente le accuse di partenza sostenendo che nulla c'entrava e chiedendo addiruttura i danni per le conseguenze occorse (ma stranamente i danni li chiede a tutti tranne che a chi tali danni ha causato) e i principali responsabili dei reati (già condannati) che cominciano a sostenere che la Juve non poteva non sapere quello che loro facevano (Moggi soprattutto). Tale estemporaneo e tracotante atteggiamento di Andrea Agnelli, improntato al pieno rovesciamento della realtà secondo il migliore modello italico, ha prima rivendicato gli scudetti tolti alla Juve in quel periodo, poi contestato quello assegnato all'Inter nel 2006, poi chiesto che anche l'Inter fosse inquisita dalla giustizia sportiva per delle telefonate dove non si diceva nulla che già non si sapesse, poi intimato addirittura all'Uefa che l'Inter fosse cancellata da ogni competizione sportiva internazionale – e qui la Uefa ha risposto con una pernacchia -, chiesto infine una montagna di denaro a titolo risarcitorio non si capisce bene a chi e per cosa. Ovvero un comportamento senza senso, illogico, illegittimo, platealmente infondato, senza vergogna insomma. Dopo un periodo interlocutorio, ma di fuoco, soprattutto incentrato sulle dichiarazioni furibonde di Andrea Agnelli rese a mezzo stampa (ovunque le potesse rendere) contro l'Inter e Moratti, Moratti ha sempre risposto abbassando i toni, spesso non rispondendo tranne quando non poteva farne a meno. Evitando che la polemica deflagrasse e, signorilmente, evitando di commentare la recente sentenza della giustizia ordinaria relativa a Moggi, che ha fatto crollare ogni sogno revanchista di Moggi stesso e di Andrea Agnelli. Ecco a questo punto profilarsi la proposta di Petrucci sostanziata nel cosiddetto "Tavolo della Pace". Pace di che? Pace tra chi? Quali sono le offese di pari segno che il tavolo della pace dovrebbe pareggiare tra Juve e Inter? In quali processi l'Inter è stata condannata per i reati di cui Juventus e suoi massimi dirigenti sono già stati condannati? Come si possono mettere sullo stesso piano vittima e carnefice? Come si può dire che chi delinque è chi è vittima di tale attività delinquenziale pari sono? Come può Moratti prestarsi a tale indegna conclusione a tarallucci e vino di una vicenda che ha sporcato il calcio italiano in modo indelebile e casomai creato danni gravissimi proprio alla società che egli rappresenta? E' nostra opinione che se veramente il tavolo della pace si farà, ognuno si sentirà autorizzato a delinquere in avvenire, certo non solo della impunità, ma anche della conquista di qualche medaglia di alto merito per avere mirabilmente calpestato le regole del gioco.
  8. Lo strano fallimento del Piacenza calcio: era di una società dell’ex giudice Amato Il magistrato e oggi avvocato è stato anche responsabile del Dap e nei giorni scorsi è stato ascoltato in tribunale a Palermo in merito alla presunta trattativa tra Stato e mafia. Guidava la cordata di imprenditore che avrebbe salvato la squadra: "In realtà l'Italiana srl era nata per esportare farmaci in Medioriente. Quando ho visto che questo non si faceva ne sono uscito. Risulta a capo della cordata, in realtà sono dimissionario da mesi" di ANTONELLA BECCARIA & MASSIMO PARADISO (Il Fatto Quotidiano.it 29-11-2011) È strana la storia che rischia di avere come epilogo il fallimento del Piacenza Calcio. È la storia di una società a responsabilità limitate a capo della cordata che rileva quella che 10 anni fa, secondo la stampa specialistica, era una delle 10 “isole felici” del pallone italiano. Una società che non nasce per operare nel settore sportivo, ma per esportare farmaci in Medio Oriente e che nella carica di presidente ha visto insediato il dimissionario Nicolò Amato, l’avvocato che fu a capo del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) e che di recente è stato sentito dalla procura di Palermo nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia. Partiamo dalla fine, dal baratro che si profila per il Piacenza Calcio, già sofferente sul fronte sportivo. Reduce dalla retrocessione dalla serie B, i tifosi si sono dovuti rassegnare alla tripletta incassata dalla Triestina nell’ultima giornata di campionato in Lega Pro Prima Divisione, dove milita al quartultimo posto con 15 punti. Ma neanche il fronte societario va bene, tra calciatori e tecnici non pagati, fornitori in attesa del saldo di fatture inevase e le casse dello Stato che devono incassare per il 2011 Iva, Irpef e altri contributi. Una situazione, questa, che sembra essersi delineata dopo l’uscita di scena di Fabrizio Garilli, patron storico dei biancorossi fino a questa estate, quando gli è subentrata la cordata di Luigi Gallo, capitanata dalla Italiana Srl. Gallo nell’ambiente dello sport è soprannominato “Attila” perché, secondo la vulgata, quando passa lui su una squadra, niente è più come prima. Lo testimonierebbe lo stato della Lucchese, per esempio, che sarebbe sulla soglia del crac. O del Venezia, club fallito e con un processo tuttora in corso. Ora sarebbe la volta del Piacenza calcio. L’Italiana Srl, rappresentata oggi da Vladimiro Covilli Faggioli, commercialista spezzino neo amministratore unico del Piacenza e liquidatore della Lucchese, ha acquistato quest’estate i biancorossi. Della cordata che guida nell’avventura piacentina fanno parte anche Coesi Group, Mediatel (Luigi Gallo), Società Valdostana di Garanzia, Digitmedia Spa di Giuseppe e Salvatore Toscano, Pietro Cruciani (con una società dilettantistica di Formello) e Almon Holding. In merito a quest’ultima società, il nome è la contrazione di un nome, Alessandro Mongarli, l’inventore della linguetta delle lattine, che a maggio stava per comprare l’Alessandria dopo aver tentato con il Torino e Parma. Tornando alla capofila che ha rilevato il Piacenza Calcio, l’Italiana Srl vede ancora con la qualifica di presidente Nicolò Amato, titolare dell’omonimo studio legale a Roma. In passato è stato magistrato e all’inizio degli anni Novanta è stato a capo del Dap. Proprio in riferimento a questo periodo, di recente è stato sentito nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti tra uomini delle istituzioni e del crimine organizzato in Sicilia. E nello specifico, gli sarebbero state chieste informazioni in merito alla revoca chiesta nel 1993 del 41 bis, il regime di carcere duro, per alcuni boss. Ma non le indagini siciliane e nemmeno le recenti audizioni in commissione antimafia dell’uomo di legge romano riguardano la vicenda che si sta raccontando qui. Interpellato telefonicamente, in merito all’Italiana Srl, Amato dice di esserne stato presidente, ma di aver lasciato quell’incarico da oltre un anno. “Il mio nome”, afferma, “forse è rimasto perché non sono ancora state espletate le formalità per la cessione delle mie quote. Però io non mi sono mai occupato della vicenda del Piacenza Calcio e devo dire che non ne so niente”. Anche perché l’Italiana Srl sarebbe nata con scopi che con il pallone e lo sport più in generale non c’entrano nulla. “La società doveva tenere rapporti con Paesi del Medio Oriente perché uno dei soci era un cittadino giordano di una certa autorevolezza, Abdalla Maita”, aggiunge Nicolò Amato. “Poi è scomparso, io l’ho visto due volte, e la società non ha mai funzionato”. I rapporti di cui il professore parla riguardavano dunque rapporti commerciali con la Giordania e altri Paesi del Medio Oriente per fornire medicinali a ospedali e altre strutture sanitarie. Ma niente di tutto questo si concretizza. Così, a fine estate 2010, il presidente Amato annuncia la sua intenzione di dimettersi e di cedere o mettere in liquidazione della società. Intenzione confermata la prima volta in una raccomandata inviata il 17 settembre 2010 e la seconda nel corso del consiglio d’amministrazione tenutosi 13 giorni più tardi. Gli altri soci chi erano? “L’avvocato Marco Gianfranceschi e l’altro il dottor Licciardi, un commercialista di La Spezia”, risponde Amato. “Io conoscevo l’avvocato Gianfranceschi, che mi aveva proposto di costituire questa società. Gli altri no, me li ha presentati lui. Io mi fidavo dell’avvocato, è avvocato. Da allora Gianfranceschi e io ci siamo visti solo una volta perché lui non abita a Roma”. E com’è stato possibile che dall’export di farmaci si sia passati alle società sportive? “Del calcio io non ne so assolutamente niente”, conclude Amato. Nessun commento dunque sulla sorte del Piacenza, che non è affare che lo riguarda e che si deciderà nel corso delle prossime ore: se l’Italiana Srl trova i capitali da mettere nella società per coprire i debiti crescenti, bene. Altrimenti non ci sarà nient’altro da fare che presentare i libri in tribunale facendo istanza di fallimento.
  9. E guardo il mondo da un oblò da "Spinoza - Un blog serissimo" 29-11-2011 [...] Tifosi della Juventus svaligiano un autogrill. La refurtiva verrà assegnata all’Inter. [...]
  10. Come te nessuno mai! (intervista a Roberto Savino, autore di "Alex Del Piero minuto per minuto") a cura di ROBERTO ALFATTI APPETITI dal blog "L'eminente dignità del provvisorio" 29-11-2011 Migliaia sono i bambini che ogni anno iniziano a correre dietro a un pallone nei più sperduti campetti di periferia. Se per molti di loro, oggi come ieri, il sogno è indossare almeno per un minuto la divisa bianconera, il mito ha un nome e cognome: Alex Del Piero. Orgoglio e umiltà. Un campione universalmente riconosciuto che, paradossalmente, non ha mai vinto il pallone d’oro. «Ma ne ha avuti diciannove, di palloni d’oro, nel cuore della gente», ci dice Roberto Savino, autore di Alex Del Piero minuto per minuto (Castelvecchi, pp. 288, € 16,50), da mercoledì prossimo nelle librerie italiane. Barese della classe 1970, Roberto era uno di quei bambini, anzi: è rimasto uno di loro perché, appesi gli scarpini al chiodo e indossata la toga, non ha smesso di entusiasmarsi per la Vecchia Signora e per le gesta del capitano, raccontate con la partecipazione del tifoso e lo scrupolo dello storico, stagione per stagione, partita per partita. Cosa ha di diverso, il tuo libro, dalla solita biografia? Tutto, è più una storiografia, un’antologia che analizza tutte le presenze di Alex sin dal suo debutto nel campionato primavera, con accenni doverosi alla nazionale, con tanti riconoscimenti ai compagni che hanno con lui condiviso gioie e dolori, senza tralasciare le emozioni provate come tifoso che ha amato il numero 10 più quando è stato in difficoltà che quando ha dispensato magie. Vediamo se hai studiato, quanti scudetti ha vinto la Juve? Mi fai le domande a trabocchetto? Logico che ne ha vinti trentuno, visto che ogni juventino che conosce la storia conta anche quei due scudetti federali del 1908 e 1909. Piuttosto: tu lo sapevi che quota 300 gol, se contiamo quelli fatti con la primavera, è stata ampiamente superata? Come sta vivendo Del Piero, dalla panchina, la sua ultima stagione? Non bene, credo. Si allena sempre al massimo, indipendentemente che poi giochi un minuto o novanta. È un esempio per tutti gli altri. Vorrebbe lottare in campo con loro. Ma rimane il capitano anche dalla panchina. Ha insegnato con il suo comportamento a migliaia di star viziate come ci si comporta in questi casi. Saprà farlo anche questa volta, per il bene della Juve. Cosa hai pensato del preavviso di licenziamento recapitatogli da Andrea Agnelli? Forse quella dichiarazione è stata, come ha detto il mio amico Diego Bosco, inadeguata. E si è visto nei pochi minuti in cui Alex è entrato, penso al Meazza, che non è sereno. Sbagliare quel gol non è da lui, con quel piede d’appoggio troppo vicino al pallone. La forma è importante, non quanto la sostanza, ma è importante. Dai Andrea, per farti perdonare allungagli il contratto. Chi è o sarà il nuovo Del Piero? Nessuno. Perché c’è mai stato o ci sarà mai il nuovo Platinì, o il nuovo Nedved? Sono articoli unici, come il Colosseo, la torre Eiffel o la cattedrale di Praga. Quando i grandi campioni lasciano, l’errore più grande è cercare con ossessione il loro giovane alter ego, caricandolo di ingiuste aspettative. Questo non toglie che ci saranno ancora grandissimi giocatori. Tu come immagini il futuro di Del Piero? Il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo, è una frase di Francesco de Gregori, nella sua i muscoli del capitano…. Reputo Alex un uomo così intelligente che saprà in futuro ritagliarsi il ruolo che merita, magari in società. Rinunciare a persone come lui in ruoli decisionali, sarebbe davvero un delitto. Se poi vorrà giocare ancora, mettiamo da parte i nostri egoismi, facciamogli tutti questo regalo e non rattristiamoci se lo vedremo indossare una maglia d’oltreoceano e sottolineo d’oltreoceano. Com’è stata Calciopoli vissuta da uno juventino? Hanno voluto stravolgere la storia in poche settimane, ma la verità è venuta a galla lo stesso, piaccia o non piaccia. Nel libro mi sono limitato a evidenziare chi si è impegnato per difendere l’onore della mia squadra. Quando Alex ha deciso, da campione del mondo, di rimanere in B, si è fatto portavoce di un popolo che senza risse e senza isterismi ha accettato la punizione, anche considerandola ingiusta. Una cosa è certa, però: ogni juventino può guardare dritto negli occhi chicchessia. Cosa pensi dell’azione legale risarcitoria intrapresa dalla società. Il tavolo “politico” convocato da Petrucci per il 14 dicembre potrebbe rivelarsi utile? Doverosa, forse tardiva e non per colpa di Agnelli. In quell’agosto avremmo dovuto bloccare il campionato. Andare in C, se davvero lo meritavamo, ma facendo chiarezza. Ora è arrivato il momento di mettere un punto che tenga conto, però, di tutto. La serie B ce la siamo sorbita noi, con tutte le conseguenze del caso. Ma se Moratti mette il veto sullo scudetto del 2006, allora, che si siedono a fare? La Juve quest’anno può vincere lo scudetto? Fai questa domanda a uno che a sette giornate dalla fine se sta a venti punti dalla prima è ancora lì a far tabelle….. . Io mi fido di Conte, ed essendo barese non da ora, ma ringrazio il cielo che non sia venuto prima con la precedente dirigenza.
  11. IL SULTANATO DI FRANCIA L’OPA SUL CALCIO L’Emiro del Qatar padrone del Paris S.Germain, adesso il collega di Dubai punta all’Olympic Marsiglia. E Al Jazeera ha in mano i diritti tv degli Europei di PIPPO RUSSO (l'Unità 29-11-2011) L’ultimo anello della catena è l’offerta avanzata da Al Jazeera per i diritti di trasmissione televisiva in Francia degli Europei di calcio 2012. Resa nota nel tardo pomeriggio di giovedì, la notizia riferisce dell’ennesima manovra araba nella scalata al calcio francese. Che esprime la quinta lega europea per valore economico, e cresce costantemente anche e soprattutto grazie all’iniezione di petrodollari avviata la scorsa primavera. Quando la Qatar Foundation, controllata dall’emiro Al Thani, acquistò il Paris-Saint Germain e avviò una campagna-acquisti smodata per mettere la squadra nelle condizioni d’ammazzare il campionato e recuperare una posizione di rilievo in Europa. E adesso la famiglia regnante di Doha, attraverso la sua emittente satellitare a diffusione globale, prova a chiudere il cerchio con un’offerta che sulla carta sbaraglia la concorrenza. La notizia diffusa per prima dall’emittente radiofonica RMC parla di 130 milioni di euro. Un’offerta impossibile da pareggiare per la concorrenza, costituita dal consorzio tra TF1 e M6 e capace di mettere assieme soltanto 50 milioni. La metà di quanto lo stesso consorzio aveva pagato per i diritti di trasmissione in Francia degli Europei 2008. I duenetwork si sono appellati alla generale crisi economica per motivare un così vertiginoso ribasso, ma l’argomento non può certo indurre l’Uefa a accontentarsi di un prezzo politico. Specie dopo aver spuntato per gli stessi diritti, nei mesi scorsi, 70 milioni in Spagna e 120 in Germania. E poiché il rapporto d’affari fra la confederazione del calcio europeo e la tv degli emiri qatarioti era già attivo e funzionante (il mese scorso Al Jazeera ha acquistato i diritti di trasmissione nelle zone del Medio Oriente e del Nord Africa per le edizioni 2012 e 2016 degli Europei, dopo essersi assicurata quattro anni fa il pacchetto 2009-12 della Champions League), ecco pronta l’offerta schiacciante. Che pone dei problemi riguardo allo sfruttamento dei diritti stessi, e soprattutto schiude scenari di geopolitica del pallone che sarà bene monitorare negli anni a venire. LA CRISI QUESTA SCONOSCIUTA Per quanto riguarda il primo aspetto, riguardante gestione e sfruttamento dei diritti, la questione è stata immediatamente posta da Le Figaro. Qualora il network satellitare degli emiri dovesse aggiudicarsi il pacchetto, si porrebbe immediatamente il problema della “trasmissione garantita”. Ben 19 partite del prossimo Europeo (fra cui quelle della nazionale francese, le semifinali e la finale) rientrano nella categoria degli événements sportifs majeurs, cioè d’interesse nazionale; in quanto tali, per essi vige l’obbligo di trasmissione in chiaro e gratuita. Un ostacolo aggirabile ricorrendo alla sub-cessione a un canale nazionale che trasmette in chiaro, dei diritti su tali gare. Più importanti sono le prospettive di scenario che questa vicenda fa intravedere, e che si condensano nell’interrogativo circolante da mesi fra gli analisti di economia e politica dello sport: come mai gli arabi hanno preso a investire così massicciamente nel calcio europeo? La risposta a questo interrogativo è ancora tutta da costruire, ma per adesso non si può non registrare una presenza crescente. Gli stessi emiri del Qatar, oltre Paris-Saint Germain, hanno comprato in Spagna il Getafe. E queste manovre sembrano fatte apposta per pareggiare la concorrenza dell’emiro di Abu Dhabi, Mansour bin Zayed. Che dopo aver acquistato il Manchester City non badando a spese per farne una pretendente all’élite del calcio nazionale e continentale, ha fatto altrettanto in Spagna col Malaga. LA SCALATA Si ha l’impressione d’essere al cospetto di una scalata al calcio europeo, sempre più malato di gigantismo e indebitato, e perciò bisognoso di denari freschi e in gran quantità. E ha un senso che a far da testa di ponte in questa scalata sia il campionato francese, ovvero la minore fra le maggiori cinque maggiori leghe europee. Un mercato relativamente economico e in espansione. Qui gli emiri del Qatar agiscono a tutto campo: comprando un club ma anche lo spettacolo televisivo del calcio (non va dimenticato che Al Jazeera, in consorzio con Canal+, si è aggiudicata anche i diritti su una quota di partite del campionato francese per il quadriennio 2012-16). Inoltre, si appresterebbe a finire in mani arabe anche il club più popolare di Francia: l’Olympique Marsiglia. Da tempo in vendita dopo la morte di Robert Dreyfus nel 2009 (la vedova Margarita gestisce con polso fermo il club in attesa di un acquirente), l’OM era stato in un primo tempo oggetto d’interesse della stessa famiglia regnante del Qatar. Il magazine settimanale dell’Equipe in edicola ieri ha parlato di un gruppo d’investitori di Dubai pronto a entrare in società. La voce circola da mesi, e fra conferme e smentite si potrebbe essere alla fase decisiva. Per la cronaca, domenica sera si è giocato proprio il match fra OM e PSG, stravinto (3-0) dai marsigliesi. Dalla prossima volta potrebbe essere un derby arabo.
