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Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
L'IMPRESA DI LAPO ELKANN E ANDREA TESSITORE STA DIVENTANDO GRANDE La holding ha chiuso il 2011 con ricavi consolidati per 10,5 milioni di euro e circa 40 dipendenti. Un significativo salto avanti rispetto agli esordi, nel 2008. L'obiettivo? Chiudere il 2012 con una crescita dei ricavi sino a 14 milioni di euro di fatturato di FILIPPO ASTONE (IL MONDO | 16 Giugno 2012) La holding di Lapo Elkann e Andrea Tessitore ha chiuso il 2011 con ricavi consolidati per 10,5 milioni di euro e un ebitda positivo di 1,5 milioni. I dipendenti sono circa 40. Un significativo salto avanti rispetto al milione di euro del 2008, ottenuto vendendo mille dei famosi occhiali-scultura in carbonio degli esordi, che costavano, appunto, mille euro l'uno. «In base all'andamento delle partecipazioni in questi primi cinque mesi, prevediamo di chiudere il 2012 con una crescita dei ricavi del 30%, posizionandoci intorno ai 14 milioni di euro di fatturato», spiega Andrea Tessitore, l'avvocato 37enne che cinque anni fa ha lasciato una promettente carriera in un grande studio di New York per fare l'imprenditore insieme a Lapo Elkann. «L'obiettivo è di fatturare circa 20-25 milioni nel giro di tre anni». La maggior parte dei ricavi proviene da LA srl, la società operativa che con il marchio Italia Independent è attiva nella produzione e commercializzazione di occhiali di varie forme e colori, nonché di capi di abbigliamento. LA srl è partecipata al 72,5% da LA holding. Altre quote sono in mano di Brama (15%) che cura la produzione, di Tessitore (10%) e del socio operativo Alberto Fusignani (2,5%). Grazie a oltre 140 mila paia di occhiali venduti, nel 2011 LA srl ha fatturato sei milioni di euro, il doppio dell'anno precedente. Il budget 2012 è di dieci milioni di euro. Un obiettivo realistico, visto che nei primi mi cinque mesi del 2012 sono già stati venduti 100 mila paia di occhiali. Legati a LA Srl sono i due progetti di sviluppo commerciale. Il primo riguarda i negozi diretti, che vendono tutti gli oggetti: occhiali, abbigliamento e le altre collaborazioni realizzate o distribuite dal gruppo. A fine giugno ha aperto i battenti il negozio di Bergamo, seguiranno un punto vendita a New York e poi in Giappone e in altre parti del mondo. Il secondo progetto si chiama "shop in shop" e riguarda i negozi di ottica indipendenti dai grandi circuiti come AVANZI o Salmoiraghi & Viganò e alle quali LA srl vuole proporre un originale progetto di affiliazione. «In Italia ci sono molti ottici indipendenti che non esprimono a pieno le loro potenzialità perché non hanno a disposizione gli stessi strumenti di marketing e comunicazione delle grandi catene. Collaborare con noi darà loro molti vantaggi in termini di visibilità e pubblicità», spiega Tessitore, «Ai negozi che ospiteranno i nostri "shop in shop" chIediamo uno spazio a partire da 15 mq, un ruolo di protagonisti in vetrina». L'idea è di aprire circa 35 "shop in shop" entro la fine del 2012 e 60 entro la fine del 2013 solo in Italia. «Una formula che funziona e che porteremo anche all'estero, sottolineando sempre il principale valore aggiunto dei nostri prodotti: essere made in Italy». La seconda partecipazione di LA Holding in ordine di ricavi generati è l'agenzia LA communication, guidata da Alberto Fusignani, che opera col marchio Independent Ideas. Nel 2011 ha fatturato circa tre milioni di euro. L'agenzia si occupa di progetti marketing e comunicazione a 360 gradi. Nel 2010 è diventata famosa per la campagna pubblicitaria sui cartelloni di Virgin Radio, con Lapo Elkann ritratto in una foto come Jim Morrrison a torso nodo e il payoff "Rock save Italy. Nel 2011 tra i tanti progetti ha curato gli allestimenti speciali delle Fiat 500 Gucci e Diesel e ha seguito nuovi clienti come Iveco, Juventus e Caffè Vergnano. -
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Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Processi, rischio rinvio si chiuderà a settembre Le squadre saranno iscritte alle coppe Nessuno slittamento per calendari e campionato di CARLO SANTI (Il Messaggero 25-06-2012) ROMA - Domani sono attesi gli ultimi interrogatori per concludere le audizioni relative al filone di Bari. Marco Rossi, Marcello Sanfelice e Marco Esposito saranno ascoltati dalla Procura della Federcalcio che poi deciderà come istituire il processo. Ma i tempi per chiudere questa ennesima pagina di scaldalo del calcio italiano si allungano - forse anche volutamente nonostante il lavoro sia imponente - e appare impossibile che tutto posso concludersi entro la fine del mese. Il 20 luglio ci saranno i sorteggio per le squadre che dovranno giocare i preliminari delle coppe e per quella data non sarà concluso nulla di questo processo. Se il primo processo, quello che ha emesso le (prime) sentenze la settimana scorsa ma che non è ancora definitivo, è il meno importante dal punto di vista dei protagonisti, manca tutta la parte più seria, diciamo così, quella che coinvolge anche squadre della serie A. Mancano però, a Stefano Palazzi, i riscontri della Procura di Cremona che non ha ancora trasmesso gli atti delle indagini. Sarà poi complicato per gli uomini della Procura della Figc stilare un elenco di convocati per le prossime settimane: tra vacanze e ritiri (anche all’estero) difficilmente i tesserati riusciranno a rispondere. Si finirà a settembre e intanto coppe e calendario andranno per la loro strada. Per quanto riguarda l’Uefa, che gestisce Champions e Europa League, saranno presentate le iscrizioni delle squadre che hanno ottenuto la qualificazione sul campo. I tornei cominceranno e le eventuali sanzioni riguarderanno il campionato. Prendere tempo visto che non si farà in tempo a concludere anche per evitare possibili deferimenti delle squadra «europee». Meglio, quindi, intervenire in agosto e concludere i processi a settembre. Il rischio di deferimenti e poi di assoluzioni c’è e, per la questione etica, la Federcalcio non potrebbe iscrivere all’Uefa una società deferita. Giancarlo Abete, il presidente della Figc, ha affermato che il campionato non avrà rinvii e i calendari verranno stilati, come sempre, alla fine di luglio. Una cosa, in questo processo - o meglio in questi processi - appare chiara: ci saranno molti patteggiamenti. Sarà questa la chiave anche per chiudere più in fretta senza trascinare in ulteriori ricorsi la vicenda. Dicevamo del primo processo e dei patteggiamenti. Il Grosseto ha ottenuto una penalizzazione di 6 punti da scontare nel prossimo torneo. Ma per il club c’era la responsabilità oggettiva. Diverso sarà, nel proseguo del processo, se verrà accertata anche la responsabilità diretta: cambierà tutto. -
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Il colmo dei colmi è il Fatto Quotidiano che riprende la Gazza... P.s. Dopo l'articolo sulla vignetta del Fatto Quotidiano, tra lo sfiduciato Monti ed il maestrino Garlando IMO ne vedremo delle belle. -
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Balotelli King Kong e la vignetta razzista Il più grande giornale sportivo si butta sulla satira razzista contro Balotelli, raffigurato come King Kong appeso al Big Ben e bersagliato da palloni. A voi fa ridere? di M.VI. (Globalist.it 24-06-2012) Mario Balotelli disegnato in versione King Kong a Londra, arrampicato sul Big Ben e bersagliato da palloni da calcio. Se fosse apparsa su Facebook nel profilo di qualche leghista razzista, uno si sarebbe potuto anche indignare. Ma il problema è che questa vignetta, che mi rifiuto di chiamare satira, è apparsa sulla Ġazzetta dello Sport. Opera di Valerio Marini. Mah. . . Capisco che la vena italica non è molto in forma e che per far ridere il tifoso sportivo bisogna attingere ai luoghi comuni più triti e ritriti, ma addirittura il razzismo, no. Che voleva satireggiare Marini? Il fatto che essendo negro è simile a uno scimmione? e dovremmo ridere della trovata? Viene da pensare tutto il male possibile di un ambiente, quello del calcio, che talvolta sembra aver perso il contatto con la realtà. Perché questa vignetta è la parte satirica di una mentalità che negli stadi è accettata: ossia che a Balotelli si faccia buuu (non è razzismo, dicono, è goliardia), che si canti: se saltelli muore Balotelli. E si possano lanciare banane, sempre come elemento di ironia stile Zelig, immagino. Penso che la Ġazzetta debba chiedere scusa per questa orrenda vignetta. E vorrei capire se non c'è neanche uno del giornale che se n'è accorto e che ha detto: no, non si può... Sui social in molti si stanno arrabbiando (...) ___ Sicuri che la vignetta della Ġazzetta dello Sport su Balotelli sia razzista? di ALESSANDRO OLIVA dal blog VIVA LA FIFA (LINKIESTA 24-06-2012) Adesso mi verranno a dire che sono razzista, o che sfrutto certe situazioni per farmi pubblicità, ma sapete com'è: se c'è qualcosa che va detta, va detta. Se no ti resta lì. La questione riguarda una vignetta del bravo (secondo me, non sia mai che voglia inculcarvi chissà quale verità assoluta) Valerio Marini, comparsa sulla Ġazzetta dello Sport di oggi. Il disegno è dedicato a Mario Balotelli, ritratto come un King Kong aggrappato al Big Ben e preso a pallonate. Apriti cielo. Su Twitter la reazione alla vignetta è stata di assoluta e ferma condanna. Elenco solo alcuni esempi, quelli che (secondo me eh) sono i più significativi:" Il negro come una scimmia. Siamo nel 1712 e non me ne ero accorto"; "Vignetta razzista su @ġazzetta_it, che poi si riempie la bocca di moralismo ipocrita verso gli ultras"; "guardatela, non l'ho presa da Libero o dal sito di Forza Nuova. È la Ġazzetta dello Sport" e via di questo passo (se non avete a che fare, leggeteveli tutti qui). Ora, fatemi capire, perché evidentemente il caldo milanese o la mia ristrettezza mentale (vi sto offrendo un sacco di assist per insultarmi, non sprecateli) mi ottenebrano la mente. Balotelli è stato descritto in questi giorni come un uomo solo, che ha fatto terra bruciata attorno ai compagni con i suoi modi di fare. In Inghilterra molti giornali non fanno altro che attaccarlo, che descriverlo come una convivenza nello stesso personaggio di Super Mario e Stupid Mario. Insomma, lo stanno pigliando a pallonate, sia in Inghilterra che spesso e volentieri in casa sua. Si può obiettare: e allora perché scegliere una scimmia per ritralo? Perché (secondo me, eh) King Kong è simbolo della condizione di Balotelli non in quanto ragazzo di colore, ma in quanto persona sola contro tutti, che se la sia cercata o meno. Questo è razzismo? No perché se è così dovrò comprarmi un nuovo vocabolario. A proposito, questa in basso è la vignetta. Come avrebbero detto una volta i telecronisti sportivi di Tele+, "Queste sono le immagini: giudicate voi". ___ ___ Euro 2012 – Putiferio sulla Ġazzetta: “Quella vignetta su Balotelli è razzista” Monta la polemica sui social network dopo la pubblicazione di un disegno che rappresenta l'attaccante italiano abbarbicato al Big Ben come King Kong sull'Empire State Building. C'è chi vuole boicottare il giornale, chi chiede le scuse. La prima firma Garlando: "Infelice e non riuscita" di LUCA PISAPIA (il Fatto Quotidiano.it 24-06-2012) Sta montando un putiferio sui social network. Oggetto della rabbia degli utenti una vignetta a firma Valerio Marini apparsa sull’edizione di oggi della Ġazzetta dello Sport a pagina 23. Nella vignetta è rappresentato Mario Balotelli in versione King Kong. Invece che uno scimmione abbarbicato all’Empire State Building c’è il giocatore della nazionale italiana aggrappato al Big Ben e al posto dei missili gli vengono tirati addosso palloni dal calcio. Perché non banane a questo punto, visto che si paragona uno dei pochi sportivi di colore italiani a uno scimmione? Hai voglia poi a stigmatizzare il razzismo a Euro 2012 o chiedere punizioni severe per chi negli stadi accoglie Balotelli con i versi della scimmia, come fa quotidianamente lo storico giornale sportivo italiano. La vignetta ha suscitato indignazione fin dal primo mattino. Su twitter è partita una campagna in cui s’invitano gli utenti a smettere di seguire l’account della Ġazzetta. C’è chi si chiede come mai certe “schifezze” non vengano controllate prima di essere pubblicate e chi giudica il disegno odierno come certe vecchie vignette “a difesa della razza” di cui si sperava di aver perso la memoria. Nei forum degli appassionati di calcio la gente chiede che il vignettista sia rimosso al più presto. Anche perché la vignetta fa anche poco ridere – segnalano gli utenti del social network – e questo per un autore satirico è veramente il peggio. Tutti insomma pretendono dal giornale e dalla sua direzione rosa delle scuse che, fino a questo momento, non sono ancora arrivate. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto spiegazioni a Luigi Garlando, prima firma della Ġazzetta che da anni segue la nazionale italiana e che con Balotelli ha pubblicato un libro per ragazzi: “Buuu”, proprio per fare in modo che il pallone possa aiutare a dare un calcio al razzismo. “Posso esprimermi solo a titolo personale e allora ti dico che è una vignetta infelice e non riuscita – ci dice Garlando da Kiev – Certo, devo difendere il diritto di satira contro la censura, ma questo è stato proprio un brutto scivolone che non avrei mai voluto vedere sul mio giornale. Certe domande andrebbero fatte al direttore, che ne ha autorizzato la pubblicazione, io non l’avrei mai permesso”. Dato che la frittata è oramai fatta, quello che gli appassionati si aspettano è, come minimo, che domani qualcuno ai piani alti della Rosea prenda carta e penna per chiedere scusa. A Balotelli e ai lettori. Ps: ilfattoquotidiano.it ha provato a chiedere spiegazioni sulla vignetta incriminata alla direzione della Ġazzetta dello Sport per tutto il pomeriggio, ma non ha ricevuto nessuna risposta. ___ Il caso Balotelli come King Kong E' polemica sul web Forti le critiche a una vignetta della Ġazzetta dello Sport che paragona l'attaccante, arrampicato in cima al Big Ben, allo scimmione del noto film. Una trovata infelice dopo i tanti discorsi fatti sul tema del razzismo della Redazione (Repubblica.it 24-06-2012) ROMA - Mario Balotelli che in cima al Big Ben respinge palloni scagliati dagli inglesi. Descritta così, una vignetta che non fa un grosso effetto. Il problema però è la evidentissima associazione di idee con la scena finale del film King Kong (celebre la versione del 1933), quando lo scimmione si arrampica sull' Empire State Building ed invece dei palloni cerca di respingere gli aerei arrivati per abbatterlo. Altro dato importante, non si tratta la trovata ad effetto di qualche testatina a caccia di pubblicità, ma della Ġazzetta dello Sport (vignetta a firma Valerio Marini a pagina 23). La pubblicazione sta scatenando polemiche di ogni tipo su siti e social network. Commenti indignati e, ci permettiamo di aggiungere, giustificati. E' praticamente dalla partenza per l'Europeo che intorno al nome di Balotelli si discute della questione del razzismo. Lo stesso Super Mario aveva detto che in caso di insulti razzisti "sarebbe uscito dal campo", così come è stata pronta e decisa la presa di posizione dell'Uefa a proposito dei cori razzisti riservati al nostro giocatore dai tifosi della Croazia. Gli 'u u u' che troppo volte stanno infastidendo la sensibilità dei più, mutuano di fatto i versi della scimmia. Fin troppo evidente quindi che l'associazione Balotelli-King Kong, magari fatta senza malizia ma con inopportuna ironia, rappresenti uno scivolone che poteva essere evitato. ___ Quella vignetta su Balotelli di ANDREA MONTI (GaSport 25-06-2012) Ieri, alcuni lettori hanno protestato per una vignetta di Marini apparsa nella pagina delle opinioni. Balotelli vi era raffigurato come King Kong, abbarbicato al Big Ben anziché all'Empire State Building, nell'atto di respingere le terribili pallonate degli inglesi. Occorre dire con onestà che non è tra le migliori prodotte dal nostro bravo vignettista. E che, di questi tempi e con questi stadi, una misura in più di prudenza e di buon gusto sono necessarie perché tutto, ma proprio tutto, può essere frainteso. Il giornale è di chi legge: se qualcuno l'ha trovata offensiva ce ne scusiamo, senza nasconderci dietro la sacra libertà di satira. Ma da qui ad accusare la Ġazzetta (e il povero Marini) di cripto-razzismo ce ne passa. Questo giornale ha sempre combattuto il razzismo negli stadi in ogni sua forma e ha denunciato i «buuu» a Balotelli come una forma inaccettabile di inciviltà. Pensare che qualche mente malata abbia voluto insinuare nelle nostre pagine l'equazione King Kong uguale scimmione nero, più che offensivo è francamente strumentale e assurdo. ___ QUI LONDRA QUANDO ANCHE L’ELOGIO È RAZZISTA di LUCA PISAPIA (il Fatto Quotidiano 26-06-2012) È successo un putiferio. Sui social network è montata la rabbia degli utenti a causa di una vignetta a firma Valerio Marini, apparsa domenica a pagina 23 della Ġazzetta dello Sport, dove era rappresentato Mario Balotelli in versione King Kong: invece che uno scimmione abbarbicato all’Empire State Building c’era il giocatore della Nazionale italiana aggrappato al Big Ben, e al posto dei missili gli venivano tirati addosso dei palloni da calcio. Il fatto che sia apparsa su un quotidiano che stigmatizza il razzismo e chiede punizioni severe per chi negli stadi di Euro 2012 accoglie Balotelli con versi da scimmia, non ha fatto altro che aumentare l’indignazione dei lettori. C’è chi si è chiesto come mai certe “schifezze” non fossero controllate prima di essere pubblicate, chi ha giudicato il disegno come certe vecchie vignette “a difesa della razza”, e chi si aspettava che il Balotelli/King Kong nella vignetta dovesse difendersi dalle banane piuttosto che dalle pallonate, dato che l’autore aveva paragonato uno dei pochi sportivi di colore italiani a uno scimmione. La vignetta non è piaciuta nemmeno a Luigi Garlando. La prima firma della Ġazzetta – che con Balotelli ha scritto un libro contro il razzismo – l’ha definita “infelice e non riuscita” aggiungendo che “fosse stata mia la responsabilità, non ne avrei mai permesso la pubblicazione”. CHI NE ha permesso la pubblicazione ha preferito rimandare le scuse in un corsivo, firmato dal direttore Andrea Monti e apparso nell’edizione di ieri del quotidiano, sempre a pagina 23. Bene. La toppa è stata, se possibile, peggio del buco. Dopo aver chiesto scusa a chi si fosse ritenuto offeso, e aver addebitato la rabbia dei lettori non alla pubblicazione della becera vignetta bensì a non meglio specificati “tempi che corrono in cui tutto, ma proprio tutto, può essere frainteso”, il direttore si è scagliato contro “qualche mente malata che ha voluto insinuare che sulle nostre pagine ci sia l’equazione King Kong uguale scimmione nero”. Effettivamente molti lettori del quotidiano rosa che si sono indignati, sono in realtà delle “menti malate”, perché non hanno capito che King Kong non è uno scimmione nero, ma piuttosto un coccodrillo bianco o un coniglio rosa. A loro è suggerito al più presto un ripasso della vera storia del cinema: magari tenuto dal professor Monti. -
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Dichiarazione UEFA sul caso Bursaspor In seguito alla decisione del Tribunale Arbitrale dello Sport del 22 giugno, la squadra turca è stata autorizzata a partecipare alla UEFA Europa League 2012/13. di UEFA NEWS Sabato, 23 giugno 2012, 18.22CET In seguito alla decisione del Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) del 22 giugno 2012, la squadra turca del Bursaspor è stata autorizzata a partecipare alla UEFA Europa League 2012/13. Il 30 maggio 2012, la Commissione d’Appello UEFA aveva squalificato il club dalle competizioni europee per un anno, applicando anche una sanzione di €50.000, per debiti non pagati relativi a operazioni di trasferimento del 2007. L’8 giugno 2012, il Busaspor ha presentato ricorso al TAS, il quale ieri ha decretato che il Bursaspor sarà escluso da una competizione UEFA alla quale si qualificherà nei prossimi quattro anni, ma che la presente esclusione è sospesa per un periodo probatorio di tre anni. La società ha inoltre ricevuto una sanzione di €250.000 euro. La UEFA ha debitamente ricevuto e preso atto della decisione del Tribunale Arbitrale dello Sport, di cui rispetta l’autorità e le sentenze in qualità di organo superiore di giustizia sportiva. Tuttavia, intende esprimere disappunto e sorpresa. Mentre i motivi della sentenza verranno esaminati con la dovuta cura una volta disponibili, la UEFA ribadisce che continuerà ad applicare le regole sulle licenze per club e sul fair play finanziario in modo rigoroso, equo e assiduo. La UEFA è convinta che i club debbano tassativamente pagare i debiti verso le altre società, e vigilerà per garantire che ciò avvenga secondo le sue regole sulle licenze per club e sul fair play finanziario. Questi principi basilari di buona condotta devono essere largamente appoggiati, e non sminuiti, dalle future sentenze del TAS. La sentenza del TAS, pertanto, non incide in alcun modo sull’implementazione delle regole di fair play finanziario, che la UEFA continuerà ad applicare in modo equo e universale. La UEFA sottolinea che le regole sulle licenze per club e sul fair play finanziario sono state appoggiate dall’intera comunità del calcio europeo e che la conformità a tale sistema è fondamentale per salvaguardare gli interessi di club e giocatori, oltre che per tutelare la sostenibilità del calcio in Europa. -
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Milan-Genoa: c'è qualcosa sotto di molto più grosso. Ecco il perchè dei rapporti di Preziosi con Moratti e Galliani di GIANCARLO PADOVAN (TUTTO.MERCATO.WEB 22-06-2012) Perché qualsiasi cosa succeda al Milan - Nesta smette e serve un centrale, si infortuna Muntari e c'è bisogno di un centrocampista - Galliani chiama Preziosi? Dicono: buoni rapporti. Sì, ma in questo caso c'è qualcosa di più, e di maggiormente datato, come testimonia anche l'operazione Boateng. Perché Preziosi compra per i rossoneri? E perché per sostituire Muntari gli ha prontamente fornito Constant? Mi piacerebbe saperne di più. Sono malizioso se ipotizzo che tra i due -Preziosi e Galliani - ci siano interessi di altro genere? Per esempio a proposito dell'oggettistica sportiva e, in generale, dei prodotti sfornati dall'azienda del presidente del Genoa? Cioè è così losco pensare che la Giochi Preziosi lavori per il merchandising rossonero? E sono blasfemo se penso che questi giri di mercato possano ingenerare il sospetto di qualcosa di più complice domani su un campo di gioco? Non parlo di accordi, non parlo di slealtà. Parlo dell'esatta contrario: cioè di trasparenza. Perciò, anche se è ovvio che esistano delle corsie preferenziali tra società, meglio sarebbe che non si creasse una sorta di esclusiva. Anche il mercato, secondo me, dovrebbe avere la sua etica. Al contrario da un po' di tempo mi è chiaro perché Preziosi sia così sostenuto dalle società potenti. Perché ai colleghi potenti (Galliani, ma anche Moratti) ha fatto e continua a far piaceri. Se è una strategia non si può proprio dire non sia vantaggiosa. Se è un caso è un caso fortunato. Prendiamo Destro di cui il Genoa detiene la metà. L'altra metà, come ormai tutti sanno, è stata riscattata dal Siena. Ebbene che cosa ha già fatto sapere Preziosi. Che, ovviamente, chi vorrà Destro dovrà venire a patti con Genoa e Siena. L'avvertenza conteneva anche un avvertimento (al Siena? a eventuali altri offerenti?). Questo: anche in caso di offerta inferiore, l'Inter sarà la squadra che il Genoa favorirà. Continuo a interrogarmi: perché? Possibile che Preziosi sia addirittura disposto a rinunciare a qualche milione pur di dare Destro all'Inter? E se sì, come sembra, per ottenerne quali vantaggi? Qualcuno forse può ipotizzare che il beneficio sia rappresentato dal passaggio in nerazzurro di Samuele Longo, l'attaccante che i nerazzurri hanno interamente riscattato. Ma mi sembra una tattica dal respiro corto. Preziosi vede più lungo e più largo. Chissà fino a dove. -
