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Pressing

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  1. I media di partito/coalizione stanno sfondando la uallera coi ggiovani del Sud. Puntano a farsi una vita, metter su famiglia, comprare l'auto e la casa col RdC. L'ambizione abita solo negli elettori di FI e Lega Solo i ggiovani che hanno votato centro-dx studiano, fanno impresa e sperano di fare soldi a palate. Speriamo che 'sta scemenza del reddito di cittadinanza venga archiviata velocemente.
  2. Io li ho votati sperando in un'alleanza coi 5S contro la lega.
  3. Le strutture di Torino 2006in che stato sono? Comunque sono due eventi completamente diversi.
  4. Una parte del mondo di sinistra spinge per l'appoggio ai 5s. Movimenti e associazioni di sinistra, nonostante le perplessità, sono comunque favorevoli al RdC. Gli ex elettori del PD votano M5S... I grillini non saranno mai di sinistra, nemmeno la maggioranza dei renziani lo sono, ma su molti territori potrebbero collaborare con tutto quel micro mondo di sx che porta avanti battaglie, più o meno, simili. Cacciari la pensa come Emiliano Massimo Cacciari all'HuffPost: "Il Pd dia il via libera a un monocolore M5S" Per il filosofo è l'unica strada: "Il Partito democratico metta i Cinque Stelle alla prova: non perderebbe consensi, basta vedere i flussi elettorali" Professor Cacciari, dai principali esponenti del Partito Democratico si è levato un coro quasi unanime per dire No ad un accordo tra i dem e il Movimento 5 Stelle per far nascere un Governo. Cosa dovrebbe fare il Pd, vista la situazione di stallo? Credo che l'unica cosa ragionevole per il Pd in questo momento è di dare il via libera a un governo monocolore del Movimento 5 Stelle. Senza entrare a far parte dell'esecutivo, ma riconoscendo che i Cinque Stelle sono i vincitori di queste elezioni e che il Pd ha perso. Lasci che facciano il Governo e li metta finalmente alla prova. Oggi Salvini ha fatto un appello ai dem, sperando che siano "a disposizione per dare una via di uscita al Paese". Il Pd ha rigettato l'offerta. Mossa giusta? Ci mancherebbe che il Pd si metta a fare inciuci in questo momento. Anzi, l'appoggio a un Governo pentastellato serve anche a evitare altri tremendi inciuci tra Salvini e qualcun altro. Il Pd sparirebbe se facesse un accordo con il centrodestra. Ma questo è evidente. Con i Cinque Stelle invece non perderebbe consensi? No. Basta vedere i flussi elettorali: gran parte dei voti persi dal Pd è andata proprio al Movimento 5 Stelle. Tanti dirigenti hanno salutato con particolare trasporto l'ingresso nel Pd del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, con tanto di foto al Nazareno e alla tessera di partito... Ma chi se ne frega, abbia pietà di me. Con questi casini che ci sono nel mondo stiamo dietro alle tessere di Calenda. Non cadiamo nel ridicolo.
  5. Una legge elettorale che assicuri una maggioranza non esiste. ll centro destra è al 37%, migliorando l'attuale legge e portando subito al voto questo pd... I renziani giustamente non vogliono fare da stampella ai 5s e nemmeno alla Lega. Non c'è via d'uscita.
  6. Non ci sono i numeri per formare un governo. Lega e 5S facessero una legge elettorale per cercare di azzoppare il pd e via... Elezioni e che vinca il migliore. O il meno peggio.