  12. Il tavolo della pace Petrucci sta mettendo a punto la strategia per il vertice del 14 dicembre Il Coni lavora, la Lega di A fa festa di FABIO MONTI (CorSera 29-11-2011) MILANO — Prende forma il tavolo della pace, il vertice convocato al palazzo H del Coni dal presidente Gianni Petrucci per il 14 dicembre. L'obiettivo è quello di svelenire l'ambiente, far scendere la febbre della conflittualità ed evitare il continuo ricorso ai tribunali, come conseguenza di Calciopoli. Sicure le presenze di Andrea Agnelli e di Massimo Moratti, così come quelle di Diego Della Vale e Adriano Galliani. Possibile che vengano diramati altri due inviti, ma non di più, perché Petrucci (con Pagnozzi e Abete) non ha mai pensato di trasformare un vertice mirato in un'assemblea di Lega. Sedersi al tavolo significa prendere atto di due punti vincolanti: il Coni non è un distributore di scudetti e non è nemmeno un organo della giustizia sportiva. La questione dello scudetto 2006 non può essere all'ordine del giorno. Petrucci ha riassunto così: «Uno dei miei impegni è cercare di riunire persone di buona volontà per rasserenare il mondo del calcio. Il mondo è anche fatto di effervescenze, ma sono positivo, sereno e ottimista. Vorrei portare persone che diano un contributo positivo per la soluzione dei problemi. Non si tratta di fare richieste, ma di rispondere a un invito fatto dal Coni e rivolto a persone che rappresentano una fetta importante del calcio e dello sport. Siamo però solo al primo tempo, manca la ripresa». Mentre il Coni lavora, la Lega di A ha venduto l'ultimo pacchetto di diritti tv per il triennio 2012-2015, quello destinato all'estero. Il presidente Beretta ha annunciato che il «traguardo del miliardo di euro complessivo è vicino». È stato preparato il nuovo testo dell'art. 22 delle Noif (il salva-Lotito), che ora dovrà essere sottoposto al Consiglio Figc (prima si attende la risposta della Corte di giustizia) e al Coni. Pronto anche il testo del regolamento di attuazione dell'accordo collettivo. Anche per questo la Lega ha organizzato una grande festa a Desenzano del Garda il 19 dicembre; idea del presidente del Genoa, Preziosi, con il n. 1 del Cagliari, Cellino, che curerà le musiche. Non c'è niente da festeggiare, vista la delicata situazione del calcio italiano (e non solo), ma si può sempre trovare un'occasione per fare brutta figura. La Lega di A quando si impegna, ci riesce. Poi da gennaio si ricomincerà a litigare per il nuovo presidente. ___ Segnali di distensione dopo le scintille per Calciopoli: il vertice sul calcio del 14 dicembre prende corpo «Tavolo di pace, io ci credo» Petrucci è ottimista e incassa nuove adesioni: ci saranno anche Andrea Della Valle e De Laurentiis di NANDO ARUFFO (CorSport 29-11-2011) ROMA - Le Olimpiadi (Londra 2012 e l’obiettivo di Roma 2020) vanno avanti da sole come se l’avvicinamento fosse guidato da un pilota automatico. Il presidente del Coni Gianni Petrucci ha ribadito che è il calcio, in questo momento, a focalizzare l’attenzione dello sport. L’occasione gli è stata fornita dalla cerimonia di premiazione del Concorso Letterario bandito dal Coni e dalla consegna dei Premi Coni-Ussi 2011. L’attenzione di Petrucci va a Calciopoli e allo scudetto 2006, revocato alla Juve e assegnato all’Inter. Provvedimenti che hanno innescato una serie di ricorsi a catena, ultimo dei quali il risarcimento milionario per danni chiesto dalla Juventus: 443 milioni 725 mila 200 euro. Teso a spezzare questa spirale a base di cavilli legali, Petrucci per primo aveva invitato le società a un «tavolo di pace». Di fronte alla richiesta piovuta dal presidente di tutti i presidenti sportivi, nessuno poteva opporsi. Petrucci ha voluto rilanciare il suo messaggio attingendo a piene mani nell’ottimismo: « Stiamo lavorando con impegno all’Olimpiade di Londra del prossimo anno e all’organizzazione di quella di Roma che è più lontana, 2020. Ma in questo momento il Coni ha un impegno ancora più importante: si rivolge alle persone di buona volontà, perché c’è bisogno di rasserenare il mondo del calcio. Io sono ottimista: l’incontro con i vertici del calcio raggiungerà lo scopo ». FONDAMENTALE - Dall’ottimismo alla praticità, Petrucci si rivolge al pubblico lanciando un messaggio diretto al presidente della Federcalcio, Abete: « Avrà un ruolo molto importante, gli inviti sono partiti e sono contento di aver trovato la disponibilità di tutti quelli che ho contattato. Il mondo del calcio, si sa, è effervescente, racchiude tanti interessi ma è pur sempre uno sport. Io sono convinto che ritorni la serenità, perché tra persone intelligenti l'intesa si troverà ». Dal mattino al pomeriggio, dai premi letterari del Coni alle premiazioni del Circolo Aniene di Roma, Petrucci preciserà: « L'Italia può contare su grandi personalità nel mondo del calcio come i Della Valle, Moratti e Agnelli, che altri paesi non hanno ». presenti - Al «tavolo della pace», insieme con Petrucci e il segretario generale del Coni Raffaele Pagnozzi ci saranno: il presidente della federcalcio Giancarlo Abete con Massimo Moratti per l’Inter, Andrea Agnelli (Juventus), Adriano Galliani (Milan), Aurelio De Laurentiis (Napoli) con i fratelli Andrea e Diego Della Valle che, a nome della Fiorentina, hanno precisato: « Veniamo a patto che, prima della pacificazione, ci sia un indispensabile chiarimento ». Del «tavolo» ha parlato anche l’allenatore dell’Inter Claudio Ranieri. Su Radio Uno, durante la trasmissione mattutina «Radio anch'io lo sport» ha affermato: « Si chiama tavolo della pace, vediamo se si sotterreranno le asce di guerra. Se sarà il tavolo della pace, ci sarà la parola fine a questa brutta faccenda italiana ». VOLONTA’ - Preoccupato il presidente dell’Ussi (Unione stampa sportiva italiana) Luigi Ferrajolo: « Il tavolo di pace si fa durante le guerre, è significativo che si usi questa definizione per lo sport ». Si avvicina Natale e bisogna essere tutti più buoni: la data del famoso «tavolo della pace» è stata fissata, mercoledì 14 dicembre. Petrucci ha già preparato un ordine del giorno, tutti si sono mostrati disponibili. Adesso bisogna passare dalle buone intenzioni al concreto: tocca al calcio manifestare un gesto di buona volontà. === LE REAZIONI IN LEGA === No di Cellino «Questi ‘tavoli’ sono incontri per pochi» di PIETRO GUADAGNO (CorSport 29-11-2011) MILANO – Il cosiddetto tavolo della pace non raccoglie così ampio consenso in Lega calcio. E’ stato innanzitutto il presidente del Cagliari a manifestare in pubblico le sue perplessità… per usare un eufemismo, visto che le sue sono state vere e proprie picconate. «Questi tavoli mi spaventano e io, oltre che contrario, mi sento offeso – ha ringhiato Massimo Cellino -. E’ un modo per nascondere troppe cose. Come si fa ad allestire un tavolo della pace per evitare cause contro la Federcalcio o parlare di fantascudetti, quando siamo noi i primi a non rispettare le regole? L’ultima iniziativa del genere vista in Italia risale a 12 anni fa e partorì due designatori al posto di uno». Insomma, produsse uno scenario da cui poi scaturì Calciopoli, a cui proprio il nuovo tavolo vuole mettere una fine definitiva. «Sono stato l'unico presidente ad andare a Napoli per testimoniare al processo – ha insistito Cellino -. E senza quei galantuomini dei giudici oggi ci troveremmo nella stessa situazione. Perciò bisogna solo ringraziarli. Se sono l’unico a pensarla così? Oltre a pensarlo io lo dico. Se qualcun altro tace, sono cavoli suoi». PACE E BASTA– A Beretta, comunque, non sono arrivati inviti o convocazioni. Ciò significa che la Lega, intesa come istituzione, non si siederà a quel tavolo. «Non sono al corrente né della composizione né degli argomenti – ha spiegato Beretta -. Ma se sono state coinvolte solo alcune società, l’obiettivo sarà unicamente quello di raggiungere la pace tra loro. Evidentemente per l’altro tavolo, ovvero quello in cui si discuterà delle regole per il futuro, occorrerà attendere. E l’importante è che a quello noi ci saremo, per proseguire quanto già avviato con l’ultimo governo». === Cosa fa Moratti? «Per adesso c’è l’invito, vediamo...» di A.POL. (CorSport 29-11-2011) MILANO - Molti si domandano se ci sarà anche lui, seduto insieme ai suoi nemici di oggi (ma, si spera, non più di domani), al tavolo della pace. Massimo Moratti ha ricevuto l’invito e ora è in attesa. Così ieri, intervistato sotto gli uffici della Saras, ha risposto in questo modo a chi gli chiedeva se avesse preso degli impegni per il prossimo 14 dicembre, giorno in cui Petrucci riunirà i Grandi Contendenti: «Per adesso c'è questo invito e vediamo...». L’ha detto sorridendo, la risposta è stata pubblicata anche dal sito dell’Inter, ma in serata lo stesso club nerazzurro ha tenuto a precisare che il «vediamo» di Moratti non era legato alla scelta delle persone e neppure alla materia degli argomenti che verranno trattati. La posizione del numero 1 dell’Inter resta quella di attesa. ___ CALCIOPOLI DIEGO DELLA VALLE CHIEDE NON SIA SOLO FORMALE E CONVOCA ANCHE SUO FRATELLO ANDREA Petrucci: «Ho fiducia nel tavolo» E intanto ha già incontrato Agnelli di MAURIZIO GALDI (GaSport 29-11-2011) Conto alla rovescia per il tavolo della pace calcistica del 14 dicembre. E prime mosse nel percorso preparatorio verso il conclave lanciato dal presidente del Coni. Che domenica ha incontrato in forma riservata Andrea Agnelli. Top secret i contenuti. E grande prudenza anche nelle parole pubbliche sull'argomento pronunciate ieri dello stesso Petrucci: «Ho fiducia nel tavolo della pace. Non vedo perché non si dovrebbe raggiungere la serenità nel mondo del calcio che racchiude tanti interessi, ma è sempre uno sport». Il tutto mentre Moratti, che ha dato da tempo la sua disponibilità, è intervenuto sull'argomento con un laconico: «Vediamo...». Un riferimento in generale e non a chi parteciperà. Ottavo invitato Prudenza anche sugli inviti, che comunque spettano - su questo non si discute - al padrone di casa, il presidente del Coni, appunto. Di certo, rispetto ai sette sicuri dei giorni scorsi Petrucci, Pagnozzi, Abete, Moratti, Agnelli, Galliani e Diego Della Valle c'è da aggiungere un ottavo visto che la Fiorentina si presenterà anche con Andrea Della Valle, soddisfatta nel vedere finalmente accolta la proposta formulata in estate. Adesso l'auspicio della società viola è che non ci si limiti a un incontro puramente formale, ma sostanziale di chiarificazione e pacificazione. Polemica Sugli invitati al tavolo però c'è già polemica all'interno della Lega di A. Il presidente del Cagliari Cellino è duro: «C'è qualcosa sotto. Molti presidenti sono con me, io mi espongo: o Petrucci invita la Lega in rappresentanza di tutti o non va bene. L'ultimo tavolo per pochi ha prodotto il doppio designatore». Il presidente della Lega Beretta chiarisce: «Se il Coni vuole risolvere una disputa inviti i contendenti. Ma se deve anche parlare della riforma del calcio ci deve essere la Lega: l'impegno l'abbiamo preso a Palazzo Chigi». Pescante Infine Mario Pescante, impegnatissimo sulla strada che vuole portare a Roma le Olimpiadi del 2020, che ieri s'è concesso però una battuta sul «tavolo» nel Gr Parlamento: «Spero che il tavolo dell'ottimo presidente Petrucci abbia un compito più facile di quello del quale mi sto occupando per Israele e Palestina». ___ Calciopoli, il tavolo della pace nasce male Moratti pronto ad andare via dopo un minuto. Petrucci: “Ma io sono ottimista” di FULVIO BIANCHI (la Repubblica 29-11-2011) Il tavolo (della pace) già traballa e rischia di durare un minuto: la colpa non è di Giovanni Petrucci, presidente del Coni, che ha avuto l´idea e l´ha convocato per mercoledì 14 dicembre. Ma sono troppi i rancori che separano ancora gli invitati illustri e le premesse non annunciano nulla di buono: se, ad esempio, Andrea Agnelli tirerà in ballo quello scudetto 2006, che fu tolto alla Juve e dato all´Inter, e Diego Della Valle vorrà discutere di quello che è stato Calciopoli (e quello che non è stato, con le tante, troppe omissioni), ecco che Massimo Moratti si alzerà subito dal tavolo. Il patron nerazzurro già partecipa poco volentieri: lo fa solo per rispetto di Petrucci. Però, l´idea che si parli del passato, tirando in ballo la sua Inter, non l´accetta di sicuro: anche perché, sostengono in ambiente nerazzurro, il club milanese non è mai stato giudicato a Napoli e nemmeno c´è stato un processo sportivo. Tutto si è fermato a una (pur dura) requisitoria del procuratore Stefano Palazzi, senza alcun contraddittorio, e finita nel nulla per prescrizione. Insomma, Moratti non accetta "processi". Né da Agnelli né da Della Valle. Il patron viola è contento (per ora): «Sono molto soddisfatto che sia stata accettata la mia idea, anche se un po´ tardivamente. Mi auguro che non si tratti di una riunione formale ma che oltre alla pacificazione serva a fare chiarezza su Calciopoli, su cosa è successo in quei giorni». È proprio quello che non vuole Moratti, e quando ieri ha detto «vedremo…» non si riferiva certo ai partecipanti - quelli non li sceglie lui - ma ai contenuti della discussione. Lo stesso Andrea Agnelli, dicono, sia molto agguerrito (e lo dimostrano i suoi ricorsi), intenzionato a tirare in ballo proprio quello scudetto. Alla riunione parteciperanno, per ora, in otto (ma non è finita): Petrucci, Pagnozzi, Abete, Andrea Agnelli, Moratti, Galliani, Diego e Andrea Della Valle. In realtà è la Fiorentina ad aver annunciato la presenza di Diego, il patron, e del fratello Andrea, presidente onorario. Il problema è che quest´ultimo è sospeso per Calciopoli: il Coni non commenta. Nella stessa posizione di Andrea si trova Claudio Lotito: il Coni inviterà il patron laziale col quale ha un contenzioso in corso per l´Olimpico? È probabile invece che alla tavolata si unisca Maurizio Beretta, presidente della Lega di A, mentre Massimo Cellino, consigliere federale e n. 1 del Cagliari, boccia secco l´iniziativa: «Questi tavoli mi spaventano, nascondono troppe cose: io sono contrario e offeso». Petrucci porge il ramoscello d´ulivo: «Si può raggiungere la serenità nel mondo del pallone». ___ L’INCONTRO DEL 14 DICEMBRE Al tavolo del Coni pure i Della Valle «Ma si chiarisca prima della pace» di ALVARO MORETTI & GUIDO VACIAGO (Tuttosport 29-11-2011) CI SARA’ anche Della Valle. Anzi i Della Valle perché Diego porta al tavolo politico del Coni anche il fratello Andrea, uno dei condannati di Calciopoli. Un segnale preciso, come inequivocabile è il pensiero del patron della Fiorentina: il tavolo, prima che pacificatore, deve essere chiarificatore. E ogni riferimento alle vicende del 2006 e seguenti non è puramente casuale. E in fondo, proprio mentre la tavolata prende corpo e vengono ufficializzate le presenze e soppesate le assenze, il problema principale continua a essere l’ordine del giorno. Perché mentre i Della Valle vogliono chiarire i temi di Calciopoli e Andrea Agnelli non può consentire che non se ne parli, Massimo Moratti e Giancarlo Abete tralascerebbero volentieri l’argomento. Anzi, dal campo nerazzurro rimbalza in modo assai informale e sfumato il concetto che se il 14 dicembre, nel Palazzo a H del Coni, dovessero essere servite portate indigeste a Moratti, questi potrebbe anche alzarsi. CHIARIMENTI La presenza del presidente interista, tuttavia, è fuori discussione, anche se un suo intervento ieri mattina aveva fatto pensare a una risposta polemica: «C’è questo invito, vediamo...», aveva risposto sorridendo alla domanda, altrettanto scherzosa: «Allora, ha impegni per il 14 dicembre?». In serata il chiarimento: Moratti si siederà al tavolo. Poi bisogna capire cosa dirà e come reagirà quando gli altri convitati ci spingeranno sopra Calciopoli e i suoi risvolti (vedi le spy story emerse al processo Telecom). Nonostante queste spinose premesse, il presidente del Coni, Gianni Petrucci, che dell’incontro del 14 dicembre è il diplomatico organizzatore è ottimista. «Anche se in tanti scrivono che non darà risultati, ho fiducia nel tavolo. Non vedo perchè non si dovrebbe raggiungere la serenità nel calcio che racchiude tanti interessi, ma è sempre uno sport. L’Italia può contare su grandi personalità nel calcio come i Della Valle, Moratti e Agnelli, che altri paesi non hanno. Gli inviti sono partiti e sono contento di aver trovato la disponibilità di tutti quelli che ho contattato. Sono ottimista perché tra persone intelligenti l’intesa si troverà. L’invito è andato a tutte quelle persone che rappresentano lo sport e il mondo del calcio: arriveremo con serenità senza dire chi vince e chi perde. Un ruolo molto importante lo avrà il presidente della Figc, Abete». BUON NATALE Di contorno alle voci dei protagonisti, si registrano tutte le altre, fra gli auspici di chi come Claudio Ranieri auspica «il seppellimento dell’ascia di guerra» (ma quando sedeva sulla panchina della Juventus si esprimeva in modo leggermente diverso sugli scudetti revocati ai bianconeri), chi come Conte si affida al suo consolidato slogan: «Il presidente e la società si occupano del passato, a noi come squadra interessa costruire il futuro», fino al “volemose bbene” vagamente surreale di Enrico Preziosi che evoca il «clima natalizio» e poi spiega: «Chi ha patito di più ne risente ancora ma questo riguarda il passato e non sarà uno scudetto in più o in meno a muovere la storia del calcio. Ora è auspicabile che Juve e Inter si stringano la mano e che venga posta una pietra tombale su questa faccenda». NASCONDINO Chiude la parata, Massimo Cellino che sul tavolo spara: «Nasconde troppe cose: come si fa a fare un tavolo della pace per evitare cause contro la Federcalcio o parlare di fantascudetti? Siamo noi i primi a non rispettare le nostre regole... L’ultimo tavolo della pace, visto in Italia 12 anni fa, partorì due designatori al posto di uno. Questi tavoli mi spaventano io sono contrario e offeso, io lo dico, se qualcun’altro tace sono cavoli suoi», ha aggiunto Cellino ricordando che «sono stato l’unico presidente andato a Napoli per testimoniare al processo. E senza quei galantuomini dei giudici di Napoli staremmo ancora in quella situazione. Perciò bisogna ringraziarli. In assenza della politica in Italia, per fortuna ci sono i tribunali». Il problema è che nello stesso tribunale dove Cellino è andato a testimoniare, nel corso di un dibattimento durato 61 udienze (mica solo la sua), sono emerse prove che il procuratore federale Palazzi ha ritenuto essere violazioni, in certi casi gravi, delle normative federali. Violazioni commesse da chi, al contrario della Juventus e della Fiorentina, non ha pagato e, anzi, da Calciopoli ha tratto vantaggi. Non c’è pace senza giustizia. E questo, ormai, lo sanno anche i tavoli. === «VINTO SUL CAMPO» Capello: «Incompetenti Quanti errori nel 2006» art.non firmato (Tuttosport 29-11-2011) MILANO. Fabio Capello, a Studio Sport, torna sui fatti di calciopoli e anche su Ibrahimovic, che ai tempi della Juve portò a ripetizioni di gol. «Ricordo che un giorno lo presi in disparte e gli dissi “Ibra, vieni con me nello studio che ti faccio vedere l’attaccante più grande della storia” e misi una videocassetta di Van Basten. Insieme analizzammo i suoi movimenti e tutto e gli feci notare come sarebbe stato difficile segnare tanto stando così lontano dalla porta come faceva lui inizialmente quando arrivò in Italia. Con molto orgoglio mi disse che avrebbe raggiunto quelle vette e segnato di più accettando la sfida, si applicò giornalmente su questa fase». Il ct dell’Inghilterra affonda sul 2006, poi. «Credo che ci siano stati gravi errori quando assegnarono lo scudetto a tavolino all’Inter: quel titolo lo vincemmo nettamente sul campo senza discussioni, poi però la giustizia è andata avanti per conto suo. Si sono poi rivelati tutti incompetenti per non rispondere, dinnanzi all’incompetenza non dico altro, anzi io che sono competente dico che quello scudetto è mio e vinto sul campo». Infine, l’apprezzamento per la Juve: «Credo possa arrivare fino in fondo, perché ha qualità e gioca di gruppo, come richiede l’allenatore».
