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andrea

Tifoso Juventus
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  1. Il fratello di Lapo e Ginevra non esclude infatti di lasciarsi alle spalle il settore dell’auto, da sempre core business di famiglia, prima con la Fiat, poi con Fca. Andasse in porto la fusione macroniana tra Stellantis e Renault, John Elkann potrebbe dismettere definitivamente le vesti del “fortunato erede” per indossare quelle dell'imprenditore-finanziere che vuole creare la “sua” leggenda digitale e non vivere della luce riflessa del nonno analogico. Come Dago-dixit, prossimamente è atteso un annuncio di Elkann che avrà un rimbalzo mondiale per un investimento di Exor definito da alcuni "futurista"... (Dagospia)
  2. Quote scudetto oggi: Inter 2 Juve 4 Napoli 4,50 Milan 7,50
  3. Qualcuno ha chiesto a Marotta perché ha detto di stare lontani dalle telecamere?
  4. L’enciclopedia di Motta Fatica Gasp, difesa Mou e palleggio in stile Barça di Luigi Garlando · 4 ott 2024 Seconda fase A Lipsia è nata la sua Juve che ora diventerà più bella, sfruttando Yildiz e la qualità della rosa Al culmine della felicità, nella confusione degli abbracci, Federico Gatti, il più allegriano di tutti, ha mollato una gomitata involontaria a Thiago Motta e gli ha fatto crescere un bernoccolo in fronte: il cavallo del corto muso è diventato un magico Unicorno. In quel momento, a Lipsia, nell’euforia empatica dell’impresa, nasceva la Juve di Thiago che dovrà ancora evolversi e maturare, ma intanto esiste, indipendente da ciò che c’era prima. Che razza di mister è il ragazzo di Sao Bernardo do Campo? Come tutte le persone intelligenti, Thiago ha assorbito molto. Ha riempito una valigia di conoscenze durante il lungo viaggio professionale e ora le sta ricomponendo per la Signora. Gasp e la fatica Da Gian Piero Gasperini (Genoa, 2008-09) ha imparato la cultura del lavoro e il valore della fatica. Non è che adorasse allenarsi, ma passato all’Inter di Mourinho, richiamava spesso il suo vecchio mister per farsi dare razioni di lavoro supplementare. Ecco perché alla Juve ha spiegato subito: «Gioca chi ha lavorato meglio in settimana». Senza distinzioni di caste. Ecco perché ha dato subito spazio ai ragazzini, senza guardare in faccia a nessuno. Come Gasp che, all’inizio, riempì l’Atalanta di Gagliardini. Tatticamente no. Nonostante Calafiori possa sembrare l’evoluzione dei braccetti gasperiniani, Thiago ha perfezionato uno spirito di gioco diverso. Gasp ama fare possesso in attacco, verticalizzare, arrivare in fretta dall’altra parte. Motta ama la costruzione bassa, ragionata, palleggiata, che apre spazi, ma che è già un modo di difendersi, tenendo la squadra corta e compatta. In questa lezione rientra il magistero olandese di Van Gaal e Rijkaard (Barcellona, 2001-07) e, più in generale, i principi del calcio totale seminati in Catalogna da Cruijff che avrebbero germogliato il tiki-taka di Guardiola. Lo studio della fase difensiva è stato affinato naturalmente nell’Inter del Triplete dove ha imparato come una difesa tosta e ben organizzata può disinnescare il luna-park del Pep al Camp Nou. Mou e la difesa La vita juventina di Thiago è cominciata proprio dalla messa a punto di una difesa d’acciaio, l’unica imbattuta nei 5 campionati top, per dare continuità a ciò che di buono gli ha lasciato Allegri e, più in generale, per rispetto della tradizione bianconera che si è sempre riconosciuta in una squadra solida, concreta, simbolo di una città industriale, produttiva. Da Mou, Motta ha imparato anche una gestione carismatica e indipendente da condizionamenti interni ed esterni. Si poteva pensare che cercasse subito la sponda dei connazionali (capitan Danilo, Douglas Luiz...) o dei senatori per creare una cerchia di pretoriani. Invece ne ha lasciati seduti un sacco, non si è fatto problemi a sostituirli e ha mandato in campo Savona, Mbangula, Cabal, Rouhi... A Lipsia ha giocato la Juve di Champions con l’età media più bassa di tutta la storia. Messaggio chiaro e forte: la linea di partenza è uguale per tutti, nessun privilegio. Al primo giorno da mister delle giovanili del Psg (2018), spiegò: «Mi arrabbio se perdete palla, ma molto di più se vi fermate a palla persa e se non aiutate un compagno». Questa mistica del collettivo solidale, che ha già attecchito, spiega il furore con cui la Juve di Lipsia ha ribaltato il risultato in dieci. All’epoca, insegnava ai ragazzi parigini a leggere la formazione in orizzontale (2-7-2) e non solo verticale (4-4-2), a cambiare cioè punto di vista, come il prof dell’«Attimo fuggente». Aveva già la visione. Oggi, non a caso, l’esterno Cambiaso non corre solo in verticale, ma si accentra e lavora anche in orizzontale. Ora all’attacco Da Mou ha imparato anche a gestire le tensioni. Nel momento più critico, dopo i tre 0-0, Thiago ha mostrato serenità e ha spiazzato i giornalisti anticipando la formazione. Vlahovic ha messo in fila due doppiette. Motta ha già trovato il modo di alimentare un 9 tanto diverso da Zirkzee. Questa è la direzione di viaggio. Difendersi non basta. In dieci, avrebbe potuto inserire Danilo, invece ha arretrato McKennie terzino: «Noi ora andiamo a vincere». Thiago è stato chiamato per andare oltre Allegri, per giocare e divertire con coraggio. Blindata la difesa, dotata la squadra di un’anima forte, ora Thiago deve fare bella la Signora, sfruttando tutta la qualità tecnica a disposizione, a cominciare da Yildiz. Deve portare un po’ di Parigi nella produttiva Torino, le bollicine nella città del vermouth. L’Unicorno è pronto a volare.
  5. andrea