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SportEconomy.it 20:19 - venerdi 22 giugno 2012 Vulpis interviene su AGICOS sul tema dell'inchiesta NEW LAST BET Il direttore di Sporteconomy, parlando dello scandalo del calcioscommesse, in una intervista apparsa ieri sull'agenzia specializzata Agicos.it, ha criticato la lentezza della giustizia sportiva italiana. Marcel Vulpis, direttore di Sporteconomy, a margine del secondo convegno Sportlab Roma 2012, ha esposto ad Agicos le sue impressioni sugli ultimi capitoli dello scandalo calcioscommesse in Italia. "Questo ’fenomeno' che ha macchiato ancora una volta l'immagine del calcio italiano all'estero, deve essere combattuto sin dalla base: alle spalle del caso 'new Lastbet' c'è la crescita della criminalità organizzata internazionale che ha trovato in Italia quattro mafie che fanno da terminali di raccolta e riciclaggio di denaro sporco. Il denaro che ritorna poi indietro a queste associazioni delinquenziali viene usato per il traffico di armi: la questione è molto seria e nonostante l'impegno delle tre procure (Cremona-Bari-Napoli), c'è un rallentamento della giustizia italiana, che tarda ad organizzarsi per contrastare il fenomeno delle scommesse illegali". Il direttore di Sporteconomy parla quindi delle possibili soluzioni per contrastare le combine sportive. "Ci vorrebbe un coordinamento globale tra organi quali polizia postale e magistratura per provare a mettere fine a questi scandali: non esistono infatti, attualmente, norme severe specifiche in merito né una task-force che si basa sulla severità e certezza della pena. Non esiste quindi velocità di contrasto anche perché i flussi anomali dovrebbero essere segnalati subito e non in ritardo". Vulpis pone poi un quesito sui soldi cash che arrivano dall'estero in Italia, sempre in merito al caso Lastbet: "Come è possibile che tutto questo denaro liquido possa arrivare in Italia senza incontrare ostacoli? Dove è andato a finire il controllo della Polizia Transfrontaliera? Declan Hill nel suo libro "CalcioMafia", aveva già ampiamente previsto il traffico di soldi dall'Asia all'Italia nel settore dello sport". Marcel Vulpis conclude il suo intervento parlando infine della regola della responsabilità oggettiva e delle previsioni sulla chiusura dell'indagine: "Condivido la norma della responsabilità oggettiva perché chi viene a conoscenza di una truffa e non denuncia l'accaduto va squalificato, mentre chi vende una partita dovrebbe essere radiato e i club coinvolti, retrocessi. Sono sicuro però che le mie speranze saranno infrante perché questo scandalo finirà in un nulla di fatto: nessuno purtroppo ha il coraggio di usare la mano pesante". -
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CALCIOSCOMMESSE ALL’ITALIANA I SOLITI TRUFFATORI La ricostruzione della Disciplinare: tra tentativi falliti di combine, millantatori e giocatori Al centro le dichiarazioni di due “pentiti”: Gervasoni e Carobbio Sullo sfondo il mercato asiatico di LUCA CARDINALINI (il Fatto Quotidiano 23-06-2012) Una roba a metà tra John Le Carré e Lino Banfi. Letta l’ultima riga della sentenza della commissione disciplinare sul processo del calcio scommesse, questa è la netta sensazione. A cominciare da quella stretta di mano, a Milano Malpensa, in una fredda mattina di febbraio, tra il singaporiano Poh Hock Kheng, e Luigi Sartor, ex difensore di Roma e Inter, “che subito lo accompagna a casa di Beppe Signori”. Al telefono con l’ex barese Bellavista, Beppegol si lamenta di chi promette risultati che poi non mantiene e minaccia tempi cupi: “Ora dalla Cina andranno a Benevento a dargli una lezione”. A Benevento? E il glamour Alessandro Zamperini? Chiama l’ex compagno nelle giovanili della Roma, Simone Farina, dandogli appuntamento in una pasticceria di Gubbio, dove il play boy di Fregene arriva a bordo di una Porsche bianca. Lo informa di una cupola “fortemente intenzionata a manipolare Gubbio-Cesena di Coppa Italia”. Invece di buttarsi a terra dalle risate, Farina chiede: chi? La risposta di Zamperini è l’incipit di una barzelletta: “C’è un gruppo asiatico, a capo c’è un indonesiano, i soldi li porta un macedone, vogliono fino alla morte l’over del Gubbio”. TUTTO il processo si basa sulle dichiarazioni dei due “pentiti” Gervasoni e Carobbio. Prima di Pisa-Albinoleffe (marzo 2009), Gervasoni invita con un sms alcuni compagni di squadra a casa sua, alla periferia di Bergamo. Ci tiene talmente all’intimità di quel raduno di amici, che subito dopo aver detto “ciao”, li invita a spegnere i telefonini e a lasciarli insieme ai soprabiti al piano di sopra, e poi filare nella taverna dove inizia a parlare della rava e della fava, per poi arrivare al dunque: 15 mila euro a testa per far vincere il Pisa. Narciso e Cellini non ci stanno, Ruopolo è titubante, ma non “tituba” più. I 15 mila euro vengono consegnati in una busta, all’uscita dallo stadio, dopo la doccia. Per Albinoleffe-Ancona, si muovono i giocatori da soli. Un paio calciatori dell’Ancona, Comazzi e Turati , contattano Gervasoni che va dai suoi e propone la sconfitta. Incredibile: nessuno è disponibile, nemmeno Carobbio. Lungi dal cadere in depressione, va da solo, incassa 15 mila a Legnano e altri 5 mila due giorni dopo al casello autostradale di Lainate. Torino-Grosseto , stavolta è Carobbio a organizzare la combine, in un pranzo al centro di Grosseto, ma la paga avviene nell’hotel del ritiro vicino Torino, di notte, come racconta Conteh: “Dormivo in camera, a un certo punto entra Carobbio e mi dice di andare nella stanza numero X, vado trovo la stessa persona che in occasione di Pisa-Albinoleffe mi offrì dei soldi all’interno del suo Suv nero, mi diede 15 mila euro in banconote da 500”. Altre volte sono le stesse società a progettare il “car sharing”. Per taroccare Ancona-Grosseto , due calciatori toscani, Joelson e Turati, si sono mossi dal ritiro di Norcia fino al capoluogo marchigiano, per concordare il risultato, a bordo di un’auto messa a disposizione dal direttore sportivo della società, Iaconi. Quell’altra macchina, invece, in direzione Ancona, è stipata di calciatori del Mantova: Gervasoni, Locatelli, Bellodi e Nassi. Vanno a incontrarsi con Salvatore Mastronunzio, bomber dei marchigiani. L’accordo non arriva. Così, la sera seguente, “furono i giocatori dell’Ancona a recarsi presso l’albergo di quelli del Mantova che li seguirono con la macchina messa a disposizione dal dirigente Magalini, fino a un parcheggio un po’ nascosto”. DELLA COMBINE per Albinoleffe-Piacenza, Cassano, Passoni e Rickler, chiedono addirittura al proprio direttore sportivo, De Falco, “l’approvazione in ordine alla decisione di pareggiare”. Dell’accordo viene a conoscenza Federico Cossato, ex attaccante del Chievo. Il colpo da Topkapi però doveva essere Novara-Ascoli, aprile 2011. Gli zingari avvicinano Micolucci e gli propongono: 40 mila euro per l’over 2,5. 80 mila per l’over 3,5 e – bum – 100 mila per il risultato esatto. Micolucci “in un incontro notturno” all’uscita autostradale di Ascoli, riceve 20 mila euro. La gara però va male, bisogna ridare i soldi indietro, che Micolucci consegna al tramite Bertani, attaccante del Novara, arrotolati dentro un asciugamano. Nel tritacarne finisce anche Rijat Shala, che Gervasoni indica tra i beneficiari della stecca di 150 mila euro per Chievo-Novara. Nel primo interrogatorio Gervasoni parla di “Ventola, Bertani e qualcun altro”, nel secondo parla di “forse anche quell’albanese che gioca nel Novara ”, nel terzo dice “ora che me ne fate voi il nome, dovrebbe trattarsi di Shala”. Che è svizzero, di origini kosovare. Pisa-Monza, taroccata da due calciatori della Cremonese, il solito Gervasoni e Stefani. Sono gli asiatici a muoversi, ma salta tutto “perché le quote dell’over 2,5 del Pisa, sul mercato asiatico, sono crollate all’improvviso”. -
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Abete: «Nessuno slittamento E sulle coppe decide la Uefa» «Impensabile far cominciare in ritardo i campionati». Caso Salerno: approvata la norma transitoria sull’artcolo 16 bis, via libera a Lotito di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 23-06-2012) ROMA. Partiamo dalle cose turche, perché potrebbero interessare anche noi. La Uefa ha accolto il Fenerbahce nella prossima Champions League, nonostante il coinvolgimento del suo presidente Aziz Yildirim (ora agli arresti) in uno scandalo di gare truccate. Ciò offre l’assist per alcune valutazioni sui club italiani (come Lazio e Napoli), qualificati nelle coppe ma coinvolti in Scommessopoli. La Figc sembra confidare in valutazioni simili, e ieri anche il presidente federale Giancarlo Abete , a margine del Consiglio Federale, ha sì escluso di «aver mai parlato con Platini delle società da iscrivere alle coppe europee», ma ha anche confermato che lo scorso 15 giugno la Uefa ha accolto le nostre squadre, anche se le potrebbe squalificare “sub judice”. C’è, però, un passaggio: «La Uefa - dice Abete - fa valutazioni diverse tra illecito diretto o indiretto». È lo stesso ragionamento del segretario Uefa, Gianni Infantino , quando osserva: «La penalizzazione porta all’esclusione dalle coppe, a meno che il club non dimostri alla Disciplinare la sua completa e totale estraneità». Ma nell’anomalia del Calcioscommesse, spesso i club sono penalizzati per responsabilità oggettiva perché vittime dei giocatori «infedeli». Servirebbe una motivazione “morbida” della Disciplinare per salvare dall’euro-esclusione? I tempi del processo sono lunghi, ma sull’inizio regolare dei campionati Abete sbarra: «Slittamento? Non è prevedibile». Il secondo grado del processo bis parte il 2 luglio, e Palazzi lunedì potrebbe rendere noti nuovi nomi da interrogare. Anche eccellenti, perché Abete ha spiegato: «Da Cremona sono arrivati nuovi documenti. . . ». OK SALERNO Approvata ieri dal Consiglio Federale una norma transitoria di 6 mesi per discutere della modifica dell’articolo 16 bis delle Noif, che vieta di possedere due club professionistici. Interessato Lotito , proprietario sia della Lazio che del Salerno, che comunque potrà essere iscritta in Seconda Divisione. Il caso dei campani è particolare (squadra acquistata in