  7. il fuoriclasse longevo Roberto Formigoni Intervistato dal quotidiano La Verità poche ore prima del voto che lo taglierà fuori dal Parlamento italiano "Sono il Buffon della politica, non riesco a smettere. Sono come Gianluigi, Francesco Totti e Valentino Rossi. Ho sensazioni assolutamente positive..." 3-mar-18 Mario Borghezio L'europarlamentare leghista affronta a La Zanzara di Radio 24 alcuni grandi temi "L’Africa? È un dato oggettivo che non abbia prodotto grandi geni. Mussolini? Il tempo è galantuomo. Milioni di italiani spingono in questa direzione, e cioè quella di un sano revisionismo storico. Il nazismo? Ha fatto cose importantissime sul piano della ricerca contro il cancro, ma purtroppo non vengono divulgate. Anche sul piano della legislazione ecologica i nazisti sono stati precursori. Questo non significa esaltazione di quel periodo..." 8-mar-18 Toni Chike Iwobi nato a Gusau nel nord della Nigeria non sono rassisti nooooo... aveva ragione Balotelli
  8. Diritto al reddito, oltre le polemiche. Sei anni di battaglie meritano un altro racconto di Daniele Nalbone (Il Salto) Alla fine, non poteva mancare l’immancabile Massimo Gramellini a bollare la questione del reddito di cittadinanza come una mera “promessa elettorale”. E poco importa che la notizia delle file ai Caf per chiedere i moduli per avere 780 euro al mese si sia di fatto rivelata una “fake news”. Tanto basta per deridere – per chi non lo sapesse – non solo chi in queste ore chiede una misura i cui principi, ricordiamo, sono stati stabiliti nell’ormai lontano 1992 dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea ma le circa 100mila persone che nella primavera del 2015 hanno firmato per la campagna di Miseria Ladra, promossa da Gruppo Abele e Libera, che proponeva dieci punti per arrivare a quello che è stato definito il reddito di dignità. «Passare all’incasso». «Illusione». Soprattutto l’assunto per cui il «reddito di cittadinanza verrebbe finanziato anche con le mie tasse». La conclusione del solito Gramellini show ignora qualcosa come 18 milioni di persone a rischio di esclusione sociale, tra cui 4.8 milioni di persone (e 1.2 milioni di minori) in povertà assoluta e 9.1 milioni in povertà relativa (sotto la media mensile di reddito 509 euro). Senza considerare gli oltre 4 milioni di working poors ed i milioni di precari a rischio sfruttamento, anche da parte della criminalità. A tutto questo vanno aggiunti tutti i disoccupati, sempre in aumento, che non hanno più diritto di sostegno al reddito. Parliamo, in totale, del 30% della popolazione italiana. Prendere in giro, ridere delle (finte) file ai Caf per i moduli per chiedere il reddito significa ridere di loro. Singolare, poi, che solo oggi – con il Movimento 5 stelle primo partito d’Italia – la classe politica si sia accorta del tema del reddito. Peccato, però, se ne sia accorta dando una narrazione completamente opposta a quella che meriterebbe. Era il 2012 quando la prima campagna prese piede per introdurre una proposta, seppur iniziale, di reddito garantito. Tutto parte da un principio: quello per il quale nessun essere umano deve “scivolare” sotto una certa soglia economica. La campagna per il reddito del 2012 Nella prima campagna di raccolta firme per una “legge di iniziativa popolare per il reddito minimo garantito” – iniziata nel giugno 2012 – furono ben 60mila le firme consegnate nelle mani della presidente della Camera, Laura Boldrini, che nell’aprile del 2013 incontrò direttamente i proponenti dicendosi non solo «a favore» di una simile proposta ma che avrebbe fatto in modo che l’aula parlamentare discutesse la legge, «a prescindere dal numero di firme raccolte». Oltre 250 iniziative pubbliche dopo, con associazioni e realtà sociali in giro per l’Italia, cadde il silenzio politico. La campagna per il reddito del 2015 Tre anni dopo prese corpo una nuova campagna sociale: “100 giorni per un Reddito di Dignità”, promossa proprio da Miseria Ladra. Questa volte le firme furono centomila. Cento giorni il termine entro il quale, l’obiettivo, arrivare a una legge. A partire dall’esperienza di “Miseria Ladra”, associazioni, enti locali, sindacati, studenti e, con loro, sindaci e giunte comunali si spesero dando vita a un “guida di principi irrinunciabili” utile per un eventuale articolato di legge da proporre in Parlamento. Nella campagna si chiede l’impegno, ad personam, a diversi parlamentari a partire dalla loro firma come sostegno a questa