  13. 29 11 2011 Tutti pazzi per Lavezzi (anche troppo...) Calci e sputi e colpi di testa è il titolo di un bel libro neppure troppo datato (1976) a firma di un ex calciatore del Perugia poi libraio, Paolo Sollier: vi ricordate di quel faticatore barbuto travestito da centravanti arretrato che faceva godere Castagner e tutti i tifosi, nell’anno in cui arrivarono secondi dietro il Milan ma imbattuti? Era il 1979, epoca di terrorismo, di “teorema Calogero” per il 7 aprile e Toni Negri, e di altre storie di cui probabilmente siamo figli, o nipoti. Mi viene in mente per un’occhiata al mondo del calcio di allora e di oggi, magari all’ombra di un saggio ineguagliato di sociologia sportiva, dico “Homo ludens” (1938), di Huizinga , filosofo olandese maestro di Crujiff e Neskeens... C’era una volta una cittadella rotondolatrica e rotondocratica circondata da un fossato pieno d’acqua. I Signori del pallone alzavano o abbassavano il ponte levatoio, grazie soprattutto a quella voglia di “ricreazione” (Huizinga) o a quella “fuga dalla politica” (Sollier) del popolo dei tifosi che ignoravano a forza ciò che non fosse calcio giocato. SI POTEVA parlare per ore, giorni, settimane di un rigore non dato, ma praticamente mai di ciò che stava “dietro” o “fuori” dal campo: niente politica né economia sportiva che sporcasse quel rettangolo verde, l’importante era difendere questa extra-territorialità sociale (una volta si diceva che il tifoso era “interclassista” ...). È come se oggi, ma proprio oggi, decidessi di “proteggere il calcio” occupandomi – che so – soltanto dell’imbattibilità della Juve (ma anche il Perugia finì imbattuto), o dei solisti ormai ben impalcati del Milan, o della Fiorentina di cui si ignora la malattia: ma come sarebbe, prima c’era Frey in porta e adesso c’è il Santo Polacco, prima il 10 sulla maglia ce l’aveva una fenomenale “canaglia” di nome Mutu e adesso ce l’ha questo Silva, anche simpatico per carità, ma più somigliante per ora al cattivo della saga cinematografica de La mummia, e ci si domanda perché va male? ANDRÀ MEGLIO, certo, con Rossi, ma perché non pagano quelli che hanno davvero sbagliato? E invece che occuparmi di questo riprendo il filo: le nequizie esterne stanno invadendo la cittadella, il colbertismo mediatico non basta più (“I teppisti? Non sono veri sportivi…”, e ti credo!), l’acqua del fossato è prosciugata, il ponte levatoio è del tutto levatoio e non esiste più. Così la cronaca nera, le pressioni psicologiche su attori che si caricano il pallone sulle spalle peggio che Atlante la palla del mondo, montagne di interessi contigui o sovrastanti hanno invaso quella cittadella, peraltro a sua volta assai sbreccata nelle mura cadenti. Anche se le telecamere della tv sono messe in modo che non venga inquadrata tutta questa fatiscenza. Anche se resiste la buona volontà travestita da passione e da tifo di folle sempre più televisive che continuano “come se” il calcio fosse difeso da quel fossato (Huizinga più Sollier). Bello sforzo di immaginazione: e poi tutte insieme ti arrivano le notizie da Napoli sui tre tenori del gol, da Milano sulla condanna di Amantino Mancini a due anni e otto mesi per violenza sessuale, sulla moglie del Ct uruguagio Tabarez ustionata a Montevideo, sul Ct del Galles suicida “inspiegabilmente” (notare l’acutezza dell’avverbio: come se non fosse comunque un mistero... dico il togliersi la vita) una settimana dopo che aveva cercato di fare lo stesso un arbitro della Bundesliga e due anni dopo il suicidio del portiere della Germania. Per carità, non sono né fatti né grandezze commensurabili, ma di certo sono entrati passando sopra quel ponte tra società e calcio steso definitivamente su un fossato asciutto. In confronto è uno scherzo la lite tra Osvaldo e Lamela, con manata di contrappunto a un passaggio non arrivato, ma il tutto all’interno di quella cittadella. Fuori, impazzano per esempio a Napoli, ma con una casistica ricca anche a Roma e Milano tra cattive compagnie, scommesse, ricatti ecc. , le reazioni per il caso-Lavezzi. NON SI PARLA di campo, di “el pocho” che segna poco e nulla, bensì dell’aggressione subita dalla fidanzata scippata di un rolex, Yanina Screpante (oddio, anche i nomi, con lui Ezequiel…), che si è lasciata scappare un “città di m***a…”, poi rientrato. Il presidente del club ha spiegato che “via, a Napoli può succedere, i due non si sono forse ambientati del tutto, forse lei con il rolex è parsa una provocazione…” tanto per la serie “peggio il tacon che il buso”, il sindaco interista ma anche napoletano lo ha suffragato con dei riflessivi “può accadere in qualunque città” (anche se Berlusconi è al corrente del fatto che “siamo un paese di m***a”). E questo episodio segue l’agguato alla moglie di Hamsik, e il furto a casa Cavani… solo per restare al “tridente” che stasera tenta di frangere la Juve. Pur con il corredo di tutta la malavita organizzata che ci tiene compagnia in questo come in qualunque altro settore e preme sul sistema-calcio in mille modi, come ben sanno le Procure di mezza Italia, “nessun complotto” dice il questore di Napoli, e probabilmente con ragione. Ma in un certo senso magari ci fosse un complotto, a razionalizzare sia pure nel male il ponte sdraiato sopra il fossato: così c’è “semplicemente” da prendere atto di una degenerazione che sul piano inclinato del sistema-Paese ha contagiato il calcio assai più che in passato, man mano che crescevano gli interessi in gioco. Quindi sempre più stress, sempre più pericoli, sempre più “nemici” all’interno di una cittadella in cui sono entrati non a nuoto, ma in auto blu: e nessun rispetto particolare per gli “dei della domenica”, che giocano tutti i giorni, e a cui forse neppure una mano napoletana oggi rende “rispettosamente” la refurtiva come accadeva ai tempi di Maradona. Allora, vent’anni fa, ci sembrava che in un delirio di cocaina non potesse andar peggio di così mentre la passione del San Paolo faceva resuscitare i morti. Errore: travolte le barriere, siamo tutti dentro e tutti fuori.
  14. CALCIOPOLI CASO MOGGI: C'È ALTRO MARCIO Attilio Auricchio, l'ex carabiniere che l'ha inchiodato, difende la sentenza di condanna dell'ex dg della Juventus. E accusa di LUCA BERGAMIN (VANITY FAIR 23-11-2011) art.scoperto grazie a Uri Bi ed Antonio "ACB" Corsa «Moggi che si paragona a Tortora? Ma mi faccia il piacere». Attilio Auricchio, 41 anni, prima di diventare il capo di Gabinetto della Giunta di Luigi De Magistris al Comune di Napoli, è stato il comandante della sezione del Nucleo investigativo dei carabinieri di Roma. Ovvero colui che ha sbobinato le 100 mila conversazioni telefoniche tra Luciano Moggi e gli altri 16 membri di quella che il Tribunale partenopeo ha definito «associazione per delinquere che condizionava il campionato di calcio ». Intercettazioni che hanno portato alla condanna dell'ex direttore generale della Juventus a 5 anni e quattro mesi di prigione. «Pago solo io», ha replicato Moggi… «E’ indegno che si paragoni a Enzo Tortora. Moggi non si è fatto nemmeno un giorno di carcere e i suoi avvocati hanno avuto la possibilità di smontare tutte le richieste dell’accusa, fondate sulle prove raccolte col pm Giuseppe Narducci. Ma non ci sono riusciti». Prove «solo» telefoniche e poco veritiere, secondo la difesa. «Ripeto: Moggi con gli ex designatori Paolo Bergamo (3 anni e 8 mesi di condanna, ndr), Pierluigi Pairetto (1 anno e 11 mesi, ndr) e gli altri colpevoli sono indifendibili. Le migliaia di chiamate sono state correlate a fatti pubblici accaduti (partite, eventi sportivi) e fatti privati (colloqui, contatti, incontri): una valenza probatoria impossibile da smontare, anche se dovessero fare appello. L’unico rischio può essere la prescrizione». Teme che l’allungarsi dell’iter processuale possa far cadere tutto nel nulla? «Non lo escluderei. In Italia su fatti che coinvolgono il mondo del calcio nessuno ha voglia di approfondire. C’è solo tanta superficialità e convenienza». La Juventus e lo stesso Moggi sostengono che le prove siano state raccolte in un’unica direzione e non si sia dato il medesimo peso alle telefonate che faceva l’Inter. «Non si può porre sullo stesso piano una conversazione tra il presidente dell’Inter, Massimo Moratti, e il designatore Bergamo alle 12 di un giorno qualsiasi in cui si danno del lei e parlano dello sviluppo delle partite, con una all’una di notte tra Moggi e Bergamo, con schede telefoniche straniere, che discutono delle scelte degli arbitri». C’è altro «marcio» nel mondo del calcio? «Mi sarebbe piaciuto indagare anche sull’attività ordinaria del giudice sportivo, in particolare le squalifiche dei calciatori sulla base dei referti arbitrali. Non escluderei che Moggi mettesse lo zampino anche lì, “invitando” preventivamente gli arbitri a espellere questo o quel giocatore così da togliere di mezzo avversari pericolosi per la Juventus. In cambio? Avanzamenti di carriera per gli arbitri».
  15. From Newsweek Playboy Industrialist Lapo Elkann Wants to Remake Italy's Image Playboy industrialist Lapo Elkann vows to rehabilitate Italy's image—just as he did his own. di Barbie Latza Nadeau (Newsweek Nov 28, 2011 12:00 AM EST) art.scoperto grazie a Christian Rocca Sitting in his Milan studio at a sleek glass table made from the front half of a Fiat 500 car, Lapo Elkann is a bundle of harnessed energy. The raffish grandson of former Fiat chairman and style icon Gianni Agnelli, Elkann is the quintessential Italian playboy who has slalomed a fine line between his aristocratic lineage and his wild side (his untamable locks and boyish good looks landed him on GQ’s list of the world’s 25 Sexiest Men last year). Innately charming and surprisingly humble, he has what the Italians call sprezzatura, the art of making elegance and intelligence so natural they seem accidental. At 34, the New York–born and Paris-bred Elkann has already reinvented himself several times over. Six years ago, the aspiring industrialist ended up on the front page of every Italian newspaper after nearly dying of a drug overdose. The incident involved a slew of unseemly characters—including a 54-year-old transvestite prostitute who ultimately saved Elkann’s life by calling an ambulance. Elkann left Italy and cleaned himself up. He returned a year later with the primary goal of revamping his reputation. Now he wants to do the same for his country’s reputation. “Italy is at a turning point where we have to prove ourselves internationally. I think Italy has all the potential to do it if people can just put aside all the bullshit and stick to what’s important for the nation, ” says Elkann, one of a new generation of Italians who want to change the image of their homeland from a European basket case, wedded to an outmoded “made in Italy” business model, to an innovative competitor in the global marketplace. “We need to hit ‘reset.’ There needs to be a generational change. I’m not speaking about age, but about vision. If we understand and accept who we are, we can do that.” Widely viewed as one of Italy’s top creative-marketing talents, Elkann was the driving force behind the success-ful relaunch of the Fiat 500 in 2007 for the car’s 50th anniversary. Now he is hoping to give the same boost to Ferrari, which is owned by Fiat SpA. Early in December, Elkann will join Ferrari president Luca Cordero di Montezemolo in inaugurating the Ferrari Tailor Made project, which will allow drivers to fully customize their quarter-million-dollar sports cars. “Status is boring,” he says. “We want to sell uniqueness. We want to allow our customer to build the product with us. Real luxury is customization.” Buyers will be able to choose whatever paint color, leather, and dashboard trim fits their fancy—so long as it adheres to the overall Ferrari style. “We protect the values of the DNA of the brand while letting our customers feel part of it, ” he says. Lapo Elkann in Milan., Giorgio Barrera for Newsweek Elkann definitely has his grandfather’s DNA. In 2002 he entered the family business as assistant to Fiat’s institutional-relations director. He later honed his skills working in the marketing divisions of Ferrari and Maserati at the factories in Maranello and Modena, before going back to Turin and eventually taking charge of worldwide brand promotion for the Fiat Group fleet, which includes Fiat, Alfa Romeo, and Lancia. After the relaunch of the Fiat 500, Elkann left the family business, but he retains a majority stake in Fiat’s parent company, Exor, together with his brother, John, and sister, Ginevra. In 2007 Elkann created his first company, a lifestyle brand called Italia Independent. In addition to producing its own line of ready-to-wear fashion and eyewear—including a pair of spectacular specs designed for Lady Gaga—the firm teams up with other high-end brands to create limited-edition specialty products, like the Alfa Romeo Brera Italia Independent, an opaque-titanium-gray sports car with only 900 units produced for sale. Elkann likes to boast about his team’s versatility, saying his handpicked designers can work with anything from a 60-cent Bic lighter to a $40 million luxury private jet. They are also adept at channeling his eclectic personality into the products, mixing Italy’s noble traditions with quirky innovation. They push the limits of design, Elkann says, pairing materials like harsh nylon and carbon fiber with cashmere and linen. The company’s signature sunglasses, for example, wrap sumptuous flocked velvet over a minimalist frame. “We don’t break the rules like rebels,” he says. “We break the rules understanding the best way to do so.” Since starting their venture, Elkann and his partners have added a number of new entities to the business, including a communications and advertising agency called Independent Ideas, which helps other Italian companies recast their images. In 2008, Elkann and Andrea Tessitore launched an umbrella group called LA Holding, which serves as a business incubator and consulting group for new ventures to be conceived, created, and styled in Italy. Just don’t call them “made in Italy,” a term Elkann hates. “‘Made in Italy’ is from the tycoons of the ’80s, not me,” he says. “It is people who represent an Italy which I don’t belong to and I don’t feel a part of.” Under LA Holding, Elkann’s business interests run the gamut from I Spirit Vodka (“the first original Italian vodka”) to Sound Identity, a communications firm that helps companies use music to define and enhance their brand image. LA Holding’s portfolio will turn over €12 million in 2011—not bad for an enterprise that Tessitore and Elkann hatched on a scrap of paper over dinner in New York in 2006. “When you start a company during an economic crisis, you need to be strategic in everything you do,” Tessitore says. “We have turned the crisis into an opportunity.” Elkann admits that he partly owes his current success to his past failures. “I’ve had my slips,” he says. “I’ve had my ups and downs, and I don’t deny them. I don’t leave people indifferent. I have a personality—good or bad, you can like it or not, at least I’m straightforward. My destructive past both forced me and allowed me to reach who I want to be. My inner self is now at ease. I have many weaknesses, but I have one strength. When I do something, I do it 300 percent. I’m not a middle man.” Giorgio Barrera for Newsweek Elkann admires this all-or-nothing attitude in others as well. His first job was in the tough world of international diplomacy, as a personal assistant to former U.S. secretary of state Henry Kissinger, whom Elkann describes as “a driven man who has an intelligence few could dream of having.” Elkann says the greatest lesson he learned from the elder statesman was how to read people. “I learned the most important thing in the world from him, which is understanding immediately who is sitting in front of you,” he says. “That is key in whatever you do.” It’s this tenet from Kissinger that inspires Elkann’s almost obsessive drive to let customers get involved in designing his luxury products, as he is doing with Ferrari Tailor Made. (It’s worth noting that each of his personal cars and motor-scooters is customized, from his Scottish-blue Ferrari California to his matte military-green Fiat 500.) As part of the Agnelli clan, Elkann rubs shoulders comfortably with some of the world’s biggest names. He’s become something of a star in his own right—his sartorial flair has earned him a number of accolades, including Vanity Fair’s 2009 Best Dressed Hall of Fame. He likes to pair his grandfather’s classic tailored suits, which fit him perfectly, with T-shirts and sneakers from Italia Independent. He sees nothing wrong with extravagance, whether in bright hats or bold prints. His taste has been an inspiration to other designers, including Tom Ford. “Lapo is the most stylish man on the planet,” Ford said recently. “I mean ... wow. He’s got wacky-as-hell style, but never looks foolish.” Still, Elkann adamantly denies being a man of fashion. “I do not follow the rules of fashion, and I don’t like to be considered a man of the world of fashion,” he says. “I like to call it the style industry because we try to work on taste.” He may be painstakingly stylish, but Elkann is also painfully human, which is part of his appeal. He wears his mistakes as badges of honor, and as reminders of the importance of perseverance. He thinks Italy can do the same with its current crisis. “A new vision for this country will help it overcome difficulty,” he says. “I hold hope that Italy can get back on track. ” Take it from someone who knows.
