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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
VOGLIA DI VERITA' di PAOLO DE PAOLA (Tuttosport 17-12-2011) Diego Della Valle rompe gli indugi e passa all'attacco avviando un'azione legale contro Guido Rossi. Le parole che hanno fatto traboccare il vaso sono state espresse giovedì sera dall'ex commissario straordinario della Federcalcio il quale, rispondendo all'invito dello stesso Della Valle a dire la verità sul'oscuro periodo di Calciopoli, affermava con distacco: «Parlano le sentenze». Già, ma quelle sentenze non tenevano conto delle telefonate emerse al processo di Napoli e che sarebbero state rilevantissime per la giustizia sportiva come certificato dal procuratore federale (notare le minuscole in capo alle qualifiche di G. Rossi e S. Palazzi - ndt) Stefano Palazzi con il suo pronunciamento nel quale - stante la prescrizione - riscontrava per l'Inter «una responsabilità diretta ad assicurare un vantaggio in classifica mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità e indipendenza in violazione del pre vigente articolo 6 del codice di giustizia sportiva in vigore all’epoca e oggi sostituito dall’articolo 9». E contestava a Moratti la violazione dell’articolo 1. L’indagine portata avanti dal Carabinieri guidati dal colonnello Auricchio non tenne conto di quelle telefonate come di altre che avrebbero avuto un peso fondamentale per il processo sportivo. E’ questo il buco nero da chiarire agli occhi di Della Valle che vuole delle risposte non solo da Guido Rossi, ma probabilmente da Attilio Auricchio come da Francesco Saverio Borrelli che fu posto dallo stesso Rossi alla guida dell’ufficio Indagini. Qualcuno dovrà spiegare perché non si tenne conto delle parole di Paolo Bergamo che nell’interrogatorio dell’8 giugno 2006 da parte dell’ufficio indagini dichiarò: «Parlavo con tutti» e perché non vennero prese in considerazione le interviste di Tavaroli (che ammise l’opera di dossieraggio sul calcio), di Nucini (che disse di avere rapporti con l’Inter) e di Cipriani (che ammise di aver spiato per conto dell’Inter). Per non parlare delle telefonate segnalate come “rilevanti” (i famosi tre baffi) e scartate perché non riguardanti la cupola individuata dall’indagine. Su questo Diego Della Valle chiede risposte limpide e non battute da parte di chi intima «a far tacere» (come, di grazia?) chi parla di certi argomenti. CALCIOPOLI IL FATTO Della Valle denuncia Rossi Nel mirino anche Auricchio e chi indagò su Calciopoli: «Gestione da censurare» L’azione legale è per chiarire i punti oscuri dell’inchiesta sportiva e penale. Le conseguenze possono pesare in entrambe le sedi di GUIDO VACIAGO (Tuttosport 17-12-2011) TORINO. Perché furono omesse se non addirittura occultate alcune fondamentale intercettazioni? Chi lo fece? Perché i Carabinieri di Auricchio non indagarono in tutte le direzioni? Perché le indagini della Figc, coordinate da Francesco Saverio Borrelli non tennero conto delle piste che si erano aperte attraverso gli interrogatori (tipo quello di Bergamo dell’8 giugno 2006 in cui ammise di parlare anche con Facchetti , Capello , Sacchi e altri dirigenti) o dichiarazioni a mezzo stampa (interviste a Tavaroli o Nucini , illuminanti sul lavoro di intelligence ispirato dall’Inter)? Le domande sono sempre le stesse, ma questa volta potrebbe farle un giudice e Guido Rossi non potrebbe limitarsi a rispondere: «Parlano le sentenze», dovrà spiegare lui. Perché Diego Della Valle ha annunciato di volerlo denunciare insieme ad «altri», così si legge nel comunicato di ieri, dove quel riferimento è a tutti gli inquirenti di Calciopoli, quelli che hanno lavorato per il processo penale (quindi viene da pensare al tenente colonnello Attilio Auricchio, ora nella giunta del sindaco di Napoli De Magistris ), così come quelli che hanno allestito in tempi brevissimi quelli sportivi (quindi Borrelli , ma anche Stefano Palazzi , che oltretutto ha omesso di continuare le indagini dopo il 2007, nonostante un invito scritto dallo stesso Borelli). Tutti possono rientrare nella denuncia di Della Valle che avvierà le azioni legali nei prossimi giorni. ATTO DI FORZA Ieri, dopo una lunga giornata di consultazioni con i suoi legali, Della Valle ha dato inizio al suo atto di forza con un comunicato di poche righe diffuso dal sito Internet della Fiorentina, a 24 ore di distanza dal messaggio di pace post-tavolo che l’imprenditore marchigiano aveva voluto mandare per distendere i toni, dopo le dichiarazioni a caldo di mercoledì. Dopo aver ringraziato Petrucci per l’occasione e la buona volontà del Coni, Della Valle aveva però sparato un primo colpo contro Rossi: «Per quanto mi riguarda è Rossi primo tra tutti che deve pubblicamente spiegare che cosa è accaduto allora assumendosi le proprie responsabilità. E’ lui che ha il dovere di ricostruire i fatti e darne spiegazione pubblica a tutti quelli che vogliono conoscere la verità». Il «parlano le sentenze sportive, penali e amministrative» con cui l’avvocato Rossi, commissario straordinario della Figc all’epoca di Calciopoli, ha risposto non deve essere piaciuto a Della Valle che è arrivato a prendere una decisione sulla quale ragionava da mesi. CENSURA E così alle 20:08 è partito il colpo: «Ho conferito mandato ai miei legali di agire, nelle sedi competenti, nei confronti dell’allora Commissario Federale Guido Rossi e di altri per la gestione assunta dagli stessi durante il processo sportivo di Calciopoli celebrato nell’estate 2006. Le azioni legali verranno avviate per censurare i comportamenti assunti dagli stessi nella gestione del processo sportivo». Poche righe che aprono una nuova stagione di Calciopoli, che con un gioco di parole si potrebbe definire “l’indagine sull’indagine”. Perché se le azioni legale di Della Valle avranno un seguito, verrà avviato un iter istruttorio che avrà il compito di appurare i lati oscuri dell’inchiesta “Offside” dei pm Beatrice e Narducci . Aspetti evidenziati dai legali di Moggi durante il processo di Napoli, nel quale sono emerse intercettazioni clamorosamente trascurate (nonostante segnalazione, mediante i famosi baffi colorati, effettuata dai carabinieri in ascolto delle utenze intercettate), ma anche notevoli incongruenze nella fase della raccolta dei dati e delle stesse prove. RISCRIVERE Qualcuno dovrà spiegare ed eventualmente essere messo sotto accusa. Qualche mistero potrebbe essere risolto e Calciopoli potrebbe assumere contorni più chiari agli occhi della storia, che in definitiva potrebbe essere riscritta, correggendo il tiro come ha iniziato a fare, seppure in modo cauto e assai politico, anche il Coni. Il documento proposto da Petrucci al tavolo, mai firmato, ma comunque discusso (e il cui punto saliente è stato svelato ieri da Tuttosport e ripubblicato in questa pagina) è un segnale lampante che anche la più importante istituzione sportiva è pronta se non a rivedere Calciopoli, quanto meno a guardarla da un altro punto di vista, meno condizionato e più completo. E se qualcuno nota qualche analogia, fra le righe che Petrucci aveva proposto come trattato di pace e il comunicato-denuncia di Della Valle, potrebbe non essere puramente casuale . Per altro, se questa azione legale potrebbe essere un ostacolo al processo di intesa avviato da Petrucci, maggiore chiarezza potrà servire a facilitare il percorso di pacificazione. Perché non c’è pace senza giustizia. ___ E ora da Moratti elogi ad Agnelli «Bravo ragazzo» Il presidente dell’Inter: «Tra noi nessun rapporto terribile, con me si è comportato in modo carino». Sul tavolo: «Era comodissimo... Scontato finisse così. Ci sono fatti più importanti come le sentenze» di BRUNELLA CIULLINI (Tuttosport 17-12-2011) FIRENZE. «Andrea Agnelli ? Un bravo ragazzo, un vero signore, con lui non c’è un rapporto terribile». Sarà l’aria di Natale, sta di fatto che Massimo Moratti depone l’ascia: il tavolo della pace non ha partorito nulla, però sembra essere servito a smussare qualche angolo. «Se ci siamo salutati con Agnelli? Certo, fra noi non c’è un rapporto terribile» ha detto il presidente dell’Inter ieri a Firenze dove ha pranzato col sindaco Renzi e poi ha partecipato all’inaugurazione dell’Inter Club Firenze dedicato a Facchetti . «Esistono situazioni che ci portano ad avere tesi opposte ma Agnelli è un bravo ragazzo, con me si è comportato in modo molto carino». Il patron interista è apparso buonista anche nei confronti di chi solo pochi anni fa gli era amico e ora non lo è più: Diego Della Valle fresco di azione legale verso Guido Rossi . «Esperienze e posizioni diverse non ci permettono di cantare nello stesso coro però l’altro giorno non ci sono state punzecchiature» ha sottolineato memore dei feroci scambi in estate. E sul tavolo della pace ha pure scherzato Moratti: «Era comodissimo... C’era la buona volontà di Petrucci ma era evidente che sarebbe finita così. Ci sono fatti legati a cose più importanti come le sentenze e i tribunali». Risposta scontata, ammorbidita dalla disponibilità a provare insieme a riformare il calcio «che non è più un angolo di paradiso. Se vogliamo migliorarlo facciamo qualcosa, dagli stadi di proprietà alla riduzione delle rose. Ne abbiamo parlato mercoledì». Il che non avrà portato pace ma almeno qualche buon proposito. -
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Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
CALCIOPOLI Primi effetti del tavolo della pace Della Valle denuncia Guido Rossi Patron della Fiorentina all’attacco: «Azione per censurare i comportamenti assunti durante il processo sportivo». Moratti: «Agnelli è una brava persona» di FEDERICO DANESI (Libero 17-12-2011) Se le parole sono pietre, allora questa è una lapidazione. Perché a poco più di 48 (ore)da un tavolo che doveva sancire la pace e si è trasformato nell’ennesima occasione mancata, arriva l’affondo pesante di Diego Della Valle che nelle sue vesti di maggior azionista della Fiorentina ha deciso di passare all’attacco. Mentre Moratti, presente proprio a Firenze per l’inaugurazione in un Inter Club dedicato a Facchetti, raccontava alcuni retroscena del “tavolo della pace”(«Agnelli è un bravo ragazzo, un vero signore che si è comportato in modo carino con me. Con DiegoDella Valle non cisonostate stavolta punzecchiature né atteggiamenti antipatici»), sul sito della Viola usciva questo comunicato, a firma DDV:«Ho conferito mandato ai miei legali di agire, nelle sedi competenti, nei confronti dell’allora Commissario Federale Guido Rossi e di altri per la gestione assunta dagli stessi durante il processo sportivo di Calciopoli celebrato nell’estate 2006. Le azioni legali verranno avviate per censurare i comportamenti assunti dagli stessi nella gestione del processo sportivo». Quel che in soldoni voglia significare “censurare” lo scopriremo presto. Di certo è la pietra tombale a quella voglia di toni soffusi invocata da più parti ma per nulla raccolta dai diretti interessati. Chi, come Della Valle e Moratti ne sono stati protagonisti in prima persona. E chi, come Andrea Agnelli, li ha vissuti di riflesso ma da quando è in sella ha ripreso a batter cassa, di risonanza e monetaria. In fondo Della Valle, quasi che a quel tavolo romano avesse mandato un suo avatar, già giovedì aveva annunciato battaglia chiedendo a Guido Rossi di spiegare veramente quello che era successo e assumersi tutte le responsabilità, passaggio senza il quale non sarebbe possibile nemmeno accendere il calumet della pace. E Rossi, di rimando, si era limitato a ribadire la correttezza dell’operato suo e di chi con lui aveva lavorato alla matassa Calciopoli. Ed ecco che magari sul carro Della Valle potrebbero salire altri, in primis la Juve per un gemellaggio giudiziario che farebbe inorridire persino i tifosi più accesi. Però lo dice la storia: Calciopoli è altro rispetto al campionato, rispetto a tutto. -
Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"
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Appunto di FILIPPO FACCI (Libero 17-12-2011) Giacomo, eddai Non è gente normale. Il secondogenito di Andrea Agnelli è stato chiamato «Giacomo Dai». Sì, Giacomo Dai. La primogenita l'avevano chiamata Baya; in famiglia già spiccavano Lupo, Lapo, Delfina, Oceano, e qualcuno temeva Tonno, invece hanno scelto Giacomo Dai. Che fortuna. La moglie di Totti, tempo fa, ironizzava sui nomi degli Agnelli: lei è madre di Chanel, non avrebbe mai scelto Giacomo Dai. Al limite Daje. Ma di un Agnelli, tanto, badi solo al cognome, e comunque gli eccentrici si frequentano tra loro. Il problema è la gente normale, quella che deveripetere il nome al telefono o in coda alle Poste, gente i cui genitori andrebbero arrestati: perché non puoi chiamare tuo figlio Felice, se di cognome fai Mastronzo; devi immaginare una vita passata a dire «piacere, Urino Birra» oppure «Ciao, sono Tranquilla Dalle Palle». Tutti nomi veri: Pino Silvestre, Luce Scala, Gustavo Lapasta, Massimo Orgasmo. Esistono. Sono tra noi. A Napoli - raccontava un avvocato - chi si chiama Żoccola sceglie sempre di cambiare. Ma i genitori di Vera Vacca, Perla Madonna e Benedetta Topa andrebbero internati: perché l’hanno scelto, non sono come quei poveretti che hanno cognomi doppi e immutabili: tipo Evacuo Bisognin, Cazzin Mozzato e Sasso Pirla. E gli Agnelli? E Giacomo Dai? Eddai, facciano come vogliono: noi siamo garantisti, non bisogna prendersela coi genitori. Non prima di un regolare processo. -
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La polemica Processo Calciopoli, Diego attacca l´ex commissario della Federcalcio Della Valle non s´arrende "Guerra legale contro Rossi" di MATTEO MAGRINI (la Repubblica - Firenze 17-12-2011) Non lascia, raddoppia. Diego Della Valle aveva annunciato denunce e ha mantenuto la promessa. Calciopoli, non gli va giù. Si ritiene vittima, non colpevole, e non arretra di un centimetro. «Ho conferito mandato ai miei legali di agire, nelle sedi competenti, nei confronti dell´allora commissario federale Guido Rossi e di altri per la gestione assunta dagli stessi durante il processo sportivo di Calciopoli nell´estate 2006». Impossibile essere più chiari. Diego ce l´ha soprattutto con chi cinque anni fa ebbe in mano le sorti del calcio. Guido Rossi, che giusto un paio di giorni fa aveva risposto affidandosi alle «sentenze sportive e penali». Ma non solo. Perché nel comunicato diramato ieri sera Della Valle tira in ballo anche «altri». Già, ma chi? Sicuramente non gli organi giudicanti. Del resto, loro hanno agito in base agli atti ricevuti. Va da sé, quindi, che il dito sia puntato su chi ha portato avanti o gestito le indagini. Guido Rossi, appunto, ma anche la procura federale e i pm della giustizia ordinaria. Quelli della procura di Napoli, per intendersi. Diego Della Valle insomma vuol capire, attraverso l´azione legale, perché nel 2006 certe carte dell´inchiesta non furono prese in considerazione. Un vecchio cavallo di battaglia, che riporta agli attacchi della scorsa estate nei confronti del Colonnello Auricchio. Un altro ritenuto responsabile di un processo sommario e (soprattutto) poco limpido. Una guerra aperta, quella dell´ex patron della Fiorentina. Perché non avrà più cariche ufficiali ma resta, e lo ribadisce spesso, il primo dei tifosi. E poi c´è un´immagine da difendere. In ogni modo, in ogni sede. Un po´ come ha fatto la Juventus con Agnelli. Anche lui però, ultimamente, ha (leggermente) mollato la presa. Merito di Petrucci, e di un clima ormai insostenibile. Pure Moratti, ieri a Firenze per l´inaugurazione del primo Inter club in città, ha teso la mano. «È normale avere scambi di vedute, anche duri, ma al tavolo di mercoledì, con Diego e Agnelli, ho avuto un confronto assolutamente sereno, civile». Possibile, ma la guerra di Della Valle non pare fermarsi. ___ Calciopoli Ora è il tavolo della guerra Della Valle denuncia Rossi art.non firmato (la Repubblica 17-12-2011) ROMA - Se l´intento doveva essere quello di calmare finalmente l´ingovernabile calcio italiano, Petrucci da ieri ha una ragione in più per dolersi del fallimento: dal suo tavolo della pace per ora è scaturita una vera e propria guerra, quella scatenata - cinque anni dopo le sentenze sportive su Calciopoli, ribattezzata ieri "arbitropoli" da Franco Carraro - da Diego Della Valle contro l´allora commissario della Federcalcio, il professor Guido Rossi. Dopo aver contribuito a far saltare il tavolo del Coni recitando il ruolo del falco intransigente, Della Valle ieri è passato al piano B: denunciare il professore e imprecisati "altri" «per la gestione assunta dagli stessi durante il processo sportivo di Calciopoli celebrato nell´estate 2006». Le ipotesi di reato sarebbero abuso d´ufficio, omissione di atti d´ufficio e occultamento di prove. La tesi del n.1 della Fiorentina, peraltro non nuova: una dolosa disparità di trattamento da parte degli inquirenti (su tutti l´allora maresciallo Vincenzo Auricchio) tra il suo club ed altri (leggi l´Inter) coinvolti nella vicenda, le cui telefonate sarebbero state omesse dai dossier poi inviati alla Federcalcio guidata da Rossi. In realtà la strategia aggressiva di Della Valle, che già giovedì aveva chiesto a Guido Rossi di ammettere le distorsioni di Calciopoli ricevendone in risposta il richiamo alle sentenze già emesse, sembra soprattutto una reazione proprio alla condanna in primo grado subita a Napoli nel processo penale. Della Valle non tollera il marchio di colpevole. Altro che pace, quindi: guerra aperta, fino a ottenere giustizia, almeno dal suo punto di vista. Petrucci è avvisato: lui che chiedeva meno tribunali nel calcio, per ora assiste alla loro moltiplicazione. -
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CALCIOPOLI Scontro infinito Ora Della Valle denuncia Rossi «L'obiettivo è censurare la gestione dello scandalo» L'ex commissario non commenta. «E' tranquillo» di MAURIZIO GALDI & VALERIO PICCIONI (GaSport 17-12-2011) Non è piaciuta a Diego Della Valle la risposta «istituzionale» dell'ex commissario della Federcalcio Guido Rossi. Ha meditato a lungo su quelle parole che «rimandavano» alle sentenze (sportive, penali e amministrative) ogni «spiegazione» richiesta da Della Valle su quanto accaduto nel 2006 e alla fine è arrivata la decisione: «Ho conferito mandato ai miei legali di agire, nelle sedi competenti, nei confronti dell'allora Commissario Federale Guido Rossi e di altri per la gestione assunta dagli stessi durante il processo sportivo di Calciopoli celebrato nell'estate 2006», scrive il patron della Fiorentina in una nota. «Le azioni legali - spiega Della Valle - verranno avviate per censurare i comportamenti assunti dagli stessi nella gestione del processo sportivo». Nessuna risposta Questa volta Guido Rossi sceglie il silenzio. Il telefono è staccato e non replica neanche attraverso le agenzie. Chi lo conosce bene dice che è «rientrato nel riserbo» che da sempre ha accompagnato la sua posizione su calciopoli. Negli anni c'è stato solo il fax ad Abete in luglio, «noi di quelle telefonate (le intercettazioni bis) non ne sapevamo niente», il colorito intervento all'Ambrogino d'oro, e il «parlano le sentenze sportive, penali e amministrative» di giovedì sera. Sempre i più stretti collaboratori affermano che «il professore è sereno e se dovesse essere chiamato in Tribunale non avrà problemi a rispondere ai giudici». Non è facile Insomma come aveva avuto modo di verificare di persona il presidente del Coni Gianni Petrucci, mercoledì al tavolo della pace, calciopoli non si dimentica: «Quando ci sono processi così, posso capire che non sia facile riattaccare i quadratini, le tessere, che ognuno di noi ha nella sua testa», aveva detto al termine delle quasi cinque ore di conclave di mercoledì scorso. Ed è difficile dargli torto. ___ L'EX CAPO DELLA FIGC Carraro: «Chiamiamola Arbitropoli» art.non firmato (GaSport 17-12-2011) Franco Carraro ha scelto una tv locale romana, T9, ne «La signora in giallorosso», per dire la sua sul «giorno dopo» il tavolo della pace. «Non fu Calciopoli, ma arbitropoli, almeno stando alle "sentenze" attuali» il suo primo malizioso commento riservato al documento che il Coni ha proposto invano ai contendenti e che avrebbe lasciato Carraro (ma questo in tv non l'ha detto) letteralmente stupefatto. Poi, dopo un po' di autocritica sul passato («Mi dimostrai pigro») e aver ribadito che «gli scudetti della Juve sono 27 e non 29, allo stesso modo allora l'Inter potrebbe chiedere lo scudetto del rigore su Ronaldo e la Roma quello del fuorigioco di Turone», una dirompente proposta anti nuovi scandali: «Indagini cicliche a campione su dirigenti, calciatori e arbitri, in modo da farli sentire costantemente sotto controllo». Infine, su Guido Rossi: «Ammetto di non avere un rapporto idilliaco, però devo riconoscere che è stato in grado di far partire i campionati e ha portato fortuna al Mondiale. Dico fortuna, perché quel torneo lo preparammo noi, anche attraverso rapporti internazionali che non erano finalizzati ad avvantaggiarci ma a non danneggiarci. Dopotutto Lippi, come Bearzot, lo scelsi io». Vero. ___ Moratti rasserena «Agnelli un signore niente di terribile» Il presidente dell'Inter abbassa i toni dopo il tavolo «Della Valle? Non canto in coro, ma nessuna antipatia» di ALESSANDRA GOZZINI (GaSport 17-12-2011) Dal tavolo della cena dell'Inter Club al tavolo, comunque «comodissimo», che doveva segnare la pace dopo la furia Calciopoli. Tre giorni fa, alla fine dell'incontro, Moratti aveva evitato commenti; si è invece pronunciato ieri sera, ospite d'onore all'Inter club fiorentino dedicato a Facchetti. Ecco il pensiero del presidente interista: «C'è stata la buona volontà da parte del presidente del Coni Petrucci, ma c'era la coscienza che non poteva venirne fuori niente, a meno di qualche sorpresa che non c'è stata». Motivo? «Ci sono fatti collegati a cose più importanti di noi, come le sentenze dei tribunali, questioni che vanno al di là dei rapporti personali». Toni morbidi Eppure i toni sono più bassi, Moratti parla del tavolo della mancata-pace come di «un'occasione per incontrarci e parlare serenamente, pur rendendoci conto con maturità che non se ne sarebbe venuti fuori». Poi una rassegna sugli altri partecipanti: «Agnelli? E' un bravissimo signore, con lui non c'è un rapporto terribile, ma solo situazioni che ci portano a sostenere tesi opposte. Lo rispetto e ritengo che lui sia altrettanto carino con me». Stesso tenore quando si parla di Diego Della Valle: «Durante il tavolo a Roma non c' è stata alcuna punzecchiatura. Le diverse esperienze ci portano a non poter serenamente cantare in coro, ma ugualmente non c'è stata aggressività o atteggiamenti antipatici». Futuro C'è stato anzi tempo e modo perché Moratti avanzasse proposte per il bene futuro del pallone italiano: «E' un momento di preoccupazione, il calcio non è un angolo fortunato, anzi è un mondo più difficile degli altri, nonostante la crisi economica stia sostenendo gli stessi costi di prima. Se le cose si vogliono fare, si riesce: ho parlato di stadi, numero ridotto di squadre, rose meno ampie, anche per un campionato più interessante». A Inter Channel aveva già avanzato queste idee, con l'augurio «che certe proposte vengano appoggiate anche da Coni, Lega e Federazione». -