piattaforma che aveva l’intenzione di “mettere insieme” le diverse proposte in campo e unire le forze politiche e parlamentari incontro a una sola proposta e arrivare all’approvazione. Una sorta di “larga intesa” per il diritto al reddito. Le firme di M5s, Sel e Pd. Poi la grande fuga La proposta, così come indicata dalla piattaforma del Reddito di Dignità ottenne le firme di 35 senatori e 91 deputati del Movimento 5 stelle, 25 deputati e 7 senatori di Sel, 6 deputati e 2 senatori del Pd, più altri parlamentari sparsi. Terminata la campagna dei 100 giorni, il silenzio. Nessuno ha dato più seguito alla proposta. Eppure numerose furono le audizioni alla Commissione Lavoro del Senato e in molte di queste la proposta, ciclicamente, tornò a palesarsi. Nonostante ciò le scelte governative – e qui vale la pena ricordare come al Senato e alla Camera sedevano, nello scranno più alto, due esponenti “di sinistra” come Pietro Grasso e Laura Boldrini – andarono in direzione opposta: prima la Social Card, poi il Reddito di inclusione. La discussione in Parlamento di un tema così centrale per contrastare la crisi e restituire dignità a milioni di persone non è mai stato calendarizzato, nonostante il consenso sociale raggiunto attraverso la campagna per il reddito di Dignità. Eppure la Piattaforma c’è, è ancora lì, a disposizione di coloro che, in Parlamento, nei Consigli regionali, nelle Giunte comunali, vogliano rispolverarla. Alcuni retroscena Era il gennaio del 2015 quando Beppe Grillo, Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Nunzia Catalfo, il Movimento 5 stelle al gran completo, entrarono nella sede di Libera, a Roma, per incontrare Don Luigi Ciotti e Giuseppe De Marzo, responsabile della campagna Miseria Ladra. Un incontro per cercare una “quadra” su una prima forma reddito minimo garantito, per iniziare a far fare un passo avanti a tutto il paese. Da lì iniziarono una serie di incontri che portarono, come detto, una larga parte del Parlamento a firmare – a tra maggio e giugno – la Piattaforma. Durante la campagna “100 giorni per il reddito” furono molti i comuni, da Asti a Palermo passando per Napoli, a votare delibere di Giunta a favore del reddito. Era qualcosa più di una semplice testimonianza. Il sindaco di Cerveteri Alessio Pascucci (il più applaudito durante la presentazione di Liberi e Uguali, lo scorso 5 dicembre, al Pala Atlantico di Roma), solo per fare un esempio, non solo fece adottare al suo Consiglio una mozione di sostegno alla campagna “100 giorni per un reddito di dignità contro la povertà e le mafie”, ma addirittura inviò una lettera di sostegno ai sindaci e ai consiglieri comunali dei Comuni della Regione Lazio. All’interno il racconto della “giornata tipo” negli uffici comunali. «Ogni giorno nei nostri uffici incontriamo persone di ogni età che ci chiedono accoratamente un aiuto per riuscire ad arrivare alla fine del mese. Molto spesso ci viene chiesto un posto di lavoro, altre volte un aiuto per pagare l’affitto per non ritrovarsi per strada (…). Tutte richieste relative a necessità primarie e irrinunciabili. Noi, come Sindaci, spesso ci troviamo in forte difficoltà per non saper dare a queste persone delle risposte concrete (…)». Dopo aver presentato le iniziative della Campagna, l’appello per una Legge sul Reddito Minimo: «Sono convinto che un’iniziativa legislativa di questo tipo, oltre che rappresentare un scelta di grande civiltà sul tema dei Diritti, possa rappresentare anche una strategia concreta di lotta contro la povertà e contro i rischi sociali che si legano, come le attività della criminalità organizzata». Lo scontro Renzi – Rodotà Ma proprio il giorno in cui partì la raccolta firme Matteo Renzi, dal palco della festa di Repubblica a Genova, bollò il reddito di Dignità promosso da Miseria Ladra come «incostituzionale». Non solo. «La cosa meno di sinistra che esista». E ancora: «Confermare il principio che l’Italia è il paese dei furbi». Per fortuna ci pensò Stefano Rodotà in persona e rispondergli portando come arma semplicemente la Costituzione, in particolare l’articolo 36: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Dignità. Ed è sullo Stato che grava il diritto al “reddito” e a carico della fiscalità generale il dovere di garantire a tutti un’esistenza dignitosa, in un’ottica redistributiva. Rodotà, tra i primi a sostenere ed a farsi promotore degli obiettivi della campagna Miseria Ladra, smontò poi anche la definizione di «provvedimento