  16. ALL’ALTA CORTE Radiazioni: ecco le memorie difensive di Moggi-Giraudo di ALVARO MORETTI (Tuttosport 28-11-2011) ROMA. Eppure al Coni, anzi presso il Coni, un tavolo aperto sulle questioni di Calciopoli c’era già... Eh sì perché proprio venerdì scorso scadeva il primo dei tre termini per la consegna delle memorie assegnati dall’Alta Corte presso il Coni alla Figc e ai radiati e ricorrenti Moggi, Giraudo e Mazzini per la querelle sull’ergastolo sportivo, comminato ai tre protagonisti della vicenda nell’estate scorsa. A GENNAIO La decisione dell’Alta Corte sulle radiazioni, che arriva quando gli squalificati di Calciopoli e ora anche condannati in primo grado nel penale, è attesa per i primi giorni di gennaio. Dovrebbe pesare la produzione di documenti richiesti prima della condanna di Napoli, ma la sentenza penale è difficile che non abbia un peso come sarebbe giusto per quelli che dicono che la giustizia sportiva è una cosa, quella penale un’altra. COMPITI A CASA Il primo dei tre termini assegnava i compiti a casa ai vari avvocati e venerdì sono state consegnate le integrazioni documentali. Ai ricorrenti era richiesta la produzione di un curriculum personale degli anni intercorsi dal 2006 a oggi e non solo: Moggi ha certificato la sua attività di pubblicista per Libero e il libro “Un pugno al cuore”, Mazzini le numerose benemerenze ufficiali (anche il Fiorino d’Oro di Firenze) ma anche le audizioni di Auricchio in tribunale a Napoli in cui lo si dipingeva come un millantatore, Giraudo l’attività da imprenditore in Inghilterra; l’ex dg integra il fascicolo anche con il cd delle nuove telefonate e quello dei baffi dimenticati, oltre alla pendenza presso il Consiglio di Stato del suo ricorso alla giustizia ordinaria del 2006, ma anche le archiviazioni di Reggio Calabria per il mai esistito rapimento di Paparesta, quello dei tribunale di Torino (anche sulla questione dell’infedeltà patrimoniale) o la sentenza del giudice di pace di Lecce che assolveva Moggi. Per la Federazione il compito di produrre i lavori preparatori della riforma del codice di giustizia (senza norma transitoria) ma anche della norma ad hoc (il comunicato 143/a) che ha “creato” il processo per i tre di Calciopoli, per questo l’Alta Corte chiede di sapere che fine abbiano fatto gli analoghi casi. Oggi la lettura dei documenti delle parti, poi altri 15 giorni per controdeduzioni e altri 15 per le memorie. Un’altra udienza dopo quella del 13 ottobre scorso.
  17. Qualcosa è cambiato. In tribuna stampa (A-Team su LaStampa.it) di SIMONE STENTI dal blog "DIECI SCUDETTI" 27-11-2011 Ora soltanto la scaramanzia può spingerci a non parlare di quella cosa là che ha tre colori e si appunta sul petto (per favore, sulla sinistra, dalla parte del cuore e non come i cafoni sullo sterno). Dopo aver battuto le milanesi, vincere in casa della Lazio, squadra su cui sto puntando dall'inizio del campionato e che sicuramente finirà in zona Champions, non è più un esame di maturità: è laurea a pieni voti. Martedì si fa il master a Napoli, ma comunque finisca saremo lassù, davanti a tutti. Il Mister continui pure a fare il pompiere, che va bene così, ma i segnali che qualcosa è cambiato sono evidenti. Non dico in campo, quello lo sapevamo già. Ma fuori, in sala stampa, in tivù: presidi che da tempo sono diventate barricate anti-juventine. Prendiamo Sky e il duo Caressa-Marchegiani. Sono due professionisti tra i migliori, competenti, hanno ritmo e sottolineano alla grande le fasi gioco, talvolta pure enfatizzandole e facendole sembrare più belle di quelle che sono. Ma quando hanno davanti la Juve, uno torna l'ultrà giallorosso, l'altro non riesce a reprimere il passato laziale e torinista. Sul fallo di mano di Barzagli (scomposto, ma a un metro dalla deviazione di Buffon) si sono soffermati manco fosse stato il calcio di Cantona al tifoso del Crystal Palace. Segnali. Siamo di nuovo temibili. Come tutti i “però” e i “ma” che leggiamo e ascoltiamo nei commenti. Quelli più repititivi sono “ma gioca sempre con gli stessi 11”, “però ha la panchina corta”, “però dipende da Pirlo”. Tutto vero. Ma per giocare 38 partite, una alla settimana, servono 50 titolari? Se giocano sempre gli stessi 11 e vincono sempre, qualcuno sente l'esigenza di cambiarli? Anche l'Argentina dipendeva da Maradona, ma non ho mai sentito dire “però”. Ho anche sentito dire settimana scorsa contro il Palermo da un solone in tribuna stampa: “Però Vidal è troppo scarso”. È considerato uno dei più grandi di questo mestiere. Il che mi porta a pensare che di calcio non ci capisco davvero nulla. Anche perché io penso che questa Juve, al di là della classifica e delle statistiche, finora s'è dimostrata la migliore squadra in assoluto di questo campionato. Proprio la migliore, senza “se” e senza “ma”. E con Vidal. --- Mi domando chi sia quel cog...solone in tribuna stampa.
  18. CONI.it 27/11/2011 CONI: Il 14 dicembre incontro sul calcio di vertice Il Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Giovanni Petrucci, sentito il Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Giancarlo Abete, ha fissato per mercoledì 14 dicembre al CONI un incontro per discutere e approfondire le tematiche relative alle vicende del calcio di vertice. Roma, 27 novembre 2011 ___ 14 Dicembre Con Abete anche Agnelli, Moratti, Galliani e Della Valle Il tavolo di Petrucci è pronto Ci sono solo i «magnifici sette» di ALESSANDRO BOCCI (CorSera 28-11-2011) ROMA — Il tavolo è apparecchiato. Gianni Petrucci ha scelto la data e diramato gli inviti: l'appuntamento è fissato per la mattina del 14 dicembre al Coni, la casa dello sport italiano. L'obiettivo è svelenire il clima bollente, allentare la tensione, evitare il continuo ricorso a tribunali e avvocati. Accanto al padrone di casa ci saranno Lello Pagnozzi, segretario generale del Coni e Giancarlo Abete, il capo della Federcalcio. Poi gli uomini che alimenteranno il dibattito, Andrea Agnelli e Massimo Moratti, i grandi duellanti di Calciopoli. L'elenco degli invitati è ristretto, ma di qualità: dovrebbero partecipare anche Diego Della Valle e Adriano Galliani. Il proprietario della Fiorentina è stato il primo, la scorsa estate, a proporre un tavolo di pace da mettere in piedi prima dell'inizio del campionato; l'amministratore delegato del Milan è il dirigente più esperto del nostro calcio. Il Coni tace sul nome e sul numero degli invitati, ma è difficile pensare che nei prossimi giorni possano aumentare. Al primo vertice dovrebbero esserci soltanto i «magnifici sette». L'argomento è delicato. Ecco perché nell'invito non si parla di «tavolo della pace», ma più semplicemente di incontro sulle tematiche inerenti il mondo del calcio di vertice. Perché, come fanno sapere dalle stanze del Palazzo H, l'approfondimento dovrà essere «costruttivo e non distruttivo». Il tema della convocazione può apparire generico, ma è semplicemente il tentativo di non acuire lo scontro ancor prima di cominciare. «Serve buonsenso», fa sapere Petrucci, appena rientrato dalla missione a Mosca dove ha festeggiato i cento anni del Comitato Olimpico russo. Buonsenso da tutte le parti in causa. Agnelli e Della Valle, sia pure con motivazioni differenti, vorrebbero chiarire il passato prima di puntare l'occhio sul futuro. Galliani, più o meno, è sulla stessa posizione. Moratti, invece, no. Lui è dall'altra parte della barricata. Il passato è scritto e le sentenze rispecchiano i processi, la posizione del presidente dell'Inter. Con queste premesse non sarà facile trovare un'intesa per ripartire e basta lo scetticismo di Ranieri a far intuire le difficoltà della missione di Petrucci. «Speriamo che sia pace», dice il tecnico nerazzurro regalandosi una smorfia che è tutto un programma. Ma Petrucci è stato chiaro con tutti: va trovato un punto d'intesa per ripartire con basi nuove e con una nuova serenità. Altrimenti i saggi, che nel frattempo stanno portando avanti il loro lavoro, troveranno il modo di disinnescare la vena litigiosa del calcio italiano. Il doping legale è considerato una piaga e Petrucci intende combatterla con tutte le armi a sua disposizione. Intanto è già importante che Agnelli e Moratti abbiano pubblicamente risposto al suo invito. Anche Galliani e Della Valle dovrebbero esserci. E Lotito? È forse il presidente più litigioso, ma per il momento il Coni intende tenerlo fuori dall'incontro. Di sicuro paga la guerra sulla gestione dello stadio Olimpico. Petrucci non commenta. Non è il momento di polemizzare. Anche perché se tutto andrà bene l'incontro del 14 dicembre sarà il primo e non certo l'ultimo. ___ Si farà in casa Coni: ci saranno il presidente Petrucci, la Juve (Agnelli) e l’Inter (Moratti) Tavolo della Pace il 14 dicembre di EDMONDO PINNA (CorSport 28-11-2011) ROMA - Sarà una giornata ad inviti ma non sarà una festa. Il giorno è già noto, mercoledì 14 dicembre, così come la location , le stanze che contano del Coni. Un appuntamento per molti, come si dice, ma non per tutti. Deciderà il padrone di casa , Gianni Petrucci, presidente dello sport, che ieri ha sciolto l’ultima riserva. Il tavolo della pace è convocato appunto fra quindici giorni, anche se in realtà si tratterà di un incontro «per discutere e approfondire le tematiche relative alle vicende del calcio di vertice» come si legge nella nota diffusa dal Palazzo a cinque cerchi. Poche parole che, però, hanno un significato preciso e tracciano una strada ben connotata. RISTRETTO - Lo aveva annunciato, Petrucci, lo scorso 16 novembre, con un attacco duro al mondo del calcio, «malato di doping legale» . Sarà un tavolo ristretto: i padroni di casa, Petrucci e il segretario Pagnozzi, il presidente della Federcalcio, Abete, i numeri uno di Juventus e Inter, Agnelli e Moratti, sono presenze praticamente scontate. Dovrebbero trovare posto anche Adriano Galliani, considerato - per l’anzianità di servizio - il dirigente più esperto del nostro football, e Diego Della Valle, il patron della Fiorentina che per primo aveva lanciato l’idea. Nei prossimi giorni, Petrucci potrebbe allargare l’invito a qualche altro presidente. Difficile, però, che arrivi il postino a casa Lotito, e non serve un indovino per immaginare il perché. Quel duro attacco di Petrucci ha aperto le porte ad un’ipotesi di dialogo: erano, quelli, i giorni nei quali si sentiva forte ancora l’influsso delle sentenze di Napoli di Calciopoli, delle rivendicazioni sullo scudetto del 2006, delle sospensioni scattate automatiche per Lotito, Andrea Della Valle, Mencucci, Foti e De Santis in virtù dell’art. 22 bis delle Noif, della battaglia che la Lega (la Lega?) aveva scatenato per evitare che quelle sospensioni diventassero (come sono diventate) esecutive. «Nel calcio ci sono regole precise, ultimamente però vengono aggirate da troppi furbastri» . Petrucci era sceso in campo, dando il suo avallo al tavolo politico che dovrebbe, nelle intenzioni, riportare «l’armonia nel calcio» come disse Andrea Agnelli. SPINA 2006 - Un incontro per «le vicende del calcio di vertice» ma è chiaro che molto (se non tutto) ruoterà attorno alla vicenda dello scudetto 2006. Petrucci dovrà essere bravissimo a maneggiare una questione estremamente delicata. L’Inter non ha intenzione di tornare sull’argomento, ritenuto invece basilare per la Juve. Insomma, bisognerà stare attenti. Ieri Ranieri ha dato quasi l’impressione di essere un po’ scettico: «Il tavolo? Speriamo che sia di pace. E non è importante che ci creda io, è importante che ci creda chi ci andrà» . ___ LO «SCONTRO» CON L'INTER Tavolo della pace Appuntamento al 14 dicembre di VALERIO PICCIONI (GaSport 28-11-2011) Il tavolo della «pace» c'è, quello si sapeva. Ora c'è anche la data, ufficializzata ieri da un comunicato del Coni, «sentita la Federcalcio»: mercoledì 14 dicembre Gianni Petrucci riunirà i duellanti di calciopoli per cercare di svelenire la lunga stagione post scandalo. Sette sicuri A questo punto i problemi sono due: chi invita e chi invitare. Il primo s'è risolto con Petrucci che s'è preso la scelta in quanto padrone di casa. Più complicato risolvere il secondo dilemma. Alcuni posti, però, sono già prenotati. Con Petrucci ci sarà il segretario generale del Coni, Lello Pagnozzi, e il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete. Ovvia anche la presenza di Andrea Agnelli che ieri era a Roma proprio mentre Petrucci rientrava dalla Russia e di Massimo Moratti visto che lo scontro post calciopoli ha contrapposto soprattutto Juve e Inter. Ci sarà però anche Diego Della Valle, che in estate era stato il primo a proporre il famoso tavolo. Infine, fra i sicuri, ecco il vicepresidente vicario del Milan, Adriano Galliani, per la sua lunga militanza nel calcio di vertice. Ma è probabile che si apparecchi pure per qualcun altro, probabilmente altri dirigenti di società anche per meglio rappresentare tutto il calcio di serie A in un confronto che dovrebbe ragionare sul passato, ma pensare soprattutto al futuro del pallone italiano. Così si può immaginare che il tavolo non esaurisca il suo ordine del giorno in un solo colpo: probabile che ci sia almeno una seconda puntata. Diplomazie al lavoro Al tavolo, però, bisogna arrivarci preparati. E allora, a luci spente, in questi giorni le diverse diplomazie calcistiche e olimpiche lavoreranno per arrivare a definire il menu giusto e costruire il percorso che porta all'auspicato brindisi finale. Non sarà proprio un gioco da ragazzi. ___ Il tavolo Agnelli-Moratti di fronte il 14 dicembre di FULVIO BIANCHI (la Repubblica 28-11-2011) ROMA - Si fa, come promesso da Giovanni Petrucci: il tavolo della pace, per chiudere (si spera) coi veleni di Calciopoli, è stato convocato per il 14 dicembre, al Coni. Certa la presenza di Petrucci e Pagnozzi, di Abete, di Andrea Agnelli e di Massimo Moratti. Agnelli e Moratti, per la prima volta, si troveranno di fronte: il n.1 juventino aveva chiesto il tavolo, il presidente nerazzurro aveva subito accettato l´invito di Petrucci. Gli altri partecipanti sono segreti: difficile ci sia Maurizio Beretta, presidente della Lega, più probabile Adriano Galliani. Forse potrebbe essere convocato Diego della Valle, patron della Fiorentina. Non sarà facile trovare una soluzione condivisa: le parti (Juve e Inter) sono lontane dopo le liti sullo scudetto 2006. Scettico Ranieri, tecnico dell´Inter: «Speriamo sia un vero tavolo della pace e non sembri strano a chi dovrà partecipare…». Più convinto Aurelio De Laurentiis, patron della Napoli: «Spero sia l´occasione per chiudere col passato e ripartire da zero: e il primo che sbaglia, stavolta, fuori per sempre». ___ Il Coni apparecchia il tavolo della pace L’Inter: diteci il menù Vertice il 14 dicembre. Il club: “Sì, ma niente 2006” di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 28-11-2011) Sette (per ora) sono le sedie, cinque gli invitati, due i padroni di casa. Il tavolo della pace, l’incontro che nelle intenzioni di chi lo ha studiato dovrebbe cancellare i veleni del calcio e «il doping legale» dal pallone (Petrucci dixit), si aprirà il prossimo 14 dicembre al Coni. L’obiettivo è alto, il traguardo difficile da tagliare, per non dire quasi impossibile, da taglia, ma già in passato il numero uno dello sport italiano Gianni Petrucci è riuscito a ricucire posizioni apparentemente inconciliabili. Sull’invito partito dal Foro Italico si parla di un’occasione per «discutere e approfondire le tematiche relative alle vicende del calcio di vertice», ma sarà sulle svolte di Calciopoli che si giocherà la riuscita o meno del rendez-vous. Petrucci e il segretario generale del Coni Raffaele Pagnozzi apriranno la porta del Coni al numero uno della Federcalcio Giancarlo Abete, al presidente della Juve Andrea Agnelli, a quello dell’Inter Massimo Moratti, all’azionista di riferimento della Fiorentina Diego Della Valle e all’amministratore delegato del Milan Adriano Galliani. Così, almeno, c’è scritto nella lista degli invitati, perché il primo risultato da ottenere è la presenza, tutti nella stessa stanza, dei protagonisti del nostro calcio di vertice. Agnelli ci sarà perché è stato il primo a proporre un incontro per entrare nel merito di quanto vissuto dal pallone italiano negli ultimi cinque anni. Presente risponderà Galliani, invitato nelle vesti del più esperto dirigente in attività, e presenti dovrebbero essere anche Moratti e Della Valle. Dall’Inter fanno sapere di come il club stia valutando sull’opportunità o meno di sedersi al tavolo, ma allo stesso tempo si dichiarano sensibili al passo compiuto dalla massima carica dello sport italiano: dire di no a Petrucci, come del resto già annunciato da Moratti, sarebbe difficile. La società nerazzurra, però, resta ferma sulle posizioni note che entrano in rotta di collisione con quelle della Juve, ovvero il patron nerazzurro si starebbe chiedendo il senso di un incontro che potrebbe sconfinare su fatti (Calciopoli) già passati attraverso sentenze della giustizia sportiva e non solo. Agnelli, d’altronde, è stato chiaro fin dal momento della sua proposta: per la Juve il tavolo della pace avrà un suo significato se, nel