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Clamorosa svolta. Dopo la sentenza di Napoli e il fallimento del tavolo della pace, il patron viola passa all’attacco Della Valle denuncia Guido Rossi «Per i comportamenti dell’allora commissario nella gestione del processo di Calciopoli» di ALESSANDRO RIALTI (CorSport 17-12-2011) FIRENZE - Lo aveva promesso: ci tuteleremo in ogni sede competente. Dopo la sentenza di Napoli e dopo la sostanziale rottura del tavolo della conciliazione e dopo il suo comunicato di giovedì sera con la risposta di Guido Rossi, ieri Diego Della Valle ha deciso di adire le vie legali nei confronti dell’allora Commissario Federale e per chi, con lui, gestì la trasmissione degli atti del processo stesso intentato a vari soggetti e società sportive fra i quali i fratelli Della Valle, il loro amministratore delegato e ovviamente la Fiorentina. Processo, quello sportivo, che si concluse per i viola, oltre con i provvedimenti ad personam, con una pesante penalizzazione, prima di diciannove punti poi ridotti a quindici. BOTTA E RISPOSTA - Giovedì sera Diego Della Valle aveva commentato con amarezza il fallimento del tavolo della conciliazione, aveva negato di essere stato l’elemento principale di rottura e aveva chiesto a Guido Rossi di spiegare pubblicamente che cosa era esattamente accaduto nella vicenda di Calciopoli, assumendosi le proprie responsabilità. «E’ lui, - sosteneva Della Valle -, che ha il dovere di ricostruire i fatti e di darne spiegazione pubblica a tutti quelli che vogliono conoscere la verità» . La risposta di Guido Rossi era arrivata dopo pochi minuti: «Adempio volentieri all’invito di Della Valle. . . » Ribattendo poi che «c’erano state sulla vicenda gli accertamenti da parte della giustizia federale, del Coni fino ai pronunciamenti da parte della giustizia penale e amministrativa...» . Il tutto, chiudeva Rossi, poi illustrato già in parlamento e al presidente del Coni, Gianni Petrucci. Una vera partita di ping pong che pare non avere fine. Già nel 2006 i due avevano iniziato a duellare, un fendente dopo l’altro. Rossi soprannominato l’ Argonauta era stato accusato di essersi calato in una vicenda che non conosceva e senza un’esperienza specifica di cose calcistiche, Rossi aveva parlato delle proteste come: raglii. Firenze si era schierata con il patron della Fiorentina e il clima si fece torrido. Poi le sentenze accesero ancora di più gli animi. La penalizzazione, manifestazioni, anche un blocco sui binari della stazione di Campo di Marte. Qualche anno di silenzio fino alla sentenza di Napoli ma anche la determinazione dei Della Valle non voler ottenere una ricostruzione diversa della storia di Calciopoli. Obiettivo non ottenuto. LA DENUNCIA - Infatti ieri sera è tornato a parlare di nuovo Diego Della Valle con poche righe firmate in prima persona, senza chiamare in causa il fratello Andrea o lo stesso club viola: «Ho conferito mandato ai miei legali di agire, nelle sedi competenti, nei confronti dell’allora Commissario Federale Guido Rossi e di altri per la gestione assunta dagli stessi durante il processo sportivo di Calciopoli celebrato nell’estate 2006. Le azioni legali verranno avviate per censurare i comportamenti assunti dagli stessi nella gestione del processo sportivo» . Lo scontro è diretto verso la persona di Guido Rossi ma nel comunicato si fa riferimento anche a. . . di altri . Ma chi sono gli eventuali corresponsabili di quanto sarebbe accaduto in quella vicenda? Pare che Diego Della Valle faccia riferimento a chi in quella fase del processo sportivo non non avrebbe trasmesso tutti gli atti relativi a una corretta lettura della vicenda. -
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Senza pace Il proprietario della Fiorentina contro l'ex commissario straordinario Il rilancio di Della Valle Denunciato Guido Rossi Nel mirino c'è la gestione del processo sportivo di ALESSANDRO BOCCI (CorSera 17-12-2011) FIRENZE — «Ho conferito mandato ai miei legali di agire, nelle sedi competenti, nei confronti dell'allora commissario straordinario della Federcalcio, Guido Rossi e di altri per la gestione assunta dagli stessi durante il processo sportivo di Calciopoli». La firma sul comunicato è quella di Diego Della Valle e apre una nuova fase di Calciopoli. Non è il momento della pace. Due giorni dopo il tavolo con Petrucci, l'azionista della Fiorentina rilancia la sfida. Qualcosa però è cambiato. Adesso l'obiettivo è chiaro. Nel mirino non ci sono né Moratti, né l'Inter, ma il professor Rossi che, al tempo dello scandalo, Diego con ironia aveva soprannominato «l'argonauta». Ora l'ironia è sparita. Si va per tribunali. Muro contro muro. Della Valle ci ha pensato tutto il giorno. Una mossa studiata e meditata, dopo la sua richiesta di uscire allo scoperto e la risposta dura del professore. Nel mirino la gestione del processo sportivo nell'estate 2006 tra un Mondiale da vincere e il calcio che cadeva a pezzi. Ma forse sotto la lente di ingrandimento di Della Valle, che in questo momento agisce per conto proprio, senza coinvolgere né il fratello Andrea, né la Fiorentina, finirà anche l'indagine della magistratura. Soprattutto Attilio Auricchio, ex colonnello dei carabinieri durante l'inchiesta e ora capo gabinetto nell'amministrazione De Magistris a Napoli. Due sono i passaggi sui quali ruota l'azione legale di Della Valle: sapere quali carte i magistrati di Napoli hanno inviato alla Federcalcio e quali la Federcalcio ha messo a disposizione di chi ha condotto l'inchiesta sportiva. Della Valle sospetta che, sotto sotto, ci sia qualcosa di poco chiaro. Omissioni, superficialità, dimenticanze. È un tarlo che gli rode, ma non è sotto la lente di osservazione il lavoro degli organi giudicanti, nemmeno quello del giudice Cesare Ruperto, all'epoca presidente della commissione d'appello federale della Figc, l'uomo che ha dato lettura della sentenza di primo grado. Nella denuncia compare soltanto il nome di Rossi perché, secondo Della Valle, il professore è al centro di tutta la questione. Anche della rabbia dell'imprenditore. Che ha apprezzato lo sforzo di Petrucci di trovare un punto di intesa e ha ricominciato a dialogare con Moratti. Meglio di niente. Calciopoli però resta un mostro cattivo. «Più che Calciopoli fu arbitropoli», dice sconsolato Franco Carraro, ex presidente della Federcalcio (fino all'8 maggio 2006) e adesso commissario della Fisi. Alla «Signora in Giallorosso» Carraro ammette sconsolato un errore di politica sportiva commesso nel 2004: «Volevo sostituire Bergamo e Pairetto con Collina, il quale invece rimandò il passaggio a designatore. Se avessi insistito, avrei evitato lo scandalo, però mi dimostrai pigro». Il resto è storia. Il documento L'impegno del tavolo «Non ci sarà mai più un'altra Calciopoli» «Giovanni Petrucci, Giancarlo Abete, Andrea Agnelli, Aurelio De Laurentiis, Diego Della Valle, Adriano Galliani, Massimo Moratti, Raffaele Pagnozzi e Antonello Valentini» Riaffermato che la missione principale del Comitato Olimpico Nazionale Italiano è quella di presiedere, curare e coordinare l'organizzazione delle attività sportive sul territorio nazionale, intese come elemento essenziale della formazione fisica e morale dell'individuo e parte integrante dell'educazione e della cultura nazionale; Ricordato che la Figc è autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività calcistica in Italia; Tenuto conto del desiderio e della volontà di tutti i presenti di salvaguardare il futuro del calcio, superando i conflitti basati esclusivamente sugli strascichi di Calciopoli e di garantire agli appassionati e alle nuove generazioni di tifosi uno spettacolo fondato sullo sport e sui valori che esso racchiude; Convinti che, il fenomeno chiamato Calciopoli, — contraddistinto da comportamenti, deliberati o solo indotti dal clima di quel periodo e a prescindere dalle sentenze e dalle decisioni fin qui assunte dagli organi competenti — rappresenti nel suo insieme il periodo più oscuro nella storia del calcio italiano, considerato anche che gli stessi organi federali di allora seguirono le logiche condizionate dal momento, adottando in qualche caso provvedimenti che, in circostanze diverse e con analisi più complete ed approfondite, avrebbero potuto avere forme e contenuti differenti; Consapevoli del fatto che, in questo momento di estrema difficoltà dell'intero Paese, far prevalere le ragioni di una serena e durevole convivenza rappresenti una condizione essenziale per preservare il bene primario al di là di ogni rispettabile posizione individuale; Riconosciuto che ognuno ha il diritto di perseguire i suoi interessi tenendo sempre però ben presente l'interesse generale nonché l'insieme e lo spirito delle norme sportive; Concordano sull'esigenza di aprire per il calcio italiano — a ogni livello e con il contributo di tutte le componenti interne — una nuova e decisa fase riformatrice che nel rispetto dei ruoli garantisca un equilibrato sviluppo dell'intero sistema; Lanciano, nello stesso tempo, un appello a tutte le componenti del mondo del calcio di adoperarsi affinché diffondano in ogni circostanza un monito condiviso da tutti: «Mai più un'altra Calciopoli»; SI IMPEGNANO Insieme a tutte le altre componenti sportive e calcistiche, nelle diverse forme organizzative rappresentate, a presentare quale primo risultato di un ritrovato clima di armonia e nel più breve tempo possibile, un documento articolato che, anche sulla base di iniziative già in corso, indichi al Parlamento e al Governo le misure di maggiore urgenza per lo sport professionistico nonché i provvedimenti che nelle norme fondamentali del Coni e in particolare in ambito Figc, possono affrontare e risolvere problemi fin qui evidenziati. A questo fine il Coni incontrerà nel prossimi giorni il Ministro per lo Sport, cui verranno illustrate le proposte della Figc e delle altre Federazioni interessate. Il presidente nerazzurro L'ironia di Moratti «Il tavolo? Comodissimo Sapevo che finiva così» di ALESSANDRO BOCCI (CorSera 17-12-2011) FIRENZE — Ha pranzato con Matteo Renzi e cenato nel ricordo di Giacinto Facchetti. Il venerdì fiorentino di Massimo Moratti scorre via leggero. L'incontro all'enoteca Pinchiorri con il sindaco, il secondo in pochi mesi, alla presenza del vicedirettore generale s. f., lo battezza «cortesissimo e simpaticissimo». La sera, davanti a 130 commensali, perlopiù avvocati e magistrati, inaugura l'Inter club Firenze dedicato al presidente che non c'è più. E nella hall del Four Season, lo stesso albergo scelto da Diego Della Valle per presentare il progetto relativo alla famosa cittadella, Moratti parla a cuore aperto. Del tavolo della pace, di Calciopoli, degli amici diventati nemici, della riforma del calcio, anche del mercato che tiene in ansia i tifosi. Dieci minuti intensi, senza pause. Sereno e divertito. Esordisce con una battuta, tanto per rompere il ghiaccio: «Il tavolo? Era comodissimo». Subito, però, si fa serio, come merita un argomento tanto delicato: «Apprezzo la buona volontà di Petrucci, ma sapevo che sarebbe finita così. Non poteva che finire così. A meno di qualche sorpresa che non c'è stata. Perché in ballo ci sono fatti collegati a cose più importanti di noi, come i tribunali, questioni che vanno al di là dei rapporti personali. Ci siamo resi conto, con maturità, che non possiamo venirne fuori». Ma forse lo sforzo diplomatico del presidente del Coni qualche risultato lo ha prodotto. Basta ascoltare Moratti per rendersene conto: «Con Andrea Agnelli il rapporto non è terribile. Abbiamo tesi opposte, ma è un bravo signore, che rispetto. E ritengo di poter dire che lui rispetta me. E con Diego Della Valle ci siamo spesso punzecchiati, stavolta invece non è successo. Non si può cantare nello stesso coro, ma tra noi non c'è stata aggressività, né episodi antipatici». Chissà se ora che l'azionista di riferimento della Fiorentina ha denunciato Guido Rossi, Moratti tornerà sulle barricate. Ma nella giornata fiorentina ha voluto abbassare i toni e guardare al futuro in vista del fair play finanziario: «Il calcio non è più un angolo fortunato del mondo e non sfugge alla crisi. È bene pensare a come affrontare il domani: servono nuovi stadi e una serie A più snella, tanto per cominciare. Così, come siamo strutturati, è necessario avere 40 giocatori in rosa per affrontare 40 partite, dieci delle quali inutili. Spero che tutte queste cose vengano messe sul piano pratico e affrontate da Coni, Federazione, Lega. Al tavolo ne abbiamo parlato e almeno su questo eravamo tutti d'accordo. Se le cose si vogliono fare, si possono fare», il messaggio di Moratti. Che, sul mercato, non vorrebbe spendere, ma spenderà «perché a volte ci costringe a fare cose che non sembrano logiche in tempi di crisi». Sul campionato non si illude: «Lo scudetto è lontanissimo e non lo dico per scaramanzia. Dipende da noi, ma non solo. Mi sembra che nell'ultimo periodo il rendimento della squadra sia migliorato e adesso andiamo avanti con la speranza di chiudere l'anno nel migliore dei modi. Dai giocatori mi aspetto il massimo: mi sembra che l'Inter abbia un'identità e tutto il necessario per fare bene». -
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LA PACIATA D’ITALIA L’Inter, la Juve, il giallo scudetto e il tentativo di pace tra Moratti e Agnelli. Storia di un grande duello impossibile da eliminare di BEPPE DI CORRADO (Il Foglio 17-12-2011) Via i buonisti dal pallone. Tavolo della pace: ma che cos’è? Inter-Juventus si detestano e continueranno. Giusto, ovvio, scontato. Non ci sono pareggi nel tifo: si vince o si perde e lo stesso vale per l’avversario. Qualcuno ha mai visto un tifoso pregare per uno zero a zero? Il risultato è la metafora perfetta di tutto lo sport: io voglio vincere e voglio che gli altri perdano. Punto. Vale quando giochi, vale quando sei seduto a un tavolo delle trattative, di qualunque tipo sia. Dal calciomercato agli affari per i diritti televisivi. Il tifo non accetta compromessi, ne è l’opposto. Inter e Juventus erano rivali e sono nemiche. Non basta apparecchiare la retorica per ottenere qualcosa. Che poi, nessuno ha mai capito che cosa fosse la pace: dovrebbero stringersi una mano, dovrebbero sorridere, dovrebbero trovare qualche forma di collaborazione? Spiegate, prego. L’illusione di ottenere qualcosa da un incontro che avrebbe dovuto mettere fine a cinque anni di bagarre, di accuse reciproche, di furti subiti in campo e ricambiati poi grazie alla giustizia sportiva, era degna dell’incompetenza. Appuntatevelo il termine, servirà. Inter e Juventus sono distanti come mai: hanno annientato le rivalità con le altre squadre per concentrarsi su questa. Non pensate ai club e alle loro scaramucce. Pensate ai tifosi, dagli ultrà in poi. E’ l’Italia, questa. La questione dello scudetto 2006 è lo sfondo che finora ha trasformato uno degli appuntamenti popolari più sentiti dell’anno, di ogni anno, in una palude giuridico-amministrativa da azzeccagarbugli. Una vergogna che rischia di far sembrare signorile e divertente lo sfottò più triviale delle curve. I gol di Boninsegna, Rossi, Platini, Ronaldo, Ibrahimovic sono stati per troppo tempo una questione da burocrati del pallone. Il campionato del 2006 conteso non più sul terreno, ma in ogni aula di ogni grado di tribunale. Prescritto l’ipotetico reato dell’Inter che avrebbe potuto o dovuto lasciare non assegnato quello scudetto: questo dice la cronaca, quella di quest’estate. Le telefonate di Facchetti che secondo la Juventus coinvolgevano anche l’Inter nel sistema delle pressioni su arbitri e Federazione sono state scoperte tardi. La legge è legge, perfetto. Prescrizione è prescrizione, ottimo. Il problema qui non sono le sentenze o i capisaldi dell’ordinamento giuridico. Tutto a tavolino: ricorsi, contro ricorsi, decisioni, carte, documenti. Il pasticcio vero è che così tutti hanno ragione e tutti torto: l’Inter che si tiene quel trofeo, la Juve che può dire che la prescrizione non è un’assoluzione. Sembra la politica. E’, molto più semplicemente, l’Italia. Gli Agnelli contro i Moratti, i Moratti contro gli Agnelli come Guelfi contro Ghibellini: battute, frecciate, accuse. Buoni contro cattivi, dove non gli uni e gli altri si scambiano i ruoli a seconda del tifo, non della cronaca né tantomeno della storia. Non c’è una verità: c’è una versione per ognuno che diventa verità di parte. Ogni volta che si parla di Juventus-Inter o di Inter-Juventus, da cinque anni viene tirata fuori questa storia: Moggi e il post Moggi, lo scudetto degli onesti o lo scudetto di cartone. Il calcio è un dettaglio: dov’è? Cos’è? Qualcuno si ricorda quant’è finita l’ultima sfida tra queste due squadre? La partita è il pretesto per parlare di questa grande storia molto italiana: una commedia dell’arte che non fa ridere, semmai fa venire un senso di noia da chiacchiera da bar. Tanto non se ne esce e non se ne uscirà: per i tifosi della Juventus gli scudetti saranno sempre 29 e non 27. Moggi o non Moggi, Calciopoli o non Calciopoli, sentenze o non sentenze, sono convinti che i campionati siano stati vinti sul campo. I tifosi dell’Inter, invece, considerano roba loro i trofei vinti a fine estate, con la penalizzazione di Juve e Milan. La gente non cambierà certo idea per una decisione del Consiglio federale. La Figc avrebbe dovuto pensarci prima, invece di chiudere in fretta quella stagione convinta che così si sarebbe risolto tutto. La velocità ha prodotto un mostro giuridico-burocratico che ha distrutto molte più cose di quanto abbia fatto lo scandalo di Calciopoli. Perché alimenta rivendicazioni di chiunque, perché banalizza a dato statistico qualcosa che di statistico ha poco: il pallone non è un conto preciso. Due più due nel pallone può fare tre o cinque, perché i sentimenti e il tifo sono in grado di rendere un risultato diverso da quello considerato reale per convenzione. Il tifoso parla di se, di ma, di pali, di traverse, di rigori dati e fuorigioco fischiati a vanvera: il punteggio per lui tiene conto anche di questo. Allora uno zero a zero si trasforma in un due a zero virtuale che resta nella memoria collettiva e non negli archivi. E’ il brutto e anche il bello del calcio: è tutto quello che le carte bollate che dal 2006 viaggiano tra Milano, Torino e Roma non comprendono. Così come è ora, Juventus-Inter non durerà mai più 90 minuti. Per ridarle umanità da calcio, ci vuole un arbitro che commetta un errore. Uno grave, uno da veleno. Perché è più bello il sospetto di una burocratica e inutile certezza. Pensare di mettersi lì a decidere che tutto questo deve finire è da presuntuosi e da ché la chiave di una parte di questa storia è in quella parola. Pronunciata e scritta quest’estate, quando si attendeva l’esito del ricorso presentato dalla Juventus per la cancellazione dello scudetto 2006 assegnato d’ufficio all’Inter. Ecco: la Figc decise di non decidere. E disse: la federazione è incompetente in materia. Eccola qui, l’idiozia del secolo. Per un motivo: se così è, allora non avrebbe dovuto neanche assegnare la vittoria del campionato. Qui non si tratta di dare ragione all’Inter o alla Juventus. Qui hanno torto entrambe e ragione entrambe. Il problema adesso è di altri: loro vivono tranquillamente la loro rivalità. Patisce chi ha pensato di poter aggiustare i cocci di una situazione irrimediabile. Patisce chi non ha avuto il coraggio di fare una scelta. Sarebbe stato meglio scontentare qualcuno. Meglio della buffonata combinata a luglio scorso, quando il calcio si è coperto di ridicolo, quando il calcio ha pensato di nascondersi dietro la più sottile delle scuse: “Lo scudetto del 2006 non può essere revocato in quanto non c’è mai stato un atto amministrativo che lo assegnasse all’Inter”. Ha detto così la Figc, ieri. Proprio così. La più folle delle frasi e la più insensata delle “sentenze” rende il calcio meno serio che mai, meno credibile di sempre. Perché se quelle parole hanno un significato è questo: quello scudetto nessuno lo ha assegnato. E se è così, allora non c’è. E se non c’è, toglietelo all’Inter, ma non per l’Inter, ma per la coscienziosità di un movimento che non perde occasione per calpestare la sua dignità. Perché qui bisogna essere semplici: la Figc non può lasciare nel vago la gente, né sottintendere il cavillo da azzeccagarbugli che ingrippa il meccanismo. Il gioco è questo, d’altronde: tecnicamente l’Inter ha vinto quel campionato perché le due squadre che l’hanno preceduta sono state penalizzate. Quindi non c’è qualcuno che ha detto: “Lo scudetto è suo”. C’è che la classifica è stata rivoluzionata ed è finita con l’Inter in testa. Revocarlo, quindi, dicono i Ponzio Pilato della Federazione, non si può, perché non c’è un atto formale che lo ha consegnato ai Nerazzurri. Roba da non credere: pensano che la gente, interisti compresi, viva sulla Luna. Pensavano di poter chiudere così una questione che non si chiuderà mai. Non si può, non è giusto: la Federazione ha creato questo caos e la Federazione avrebbe dovuto risolverlo. Non c’entra essere interisti, juventini, milanisti o di qualunque altra squadra. Qui c’è da essere onesti: lo scudetto non doveva essere assegnato, come accaduto già in passato. La classifica di quel campionato non era corretta? Allora non esisteva