assistenzialista» data dall’allora premier al reddito di Dignità: «Da sempre i diritti sociali svolgono una duplice funzione. Da un lato di “assistenza e sostegno”, la cosiddetta libertà garantita; dall’altro di “abilitazione” alla partecipazione alla vita sociale. Si chiama libertà attiva». Nonostante ciò, dopo quell’affondo di Renzi, uno a uno tutti i parlamentari “di sinistra” che firmarono la Piattaforma scomparvero. Lasciando così il Movimento 5 stelle da solo, nel deserto politico, ad affrontare la questione. E trasformando così la misura di welfare contenuta nella Piattaforma nella misura di workfare della quale tanto si sente parlare in questi giorni. Il reddito merita un altro racconto Ora la domanda è: cosa vogliamo fare? Un plurale che non riguarda un generico “noi”, né i giornalisti, né la sinistra. Riguarda “tutti”. Abbandonare il tema del reddito – come fa Gramellini – a un ipotetico voto di scambio, a una mera promessa elettorale, paragonandola al famoso milione di posti di lavoro di berlusconiana memoria, oppure iniziare a discutere di un diritto economico, di contrasto alle povertà, alla precarietà, che rimetta al centro la dignità della persone nell’epoca della finanziarizzazione e delle politiche di austerità che hanno colpito pesantemente le misure di welfare? Perché, per chi non se ne fosse accorto, una proposta sul reddito svincolato dal lavoro rientra pienamente all’interno di un forte dibattito internazionale che si interroga sulla necessità di trovare formule nuove per individuare strumenti di tutela e redistribuzione della ricchezza. Decidete voi. Il dato di fatto è che anche il Kenya, l’India, il Brasile, la Namibia hanno dato vita a sperimentazioni di un reddito di base. Che esperienze virtuose di reddito minimo garantito sono presenti da tempo negli schermi di welfare di tutti i maggiori paesi europei. Poi, a tempo perso, magari qualcuno risponda a una semplice domanda: che fine hanno fatto quei 166 parlamentari che firmarono la Piattaforma con i dieci punti per il reddito di dignità? I dieci punti per il reddito di dignità 1. Un reddito individuale attraverso l’erogazione di un beneficio in denaro e destinato a sostenere la persona, ricordando che i sistemi di redditi minimi adeguati debbano stabilirsi almeno al 60% del reddito mediano dello Stato membro interessato (come espressamente previsto al punto 15 della Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010 sul ruolo del Reddito Minimo, nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa) 2. Individuare i destinatari del Reddito Minimo o di Cittadinanza, considerando che per alcuni è uno strumento di valorizzazione ed autonomia di scelta del proprio percorso di vita, per altri sono necessarie misure di reinserimento sociale e per altri ancora è necessario attivare forme di promozione dell’occupazione. 3. Stabilire una soglia di accesso tale da poter intervenire su tutti coloro che vivono al di sotto di una certa soglia economica (non meno del 60% del reddito mediano equivalente familiare disponibile) ed individuare eventualmente ulteriori interventi specifici, come quelli volti all’affermazione dell’autonomia sociale dei soggetti beneficiari compresi coloro che sono in formazione, cosi da garantire il diritto allo studio e, in particolare, per contrastare la dispersione scolastica e universitaria. Interventi che sono previsti nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea sotto la forma di un “reddito di formazione” sia diretto che indiretto che si affianca al reddito minimo o di cittadinanza. 4. I beneficiari dovranno essere residenti sul territorio nazionale. 5. La durata temporale del beneficio sia destinata “fino al miglioramento della propria condizione economica” o comunque ad una replicabilità temporale dell’intervento cosi da non permettere che si rimanga senza alcun sostegno economico. 