    Gleison Bremer

    Avrei preferito perdere 4-0 ed avere Bremer sano per il resto della stagione
  6. Bella gente https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ultras-mala-rsquo-inchiesta-curve-viene-risolto-410085.htm
  7. https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/si-mette-malissimo-rsquo-inter-rsquo-atto-accusa-pm-contro-410078.htm
  8. andrea

    Gleison Bremer

    https://x.com/MatthijsPog/status/1841613624185356589?t=byD24gJloxD8mDK4c_qSJA&s=19
  9. https://x.com/marcocento83761/status/1841597695418421308?t=BgOg0jZEMm0HE2ceioT5JQ&s=19
  10. https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/zanetti-quot-rapporti-opachi-quot-boss-curva-interista-410031.htm
  11. Se non ci fossero stati anni di sottovalutazione, se non di insabbiamenti, forse non ci sarebbe scappati due morti
  12. https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/ldquo-piscitelli-mi-disse-io-sono-diabolik-risposi-quot-buonasera-410008.htm https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/ldquo-quello-che-successo-curve-inter-milan-409993.htm
  13. Lo sapevamo, siamo onesti serve un esame di coscienza Ma San Siro non è il male Di Beppe Severgnini · 2 ott 2024 Smettiamo di chiamarli tifosi. Chi uccide non è un tifoso. Chi picchia, minaccia e ricatta non è un tifoso. Chi specula sulla passione di tanti ragazzi innamorati di una squadra non è un tifoso. È un delinquente, e alle sue colpe bisogna aggiungere questa: sporca un bellissimo romanzo popolare, capace di divertire e consolare tanta gente. Risse, pestaggi, estorsioni. Un omicidio, e non era il primo. Patti con i clan. Associazione per delinquere con l’aggravante dell’associazione mafiosa. Diciannove arresti. Leggere le cronache del Corriere è impressionante, ma non sorprendente. Davvero non sapevamo che intorno al calcio, non solo a Milano, si muoveva questa melma? Certo che lo sapevamo. Ma era doloroso e lo abbiamo ripetutamente rimosso: è una specialità degli innamorati, in fondo. Ora, però, l’ultima illusione è caduta, a colpi di intercettazioni, immagini inequivocabili e capi di imputazione. Cosa dobbiamo fare? Rinunciare allo sport che amiamo e darla vinta ai delinquenti? Neanche per sogno. La risposta è l’onestà, e l’onestà passa da un esame di coscienza. Devono cominciare i tifosi di Inter e Milan: quelli veri, quelli per cui una squadra è sogni e ricordi, una comunità immaginata cui si resta fedeli per tutta la vita. Quante volte abbiamo considerato coreografico quello che era vietato, minaccioso e pericoloso? Abbiamo disciplinatamente tolto il tappo alla bottiglietta di acqua minerale entrando a San Siro (non sia mai che qualcuno la getti in campo!); e poi abbiamo visto, e magari applaudito, esplosioni paurose, fuochi accecanti, fumogeni che coprivano il campo. È accaduto anche al derby, pochi giorni fa. Quando lo storico capopopolo dell’inter — Vittorio Boiocchi, una lunga fedina penale — è stato assassinato sotto casa, due anni fa, i suoi luogotenenti hanno imposto agli spettatori di svuotare la curva Nord in segno di rispetto. Chi si è rifiutato è stato preso a sberle e a spintoni: davanti ai figli, magari. Era così difficile capire che lo stadio era diventato qualcos’altro? Un quartiere fuorilegge nel cielo di Milano. Non poteva restare appeso lassù. Un esame di