il torneo. L’Inter sarebbe andata in Champions comunque. Decidere a tavolino che lo scudetto scivolava alla terza in classifica per sentenza della giustizia sportiva è stata una forzatura che ha un nome e un cognome, è stata una scelta di politica pallonara precisa: dare il senso della pulizia dello sport dopo “l’inquinamento” di Calciopoli. Bene, se forzatura è stata fatta allora, forzatura avrebbe potuto essere fatta adesso. Invece no. Invece adesso si inventano clamorose arrampicate sugli specchi delle norme e dei commi. Il miglior modo per essere dei politici pallonari senza credibilità è non sapersi assumere le responsabilità: per quanto impopolari, le scelte vanno fatte e le decisioni vanno prese. O sì o no, punto. Giusto o sbagliato. Semplice: lavarsi le mani, scaricare la responsabilità, cercare un appiglio per scansarsi può soltanto dare alla gente la conferma che “mondo è stato, mondo è e mondo sarà”. Cioè che esiste un Palazzo distante dalla strada e dagli stadi che gestisce come un burattinaio il nostro destino, compreso quando decide di non prendere una decisione. E’ come dire che Calciopoli c’è ancora: una Spectre che al di sopra di tutti fa e disfa, sceglie o non sceglie. Fregandosene di tutto e di tutti, e pensando evidentemente che il potere non comprenda delle fregature come quella di prendere la decisione al momento giusto. Giusta o sbagliata che sia, non importa. Si decide. Altrimenti si certifica di essere inutili. Se ne sono accorti, alla fine. E si sono inventati il tavolo della pace. Bella idea. Hanno coinvolto il Coni, per dare un po’ di autorevolezza in più alla parata. Hanno chiamato anche chi non c’entrava nulla: perché De Laurentiis, per esempio? Poi si sono stupiti: “Le distanze tra Inter e Juventus sono troppo ampie”. Hanno scoperto quello che la gente sa da sempre e comunque dal 2006. Quello che hanno scritto tutti I giornali per anni e anche – continuamente – negli ultimi giorni. Per tutti vale qualche concetto di Mario Sconcerti: “Calciopoli, nella sua vastità, toglieva a tutti per prendere lei sola, è chiaramente una favola che il danneggiato sia stato solo l’Inter. Non potrebbe essere. Negli undici anni di Moggi e Giraudo alla Juve, l’Inter è arrivata solo tre volte seconda, cioè a distanza di lotta. Le altre è stata persa per strada. Una volta è arrivata ottava, una settima, una sesta, una quinta, due volte quarta, cioè molto lontano. In totale, in undici campionati, non è mai arrivata davanti alla Juve. Sono stati 132 i punti complessivi di distacco. La Juve certamente brigava, probabilmente truffava sportivamente, ma la distanza tecnica era comunque evidente. Ma se la Juve, come dicono i processi, ha commesso frode sportiva attraverso un illecito strutturale, sono stati molti i campionati indecifrabili e molti i coinvolti che non hanno potuto mettere bocca. Se agisco su una partita, i danneggiati collaterali sono molti più di uno. Alcuni per la frode si salvano, altri retrocedono, altri perdono qualificazioni, almeno l’Inter ha avuto uno scudetto. Perché allora chiamare solo pochissime società, le più importanti? Si cerca la realtà o un’operazione d’immagine? Petrucci sta facendo qualcosa di profondamente audace, ai limiti del legale. Ha il dovere di dire perché lo fa. E’ un esperimento? Un errore? Un tentativo ingenuo di fare propaganda? Io credo che il capo dello sport italiano avrebbe fatto meglio a chiedere prima al calcio come abbia potuto definirsi incompetente sulla rilettura di una sentenza emessa dal calcio stesso. Come può accadere? Era il pubblico ministero del governo del calcio che aveva avanzato proposte e conclusioni. E su richiesta della federcalcio. Come si può farlo lavorare fino ai limiti della prescrizione e poi dichiararsi incompetenti? E’ questo che causa la guerra attuale”. Poi c’è il resto. Questa guerra piace alla gente. Sì, è così. I tifosi l’accettano e la riaccendono. Perché detestare l’altro fa parte del pacchetto del pallone. Holly e Benji erano il massimo del politicamente corretto, però c’era una frase che si rincorreva spesso: “Il calcio non è uno sport per signorine”. Un po’ sessista, però spiega perfettamente. Il fair play appartiene ad altri emisferi sportivi. Nel calcio il contatto fisico diretto e spesso tosto prevede una dose di rivalità che altre discipline non hanno. Dentro c’è anche l’aspetto parasportivo: siccome c’è un arbitro che sovente sbaglia, è scontato che l’irrazionalità del tifo porti a pensare che l’avversario l’abbia corrotto, comprato, pilotato. Tutto banale e tutto splendido. Senza il sospetto non ci sarebbe il tifo da malati e senza tifo da malati gli stadi sarebbero dei teatri con prezzi a volte più popolari. Juventus-Inter oggi è meglio di prima. Ribaltate il tavolo della pace, giocate a carte scoperte: la rivalità trasferita sui banchi della giustizia ha aggiunto sapore ulteriore al godimento da sballo che offre quella sportiva. Quando Gianni Brera lo definì il derby d’Italia, non era ancora successo quasi nulla. Nel 1967 voleva descrivere una rivalità acerrima, come quella tra due squadre della stessa città. Ma non aveva visto Calciopoli, gli scudetti revocati, il fallo di Iuliano su Ronaldo, quello degli interisti su Buffon, i cori contro Balotelli e tutto il resto, compreso l’ultimo capitolo delle carte bollate e dei ricorsi contro l’assegnazione dello scudetto di cinque anni fa. La cronologia però c’è. Ci sono le origini dell’odio, c’è lo sviluppo, ci sono gli aneddoti, c’è il sapore. C’è quello che un professore di storia popolare riassumerebbe così: “Capo e coda della lunga vicenda hanno una cosa in comune: la Juve che vince 5 scudetti fra il 1931 e il 1935, i Nerazzurri che fanno lo stesso tra il 2006 e il 2010 (con il primo titolo a tavolino). In mezzo c’è Meazza mito dell’Inter che a fine carriera passa in bianconero, e il 9-1 del ’61 con 6 gol di Sivori (record): l’unico gol nerazzurro fu di Sandro Mazzola, talento della Primavera schierata da Angelo Moratti per protesta contro la Federcalcio di Umberto Agnelli e la sua revoca di uno 0-2 a tavolino per i Nerazzurri. Poi tutti gli anni Sessanta, la Grande Inter di Moratti padre e di Herrera, che incarna il potere con il manager Allodi, moderno in tutti i sensi. Arrivano i Settanta, domina la Juventus, i Nerazzurri vincono uno scudetto ogni dieci anni, più o meno. Ci sono due 4- 0 a San Siro per la Beneamata, nel ‘79, stagione del tricolore, e nell’85, ma i successi juventini non si contano. Il presidente dell’Inter Pellegrini, imprenditore dei cibi precotti, viene irriso come ‘il cuoco degli Agnelli’ perché rifornisce anche il nemico. Lo zenit della rivalità si raggiunge però negli anni ’90. Nel ‘98 l’Inter di Ronaldo rimonta 8 punti alla Juve nel girone di ritorno, nonostante una serie di decisioni arbitrali molto discusse a favore dei bianconeri. Nel big match di Torino Ceccarini non dà un rigore clamoroso agli ospiti per fallo di Iuliano sul Fenomeno, la Juventus vince 1-0 e si va a prendere l’ennesimo titolo. Niente sarà più uguale”. Da allora è guerra, strisciante o dichiarata. Calciopoli è la Gettysburg del pallone. Inter-Juventus oggi vale più di ogni altra, più di Milan- Inter, più di Juventus-Milan, più di Roma- Lazio. E’ una specie di questione identitaria, una sfida infinita che puoi portare ovunque: nelle città, nell’economia, nella finanza, nella società, nella musica, nel cinema. Hanno cercato di violentarla per illudersi che il pallone potrebbe essere più buono. Ma perché, poi? A chi piace così? A chi serve così? Pensavano che l’Inter dicesse: “Sì è vero, quello scudetto non è nostro, lo abbandoniamo”? Matti, sono matti. L’Inter se lo tiene. Pensavano che la Juve dicesse: “Ritiriamo la richiesta di risarcimento multimilionaria che abbiamo inoltrato alla magistratura amministrativa”? Non ci pensa proprio. Il tavolo della pace lo tengano per qualcos’altro: Juventus-Inter è una battaglia. Adesso è tornata anche una partita di pallone. -
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La sceneggiata del tavolo della pace spia del malessere del nostro calcio di GIUSEPPE CERETTI (Il Sole24ORE.com 16-12-2011) Un deludente anche se del tutto prevedibile nulla di fatto. È finito nel peggiore dei modi il tanto invocato tavolo della pace organizzato per porre fine al clima avvelenato di Calciopoli. Per volontà del presidente del Coni Petrucci si sono trovati in nove: sei cosiddetti pacieri e tre contendenti, Agnelli, Moratti e Della Valle. Un dialogo tra sordi: "Che giorno è? "Io faccio le 12: non è ora d'andarsene?". Persone ragionevoli avrebbero chiuso la querelle da tempo. Le registrazioni non entrate nel processo chiamano in causa lo scomparso Giacinto Facchetti. Si tratta tuttavia di dialoghi inopportuni con il designatore arbitrale, ma che nulla hanno da spartire con il sistema di corruttela messo in atto da Moggi e soci. Quanto ai due principali contendenti, il giovane rampollo della casata Agnelli dovrebbe finirla con la stucchevole tiritera dei 29 scudetti, seguito da Massimo Moratti che dovrebbe per primo lasciar perdere lo scudetto 2006, in omaggio al principio che, al di là delle sentenze, qualsiasi risarcimento è meglio vada sancito entro il terreno di gioco. Pura fantascienza. Non accadrà mai perché quando c'è di mezzo il calcio ogni elemento di razionalità viene bandito e scagliato in una sorta di calderone alimentato dalle braci del tifo e nel quale bollono senza sosta vecchi rancori. Perciò il calcio si trasforma in faida. Vane sono dunque state le sollecitazioni, alla vigilia del confronto, a un atto di responsabilità. C'è chi sostiene che tale atto sia impossibile perché il calcio italiano è per definizione e a qualsiasi livello scontro, fazione contro fazione, tifoseria contro tifoseria e la guerra di tutti contro tutti è nel codice genetico di questo sport. Il male procurato al pallone non è tuttavia nel mancato accordo tra l'accolita di potenti che s'è ritrovata di mala voglia a Roma. Sono piuttosto le risposte mai date ai tanti problemi irrisolti per i quali al contrario non si aprono tavoli di qualsivoglia figura geometrica e in alcun luogo. Quali? La legge sugli stadi, ferma da due anni in Parlamento che impedisce di generare fatturato e benefici indotti, come dimostra l'unica e significativa eccezione della Juventus; i criteri di ripartizione dei proventi tv; le norme che disciplinano i trasferimenti dei calciatori; i campionati con troppe squadre, dalla A alle Leghe e troppe società con i bilanci in disordine. Una complessa situazione alla vigilia dell'applicazione delle regole finanziarie che ci metteranno alla prova in Europa. C'è di più. Sarebbe giusto che i signori del pallone s'occupassero di questioni che riguardano la convivenza civile, che non è solo affare di polizia di Stato e di repressione e che fossero i primi a condannare e reprimere il razzismo imperante nelle curve italiane, che si riverbera con bagliori sinistri nelle nostre città, dall'eccidio di Firenze all'assalto al campo rom di Torino. Non si contano poi le accorate lettere a direttori di quotidiani che denunciano un clima violento e intollerante in molti stadi nei quali non è rispettato il basilare diritto di sedersi al posto prenotato e pagato in nome di una banale legge dello spettacolo. Il rispetto sembra dovuto in compenso solo a regole assurde quanto spietate, come dimostrano i casi di punizioni inflitte in tragiche circostanze, in nome del totem chiamato regolamento. Invece questi signori si prestano all'oscena sceneggiata senza nulla offrire e tornano in fretta a casa con i propri immutati, vecchi rancori. Tutti si ritengono vittime di soprusi e sono in perenne attesa di risarcimenti, non solo per via degli imbrogli di Calciopoli. C'è il famigerato sgambetto in area che costò lo scudetto, il fallo di mano, il gol non gol: sono le figure retoriche ripetute sino alla noia di un calcio incapace di cancellare i suoi fantasmi e che vive in un progressivo e inarrestabile degrado su spalti sovente infrequentabili per chi ama davvero questo sport. N.B. Il fascino è nella coda di questo turno di campionato con gli incontri di domenica sera tra Lazio e Udinese e tra Napoli e Roma. Match clou nella capitale dove arriva la capolista friulana, fresca della promozione ai sedicesimi dell'Europa League. Un'eventuale vittoria di una delle due sarebbe l'ulteriore smentita a chi pensa che la lotta per lo scudetto resti comunque un affare tra Milan e Juve. Napoli e Roma puntano al rilancio dei loro progetti. I partenopei, esaltanti in Champions, cercano l'appoggio del San Paolo per non farsi staccare dal gruppo di testa sempre più lontano. I giallorossi sono alla caccia di punti e soprattutto di conferme sulla linea giovane del loro progetto e sulla bontà del condottiero spagnolo. Buon campionato a tutti. -
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Q.E.D. Il secondo nome del secondogenito di Andrea sarà mica un inno alla famiglia Agnelli? Vediamo un po'... -
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Sono un ultrà a mia insaputa. -- Ghost Dog Scajola -
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Gli ultrà invadono i forum del calcio Minacciano pestaggi e il “furto dello striscione” avversario Sono frutto di un tifo sempre meno organizzato, sul modello degli hoolingan (sic!) inglesi di NICOLA BOCCOLA (Il Fatto Quotidiano - Saturno 16-12-2011) QUESTI SITI generalisti sono più popolari dei siti ufficiali dei club arrivando al 1. 200. 000 visitatori mensili e ai 75 mila iscritti di ƔecchiaŞignora; il business è quello della pubblicità, affidata a Google Adsense che veicola imprese locali o scommesse sportive. Per le squadre maggiori, come nel caso di Milan e Napoli, si assiste alla proliferazione di siti non ufficiali, mentre i siti non ufficiali singolarmente dedicati a squadre minori, come Solobari. it, sono in numero più ridotto e registrano molti più utenti. Sui siti non ufficiali la conversazione è molto più libera e c’è chi riferisce di avvistamenti di calciatori, con relative fantasiose ipotesi sullo stile di vita, ci sono le soffiate sulle notti brave di Ronaldinho a Milano seguite con feroce passione, mentre l’ex nazionale italiano Langella ha dovuto sopportare a lungo l’etichetta di etilista dopo che una sua memorabile caduta per le scale, sotto i fumi dell’alcool, fu raccontata in un forum. In fase di calciomercato c’è anche chi giura di aver visto quel calciatore avversario visitare un appartamento o firmare un contratto di affitto nella propria città, anticipando in qualche caso i giornalisti sportivi, per cui i forum sono una preziosa risorsa. Gli avatar degli utenti spesso raffigurano nudità femminili e sodomizzazioni di umanoidi con i colori sociali delle squadre rivali. Nei forum, specie quelli di squadre di provincia, ci si esprime volentieri nel dialetto locale, capace di cementare i sentimenti campanilistici di appartenenza ed evitare di essere letti e capiti dai rivali (in particolare quando si parla della scarse qualità di un giocatore sgradito in odore di cessione). Le società hanno approcci molto diversi con i siti non ufficiali a loro dedicati, leggendoli però sempre con attenzione per tastare il polso della tifoseria; tra le più friendly l’Inter, che partecipa alle iniziative premiando i giocatori più votati nei forum, e la Juventus. Stesso discorso per i calciatori, che in qualche caso non esitano a iscriversi ai forum sotto falso nome per riferire le proprie versioni sulle liti da spogliatoio. Le sezioni più toste, dedicate al tifo organizzato, sono spesso accessibili solo dagli utenti registrati: si dibatte di simpatie e rivalità con i diversi gruppi ultrà, si narra la loro storia e quella dei relativi incontri / scontri. Le contrapposizioni nord-sud o regionali sono a monte, ma anche episodi specifici di slealtà secondo la “mentalità ultrà”, che ad esempio osteggia gli scontri molti contro uno. Non mancano gli apprezzamenti per le tifoserie minori: sono valutate la capacità di portare molti supporter in trasferta rispetto al blasone della squadra, mostrarsi compatti in curva (specie nelle “sciarpate”) e cantare anche in caso di sconfitta. È in queste sezioni che i moderatori devono operare il maggior sforzo di censura rispetto ai commenti troppo forti degli utenti (« Gli facciamo l’agguato », « Li prendiamo a mazzate », « Al ritorno gli rubiamo lo striscione », impresa molto ambita, e così va): i forum sono controllatissimi dalla Digos, che negli anni passati si basava su quanto scritto per prendere misure straordinarie di ordine pubblico. È raro (ma possibile) che la polizia utilizzi i video pubblicati nei forum o su Youtube per indagini sulle violenze perché preferisce utilizzare quelli delle telecamere interne dello stadio o quelle della televisione per la tempistica rapida nenecessaria a far scattare la fattispecie penale della « flagranza differita ». I siti dedicati agli ultrà sono invece strutturati come blog e più politicizzati, rivolgendosi ai membri di ogni fazione in nome delle battaglie comuni, come quelle contro la tessera del tifoso e la polizia; LaPadovaBene. is (is, ovvero il domino dell’Islanda dove curiosamente si trova il loro server), uno dei più attivi, mostra in homepage news sugli scontri tra ultrà e polizia in Spagna e Bulgaria, prima ancora delle notizie sulla propria squadra. Lo conferma Lorenzo Contucci, avvocato penalista di riferimento per gli ultrà e webmaster dal ‘ 99 di uno dei primi siti a loro dedicati, AsRomaUltras. org. « Gli eventi tragici legati alle morti di Filippo Raciti, l’ispettore di Polizia ucciso negli scontri tra ultrà del Palermo e del Catania nel febbraio 2007, e Gabriele Sandri, l’ultrà della Lazio ucciso nel novembre dello stesso anno – afferma Contucci – hanno acuito la frattura tra ultrà e forze dell’ordine, e sono stati l’occasione per realizzare illiberali sperimentazioni legislative, come la tessera del tifoso o l’arresto in flagranza differita. Così gli ultrà stanno cominciando a disertare gli stadi smembrando i loro tradizionali gruppi ». Si va verso il modello inglese degli hooligan, che a differenza degli ultrà italiani sono cani sciolti, senza alcuna struttura alle spalle e dunque meno controllabili. Secondo Contucci, i violenti che disertano gli stadi cominciano a unirsi in bande di quartiere fuori dal controllo dei gruppi di tifosi organizzati: « Anche il proliferare dei forum e dei social network sta favorendo l’individualismo e le azioni inattese, da non sottovalutare ». Il potere eversivo di questi fenomeni è noto e può assumere aspetti più o meno pericolosi: dal famigerato nazionalismo ai moti egiziani anti-Mubarak, partiti proprio dagli ultrà delle due squadre di calcio del Cairo, lo Zamalek e l’Al-Ahly ». Contucci chiude: « Non mi piace il calcio piegato agli interessi televisivi, come uno show mediatico americano. Mi piace cantare sugli spalti: il mio più grande orgoglio è quello di aver riscoperto un canto romanista degli anni ’ 30, la Canzone di Testaccio: l’ho digitalizzato e caricato sul sito, e da allora è diventato un coro della Curva Sud ». -
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Lamentismo, le origini del tifo interista di ANTONIO CASTALDO dal blog "GIORNALISTI NEL PALLONE" 16-12-2011 Le origini del tifo interista si fanno risalire al 673 a. C. Lo testimonierebbe un frammento attribuito al lirico della Magna Grecia Archiloco di Nocera Inferiore, rinvenuto di recente dal filologo portoghese José Mortinho in uno scantinato di via Turati. La breve strofa, che farebbe parte di un più vasto poema composto da 3. 675 quartine, richiama uno dei caratteri distintivi della fede interista. Innanzitutto il lamentismo, che come già indicava Lotario Momsen, è il pattern distintivo dei nipotini di Rummenigge. Ma anche l’inguaribile e ingiustificato slancio ottimistico, che si riaccende ad ogni minimo segnale di vitalità. Di seguito i versi giambici scampati alle avversità della storia. O tu fanciullo dai modi tristi e con la sciarpa nerazzurra, non ti esaltare in modo aperto, né vinto, devi gemere prostrato nella tua casa Gioisci delle rare conquiste e delle batoste in gran copia incassate affliggiti, ma senza eccedere e soprattutto senza abbuffare l’altrui guallera -