6. Non contrapporre il Reddito Minimo o di Cittadinanza, e l’integrazione sociale e la garanzia ad una vita dignitosa attraverso l’obbligo all’integrazione lavorativa. In sostanza che “il coinvolgimento attivo non deve sostituirsi all’inclusione sociale e chiunque deve poter disporre di un Reddito Minimo, e di servizi sociali di qualità a prescindere dalla propria partecipazione al mercato del lavoro” (Relazione per Risoluzione europea sul Coinvolgimento delle persone escluse dal mercato del lavoro – 8 aprile 2009); 7. Incentivare la libertà della scelta lavorativacome misura di contrasto dell’esclusione sociale può evitare la ricattabilità dei soggetti in difficoltà economica. In questo caso il concetto di “congruità dell’offerta di lavoro” e non dunque “l’obbligatorietà del lavoro purché sia” può ben riferirsi alla necessità di valorizzare il soggetto beneficiario ed a trovare tutti gli strumenti utili affinché l’integrazione al lavoro tenga conto delle sue esperienze, delle sue capacità e competenze e dunque a non generare comportamenti di vessazione e imposizione verso il beneficiario. Perché “la causa di un’apparente esclusione dal mondo del lavoro può risiedere nella mancanza di sufficienti opportunità occupazionali dignitose piuttosto che nella mancanza di sforzi individuali” (Risoluzione sul Coinvolgimento delle persone escluse dal mercato del lavoro – 8 aprile 2009). 8. Costruire un sistema integrato, oltre l’erogazione del beneficio economico, con le altre misure di welfare sociale e di servizi di qualità con il coordinamento tra gli organi preposti alla loro erogazione (Regioni e Comuni) così da definire un ventaglio di interventi mirati e diversificati a seconda delle necessità e delle difficoltà della persona e che mirano ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa. 9. Affiancare il Reddito Minimo o di Cittadinanza all’individuazione di un progetto di integrazione sociale individuale condiviso con il beneficiario che lo richiede. 10. Rafforzare i servizi e il sistema dei centri per l’impiego pubblici destinandoli a centri per l’impiego ed i diritti in cui potersi rivolgere anche per l’erogazione del Reddito Minimo o di Cittadinanza. http://www.numeripari.org/diritto-al-reddito-oltre-le-polemiche-sei-anni-di-battaglie-meritano-un-altro-racconto/
  9. Su tutti gli incentivi e su tutte le misure di sostegno è possibile lucrare. Lo sa pure mio nipote(18 mesi). A 'sto punto bisogna smettere di aiutare chiunque. Ognuno deve andare avanti con le sue forze e vinca il migliore.
  10. lo stavo scrivendo io, ho letto te e ho lasciato perdere
  11. Diciannovesima zeppola stagionale. Detta il passaggio al Pipita che si gira alla grande.
  12. Il consigliere economico di Salvini? Un bancarottiere. Chi è l'uomo della Flat Tax Gli scheletri nell'armadio di Armando Siri, fedelissimo del leader della Lega e teorico dell'aliquota unica al 15 per cento che tanto piace agli imprenditori del Nord DI GIOVANNI TIZIAN E STEFANO VERGINE 08 marzo 2018 Una condanna patteggiata per bancarotta fraudolenta. Due società con sede legale in un paradiso fiscale. Un socio indagato per corruzione in un'inchiesta dell'antimafia di Reggio Calabria. È questo il palmares imprenditoriale di Armando Siri, l'ideologo della flat tax targata Lega, l'uomo scelto da Matteo Salvini come consigliere economico. L'Espresso, in edicola da domenica 11 marzo, ha indagato sugli affari privati del neo senatore leghista considerato il padre della riforma fiscale promessa da Salvini: un'aliquota unica al 15 per cento, che nelle speranze degli elettori del Carroccio riuscirà a rivitalizzare l'economia italiana senza mandare a picco i conti pubblici. Responsabile della “Scuola di formazione politica” della Lega, Siri in pochi anni è diventato uno dei fedelissimi del segretario federale, che lo ha infatti nominato responsabile economico di Noi con Salvini. Mister flat tax ha però qualche scheletro nell'armadio, a partire dalla condanna a 1 anno e 8 mesi per bancarotta fraudolenta. Condanna comminata tre anni e mezzo fa dal tribunale di Milano in sede di patteggiamento per il fallimento della Mediatalia, società che ha lasciato debiti per oltre 1 milione di euro. Cosa è successo dopo il voto, quali fenomeni profondi della società italiana hanno prodotto le elezioni e cosa accadrà ora: a queste domande cerchiamo di rispondere nel numero del giornale in edicola domenica 11 marzo. Dal racconto di Massimo Cacciari sul popolo perduto della sinistra italiana ed europea ai "Grillini del Golfo", nuovi padroni del Sud; dalla Leganomics e i suoi ideologi a quel che rimane dopo il terremoto elettorale nell'analisi di storici e politologi, riuniti in un forum dell'Espresso. Infine, la pagina dedicata ai 40 anni dal sequestro di Aldo Moro, per capire meglio l'Italia di oggi Secondo i magistrati che hanno firmato la sentenza, prima del crack Siri e soci hanno svuotato l'azienda trasferendo il patrimonio a un'altra impresa la cui sede legale è stata poco dopo spostata nel Delaware, paradiso fiscale americano.