menù, entreranno situazioni relative ai passaggi dello scandalo del 2006 rilette anche alla luce del lavoro svolto dal pm del pallone Stefano Palazzi nelle 27 pagine che strattonano, a livello di indagine, l’Inter sotto i riflettori. Agnelli e Moratti ci saranno, in attesa che vengano scoperte le carte del grande mediatore Petrucci. Della Valle, al momento, fa sapere di non essere stato ancora contattato, lui che per primo lanciò l’idea, sebbene in termini diversi, di un vertice fra dirigenti di club a cui partecipasse soprattutto Moratti. Da oggi, altri patron o presidenti alzeranno le antenne (Lotito?), cercando di capire il perché del loro mancato invito o sperando di trovare in corso d’opera una sedia libera. «Speriamo sia pace. Se ci credo? L’importante è che ci creda chi ci va. . . », così uno scettico Claudio Ranieri. ___ CALCIOPOLI LA CONVOCAZIONE DI PETRUCCI Tavolo: c’è solo la data L’incontro il 14 dicembre a Roma, ma sui temi si rischia la crisi Certi solo Abete, Agnelli, Moratti e Pagnozzi, ma le chiamate vanno avanti. Sul nodo di Calciopoli quasi certo lo scontro di ALVARO MORETTI & GUIDO VACIAGO (Tuttosport 28-11-2011) «SÌ, VA BE’, ma allora di che parliamo? E di questo no, di quell’altro no. . . » Ce lo immaginiamo così il momento della possibile impasse del tavolo della pace post-Calciopoli, convocato proprio ieri per mercoledì 14 dal Coni dando ufficiale seguito all’idea lanciata da Andrea Agnelli dopo l’attacco di Petrucci contro i club di vertice che per le conseguenze di Calciopoli 1 e 2 hanno scelto la via avvocatizia (la Juve che va al Tar e Corte dei Conti) o quella riformatrice delle norme vigenti (l’articolo 22 bis per i sospesi Lotito , Andrea Della Valle e Foti ). INCONTRO/TAVOLO Il Coni, comunque, è stato di parola: nella missione in Russia (dove il vertice dello sport italiano ha partecipato all’assemblea dei comitati olimpici europei e fatto la sua lobbying sulla candidatura romana per i giochi estivi 2020) ha lavorato anche alla preparazione del tavolo della pace, anche se a Petrucci quella definizione non piace. Le telefonate e lo stretto legame con Abete, i primi inviti accolti da Moratti e Agnelli, la convocazione ufficializzata sul sito Internet del Foro Italico. Mercoledì 14 dicembre a Roma (nel bosco fitto di un’agenda zeppa), nel Palazzo ad H, giusto accanto all’Olimpico. AGENDA E INVITI Il timore di arrivare a quell’impasse di cui parlavamo dipende dagli inviti e dall’agenda dell’incontro. Per ora il Coni “ufficializza” che con Petrucci e il fidato Pagnozzi , ci saranno Abete (proprio quello a cui la Juve chiede 443 milioni di danni), Agnelli e Moratti , i due principali contendenti della vicenda Calciopoli dall’aprile 2010 ad oggi, da quando - cioè - sono emerse le “nuove-vecchie” telefonate su Inter e altri 9 club, al centro dell’indagine e della relazione Palazzi e lo stesso scandalo ha assunto forme e colori che non aveva nel 2006. In estate era stato Della Valle a lanciare la prima idea-versione del tavolo, con invito diretto all’ex amico Moratti, Petrucci e Diego Della Valle si sono parlati di recente e l’invito dovrebbe partire. Come quello per Galliani (e se tornasse in Consiglio federale, nel caso giovedì la Corte federale dichiari l’incompatibilità del sospeso Lotito?). E il presidente di Lega, Beretta ? Si parla di soli numeri uno, lo sono tutti, ma se si parla di un incontro per discutere dei principali problemi del calcio di vertice non può mancare la Lega, anche se i rapporti sono ai minimi storici. La questione dell’agenda è però dirimente: Agnelli, interessatissimo anche a rifondare il calcio su altre basi, non può esimersi dal toccare la questione scudetto e delle modalità con cui proprio Abete (che da questo orecchio non ci sente) ha deciso di non togliere lo scudetto 2006 per prescrizione. E Moratti - al di là del rispetto per Petrucci - accetterà di discutere di quelle telefonate, per le quali sembra essersi autoassolto, nonostante le pesanti pagine di Palazzi e dei fatti legati al caso Telecom? PROBLEMS Il calcio italiano di vertice ha certo tantissimi problemi, per questo è aperto un tavolo presso il Ministero dello Sport di Gnudi (a proposito, sarà invitato da Petrucci come proponeva Agnelli?), ma è legata a Calciopoli la questione che accende gli animi e ha creato un solco mai visto tra Juventus e Inter così come fra Juventus e Figc, oltre che Coni e Lega Calcio. Se nessuno vuole mettere in discussione niente, l’Incontro finisce per essere un dovere al quale ottemperare. Il tutto ricordando sempre che: la Juve per Calciopoli è stata punita, non ha goduto di privilegi e prescrizioni, ha pagato carissimo e altri no; che la Juve ha già ritirato, a suo tempo, un primo ricorso al Tar basato sul fatto che l’indagine sportiva fosse stata parziale perché condotta su una selezione delle telefonate operata dalla Procura e fotocopiata dalla Figc di Guido Rossi; e che la Juve ha firmato arbitrati in assenza di prove che esistessero telefonate con l’Inter e molti altri dirigenti di club. In ogni caso difficile che il 14 dicembre 2011 possa essere «l’occasione per chiudere col passato, per ripartire da zero e, d’ora in poi, il primo che sbaglia sia messo fuori per sempre», come chiedeva ieri De Laurentiis.
  19. Palazzo di vetro DI RUGGIERO PALOMBO (GaSport 26-11-2011) Etica e buon senso per il caso Lotito L'art. 22 va corretto ma non troppo, giovedì la Corte di giustizia dice la sua Caso Lotito e dintorni. Giovedì la Corte di Giustizia federale si pronuncerà sui quesiti posti dalla Federcalcio dopo la condanna penale di Calciopoli, che ha colpito per frode sportiva il presidente della Lazio. La Corte dovrà soprattutto chiarire se Lotito «possa continuare a rivestire il proprio ruolo di consigliere in seno al Consiglio federale e al comitato di presidenza». Palazzo di vetro si è già occupato della vicenda: «Quella norma così non funziona», titolavamo il 12 novembre, sottolineando, con l'aiuto dell'avvocato Grassani, come fosse non condivisibile parte dell'articolo 22 comma 3 delle Noif che dice «restano sospesi dalla carica di dirigente di società coloro che vengano condannati, ancorchè con sentenza non definitiva, per uno dei delitti previsti dalle leggi indicate al comma precedente (tra cui la frode sportiva). La sospensione permane sino a successiva sentenza assolutoria». E' quest'ultima frase, in particolare, a lasciare assai perplessi: coi tempi (spesso biblici) della giustizia ordinaria, una condanna in primo grado rischia di trasformarsi per il reo, a livello di sanzione sportiva, in una sorta di «ergastolo», paragonabile, sia pure sotto le mentite spoglie della sospensione, a una vera e propria radiazione. Detto e ribadito questo, tre osservazioni: 1. Le norme esistono dal 1993 e non sono di dubbia interpretazione. L'articolo 10 (i dirigenti federali), comma 5, specifica: «Non possono ricoprire cariche federali elettive di nomina coloro che incorrano in delitti non colposi sanzionati con condanna del giudice penale». La parola «definitiva», al fianco di condanna, come si può notare non c'è, anche se a qualcuno è sembrato di vederla. 2. Siamo tra quanti dicono «no» all'ergastolo e aggiungiamo pure che non ci scandalizza la partecipazione di questo o quel dirigente condannato alle assemblee della Lega: il Lotito di turno è e resta padrone della propria società, tenerlo fuori da quella porta è un pò ipocrita. 3. Ben diverso è il discorso che riguarda Consiglio federale e Comitato di presidenza. Presso il Governo del calcio un condannato sia pure in primo grado per frode sportiva non può e non deve sedere. Lo dicono le norme, ma lo dice soprattutto il buonsenso e sorprende che in Lega non ci siano arrivati da soli. Buon senso ed etica: quelli che è probabile userà la Corte di Giustizia federale. Ps. Roma 2020: la commissione di fattibilità Fortis-Carraro aspetta di essere ricevuta dal Governo: non più a Palazzo Chigi ma presso il nuovo ministero dello Sport guidato da Piero Gnudi. Ora le priorità sono altre e dopo il varo del decreto su Roma capitale ragioni di opportunità suggeriscono di prendere tempo. Meglio però che non sia troppo. ___ Moggi, la cena (delle beffe) e la lezione del Trap di SEBASTIANO VERNAZZA dalla rubrica "NON CI POSSO CREDERE!" (SportWeek 26-11-2011) “Mimì alla ferrovia” è un noto ristorante di Napoli, vicino alla stazione centrale. Lo frequentava il grande Totò, principe della risata, che da un piatto di spaghetti al pomodoro lì cucinati, e poi mangiati con le mani, trasse spunto per una scena di Miseria e nobiltà. Sul sito potete trovare le foto di tanti clienti vip: tra gli altri Maradona, Schumacher e Berlusconi. Specialità i primi piatti. Che delizia. Da provare i “paccheri alla Schumacher”, con pesce bandiera, vongole e pomodorini. Una fonte accreditata ci assicura che per la sera di martedì 8 novembre don Mimì aveva in agenda un’importante prenotazione, da 35-40 coperti. Cena speciale, anzi cenone offerto da luciano Moggi per festeggiare la sua assoluzione al processo penale di napoli. Invitati avvocati e portaborse, amici di vario ordine e giornalisti fedeli alla causa. Alle ore 20 la sentenza del collegio presieduto dal giudice Maria Teresa Casoria ha però bloccato lo stomaco ai 35-40 commensali. Tutti (o quasi) colpevoli, gli imputati di calciopoli. “Mimì alla ferrovia” ha ricevuto la disdetta e il gruppone dei 35-40 si è ritrovato a imprecare nella hall dell’holiday inn, attiguo al Palazzo di Giustizia. Pazienza, sarà per la prossima volta, per il verdetto d’appello. Ma possibile che gente così esperta di calcio non abbia ancora imparato la lezione di Giovanni trapattoni, c. t. dell’Irlanda? «Don’t say cat, if the cat is not in the sack». ___ UFFICIO DI GENE di Gene Gnocchi (SportWeek 26-11-2011) CHE COSA VORREBBE FARE LA JUVE COI 444 MILIONI DI DANNI CHIESTI ALLA FIGC? Da quello che ho saputo, la richiesta di una cifra così ingente da parte dei dirigenti della Juventus è determinata da un problema molto grosso e di non facile soluzione: la manutenzione delle sopracciglia di Andrea Agnelli, che come tu ben sai sono un tutto unico e per dividerle ci vuole un defogliante di produzione australiana che costa appunto 444 milioni di euro più le spese di spedizione, pagamento contrassegno.
  20. SPORT & POTERE Orfani dell'Olimpico Baldini, dg della Roma, nega la tribuna autorità ai vip. E allora ecco chi si rivolge al Coni per una poltrona e chi protesta per il declassamento. . . di GIANFRANCESCO TURANO ft.MIRKO CIAMPI (l'Espresso n. 48 | 1 DICEMBRE 2011) Com'è triste l'Olimpico, soltanto un anno dopo. D'accordo, Roma-Lecce non è una partita di cartello e la tribuna autorità si affolla solo per i big match, quando non solo è importante essere visti ma essere seduti, di preferenza nelle zone alte. Si aggiungano la politica di austerity della Roma all'americana, che nega gli ingressi ai vip su disposizione del direttore generale Franco Baldini, e la crisi di governo che ha fatto mancare persino un habitué come Antonio Catricalà, innamorato della Roma per affinità cromatica con il club della natìa Catanzaro. Il neosottosegretario alla presidenza del Consiglio era stato invitato dalla Roma, come al solito, insieme ad Anna Maria Cancellieri, ministro dell'Interno romanista. Ma entrambi erano impegnati in una riunione a palazzo Chigi. Alla fine, hanno resistito quelli davvero motivati a santificare la festa giallorossa. Nel caso, il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri, il collega del Pdl Stefano De Lillo, l'ex deputato nuovo Psi Gerardo Labellarte, il presidente del consiglio comunale Marco Pomarici, il capogruppo Idv alla regione Vincenzo Maruccio, l'onnipresente Gigi Marzullo e buona parte dei tredici consiglieri d'amministrazione del pletorico board romanista. Tra loro, l'anima in pena Pippo Marra. La gestione Di Benedetto ha, in senso letterale, degradato il fondatore di Adn Kronos dai quartieri nobilissimi della fila 11 e 10, dove alloggiava ai tempi dei Sensi, di cui erta intimissimo, alla fila 6, là dove aveva fissa dimora per questioni scaramantiche l'ex presidente Rosella. Marra non ha ancora smesso di protestare per la discesa nella piramide del prestigio e, appena trova posti vuoti, si sposta nelle file più in alto. Marra ha dovuto anche subire, insieme agli altri consiglieri, la riduzione dei biglietti a disposizione. Da una mezza dozzina la società è scesa a uno, che il giornalista-imprenditore ha girato all'amico generale Michele Adinolfi, indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento di Luigi Bisignani nell'inchiesta P4. Per il resto, domenica 20 novembre c'erano ampi vuoti fra le 230 poltroncine imbottite azzurre che l'As Roma condivide con il Coni, proprietario dell'impianto. Il comitato olimpico nazionale, in quanto ente pubblico, è diventato il bersaglio delle richieste da "fonti istituzionali" che l'As Roma respinge. Qualche nome? Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto è stato costretto a rivolgersi all'amico Gianni Petrucci, presidente dei Coni che supervisiona personalmente la lista degli invitati. Cicchitto, accusato dal "Fatto" di entrare all'Olimpico a scrocco, ha replicato di avere acquistato un abbonamento in tribuna Monte Mario. Il che non spiega perché si piazzi in tribuna autorità. Un'altra personalità trasferita dall'area Roma, che si trova alla destra di chi guarda la tribuna, alla zona Coni è il generale Paolo Poletti da Civitavecchia (fila 4, posti 14 e 15), già capo di Stato maggiore della Guardia di finanza, vicedirettore dell'Aisi, referente di Valter Lavitola e "nome noto" nella lista di Diego Anemone, il costruttore della Cricca che aveva eseguito lavori per il generale nella sua casa presa in affitto da Propaganda Fide. Niente da fare anche per Marcello Masi, direttore del Tg2 respinto da Baldini. Altri, forse scoraggiati dal giro di vite, si guardano con orgoglio la partita a casa. Massimo D'Alema, per esempio, non si vede dal campionato scorso, quello con Rosella Sensi ancora ai comandi. Era lei a dargli i biglietti. La stessa Rosella, a differenza della madre, la signora Maria, non si è mai più vista in tribuna autorità dopo l'estromissione dal club. La sua unica presenza all'Olimpico in questa stagione risale al 15 novembre per Italia-Uruguay, su invito dell'organizzatore, la Federcalcio di Giancarlo Abete. Per vivere momenti di gloria vecchio stile la tribuna autorità deve affidarsi alla squadra ospite. Roma-Palermo e Roma-Milan hanno riportato per 90 minuti l'aria dei bei giorni, con le 230 poltroncine quasi esaurite. Il match contro il Palermo ha visto lo sbarco all'Olimpico in forze della comunità sicula. Il sottosegretario allo sport Rocco Crimi era seduto accanto al presidente del Senato Renato Schifani. Il Guardasigilli Angelino Alfano (fila 8) ha chiacchierato cordialmente con il superprocuratore antimafia Piero Grasso, sistemato alla fila 9 e dunque invitato del Coni come, poco più in là, un trio formato da Luigi Abete, dall'agente Lucio Presta e dalla moglie Paola Perego. Per la magistratura era presente anche Antonio Marini, onnipresente nel Cafonal di Dagospia come ai convegni di Flavio Carboni al Forte Village. Con il Milan si sono visti di nuovo Crimi, Catricalà, il direttore del "Messaggero" Mario Orfeo, il costruttore Claudio Toti, che è fra i candidati a fornire l'area del nuovo stadio voluto da Tom Di Benedetto. Non fa notizia Giovanni Malagò, presidente del circolo Canottieri Aniene. Lui c'è sempre. Certo, sia Roma-Palermo sia Roma-Milan sfigurano rispetto alla finale di Coppa Italia Roma-Inter giocata il 24 maggio 2008, sedici giorni dopo il giuramento del governo Berlusconi IV. Quella sera la tribuna autorità ha fotografato con rara efficacia il passaggio di poteri dal centrosinistra al centrodestra. Da almanacco Panini della politica la fila 9 con il trio in sequenza composto da Walter Veltroni (juventino), Piero Marrazzo (romanista) e Ignazio La Russa (interista) sormontati in fila 10 dai finiani Fabio Granata e Claudio Barbaro. Poi, uno dopo l'altro, Gianni Letta, Gianni Petrucci, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Luigi Abete, Antonio Matarrese, Gabriele Galateri di Genola e Andrea Ronchi. Nella fila inferiore, la 8, Catricalà colloquia amabilmente con Giulio Napolitano, figlio di Giorgio. Seguono parlamentari assortiti insediati nelle file basse: Luciano Ciocchetti (Udc), Mario Valducci (Pdl), Renzo Lusetti, al tempo Pd, e il ministro dei Trasporti uscente Alessandro Bianchi. Presenti anche due colonne della Cisl come il segretario in carica Raffaele Bonanni e l'ex numero uno del sindacato Sergio D'Antoni. Fra i due ci sono ben tre gradini di differenza a favore di Bonanni, piazzato alla fila numero 6 in area Coni. E questo nonostante D'Antoni sia stato presidente del Palermo calcio quando il club siciliano era di proprietà di Franco Sensi. Quella sera di tre anni fa persino Marzullo, seduto alla fila 4, era piazzato meglio. La gloria è transitoria e la tribuna autorità ne prende atto. Alla fine, niente di nuovo. Funzionava così anche al Colosseo.