Dilettanti e poi promossa in Pro), mentre per il resto «troveremo una soluzione tecnica», dice Abete. L’Aic chiede le seconde squadre in Lega Pro, che invece è disponibile alla sola compartecipazione. Abete ha anche sollecitato Serie A e Aic a trovare l’accordo sul Contratto Collettivo che scade il 30 giugno: «Bisogna accelerare i tempi, dalla prossima settimana inizieremo le nostre riflessioni». ___ ABETE PASSA IL PALLONE A PLATINI Scommesse: l’Uefa ammette il Fenerbahce Svolta per Lazio e Napoli di FABRIZIO PATANIA (CorSport 23-06-2012) ROMA - La prima notizia, che introduce il tema, rimbalza da Istanbul. L’Uefa ha autorizzato il Fenerbahce a partecipare alla prossima edizione della Champions League: il suo presidente Aziz Yildirim è stato arrestato ed è implicato in uno scandalo di partite truccate. E’ già qualcosa più di un’indicazione. L’altra riflessione emerge dalle parole di Giancarlo Abete a margine del Consiglio Federale. «Non lavoriamo sulle ipotesi e non parliamo a monte dei contenuti e delle sentenze che eventualmente verranno fuori dagli organi di giustizia sportiva. Qui non ci sono ancora stati i deferimenti» ha spiegato il numero uno della Federcalcio in relazione alla partecipazione dei club italiani alle prossime Coppe (segnatamente Lazio e Napoli per l’Europa League) se dovessero essere coinvolti tra poche settimane nel processo sportivo. «Ho visto Platini a Cracovia nei giorni scorsi, ma non ne abbiamo parlato» ha aggiunto, facendo capire molto. TEMPI - La posizione della Federcalcio è chiara. Una linea di estrema prudenza. Ci sono cinque filoni diversi di inchieste da tre diverse Procure (Cremona, Napoli, Bari) e i tempi della giustizia sportiva, a causa del numero dei tesserati coinvolti e di un lavoro delicatissimo da completare, si sono allungati. Si arriverà a Ferragosto, forse anche dopo. Il 20 luglio Juventus, Milan e Udinese verranno iscritte alla Champions; Lazio e Napoli all’Europa League. E’ discrezione della Federcalcio segnalare all’Uefa eventuali comportamenti illeciti dei suoi club. Può procedere l’Uefa autonomamente e anche in corsa, decidendo un’esclusione a competizione iniziata. Ma di solito, hanno fatto osservare in via Allegri, i casi di esclusione di club dalle competizioni europee sono stati decisi sulla base degli illeciti con responsabilità diretta o indiretta, non per responsabilità oggettiva (oggi sarebbe l’ipotesi legata a Lazio e Napoli: rischiano penalizzazioni per comportamenti dei propri tesserati). L’aria che tira non è drammatica: il solo deferimento non dovrebbe far scattare l’esclusione. E la sensazione concreta è che la Federcalcio abbia restituito il pallone a Platini. In tempi recenti, il francese aveva spiegato che si sarebbe rimesso, in tema di scandali scommesse, alle indicazioni delle federazioni. Il palleggio sta continuando. Oggi parlare di esclusione dalle Coppe è almeno prematuro, per non dire ipotesi poco concreta. Le eventuali sanzioni decise in primo grado dalla Disciplinare e in appello alla Corte di Giustizia Federale diventeranno afflittive per il prossimo campionato. Si naviga a vista, si procede tappa dopo tappa in base ai documenti forniti dalle Procure. Non si possono aspettare i processi penali: oggi a Napoli è ancora in corso il secondo grado con rito abbreviato di calciopoli. E sono passati sei anni dal 2006. Abete non metterà pressioni agli organi di giustizia, i tempi si stanno allungando verso Ferragosto, ma non spaventano la Federcalcio: l’eventualità dello slittamento della partenza del campionato, ma forse solo di una settimana, verrà presa in esame più avanti, non ora. EXTRACOMUNITARI - Nella riunione di ieri, oltre alla presa d'atto della decisione (sostenuta dalla Figc) della Giunta del Coni di anticipare i termini delle assemblee elettive degli organi direttivi e all'approvazione del bilancio consuntivo del 2011, il consiglio (i rappresentanti dell'Assocalciatori si sono astenuti) ha rinnovato anche per la prossima stagione la possibilità di tesserare due extracomunitari, con le stesse modalità già utilizzate nel campionato appena concluso. E proprio alla Lega di Serie A e all'Aic, Abete ha rivolto il suo invito a trovare presto un accordo per il contratto collettivo in scadenza il 30 giugno. «È necessaria un'accelerazione», ha ammonito. «Se al 30 giugno non c'è un contratto firmato siamo già in una situazione atipica, perchè l'accordo collettivo non può dipendere da una convenzione di natura commerciale su una situazione scaduta da due anni». Lo scontro tra società e sindacato verte ancora sulla materia dei diritti di immagine legati ai contratti. -
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Mi pare che... Le solite mezze verità a proposito dei «ladroni» di LUCIANO MOGGI (Libero 22-06-2012) Dopo una non breve assenza è riapparso “Palazzo di vetro”. Non se ne sentiva il bisogno, né di Maurizio Galdi, missing anche lui. “Palazzo di vetro” è tornato per dispensare qualche verità magari inattesa, mantenendo intera la sacca dei veleni. Dobbiamo meravigliarci? Nell’ultima “vetrata” il Nostro, al secolo Ruggiero Palombo, scopre che «la breve inchiesta sull’“Operazione Ladroni” condotta da Borrelli con interrogatorio di Moratti, conclusasi nel 2007 con l’archiviazione di Palazzi, meritava maggiore attenzione e un epilogo meno frettoloso ». Alla buon’ora! È comunque un’ammissione importante. La verità è lenta per chi non la vuol vedere ma quando diventa imperiosa anche “Palazzo di vetro” non può disconoscerla. Il Nostro però ci tiene a fare due osservazioni, entrambe contorte. Contorsioni La prima: «Non bastassero le 72 pagine della postuma inchiesta Palazzi sulle sopraggiunte intercettazioni Inter (estate 2011), la vicenda Telecom conferma che lo scudetto 2006 non andava assegnato». Fossimo in Palazzi faremmo intanto gli scongiuri. «Postumo» può stare anche per tardivo, ma abitualmente è inteso per ciò che appare dopo il decesso. Aggettivo diciamo non allegro. L’inchiesta qui riferita è quella che accertò l’illecito sportivo dell’Inter e dei suoi dirigenti, violato l’articolo 6. Troppo poco dire che essa e la vicenda Telecom confermano che lo scudetto 2006 non andava assegnato. Ne deriva che non andava sottratto alla Juve, che dovrebbe essere riaperto il processo sportivo togliendo all’Inter ciò che gli è stato dato e sanzionare la società nerazzurra: altro che prescrizione. Sulla seconda osservazione, debbo ricordare che in tempi non sospetti avevo parlato di spionaggio industriale ai nostri danni, ma in quel caso il pateracchio preconfezionato disperdeva la mia voce. Dice dunque Palombo che «l’Inter sia pure illegalmente cercava nel 2002-2003 quel che la Procura di Napoli ha poi trovato nel 2005-2006». È evidente che “Palazzo di vetro” tenta di annacquare il tutto, ma c’è qualcosa di più importante: Palombo dica che cosa la Procura di Napoli avrebbe trovato. Il punto fermo è che il campionato non è risultato alterato e il sorteggio era regolare: è scritto così nelle motivazioni della sentenza penale, così come concluso anche dalla Corte Federale. E non voglio pensare che Palombo voglia fermarsi alle accuse della Procura, alle quali può credere solo il suo autore Narducci, rimasto senza vergogna al 2006, come se il processo di primo grado e il lungo dibattimento non si fossero svolti. Narducci è un primo attore. Sentendosi stretto nella toga, ha provato a cercare un più lucroso posto al sole in politica, cominciando dalla giunta di Napoli. Tutto già finito. Formalmente si è dimesso, in realtà De Magistris l’ha tagliato («Non prendiamo lezioni di legalità da nessuno, neanche da Narducci»). Ha fatto come un mio amico che cadde da cavallo: «Tanto volevo scendere». Narducci così ha chiesto al Csm il rientro in magistratura: non sarà a Napoli, lo vietano le norme, né a Salerno, dovrà cambiare Regione. Vaso di Pandora Le dichiarazioni di Tavaroli hanno scoperchiato il vaso di Pandora dei dossier illegali fatti a danno della Juve, quindi del dr. Giraudo e del sottoscritto, di De Santis e di molti altri, anche nell’ambito familiare. Ed è proprio il “Dossier Ladroni” a testimoniare come fossero infondate le accuse alla Juve e ai suoi dirigenti. Vi si legge infatti che «non risultano comportamenti scorretti». In tempi non sospetti ebbi a dire che con le schede, che vollero definire «riservate» per dare la sensazione del mistero (che poi riservate non sono affatto perché intercettabili ed intercettate, come le italiane), tentavamo di difenderci da quello spionaggio per quanto concerne il settore commerciale e il mercato giocatori. I pm (Narducci) invece vollero infondere l’alone del sospetto, che fa anche più presa sull’opinione pubblica anziché, ad esempio, ordinare una perquisizione a Coverciano durante un ritiro arbitrale, magari alle 5 del mattino per prendere gli arbitri nel sonno (così come fatto per le abitazioni di tutti gli indagati), facendosi consegnare le schede. Non lo fecero volutamente (visto lo scarso risultato ottenuto nella perquisizione delle abitazioni) preferendo creare il cosiddetto “mistero delle sim svizzere” e creando anche due griglie “arbitri amici” e “arbitri nemici”. Peccato per Narducci, perché facendo la somma la Juve ottenne più punti con gli arbitri cosiddetti nemici. -
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30 sì, 3 stelle no: tutti contenti. Ma perché? di ALVARO MORETTI dal blog Filo spinato (TUTTOSPORT.com 21-06-2012) E’ quanto meno tortuoso il ragionamento con cui le istituzioni calcistiche italiane (Lega e Figc) approvino la scritta “30 sul campo” e non tollerino, invece, le tre stelle sulla maglia della Juventus. Qualcuno dovrebbe spiegare - con parole semplici – la differenza dal punto di vista sostanziale. E tutto sommato anche da quello formale, perché scrivere 30 o mettere 3 stelle, dato per scontato che 30 indica il numero degli scudetti e che 30 scudetti valgono tre stelle. Perché il 30 non dà fastidio e le tre stelle fanno venire l’orticaria ai burocrati del pallone? Forse perché viene specificato “sul campo” che può suonare come un distinguo o come l’incipit di un concetto più lungo, del tipo “30 sul campo, ma 28 in Federazione”? Ma gli scudetti, di solito, è sul campo che si vincono ed è sul campo, fisicamente, che si assegnano con la consegna della coppa al capitano della squadra vincitrice. Scrivere “30 sul campo” è come scrivere “30” e basta, almeno per chi considera il calcio ancora uno sport che si pratica, per l’appunto, su un prato d’erba 110X60 denominato comunemente “campo”. Dal 2006 in poi, ovvero dallo scempio giuridico che è stato il processo sportivo di Calciopoli, abbiamo sentito ripetere da giocatori juventini e non che quella Juventus, stagioni ‘04-‘05 e ‘05-‘06, era nettamente la più forte. Non c’è stato un solo calciatore che abbia avuto il coraggio di affermare il contrario o quello per dire che, senza Moggi e i suoi presunti reati, quegli scudetti sarebbero stati vinti dal Milan o dall’Inter. Oggi, permettere alla Juventus di scrivere “30 sul campo” sotto il logo della società suona quasi come una parziale ammissione di colpa da parte delle istituzioni calcistiche, che di fronte alle nuove verità di Calciopoli hanno saputo esprimere una relazione (quella di Palazzi, che sta per compiere un anno) e due imbarazzate e imbarazzanti dichiarazioni di incompetenza. In Italia siamo abituati, forse appassionati, al compromesso, che non è mica sempre una brutta parola, e qui ci troviamo di fronte a un bellissimo esemplare. Un modo per far passare un po’ di tempo e acqua sotto i ponti, utili a scolorire la rabbia di chi è ancora convinto di aver assistito a un’ingiustizia e aspetta che qualcuno si prenda il mal di pancia anche solo di ammetterlo. Tanto, l’abbiamo capito, sulle maglie e sugli albi d’oro si può scrivere ciò che si vuole. -
Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"
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La Cassazione «Il processo sul caso Exor va rifatto» di FABRIZIO MASSARO (CorSera 21-06-2012) Tutto da rifare: l’equity swap di Ifil-Exor torna davanti ai giudici. La Cassazione, annullando parzialmente la sentenza di assoluzione del Tribunale di Torino del 21 dicembre 2010, ha ordinato un secondo processo per aggiotaggio a Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens. Al centro della vicenda (dalla quale esce di scena Virginio Marrone) c’è la complessa operazione finanziaria che nel settembre 2005 permise a Ifil di mantenere il controllo di Fiat, in particolare il comunicato del 24 agosto in cui affermava che, nonostante si fosse alla scadenza del convertendo con le banche, non erano in programma o allo studio iniziative particolari sul titolo. La conversione dei debiti in azioni avrebbe fatto scendere sotto il 30% in Fiat la holding degli Agnelli. L’equity swap realizzato con Merrill Lynch consentì invece di restare sopra la soglia di controllo. Proprio per questo la Procura aveva sostenuto che il comunicato era falso, perché da mesi il gruppo aveva predisposto quel piano. Il Tribunale di Torino aveva riconosciuto che la notizia era «totalmente falsa»; tuttavia essa non aveva alterato «sensibilmente » i mercati e quindi non poteva essere punita dalla giustizia penale ma al massimo da quella amministrativa (infatti la Consob aveva multato imanager e la società). Ieri la Cassazione ha accolto il ricorso presentato direttamente da Procura, Procura generale e Consob contro l’assoluzione, sposando l’impostazione della Procura: per l’aggiotaggio basta che si crei il pericolo concreto di un’oscillazione anomala. Davanti alla Corte d’appello compariranno adesso come persone giuridiche Exor (ex Ifil) e l’accomandita Giovanni Agnelli. Il reato si prescriverà nel febbraio del 2013, ma solo per Gabetti e Grande Stevens: alle società si applica un regime differente. ___ Ifil-Exor, la Cassazione cancella l’assoluzione dei vertici ORDINATO UN NUOVO PROCESSO PER AGGIOTAGGIO CONTRO GABETTI E GRANDE STEVENS, I FEDELISSIMI DI AGNELLI di GIORGIO MELETTI (il Fatto Quotidiano 21-06-2012) “È una sentenza non su una sola vicenda ma sull'intera mia carriera ”. Con una certa solennità, il manager ottantasettenne Gianluigi Gabetti commentò un anno e mezzo fa la sentenza che lo assolse (insieme all’avvocato Franzo Grande Stevens) dall’accusa di aggiotaggio. I due storici collaboratori dell’Avvocato Gianni Agnelli, e poi di suo nipote, John Elkann, attuale presidente della Fiat, furono assolti in primo grado, con la formula “il fatto non sussiste”, dall’accusa di aver manipolato l’andamento in Borsa dei titoli Fiat. Il 24 agosto del 2005 avevano fatto emettere dal Lingotto un comunicato contenente notizie false. Secondo i giudici del tribunale di Torino quel comunicato non ebbe effetti sull’andamento del titolo, e per questo il fatto non sussistette. MA IERI la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di primo grado, con rinvio alla Corte di Appello di Torino per un nuovo processo. Il sostituto procuratore Giancarlo Avenati Bassi, che sostiene l’accusa, ha scelto infatti la strada del ricorso direttamente in Cassazione dopo il primo grado di giudizio per stringere i tempi, visto che sulla vicenda incombe l’appuntamento con la prescrizione, nel febbraio prossimo. La questione infatti non riguardava più i fatti ma la loro valutazione giuridica. E quella che ne ha fatto ieri la Cassazione è destinata a fare giurisprudenza, come suol dirsi, sulla pelle dei due vecchi consiglieri dell’Avvocato. Oggetto del processo era il comunicato con cui il 24 agosto del 2005 l’Ifil (la finanziaria controllata dagli Agnelli che deteneva a sua volta il controllo della Fiat) disse che non era “stata intrapresa né studiata alcuna iniziativa”, in vista della scadenza del prestito delle banche alla stessa Fiat convertibile in azioni. Vicenda finanziariamente complicata, ma nella sostanza la banche avevano un grosso credito verso il Lingotto, convertibile in azioni: se la Fiat non fosse riuscita a pagarlo il controllo del gruppo automobilistico sarebbe passato dagli Agnelli alle banche. Mentre dichiaravano di non avere alcuna iniziativa neppure allo studio, Gabetti e Grande Stevens avevano già progettato la magia finanziaria con cui, il mese successivo, la famiglia Agnelli mantenne il controllo della Fiat. Secondo la procura di Torino, ma anche secondo la Consob, che si è costituita parte civile, i due anziani manager, mentendo al mercato, hanno automaticamente commesso il reato di aggiotaggio. Secondo il tribunale che ha mandato assolti gli imputati, invece, il fatto che le azioni Fiat non avessero registrato movimenti particolari all’indomani della falsa comunicazione escludeva di per sè la sussistenza del reato. Accertato dunque che il contenuto del comunicato del 24 agosto era falso, rimaneva la questione di interpretazione della legge, per la quale Avenati Bassi è andato direttamente alla Cassazione. In pratica la domanda è la seguente: se una grande azienda quotata in Borsa spara con un comunicato una notizia falsa, il reato di aggiotaggio viene commesso semplicemente emettendo il comunicato o solo se il comunicato falso provoca oscillazioni anomale nella quotazione del titolo interessato? LA RISPOSTA della Cassazione è netta, visto che ha dato ragione alle richieste del sostituto procuratore generale Francesco Salzano, secondo il quale il reato di aggiotaggio informativo sussiste anche quando non si producono danni effettivi agli azionisti. In termini non giuridici, significherebbe che una furbata resta una furbata anche quando non provoca effetti. Questo significa che da oggi le comunicazioni false saranno giudicate e punite in quanto tali, senza la complicata valutazione dei dati borsistici, sui quali c’è sempre un perito pronto a dimostrare che in realtà non era successo niente. ___ GRUPPO AGNELLI Nel mirino il riassetto del 2005 La Cassazione riapre il processo Ifil-Exor La suprema Corte cancella l’assoluzione di Gabetti e Grande Stevens. Chiesto un nuovo procedimento di LUCA FAZZO (il Giornale 21-06-2012) Fu eccessivamente indulgente la sentenza con cui il tribunale di Torino, nel dicembre 2010 assolse dall’imputazione di aggiotaggio i due grandi vecchi di casa Fiat, Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti,accusati di avere tenuto nascosta ai mercati l’operazione varata dalla famiglia Agnelli per mantenere il controllo del gruppo. La Cassazione ha annullato ieri l’assoluzione, ordinando un nuovo processo. A questo punto la Procura di Torino è impegnata in una corsa contro il tempo, perché il reato si prescrive l’anno prossimo. La Cassazione ha invece confermato l’assoluzione, che è definitiva, di Virgilio Marrone, del quale la Procura aveva pure impugnato l’assoluzione. Il processo ruotava intorno a due comunicati che Ifil - l’attuale Exor - aveva diramato il 24 agosto 2005, a ridosso della scadenza (fissata per il mese successivo) di un prestito convertibile che avrebbe messo le banche in posizione di maggioranza all’interno della catena di controllo. Ifil, nei comunicati finiti sotto accusa, aveva negato che vi fossero allo studio particolari iniziative intorno al titolo Fiat. In realtà, secondo il pubblico ministero torinese Giancarlo Avenati Bossi, in agosto il management di corso Marconi aveva già allo studio la modifica dell’equity swap stipulato nell’aprile precedente con Merrill Lynch per garantire comunque alla famiglia Agnelli il controllo del gruppo. Sotto processo erano finiti Gabetti, Grande Stevens e Marrone, rispettivamente presidente, consigliere e direttore di Ifil all’epoca del comunicato. Nel processo di primo grado il difensore di Gabetti, Franco Coppi, aveva sostenuto che il comunicato era «minimalista ma non falso », e il giudice gli aveva dato ragione. Ma la Procura aveva presentato ricorso direttamente in Cassazione per violazione di diritto. Ieri ha incassato una prima vittoria: processo da rifare. ___ Exor, da rifare il processo a Gabetti e Grande Stevens La sentenza La Cassazione annulla in parte la decisione del tribunale torinese di MAURO BARLETTA (IL MATTINO 21-06-2012) Torino. L'equity swap di Ifil-Exor torna davanti ai giudici. La Corte di Cassazione, annullando parzialmente la sentenza di assoluzione che era stata pronunciata dal Tribunale di Torino il 21 dicembre 2010, ha ordinato un secondo processo per Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens. Al centro della vicenda (dalla quale esce di scena una terza figura che era stata chiamata in causa, Virgilio Marrone, per il quale l'assoluzione resta dunque confermata) non c'è la complessa operazione finanziaria che nel settembre del 2005 permise a Ifil di mantenere il controllo della Fiat, ma un comunicato: quello che Torino, su richiesta specifica della Consob, diffuse il 24 agosto precedente affermando che, nonostante si fosse alla scadenza del convertendo con le banche, non erano in programma oppure allo studio iniziative particolari sul titolo. L'equity swap, come venne spiegato al processo di primo grado dalle difese, era stato il marchingegno che aveva evitato alla Fiat di cadere nelle mani degli istituti di credito o di altri soggetti estranei. Ma il comunicato, secondo la Procura di Torino, non diceva il vero: da mesi il Gruppo aveva predisposto la soluzione al problema del mantenimento delle proprie quote in Fiat. Il Tribunale di Torino, su questo punto, si proclamò d'accordo: la notizia contenuta nel documento era «totalmente falsa». Però aggiunse che la bugia non aveva esercitato un'influenza sensibile sui mercati e, quindi, non poteva essere punita dalla giustizia penale ma al massimo da quella amministrativa. Procura di Torino, Procura generale e Consob presentarono quindi ricorso direttamente in Cassazione. E la Suprema Corte ha, nella sostanza, accolto l'impostazione dei procuratori Marcello Maddalena e Gian Carlo Caselli e del pm Giancarlo Avenati Bassi, il magistrato che sostenne l'accusa in primo grado: a parte il fatto che qualche oscillazione nelle Borse venne percepita, per consumare l'aggiotaggio basta che si crei il pericolo concreto di un'oscillazione anomala. Il nuovo processo sarà celebrato dalla Corte d'appello e chiamerà, come persone giuridiche, la Exor (ex Ifil) e l'accomandita Giovanni Agnelli Sapaz. Il reato andrà in prescrizione nel febbraio del 2013 ma interesserà soltanto per Gabetti e Grande Stevens: alle società, infatti, si applica un regime differente. ___ La Cassazione annulla la sentenza di assoluzione per l’operazione sul convertendo Fiat del 2005 Caso Exor, nuovo processo per Gabetti e Grande Stevens L’accusa contestata ai vertici del gruppo è aggiotaggio informativo art.non firmato (Il Messaggero 21-06-2012) ROMA - C’è un nuovo processo in vista per l’avvocato Franzo Grande Stevens e per Gianluigi Gabetti, presidente onorario di Ifil. Lo ha stabilito ieri la Corte di Cassazione, che ha annullato