  13. Centrodestra, Salvini: 'O c'è un governo o la parola torna agli italiani' Intanto è confronto serrato nel centrodestra dopo la presa di posizione di ieri di Silvio Berlusconi che ieri ha, di fatto, aperto a larghe intese. Matteo Salvini, arrivando alla prima assemblea degli eletti del Carroccio chiude. "Senza un nuovo governo si torna a votare? - attacca Salvini - Una cosa alla volta. Sicuramente non si fanno pastrocchi". Sempre d'accordo.
  14. Leu, Geloni attacca: "Abbiamo perso perché anche a sinistra votano per Salvini" Resa dei conti dentro Liberi e Uguali. Fratoianni attacca: assomigliavamo troppo al Pd prima di Renzi, serve un rinnovamento generazionale oppure stop al progetto. La replica dell'ex portavoce di Bersani: un ragionamento renziano di CONCETTO VECCHIO Chiara Geloni, che percentuale ha preso nel collegio di Massa Carrara? "Poco più del 4 per cento. Un tempo era un feudo sicuro dell'Ulivo, ma durante la campagna molti elettori di sinistra mi dicevano: "Stavolta voto Salvini". Infatti, ha vinto Deborah Bergamini di Forza Italia. Il candidato del Pd, Cosimo Ferri, è arrivato terzo. Io quarta" Perché Leu non ha funzionato? "Avevamo individuato il problema, ma l'onda della protesta è stata così grande che ci ha sovrastato: siamo stati percepiti come una sfumatura del Pd, e non come un'alternativa". Il governatore Rossi ha fatto autocritica: "Leu è stata un'operazione calata dall'alto". Ha ragione? "Nessuno di noi cercava un posto. Chi voleva una poltrona è diventato per tempo renziano. Noi non siamo mai saliti sul carro, quando il conformismo era maggiore di adesso. Io non ho lavorato per quattro anni". Però i dati dicono che Leu è stata percepita dall'elettorato come un'operazione di apparato. "Non condivido. Così come non condivido la retorica del servivano facce nuove. Prendiamo Bersani è stato conteso ovunque dai militanti, senza di lui, il risultato sarebbe stato ben peggiore". Però Fratoianni sostiene che Leu era troppo simile al Pd pre-renziano e chiede un rinnovamento generazionale. "Questo è uno schema logico renziano. Noi eravamo un gruppo dirigente, di cui facevano parte Bersani, Civati, Falcone, Fratoianni, Grasso e Speranza, quindi non credo che il problema fosse assomigliare poco alle stagioni precedenti, o essere astrattamente più radicali, altrimenti 'Potere al popolo' avrebbe avuto un'altra percentuale". Ma Leu ha ancora un futuro? "Penso che abbia ancora un futuro la sinistra in Italia" . Della scissione però è importato ad appena il 3% degli italiani. E' pentita? "Non potevamo fare diversamente, visto che il Pd stava andando a sbattere contro un muro, come poi è accaduto". Perché gli ultimi non votano a sinistra, ma Di Maio? "Ma la vera novità del voto è la sinistra che vota Salvini. Persino la rossa Pisa è passata a destra". Con un altro leader al posto di Grasso sarebbe andata diversamente? "Non personalizziamo. La portata della nostra sconfitta è stata talmente grande che nessuno è esente da responsabilità". E ora? Farebbe un governo con i Cinquestelle? "Non mi pare che Di Maio abbia fatto nessuna proposta concreta. Siamo al talk show. Se mi chiede se dobbiamo andarci a parlare, le rispondo "sì, certo", però mi sembra difficile che si trovi una piattaforma comune".