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Calciopoli Le ferite restano, il patron viola invita l’ex commissario a uscire allo scoperto Della Valle dopo il tavolo «Ora Rossi dica tutto» La replica: parlano le sentenze sportive e penali di FABIO MONTI (CorSera16-12-2011) MILANO — Il giorno dopo il tavolo della pace mancata, l’azionista di riferimento della Fiorentina, Diego Della Valle, ha voluto ringraziare il presidente del Coni, Gianni Petrucci, per aver cercato di superare i contrasti legati a Calciopoli e ha chiamato direttamente in causa Guido Rossi, già commissario della Figc da metà maggio a metà settembre 2006, dopo le dimissioni di Franco Carraro. A Roma, mercoledì, per una riunione durata quattro ore e 36 minuti, si erano ritrovati insieme con Petrucci e il segretario Pagnozzi (Coni), Abete, presidente della Figc e il d. g. Valentini più Agnelli (Juve), De Laurentiis (Napoli), Della Valle (Fiorentina), Galliani (Milan) e Moratti (Inter). Questo il comunicato firmato da Della Valle: «In merito all’incontro avuto mercoledì nella sede del Coni, voglio ringraziare il presidente Petrucci per l’invito e per il tentativo di pacificazione che, anche se non ha raggiunto l’obbiettivo desiderato, ha comunque aperto un percorso. Come ho detto personalmente a lui e alle persone presenti, la condivisa volontà di tutti nel voler pacificare gli animi deve prima passare attraverso una analisi chiara e onesta di quanto a suo tempo accaduto. Serve che i protagonisti di allora facciano pubblicamente chiarezza. Per quanto mi riguarda è Guido Rossi primo tra tutti che deve pubblicamente spiegare che cosa è realmente accaduto allora, assumendosi le proprie responsabilità. È lui che ha il dovere di ricostruire i fatti e darne spiegazione pubblica a tutti quelli che vogliono conoscere la verità». La riposta di Guido Rossi non si è fatta attendere. Un’ora dopo ha detto attraverso l’Ansa: «Adempio volentieri all’invito di Della Valle. Calciopoli è in ambito sportivo quanto accertato dalla giustizia federale e da quella del Coni; in ambito penale quanto deciso dalla magistratura penale; in ambito amministrativo quanto pronunciato dalla giustizia amministrativa. Il rispetto nelle istituzioni e nel loro corretto operare mi esime da ulteriori commenti. La mia personale esperienza è comunque stata in ogni caso dettagliatamente illustrata in Parlamento e al presidente del Coni, Gianni Petrucci». La posizione di Della Valle era già emersa durante e dopo il vertice di mercoledì, quando l’azionista della Fiorentina aveva spiegato: «Sto ancora aspettando di capire perché la mia famiglia e lamia società sono stati coinvolti in una storia in cui siamo vittime e non colpevoli». In questo senso, si era discusso della possibilità di inserire nel documento, che si stava cercando di elaborare, un riferimento alla frettolosità della giustizia sportiva. Una soluzione che aveva trovato l’opposizione da parte dei vertici dello sport italiano, per convinzione istituzionale e perché avrebbe aperto la strada a rivendicazioni di ogni tipo, soprattutto da parte di chi a quel tavolo non era seduto. Abete, invece, aveva sottolineato in privato (nella riunione al Coni) e in pubblico (dopo il vertice), che le decisioni prese durante Calciopoli erano avvenute nella prima fase del regime commissariale e non con un Consiglio federale insediato, visto che lui era stato eletto soltanto il 2 aprile 2007. Le parole di ieri sera del prof. Rossi non sorprendono, perché il 7 dicembre a Milano, aveva detto: «Sono stufo di queste cose. Quello che è successo nell’estate 2006 ormai è storia». ___ DOPO IL VERTICE AL CONI Il numero uno della Fiorentina torna sul tavolo della pace per chiarire il suo punto di vista. E scaturisce un botta e risposta Scontro Della Valle-Guido Rossi Il patron viola: «Su Calciopoli è lui che deve chiarire». L’ex commissario: «Parlano le sentenze» di ALESSANDRO RIALTI (CorSport 16-12-2011) FIRENZE - La sua battaglia comunque non è certo finita, tumulata su quel tavolo traballante; la continuerà ancora, laddove possibile, Diego Della Valle. Ieri era amareggiato per aver visto da alcune parti interpretazioni secondo le quali quel tavolo della conciliazione sarebbe saltato proprio per la sua posizione dura, intransigente. Una lettura che lo ha irritato e così ieri sera ha fatto diramare dalla Fiorentina questo comunicato: «In merito all’incontro avuto ieri nella sede del Coni voglio ringraziare il Presidente Petrucci per l'invito e per il tentativo di pacificazione che anche se non ha raggiunto l'obbiettivo desiderato ha comunque aperto un percorso. Come ho detto personalmente a lui e alle persone presenti ieri la condivisa volontà di tutti nel voler pacificare gli animi deve prima passare attraverso una analisi chiara e onesta di quanto a suo tempo accaduto. Serve che i protagonisti di allora facciano pubblicamente chiarezza. Per quanto mi riguarda è Guido Rossi primo tra tutti che deve pubblicamente spiegare che cosa è realmente accaduto allora assumendosi le proprie responsabilità. E' lui che ha il dovere di ricostruire i fatti e darne spiegazione pubblica a tutti quelli che vogliono conoscere la verità» . La risposta dell'ex commissario della Figc è arrivata in tarda serata all'Ansa. «Adempio volentieri all'invito di Della Valle. Calciopoli è in ambito sportivo quanto accertato dalla giustizia federale e da quella del Coni; in ambito penale quanto deciso dalla magistratura penale; in ambito amministrativo quanto pronunciato dalla giustizia amministrativa. Il rispetto nelle istituzioni e nel loro corretto operare mi esime da ulteriori commenti. La mia personale esperienza è comunque stata in ogni caso dettagliatamente illustrata in Parlamento e al presidente del Coni, Gianni Petrucci» . L’ARGONAUTA - Lo scontro con Rossi è oramai datato dal 2006, nei momenti di massima battaglia quando si arrivò alle penalizzazioni per Calciopoli ed è stato senza esclusione di colpi, Della Valle lo indicò senza farne il nome e indicandolo come... l’Argonauta : «Rossi parla, disse l’allora presidente onorario del club viola, come uno che vive tra la Nazionale e Dio. . . » . E Rossi subito dopo replicò: «Sto in alto per non sentire il raglio degli asini» . E ancora Della Valle: «Il calcio va riscritto da chi conosce il pallone non da un avvocato di 75 anni, travolto da una passione senile per un mondo che di colpo gli ha dato un’immensa popolarità» . VERITA’ ALLA GENTE - Ma per Della Valle quella che reputa un’indispensabile chiarificazione non deve restare nel salotto buono del calcio, non deve essere una sorta di abbraccio generale fra ex contendenti, bensì una elemento di verità per la gente, per i tifosi, per tutti i tifosi che da quella vicenda sono usciti con ferite che ancora oggi non sono state suturate. Da qui la richiesta a Guido Rossi di fare pubblica chiarezza , per storicizzare quella vicenda, solo così davvero tutto potrà essere tumulato. Il calcio, continua a insistere da tempo mister Tod’s, ha bisogno di una rifondazione, ma deve ripartire su basi di verità. Ci vogliono fondamenta solide, basi forti che non possono coesistere ancora i tarli di una mancata verità. ___ Tavolo, prove di riapertura E Della Valle attacca Rossi «E' lui che deve spiegare». L'ex commissario: «Parlano le sentenze» Petrucci loda Agnelli: «Una bella persona». Si lavora per ricucire di MAURIZIO GALDI & VALERIO PICCIONI (GaSport 16-12-2011) Petrucci elogia Agnelli. Della Valle ringrazia Petrucci e attacca Guido Rossi. Guido Rossi ribatte dicendo che parlano le sentenze. Sintesi della giornata che balla fra i segnali di riapertura del tavolo della pace non trovata mercoledì e il botta e risposta fra il proprietario della Fiorentina e l'ex commissario federale su calciopoli: perché le telefonate degli «altri», Inter in primis, non furono tirate fuori? Guido Rossi, ci spieghi Fino al tardo pomeriggio, sono i toni soft di Petrucci a prendersi la copertina. Poi Diego Della Valle diffonde un comunicato. Ringrazia il numero del Coni «per l'invito e per il tentativo di pacificazione». E spiega il suo atteggiamento fra i nove: «Come ho detto personalmente a lui e alle persone presenti la condivisa volontà di tutti nel voler pacificare gli animi deve prima passare attraverso una analisi chiara e onesta di quanto a suo tempo accaduto. Serve che i protagonisti di allora facciano pubblicamente chiarezza». I protagonisti, ma soprattutto uno: «Per quanto mi riguarda è Guido Rossi primo tra tutti che deve pubblicamente spiegare che cosa è realmente accaduto. E' lui che ha il dovere di ricostruire i fatti e darne spiegazione pubblica a tutti quelli che vogliono conoscere la verità». «Parlano le sentenze» Guido Rossi risponde a stretto giro di agenzia l'Ansa. Già a luglio aveva inviato un fax in federcalcio per dire «noi di quelle telefonate non sapevamo niente». Poi il procuratore capo di Napoli Giandomenico Lepore aveva detto: «Demmo tutto a Rossi e a Borrelli». Chiarendo comunque che «le telefonate dell'Inter non erano penalmente rilevanti». Rossi sceglie una reazione didascalicamente «istituzionale»: «Adempio volentieri all'invito di Della Valle. Calciopoli è in ambito sportivo quanto accertato dalla giustizia federale e da quella del Coni; in ambito penale quanto deciso dalla magistratura penale; in ambito amministrativo quanto pronunciato dalla giustizia amministrativa. Il rispetto nelle istituzioni e nel loro corretto operare mi esime da ulteriori commenti. La mia personale esperienza è comunque stata in ogni caso dettagliatamente illustrata in Parlamento e al presidente del Coni, Gianni Petrucci». «Agnelli bella persona» Già, Petrucci. Che è ripartito da Torino, dov'era impegnato con Carraro e Pagnozzi in un incontro con il sindaco Fassino per la candidatura del capoluogo piemontese a capitale europea dello sport. Petrucci non s'è alzato dal tavolo. Inondando di lodi Andrea Agnelli. «In questi ultimi giorni ha sempre agito nell'interesse certamente della Juve ma anche dello sport italiano. Lo sto conoscendo bene in questi giorni, è veramente una bella persona e lui alla Juventus farà bene, perché oltre che un grande amore ha una grande sensibilità umana». La sensazione è che lo stato d'animo del presidente del Coni sia cambiato in queste ore: non tutto è perduto, ipotesi irrobustita da qualche telefonata con i diversi protagonisti. Insomma, la fumata nera di mercoledì, ieri s'è ingrigita. Ma per arrivare al bianco dovranno esserci diversi altri segnali. E forse qualche altro botta e risposta. ___ Il falco Della Valle contro Guido Rossi "Spieghi cosa è successo su Calciopoli". La replica. "Parlano le sentenze" di FULVIO BIANCHI (la Repubblica 16-12-2011) Il giorno dopo il fallimento del tavolo della pace, ecco che i veleni di Calciopoli tornano prepotentemente a galla. Diego Della Valle, patron della Fiorentina, sicuramente fra i protagonisti più vivaci mercoledì al Coni, attacca l´ex commissario Figc, Guido Rossi. «Deve spiegare cosa è realmente accaduto, assumendosi le proprie responsabilità». Pronta la replica del Professore, seccatissimo, che ricorda le sentenze già emesse: «Adempio volentieri all´invito di Della Valle. Calciopoli è in ambito sportivo quanto accertato dalla giustizia federale e dal Coni; in ambito penale quanto deciso dalla magistratura penale; in ambito amministrativo quanto pronunciato dalla giustizia amministrativa. Il rispetto nelle istituzioni e nel loro corretto operare, mi esimono da ulteriori commenti. La mia personale esperienza è comunque stata in ogni caso dettagliatamente illustrata in parlamento e al presidente del Coni, Gianni Petrucci». Il processo sportivo ha sancito la responsabilità di Andrea e Diego Della Valle (condannati a 1 anno e un mese di sospensione l´uno e 8 mesi l´altro) e della Fiorentina (che nel 2007 perse la Champions League e partì da -15 in campionato); mentre quello penale ha visto la condanna di entrambi i Della Valle a un anno e tre mesi di carcere. E proprio Diego Della Valle, al tavolo Coni, era stato in prima fila per respingere il documento scaturito dal lungo vertice perché si aspettava una presa di posizione netta contro l´intero percorso di Calciopoli e soprattutto contro quelle che lui considera «condanne-farsa» del 2006, con il coinvolgimento del suo club. Più conciliante invece la posizione di Andrea Agnelli e Massimo Moratti nel sottoscrivere il testo "soft" studiato a lungo e preparato da Petrucci e Pagnozzi, tanto che ieri, a Torino, il n.1 del Coni ha avuto parole di forte elogio nei confronti del presidente bianconero. Ma Della Valle è stato intransigente, così come ribadito ieri: «Ringrazio Petrucci, ma la condivisa volontà di tutti nel voler pacificare gli animi deve prima passare attraverso una analisi chiara e onesta di quanto a suo tempo accaduto. Serve che i protagonisti di allora facciano pubblicamente chiarezza. Per quanto mi riguarda è Guido Rossi primo tra tutti che deve pubblicamente spiegare che cosa è realmente accaduto allora assumendosi le proprie responsabilità. È lui che ha il dovere di ricostruire i fatti e darne spiegazione pubblica a tutti quelli che vogliono conoscere la verità». Registrata la replica di Rossi, non resta che darsi appuntamento alla prossima puntata del tormentone Calciopoli. Che è prevista per febbraio, quando il tribunale di Napoli depositerà le motivazioni della sua decisione. Nell´attesa, un altro rinvio a giudizio per Moggi: «Diffamò Facchetti». ___ IL COMUNICATO DEL PATRON VIOLA Della Valle: «Guido Rossi dica la verità» L’ex commissario replica: «Parlano le sentenze». E’ fermo al 2006 di ALVARO MORETTI (Tuttosport 16-12-2011) ROMA. Il nome che non c’è nel documento pensato al Tavolo Politico è quello del personaggio chiave: Guido Rossi, il commissario Figc dei giorni di Calciopoli, è sempre stato assai parco di spiegazioni sul fatto che nel 2006 nulla si sapesse e pensasse delle responsabilità di altri club, a partire dall’Inter della quale è stato consigliere d’amministrazione. Diego Della Valle con un comunicato durissimo lo invita e costringe ad uscire allo scoperto: altro che lettera di malleva consegnata ad Abete per avvalorare la scelta di incompetenza sullo scudetto dato all’amica Inter. «ROSSI, PARLA» Della Valle va al cuore delle liti: «In merito all’incontro avuto ieri nella sede del Coni voglio ringraziare il Presidente Petrucci per l’invito e per il tentativo di pacificazione che anche se non ha raggiunto l’obbiettivo desiderato ha comunque aperto un percorso - scrive Della Valle -. Come ho detto personalmente a lui e alle persone presenti ieri la condivisa volontà di tutti nel voler pacificare gli animi deve prima passare attraverso una analisi chiara e onesta di quanto a suo tempo accaduto. Serve che i protagonisti di allora facciano pubblicamente chiarezza. Per quanto mi riguarda è Guido Rossi primo tra tutti che deve pubblicamente spiegare che cosa è realmente accaduto allora assumendosi le proprie responsabilità. E’ lui che ha il dovere di ricostruire i fatti e darne spiegazione pubblica a tutti quelli che vogliono conoscere la verità». LUI PARLA E NON DICE Guido Rossi risponde attraverso l’ Ansa, glissando sugli atti mancati e su quanto emerso nel 2010, proprio quello che oggi viene messo in discussione. Risponde oggi come fosse il 2006, al solito il professore. «Adempio volentieri all’invito di Della Valle. Calciopoli è in ambito sportivo quanto accertato dalla giustizia federale e da quella del Coni; in ambito penale quanto deciso dalla magistratura penale; in ambito amministrativo quanto pronunciato dalla giustizia amministrativa. Il rispetto nelle istituzioni e nel loro corretto operare mi esime da ulteriori commenti. La mia personale esperienza - conclude Guido Rossi - è comunque stata in ogni caso dettagliatamente illustrata in Parlamento e al presidente del Coni, Gianni Petrucci». Ma Rossi aveva detto, 10 giorni fa: «Non sapevo niente delle telefonate dell’Inter (e i suoi inquirenti chiedevano? Ndr). Le telefonate dell’Inter ? Non le conosco. Io sono stufo di questa cosa e quelli che dicono queste s********e vanno fatti tacere (come? Ndr). In ogni caso non sarebbe cambiato nulla, da quello che so io». Bastava chiedere ad Auricchio o anche ai pm del teste Coppola, interrogato il 20 maggio 2006. PETRUCCI-ROSSI Un capitolo a parte, però, su questo lo merita Petrucci: con mille spinte politiche, individuò Rossi come commissario a maggio 2006; ma è sempre Petrucci che si impose - con la forza - perché recedesse il 19 settembre 2006 dall’idea di fare il commissario Figc e insieme il presidente della Telecom, in pieno affaire Tavaroli (arrestato il 20 settembre 2006). Alla luce dei fatti emersi, decisione tra le più sagge di sempre, quella del 19 settembre. Riflessa nel documento del 14 dicembre. Che nelle parti anti-Rossi non piaceva a Moratti, ovviamente. -
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Per le frasi dette in tv Facchetti jr querela Moggi Chiesto il rinvio a giudizio art.non firmato (CorSera 16-12-2011) MILANO— Il giudice del Tribunale di Milano Paola Di Lorenzo ha fissato per il 7 febbraio 2012 l’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio depositata dal pm Elio Ramondini, dopo la querela presentata da Gianfelice Facchetti contro Luciano Moggi, accusato di aver diffamato il padre, Giacinto, ex presidente dell’Inter, durante la trasmissione di Sportitalia «Notti magiche». L’episodio si riferisce alla puntata del 23 ottobre 2010. Luciano Moggi, affermando di rivolgersi a Zanetti, aveva detto: «... Quello che emerge dal processo di Napoli e quello che emergerà ancora, cioè le telefonate del tuo ex presidente che riguardano le griglie e la richiesta a un arbitro di vincere la partita di Coppa Italia con il Cagliari, e l’arbitro era Bertini. Ci sono le telefonate intercettate sue, le telefonate di Moratti e la telefonata di imbarazzo di Bertini, i pedinamenti e le intercettazioni illegali, i passaporti falsi e quindi stai zitto, Zanetti: è meglio per te ed è meglio per l’Inter». Gianfelice Facchetti aveva deciso di querelare e ora è venuto il momento del primo confronto in tribunale. ___ DIFFAMAZIONE Facchetti junior contro Moggi in tribunale art.non firmato (GaSport 16-12-2011) Il giudice del Tribunale di Milano Paola Di Lorenzo ha fissato per il 7 febbraio 2012 l'udienza preliminare relativa alla richiesta di rinvio a giudizio depositata dal pubblico ministero Elio Ramondini dopo la querela presentata da Gianfelice Facchetti contro Luciano Moggi, accusato di aver diffamato lo scomparso Giacinto, presidente dell'Inter, nel corso di una trasmissione televisiva andata in onda sui canali di Sportitalia. L'episodio che ha determinato il risentimento di Facchetti jr è accaduto nella puntata del 23 ottobre del 2010 di «Notti magiche». Luciano Moggi, affermando di rivolgersi a Zanetti, aveva detto tra l'altro: «.. . Quello che emerge dal processo di Napoli e quello che emergerà ancora, cioè le telefonate del tuo ex presidente che riguardano le griglie e la richiesta a un arbitro di vincere la partita di Coppa Italia con il Cagliari, e l'arbitro era Bertini. Ci sono le telefonate intercettate sue, le telefonate di Moratti e la telefonata di imbarazzo di Bertini, i pedinamenti e le intercettazioni illegali, i passaporti falsi e quindi stai zitto Zanetti è meglio per te ed è meglio per l'Inter». Gianfelice ritenendosi offeso, sporse querela a tutela della onorabilità del padre e al termine dell'iter processuale siamo giunti al primo confronto in tribunale. ___ L’ALTRO FRONTE Moggi davanti ai pm per offese a Facchetti di STEFANO PASQUINO (Tuttosport 16-12-2011) MILANO. Nuovo capitolo della battaglia legale tra la famiglia Facchetti e Luciano Moggi. L’ex dg della Juventus è stato invitato a comparire dal pm per aver offeso la reputazione dell’ex presidente dell’Inter (con annessa recidiva) nella trasmissione tv “Notti Magiche” del 23 ottobre 2010. Il provvedimento è scattato per una frase pronunciata da Moggi rivolta a Javier Zanetti, capitano dell’Inter: «... Quello che emerge dal proceso di Napoli e quello che emergerà ancora. Le telefonate del tuo ex presidente che riguardano le griglie e la richiesta a un arbitro di vincere la partita di coppa Italia col Cagliari e l’arbitro era Bertini. Ci sono le telefonate intercettate sue (ovvero di Facchetti, ndr), le telefonate di Moratti e la telefonata di imbarazzo di Bertini, i pedinamenti e le intercettazioni illegali, i passaporti falsi e quindi stia zitto Zanetti. È meglio per te e per l’Inter. . . ». L’udienza preliminare in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio depositata dal pm si terrà il 7 febbraio negli uffici del palazzo di Giustizia di Milano. -
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CALCIOPOLI CLAMOROSO RETROSCENA «I provvedimenti potevano avere contenuti diversi» Il testo finale condiviso da Agnelli e Moratti smentiva chiaramente le sentenze del 2006 Il delicato lavoro del Coni ha portato le parti a un passo dalla pacificazione. Una missione che proseguirà. Petrucci: «Agnelli è una bella persona, lavora per il bene della Juve e di tutto il calcio italiano» di ALVARO MORETTI (Tuttosport 16-12-2011) ROMA. «...Convinti che il fenomeno chiamato Calciopoli - contraddistinto da comportamenti deliberati o solo indotti da clima di quel periodo e a prescindere dalle sentenze e dalle decisioni sin qui assunte dagli organi competenti - rappresenta nel suo insieme il periodo più oscuro nella storia del calcio italiano considerato che gli stessi organi federali di allora seguirono le logiche condizionate dal momento, adottando in qualche caso provvedimenti che in circostanze diverse e con analisi più complete e approfondite, avrebbero potuto avere forme e contenuti differenti». 484 caratteri (il cuore del comunicato), virgolette escluse, che avrebbero fatto la rivoluzione, non la revisione di Calciopoli: è il testo finale del comunicato congiunto che Gianni Petrucci voleva e poteva far firmare alle parti al tavolo politico (perché la pace ci può essere solo se c’è giustizia). Aveva ragione, Diego Della Valle primogenitore dell’idea del tavolo: la parola “frettoloso” accanto al riferimento ai processi sportivi del 2006 manca, eppure proprio quel termine e il sostantivo da cui deriva l’aggettivo, «fretta» è stato il leit motiv della convention di 300 minuti al Coni. Un leit motiv condiviso, anche implicitamente da tutti gli astanti. La parola «frettoloso» non l’avrebbe firmata mai, Moratti, perché le parallele senza convergenza possibile sono sembrate quelle del patron interista e del suo ex consigliere d’amministrazione in nerazzurro e amico, Diego Della Valle. Che è imbelvito da questa estate per la scoperta di telefonate sparite fino alla prescrizione, di baffi spuntati e tagliati prima del loro inserimento in quelle informative che hanno inchiodato anche la sua Fiorentina. E lasciato a goderne Inter, Roma e Messina. Va fatta un’esegesi, però, di quelle 7 righe dattiloscritte che Tuttosport è in grado di fornirvi nella versione definitiva eppure abortita al Tavolo. Va anche radicata, ogni singola frase, nella storia, riletta alla luce di quanto successo prima, durante e dopo il periodo maggio-luglio 2006. Ricordando sempre la figura centrale nella vicenda di Guido Rossi . «NEL SUO INSIEME» Dopo l’intro che certifica il fatto che di Calciopoli si tratti, e che intende diversificare il tipo delle responsabilità e dei comportamenti («deliberati o solo indotti») e delle sentenze rese (con relative decisioni, anche quella dello scudetto 2006), la prima svolta semantica partorita dal Coni di fronte alla federazione protagonista e interessata (al tavolo c’erano Abete e il dg Valentini ). Quel periodo «nel suo insieme» rappresenta la pagina più oscura nella storia del calcio italiano: nel suo insieme ricomprende - oltre ai fatti sanzionati: perché la Juve ha scontato! - il modo in cui si indagò, in cui si esclusero indizi di prova per un processo purificatore del calcio tutto, si selezionò. Rileggetevi interrogatori (cfr. Bergamo all’Ufficio indagini, 8 giugno 2006: «Parlavo con tutti» e fa i nomi), interviste come quelle di Tavaroli , Cipriani e Nucini (maggio-giugno 2006: indagine in corso), passi delle stesse informative (Bergamo parla con la Fazi di incontri con Moratti, Spinelli e con Pairetto dei rapporti con Governato emissario di Corioni ). «LOGICHE DEL MOMENTO» Altro passaggio che deve far mangiare le mani a qualcuno - rileggendo oggi il ricorso al Tar della Juve dell’agosto 2006 (i riferimenti del professor Vinti ad altre telefonate non disponibili per difendersi era chiarissimo) - è quello in cui si scrive che gli «stessi organi federali», ovvero il professor Guido Rossi e la macchina messa su in fretta con le nomine al volo di giudici o investigatori utilizzati quasi solo per Calciopoli, «seguirono le logiche condizionate dal momento». E come non ricordare, allora, che nel 2006 Mario Serio , professore di diritto e membro della Corte federale, scrisse le condanne del 2006 e le giustificò dicendo: «Abbiamo cercato di interpretare un sentimento collettivo, abbiamo ascoltato la gente comune e provato a metterci sulla stessa lunghezza d’onda». Erano parole del 2006 quando Moratti, allora, diceva del commissario Rossi «è interista e ha fatto parte della nostra società. Meglio, essere interista è garanzia di onesta, non certo motivo di imbarazzo». Le logiche del momento sono quelle che facevano sembrare giusto tutto questo, perché non si era indagato e approfondito e si dava per scontato che il punto 20 del parere dei tre saggi impalmasse l’Inter, quando invece la esponeva alla contro-indagine condotta da Tuttosport fin dal 2007. E che la Juve oggi venga vista in ben altra luce lo attestano proprio le parole di Petrucci nei confronti del suo presidente: «Andrea Agnelli ha sempre agito nell’interesse, certamente della Juve, ma anche dello sport italiano. Lo sto conoscendo bene in questi giorni, è una bella persona». «CONTENUTI DIFFERENTI» Alla faccia di chi critica Palazzi per aver indagato nel 2010 - con tempi lunghi e diversi, con garantismo sulle fonti diverso dal 2006 - sui fatti ascritti all’Inter, ma anche a Cagliari, Livorno, Udinese, Chievo, Palermo, Brescia, Empoli ecco il passaggio finale del documento che rivede implicitamente Calciopoli, che la “attualizza” stando alla definizione dell’Alta Corte presso il Coni. «In qualche caso» - si scrive - sono stati adottati «provvedimenti (sentenze, effetti anche sul mercato oltre che sulla classifica, ndr) che in circostanze diverse e con analisi più complete e approfondite» cioè con tutte le telefonate, le società e i tesserati a disposizione nel processo sportivo «avrebbero potuto avere forme e contenuti differenti». Quello che teorizziamo dalla scoperta delle telefonate interiste: se l’esclusività del rapporto coi designatori era il presupposto “associativo” e dunque il motivo della enorme sanzione a carico della Juve, le telefonate sulle griglie e gli interventi sugli arbitri di altri impuniti fanno cadere il presupposto. E le mancanze (negate) della Federazione di Guido Rossi, al quale s’è aggrappato Abete il 18 luglio ultimo scorso, sono al centro di questo documento, che non sarà stato firmato, che sarà criptico, ma che esiste, è vivo e lotta insieme a noi. -