  21. E in certe curve si continua la sfida "rossi contro neri" di Giovanni Tarantino dal blog "L'eminente dignità del provvisorio" 23-11-2011 Chi non vuole uscire dalla logica degli anni di piombo, purtroppo, trova ancora adepti in qualche curva di stadi italiani e non solo. Così è possibile trovare nel 2011 un libro che racconta le curve d’Italia come fossero centri sociali di matrice autonoma o anarchica insurrezionalista. Controcultura ultras. Comunicazione, partecipazione, antagonismo (Coessenza, pp.247, euro 15), scritto da Marco De Rose, è il fiore all’occhiello degli ultras allineati a sinistra. L’autore è un ultrà del Cosenza, curva rossa, e frequentatore della Libreria internazionale di Via dei Volsci a Roma, quella fondata dal «sociologo di strada» Valerio Marchi, scomparso nel 2006. Il fenomeno ultrà viene visto in questo libro come una controcultura, con i suoi linguaggi, i suoi stili, intrisi di comunicazione controinformativa e lotte sociali. Questo è un dato vero, confutabile leggendo le storie di diverse tifoserie italiane. Le conclusioni a cui giunge, tuttavia, sono nefaste. I toni sono fortemente politicizzati. L’analisi che parte da un presupposto valido – quella ultras è una controcultura – si perde nei moniti da ciclostile della curva livornese: «Non siamo e non saremo mai solidali a nessun ultras neofascista, in quanto il suo annientamento è il nostro obiettivo». Appare come un paradosso la realtà di un fronte comune per ultrà omologati, con esponenti delle tifoserie di Ternana, Livorno, Ancona, Cosenza, ribattezzato «fronte di resistenza ultras». Ha forse un senso ricordare che le Brigate Rossonere, fondate nel 1975, annoverano tra i loro creatori quel Toni Negri leader dell’Autonomia operaia. Caso non unico di commistione tra ultras e militanti politici a sinistra come a destra. Va annoverato in tal senso anche il caso di Beppe Franzo, tra i fondatori degli Indians della Juventus negli anni Ottanta, e successivamente animatore de L’Araldo, centro culturale tradizionalista torinese. Proprio Franzo, qualche tempo fa, presentando ai microfoni di Radio Bandiera Nera il suo libro Via Filadeflia 88 (Novantico), ha ricordato peraltro una rivalità nella rivalità che animava la contrapposizione cittadina torinese tra gli «Indians della Juve, composti in maggioranza da militanti della destra extraparlamentare e i Granata Korps, che radunavano quasi tutto il Fronte della Gioventù missino della città della Mole». Ma erano quelli i tempi: in certi casi si era ultras e comunisti, o ultras e neofascisti. E storie come quella raccontate da Franzo non sono dissimili a quanto accadeva nelle curve di sinistra. È un pezzo di storia, non lo si può negare e ha un senso ridiscuterne oggi. Quello che appare meno sensato è imitare esperienze di quel tipo ai nostri tempi. Che senso ha, oggi, a giocare a curve rosse contro curve nere? A immaginare trame oscure che legano le curve «di destra» alle forze dell’ordine? È forse di matrice rossa la curva di appartenenza del povero Gabriele Sandri? Oppure quel caso evidenzia un’assurdità che non ha nulla a che vedere con i colori politici e di fede calcistica? Ai paladini della contrapposizione politica applicata al calcio sfugge poi un altro dato. Sono veramente pochi i casi di curve completamente allineate in un unico fronte politico. I casi più noti quelli dell’Hellas Verona a destra o del Livorno a sinistra: in mezzo tante tifoserie a predominanza trasversale. Ma negli anni d’oro del movimento ultrà italiano, gli Ottanta, le rivalità non erano quasi mai dettate dal colore politico. È il campanilismo, lo spirito di supremazia territoriale che domina nel calcio, e nella sua filosofia, fin dagli albori tardo ottocenteschi derivanti dalla Gran Bretagna. Non si spiegherebbero altrimenti le rivalità stracittadine tra Roma e Lazio, l’antipatia tutta campana tra Salernitana e Cavese, l’odio tra due fazioni un tempo di sinistra come atalantini e fiorentini. Non è figlio della politica il cosiddetto derby d’Italia tra Inter e Juventus, come non lo è quello di Sicilia tra Palermo e Catania. Diverso è il senso delle battaglie condivise «contro il calcio dei padroni», altro che la certificazione di conformità ideologica che certi “compagni” vorrebbero. Negli ultimi anni il mondo ultras ha avuto di che lamentarsi. Da provvedimenti discutibili come la tessera del tifoso fino a casi di eclatante ingiustizia come quello riguardante la morti di Gabriele Sandri e Matteo Bagnaresi. È quasi naturale che gli ultras fungano da comune cassa di risonanza di battaglie civili: è logico che chiedano di essere ascoltati, che pretendano garanzie, che non vogliano essere l’anello debole della catena chiamata calcio. Ma non è il clima da «noi contro di loro» che può risolvere il problema. L’antifascismo da stadio è solo uno scimmiottamento di contrapposizioni desuete, dannose, che hanno generato un clima di odio e una stagione di sangue. Di un periodo che, per fortuna, non interessa il mondo del calcio, che avrà pure mille difetti ma che non è toccato, nemmeno per sbaglio, dagli antagonismi da guerra civile fuori tempo massimo che piacciono tanto a qualche nostalgico. ___ L'Ambrogino di cartone di Giovanni Capuano dal blog "Calcinfaccia" 23-11-2011 Per capire la motivazione che porterà l'avvocato, giurista e professor emerito di Diritto commerciale alla Bocconi Guido Rossi sul palco del Teatro Dal Verme a ritirare dalle mani del sindaco Pisapia il prestigioso Ambrogino d'Oro bisognerà attendere ancora qualche giorno. Oggi si sa solo che il nome di Rossi è finito nell'elenco dei 28 milanesi 'doc' premiati con la Medaglia d'Oro. Un riconoscimento che gli arriva nell'anno in cui l'offensiva di Moggi e della Juventus ha fatto tremare dalle fondamenta la sua gestione della Figc post-Calciopoli a partire dalla scelta di assegnare all'Inter lo scudetto 2006. Che si tratti di un ultimo schiaffo politico-calcistico a juventini e milanisti? Ufficialmente la candidatura è stata presentata dall'architetto, assessore ed esponente del Pd, Stefano Boeri. I retroscena della riunione che ha compilato la lista dei premiati dicono che a chiedere conto del perché si volesse onorare proprio Guido Rossi sia stato un solo consigliere, milanista altrettanto 'doc'. "Sono sincero, mi ha mosso soprattutto l'odio calcistico nei confronti di chi ha regalato all'Inter lo scudetto di cartone" ammette Matteo Salvini. Messo in minoranza ha dovuto abbozzare e così Guido Rossi, commissario straordinario della Figc per 90 giorni nell'estate del 2006 e passato alla storia per l'assegnazione del tricolore all'Inter (di cui era stato consigliere d'amministrazione) e per la comparsata ai Mondiali 2006, entrerà nel novero dei milanesi da ringraziare per la loro attività. A meno che il premio non sia destinato alla sua militanza negli ambienti finanziari, delle banche e della Borsa. Il che sarebbe plausibile ma, forse, un po' indelicato nel mezzo di una crisi nata proprio nel mondo della finanza. O, ancora, che sia stata riconosciuta la sua opera nel Group of High Level Company Law Experts della Commissione Europea proprio mentre l'Europa stessa vede sfaldarsi le sua fondamenta. Per non voler essere maliziosi e sostenere che una legislatura in Senato da indipendente della Sinistra possa valere il primo Ambrogino dell'era Pisapia. No, non ci crediamo. Se Guido Rossi passerà alla storia sarà per quel maledetto scudetto che sta dividendo l'Italia tra interisti e revisionisti. E allora l'Ambrogino non può che essergli stato dato per questo e tremiamo all'idea che la sua assegnazione possa diventare oggetto di una guerra di religione. Via il dente, via il dolore: lo chiameremo l'Ambrogino di cartone. Tutti contenti, nessuno (si spera) al Tar. ___ SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 23-11-2011) Via al tavolo della pace il capolavoro di Petrucci Un autentico capolavoro: Giovanni Petrucci, il numero 1 dello sport italiano, si è confermato non solo uomo di sport ma anche abile politico. Le durissime parole nei confronti del mondo del calcio, e l'iniziativa del tavolo della pace, hanno avuto subito un effetto positivo: le polemiche si sono placate, non si parla più di ricorsi ai tribunali ma finalmente di calcio giocato. La Juventus ha subito aderito al tavolo di Petrucci, per chiudere finalmente con Calciopoli: e anche lo stesso Massimo Moratti ha detto di sì, per rispetto del Coni e del suo presidente. Chiaro che il n. 1 dell'Inter non accetterà alcun processo: il caso dello scudetto 2006 è chiuso, la prescrizione ha dato un colpo di spugna. Vero che le indagini di Napoli si sono rivelate terribilmente lacunose, e che se certe intercettazioni fossero venute fuori anni fa (quando dovevano venire fuori!) almeno le vicende sportive avrebbero avuto un'altra piega. Ma così non è stato: Andrea Agnelli si è rivolto ai tribunali ordinari, magari esagerando, per cercare quella giustizia che non ha avuto da quelli sportivi. Ma intanto la sua presa di distanza di Moggi e c. gli è costata subito la contestazioni degli ultrà bianconeri. Insomma, Calciopoli è e resta una ferita aperta: per questo il tavolo di Petrucci è lodevole. Non si sa ancora quando si farà e nemmeno chi vi prenderà parte ma si farà di sicuro. Si sta cercando una data che vada bene a tutti: adesso Petrucci e Pagnozzi sono a Sochi, poi si sposteranno a Mosca. La prossima settimana c'è Giunta Coni (martedì 29) e Consiglio Nazionale, più probabilmente un appuntamento a Palazzo Chigi per parlare di Roma 2020 e della relazione della commissione-trasparenza di Fortis e Carraro. Poi Petrucci avrà altri impegni in Italia e all'estero, così come Giancarlo Abete, n. 1 della Figc, il 7 e 8 dicembre sarà a Venezia per l'esecutivo Uefa e intorno al 12 dovrebbe tenere un consiglio federale, l'ultimo dell'anno. Probabile, a questo punto, che il tavolo della pace si tenga dopo il 15 dicembre ma sicuramente prima di Natale. Dipende dagli impegni di tutti gli invitati: Petrucci, Pagnozzi, Abete, Andrea Agnelli e Massimo Moratti sono sicuri. Gli altri, non si sa ancora. Diego Della Valle, patron viola, aveva proposto per primo una soluzione del genere, anche se sicuramente più "aggressiva", tanto che Moratti aveva detto immediatamente di no, seccatissimo. E Galliani va invitato? E' uno dei dirigenti più importanti del calcio italiano: come si fa a lasciarlo fuori? Zamparini ha tuonato contro il tavolo di Petrucci ma sono sicuro che se lo invitassero cambierebbe subito idea. E gli altri? Preziosi, Di Benedetto, Pozzo, Cellino che è pure consigliere federale? Che si fa, si lasciano fuori? E Beretta, presidente della Lega di A? I suoi rapporti con Petrucci sono ai minimi ma in fondo Beretta rappresenta (si fa per dire... ) la Lega Maggiore. Insomma, in questi giorni si stanno definendo data e partecipanti. La prossima settimana verrà tutto ufficializzato. Ma, ripeto, Petrucci ha fatto un autentico capolavoro: da dirigente cresciuto alla scuola della Dc (la stessa, per capirci, di Abete) ha saputo parlare nel momento giusto, coi toni giusti. Un esempio di autorevolezza riconosciuta da tutti. Petrucci ha avuto un'offerta da Casini, leader dell'Udc, per candidarsi a sindaco del Comune di San Felice Circeo, posto splendido ma sicuramente assai difficile. Può darsi anche che accetti: nel 2013 si chiude la sua avventura con il Coni (il delfino è Lello Pagnozzi) ma Petrucci crede ancora nella candidatura di Roma 2020. Ci credeva poco, pur senza ammetterlo pubblicamente, con il governo Berlusconi: d'altronde il ministro Tremonti non aveva mai dato segnali d'interesse all'Olimpiade. Ora, con Monti al potere, e con governo tecnico, crescono le speranze: Petrucci ha avuto già un incontro con Piero Gnudi, neoministro del turismo e dello sport. Presto ci sarà anche il summit con Catricalà, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Il Pd ha dato forti segnali d'appoggio alla candidatura, il Pdl dovrebbe confermare il suo sì convinto, mentre potrebbe esserci una resistenza della Lega Nord (ma ora sta all'opposizione). Insomma, torna l'ottimismo e Petrucci "il politico" ora sarà impegnato nella sua battaglia più dura, e sicuramente prestigiosa. Se Roma 2020 dovesse davvero farcela (il Cio decide il 7 settembre del 2013: la volata è ancora lunga), chissà che Petrucci non faccia solo il sindaco di San Felice Circeo... ___ Sibilia e la pistola, gli autografi a casa Pellegrini: 30 anni di retroscena del grande calcio di FABRIZIO BOCCA da "Bloooog!" (Repubblica.it 23-11-2011) Provate a immaginare il calcio di qualche tempo fa, provate a immaginare, ad esempio, Sibilia che per cominciare un colloquio, diciamo cosi’ di lavoro, si toglie la giacca bianca ed appoggia la pistola sul tavolo. Il libro comincia cosi’ ed e’ un viaggio nel calcio, dagli anni ‘80 fino ad oggi, un viaggio con tante piccole tappe, tante, piccole e grandi storie, tantissimi aneddoti di calciatori, presidenti, procuratori: da Falcao a Guardiola, da Gaucci a Moggi, da Pellegrini a Dino Viola. Il libro si chiama “Lo stalliere del Re, fatti e misfatti di 30 anni di calcio” (Dalai editore,338 pagine, 17 euro) ed e’ stato scritto da Dario Canovi, noto procuratore di calciatori (in passato fra i tanti Collovati, Dossena, Conti e oggi Thiago Motta) e Giacomo Mazzocchi, noto giornalista nonche’ padre di Marco affermato giornalista sportivo (e non solo) in Rai. Lo Stalliere del Re, com’è noto, e’ uno dei tanti appellativi di Luciano Moggi, secondo una delle definizioni piu’ felici, quella di Gianni Agnelli. C’e Moggi ovviamente nel libro, ma non e’ un libro inchiesta questo su Calciopoli o i tanti scandali del calcio, quanto piuttosto una piacevole e interessante passeggiata fra i volti di tanti anni di calcio. Storie che ti fanno vedere i personaggi, siano Falcao o Cerezo, molto da vicino, che ti raccontano il calcio cosi’ come una volta era possibile, quando il calciatore era gia’ famoso, era gia’ un idolo, ma non era ancora diventato un fenomeno di marketing. E dunque gestito sotto tutti gli aspetti, senza trtascurare alcun particolare. Un tempo non era cosi’. Sibilia, il camorrista, i furti e Juary - E cosi’ si comincia con una visita ad Avellino per risolvere alcuni problemi contrattuali con l’ex presidente Sibilia, il quale prima di mettersi a sedere di fronte al procuratore si toglie la giacca ed appoggia la pistola sul tavolo con la canna rivolta verso l’interlocutore. Ma era stato solo un gesto distratto, non propriamente minaccioso: la Magnum nella fondina gli dava evidentemente fastidio. Lo stesso Sibilia che nell’ottobre del 1980 porto’ l’assistito di Canovi il piccolo, bravo e simpatico brasiliano Juary (quello della danza attorno alla bandierina) a consegnare una medaglietta d’oro a Raffaele Cutolo nel bel mezzo di un’udienza,episodio notissimo. Forse molti non sapranno pero’ che una volta Juary ando’ a lamentarsi che gli era stata rubata l’auto e il presidente gliela fece ritrovare semplicemente informandosi se avesse parcheggiato dalla parte sinistra o destra della strada di Avellino. Anche Tacconi si lamento’ di un furto, ma se ne infischio’ perché guadagnava troppo e gli stava antipatico. Lo scandalo del Totonero 1980 alla radio - Lo scandalo del Totonero del 1980 e’ ripercorso velocemente con una partenza molto originale, e cioe’ la radiocronaca con le voci di Ciotti, Ferretti, Ameri che ripercorrono il famoso pomeriggio degli arresti durante Tutto il Calcio Minuto per Minuto. La cassetta con quella radiocronaca fu regalata da Ciotti a Canovi. Il contratto di Cerezo e la sua storia - Esilaranti gli episodi raccontati relativi a Toninho Cerezo. Il brasiliano stava per passare al Milan, raggiunsero un accordo con Galliani in un appartamento di Berlusconi a Milano: contratto biennale da un miliardo e duecento milioni, un’auto, un appartamento e 16 passaggi aerei andata e ritorno per il Brasile. Poi pero’ l’affare si chiuse con Mantovani, 700 milioni e niente premi, con tanto di finta telefonata alla moglie Rosa per chiedere l’ok. Ma Cerezo era talmente rompiscatole che dopo un gol ottenne che Mantovani gli comprasse e recapitasse tutti i mobili della casa in affitto. Canovi ha reicontrato Toninho Cerezo poco tempo fa accompagnato dai suoi tre figli tra cui Lea T famosissima modella transessuale che lavora per Givency. Bellissime le parole dell’anziano Cerezo: “Dobbiamo accettare le differenze ed essere tolleranti con le diversita’. Non dobbiamo giudicare cio’ che non capiamo. Leandro o Lea, tu sarai sempre orgogliosamente una parte di me”. Il mercato dell’Inter e la grafologia di Lady Pellegrini - La storia che Lady Pellegrini, moglie di Ernesto presidente dell’Inter, sottoponesse la firma del contratto dei calciatori a un esame dell’autografo prima di autorizzarne l’acquisto e’ assolutamente confermata con vari episodi. Capito’ a Canovi con Mandorlini e Dell’Anno – la signora faceva finta di chiedere autografi per la figlia – e persino per una trattativa che riguardava Guardiola e Stoichkov, ma rimediando solo la firma del loro intermediaro, Pellegrini ripiego’ su Jonk e Bergkamp. Il fenomeno Alba Parietti - Ci sono molte divagazioni nel libro, tra cui una su Alba Parietti, autentico fenomeno esploso nel 1990 con Galagol. La Parietti dienne improvvisamente un’icona di bellezza nazionale, gli uomini e soprattutto i calciatori stravedevano per lei. Un sogno sexy che impersava in tv ai tempi dei mondiali italiani. “Ma al momento giusto tutti impauriti scappano con una scusa…” E ancora le litigate fra la Juventus di Giraudo e la Domenica Sportiva accusata di essere romanocentrica, il calcio molto approssimativo e lontanissimo di personaggi come Anconetani e Gaucci, l’incredibile fissazione di calciatori e allenatori per maghi e fattucchiere (persino il serioso Dossena a quanto pare frequentava un personaggio che prevedeva risultati e gol) , Gigi Martini ex terzino della Lazio con idee di estrema destra poi per dieci anni deputato di An e coinvolto nel caso Finmeccanica come ex presidente Enav, che allora non solo pilotava aerei ma si buttava giu’ dai C-119 con il paracadute insieme a Luciano Re Cecconi, il presidente del Toro, Borsani, anche lui fissato col volo e che trascurava gli ordini della torre di controllo picchiando sull’aeroporto di Caselle. E tante, tante curiosita’ di quel mercato che poi alla fine e’ l’altra faccia della partita di calcio, la parte che impegna molto la fantasia dei tifosi. Oggi come trent’anni fa gli affari si potevano fare e far saltare con tanti trucchi. Come quando Sandro Mazzola mentre stava per andare a depositare in Lega il contratto di Falcao all’Inter si fermo’ in un bar (non c’erano i telefonini) per chiamare Fraizzoli confermandogli la chiusura del clamoroso affare. Il presidente lo fece tornare precipitosamente indietro, gli aveva appena telefonato il presidente Viola, minacciandolo velatamente di fargli togliere, con le sue amicizie politiche, l’appalto per la fornitura delle divise delle guardie carcerarie in tutta Italia. Per Falcao valevano anche i colpi proibiti.