con rinvio ad un una diversa sezione della corte d’appello di Torino la sentenza che li aveva assolti per la vicenda Ifil-Exor. Sul nuovo giudizio pende tuttavia il termine ormai imminente della prescrizione, che impedirà la prosecuzione di qualsiasi azione già dal prossimo febbraio 2013. La decisione adottata ieri della Cassazione non riguarda la terza figura chiamata in causa nel processo Ifil-Exor, Virgilio Marrone, per il quale l'assoluzione iniziale resta confermata. Saranno però processate anche due «persone giuridiche», la società Exor (ex Ifil) e l'accomandita Giovanni Agnelli Sapaz. La vicenda è legata all'equity swap Ifil-Exor, la complessa operazione finanziaria che nel settembre del 2005 permise a Ifil di conservare il controllo della Fiat. Ma il processo, nel quale viene ipotizzato l'aggiotaggio informativo, riguarda soltanto un comunicato diffuso dal gruppo torinese (su richiesta della Consob) il 24 agosto di quell'anno, in cui veniva spiegato che pur essendo imminente il convertendo con le banche, non erano in programma, o allo studio, iniziative particolari sul titolo Fiat. Contro il proscioglimento di Gabetti, di Grande Stevens, del manager Marrone e delle due società, aveva fatto ricorso la procura generale di Torino, il pubblico ministero di Torino e la Consob che per questa vicenda ha già inflitto sanzioni amministrative poi passate in giudicato. Nel processo di primo grado, i giudici del tribunale, dopo aver disposto una super perizia, affermarono che il comunicato non aveva avuto effetto sui mercati e non aveva creato «un pericolo per l'andamento del prezzo del titolo Fiat». Ma ieri il sostituto procuratore generale della Cassazione ha condiviso la tesi della procura di Torino e della Consob in base alla quale il reato di aggiotaggio informativo sussiste «anche quando non si producono danni agli azionisti». E ha chiesto (e ottenuto) la celebrazione di un nuovo processo. ___ Processi. Riparte dall'appello la vicenda dello swap su Fiat del 2005 Ifil-Exor, la Cassazione annulla le assoluzioni LE ACCUSE Imputati di manipolazione del mercato Grande Stevens e Gabetti, assolto Marrone Responsabilità dell'ente per Exor e G.Agnelli & C. di ANDREA MALAN (Il Sole 24 ORE 21-06-2012) Processo Ifil-Exor, si riparte dall'appello. La V Sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato la sentenza con cui nel dicembre 2010 il Tribunale di Torino aveva assolto Franzo Grande Stevens, Gianluigi Gabetti e le due società Ifil (ora ribattezzata Exor) e Giovanni Agnelli & C. (l'accomandita al vertice del gruppo Agnelli), nel processo per manipolazione del mercato (articolo 185 del T.u.F. ) e responsabilità dell'ente (in base alla legge 231/2001). Confermata invece l'assoluzione di Virgilio Marrone, che esce definitivamente dal processo. La Corte ha dunque accolto il ricorso presentato dalla Procura di Torino, dalla Procura generale e dalla Consob: le motivazioni della sentenza sono attese entro 60 giorni. Gli atti torneranno poi alla Corte d'Appello di Torino dove si svolgerà il nuovo processo contro Grande Stevens, Gabetti e le due società. Almeno per quanto riguarda le due persone fisiche c'è la forte probabilità della prescrizione, che dovrebbe intervenire nel febbraio del prossimo anno. La vicenda risale al 2005 e riguarda l'operazione di equity swap che permise a Ifil di mantenere il controllo di Fiat nonostante l'esercizio del prestito convertendo da parte delle banche. Sotto accusa è in particolare il comunicato diffuso in data 24 agosto 2005 da Ifil su richiesta della Consob, in cui la società – holding della famiglia Agnelli che deteneva una quota del 30% in Fiat – affermava «di non aver intrapreso né studiato alcuna iniziativa in relazione alla scadenza del prestito convertendo» – prestito concesso a Fiat da otto banche e la cui conversione, 20 giorni dopo, avrebbe fatto scendere la quota Ifil al 22 per cento. In realtà già nell'aprile di quell'anno Exor (un'altra società del gruppo Agnelli, ora ribattezzata Old Town) aveva stipulato con la banca americana Merrill Lynch un contratto di equity swap avente per oggetto azioni Fiat e che in caso di consegna fisica sarebbe stato in grado di garantire a Ifil il mantenimento del controllo di Fiat. All'epoca Gabetti era presidente di Ifil ed Exor, Grande Stevens consigliere d'amministrazione di Ifil e consulente legale del gruppo, Marrone era procuratore della Giovanni Agnelli & C. Per la vicenda, sia i tre dirigenti (compreso Marrone) che le due società sono stati sanzionati dalla Consob in via amministrativa, sanzioni confermate in misura ridotta in Cassazione. I manager e le aziende hanno sempre affermato di non aver mentito al mercato. Le motivazioni della sentenza di assoluzione in primo grado definivano «indubbiamente falso» il comunicato del 24 agosto ma indicavano «non rilevabile alcuna evidenza concreta e oggettiva che il comunicato possa aver creato un pericolo per l'andamento del prezzo del titolo Fiat». La Corte di Cassazione ha in sostanza accolto l'impostazione dei procuratori Marcello Maddalena e Gian Carlo Caselli e del pm Giancarlo Avenati Bassi, che sostenne l'accusa in primo grado: per consumare l'aggiotaggio basta che si crei il pericolo concreto di un'oscillazione anomala. ___ Gabetti e Grande Stevens tornano a processo La Cassazione ha annullato le assoluzioni ai due manager per il caso Exor-Fiat di ETTORE BOFFANO & PAOLO GRISERI (la Repubblica 21-06-2012) TORINO — La Cassazione annulla l’assoluzione di Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens, i due dirigenti delle finanziarie degli Agnelli accusati dalla Consob e dalla Procura di Torino di aggiotaggio informativo per aver mentito alla Commissione di Borsa sulla vera natura dell’equity swap che nel settembre 2005 consentì agli Agnelli di mantenere il controllo della Fiat. Quelle accuse erano state giudicate infondate dal Tribunale di Torino che il 21 dicembre 2010, con sentenza del giudice Giuseppe Casalbore, aveva assolto i due alti consulenti degli Agnelli «perché il fatto non sussiste». Ora invece la Suprema Corte ha stabilito che l’assoluzione non era sufficientemente motivata e che dunque il processo deve tornare alla Corte d’appello. Difficilmente comunque ci saranno i tempi tecnici per giungere alla sentenza definitiva. La prescrizione per i reati di cui sono accusati Gabetti e Grande Stevens scatta infatti nel febbraio del 2013 ed è piuttosto improbabile che entro quella data sia possibile concludere l’iter processuale. Dopo l’esito del primo grado la Procura di Torino e la Consob avevano deciso di saltare il ricorso in appello rivolgendosi direttamente alla Cassazione. Il giudice Casalbore infatti aveva riconosciuto la falsità del comunicato con cui, a fine agosto del 2005, le finanziarie degli Agnelli negavano alla Consob che fossero «in atto o allo studio» manovre sul titolo Fiat. Ma l’autore della sentenza di primo grado aveva ritenuto che di quella falsità non fossero responsabili né l’avvocato Grande Stevens (che curava da consulente tutta l’operazione per mantenere il comando degli Agnelli in Fiat) né Gianluigi Gabetti, all’epoca al vertice di Ifil-Exor. E’ questa tesi che la Cassazione ritiene non sufficientemente motivata ed è per questa ragione che è stata annullata l’assoluzione dei due imputati. E’ stata invece confermata l’assoluzione del manager Virgilio Marrone risultato pacificamente estraneo ai fatti. Per la stessa vicenda la Consob aveva già condannato Grande Stevens e Gabetti sul piano amministrativo. Secondo la Commissione di Borsa - e secondo la Procura di Torino e il Procuratore generale della Cassazione che ieri ha ripetuto la tesi in dibattimento - le finanziarie degli Agnelli studiavano da tempo una strada per evitare che il prestito convertendo da 3 miliardi di euro, in scadenza a settembre 2005, consentisse alle banche creditrici di trasformare il debito in azioni Fiat, conquistando così il controllo della società. Per sventare il pericolo le finanziarie della famiglia utilizzarono nel settembre 2005 le azioni rastrellate nell’aprile dello stesso anno da Merrill Lynch, ufficialmente per una scommessa sull’andamento del titolo (equity swap). Secondo la difesa, solo a fine agosto venne l’idea di trasformare le azioni dell’equity swap in titoli da utilizzare per mantenere la quota di controllo degli Agnelli sul Lingotto. Secondo l’accusa, invece, fin dall’aprile 2005 tutta l’operazione dell’equity swap serviva allo scopo di tutelare la quota Agnelli e dunque le finanziarie di Torino avrebbero mentito, a fine agosto, rispondendo ai quesiti della Consob sulle manovre in corso sul titolo. La sentenza della Cassazione è stata accolta con soddisfazione negli ambienti della procura torinese mentre i due alti esponenti delle finanziarie degli Agnelli non hanno commentato la decisione della Suprema corte. La Cassazione ha rinviato in appello anche le società Exor e Giovanni Agnelli Sapaz. ___ IL REATO SI PRESCRIVERÀ A FEBBRAIO Exor, la Cassazione annulla l’assoluzione di Gabetti e G.Stevens La Suprema Corte rinvia gli atti ai giudici d’appello torinesi di ALBERTO GAINO (LA STAMPA 21-06-2012) La quinta sezione della Cassazione ha annullato la sentenza di primo grado che aveva assolto Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens dall’accusa di aggiotaggio informativo sul titolo Fiat al termine del processo associato all’equity swap Ifil-Exor (si era nel 2005) e deciso sugli effetti del comunicato Ifil al mercato borsistico del 24 agosto di quell’anno, a pochi giorni dalla scadenza del prestito «convertendo». Era in ballo il controllo di Fiat. «Non è rilevabile alcuna evidenza concreta ed oggettiva che il comunicato possa aver creato un pericolo per l’andamento del prezzo del titolo Fiat» furono i termini dell’assoluzione, a dicembre 2010. Il pm Giancarlo Avenati Bassi decise di ricorrere direttamente in Cassazione ritenendo che la sentenza fosse sbagliata in diritto. E dopo la decisione della Suprema Corte commenta: «Mi avevano dato ingiustamente torto. L’aggiotaggio informativo è reato di pericolo e il tribunale di Torino aveva ritenuto che si dovesse verificare se il comunicato avesse prodotto un reale pericolo di turbamento del mercato. La probabilità dell’evento, invece, doveva essere valutata nel momento della diffusione dell’informazione, il 24 agosto, e non rispetto a come reagì il mercato il giorno dopo». Sostiene il pm, e in Cassazione la Procura generale si è allineata, «il comunicato Ifil negava che la società avesse anche solo allo studio un’operazione che le consentisse di mantenere il controllo di Fiat. Il processo ha chiarito che già 4 mesi prima era stato organizzato l’equity swap a questo fine». Anche il procuratore generale del Piemonte, Marcello Maddalena, presentò un suo autonomo ricorso contro la sentenza di primo grado. E adesso si dichiara «professionalmente soddisfatto, quella sentenza era sbagliata in diritto». Però, aggiunge Maddalena, «sono umanamente dispiaciuto per l’avvocato Grande Stevens che è persona perbene, ha avuto e ha molti meriti e molto ha fatto per Torino». Prudente il collegio di difesa: «Aspettiamo di leggere le motivazioni della Cassazione. Ora se ne conosce solo il dispositivo». In Appello non si andrà per il terzo imputato, Virgilio Marrone, ritenuto estraneo alla stesura del comunicato e assolto definitivamente. Per gli altri due il reato si prescrive a febbraio. Forse il processo si rifarà solo per la responsabilità amministrativa di Ifil - oggi Exor - e della Giovanni Agnelli & C. ___ l'Unità 22-06-2012 -