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Mi pare che... Dopo il flop del tavolo della pace organizzerò il tavolo della verità di LUCIANO MOGGI (Libero 16-12-2011) Ci sembra abbastanza evidente, e ce ne dispiace, che Petrucci abbia fallito in questo “tavolo della pace”: chiare appaiono le speranze mal risposte e anche gli errori fatti. Il sì al tavolo da parte di Agnelli e Moratti doveva essere preso per tale o poco più, non certo come remissione di posizioni precostituite. Il resto è stato tutto molto confuso: l’elenco dei partecipanti, chi doveva esserci ma non c’era, chi non si sapeva perché ci fosse, allo stesso tempo le rassicurazioni che chi doveva sapere sapeva, con l’idea, fattasi largo tra molti, che il capo del Coni avesse forse un asso nella manica. E ragionando proprio sui dubbi, qualcuno si era convinto che non si sarebbe affatto parlato dello scudetto 2006, poi l’indiscrezione clamorosa (e fallace): Agnelli, a seguito di pressioni ricevute all’interno del club, avrebbe fatto un passo indietro rispetto alle posizioni radicali di partenza. Ciò che ne è venuto fuori sgombra il campo da queste supposizioni, esalta il temperamento di Agnelli, rimuove le inquietudini del popolo bianconero, dimostra che Petrucci ha portato avanti il tentativo senza avere nessuna carta valida in mano. Il che significa che il presidente del Coni non ha pesato adeguatamente gli strascichi di Calciopoli, che nessun tavolo potrà rimuovere senza che sia fatta vera giustizia e senza che sia revocato lo scudetto 2006 all’ Inter. Tutto inizia nel 2006 Ricordiamo i termini della questione: nel 2006 tra processi farsa, intercettazioni sparite o dirette in un’unica direzione, il commissario della Figc Guido Rossi interpreta a suo uso il parere di “saggi” da lui nominati e trasferisce all’Inter lo scudetto di quell’anno, senza preoccuparsi del conflitto d’interessi che nasceva dalla carica di componente del Cda che aveva ricoperto all’interno del club nerazzurro; giustificando quel regalo con presunti valori etici che l’Inter avrebbe avuto, e c’era già invece una condanna per il club e un suo dirigente per falsificazione dei documenti di Recoba. Sono passati degli anni ed è occorso un improbo lavoro prima che la verità venisse alla luce, mettendo allo scoperto, con le intercettazioni ritrovate, i comportamenti tenuti dalla dirigenza dell’Inter, da Facchetti e Moratti, punibili per illecito sportivo, mai addebitato alla Juve, per la quale dovette essere inventato addirittura un illecito strutturale. La configurazione di questi illeciti è stata fatta dal Procuratore Palazzi al termine di un’inchiesta sulle nuove fonti di prova ma non si è potuto procedere ai rinvii a giudizio per prescrizione. Intanto in quei giorni il presidente della Figc Abete aveva detto che «l’etica non va in prescrizione», suggerendo a Moratti di rinunciarvi, ricavandone quasi sberleffi. La Juve allora si muove, chiede che lo scudetto 2006 venga revocato, e a quel punto si scopre che tutti sono incompetenti. Ora è il caso di parlare chiaro: se l’etica non va in prescrizione e lo scudetto 2006 è nella bacheca dell’Inter solo per prescrizione, è evidente che non può rimanerci per cui Abete, invece di inventarsi nuovi gradi di giudizio, avrebbe dovuto assumere un semplice provvedimento conseguenziale. Non succede invece niente, Petrucci non fa un passo e Moratti con tono sarcastico ci mette del suo, quello scudetto non lo restituirà mai. Chi ci sta? In conclusione Petrucci fallisce un po’ per sopravvalutazione del suo ruolo, sicuramente per colpe non sue ma di Abete e di Moratti, il primo colpevole di non aver adottato una semplice revoca avallando anzi un modo di procedere del tutto abnorme da parte della Figc, il secondo perché avendo capito il gioco, non ha voluto restituire uno scudetto che non gli appartiene, né sul campo, nè fuori, perché dovunque la collochiamo, l’etica non abita in casa nerazzurra. Abete definisce la Figc «un organo super partes» e poi sproloquia di «coscienza a posto», e di «buona fede e trasparenza». Se la trasparenza è il sotterfugio usato per adottare e poi nascondere la radiazione già comminata e poi cancellata a Preziosi, Abete dovrà misurarsi proprio con quella coscienza che ritiene a posto. Non è un palazzo di vetro la Federcalcio, va avanti per decisioni di cui forse si vergogna, tanto che le nasconde. Visto e sentito quanto successo con il “tavolo della Pace”, noi ne proponiamo un altro, “Quello della Verità” al quale far sedere i Sig. Guido Rossi, Franco Baldini, Giancarlo Abete, Auricchio e Narducci da una parte, il sig. Moggi Luciano dall’altra assieme alle tante intercettazioni che sono state rinvenute nonostante... Attendiamo conferma delle adesioni per fissare data e ora. -
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IL CASO / ROCCHI GIACCHETTA GRIGIA Assolto, ancora indagato, contestato È giusto che continui ad arbitrare? di GIANCARLO PADOVAN (Il Fatto Quotidiano 16-12-2011) L’arbitro che cammina sui pezzi di vetro lasciati da Calciopoli, miracolosamente illeso e inspiegabilmente protetto, si chiama Gianluca Rocchi ed è di Firenze. Domenica, a Bologna, non ha visto almeno tre rigori (ma il più clamoroso, il fallo di mano di Seedorf, era contro il Milan) e ne ha concesso uno, quantomeno dubbio, ai rossoneri (ma nel dubbio la maggioranza degli arbitri sa con chi stare e cosa fare). Tanto da far dire a Massimiliano Allegri, allenatore milanista, che Ibrahimovic si era buttato. Negli spogliatoi, affranto, Rocchi si è spiegato con il tecnico del Bologna, Stefano Pioli: “Se ho sbagliato, chiedo scusa”, facendo scattare una mezza causa di beatificazione mediatica. L'arbitro che chiede scusa, un evento che ha ridotto e sbiadito al giurassico l'ammissione di Lo Bello negli studi della Domenica Sportiva: “Il giocatore è stato più furbo di me”. Lo Bello fu civettuolo, Rocchi era divorato dal senso di colpa. MERCOLEDÌ, su questo giornale, ho scritto che “chiedere scusa non basta” e che Rocchi è un “ tipico caso di sdoppiamento di personalità”. Chi lo vede arbitrare all'estero (è internazionale) sa che è un buon elemento. In Italia non funziona più. E non funziona perché non è più credibile. Gli errori (gravi anche quelli in Inter-Napoli con un rigore assegnato al Napoli nonostante il fallo fosse vistosamente fuori dall'area di rigore) non ne sono la causa, ma l'effetto. E il nodo non è solo sospendere Rocchi per quello che sbaglia in campo, ma casomai domandarsi quello che qualcuno dovrebbe spiegare: perché in campo ci vada ancora. Infatti l'arbitro di Inter-Napoli e di Bologna-Milan tecnicamente è ancora un imputato. Assolto in primo grado, al processo di Napoli, dal reato di frode in competizioni sportive, ma in attesa del giudizio d'appello. La prima udienza c'è stata il 16 novembre, la prossima sarà il 21 marzo 2012, la sentenza è prevista il 18 aprile. Nonostante questo, Rocchi non è mai stato sospeso, neppure quando Calciopoli infuriava e i suoi colleghi venivano opportunamente fermati, in via cautelativa, dall'Aia, l'associazione italiana arbitri, il cui presidente è Marcello Nicchi, eletto il 6 marzo 2009. Un altro toscano, aretino per la precisione. Ma, forse, questo è un caso. Rocchi finisce dentro l'inchiesta di Calciopoli per Chievo-Lazio del 20 febbraio 2005. La Lazio vince 1-0 e a segnare il gol decisivo è un altro Rocchi, Tommaso. Niente di strano, è solo un'omonimia. Nel finale ci sono tre espulsioni: Brighi del Chievo per insulti all'arbitro, Baronio e Couto per due falli definiti poco più che veniali. A inguaiare il Rocchi arbitro è un'intercettazione nella quale Lotito parla con Innocenzo Mazzini, allora vicepresidente della Federcalcio. Prima della partita, a un presidente angustiato per la classifica della sua squadra, Mazzini assicura: “Non ti preoccupare, ti mando un arbitro toscano come me”. Il sorteggio (?) conferma l'anticipazione di Mazzini. “Millantavo ” dirà al processo l'ex vicepresidente. Resta il mistero, ma nemmeno troppo, dell'azzeccata (?) estrazione. Prosciolto dalla giustizia sportiva, Rocchi viene incriminato dai pm Narducci e Beatrice che ne chiedono il rinvio a giudizio per frode sportiva, in concorso con l'allora presidente della Federcalcio, Franco Carraro (prosciolto dal Giudice dell'udienza preliminare), con Mazzini, Bergamo, Pairetto e Lotito. Rocchi chiede di essere giudicato con il rito abbreviato di fronte al Gip di Napoli, Edoardo De Gregorio. Nella sentenza di due anni fa, era il 14 dicembre 2009, l'arbitro viene assolto ai sensi dell'articolo 530, secondo comma, del codice di procedura penale: “Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputa bile”. In pratica una formula che richiama la precedente insufficienza di prove. Perché Rocchi è ancora imputato? Perché la sentenza che lo assolve è stata impugnata dalla Procura di Napoli. E, in vista dell'appello, un aspetto certamente non secondario, è il trattamento che, nel frattempo, è stato riservato dalla Corte con la sentenza dell'8 novembre: Bergamo, Pairetto, Mazzini e Lotito, i coimputati di Rocchi, sono stati tutti condannati. In particolare Lotito che, guarda caso, rispondeva di frode sportiva solo in relazione a Chievo-Lazio, la partita di Rocchi. Si è visto affibbiare una pena di un anno e due mesi (oltre a 25 mila euro di multa) che lo ha fatto decadere da tutte le cariche: quella di presidente della Lazio, di consigliere di Lega e di consigliere federale, in base alle norme interne della Figc, peraltro contestate dallo stesso Lotito e da altri presidenti di club. ROCCHI, dunque, non solo non fu sospeso all'epoca della deflagrazione dello scandalo (e, in quel caso, Nicchi non c'entra), ma nemmeno dopo (e questa volta Nicchi c'entra). Davvero al presidente dell'Aia e al designatore, Braschi, sembra opportuno contare su un arbitro che domenica ha diretto il Milan, cioè una società coinvolta nel processo sportivo di Calciopoli? Decenza, più che etica e opportunità, esigerebbe il contrario. -
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Il no del Tas di Losanna al Sion che interessa anche la Juventus di GIOVANNI CAPUANO dal blog "Calcinfaccia" 15-12-2011 Avviso alla Juventus e alla sua volontà di rilanciare sulla strada dei ricorsi al di fuori della giustizia sportiva: l'ordinamento calcistico continua a essere impermeabile e nemmeno la guerra legale dichiarata dal Sion sembra destinato a scalfirlo. La notizia che il Tas di Losanna ha respinto il ricorso del club svizzero chiudendogli definitivamente le porte dell'Europa League suona, infatti, come avvertimento. Michel Platini ha fin qui vinto il braccio di ferro con il presidente Constantin che ora andrà avanti rivolgendosi al tribunale federale ma che, intanto, incassa una sconfitta pesante e quasi certamente si troverà al bivio tra la permanenza nei sentieri della giustizia ordinaria e l'uscita dagli stessi a rischio di penalizzazioni. La vicenda è nota da tempo. L'Uefa aveva escluso il Sion dall'Europa League per aver schierato nel preliminare del 25 agosto contro il Celtic Glasgow sei giocatori non eleggibili perché acquistati mentre al club era vietato operare sul mercato a causa di una 'squalifica' Fifa risalente all'aprile 2009. Gli svizzeri e i sei calciatori si erano rivolti al tribunale cantonale di Vaud per affermare il principio del diritto all'attività lavorativa e il tribunale aveva ordinato all'Uefa di riammettere il club alla competizione nel frattempo iniziata con il Celtic al posto del Sion. Da qui la decisione di Platini di non ottemperare all'ordine e il via libera di Constantin al Tas di Losanna con l'annuncio preventivo che, in caso di sconfitta, sarebbe comunque andato avanti. Il comunicato con cui il Sion ha confermato l'intenzione di procedere al di fuori della giustizia sportiva suona come un attacco definitivo all'ordinamento calcistico: "Il Tas non presenta garanzie di indipendenza e viola molteplici norme di diritto nazionale e internazionale" con riferimento all'articolo 6 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo. La posta in gioco, dunque, è altissima. Se vince il Sion scrive la parola fine al concetto di giustizia sportiva così come inteso e interpretato negli ultimi cinquant'anni. Se vince l'Uefa le porte a ogni genere di valutazione extracalcistica si chiudono per sempre. Cosa c'entra la Juventus? C'entra, eccome. Il ricorso al Tar del Lazio è legittimo perché verte sul risarcimento danni e lo stesso accadrà con il certo passaggio davanti al Consiglio di Stato. Ma se Agnelli dovesse decidere di chiedere conto alla magistratura ordinaria anche dei verdetti del processo del 2006 il discorso cambierebbe e siccome ha più volte spiegato di voler andare fino in fondo prima o poi si troverà davanti al bivio che ha appena superato Constantin. Come si muoverà? E' certo che anche l'Uefa guardasse con attenzione e speranza al tavolo della pace di Petrucci poi fallito. Un accordo avrebbe fatto comodo anche dalle parti di Nyon. Non è arrivato. -
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Caso Sion, TAS dà ragione alla UEFA Il Tribunale arbitrale di Losanna ha reso nota la propria decisione in merito alla controversia tra la UEFA e il Sion, in forza della quale il club elvetico non sarà reintegrato nella UEFA Europa League 2011/12. di UEFA News Giovedì, 15 dicembre 2011, 17.00CET Il Tribunale arbitrale per lo Sport (TAS) ha pubblicato oggi alle ore 15. 00 una nota in cui comunica la propria decisione in merito alla controversia UEFA vs FC Sion, che segue la lunga udienza del 24 novembre 2011. Nella sentenza, il TAS afferma: "La richiesta [presentata dalla UEFA] di confermare l'esclusione dalla UEFA Europa League 2011/12 dell'OLA [Olympique des Alpes SA] è ammessa e confermata”. Inoltre, la sentenza aggiunge che "le misure provvisorie adottate dal Tribunale Cantonale Vallese (Cour Civile) il 5 ottobre 2011 vanno annullate” e che “l'OLA è tenuto a versare 40. 000 franchi svizzeri (quarantamila) nelle casse della UEFA a titolo di risarcimento per le spese legali sostenute nel corso del presente arbitrato”. Con questa decisione il TAS conferma che la UEFA ha applicato legittimamente il regolamento FIFA e che gli organi disciplinari UEFA hanno decretato legittimamente perse a tavolino le partite dell'FC Sion in UEFA Europa League. Inoltre, il TAS ha revocato ogni altra misura provvisoria decisa dal Tribunale Cantonale Vallese il 5 ottobre 2011. Queste misure erano state adottate sul merito nell'attesa della decisione. Mentre la UEFA aveva preparato vari scenari per l'eventuale reintegrazione, la decisione del TAS sta a significare che l'FC Sion non verrà reinserito nella UEFA Europa League 2011/12. Il rispetto delle regole, le stesse per tutti i club che partecipano alle competizioni europee, è di primaria importanza per la giustizia nel calcio. Questo rispetto delle regole deve essere applicato su tutti i livelli: giocatori, club, campionati e in tutte le competizioni, per difendere quelli che sono i valori del calcio. Qui l'intera decisione dell’arbitrato e il comunicato stampa del TAS -
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FANGO E NEVE Il narco-calcio da Padovano a Bergamini La parabola della punta juventina, condannato a 8 anni e 8 mesi per spaccio, si intreccia con la morte sospetta del giocatore del Cosenza di MALCOM PAGANI & ANDREA SCANZI (Il Fatto Quotidiano 15-12-2011) Nel fango del dio pallone si prega di fare silenzio. Coprendo i rumori di fondo che disturbano il quadro. Tagliando i fili con i portatori sani. “Mi trattano da lebbroso” dice oggi Michele Padovano e sembra un bambino. Ora che gli anni sono 45, le maglie impolverano in un cassetto e i ricordi (Juve, Napoli, Nazionale) sono una condanna quasi peggiore degli 8 anni e 8 mesi di solitudine per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. L’infanzia, l’amicizia con un trafficante, i panetti di hascisc, le fumate a casa dell’erede Grande Stevens, la maledizione del padre di un suo ex compagno, Mark Iuliano, solo l’ultima luce di una galleria di altarini spenti sotto la “neve” da Maradona a Pagotto, da Bachini a Flachi. Iuliano senior sostiene che Padovano fosse il diavolo. “Un cancro da estirpare” che passava la droga al figlio e riforniva mezza Juventus. Ha rotto con Mark, che lo smentisce chiamandolo “il signor Alfredo” e senza sorprendere nega le ricostruzioni pubblicate su Facebook. Alfredo Iuliano tira in ballo anche Vialli. L’ex campione che correva sull’erba e la consumava sporadicamente “fin dai tempi del Chelsea”. Il “Luc Besson” intercettato nel 2004 mentre intima a Padovano “abbondante, eh”. LO STESSO che in un cortocircuito virtuale minimizza su Twitter e più che il “Luc Besson” delle telefonate preferisce recitare da comparsa vanziniana: “Con Padovano, ma già si sapeva, solo qualche canna da ragazzi. Sbalordito dalla sentenza e dalle parole di Iuliano padre. Abbasso la droga viva la gnocca!!”. Su Padovano si dicono tante cose. Basta fare due passi a Reggio Emilia, dove ha giocato ed è stato dirigente, per sentire nere storie sul suo conto. Forse vere, magari false. Padovano, ora, giura di essere “un ingenuo”, lamenta l’emarginazione e rigetta l’allusione più violenta di Alfredo Iuliano. Quella su Donato “Denis” Bergamini, il “calciatore suicidato”, del libro meritorio (e censurato) di Carlo Petrini, l’ex calciatore che più che dribblare la verità l’ha inseguita. Non si può capire la parabola di Padovano senza affrontare il mistero Bergamini. Morì sabato 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico (Cosenza). Il suo cadavere venne rinvenuto all’altezza del km 401 della statale Ionica ai bordi di una piazzola fangosa da dove si vede il mare. Travolto da un camion per decine di metri, mentre pioveva, a dar retta alla versione ufficiale. Portato in zona solo in seguito secondo la ragionevolezza e le limpide ruote della sua Maserati trovata a pochi metri. Aveva 27 anni ed era compagno di squadra, stanza d’albergo e appartamento di Padovano al Cosenza. Padovano vide Bergamini ricevere la telefonata che forse ne accelerò la fine. Nella stanza non c’era nessun altro. Ha sempre raccontato di averlo visto sconvolto dopo quel colloquio, senza però aggiungere altro. Limitandosi ad affermare che non ha mai creduto al suicidio e alle troppe versioni fornite dall’ex fidanzata di Denis (altra figura chiave), ancora viva, in zona e sposata con un poliziotto. Si è detto che quando Bergamini abbandonò di nascosto il Cinema Garden di Rende, l’allenatore Gigi Simoni e i compagni per andare incontro alla morte, Padovano fosse il solo a intuire dove era diretto. O forse no. Venne ucciso. Da chi? Non si sa. Il caso Bergamini è un domino infinito, “Chi l’ha visto?” gli ha dedicato una puntata anche ieri sera (erano presenti i familiari e Gallerani, il legale dei Bergamini) confutando gli orari del decesso. Denis fu vittima di un delitto d’onore? OPPURE venne assassinato perché aveva scoperto di essere coinvolto in un traffico di stupefacenti e ne voleva uscire? La trasmissione che ha già dedicato molte puntate (incasellando querele) alla vicenda ha mostrato le incongruenze sull’orario della morte, la posizione della Maserati e gli “errori” grossolani del brigadiere Barbuscio (il primo ad occuparsene). Nei giorni scorsi, grazie al lavoro da pistard di Francesco Mollo del Quotidiano della Calabria si è scoperto che il camionista considerato in principio responsabile dell’uccisione involontaria di Bergamini, Raffaele Pisano, due volte assolto per omicidio colposo, non era morto come si supponeva. È vivo, ha 73 anni e un figlio, Bruno, pesantemente coinvolto nella più recente e importante operazione antimafia della locale Dda e il suo legale – Domenico Malvaso – fa sapere che non c’è nulla da aggiungere: “La famiglia non vuole più tornare sul tema e desidera dimenticare perché la ferita è troppo dolorosa”. Malvaso è subentrato da poco. Non ha conosciuto il padre di Donato, Domizio Bergamini. La sua ostinazione. Non ha seguito il caso dall’inizio. Non vede collegamenti con Padovano che in onore di Bergamini chiamò Denis il figlio, pianse ai funerali calabresi (10. 000 persone) e indossò la numero 8 del Cosenza (quella di Bergamini) dedicandogli il gol, il giorno dopo la morte violenta di Denis, contro il Messina. Malvaso era altrove. Difende padre e figlio con atona professionalità: “Il mio cliente non si è mai finto morto. Fu un errore della stampa e suo figlio, pur coinvolto in storie non edificanti, all’epoca della tragedia Bergamini aveva solo sei anni”. Se insisti o adombri mafiosità ereditarie e contro deduzioni, Malvaso le bolla come ‘ congetture’. Oppone un garbato rifiuto su qualunque altra ipotesi pur specificando che le atroci foto pubblicate dalla Ģazzetta dello Sport nel ventennale della morte di Bergamini (il corpo, pasoliniano, deturpato su un solo lato ma non sfigurato) lui non le ha mai viste: “Non capisco perché vi stupiate. Io sono abituato a lavorare sugli atti e non sui giornali sportivi. Per ora non siamo stati convocati, ma se riapriranno il caso, il mio assistito deporrà ancora una volta. La sua posizione? È cristallizzata nelle dichiarazioni di allora”. Ventidue anni fa. -