  22. CAMBIO DI CAMPO Zamparini, Lotito, Della Valle e De Laurentiis. I presidenti che vorrebbero fare come il Cav. del ’94 di Beppe Di Corrado (Il Foglio 22-11-2011) Alti i gomiti, con la scusa di proteggere il pallone. Le parole di Maurizio Zamparini, Claudio Lotito, Diego Della Valle e poi di qualcun altro sono l’avvertimento all’avversario, come quando lo stopper ti buttava giù, poi ti aiutava a rialzarti dicendoti: “Dopo avrai il resto”. Qui il dopo è un emisfero parallelo: la politica. Berlusconi torna a fare il presidente del Milan? Qualcun altro ha la tentazione di cercare approdo nel Palazzo. Naturale, ovvio, scontato, persino banale. Ci sono movimenti, si vedono. Ci sono ambizioni, si sentono. Sotterranee o dichiarate, annusate o urlate. Oltre Silvio, il pallone e la politica sono lì, in vista: chi vuole e chi vorrebbe, chi ci prova e chi ci proverebbe, chi aspetta la chiamata e chi la millanta. Maurizio Zamparini, dal Friuli passando per Palermo, ha cominciato a muoversi. Movimento per la gente, così ha chiamato la sua idea. E’ una rivisitazione molto italiana di una delle mille anime del Tea Party americano: una specie di associazione dei consumatori a difesa degli italiani dalle tasse e dalla burocrazia. Anti Monti e anti tutti. Così è Zampa, in fondo. Uno che si muove come s’è mosso lui nel calcio in politica può soltanto ripetersi: caos e visibilità, idee e confusione. Ecco perché non accettò la candidatura al Senato per Alleanza nazionale che gli propose Gianfranco Fini negli anni Novanta. Avrebbe dovuto rispettare certe regole, cosa che gli è impossibile. Per anni, dopo quel rifiuto, si disse che di An Zamparini fosse un generoso finanziatore. Mai confermato, né smentito. La politica gli è sempre piaciuta, però solo se fatta a modo suo. Che cos’è oggi il Movimento per la gente? Non lo sa neanche il signor Maurizio, a dirla tutta. E’ un concentrato di show e frasi a effetto, una grande festa nazional popolare che mette insieme Martufello e proclami da imprenditore nordista arrabbiato con lo statalismo e il fiscalismo di Roma. La presentazione dell’associazione è stata una zamparinata eccezionale. Fiano Romano, 10 novembre scorso. Palazzetto dello sport. Tremila persone. Lui: “Non esistono salvatori della patria. Siete voi protagonisti del vostro futuro”. Voi, cioè il pubblico, che a sentire i racconti dei presenti, era perlopiù di anziani. Ottimo, no? Se ne frega della realtà che non sia la sua. A lui sta sulle palle Equitalia? Ecco: prende un po’ di soldi, mette insieme due amici che la pensano come lui, assolda tre personaggi della tv e organizza qualcosa. Fa stampare i manifesti: “Equitalia? Strozzinaggio o usura legalizzata”. Tremila persone a Fiano Romano valgono trentamila altrove e trecentomila in un altro posto ancora: è questo lo schema del signor Maurizio. Il caos organizzato. E dentro quel caos ci mette la sua personalità da intelligente affabulatore, da scaltro combattente. E’ più chic di quanto voglia far credere, però sa che quelli chic hanno già occupato i posti giusti: a lui resta puntare su altro. Le urla e le provocazioni fanno parte del piano: “Equitalia sta massacrando le partite Iva di Italia. Fondo questo movimento perché dalla vita ho avuto tanto e ho imparato che dare agli altri è più importante che ricevere. Dobbiamo far partire la nostra amministrazione dal basso, non dall’alto con persone che ci dicono cosa fare e che ci hanno portato al disastro. Questo è un ruscello che parte da qui e al quale si uniranno altri ruscelli non soltanto per fermare Equitalia ma per dare una nuova impronta per un’Italia in cui i politici vanno a lavorare per la gente”. Chi, come, dove, quando e perché. Zamparini non può spiegare. L’avventura di un presidente di calcio in politica è sempre un percorso improvvisato. E’ la popolarità che spinge: sai di avere un seguito e puoi supporre che quel seguito si traduca in consenso e quel consenso in voti. Si va per tentativi e allora nessuno ha il coraggio di svelare il punto d’arrivo. Non si bruciano le tappe, ovvio. Il pallone crea aspettative che la politica può solo deludere. Allora bisogna aspettare il momento in cui far passare il messaggio più semplice: sono loro che mi cercano, è la gente che mi spinge. Prima è tutto un costante tira e molla. Come quello di Zamparini: “Il nostro non sarà mai un partito politico, ma il grembo per far nascere nuovi politici. Noi dobbiamo trovare le soluzioni per la gente. Voglio dare il mio contributo per risolvere i vostri problemi”. A Palermo c’è riuscito più dei politici veri: ha portato sogni che mancavano, ha ridato prospettive che sembravano tramontate, ha messo sul tappeto i posti di lavoro. Come non conta: il calcio come strumento di pressione vale esattamente quanto altro, quanto un sindacato che può agitare lo spettro delle tensioni sociali, come una qualunque opposizione che minaccia di portare la gente in piazza. Il presidente di pallone che si lancia in politica solo errore: pensare di poter essere Berlusconi. Il resto vale, compresa la scelta di portare con te sul palco Fabrizio Bracconieri, Martufello, Maurizio Mattioli, Tony Sperandeo e Magdi Cristiano Allam. E’ la politica del patchwork: mettici tutto e qualcosa uscirà. Malcom Pagani l’ha raccontata così: “Zamparini è così. Fedele al motto andreottiano. Fondamentale è che si discuta di lui. Così assembla pantaloni fucsia e giacche verde bottiglia e come dice un suo ex giocatore: ‘Per stupire, indosserebbe anche una gonna’. A Palermo arrivò quasi dieci anni fa. Dopo aver nuotato nella laguna di Venezia: ‘L’investimento me lo consigliò un amico: è un affare, costa poco, mi disse. Ci rimisi 200 milioni’. Megalomane, Zamparini li marchiò con le proprie iniziali. Da qui Emmezeta, esperimento semiologico poi ripetuto con la catena Mandi, dedicata ai figli Diego, Maurizio e Andrea. Nella prole di Zamparini, Silvana gestisce l’agriturismo di casa e solo Greta, attrice, è fuggita a gambe levate. Zamparini, poi, ha Sasà, chauffeur e ultrà, che quando il presidente sbarca (a Palermo), lo porta in giro nelle meraviglie di Palermo per l’intera durata della gara. Con la politica, il tycoon ha un controverso rapporto. Guglielmo Micciché, fratello di Gianfranco, è il vicepresidente del Palermo e Jörg Haider, il leader ultranazionalista austriaco morto in un incidente stradale nel 2008 era uno dei migliori amici di Zamparini. Villeggiavano entrambi a Bad Kleinkirchheim, dove Zampa, figlio di un operaio specializzato emigrato in Venezuela, ancora possiede un villone con alcune dependance. Gli stipendiati di Zamparini trascorsero per anni i ritiri estivi in Carinzia mentre nella sua magione, con loden d’ordinanza, si faceva vedere spesso il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, tifoso del Palermo e assiduo frequentatore del più noto mangiatecnici d’Italia. E’ forse in memoria di Haider che Zampa progetta il grande salto. Nel mondo semplificato di Maurizio ‘faccio tutto io’, Montecitorio somiglia allo Zen di Palermo”. Non piace a molti, Zamparini. Al resto sì. Buoni numeri, anche perché chi prova a fare un giro nelle decine di città italiane che avevano il grande calcio e adesso sono sull’orlo della scomparsa, troverete soltanto gente che ripete frasi così: “Eh, ci vorrebbe anche qui uno Zamparini”. E’ la forza di quello che dice e la forza di come lo dice. E’ la forza della tv. Il signor Maurizio non esisterebbe senza le telecamere. Come Claudio Lotito, campione, in questi giorni, della filosofia del “se me lo chiede la gente”. L’esposizione mediatica, come direbbe lui, ha traslato il proprietario della Lazio dalla categoria dei presidenti di calcio a quella dei possibili presidenti di tutto. L’ha detto: “La politica? Se me lo chiede la gente sono pronto”. Appunto. Il che significa esattamente questo: lui vuole, a prescindere dalla gente. Gli hanno chiesto: un ministero lo vorrebbe? “Non credo potrei far del bene da semplice parlamentare. Però non so’ cose che posso decide’. Sarebbe come andare dall’oste e chiedere se il vino è buono”. Ci crede, Lotito. Nel frattempo bisognerebbe capire dove potrebbe andare. Finora ha litigato, negandolo, praticamente con tutti: con Veltroni, con Cicchitto, con i leghisti, con Storace. Dove potrebbe andare? Con chi? Forse con nessuno, forse con chiunque. Forza, questa. Già dimostrata: è in grado di gestire i conflitti, le tensioni, le amarezze. Ha provato meglio di molti politici che cos’è la solitudine vera: quando la gente non ti chiama, quando la gente non ti cerca, quando ti senti un appestato. C’è una foto simbolo di qualche tempo fa: lui isolato nella tribuna autorità, senza neanche un portaborse o un figurante vicino, e tutto il mondo biancoceleste intorno che lo insulta. Tutt’altro che una “sparuta minoranza”, come ha sempre liquidato i contestatori e come in quei giorni gli ricordò il Corriere della Sera. Ecco: nonostante quella solitudine, Lotito ha continuato a fare quello che voleva e quello che doveva. Un altro ambizioso come lui avrebe ceduto, lui no. Convinto com’è che davvero una chance ci possa essere. L’abilità di imporsi ce l’ha. Nessuno ancora lo conosceva e si presentò a passo di carica alle assemblee della Lega Calcio, seguito dalla scorta (“Ma la benzina la pago io”, specificò) e da un codazzo di giornalisti delle radio romane sempre a caccia di una sua frase, di una citazione. “Il latino bisogna saperlo”, diceva e dice ancora. E’ passato attraverso molte stagioni nonostante la giovane esperienza: la celebrità, l’oblio, il ritorno grottesco e quello vincente. Oggi funziona e per questo può ambire a un salto vero. Cosa che piacerebbe, a quanto pare, anche a Diego Della Valle. Lui nel pallone neanche c’è davvero. O meglio: c’è con i soldi, non con la qualifica. Non è presidente di nulla, anche se a Firenze tutti lo chiamano così. Non sappiamo che cosa voglia fare davvero del calcio, visto che al Wall Street Journal ha detto che per lui è “un hobby da domenica davanti al caminetto con la tv accesa”. Non sappiamo che cosa voglia fare della politica. Anzi del paese. Perché nessuno parla di politica, ci mancherebbe. Adesso funziona così: il paese, la nazione, la gente. Diego che fa? Se lo chiedono tutti, compreso forse anche il suo giro. Sponsorizza Luca Montezemolo, parla, poi riparla, a volte straparla. Compra pagine sui giornali, va da Santoro. Politica? No, grazie. Ma politica comunque. Appoggio esterno a non si sa bene chi o che cosa. Forse indecisione. Forse decisione perfetta. Diego è il mistero dell’Italia del 2011: sai che c’è, non sai ancora bene dove. Anche nel calcio è così: è la Fiorentina senza avere una sola carica ufficiale nel club. Il contrario di Lotito, in questo caso. Claudio fa tutto, Diego fa niente. Eppure il destino recente è comune: hanno annunciato di voler scendere in campo e ora sono stati espulsi. Capita, sì. Hanno capito anche loro come funziona il giro del fumo: il calcio ti dà popolarità impensabile senza pallone, poi però ti espone al rischio della gogna vigliacca. Della Valle e Lotito sono stati puniti. Erano gli uomini della rinascita, gli eroi del risorgimento etico e sono stati indicati come quelli con le mani sporche di marmellata, assieme agli altri illustri protagonisti della cosiddetta Calciopoli. I tribunali del popolo tifoso li hanno infilati tra i colpevoli di quella stagione indecifrabile dal punto di vista giudiziario, che ha dato sentenze certe senza avere uno straccio di prova. Così è, anche se non pare a loro e forse a nessun altro. L’accusa certificata da una corte è questa: invece di tutelare gli interessi del paese, immagine che piace moltissimo ai due, hanno badato al particolare, all’interesse personale delle loro aziende, Fiorentina e Lazio, accomunate anche da una partita poco fischiata e molto contestata ma pure dalla voglia di apparire su altri fronti, la politica, il bene sociale, il senso patriottico, il desiderio e la sicurezza di essere altro da quello che passa il convento Italia. “Della Valle e Lotito sono due tipi fondamentalmente diversi, opposti direi”, ha scritto Tony Damascelli. “L’imprenditore laziale non bada al look semmai alla lingua, veste ordinario, classico, nessun fronzolo, bracciale, foulard, frequenta l’italiano, a volte arcaico, enuncia frasi in latino, ha un ritmo affabulatorio da radiotaxi. Il suo collega marchigiano è una nuvola di charme, commette gaffe di italiano scritto tra un anacoluto e uno strafalcione, parla quasi sottovoce, come in hot line. Lotito ha chiare, decise radici di destra, Della Valle fluttua, di qua e di là, secondo l’ufficio meteorologico e il mercato. Vederli, insieme, condannati ad anno uno e mesi tre per una storia di pallone potrebbe provocare risa tra le jene di cui il bel paese è affollato. Ma, secondo un’altra corrente di pensiero, sono vittime del sistema, semplici osservatori dell’Onu calcistico, personaggi a margine di un tritacarne manovrato da chi sappiamo, anzi sanno e sapranno sempre. Lotito in tivvù, non ha cortigiani e intervistatori accomodanti, anzi spesso si ritrova a fare disfida con opinionisti che non gli perdonano, per ignoranza, le citazioni ciceroniane o la ‘non’ cultura (!!!) calcistisca, per gli altri, invece, ammessa con sudditanza; Della Valle gode di coccole e carezze in ogni dove decida di presentarsi, con eleganza e charme, le sue riflessioni sono magiche, come il tono della voce che le accompagna a differenza di quel caciarone laziale che non parla ‘ore rotundo’ ma ovale”. Pallone e politica fanno scopa. Fanno anche gola: una tentazione che a volte diventa irresistibile. Spontaneo, no? Vedi la folla, la gestisci o la patisci. Zamparini, Lotito e Della Valle sono gladiatori che alzano lo sguardo verso la tribuna del Colosseo per guardare il pollice dell’imperatore e quindi del popolo e allo stesso tempo sono proprio quegli imperatori. Su e giù: contestati e adorati, come la casta dei politici che viene idolatrata e poi censurata. L’altro della combriccola è Aurelio De Laurentiis: amico di nessuno dei tre e forse amico di nessuno, ma simile nello sviluppo della carriera da presidente pallonaro con ambizioni altre: l’avevano indicato come possible candidato del centrodestra alle amministrative di Napoli. Lui l’anti De Magistris. E’ finita che Giggetto ha avuto da Aurelio il San Paolo come palco delle prime apparizioni pubbliche da sindaco. Giravolte. Il presidente del Napoli è il quarto anello: presente in tv come gli altri tre. Che vogliono oltre il calcio? Lo scopriremo. Se la politica post berlusconiana ha abbandonato il talk show, lo spettacolo ripartirà dal pallone. Due poltroncine bianche qui e due lì. Il salotto poco buono e per niente buonista: perfetto per costruire ambizioni che il pallone può coccolare. Solamente, certamente.