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Il ruolo di Balotelli nello sviluppo culturale della società italiana di ANDREA MARIUZZO dal blog A MENTE FREDDA (LINKIESTA 20-06-2012) In Italia abbiamo problemi nelle relazioni con qualunque tipo di minoranza etnica, linguistica, di orientamento sessuale. Questo non si percepisce solo dai (sempre troppo frequenti) casi di violenza fisica o psicologica e di aperta discriminazione che puntualmente avvengono ricevendo condanne di maniera senza che nemmeno si tenti di risolvere qualcosa. Non si percepisce da legislazioni che creano di fatto diverse classi di cittadini nel godimento dei diritti civili, costringendo gli italiani figli di genitori stranieri alla richiesta del permesso di soggiorno (e al cronico ritardo che permette a queste persone di restare in Italia, ma non di uscirne a piacimento) oppure obbligando una coppia convivente a complicati e costosi atti notarili per una sistemazione dell'asse ereditario che in altri casi avviene pressoché gratis, in comune, con il matrimonio. No. A rendere più chiaro quanto diffusa sia la difficoltà di relazione dell'italiano "medio" (inteso proprio in senso statistico) con le minoranze di ogni tipo è proprio l'atteggiamento di chi a tutto ciò si oppone. Troppo spesso si pensa di opporre a queste inammissibili frizioni una inutile dose di "buoni sentimenti" che sono segno più che altro di impotenza culturale. Avete mai visto una serie televisiva italiana in cui un nero o un immigrato di qualunque tipo sia un criminale? Dico ovviamente un criminale vero, non un poveraccio dal cuore d'oro sfruttato da chi è più potente di lui. Avete mai visto gay antipatici? Transessuali con un ruolo apertamente negativo? Io no. Ed è un problema, perché esistono neri criminali, gay malvagi, ecc. , come in qualunque tipologia umana, e solo quando siamo in grado di pensare tutto il male possibile di chi se lo merita senza farci inibire dalla sua condizione di appartenente a una minoranza, allora si è giunti alla piena integrazione. Ecco perché Mario Balotelli gioca un ruolo di primo piano, oserei dire storico, nello sviluppo della nostra coscienza collettiva. Perché per insultarlo non servono gli assurdi e insulsi cori razzisti di cui nel corso del tempo si sono rese protagoniste varie tifoserie, tra cui purtroppo quella bianconera a cui mi sento vicino. Perché di lui finalmente si può dire che è un cretino, una testa di c***o fuori dal campo e anche dentro, visto che se non lo tengono al guinzaglio spacca la faccia a tutti i difensori avversari a gomitate senza motivo, e che oltretutto gioca bene solo quando ne ha voglia ed è molto sopravvalutato, senza alcun bisogno di essere razzisti, semplicemente perché è così. E il fatto che abbia segnato un bel goal (ma anche piuttosto fortunoso) contro l'Irlanda (e umiliarli è sempre cosa buona e giusta), ma non sposta di un millimetro quello che si può pensare di lui. Da storico, quindi, non posso che dirti grazie, Mario, perché questo è il contributo più grande che tu possa dare al mio e tuo paese per renderlo migliore, e un giorno, quando il tuo non eccezionale valore sportivo sarà stato in gran parte dimenticato, di te spero resti soprattutto questo duraturo risultato. (p.s.: spero che nessuno prenda questo post più sul serio del necessario) -
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Nella mano di Bonucci che censura Balotelli c’è l’essenza dei bulli buoni I nostri malacarne devoti al principio di autorità (solidale e sfacciata) hanno molto da insegnare allo Spiegel di ALESSANDRO GIULI (IL FOGLIO.it 21-06-2012) Lo Spiegel ha torto marcio, quando si augura che l’ormai nota istantanea di Leonardo Bonucci e Mario Balotelli non diventi il dagherrotipo-padre degli Europei, la foto sigillo di quella che solo ai teutonici (e ai loro pallidi seguaci anche italiani) può apparire come una brutta sceneggiata di rancori mal sopiti e scomposti. La verità è all’opposto: il gesto di Bonucci era, sì, un modo per proteggere da se stesso l’ombroso Balotelli dopo il suo gol all’Irlanda, era al contempo l’affermazione nitida del principio d’autorità. Autorità solidale e sfacciata, corporale, quasi amorevole nella sua gagliardìa. Diremmo perfino legionaria, “fiumana”, se il richiamo al comandante D’Annunzio non rischiasse una immeritata diluizione nel cratere di miserie omosolidali e omofobiche rovesciato sui calciatori italiani negli ultimi giorni. Non conta soltanto il fatto anagrafico – Bonucci è di tre anni più grande, come ha fatto ben notare Fabrizio Roncone sul Corriere di ieri – né si può risolvere la questione con l’anzianità della militanza in Nazionale. C’è dell’altro, e questo altro interpella sia l’efficacia volontaristica di Bonucci, che non è mai passato per “buono” (ha fama di scommettitore accarezzato da inchieste) ma si è messo al servizio di un obiettivo giusto; sia l’inattesa capacità di sottomissione da parte del purosangue Balotelli: uno che, se abbiamo decifrato a dovere il tipo, le mani in faccia non se le farebbe mettere nemmeno da una delle sue sgallettate in vena di smancerie. Invece è successo, e l’allenatore Cesare Prandelli ha così già trovato una risposta alla sua sollecitazione retorica – Balotelli deve accettare le critiche e capire che nessuno ce l’ha con lui –, l’ha trovata negli occhi fondi e stralunati con cui l’infantile gigante nero ha accettato di farsi silenziare per pochi lunghissimi secondi. E in mondovisione. In fondo è una questione di gerarchia tribale, oltreché di convenienze: delle due teste matte all’opera nella circostanza, una ha avuto il naturale bisogno d’essere messa sotto tutela dalla compagna meno fragile. In quel frangente Bonucci rappresentava l’anima del gruppo (o del clan), si potrebbe dire secondo i canoni di un vecchio linguaggio ancorato all’etnologia, incarnava una sorta di Io totemico nel quale palpitavano tutti i vaƒƒanculo strozzati nella gola dei colleghi in squadra, tutti gli scappellotti che Prandelli e il capitano Gigi Buffon hanno dovuto o voluto evitare di elargire all’indisciplinato Balotelli. Insomma tutte le rimozioni provocate dal timore di apparire in controtendenza rispetto al senso comune (cioè razzistelli e tendenzialmente discriminatori, secondo lo schematismo egemone) o di dover ingaggiare con Balotelli una zuffa spettacolare. Lo Spiegel ha torto perché non c’è nulla di più umano di una pulsione sub umana tradita, esibita in pubblico ma contemporaneamente messa in sicurezza. La mano sinistra di Bonucci incollata alla bocca di Balotelli, il braccio destro a cingergli il collo in una posa a metà tra l’abbraccio e lo strangolamento, le labbra semiserrate a sussurrare minacce amichevoli: è l’essenza del miglior mondo pallonaro, il segnacolo di una passionalità popolare messa in scena da bulli buoni in cerca di gloria. Sappiamo fin troppo bene che i tedeschi prediligono la propria inespressività robotica. Ovvero che, essendo loro dei sognatori romantici (calco negativo dei poeti incompresi, Hölderlin a parte), quando si tratta di mediterranei rissosi pretendono per lo meno di godersi la nobiltà epica dei titani verseggiati da Omero. Ma il piè veloce Achille, Menelao possente nel grido di guerra e il magnanimo Ettore hanno smesso di gareggiare da molti secoli. E poi la collezione intera dello Spiegel non vale mezzo rigo di appunti manoscritti di uno Schliemann. -
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Gazza Connection ------- Si indaga su Bari-Livorno: dietro tutto il clan Parisi di MAURIZIO GALDI (GaSport 21-06-2012) La Procura federale comincia a sollevare il velo su Bari-Livorno di Coppa Italia. Una netta vittoria dei pugliesi (4-1), con corollario di denuncia per truffa presentata dal bookmaker austriaco Sks365. La Procura della Repubblica di Bari è partita proprio da quella partita per avvalorare l'ipotesi di riciclaggio: una serie di telefonate partite dallo stadio San Nicola di Bari verso cellulari in Toscana dove fu rilevato il maggior numero di giocate. Dietro tutto questo il clan Parisi, secondo i magistrati baresi, che avrebbero architettato tutto o che avrebbero «approfittato» di una combine già organizzata. Lunghi interrogatori Cosa hanno in mano gli inquirenti baresi? Sicuramente molto più di quello che al momento è noto. Proprio la tenacia con la quale è passata a operare la Procura federale fa ritenere che anche loro abbiano in mano qualcosa di più della sola denuncia. I carabinieri di Bari al tempo avevano anche sequestrato molti tagliandi di scommesse, molti dei quali mai incassati dopo la richiesta della documentazione antiriciclaggio. Ieri in via Po sono stati sentiti i calciatori del Livorno Andrea Luci, Jurgen Prutsch e Simone Salviato. Doveva essere sentito anche Pagano, ma è stato impossibilitato a venire per una indisposizione. Oggi sarà ascoltato il portiere Alfonso De Lucia, ma al momento i calciatori avrebbero dichiarato di non aver mai avuto sentore della combine. Caso Siena Intanto nei prossimi giorni la Procura federale dovrebbe cominciare a convocare i calciatori del Siena, l'ex tecnico Antonio Conte e il presidente Massimo Mezzaroma. C'è grande attesa sulla deposizione di Ferdinando Coppola. Lui potrebbe confermare quanto fatto mettere a verbale da Filippo Carobbio. Una collaborazione potrebbe addirittura ridurre al minimo la sua eventuale sanzione per omessa denuncia, ma al contempo metterebbe nei guai il Siena. Carobbio parla di un Coppola «sbiancato in volto» al rientro negli spogliatoi dopo un colloquio con una persona molto vicina alla proprietà del Siena e frequentatore di ritiri e spogliatoio. Una proposta a «perdere» Siena-Varese che l'intera squadra rifiutò. Carobbio dice esplicitamente che «questa persona gli aveva detto che il presidente intendeva scommettere o aveva scommesso sulla nostra sconfitta. Intendo riferirmi al presidente Mezzaroma». Le dichiarazioni di Coppola sarebbero molto attese anche dalla Procura di Cremona. Appelli Intanto da ambienti vicini agli avvocati che in questi giorni stanno depositando le memorie di appello, trapela che la Corte di giustizia federale a sezioni unite (presidente Gerardo Mastrandrea) si dovrebbe riunire il 2 o il 3 luglio. ------- Riciclaggio: Palazzi fa partire i deferimenti di MAURIZIO GALDI (GaSport 21-06-2012) Veramente complimenti allo staff guidato da Stefano Palazzi e alla Procura federale. Spesso arrivano critiche sull'ufficio inquirente della Figc per la lunghezza dei tempi, ma chiudere tante delicate inchieste è dura. Mentre si lavora a pieno ritmo sul calcioscommesse, ieri la Procura ha ufficializzato un altro centinaio di deferimenti. Potremmo facilmente definire l'inchiesta «agentopoli» visto che si tratta di violazioni del regolamento agenti e alla fine, tra patteggiamenti e sentenza, inibizioni e ammende per tutti. Ma mentre una ottantina di posizioni si risolverà così, uno dei due deferimenti nasce da un'inchiesta della Procura di Milano. Associazione L'ipotesi di reato avanzata dalla Procura di Milano per una serie di imprenditori è quella di «associazione per delinquere transnazionale finalizzata al riciclaggio, all'emissione di fatture per operazioni inesistenti ed a reati tributari». Dall'inchiesta partita nel 2009 sono emerse ipotesi di illecito amministrativo nei confronti dell'agente