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MA QUALE PACE SU CALCIOPOLI SI LITIGA ANCORA Il tavolo voluto dal Coni tra le big del calcio è stato un fallimento Pesa la posizione della Fiorentina e il braccio di ferro Inter-Juve di SIMONE DI STEFANO (l'Unità 15-12-2011) Alla fine il titolo lo suggerisce proprio Petrucci: «Lo so già, direte che è stato il fallimento di Petrucci, ma io sono sereno perché ho fatto il possibile, i presidenti li capisco, ognuno difende le proprie ragioni». È stanco come mai visto prima, il presidente del Coni che tanto aveva speso per l'atteso tavolo della pace che tuttavia, alla messa in onda, ieri non ha prodotto altro che quasi cinque ore di confronto serrato, a tratti teso ma mai fuori le righe, eppure ancora senza un lieto fine. Il calcio italiano resta bloccato su Calciopoli, l’argomento principe che ieri per la prima volta metteva di fronte Moratti e Agnelli, Inter e Juve, i presidenti coltelli che si contendono lo scudetto della discordia del 2006. Oltre a loro, e al presidente della Figc, Giancarlo Abete (e il segretario Valentini), c’erano il passato e il futuro in rappresentanza dell'Italia pallonara, Diego Della Valle (Fiorentina), Adriano Galliani (Milan) e Aurelio De Laurentiis (Napoli), ognuno con una finestra da aprire o da chiudere, gli ultimi due soprattutto sul futuro. Ma il calcio resta congestionato su posizioni che Della Valle (l'unico che ha veramente voglia di parlare all'uscita) ritiene fermissime: «Qualcuno deve ancora spiegarci perché siamo stati tirati in ballo dentro Calciopoli, finché non ci sarà chiarezza su questo punto, restiamo fermi sulle nostre posizioni e ci difenderemo ad oltranza. Quella della Fiorentina è una posizione netta, nettissima». Il riccio si è ritratto, poco dopo è la volta di Petrucci nel salone d'onore, e senza mezzi termini illumina il quadro: «Non voglio dire che è una sconfitta del calcio, e in ogni caso sono a posto con la coscienza. Non lo considero un fallimento, ho messo cuore ed entusiasmo. Anche senza aver raggiunto un risultato proveremo a guardare avanti. Dovevamo lenire una ferita ancora aperta. È un tentativo non riuscito e basta». Dalla sua il merito di averli messi per la prima volta assieme, faccia a faccia, per parlare di “quello” e basta, tanto che De Laurentiis è quello più corrucciato quando esclama all'interno: «Ma io che ci sono venuto a fare... ». CIVILMENTE All'ingresso gli auspici erano altri: «Chiamiamolo il tavolo della ripartenza, serve una nuova era nel calcio. Io sono qui perché ho sempre parlato di innovazione». Che però lo stesso Petrucci ammette dopo di averla toccata pochissimo, qualche spicciolo sui diritti tv, sulla legge 91, il grosso, la “ciccia” era Calciopoli. E lì si sono fatte le due del pomeriggio senza muovere un passo. Moratti esce che spiega: «Tutto è costruttivo, ma chiedete a Petrucci...». De Laurentiis schiva tutti e se ne va senza proferire parola, Galliani idem, e anche Agnelli. Juve e Inter si sono sfiorate, ma non abbracciate, e se il feticismo mediatico porta a chiedere se almeno la stretta di mano tra i due c'è stata? «Si sono parlati – rivela Petrucci - il rapporto è stato sereno, mai nessuno ha alzato la voce, nessuna incomprensione, solo ognuno ha ribadito le proprie posizioni e non è stato possibile trovare un accordo». Pacato il commento di Abete: «Con Agnelli ho parlato civilmente, noi abbiamo fatto le cose in buona fede e con trasparenza, Calciopoli l'ho combattuta prima e mi trovo a combattere gli effetti oggi». Merito di questo Coni averli messi insieme, forse sottovalutando il tunnel in cui si sarebbe finiti: «Ma io non escludo altri tavoli», rivela Petrucci. Anche se Della Valle se la ride all’idea e altre cinque ore di nulla non servono a nessuno. Ma quello che ci si attendeva, forse, era una presa d’atto pulita e decisa, da una parte o dall'altra, che il Coni non ha voluto, o potuto decretare. Certo Petrucci avrebbe sperato di presentarsi alla messa serale degli sportivi con qualcosa di più concreto da offrire all'altissimo, un gesto di pace tra i litigiosi presidenti di calcio, uno «scordiamoci il passato». Non può essere definito neanche un tavolo della tregua, perché se qualcosa di buono può aver prodotto è stato solo un rompere il ghiaccio, nulla più. Resta la guerra (diventata ormai fredda, di 5 anni) sullo spigolo Calciopoli, resta lo scudetto che l'Inter non consegnerà mai di sua spontanea volontà, resta una richiesta di oltre 400 milioni di danni mossa dalla Juve alla Figc, che i bianconeri difficilmente ritireranno. Ce ne sarebbe di tempo per discutere, ma la domanda è: ne avranno voglia? -
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MEGLIO COSI' di ALESSANDRO VOCALELLI (CorSport 15-12-2011) Molto meglio così. Meglio che i presidenti si siano alzati e, salutandosi magari non troppo cordialmente o comunque con qualche domanda ancora in tasca, abbiano lasciato il palazzo del CONI. Chiariamo subito: benissimo ha fatto Petrucci a convocare il tavolo, lodevole è stato il suo tentativo di mettere insieme simpatie e rancori, comunque resterà il germoglio di quanto fatto ieri mattina. Ma non è adesso il momento né di imprecare alla sconfitta e né maledire il momento in cui è saltato il possibile comunicato condiviso. Dicevamo: molto meglio così. Molto meglio che fuori dalle ipocrisie, i presidenti, con Della Valle in testa, abbiano spiegato il loro punto di vista. Che poi, credeteci, è un punto di vista condiviso. Quello che dice Della Valle, e cioè che Calciopoli è una pagina con troppi punti interrogativi, da cui qualcuno è uscito a pezzi esageratamente e dunque ingiustamente, è quello che pensano tutti. Lo pensano le Istituzioni, lo pensano le società, lo pensa addirittura chi da quello scandalo non è stato toccato o megllo ancora è stato beneficiato. Lo pensano tutti, ma non si può dire ufficialmente, perché in quei giorni c'erano tutti e con il passato oggi, ancora oggi, si va a braccetto. O comunque non si può far finta che quel passato non esista e non sia mai esistito. Meglio insomma che, almeno questa volta, il calcio, dopo essersi lodevolmente parlato, non abbia fatto finta di trovare un accordo. Sarebbe stato due volte sbagliato e due volte pericoloso, sarebbe stato, ribadiamo, ipocrita ed in linea con il calcio di tanti anni fa che è poi stato il padre di Calciopoli. Sì, perchè ci si vedeva, si facevano i patti, era tutto un fiorire di sorrisi, ci si spartivano torte e designatori, per poi uscire da saloni affrescati e studiare come fregarsi. Allmeno adesso la questione è chiara, le posizioni sono chiare, i personaggi sono chiari ed autorevoli perché rappresentano l'elite italiana in giro per il mondo, dal petrolio al cinema, dall'industria alla moda. E poi, non dimentichiamolo, Calciopoli è stato qualcosa che - molto più di un calcio di rigore - ha inciso profondamente non solo su bilanci e patrimoni, ma più ancora su animi e coscienze. Normale che, a distanza di cinque anni e mezzo, ancora ci si chieda se giustizia è stata fatta. Pienamente. IL SUMMIT AL FORO ITALICO L’incontro si è risolto con un nulla di fatto: le parti sono rimaste sulle proprie posizioni Il tavolo senza pace Petrucci sperava di concludere il vertice con una dichiarazione congiunta d’intenti La discussione si è arenata su Calciopoli e sulla gestione commissariale della Figc di ANTONIO MAGLIE (CorSport 15-12-2011) ROMA - L’umore tradisce il senso della giornata, le parole finali ne sono la sintesi: «Le scorie di Calciopoli sono ancora troppo scottanti». E con quelle scorie si è bruciato anche lui, il presidente del Coni, Gianni Petrucci. Dopo oltre quattro ore e mezza di confronto, il “tavolo della pace” è crollato. Eppure, c’è stato un momento in cui si è avuta l’impresione che potesse reggere ai vecchi dissidi, agli umori malmostosi, alle tensioni. L’ha azzoppato Diego Della Valle, patron della Fiorentina: «Ma allora, a cosa serve questa riunione?» , ha buttato lì, alla fine di un intervento durissimo. Chiedeva una dichiarazione con la quale La Federazione “democratica” di Giancarlo Abete sconfessava la Federazione “commissariale” di Guido Rossi. Una richiesta evidentemente inaccettabile per la Federazione. Petrucci si è arreso e gli autisti hanno messo in moto le aute parcheggiate nel piazzale antistante il Foro Italico. Sono scesi alla spicciolata, significativamente: prima Adriano Galliani, Aurelio De Laurentiis e Massimo Moratti; qualche minuto dopo Diego Della Valle; infine, Andrea Agnelli. PIANO - Petrucci aveva un piano preciso: uscire dal vertice con una dichiarazione di intenti “politica” sottoscritta dai partecipanti alla riunione. «Superiamo Calciopoli, pensiamo al futuro. Firmato...» Il presidente del Coni aveva piallato il tavolo in maniera tale che non ci fossero fastidiosi bitorzoli. La presenza di De Laurentiis in qualche maniera rassicurava l’Inter, un po’ perché in buoni rapporti con Moratti, un po’ perché esponente di un club rimasto fuori dai dibattimenti di Calciopoli. Insomma, la riunione non era un Processo ai Processi. Andrea Agnelli, che pure a nome della Juventus ha fatto ricorso al Tar e chiesto un risarcimento alla Figc, teneva un atteggiamento cauto, evitava di far salire i toni sullo scudetto del 2006 mentre, dall’altra parte, né Petrucci né Abete forzavano la mano sul versante del ritiro della richiesta risarcitoria. Massimo Moratti ascoltava con la consueta sobrietà. Aurelio De Laurentiis provava a spostare il confronto sul futuro chiedendo ad Abete, semmai anche con un atto di imperio, di ridurre a sedici le squadre della serie A e di “pressare” Platini sul tema del campionato europeo. Il tempo passava e gli invitati, alcuni dei quali non si incontravano da tempo, da prima del ciclone Calciopoli, restavano lì, seduti e attenti. Segnali che suscitavano un cauto ottimismo. Poi, è stato il turno di Della Valle. ATTACCO - Uscendo dal Coni, il patron della Fiorentina ha consegnato ai cronisti in attesa la fotografia finale, la foto di gruppo che accompagna i grandi vertici mondiali ed europei: «Siamo rimasti civilmente sulle nostre positizioni» . Quello snocciolato da Della Valle è stato un vero e proprio atto d’accusa. Sul banco degli imputati ha chiamato Guido Rossi e la sua gestione commissariale; e poi i processi sportivi istruiti in grande fretta, in dispregio, a suo parere, dei diritti della difesa; ancora: Beatrice e Narducci, gli inquirenti di Napoli, Auricchio, l’uomo delle intercettazioni, Palazzi, il procuratore federale: il patron della Fiorentina ha annunciato che aspetterà le motivazioni della sentenza di Napoli e poi chiederà a queste persone lauti risarcimenti. Amaramente, non nascondendo una certa irritazione, Petrucci ha ingoiato il rospo: non si attendeva una presa di posizione tanto dura dall’uomo che per primo ha lanciato l’idea del tavolo pacificatorio. FUTURO - La filippica di Della Valle ha convinto il presidente del Coni che a quel punto era inutile chiedere quella dichiarazione di intenti che avrebbe voluto far sottoscrivere. Se ne riparlerà quando i tempi saranno migliori, le scorie più tiepide. Ci riproverà, non subito ovviamente. «Ci penserò molto bene prima di convocare altre riunioni». Qualcosa di questa lunga mattinata rimane: un miglioramento dei rapporti personali, del clima generale. Un po’ poco, probabilmente: «Non dimentichiamo che qui parliamo di vicende che bruciano ancora sulla carne di alcuni protagonisti» , sottolineava Abete. Ma, come cantava Sergio Endrigo, per fare un albero ci vuole un seme. IL PATRON VIOLA Della Valle: Alla fine resto della mia idea «Devo ancora capire perché la Fiorentina è stata coinvolta in Calciopoli: andremo avanti» di EDMONDO PINNA (CorSport 15-12-2011) ROMA - Deciso, sereno, l’unico che ha avuto voglia di parlare a lungo alla fine dell’incontro, durato quattro ore e mezza. Sorpreso, invece, in serata, quando i rumor che si sono rincorsi per tutto il pomeriggio lo hanno accreditato come colui che aveva fatto saltare il tavolo della pace. Partiamo dall’inizio, ore 13.42, Diego Della Valle esce dopo De Laurentiis, Galliani e Moratti, mentre Andrea Agnelli è ancora dentro e Gianni Petrucci sta per cominciare a dare corpo alle sue amarezze. «Civilmente, ognuno è rimasto sulle proprie posizioni» . Comincia così Diego Della Valle, che a questa giornata si era avvicinato chiedendo un chiarimento, soprattutto, di quanto era accaduto nel 2006. «La posizione della Fiorentina è sempre quella ed è netta: vogliamo capire perché siamo finiti dentro Calciopoli. Siamo disponibili a parlare di tutto, ma solo dopo aver chiarito cosa accadde in quei giorni. Noi, comunque, andiamo avanti per la nostra strada» . CIVILTA’ - I toni non si sarebbero alzati, lo ha ribadito anche il patron viola: «E’ stato un incontro civile, ci siamo confrontati per ore con grande civiltà su posizioni, però, che rimangono distanti» . Chissà cosa sarà successo fra Moratti ed Agnelli, se ci sarà stata, magari lontano dai fotografi, la tanto attesa stretta di mano: «Le strette di mano? Dovevamo risolverla nella sostanza, non nella forma. Perché la forma non è mai mancata» . Quattro ore e mezza non sono bastate per avvicinare le parti: «Personalmente resto della mia opinione, in maniera civile e coerente» . SOPRESA - Nel giro di poche ore, però, qualcosa stava cambiando. I rumor in arrivo dalla Capitale parlavano di un Della Valle che aveva fatto saltare le “trattative” con la sua posizione. Da fonti vicine alla Fiorentina, però, trapelava tutta la sorpresa del patron viola. Disposto e disponibile anche a sottoscrivere un punto comune su quello che accadde cinque anni fa - i processi sportivi seguenti allo scoppio dello scandalo - purché si evitasse il “politichese” e si parlasse al cuore della gente, dei tifosi. Un motivo, si fa notare, che è stato preso a pretesto dagli altri per dichiararlo inaccettabile LE REAZIONI DI INTER E MILAN Moratti: «Ogni incontro è costruttivo e utile...» Galliani: «Nulla di fatto» art.non firmato (CorSport 15-12-2011) ROMA - Non ha parlato a caldo, all’uscita dal Palazzo H del Coni, primo piano, dopo il tavolo della pace. Ha sceso le scale con Moratti e De Laurentiis, ha tirato dritto fino alla macchina che l’attendeva all’esterno ed è andato via. Poi, una volta rientrato a Milano, Adriano Galliani, plenipotenziario del Milan, ha commentato l’esito dell’incontro voluto dal presidente dello sport, Gianni Petrucci: «Non è successo nulla. E per quello che potrà accadere in futuro, non faccio l’indovino. Ognuno farà i suoi ricorsi. Ci sono punti di vista molto differenti, la storia di Calciopoli verrà scritta e riscritta per molto tempo». MORATTI - Poche parole anche da Moratti, che ha evitato di parlare a lungo «per una questione di rispetto nei confronti di Petrucci. E’ da maleducati parlare prima di lui. Il tavolo? Ogni incontro è costruttivo, tutto può essere utile». IL SUMMIT AL FORO ITALICO L’amarezza del presidente del Coni per l’epilogo dell’incontro C’è ancora bisogno di tempo per chiudere un capitolo delicato ‘PETRUCCI «Ho fatto ciò che potevo» «Non posso bluffare: tentativo non riuscito Non è stato fatto alcun passo in avanti: le scorie di Calciopoli sono ancora fumanti» di EDMONDO PINNA (CorSport 15-12-2011) ROMA - E’ amareggiato, deluso, non era così che doveva andare. E’ onesto, Gianni Petrucci, perché, sia pure fra un’ammissione e una piccola marcia indietro, fra qualche giro di parole, ammette che è stata una sconfitta. «Ma vado a dormire tranquillo, io, perché più di quello che ho fatto non potevo fare» . Non c’è astio nelle sue parole, quasi rassegnazione, anche se non si piega mai, neanche all’evidenza di una riunione che avrebbe dovuto far ripartire il calcio ed invece lo lascia ancora avvolto nel maleodore di Calciopoli. Presidente Petrucci, francamente: non è andata... «Il risultato è quello che è, non sono stati fatti quei passi avanti nei quali speravo. Le scorie di Calciopoli sono ancora scottanti». Definiamo, alla fine, cosa è stato questo tavolo della pace: un fallimento? Un trappolone? «Sarebbe demagogico dire che è una sconfitta, così come non credo sia un fallimento, il presidente del Coni ha messo attorno ad un tavolo persone che, formalmente, non si erano più incontrate da quel periodo. E non parlerei di trappoloni». Insomma, una sconfitta... «Diciamo un tentativo non riuscito.... Non c’è stato il risultato.. . Insomma, non posso bluffare. Ho una dignità anche io». Perchè è fallito? «La buona volontà ce l’abbiamo messa, io e il presidente Abete, Pagnozzi e Valentini. Ma non posso accusare i presidenti. La verità è che le scorie di Calciopoli erano ancora fumanti». Cosa dirà, adesso, al Governo, nel momento in cui andrà a fare le sue richieste? «Andrò con la faccia di chi ha provato a chiudere con il passato. Cito spesso il Vangelo, e allora dico: Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio. Più di quello che ho fatto, però, non potevo fare. Di cosa mi devo vergognare?». Deluso? «Dispiaciuto. Volevo un altro risultato» E’ pronto a pensare ad un’altra riunione, ad un altro confronto? «Non smetto mai di provarci, ma è chiaro che ci penserò bene. . . ». Il Coni aveva chiesto un parere a sette saggi: a che punto è la relazione? «Sono già state svolte più di due riunioni, i primi di gennaio saremo in grado di produrre i primi risultati». Ma ci sono ancora troppi avvocati nel mondo del calcio? «Il doping legale, come l’ho definito, c’era e c’è pure oggi». Domanda provocatoria: ma come poteva sperare in un tavolo della pace quando c’è una società (la Juventus) che ha chiesto al Tar un risarcimento dalla Federcalcio? «Ognuno rispetti i propri regolamenti». Tornando indietro, rifarebbe le stesse cose? «Non ho alcuna recriminazione da fare. Avevo parlato con tutti prima di questo incontro, ma con ferite che hanno colpito duramente le persone, non potevo far appello ai singoli». Si sarebbe dovuto parlare di futuro, di riforme, del presidente della Lega. E’ stato fatto? «Abbiamo parlato poco di futuro. E l’argomento del presidente di Lega è stato solo sfiorato...» Il presidente federale Abete: Calcio ko solo se vengono sconfitte le regole di ANTONIO MAGLIE (CorSport 15-12-2011) ROMA - «Il calcio viene sconfitto solo quando vengono sconfitte le regole» . Giancarlo Abete, presidente federale, siede accanto a Gianni Petrucci mentre il presidente del Coni illustra la sua delusione. Sognavano, tutti e due, una giornata diversa. Nella sostanza, una risposta indiretta alle accuse lanciate da Diego Della Valle e che, alla fine, hanno reso impossibile la firma se non di un trattato di pace, almeno di un solido armistizio. Il patron della Fiorentina avrebbe voluto uno “smarcamento” dell’attuale Figc da quella che organizzò i processi cinque anni e mezzo fa. E un messaggio criptico lo lancia anche Petrucci nel momento in cui afferma di «non poter lanciare appelli ai singoli protagonisti» , che i fatti risalgono «a un periodo in cui la Figc era retta da una gestione commissariale, un periodo in cui mancava il Consiglio Federale» . Situazioni complesse che rischiano di cristallizzarsi se vengono affrontate da posizioni di chiusura. RISPETTO - Qualcosa, a parere di Abete, si è mosso; l’obiettivo della pace non è stato raggiunto, ma una semina è avvenuta. Dice il presidente federale: «Ieri mattina c’è stato tanto rispetto, ma è rimasto il conflitto». E un capitolo di questo conflitto è la richiesta di risarcimento avanzata dalla Juventus: 433 milioni per i danni provocati dalle decisioni della giustizia sportiva. Spiega il presidente federale: «L’obiettivo della riunione non era quello di bloccare le iniziative legali avviate dai club ma quello di rilanciare la capacità del sistema calcistico di trovare soluzioni ai suoi problemi» . Al tavolo, su questo argomento, nessuno ha forzato la mano: «Noi siamo un organo super partes, abbiamo la coscienza a posto, abbiamo fatto le cose in buona fede e con trasparenza». E se la Figc fosse costretta a pagare? «Non abbiamo stanziato fondi anche perché con i nostri ricavi che ammontano a 180 milioni dovremmo bloccare l’attività per due o tre anni». SPERANZE - Condivide la delusione di Petrucci: anche lui si attendeva qualcosa di più. Sottolinea: «L’incontro è stato sereno, si è svolto in un clima di cordialità per nulla formale. Confidavamo in una giornata migliore ma non mi sento sconfitto perché il calcio viene sconfitto solo quando vengono sconfitte le sue regole» . Al centro del confronto anche lo scudetto del 2006, quello revocato alla Juventus e assegnato all’Inter. Rivela Abete: «Dello scudetto del 2006 si è parlato in modo incidentale perché il problema è legato a una situazione che ha portato al commissariamento della Federazione». IL PRESIDENTE DEL CLUB AZZURRO De Laurentiis: Niente che mi interessasse «Si è parlato di vicende che riguardano gli altri, non me e non certo il Napoli» di ANTONIO GIORDANO (CorSport 15-12-2011) ROMA - La pace sia con lui: perché mentre fuori il mondo va normalmente di fretta e c’è un (altro) universo che l’attende impaziente, convocato per l’occasione, dentro di sé Aurelio De Laurentiis è un vulcano che implode. Il tavolo imbandito a vuoto è un concerto di voci estranee alla sua storia, ad un calcio da lui distante: estate 2006, arsenico e antichi scudetti avvolti nei veleni, con IL Napoli ch’è in piena fase di decollo, freschissimo di promozione dalla serie C alla serie B, strategicamente abbracciato alla propria filosofia e - in quegli istanti - semplice osservatore (però già) disincantato di ciò che sta accadendo altrove. «Ma io che ci sto a fare qua» . Cinque ore tormentate ad intrecciar le dita, a pestarsi i pollici, ad ascoltare il nulla, a rigirarsi sulla sedia mentre altrove - dieci minuti di strada più in là - la stampa attende di togliere i veli a Vacanze di Natale a Cortina; e alle undici e trenta, s’intuisce che bisogna far scivolare l’appuntamento in seconda convocazione. «Scusatemi ma ho impegni che si stanno protraendo: spostiamo di un’ora, almeno di un’ora» . ATTESA - Il tam tam del Foro Italico è un chiacchiericcio sul passato, un braccio di ferro sull’asse Milano-Torino, con deviazioni in direzione Firenze; e a quel punto d’una giornata uggiosa, con gli appuntamenti che slittano e l’anteprima “Capitale” che viene posticipata via sms o con telefonate lampo, l’ultima frontiera di Aurelio De Laurentiis resta un bottone del doppiopetto da tormentare ad oltranza e sino al triplice fischio finale, restando impassibile in quel niente in cui è costretto a galleggiare, presidente d’un Napoli estraneo ai fatti: «S’è parlato di vicende che riguardano altri, non me, non certo il Napoli. Che vi devo dire? Perdonate, ho altre esigenze in questo momento, devo scappare via, sono in ritardo» . IRONIA - Ciak, si rigira l’auto e si riparte, provando a sprizzare serenità tra Galliani e Moratti, scappando via leggeri per fendere la folla di cronisti e lanciarsi sul cinepanettone guarnito per la circostanza da una scatto d’apprezzabilissima ironia di Luigi De Laurentiis, l’erede designato, che valutata la pesantezza dell’aria irrespirabile al Foro Italico, s’è catapultato nel clima goliardico della celluloide per rallegrar lo spirito: «Speriamo che stavolta papà non torni di nuovo in sella ad un motorino» . Pace e bene. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Più farsa che guerra di ROBERTO BECCANTINI dal blog "Beck is back" 15-12-2011 Guerra e farsa, avevo scritto il primo dicembre. Era troppo facile anticipare come – e dove – sarebbe finito lo strombazzatissimo tavolo della pace. Non ditemi che qualcuno di voi ci era cascato. Ricapitolo per sommi capi (anche se non ne vedo, di capi sommi). Andrea Agnelli, presidente della società i cui dipendenti sono stati condannati in primo grado a svariati anni di reclusione per «associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva» contro Massimo Moratti, presidente-padrone della società prescritta sul piano sportivo per illecitoarticolosei, il massimo, e gratificata di uno scudetto non già da una sentenza ma dal parere di tre saggi, ignari, all’epoca, di certe telefonate. Poi, in ordine sparso, una scorza di Galliani (che si inventò lo spinga spinga prima del bunga bunga), un goccio di Della Valle (noi, così casti e così indifesi) e l’aceto (balsamico?) di De Laurentiis, convocato, suppongo, per trasformare cotanto sinedrio in un «Amici miei» da operetta. Nei Paesi normali, Calciopoli sarebbe stata risolta in maniera normale. E cioé: aspettando i verdetti d’appello e promuovendo una indagine seria per fare luce sulla scomparsa di determitate bobine, nell’estate del 2006. Inoltre, dopo un simile fiasco, in un Paese normale i Petrucci e gli Abete avrebbero tolto il disturbo. Di solito, persino dal più rozzo dei confronti esce lo straccetto di un ciclostilato allusivo e lassativo. Stavolta, zero. In attesa che il Tar si pronunci sui 444 milioni della guerra Juve-Figc, il presidente del Coni non ha avuto la forza di ricordare ad Agnelli quanti siano gli scudetti, mentre il suo pupillo non ha avuto il coraggio di decidere sul tavolino interista. Questi siamo. Gianni Petrucci, il competente del giorno dopo. Giancarlo Abete, l’incompetente del giorno prima. Per concepire sul serio un calcio nuovo, urge la pillola del giorno stesso. ___ Al tavolo della pace l’amaro è Petrucci di MARCELLO DI DIO (Il Giornale.it 15 dicembre 2011, 08:00) Roma Fallimento, flop, sconfitta. I termini negativi si sprecano quando cala il sipario su un lungo (e inutile) tavolo della pace. Il tentativo del presidente del Coni Gianni Petrucci, che offre casa e mediazione per rasserenare il clima avvelenato del nostro calcio, naufraga miseramente di fronte al passato incombente e mai cancellato: le sentenze del 2006 su Calciopoli. «Un tentativo non riuscito, le posizioni di Calciopoli sono ancora molto scottanti, blufferei se non dicessi che mi aspettavo un esito diverso... », le parole del numero uno dello sport italiano. Che rifiuta le parole fallimento o sconfitta, tenta di nascondere il dispiacere con un sorriso e con la frase: «Sono a posto con la coscienza, la buona volontà non è stata premiata». Sottolineando però che «ci penserò molto bene prima di fare altre riunioni, anche se non vorrei ce la metterò tutta. Ora non si dica che sono caduto in un "trappolone" del mondo del calcio». Trappolone o no (l'idea del tavolo nacque da Andrea Agnelli il 16 novembre scorso e fu sposata da Petrucci, che ha poi scelto i «commensali» e ha svolto presumibilmente un lavoro diplomatico nei giorni di avvicinamento all'incontro, ndr), la sensazione è che qualcuno nel corso della riunione avrebbe fatto saltare il banco. La disposizione del tavolo (Moratti da una parte, Agnelli e Della Valle dall'altra, gli altri rappresentanti di club erano Galliani e De Laurentiis) fotografava una situazione più che conosciuta. Lo scafato presidente del Coni, meritevole dell'impresa di aver messo attorno a un tavolo i vertici di Juve, Inter, Milan, Fiorentina e Napoli insieme al segretario generale del Coni Pagnozzi, al presidente Figc Abete e al dg Valentini («nessuno ci credeva»), ha dato la parola a tutti nelle 4 ore e mezzo di confronto pacato e ciascuno degli interlocutori ha messo sul piatto le proprie idee. Scelta democratica, che ha operato una sorta di disgelo tra chi non si parlava da mesi o non si chiamava più per nome (vedi Agnelli e Moratti). Ma senza seguito sarebbe alla fine rimasta la stesura di un documento per chiudere con il passato e voltare pagina. Con un passaggio importante, nel quale di fatto Coni e Figc avrebbero riconosciuto, a proposito della celerità delle sentenze 2006, l'onda emotiva travolgente e una frettolosità del momento legata anche alla pressione dell'Uefa per avere una classifica e iscrivere così le squadre italiane alla Champions. Qualcuno (sembra Della Valle) avrebbe contestato la forma più che la sostanza di tale documento, chiedendo che il testo fosse comprensibile anche per i tifosi e non stilato in «politichese». A quel punto, niente accordo nemmeno sulla sostanza. «Siamo rimasti tutti civilmente sulle nostre posizioni chiare, precise e coerenti, noi siamo disposti a discutere di tutto ma prima continueremo la battaglia finch´ non saranno riconosciute le nostre ragioni», la linea del patron della Fiorentina, che rompe il patto del silenzio dei suoi colleghi e arrabbiato (bersagli il commissario Figc di allora Guido Rossi e il presidente Abete) per quella condanna di primo grado nel processo di Napoli. Dunque se l'intento era quello di scrivere nuove regole e cancellare il passato, dire stop a polemiche e al «doping legale» (Petrucci dixit), pensare a un domani non più costruito solo sui diritti tv e rendere magari presentabile il movimento agli occhi del nuovo governo, la mission del numero uno del Coni è fallita. «C'è stato grande rispetto ma è rimasto il conflitto, le posizioni sono sedimentate», così il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete. Si racconta anche di un siparietto Moratti-Galliani. «Nessun passo indietro, non sai quanti scudetti mi hanno rubato» avrebbe detto il patron nerazzuro. «Non dirlo a me...» la risposta dell'ad del Milan. Comunque, la Juve andrà probabilmente avanti con la sua battaglia legale al Tar (e richiesta di 443 milioni di euro). «Il club bianconero tutela i propri interessi, Coni e Figc tutelano le proprie regole», ricorda Petrucci. «Il rapporto con Andrea Agnelli è sereno e trasparente, con lui ho parlato a lungo anche durante e dopo il tavolo - sottolinea Abete -. Di fronte al Tar noi faremo la nostra parte, contestandolo in maniera civile sulla base delle nostre argomentazioni». Il nuovo passo toccherà ora a gennaio alla commissione dei 7 saggi, istituita dal Coni per capire come difendersi dai continui ricorsi alla giustizia ordinaria. Ma il calcio non vuole ancora girare pagina. === Ma c’è qualcuno che festeggia: l’ultrà di MARIO CELI (Il Giornale.it 15 dicembre 2011, 08:00) Il fallimento del «cavolo della pace», lapsus di Sara Benci su SkySport24 immediatamente twittato dal suo impietoso co-conduttore, la dichiarazione di illegittimità della tessera del tifoso proprio alla vigilia di quel Catania-Palermo con vittima annessa che fu l'avvio per determinarne l'applicazione, il gol più lungo della storia (gli 11 giorni intercorsi per concludere Padova-Torino e giocare 14' in uno stadio deserto) e gli immancabili (e giustificati) ricorsi. Concomitanza di fatti che stanno a dimostrare una cosa sola: il calcio è nel caos e chi ne è padrone o dovrebbe governarlo va alla cieca, sembra una falena impazzita, trova espedienti più che soluzioni. «Dovevamo parlare del nostro futuro», lamenta Galliani. E nulla si è detto a proposito. Il capo dello sport italiano, Gianni Petrucci, pecca di eccesso di ottimismo e commette quella che per un uomo navigato come lui è un'incomprensibile ingenuità: non aver considerato la possibilità del fallimento. Se vuoi tentare di conciliare posizioni inconciliabili devi avere la forza di imporre ad entrambe le parti un passo indietro. Se non se ne è in grado, non si acquista credibilità annunciando a conclusione del nulla di fatto che «le scorie di Calciopoli sono ancora molto scottanti, per cui ognuno è rimasto nelle proprie posizioni». Petrucci ci ha provato, è andata male. Se c'è da ricercare una responsabilità non va neanche addossata al presidente del Coni ma alla sciagurata decisione del 18 luglio scorso quando Giancarlo Abete, presidente di quella Federcalcio che nel 2006 ha deciso di creare una grottesca commissione di saggi per assegnare quello scudetto, sostanzialmente decise di non decidere e lasciò in chiesa sostanzialmente chi era stato dimostrato non fosse poi così santo. È difficile individuare come si possa uscire da questo impasse con un sistema sportivo che la Figc ha dimostrato di non saper governare. A gioire del fallimento, bastava farsi un giro nei vari siti web dei tifosi, sono gli ultrà, quelli per cui con il «nemico» non si scende a patti, l'inciucio non è contemplato, niente accomodamenti, non si parli di soluzioni «tecniche». Gli juventini ritengono che la loro squadra abbia conquistato due scudetti sul campo e gli interisti sono convinti che il tricolore 2006 spetti loro di diritto per le «schifezze» ordite dalla triade bianconera. Posizioni inconciliabili come quelle dei due presidenti ultrà Agnelli e Moratti. Resta poi un altro dubbio: perché Moratti è l'unico partecipante al tavolo a viaggiare su un'auto con il lampeggiante blu? ___ La pace sotto le scarpe di STEFANO OLIVARI dal blog "Guerin Sportivo" 15-12-2011 Abete, Agnelli, De Laurentiis, Della Valle, Galliani, Moratti, Pagnozzi, Petrucci, Valentini, elencati in ordine alfabetico: troppi personaggi con troppi autori, che hanno creato una maionese impazzita che alla fine tutti hanno penosamente definito ‘confronto civile’. Sull’inutilità del cosiddetto tavolo della pace nessun bookmaker accettava scommesse, ma l’inutilissima riunione tenutasi al Coni si presta a diverse riflessioni a mente fredda. E’ il caso di farle, visto che chi nelle settimane scorse ha sottolineato la profonda ipocrisia di questa rappresentazione è stato trattato come un guerrafondaio. Primo: nessuno degli intervenuti aveva in mente un obbiettivo preciso. Forse solo Abete ha tratto beneficio personale da qualche foto ricordo e in generale dal mostrare come nel 2011 la federazione possa essere ancora la camera di compensazione di esigenze molto diverse. Di sicuro Juventus, Inter, Milan e Fiorentina non si aspettavano nulla e anche per questo nulla hanno avuto. Secondo punto: le posizioni si sono ormai sedimentate, al di là di sentenze sportive giuste o ingiuste. Si è creata una situazione in cui una marcia indietro o meglio ancora un guardare avanti sarebbero visti dalla propria tifoseria come un tradimento mortale. Vale soprattutto per Inter e Juventus, ovviamente, Moratti e Agnelli se preferite. Il Milan che tutto sommato se l’è cavata con poco ha tenuto il solito profilo basso, mentre dopo la sentenza di Napoli (di primo grado, anticipiamo i web-giuristi che noi del Guerino, nella nostra infinita tolleranza, non banniamo) ascoltare le parole di Della Valle provoca soprattutto ilarità. Anche perché pare sia stato soprattutto lui a far saltare la stesura di un doumento pacificatorio. Terza considerazione: la pace non può arrivare se qualcuno ti punta una pistola addosso. Una pistola da 443 milioni di euro, quelli che attraverso il Tar la società degli Agnelli ha chiesto alla Figc. Stando alle sentenza finora disponibili, la logica diche che dovrebbero essere le società danneggiate (o addirittura la stessa Figc) a chiedere i danni alla Juventus e agli altri condannati. Quarto punto: dello scudetto 2005-2006 non si è parlato, mentre si è discusso molto di aggettivi. Ore perse a discutere se ‘frettolose’ andasse associato alle sentenze del 2006, alla ricerca di una soluzione all’italiana: diciamo una cosa, però può anche essere l’altra. I nostri opinionisti di fiducia sapranno come regolarsi. Quinto e secondo noi decisivo punto: Calciopoli e il post Calciopoli servono a tutti. Per giustificare i fallimenti del passato (quelli dell’Inter fino al 2004 e quelli della Juventus dopo il 2006, per citare le solite due che generano click) e guadagnarsi crediti per il presente, con la consapevolezza che masse acritiche ti verranno sempre dietro. Conclusione? La mitica memoria condivisa non può esistere, né sulla Resistenza né su Moggi (ma vale anche per Tenco o Mike Bongiorno), in un paese che ha nello spirito di fazione (anche nostro, che non siamo né americani né uzbeki) la sua forza ma anche la sua debolezza. === Tavoli amari/2 di MATTEO MARANI dal blog "Guerin Sportivo" 15-12-2011 Ma guarda che strano: è saltato il tavolo della pace. E chi l’avrebbe detto che finiva con un clamoroso insuccesso? Per la cronaca, è il terzo o quarto capolavoro di fila messo insieme aella Federcalcio italiana. Il primo è avere pasticciato tutto e di più su Calciopoli, scontentando chiunque, il secondo è stato riuscire a perdere due volte di fila la candidatura all’Europeo (primato mondiale di sputtanamento), adesso questa brillante invenzione del tavolo della pace, che già dal nome portava piuttosto male. In realtà, più che il solito Giancarlo Abete, la figuraccia odierna è firmata da Gianni Petrucci, che si sente il Gianni Letta dello sport, con il piccolo dettaglio che quello vero si è eclissato alle sue spalle. Ma già la decisione del Coni di mettersi nel mezzo, oscurando il ruolo della Federcalcio, decreta la sconfitta, l’ennesima sconfitta, di via Allegri. Ho letto un po’ di resoconti stamani, sempre molto buoni con l’illuminato Diego Della Valle. Se tutti i protagonisti hanno riconosciuto l’insuccesso, mi chiedo cosa si siano detti davvero nel segreto della stanza. Sono volati i coltelli? O semplicemente i bicchieri? Se dopo aver montato sta colossale e pagliaccesca sceneggiata, non hanno sentito nemmeno il bisogno di coprirla in pubblica, significa che là dentro è successo qualcosa. Non ce lo diranno mai. Sono contento che il Consiglio di Stato si sia pronunciato contro la Tessera del Tifoso e proprio su un aspetto non marginale: la marchetta parabancaria che sta dietro a quelle card. Perché per andare allo stadio, oltre al mio nome, codice fiscale e documento (in attesa delle impronte digitali), devo anche farmi una carta di credito con una banca privata? Oh, avessi letto o sentito qualcuno dire oggi che è una scelta giusta. Poteri forti, ragazzi. ___ LUCIANO MOGGI FARÀ…IL TAVOLO DELLA GIUSTIZIA E VEDIAMO CHI DIRÀ NO A PARTECIPARE!!! di CESARE POMPILIO dal blog "iosonopompilio" 14-12-2011 Quante volte, tante volte ho lanciato un messaggio crudo e netto:” Calciopoli è una ferita che sanguina ancora”. Ecco allora tutti pronti a sorridere; esagerato, in fondo è solo il gioco del calcio, i problemi della vita sono altri ecc.. ecc. . Insomma da un lato ero da compatire dall’altro da ridicolizzare. Ora che il termine “ferita” è stato usato dal Presidente del CONI Gianni Petrucci, ecco che i turiferari si appropriano del significato e lo usano per dire agli altri che calciopoli rischia di restare una ferita eternamente aperta. Diceva un mio professore di lettere Walter Lionti, che :” Mediocri si diventa”. Avrei voluto sentire nuove soluzioni, avrei voluto vedere le facce dei partecipanti al tavolo distesi, impegnate. Invece le solite dichiarazioni di routine. Nessuno , neppure tra i turiferari, c’era chi avesse una bozza di risoluzione, uno straccio di soluzione, anche urticante, anche impraticabile…Nessuno. Eppure qualcosa avrebbero potuto tirar fuori. Partiamo dagli invitati: cosa c’entra De Laurentis col tavolo della Pace? Il tavolo avrebbe dovuto avere i protagonisti tutti di quel famigerato 2006, dico tutti: da Moggi a Guido Rossi, passando per Franco Carraro. Tutti avrebbero dovuto essere guidati da un autentico politico alla Andreotti. Non ho detto Andreotti ma alla Andreotti, allora chi meglio di Franco Carraro. Come nella stanza della Pallacorda, i presenti avrebbero dovuto giurare che nessuno sarebbe uscito da quella stanza se prima non si fosse trovata una soluzione a calciopoli, quanto meno stemperare gli animi. Le persone che hanno autorità per farlo c’erano, gli errori di gestione pure…E allora non c’è stata la volontà politica. Allora arridateci Carraro. Abete è indifendibile, caro Petrucci. Commissaria la Federcalcio!!! ___ IL GRAFFIO di Emilio Marrese (Repubblica.it 14-12-2011) Aggiungi un mostro a tavola BREAKING NEWS Al tavolo della pace è arrivata la coda alla vaccinara === IL GRAFFIO di Emilio Marrese (Repubblica.it 15-12-2011) Aggiungi un mostro a tavola/2 Ma tu guarda un po' , ma chi l'avrebbe mai detto: il tavolo della pace è servito come una pizzata a Gaza. Per fortuna Petrucci ha pronte altre brillanti iniziative: una gita tutti insieme allo zoo di Fasano, una tombola a casa di Letta alla vigilia di Natale, un torneo di Subbuteo per giocarsi lo scudetto 2006, la settimana bianca sul Terminillo, una caccia al tesoro a Villa Borghese e, ultima chance, pellegrinaggio in torpedone a San Giovanni Rotondo (guida Moggi). -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