coscienza devono farlo Inter e Milan. Intimorite, minacciate, ricattate: certo. Le conseguenze delle azioni dei tifosi durante le partite, per la norma della responsabilità oggettiva, ricadono sulle società. E il sostegno delle curve si sente, in campo: guai se manca. I pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Paolo Storari e Sara Ombra, parlano di «atteggiamenti variabili tra agevolazione colposa e sudditanza». Provo a tradurre: le società conoscevano il mostro, e hanno cercato di blandirlo. Ma i mostri si sfidano, blandirli non serve. La comprensione, per certa gente, è debolezza. Il compromesso, un’occasione per chiedere di nuovo e di più. Un esame di coscienza deve farlo la città di Milano. Le cellule malate del calcio arrivano dovunque. Ci sono bar, ristoranti e locali dove l’incrocio fra musicisti strafottenti e strafatti, sottobosco modaiolo, calcio e muscoli attira i deboli e li brucia. Prendersi certi personaggi come guardie del corpo (vero Fedez?), o posare insieme nelle fotografie (vero ministro Salvini?) significa normalizzare ciò che normale non è. Di questa finzione qualcuno è pronto ad approfittare: chiedendo comprensione quando c’è poco da comprendere; ridendo quando non c’è nulla da ridere. I delinquenti restano delinquenti anche se si ammantano del fascino popolare dello sport. Anzi, meritano più disprezzo: perché imbrogliano. Un esame di coscienza, serio e approfondito, deve farlo lo Stato italiano: le autorità sanno tutto, da anni, eppure hanno lasciato correre. Lo spiegamento di forze davanti agli stadi è un placebo e un’umiliazione collettiva: come se non avessero altro da fare, quei ragazzi e quelle ragazze in divisa. Le norme e le procedure sono inadeguate: fermi e daspo, per certa gente, sono onorificenze. Il sospetto è che tutti i governi, senza poterlo dire, pensassero: chiudiamo il problema nel catino di uno stadio, è il male minore. Errore madornale. Il male tracima, sempre. Quello che è accaduto potrebbe segnare una svolta? È possibile. A Milano — la storia lo ha dimostrato ripetutamente — partono le rivoluzioni italiane. Speriamo accada anche oggi. Perché San Siro non è il male, e il male non è concentrato a San Siro: violenza e malaffare volteggiano intorno a tutte le squadre in tutte le grandi città. Il governo di destra non verrà accusato d’autoritarismo, se prova a estirpare la criminalità dal calcio: gli elettori sono emotivi, ma non sono stupidi. Gli stadi potrebbero tornare a essere luoghi di festa e non covi di malavita: in Inghilterra ci sono riusciti, gli strumenti ci sono. Basta usare la tecnologia, introdurre poche norme intelligenti, applicarle e non girarsi dall’altra parte. Ogni tifoso vero, ogni dirigente serio, ogni tecnico perbene e ogni giocatore onesto non aspetta altro.
  14. https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/si-mette-male-rsquo-inter-ldquo-club-nerazzurro-incapace-409949.htm
  15. Immagino quelli di Oaktree chiedersi:"What's 'ndrangheta?"
  16. https://x.com/Laudantes/status/1841146184888381825?t=JtOlM7fxkQ3QfN4jouJNCQ&s=19
  17. https://x.com/GJustjuve/status/1841091399896186902?t=ypTAbacM7F7d1F4mptBsFA&s=19
  18. andrea

    EL PENTAPLETE

    https://x.com/RidTheRock/status/1841216761905230095?t=_-EQbFYQgt2tmx6mXefq2g&s=19
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