  15. prima del rdc bisogna fare un governo eh... auguri e figli maschi a Giggino
  16. pure i maceratesi vogliono il reddito da spendere sulla riviera del Conero mare, sole, pacche abbronzate e negher a volontà, hotel house è pieno
  17. da capire i requisiti e tutto il resto... REDDITO DI CITTADINANZA EUROPEO. Esiste in: * BELGIO così distribuito: - 613 € per persone sole - 817 € coppie con o senza figli - 957 € con 1 figlio di 10 anni - 1.161 con 2 figli sopra gli 8 e i 12 anni * FRANCIA: - 425 € per le persone sole - 638 € per famiglie con 1 figlio - 765 € coppie con 1 figlio - 893 € coppie con 2 figli * DANIMARCA: - 1.532 € persone sole - 1.912 € monogenitori con 1 figlio - 3.172 € coppie con 1 figlio - 3.280 € coppie con 2 figli * IRLANDA: - 645 € persone sole - 1.073 € coppie senza figli - 1.146 € coppie con 1 figlio -1.219 € coppie con 2 figli * GERMANIA: - 345 € persone sole - 621 € coppie senza figli - 828 € coppie con 1 figlio (10 anni) - 1.035 € coppie con 2 figli * GRAN BRETAGNA: - 669 € persone età minima 25 anni - 881 € coppie senza figli - 1.265 € coppie con 1 figlio (10 anni) - 1.572 € coppie con 2 figli * NORVEGIA : circa 500€ * OLANDA: circa 500€ NIENTE SUSSIDIO: In ITALIA, GRECIA e UNGHERIA non vi è alcuna legge che regoli il reddito minimo garantito.
  18. è l'Europa che ce lo chiede cit. Lo chiede una risoluzione del Parlamento europeo. La relatrice Agea (M5s): “Restituire la dignità ai quasi 120 milioni di cittadini europei che non riescono più ad arrivare alla fine del mese” Bruxelles – Tutti gli Stati membri dell’Ue dovrebbero introdurre regimi di reddito minimo adeguati, dovrebbero garantire anche l’accesso all’alloggio, all’assistenza sanitaria e all’istruzione, dovrebbero fornirne sostegno ai bambini, ai disoccupati, alle famiglie monoparentali e ai senzatetto. Sono i principali contenuti di una risoluzione approvata oggi dal Parlamento europeo della quale era relatrice Laura Agea, capo delegazione del Movimento 5 stelle a Strasburgo. “Il voto odierno – spiega l’europarlamentare – arriva alla fine di un iter lungo e complesso, ma finalmente abbiamo lo strumento giusto per permettere alla Commissione europea di affrontare la questione del reddito minimo di cittadinanza, mettendo sul tavolo la stesura di una direttiva quadro vincolante e valida per tutti, che possa finalmente cancellare una volta per tutte le differenze fra i cittadini europei nell’accesso alle politiche di lotta alla povertà e all’esclusione sociale”. Secondo il Parlamento l’introduzione e il rafforzamento di regimi di reddito minimo in tutti gli Stati membri dell’UE “è uno dei modi più efficaci per far uscire le persone dalla povertà”. La maggior parte dei Paesi dell’UE già dispone di programmi simili, ma non tutti forniscono sufficiente sostegno a coloro che ne hanno bisogno. I deputati esortano tutti i paesi UE a introdurre regimi di reddito minimo o, se necessario, a rafforzare quelli esistenti. Il documento è stato approvato con 451 voti a favore, 147 contrari e 42 astenuti. “Da oggi le istituzioni europee non potranno più voltarsi dall’altra parte quando sentiranno parlare di cittadini in difficoltà, soffocati da un sistema finanziario che invece di fare i loro interessi ha ridotto sul lastrico le loro imprese e le loro famiglie – attacca lAgea – ma saranno costrette ad ammettere che la povertà è un problema europeo e come tale va affrontato”. Per migliorare l’efficacia di queste politiche il Parlamento propone di: fissare un reddito minimo utilizzando la soglia di rischio di povertà e altri indicatori Eurostat; garantire alla misura un finanziamento pubblico adeguato; rendere i regimi di reddito minimo più adattabili alle esigenze dei più vulnerabili; rivedere i requisiti per garantire che siano coperte tutte le persone bisognose. “L’ultima speranza per mettere un freno a questa emergenza senza