  23. 22 11 2011 Tutti a tavola Anche i guardalinee Immaginatevi la scena: viene ordito in pompa magna il famoso tavolo della pace tra i poteri calcistico / sportivi, quello richiesto da Andrea Agnelli per le vecchie storie della Vecchia Signora, con Petrucci alla presidenza a mo ’ di Artù e Massimo Moratti e magari Della Valle ecc. E ai lati di esso ci sono gli assistenti arbitrali che alzano la bandierina se la discussione va in fuorigioco … Meravigliosa trasposizione da subbuteo del pallone italiano di oggi, di ieri e di domani, in balia di decisioni arbitrali più che discutibili sulla scorta quasi sempre delle segnalazioni dei loro laterali. L’elenco degli errori è infinito e bisognerà pure cavare qualche ragno dal buco. Per esempio, l’errore di chi aiuta (o danneggia) Mazzoleni nel gol di Seedorf annullato ingiustamente a Firenze ha determinato il mancato primato in classifica del gruppo parlamentare titolare di Berlusconi. MALE, CERTO. Ma c’è un peggio: se domenica prossima qualcuno dovesse restituire il maltolto al Milan contro il Chievo qualora ce ne fosse bisogno – che so, un rigore fasullo o un gol in fuorigioco, per dire… – che diremmo? Giustizia è fatta? Vallo a spiegare al Chievo… E non mi sono discostato tanto dalla lettura dei fatti. Prendete l’Inter: sulla carta deve mangiarsi il Cagliari, sul campo così non è e la partita viene sbloccata da un gol in fuorigioco di Thiago Motta (ormai ci sono più Thiaghi in giro che Rossi …). Morale: l’Inter dice che con tutto quello che ha subito fin qui, non c’è tanto da fare gli schizzinosi. Ma se vale questa regola, tradotta in “tanto tutto si compensa, alla fine del campionato” (e non è vero per niente), ditemi voi quanto è regolare eticamente un torneo così. L’obiezione di chi non vuol capire è: ma adesso succede perché sbagliano in buona fede, la bad company di Moggi e Co. invece funzionava dolosamente. Ma scusate, dunque il teorema della compensazione è invece eticamente accettabile? E A SPESE di chi? Perché ci sarà alla fine il classico “ortolano” del proverbio del Settecento francese illuminato, non vi pare? E chi fa la parte di questo ortolano nel magazzino ortofrutticolo del Reame Rotondocratico? Vedete, non sarebbe male che assieme al tavolo di cui sopra, che attendo con ansia per capire chi ci marcia e chi no, venisse affrontato politicamente e non solo giuridicamente il caso da cui parte la necessità del tavolo stesso, ovvero l’anima (bianco) nera di Calciopoli. L’Alta Corte del Coni ha infatti in giudizio la delicata questione immediatamente ricollegabile al suddetto scandalo, quella della radiazione di Moggi. Di cui a mio parere il lettore non sa nulla. Perché un ricorso a un simile grado di giudizio? Perché la Federcalcio ha combinato pasticci con la radiazione per finta di Preziosi e Dal Cin, ne ha segretato gli atti per evitare confronti con la difformità di giudizio nel caso di Calciopoli, non ha tenuto nel debito conto alcuna altra telefonata sopraggiunta a chiarire o a modificare o a integrare le colpe di tale scandalo. A distanza di oltre 5 anni, forse il tavolo summenzionato potrebbe inglobare anche queste questioni, così da illuminare a giorno tutto ed evitare ulteriori somministrazioni di “doping legale”, come l’ha chiamato con felice intuizione l’astuto Petrucci (al Coni da una vita in qualità di germoglio spontaneo…). E tornando alle fischiate improvvide, non ci sono stati solo annullamenti di stampo “etico”, ma anche di stampo estetico: come definire altrimenti la meraviglia di Osvaldo, in volo in bicicletta all’Olimpico come nei tempi antichi? Comunque ha vinto la Roma, ma siamo stati deprivati tutti da un gesto sensibile come pochi (ricordo nell’era ronaldiana all’Inter una meraviglia di Djorkaeff, proprio contro la Roma), tra l’altro sempre più raro. Un altro paio di considerazioni apparentemente di contorno, in realtà credo cruciali. La prima riguarda le dimostrazioni di razzismo degli stadi: è vero, il presidente della Fifa, Sepp Blatter (ossia Giuseppe Blatte, come l’insetto), è stato capace di sottovalutare conati razzistici negli stadi inglesi, suscitando la reazione di dirigenti albionici quando il capataz svizzero, coinvolto in una montagna di casi con indebiti regali, favori ecc. nella nebbia opacissima del potere di Zurigo, se ne è uscito con la paterna recinzione delle frasi razziste “all’interno del calcio”. MA DEVE essere chiaro che è lui un cattivo esempio, assieme ai responsabili di manifestazione razzistiche di qualunque livello. Per cui fa malissimo da noi il presidente della Fiorentina, certo Cognigni, a sottovalutare i cori da “zingaro” riservati a Ibrahimovic dopo episodi analoghi indirizzati a Mihajilovic. È un modo di stravolgere le gerarchie di importanza e di accettare questo imbarbarimento meta-economico dello sport o del gioco. La seconda considerazione tocca il linguaggio, quindi comunque la valutazione errata di ciò che succede, come per Blatter, come per Cognigni e chissà quanti altri. Sabato non si è giocata una partita della Bundesliga tedesca, precisamente Colonia-Mainz. L’arbitro designato aveva tentato in mattinata il suicidio e fortunatamente è stato ripreso per un capello. Giornalisticamente è ovvia la necessità di ricordare come purtroppo riuscendovi due anni fa avesse fatto lo stesso il portiere della Nazionale tedesca, Henke: ma sapete come parecchi siti internet italiani hanno connotato la tragedia mancata dell’arbitro? Con il termine “clamoroso”. È possibile mischiare insensibilità a ignoranza lessicale in questo modo? Per la mia generazione era un brocardo di Ciotti “Clamoroso al Cibali” se il Catania batteva l’Inter. Oggi è “clamoroso” un tentato suicidio? Urge un tavolo anche per il linguaggio, temo.
  24. Il pallone di Luciano L’etica ballerina del presidente Abete di LUCIANO MOGGI (Libero 20-11-2011) Toh, l’etica ballerina di Abete ha cambiato natura. Ricordate la reboante dichiarazione dell’epoca? «L’etica non va in prescrizione», tanto per far capire (tutti lo capirono in questo senso) che se anche le responsabilità emerse dalle indagini allora in corso da parte di Palazzi non fossero proseguite, causa prescrizione, per lui il giudizio finale sarebbe venuto dall’etica. Detto, non fatto. Da quando Palazzi concluse accertando l’esistenza di illeciti ex articolo 6 a carico dell’Inter e dei suoi massimi dirigenti (Moratti e il presidente pro-tempore Facchetti), Abete ha dimenticato l’etica e i suoi risvolti, non esimendosi però da un’osservazione importante, «mi sarei augurato che l’Inter rinunciasse alla prescrizione». Invito inascoltato e non ci vuole troppa fantasia per il perché. Un conto è proclamare da parte dell’Inter la presunta illibatezza di club e dirigenti, tutto un altro dimostrarlo, potendo questo essere cercato solo attraverso la rinuncia alla prescrizione, puntualmente non esercitata. Il presidente Figc si comporta come quel tale che butta la pietruzza e ritira la manina; come dire: «Io a Moratti l’ho detto ». Poteva fare altro e non l’ha fatto. PRESCRIZIONE O NO? Forse dimentico di quanto detto prima, il presidente Figc scopre ora che «non si può parlare di sport, se non si hanno dei valori etici di riferimento». E poi, «siamo all’etica individuale e soggettiva: ognuno si fa la sua etica, nel senso che ognuno ha la presunzione di farsi la sua etica». Io, piccolo pensatore, mi permetto un’osservazione preliminare, non vedo un’etica più individuale e soggettiva di quella praticata da Abete. Una domanda: Abete risponda sul punto d’origine, l’etica va o non va in prescrizione? E se non ci va, spieghi perché lui ce l’ha mandata. Al di là dei paraventi di comodo, invero miseri («Rossi non fece un atto amministrativo formale, e per questo non si ci può essere revoca») contano i fatti: nella bacheca dell’Inter quello scudetto non ci può stare, perché questo dice, tra molte altre cose, la relazione di Palazzi. La Figc nicchia e qui si apre il gioco delle incompetenze, solo che l’ errore sta al principio, lo ha detto l’ultimo grado di giudizio sportivo compulsato dalla Juve: doveva decidere la Figc, la competenza era sua, ma di fronte al dilemma (pro o contro l’Inter, mica per la giustizia) sono tutti scappati. REGOLE DIVERSE Non è finita. Abete ha fatto un altro autogol, «mi hanno insegnato che i campionati si vincono in relazione al fatto che devi vincere e fare risultato sul campo». Spieghi allora perché quello scudetto è stato dato e lasciato all’Inter, finita a 15 punti dalla Juve, e in presenza degli illeciti riscontrati da Palazzi. Insiste Abete sui suoi sofismi e invoca il rispetto delle regole “diverse”, proprie dell’ordinamento sportivo. Se ci sono regole, lui dovrebbe essere il primo a rispettarle, e così non è invece avvenuto per il caso delle radiazioni, ad esempio, per il quale a un passo dalla scadenza si è inventato il pastrocchio di due “nuovi” gradi di giudizio, in realtà attestati sulla data immobile di cinque anni prima. E a riprova che in quanto a faccia tosta quelli dell’Inter ne hanno più di tutti, c’è ora Paolillo, ad nerazzurro, che chiede la testa di Beretta sul caso Lotito. Da che pulpito. Paolillo è il direttore di banca che doveva trovare un posto all’allora arbitro in attività Nucini per premiarlo delle frequentazioni nerazzurre. E sempre Paolillo non si è mosso di una piega per restituire lo scudetto 2006. Adesso all’Inter non si riesce a trovare uno che faccia bene il ventriloquo di Moratti.
  25. Anche la m***a si ricicla... ___ L’ostile Giraudo di STEFANO OLIVARI dal blog "Guerin Sportivo" 17-11-2011 Perché Andrea Agnelli si sta facendo ridere dietro da mezzo mondo del calcio e detestare dall’altra metà? Dopo la sentenza penale di primo grado di Napoli, attesa come un giudizio di Dio dagli insigni giuristi copincollatori che affollano il web (per fortuna le loro parole valgono zero, più o meno come le nostre), e la porta sportiva in faccia presa dal Tnas, il presidente della a Juventus ha cambiato strategia. Prima mossa: immediata e grottesca presa di distanze dal condannato Moggi, che nel caso di assoluzione o pena lieve sarebbe stato invece ‘cavalcato’ senza ritegno. Dimenticando che la sentenza penale, molto più di quella sportiva (che ha riguardato una stagione ben precisa, la 2004-2005, pur generando effetti anche per le successive), descrive non singoli episodi bensì il calcio italiano in un’epoca in cui Moggi non lavorava in proprio ma era il direttore generale della Juventus. Seconda mossa: ricorsi ed esposti a raffica, uno più pretestuoso dell’altro. Quello che ha dato titoli ai giornali è il procedimento presso il TAR del Lazio, dimenticando che la penalizzazione light del 2006 concordata ccon la FIGC fu proprio dovuta alla rinuncia al TAR. L’apertura del capitolo risarcimenti, poi, potrebbe rivelarsi un boomerang che forse i consiglieri di Agnelli non hanno ben valutato. Nemmeno un commento meritano la richiesta di commissariamento FIGC fatta al Prefetto di Roma (perché non ad Obama?), l’esposto alla Corte dei Conti e altre iniziative di cui abbiamo perso il conto. Terza mossa: dopo il messaggio in codice di Petrucci (”Il pallone è malato di doping legale”), la cauta apertura che prelude ad un vaghissimo ‘tavolo’. La cui utilità è una sola: non potendo il ‘tavolo’ cambiare pene e sanzioni, nè tantomeno restituire scudetti, con qualche dichiarazione di principio permetterebbe ad Agnelli di uscire senza perdere la faccia dal tunnel in cui si è infilato. Nelle mosse juventine degli ultimi tempi è evidente lo stile di Antonio Giraudo, il che non significa che Giraudo sia tornato a lavorare per la Juventus ma solo che il suo parere è tenuto da Agnelli in gran conto. Uomo di fiducia del padre Umberto, compagno di golf alla Mandria, stratega del cinico smarcamento da Moggi. Per la serie: mostriamo la faccia cattiva, qualcosa succederà perché come diceva Mao il numero è potenza. Può essere una tattica produttiva. Del resto se le condanne avessero riguardato il Chievo non saremmo qui a parlarne. ___ Letterina di Natale ad Andrea Agnelli, bambino che non cresce Dopo 18 mesi di mugugni, proclami e reclami, e alla vigilia del penoso "tavolo politico" chiesto a Petrucci, è giunta l'ora di dire al presidente della Juve che il mondo in cui vive non è quello delle fiabe, ma è il mondo reale di PAOLO ZILIANI 18-11-2011 Che i rampolli di casa-Agnelli non fossero esattamente aquile lo si sapeva da tempo; ma che Andrea Agnelli, figlio di Umberto, l'ultimo a portare il nome di famiglia, rischiasse di fare più danni del cugino John Elkann e di risultare più molesto del cugino Lapo, nessuno onestamente l'avrebbe previsto. E invece. Nel breve volgere di un anno e mezzo – ed esattamente dal 28 aprile 2010, data della sua nomina a presidente della Juventus in sostituzione di Jean Claude Blanc – il giovane Andrea è riuscito nell'impresa di coprirsi, e di coprire la Juve, di ridicolo. E oggi, mentre l'anno di grazia 2011 declina, dopo una carrettata di proteste, lamenti e mugugni, proclami, reclami ed esposti, il rampollo Andrea ha raggiunto l'apoteosi infilandosi nell'imbuto in cui resterà strangolato: il leggendario “tavolo politico” da lui richiesto, a gran voce, dopo l'ennesima porta in faccia sbattutagli dal Tnas, a distanza di pochi giorni dalla condanna di Moggi a 5 anni e 4 mesi per associazione a delinquere e frode sportiva al termine del processo che avrebbe dovuto decretarne la beatificazione e fare della Juve una martire del ventunesimo secolo, la Santa Maria Goretti del calcio italiano. Per la cronaca: la sanzione inflitta a Moggi (direttore generale) segue quella comminata a Giraudo (amministratore delegato) che avendo chiesto il rito abbreviato ottenne, il 14 dicembre del 2009, lo sconto di un terzo della pena: 3 anni pure a lui e sempre per associazione a delinquere e frode sportiva. Con motivazioni a dir poco drammatiche anche per l'immagine del club: il giudice De Gregorio sottolineò “il peso che l'uomo aveva nell'ambiente calcistico, peso sul piano logico compatibile piuttosto che con la sua qualità di amministratore di una società avente pari dignità di altre, con la sua appartenenza ad un gruppo organizzato ed influente sulle cose di calcio». Ancora, il giudice rimarcò come fosse da considerare appurato che anche nei campionati antecedenti la Juve avesse vinto partite in modo fraudolento visto che i componenti della cupola “si associavano tra loro e con altre persone, avendo già nel passato condizionato l'esito di campionati di calcio di Serie A, con particolare riguardo a quello 1999/2000, che fu sostanzialmente condizionato sino alla penultima giornata (quando si giocò Juventus-Parma, diretto da Massimo De Santis)...”. Ebbene, che Andrea Agnelli si ritrovi seduto, sotto Natale, a un “tavolo politico” in compagnia di Petrucci, Abete, Pagnozzi, Moratti, Galliani e compagnia cantante fa veramente ridere: come si dice in questi casi, la montagna ha partorito il topolino. Che cosa si aspetta, nella sua beata e sconfinata ingenuità, l'illustre rampollo della Real Casa? Che Moratti gli restituisca lo scudetto di cartone con tanto di fiocco natalizio? Che Abete si scusi a nome della Figc per l'ingiusta condanna alla B decisa nell'estate del 2006? Che Petrucci si complimenti per il fair play, oltre che – en passant – per l'ottima qualità dell'acciaio usato per lo “Juventus Stadium”? Forse sarebbe meglio che qualcuno gli parli, prima di prestarsi alla baracconata del tavolo; e gli spieghi, naturalmente con le dovute cautele, come quando ai bambini si dice che Babbo Natale non esiste, che il mondo reale è un altro. Magari potrebbe bastare una letterina natalizia infilata sotto il piatto. Una letterina che dica più o meno così. . . “Caro Andrea, ora che sei diventato un ometto, e ti stai preparando a soffiare sulle 36 candeline, è giunto il momento di dirti alcune verità. La prima è che dopo aver giocato al Piccolo Chimico e al Piccolo Inventore, pensavi di esserti appassionato al Piccolo Presidente (della Juventus), ma non si trattava di un gioco. Fare il presidente è una cosa seria e il calcio, anche se è un gioco, si è dato delle regole, e anch'esso è una cosa seria. E insomma... 1) Se l'amministratore delegato e il direttore generale di un club mettono in piedi un'associazione a delinquere per vincere più facilmente gli scudetti, barando, vanno puniti: loro e il loro club. 2) Se la giustizia sportiva lavora in fretta, esaurendo velocemente tutti i gradi di giudizio, è perché non potrebbe fare altrimenti: non si potrebbero più giocare i campionati, coi tempi della giustizia ordinaria. Particolare importante: da che calcio è calcio, in Italia e nel mondo, chi accetta di entrare a far parte del movimento accetta, anche, che sia la giustizia sportiva, col suo particolare ordinamento (e i suoi tempi, e i suoi modi) a deliberare. 3) Se la giustizia sportiva ti toglie 2 scudetti per le malefatte dei tuoi dirigenti, non puoi andare in giro a raccontare di averne vinti 29, se sono 27; ed è di cattivo gusto appiccicarne 29 nel nuovo stadio. È da cafoni. E tanta manna che le intercettazioni siano scattate durante la stagione 2004-2005, e non prima: sennò gli scudetti sarebbero molti meno, con buona pace di Moggi e Giraudo, Bettega e Lippi, Agricola e Ventrone. 4) Se un minuto dopo la condanna di Moggi a 5 anni e 4 mesi hai la faccia tosta di prendere le distanze da lui, voluto alla Juve da papà Umberto come “male necessario”, per usare le parole dello zio Gianni Avvocato buonanima, devi decidere cosa pensare di te stesso la sera davanti allo specchio. Ammesso che sia stato tu, il giorno dell'insediamento a presidente, a tessere parole di elogio e di riconoscenza nei confronti di Moggi, e non invece un tuo clone, un replicante, un sosia impostore. Ci sono momenti, nella vita, in cui tutti siamo chiamati a crescere – per quanto doloroso sia – e a diventare grandi. Ecco caro Andrea, il momento di lasciarti alle spalle il mondo dell'infanzia con le sua fiabe, le sue fate e i suoi balocchi è arrivato. Non è facile, ma a 36 anni ce la puoi fare anche tu. Fatti forza! Babbo Natale non esiste e Moggi e Giraudo non erano il Gatto e la Volpe del Paese dei Balocchi, ma dirigenti che avevano messo in piedi un'associazione a delinquere per truccare le carte e vincere gli scudetti. Questo succedeva nel mondo reale, quello nel quale adesso vivi anche tu. Datti un pizzicotto. Vedrai che sei vero. Vivo. In carne ed ossa”.
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