E' IL PRIMO PASSO di PAOLO DE PAOLA (Tuttosport 15-12-2011) Non è andata male. Si poteva ottenere di più, ma il tavolo della pace è stato un primo, significativo passo sulla strada della revisione di un periodo difficile per il nostro calcio. La pietra miliare è stata posta con l'ammissione da parte di tutti i partecipanti che «Calciopoli fu giustizia frettolosa». Si è convenuto, attraverso un documento non reso pubblico, ma letto durante la riunione, che l'indagine fu troppo rapida e arrivò a sentenze, appunto, affrettate senza consentire alle difese di esprimere compiutamente e legittimamente il proprio ufficio. Era ora! Sono le prime, clamorose conclusioni su quel pazzesco processo sportivo che andrebbe finalmente e definitivamente collocato nella sua giusta dimensione: un aborto giuridico. Certificato, oltretutto, dalla relazione del procuratore federale Stefano Palazzi scritta lo scorso 1° luglio. ln quel documento, nelle 24 pagine dedicate all'Inter, veniva sostenuto che quella del club nerazzurro sarebbe - se non coperta dalla prescrizione - «una responsabilità diretta ad assicurare un vantaggio in classifica in favore della società Internazionale, mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità e indipendenza in violazione del pre vigente articolo 6 del codice di giustizia in vigore all'epoca e oggi sostituito dall'articolo 9». Per l'Inter, secondo Palazzi, «responsabilità diretta e presunta». Per il presidente Moratti, invece, il rilievo mosso è stato di violazione dell'articolo 1. D'accordo che su questo caso sia intervenuta la prescrizione, ma a un tavolo di ricomposizione di quei fatti non si poteva evitare di riconoscere il pasticcio compiuto all'epoca (all'Inter venne assegnato persino uno scudetto a tavolino in nome di un'etica che, secondo Abete, non dovrebbe andare mai in prescrizione) e documentato, appunto, dalla relazione di Palazzi. Non tragga in inganno l'apparente amarezza con la quale si è concluso il confronto al termine dì quasi cinque ore di discussione. Davanti alle telecamere nessuno dei protagonisti ha mostrato ottimismo perché su questo argomento c'è ancora molto da lavorare, ma la strada è stata aperta. Critico il patron della Fiorentina Diego Della Valle che non amando il potitichese avrebbe gradito la sottoscrizione di un documento più coraggioso e comprensibile dalla gente. La disponibilità c'è, come restano aperti i ricorsi con richiesta danni che il presidente della Juventus Andrea Agnelli porta avanti con convinzione e non per assecondare le velleità di qualche suo avvocato. Comunque ci saranno tempi e modi per allontanare lo scontro dalle aule di un tribunale. Lo scetticismo del presidente del Coni, Gianni Petrucci è motivato più dalla mancata pubblicazione di un documento condiviso che dall'effettivà bontà dell'incontro. Vero, le ferite sono profonde, le posizioni radicallzzate, ma aver convenuto sul reale valore di quel processo sportivo è una nuova prospettiva con la quale guardare al futuro. Il tavolo della pace poteva essere un flop, non lo è stato. Ora si prosegua, ma tutti facciano un passo indietro rispetto all'intransigenza delle proprie posizioni: lo compia Agnelli sulla richiesta danni, lo realizzi Moratti sullo scudetto ricevuto a tavolino, lo esegua Abete sul ruolo della federcalcio. CALCIOPOLI IL TAVOLO DELLA PACE Della Valle va in pressing Il patron viola dopo 5 ore di riunione: «Al momento tutto è rimasto come prima» «I prossimi passi? Lasciamo perdere... Buon Natale a tutti. Adesso vi saluto perchè devo andare a lavorare» di GUIDO VACIAGO ft.STEFANO CARINA (Tuttosport 15-12-2011) ROMA. Moratti, De Laurentiis e Galliani prima dell’incontro ROMA. Abete, n°1 della Figc e Petrucci, n° 1 del Coni ROMA. De Laurentiis, Della Valle e Agnelli durante la discussione ROMA. Valentini dg della Figc e Galliani ad del Milan ROMA. Un piccato Diego Della Valle dopo la riunione ROMA. Massimo Moratti, presidente dell’Inter, in mezzo ai cronistiGUIDO VACIAGO ROMA. «E adesso, scusate, devo andare a lavorare». La chiosa quasi sprezzante, certamente seccata, di Diego Della Valle è la sintesi perfetta dell’opinione che il proprietario della Fiorentina si è fatto dell’incontro: una sostanziale perdita di tempo. Perché anche senza insulti o folklore polemico che in passato ha caratterizzato, per esempio, certe assemblee di Lega, le quasi cinque ore nella Sala Giunta del Coni non hanno portato a nulla di immediatamente concreto. E Della Valle, che se lo aspettava, non cerca neppure di nascondere il suo disappunto: «Sì, il clima era civile, ma quella è forma, per noi contava la sostanza». TUTTO FERMO E la sostanza è che nessuno ha fatto passi. Avanti o indietro: «Siamo rimasti civilmente sulle nostre posizioni. Non è stato un tavolo della pace, è stata una riunione in cui ognuno ha ribadito davanti al presidente del Coni le proprie opinioni. Tutto è rimasto come prima». Evidentemente infastidito, Della Valle è stato il primo a lasciare il palazzo del Coni, poco dopo le tredici e trenta, non appena l’incontro voluto da Petrucci è terminato. Non è rimasto ad approfondire o chiacchierare con nessuno, ha salutato colleghi e i rappresentanti delle istituzioni, poi è filato verso l’auto che lo doveva riportare a Fiumicino. Lì lo attendeva un volo per Milano, da dove in serata ha partecipato alla trasmissione televisiva “Porta a porta”, ma questa volta in veste di industriale. TUTTO APERTO Come patron viola, invece, non ha lasciato spazio alla diplomazia o ai giri di parole. Quasi volesse recuperare il tempo che ha avuto l’impressione di perdere, è stato secco con chi gli chiedeva quando si chiuderà Calciopoli. «Noi la riterremo chiusa quando ci verranno riconosciute le nostre ragioni e oggi non ci sono state riconosciute. Quelle della Fiorentina sono nette, nettissime e le difenderemo ad oltranza e nel modo migliore, senza spostarci di una virgola dalle nostre posizioni». TUTTO CHIARO Posizioni che sono poi quelle espresse più volte fin da quest’estate, quando proprio lui aveva lanciato l’idea di un tavolo dove discutere di Calciopoli e dei suoi derivati. Non tornano i conti a Della Valle, non capisce perché nel caotico trambusto del 2006 alcuni abbiano pagato e altri no e in particolare l’Inter, che da quelle vicende ha pure avuto modo di guadagnarci uno scudetto e non solo. Non accetta, il patron viola, che la Fiorentina abbia subito condanne (con i danni che ne sono conseguiti, vista l’esclusione dalla Champions League 2006/07, conquistata sul campo, e la partenza nel campionato successivo con 15 punti di penalizzazione), a parità di violazioni con l’Inter, le cui violazioni sono certificate dalla relazione Palazzi dell’1 luglio, nella quale il procuratore Figc mette nero su bianco a carico del club di Moratti un bel po’ di “articoli 1” e un paio di “articoli 6”. TUTTO FALSO La speranza di Della Valle, che comunque era arrivato a Roma piuttosto disilluso, era di ottenere da parte del Coni almeno una dichiarazione politica in cui si ammettessero i gravi errori commessi durante i processi di Calciopoli. La via d’uscita per lui sarebbe stata solo e soltanto l’ammissione di colpa da parte di Abete o Petrucci che avrebbero dovuto dichiarare ufficialmente che i processi del 2006 sarebbero da invalidare. Oltre che una generale condanna alle squadre che sono uscite rafforzate da Calciopoli, uno scandalo che - secondo Della Valle - ha colpito troppo selettivamente certi club. TUTTO FINITO Petrucci, evidentemente, non gli ha dato soddisfazione. Pur cercando di mediare e pur riconoscendo certe manchevolezze da parte delle istituzioni. Troppo poco per Della Valle che per chiudere l’argomento Calciopoli vuole ben altro. Vuole, per esempio, uscirne senza strascichi penali dopo la condanna di Napoli. E contro quella farà ricorso non appena usciranno le motivazioni della sentenza. E vuole scardinare il famigerato articolo 22 delle Noif che lo sospende dai ruoli ufficiali in ambito sportivo, dopo la condanna penale. Su queste due strade andrà avanti, mentre è probabile che difficilmente si farà nuovamente coinvolgere da iniziativa istituzionali come quella di ieri. Anzi, quasi ridacchia quando gli viene ipotizzato: «Prossimi passi? Quali passi? Ma torniamo a lavorare. Buon Natale a tutti». Le sue ragioni e quelle della Fiorentina ha deciso di tutelarle altrove, dopo essere uscito dal palazzo del Coni con l’etichetta - subito cucitagli addosso nel chiacchiericcio “post partita” - di uomo che ha fatto saltare il tavolo. TUTTO DECISO Etichetta, per altro, inesatta. Perché Della Valle è stato solo il più deciso e incisivo nel delineare le posizioni, stracciando il linguaggio da Prima Repubblica di taluni, con concetti trancianti. Ma la sua intransigenza era la stessa di Agnelli o di Moratti nel difendere le posizioni. E l’assenza di Della Valle non avrebbe certamente favorito un risultato dell’incontro, ma ne avrebbe solo allungato l’agonia. ___ Motivazioni di Napoli il prossimo passaggio di GUIDO VACIAGO (Tuttosport 15-12-2011) ROMA. Calciopoli non si sarebbe comunque chiusa ieri. Perché l’iter giudiziario iniziato cinque anni fa ha davanti a sé un percorso che potrebbe durare ancora un paio di anni, il tempo per arrivare alle sentenze penali di secondo grado e per risolvere tutte le altre pendenze. RADIAZIONI La prima a essere presa in considerazione sarà la questione delle radiazioni di Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Innocenzo Mazzini, i cui ricorsi contro la decisione della giustizia Figc verranno presi in considerazione dall’Alta Corte del Coni nelle prime settimane di gennaio. Nei prossimi giorni verrà probabilmente fissata una data dopo che tutte le memorie verranno depositate. MOTIVAZIONI Ai primi di febbraio (probabilmente il 6 o il 7) dovrebbero invece arrivare le motivazioni della sentenza penale del processo di Napoli, nel quale Moggi è stato condannato a cinque anni e quattro mesi. Fra le pieghe di quelle pagine, che sta preparando il giudice Teresa Casoria, potrebbero esserci degli elementi interessanti in chiave appello (a cui Moggi ricorrerà) e anche in chiave strategia Juventus. Perché se la Casoria riconoscesse che Moggi agiva non per conto della società ma per fini personali, la dissociazione organica potrebbe diventare un grimaldello per dimostrare davanti al Tar che la Juventus è stata danneggiata ingiustamente dai processi sportivi. APPELLI E a proposito di Tar e del ricorso milionario dei bianconeri contro la Figc (443,7 milioni di euro), la questione dovrebbe essere presa in esame entro un anno, quindi molto probabilmente subito prima o subito dopo la prossima estate. Prima di allora ci sarà modo di conoscere la sentenza d’appello del processo a Giraudo (che viaggia parallelo a quello di Moggi in conseguenza della scelta del rito abbreviato da parte dell’ex ad bianconero), che verrà celebrato a partire dal 21 marzo e dovrebbe finire entro maggio con tre o quattro udienze al massimo. ___ Moratti sereno «Un incontro costruttivo...» di SIMONE DI STEFANO (Tuttosport 15-12-2011) ROMA. «La svolta deve farla il tavolo, non l’Inter: entro qui con lo spirito di ascoltare, collaborare per costruire qualcosa di meglio». Così si augurava Massimo Moratti poco prima di varcare la soglia del palazzo H del Coni e immergersi in quasi cinque ore di discussione su Calciopoli. Alla fine gli è riuscita la prima parte del proposito iniziale: ha ascoltato e detto la sua, ma costruito davvero pochino. E alla fine dribbla: «Sinceramente mi sembra maleducato parlare prima del Coni, ve ne parlerà Petrucci di quello che è emerso dal tavolo. Se è stato costruttivo? Direi che tutto è sempre costruttivo, ma ripeto, parlerà il presidente del Coni». E poco dopo il presidente del Coni ha sostanzialmente autocertificato gli scarsissimi risultati della lunga mattinata. Moratti ha poi ripreso il suo aereo privato ed è tornato a Milano nel pomeriggio. In fondo, è forse l’unico che ha vinto, perché il mantenimento dello status quo significa per lui tenersi il contestatissimo scudetto 2006. Come dire: un altro scampato pericolo di una anche solo parziale revisione di Calciopoli. NATALE AL CONI Più deluso, invece, De Laurentiis che pare abbia borbottato uscendo dal Coni: «Ma che cosa ci sono venuto a fare?». Si aspettava di parlare di futuro, si è trovato invischiato in un vortice di recriminazioni su un passato lontanissimo da lui. E c’erano pure la Ferilli e De Sica che lo aspettavano in un albergo romano per la presentazione del cinepanettone. Il suo “Natale al Coni” è stato invece un polpettone di cinque ore, più simile a un fantozziano film cecoslovacco sottotitolato in russo. E pensare che era arrivato gasatissimo: «Lo chiamate tavolo della pace, io preferisco chiamarlo tavolo della ripartenza: basta con le chiacchiere, il calcio italiano ha bisogno di un attestato di credibilità. Chi non è stato invitato? Non so, chiedete a lui, per quanto mi riguarda non sono sorpreso della mia convocazione, sono un rappresentante del calcio italiano e ho sempre parlato di innovazione». ___ Petrucci: «Non basta la buona volontà» Il presidente del Coni: «Le ferite sono ancora troppo profonde ma non è stato un fallimento» di GUIDO VACIAGO (Tuttosport 15-12-2011) ROMA. La delusione lo travolge fino quasi a incrinargli la voce mentre racconta il fallimento del tavolo. Alla fine della maratona, solo la buona fede e l’ottimismo sorreggono il presidente del Coni Gianni Petrucci, che se fosse un allenatore potrebbe sostenere di essere stato sconfitto dal risultato, ma non dal gioco espresso. Perché, in fondo, portare quei cinque intorno a un tavolo e farli parlare per quasi cinque ore di per sé rappresenta un traguardo e, forse, un timidissimo semino gettato per il futuro. Certo, nell’immediato, il fallimento dell’incontro è assai più lampante e le parole di Della Valle non lasciano dubbi all’interpretazione. VICOLO CIECO Tant’è che lo stesso Petrucci inizia una mesta conferenza stampa spiegando: «Passi in avanti non ce ne sono stati, la buona volontà purtroppo non è stata premiata. Sarebbe demagogico e facile definirla come la sconfitta del calcio italiano, ma non voglio farlo, anche perché ho la coscienza a posto, avendo messo cuore ed entusiasmo e non me la sento di prendermela con i presidenti che da parte loro si sono comportati con civiltà. Certo, le posizioni sono inconciliabili e anche dopo cinque ore di discussione non è stato possibile avvicinarle. Evidentemente le ferite sono ancora troppo profonde e le conseguenze di quelle ferite hanno avuti pesanti ricadute». Quasi spaesato dal vicolo cieco in cui si è ritrovato, il presidente del Coni mantiene l’ottimismo («Magari qualcuno penserà che sono matto, qualcuno dirà ironicamente: beato te, ma io sono convinto che qualcosa è stato comunque fatto e magari in futuro si potrà fare ancora qualcosa»), ma sui prossimi passi è incerto. Ride amaro: «Certo prima di organizzare un altro incontro ci penserò un bel po’. Anche perché mi aspettavo un esito diverso, quando avevo fatto mio l’appello di Andrea Agnelli». INDIETRO Con qualche velato riferimento alla gestione commissariale del 2006, che vista alla luce dei fatti non risulta del tutto brillante neppure agli occhi di Petrucci, il discorso del presidente del Coni prosegue fra rimpianti, riflessioni a voce alta e citazioni dal Vangelo: «Nessuno che ha messo mano all’aratro deve guardarsi indietro», sospira con il riferimento alla stragrande maggioranza del tempo trascorso riuniti a discutere di eventi del passato, ma poi riconosce: «L’obiettivo numero uno era di chiarire quegli argomenti e quindi è giusto esserci soffermati così a lungo. Anche senza aver raggiunto un risultato proveremo a guardare avanti è stato un tentativo non riuscito e basta. Detto questo, il passato deve essere chiuso e bisogna pensare al futuro. Andrò avanti per la mia strada, presumo e mi auguro con il presidente Abete, ma è chiaro che sono molto dispiaciuto, anche se non ho nulla da recriminare e per questo sono sereno. Non è una grande soddisfazione perché avrei voluto un altro risultato finale, ma ci proverò finché avrò la responsabilità dello sport italiano». AVANTI A questo punto, per lui, si presenta la spinosa circostanza di doversi presentare davanti al Governo senza poter portare con sé qualche risultato dall’incontro di ieri. Alla vigilia del tavolo aveva incontrato il ministro dello sport Gnudi che gli aveva espresso vivo interesse per il tavolo. Le istanze del calcio italiano davanti al nuovo governo, dalla riforma della Legge 91 alle problematiche relative a stadi e diritti tv, avrebbero sicuramente avuto maggiore peso e spessore se fossero arrivate sull’onda di una pax ritrovata. Petrucci, tuttavia, non è scoraggiato: «Mi presenterò al governo con la faccia di ha provato a trovare una soluzione, senza nessuna vergogna per non aver ottenuto il risultato». D’altra parte, pace o non pace, i problemi del calcio italiano rimangono quelli e il futuro di cui parla Petrucci deve, effettivamente, essere costruito. Sarà solamente più difficile farlo sull’accidentato terreno delle questioni irrisolte e non per la testardaggine o la follia di qualche presidente, ma per la cortina fumogena alzata dalla politica e dalla giustizia sportiva con lo strumento dell’incompetenza. Per la cronaca, ieri sera Gnudi e Petrucci si sono incontrati alla Messa di Natale degli sportivi, una coincidenza a suo modo simbolica per sperare nel futuro. ___ Abete: «Un confronto civile» art.non firmato (Tuttosport 15-12-2011) ROMA: «Ho parlato a lungo con Andrea Agnelli, e posso dire che i rapporti personali sono di grande serenità e trasparenza. Certo, c’è questo ricorso al Tar, e noi faremo la nostra parte, contrastandolo in maniera serena e civile sulla base delle nostre argomentazioni. Un eventuale passo indietro della Juve? È una considerazione che farà la società bianconera, se e quando lo riterrà opportuno. Non c’è una situazione stressata». Così il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, ha risposto a proposito del ricorso al Tar avanzato dalla Juventus, che chiede alla Figc 443 milioni di euro. «Noi siamo un organo super partes Abbiamo la coscienza a posto, abbiamo fatte le cose in buona fede e con trasparenza. Calciopoli l’ho combattuta prima, e ora mi trovo a combattere gli effetti. Non ci sono fondi stanziati per fare fronte a questo ricorso, perché significherebbe fermare la federazione per due o tre anni, considerando che gli introiti ammontano a circa 180 milioni di euro l’anno. Inoltre se la Figc costituisse un fondo rischi ad hoc, questo evidenzierebbe una preoccupazione per un percorso che finora è stato di grande linearità». Sull’incontro, Abete ha poi aggiunto: «Dello scudetto del 2006 si è parlato solo in modo incidentale perché il problema è collegato ad una situazione che ha determinato il commissariamento della Federcalcio. C’è stata grande civiltà e serenità di confronto. Il rispetto è cresciuto, ma la situazione di conflitto con posizioni differenziate è rimasta». ___ IL TAVOLO DELLA PACE La Juve non molla Resta il ricorso milionario ma Agnelli vede ancora una soluzione di GUIDO VACIAGO (Tuttosport 15-12-2011) ROMA. La Juventus va avanti per la sua strada. Anzi, le sue strade: i ricorsi restano lì e la squadra deve vincere contro Novara e Udinese per chiudere l’anno in testa alla classifica. E non è un caso che Andrea Agnelli inizi la sua giornata al Coni per discutere di Calciopoli e la chiuda a Vinovo per parlare alla squadra, ribadendo concetti già espressi nelle ultime ore: «Sapete cosa dovete fare, andate avanti così». Il passato e il futuro abbracciato in poche ore, con uno sguardo ottimista. Perché nel fallimento del tavolo, Andrea Agnelli ha comunque intravisto la possibilità di trovare una via d’uscita a Calciopoli. Questione di punti di vista, forse di sensazioni, perché come gli altri protagonisti anche il presidente della Juventus ha dovuto constatare che risultati concreti non se ne sono raggiunti. Ma a mente fredda e con un po’ di buona volontà, Agnelli, ispirato dalle quasi cinque ore di discussione, ha immaginato un passo indietro di tutti i protagonisti che spingerebbero lui a farne anche due, o - meglio - 444 milioni. DOCUMENTO Forse anche più dello stesso Petrucci , parso quasi sconsolato nel dopo incontro, è Agnelli a interpretare come un evento positivo anche solo il fatto di aver messo intorno a un tavolo i protagonisti di Calciopoli, sdoganando per la prima volta certi argomenti. A partire dal fatto che i processi del 2006 furono tutt’altro che una cosa seria. Perché su questo argomento c’era addirittura la disponibilità del Coni a stilare e firmare un documento. Per certi versi un passo avanti clamoroso, perché l’ammissione che 5 anni fa non fu fatta piena giustizia da parte del capo dello sport italiano è una svolta epocale, anche se attutita dal politichese con la quale veniva espressa. Tant’è che è proprio sulla forma che il documento si è incagliato, finendo accartocciato nei cestini. «Scriviamolo in modo che possa essere compreso anche da un tifoso della curva», ha detto Della Valle , criticando la fumosità politica con cui il Coni voleva formulare i concetti. Ma, ovviamente, di fronte a frasi più nette si è impuntato Moratti , che ha sempre difeso la sua linea del Piave del «ci sono state delle sentenze e vanno rispettate». E il naufragio del documento fa sbuffare Della Valle, getta il seme della speranza in Agnelli che prende e porta casa la disponibilità delle istituzioni a riconoscere almeno una parte delle storture e delle contraddizioni, contenute nelle sentenze del 2006. CAPITALE Lo stesso Galliani , nella discussione, pare abbia buttato lì frasi in appoggio alle teorie bianconere: è ancora per colpa delle sentenze di Calciopoli, la Juventus ha messo insieme due settimi posti, il concetto espresso dall’ad rossonero. «Se per questo pure 2 aumenti di capitale da oltre 100 milioni l’uno», ha aggiunto con amara ironia Agnelli. D’altronde, si sono trovati parecchie volte dalla stessa parte il presidente della Juventus e Galliani. A un certo punto, quando la discussione divampava sullo scudetto 2006 e si chiedeva a Moratti di rinunciarvi in virtù della relazione Palazzi , pare che l’interista abbia detto che quel titolo era un risarcimento per il ‘98 e il 2001 e in generale per i campionati falsati. Al che, sempre senza eccedere nei toni, Galliani ha ricordato a Moratti che “quella Juve” e “quel Milan” erano squadre che disputavano la finale di Champions. . . LA FIGC Spigolature del tavolo, che in ogni caso ha trovato in Agnelli e Moratti i partecipanti forse più attenti a non trascendere nelle rivendicazioni e diplomatici nel porre tutte le questioni. Si sono perfino scambiati le sigarette, entrambi fumatori, con un gesto che a volerci ricamare poteva essere interpretato il calumet della pace. D’altra parte Agnelli ha ribadito più volte come lui e la Juventus non ce l’abbiamo con l’Inter, di nuovo battezzata un «danno collaterale», ma con chi, fra le istituzioni sportive, non ha saputo dare una risposta alla richiesta bianconera di equità. Agnelli, insomma, ce l’ha soprattutto con la Figc, con le sue decisioni frettolose del 2006 e le sue lentissime non decisioni degli anni a seguire. RISARCIMENTO E forse è anche di questo che ha parlato con Abete al termine della riunione. Argomento fondamentale il ricorso da oltre 400 milioni al Tar. Apparentemente la Figc non è preoccupata, visto che non ha previsto nessun accantonamento o assicurazione per coprire l’eventuale risarcimento, ma un po’ di turbamento c’è. D’altra parte, c’è chi mormora che qualora arrivasse un’altra condanna nel processo d’appello di Giraudo (il 21 marzo) la stessa Figc potrebbe citare la Juventus per danni, mettendosi “in pari” con l’altro ricorso. Ma sull’aereo che lo ha riportato a Torino, Agnelli è riuscito a caricare pure la speranza che i capi di Stato (cioè i presidenti) riescano a trovare un accordo. E’ il solito problema dei passi indietro: qualcuno deve fare il primo perché inizi la danza. E per ora non è partita neppure la musica. ___ Aumento di capitale: la Consob autorizza art.non firamto (Tuttosport 15-12-2011) Ieri la Consob ha autorizzato la pubblicazione del Prospetto Informativo relativo all’Offerta in opzione e all’ammissione a quotazione sul mercato telematico azionario organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A. di azioni ordinarie di Juventus Football Club S.p.A. rivenienti dall’aumento di capitale di massimi € 120 milioni deliberato dall’Assemblea straordinaria del 18 ottobre 2011 (“Offerta”).