precedenti è l’adozione in tutti i Paesi di un reddito minimo di cittadinanza che possa restituire la dignità ai quasi 120 milioni di cittadini europei che non riescono più ad arrivare alla fine del mese, incoraggiando politiche economiche espansive che creino occupazione”, aggiunge l’eurodeputata. Secondo la risoluzione i regimi di reddito minimo dovrebbero combinare il sostegno finanziario con un accesso più facile ai servizi sociali pubblici come l’alloggio, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e la formazione. Coloro che possono lavorare dovrebbero essere aiutati ad accedere al mercato del lavoro, poiché un lavoro dignitoso è il modo migliore per combattere la povertà”. “La lotta alla povertà e all’esclusione sociale è il vero obiettivo del mio report, e il reddito minimo di cittadinanza il miglior modo per ottenerlo, attraverso una vera e propria rete di protezione sociale che preveda una struttura più ampia ed articolata per impedire ai più deboli di rimanere indietro. Questo documento porta la mia firma e quella del MoVimento 5 Stelle e racchiude i nomi di tutti i 120 milioni di cittadini europei per i quali è stato scritto: il nostro impegno, la nostra dedizione, il nostro lavoro sono stati, sono e saranno sempre rivolti a loro”, conclude Laura Agea. “L’approvazione di una relazione volta a garantire il reddito minimo come strumento per combattere la povertà è un risultato importante, che mette ancora una volta in minoranza il fronte conservatore al Parlamento europeo”, sostiene l’eurodeputato del Pd Brando Benifei. “Pur non trattandosi di un documento legislativo – continua Benifei – contiene una serie di raccomandazioni da parte del Parlamento europeo alla Commissione e agli Stati Membri. Il Gruppo dei Socialisti e Democratici in Commissione Occupazione ha visto accolti diversi emendamenti che alzano l’asticella degli obiettivi da raggiungere dall’Europa nella lotta alla povertà: almeno il 20 per cento della spesa del Fondo Sociale europeo da indirizzare a politiche innovative per combattere la povertà e l’esclusione sociale, con la possibilità per i fondi strutturali europei di andare ad integrare i regimi di reddito minimo nazionali”. “L’Italia – insiste il parlamentare dem – è già allineata alle migliori pratiche dei paesi europei con l’approvazione del Reddito d’Inclusione, che a partire dal 2018 fornirà un aiuto alle famiglie più deboli, con particolare attenzione alle famiglie con figli minorenni o disabili, a donne in gravidanza e ai disoccupati over 50”. “Un dibattito europeo – conclude Benifei- sulle risorse e gli strumenti disponibili, e un impegno diretto da parte della Commissione europea alla lotta alla povertà, sono sempre più essenziali. Il Pilastro europeo dei Diritti Sociali che sarà approvato a Goteborg il prossimo 17 Novembre, contiene raccomandazioni di ampio raggio. Ora servono concrete misure legislative e fondi sufficienti per trasformare i ‘principi’ elencati nel Pilastro in precisi obiettivi economico-sociali dell’agire comunitario”. L’obiettivo del reddito minimo, afferma il documento parlamentare, non dovrebbe essere solo quello di assistere le persone, ma soprattutto quello di accompagnarle dall’esclusione sociale alla vita attiva. Inoltre è necessario rivedere gli attuali regimi di reddito minimo per affrontare meglio la sfida della disoccupazione giovanile. Nell’Unione europea quasi 120 milioni di persone, circa il 25 per cento della popolazione, sono a rischio di povertà ed esclusione sociale (dati del 2015). I bambini, le donne, i disoccupati, i nuclei familiari monoparentali e le persone con disabilità sono considerati particolarmente vulnerabili. Il Parlamento ha già sottolineato l’importanza dei regimi di reddito minimo a gennaio nella risoluzione su un pilastro europeo dei diritti sociali.
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