dei calciatori Tullio Tinti e di altri soggetti tra i quali il presidente della Reggina Lillo Foti. Nei loro confronti il deferimento è «pesante». Il Procuratore federale ipotizza il reato associativo, disciplinato dall'articolo 9 del Codice di giustizia sportiva (novità introdotta dopo lo scandalo di Calciopoli), con l'aggravante per Tinti di esserne il promotore. Altre posizioni Nello stesso deferimento ma con posizioni minori per la sola violazione del regolamento agenti sono inseriti i nomi di Rosella Sensi, Adriano Galliani, Giuseppe Marotta (Marotta per la Samp: solita disinformazione, ndt). In totale si tratta di 19 società tra serie A, B e Lega Pro. Il deferimento per sole violazione al regolamento agenti riguarda nove club (nel loro caso la responsabilità è diretta), 37 agenti, 24 dirigenti; il deferimento che parla dell'associazione riguarda dieci società (responsabilità diretta), i relativi dirigenti, otto agenti e sette calciatori. ------- ilConsiglio di ENRICA SPERONI (GaSport 21-06-2012) BUFFON COL «BONUS AGLI SPAGNOLI» HA DETTO LA SOLITA FRASE DI TROPPO Irlanda-Italia è finita da pochi minuti e gli azzurri festeggiano il passaggio ai quarti. Gigi Buffon, stremato il giusto per la partita e per l'attesa del risultato di Spagna-Croazia, si presenta al microfono Rai. Come spesso accade le sue parole non passano inosservate. E come qualche volta accade pronuncia una frase di troppo. Che pesa e può fare danni, al di là di tutte le buone intenzioni. «Sapevo che gli spagnoli avrebbero fatto il loro dovere, un grande grazie. Gli spagnoli hanno maturato un bonus con noi, ricordatevelo, anche se io non sarò più in Nazionale». Accidenti, Gigi. Bastava fermarsi al grazie. Peccato non potergli aver chiesto: cosa intende per bonus? Che cosa dovremmo fare per sdebitarci? Dobbiamo promettere che in un'occasione analoga saremo leali e giocheremo anche noi per vincere? Ma è la prima regola dello sport, che bisogno c'è del promemoria? Siamo malati. Vediamo complotti ovunque e ci piace passare per furbi. Ma solo la nostra è furbizia, quella degli altri — nel dizionario dei sinonimi fatto in casa — è scorrettezza. La Spagna ha giocato per vincere, ha fatto quello che doveva. E così la Croazia. Senza calcoli di convenienza, senza obbedire al detto «Meglio due feriti che un morto». Che poi alla resa dei conti è anche falso, perché il morto c'é sempre, cambia solo l'indirizzo per chi vuole andare al funerale. Certe volte le parole scavalcano Buffon come un pallone dal rimbalzo maligno. Ed è un peccato perché il nostro capitano in campo è uno spettacolo e non solo quando si piazza in porta. Basta guardarlo al testa o croce di inizio partita, ai sorrisi col capitano avversario, alla stretta di mano con l'arbitro e i guardalinee, all'applauso per l'attaccante cui ha appena negato un gol, al fine gara consumato a passo lento tra abbracci e chiacchiere con compagni e rivali. Una bella pubblicità per lo sport. Ci basta questo per apprezzarlo. Non servono altri bonus. -
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SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 20-06-2012) Calcioscommesse, i club possono salvare le Coppe Contrordine: non è assolutamente automatico che una squadra deferita (e, attenzione, anche condannata!) per il calcioscommesse venga esclusa dall'Europa. Decide l'Uefa: in un primo tempo si pensava che le nuove norme, che parlano di un coinvolgimento diretto o indiretto in casi illecito, portassero ad una esclusione automatica dalle Coppe europee. Una decisione estremamente pesante e anche illogica. Lo scorso anno la Federazione turca segnalò all'Uefa che il Fenerbhace era stato coinvolto in un caso di illecito: il club fu escluso dalle Coppe ma poi, al processo in Turchia, venne assolto. Assurdo. Adesso, nel corso dei loro blitz (vincenti) in Polonia, Giancarlo Abete e Antonello Valentini, presidente e direttore generale della Figc, hanno potuto chiarire con Michel Platini, amico del calcio italiano, come stanno esattamente le cose. E non sembrano così drammatiche. La Figc il 10 giugno scorso ha mandato all'Uefa, come da regolamento, l'elenco delle italiane qualificate per le Coppe. Si tratta, come noto, di Juventus, Milan e Udinese in Champions League; Napoli, Lazio e Inter in Europa League. Ora è prevista l'indagine di Palazzi e c. e il secondo processo per il calcioscomesse: potrebbero essere coinvolte due squadre (Lazio e Napoli) qualificate per l'Europa. La data limite è il 20 luglio, quando l'Uefa terrà il primo sorteggio che riguarda i club impegnati nei preliminari (l'Udinese, l'Inter che deve giocare già il 2 agosto...). Se entro quella data non sarà concluso il processo sportivo, ed è certo, Lazio e Napoli saranno sorteggiate e non più sostituibili (la prima che ne avrebbe diritto sarebbe la Roma). Successivamente, in caso di deferimento dei due club, l'Uefa aprirebbe una istruttoria e deciderebbe cosa fare. In caso di esclusione di un club ad una Coppa già in corso di svolgimento, non subentrerebbe un'altra italiana e resteremmo con una squadra (o due) in meno. Ma non è assolutamente detto che anche nell'eventualità (tutta da verificare, al momento) che Lazio e Napoli venissero condannate ad una penalizzazione (1 o 2 punti, da scontare nel prossimo campionato) l'Uefa deciderebbe di escluderle dalle Coppe. Potrebbe tenerle lo stesso in campo. Insomma, l'Europa non è a rischio come si pensava sino a poco tempo fa. L'Uefa vedrà di applicare la norma in maniera "intelligente", anche per la stima che ha per il calcio italiano e del suo presidente Abete, che è uno dei vice di Platini. Resta (vedi Spy Calcio del 19 giugno) il problema dei tempi. Quando finirà il prossimo processo? Mancano ancora carte da Cremona e Bari e tantissimi interrogatori, è durissima farcela per il prossimo 10 agosto. Non è affatto escluso (ma la Figc spera di evitarlo) che l'inizio del campionato venga spostato a settembre. Il problema vero è che qui non si tratta di quei quattro "sfigatelli" di cui parlava Prandelli. Lo scandalo ha messo radici in campionati interi, coinvolgendo centinaia di persone. E non finisce qui: si sussurra di un altro blitz (con arresti?) a Cremona verso i primi di luglio ed è scontato ormai che ci sarà un terzo processo sportivo durante la prossima stagione, verso l'autunno, poi ci sarà anche il quarto, il quinto processo... Si andrà avanti per anni. Forse sino al 2014. Si finirà quando si riuscirà a rompere il muro di omertà e il calciatore, o l'allenatore, che fa finta di nulla e si gira dall'altra parte pagherà salato, mettendo a repentaglio la carriera. Solo così si riuscirà a mettere un freno. Forse. Per chiudere ancora sulla giustizia sportiva: è arrivato il deferimento di Radu (Lazio) per il saluto fascista. Episodio successo il 7 aprile, più di due mesi fa. Deve essere stata un'indagine molto complessa. . . Aspettiamo adesso di sapere che è successo in Genoa-Siena. Data, 22 aprile. Ma forse ci siamo. -
Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"
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CorSera 20-06-2012 ------- CORRIERE DELLA SERA STYLEMAGAZINE LUGLIO-AGOSTO 2012 -
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CHI | 27 GIUGNO 2012 Antonio Conte SO QUEL CHE HO FATTO per questo non ho paura -
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Palazzi non si ferma E spunta l'ipotesi di un terzo processo Oggi la Procura riparte: nel mirino c'è Bari-Livorno Ad agosto le sentenze sulla A, ma non sarà l'ultimo atto di MAURIZIO GALDI (GaSport 20-06-2012) Sembra che il primo procedimento dell'anno sul calcioscommesse stia già andando in archivio. Oggi riprendono le audizioni (obiettivo su Bari-Livorno di Coppa Italia), l'appello alla Corte di giustizia federale dovrebbe cominciare a luglio, ma già l'attenzione di tutti si sta allargando al secondo procedimento, quello che riguarda i club di Serie A, e addirittura c'è già chi pensa a un terzo procedimento a stagione cominciata. Insomma ce ne è per tutti i gusti. L'appello Cominciamo dall'appello che oggi molti degli avvocati presenteranno alla segreteria della Corte di giustizia federale (Cgf). Non dovrebbero essere molti quelli che hanno chiesto gli atti, ma comunque la segreteria per loro resterà aperta fino a venerdì sera. Poi sarà necessario concedere alla Procura di prendere visione delle memorie e predisporre eventuali controrepliche (stessa procedura anche per le difese). Insomma solo martedì 26 la Cgf avrà a disposizione l'intera documentazione. Calcolando che il 29 a Roma è festa (Santi Pietro e Paolo), tutto dovrebbe ricominciare dopo il lungo weekend. In tre giorni comunque si dovrebbe chiudere con dispositivo entro il 9 e motivazioni entro 30 giorni per eventuali ricorsi al Tnas del Coni. Audizioni Intanto la parte «investigativa» della Procura federale continua le audizioni. Le convocazioni di oggi e dei prossimi giorni mette nel mirino Bari-Livorno di Coppa Italia, la partita dalla quale è scattata l'inchiesta di Bari. Chi combinò la partita? È questo il quesito più importante. Secondo le voci che circolavano nei giorni successivi alla gara (e dopo la denuncia dell'operatore austriaco Sks365), il Bari sarebbe stato inconsapevole. Insomma, una combine fatta dal solo Livorno e l'ipotesi era suffragata dal fatto che le giocate erano tutte fatte in Toscana. La Procura di Bari, però, ha scoperto elementi diversi: dalle «celle» telefoniche dello stadio San Nicola di Bari — durante l'intervallo della partita — sono partite numerose telefonate a cellulari di persone vicine al clan Parisi (clan della città di Bari) che vivono in Toscana. Come avevano saputo e da chi che la partita era stata combinata? Ipotesi riciclaggio Per questo Bari lavora anche su un'ipotesi di riciclaggio nei confronti — al momento — di ignoti. È probabile che in qualche verbale secretato sia emersa qualche circostanza che oggi la Procura federale è chiamata a verificare. Che la combine fosse stata fatta dalle due squadre? Ecco, quindi, che dopo aver sentito i calciatori del Bari, da oggi ampio spazio a quelli del Livorno: Biagio Pagano, Andrea Luci, Jurgen Prutsch, Simone Salviato, tutti vestivano la maglia amaranto in quella partita. Bisogna anche verificare se ulteriori audizioni (quelle dei calciatori del Bari) non abbiano portato nuovi elementi a supporto delle ipotesi investigative. Terzo procedimento Riuscirà Palazzi a chiudere le audizioni e fare i deferimenti entro la fine di luglio? Qualche dubbio sinceramente c'è. In realtà la Procura federale deve ancora avere a disposizione molta documentazione (manca buona parte delle ultima indagini di Cremona), mancano i riscontri sull'inchiesta di Bari relative al derby Bari-Lecce. Il pm Angelillis, rientrato da un breve periodo di vacanza, deve sentire ancora qualcuno prima di poter arrivare alla fine delle indagini del primo filone (non dimentichiamoci che mancano ancora alcune partite delle ultima giocate dal Bari nella stagione della retrocessione). Poi Palazzi deve convocare il Siena, il Grosseto (dopo le dichiarazioni di Turati e Joelson a Cremona che tirano in ballo il presidente Camilli), il Lecce (in particolare l'ex presidente Pierandrea Semeraro), insomma c'è da credere che il secondo procedimento dell'anno lasci ancora molto da fare (ci sono da giudicare anche i tesserati stralciati il 31 maggio). Ecco che si parla di un procedimento bis i primi di agosto (appelli dopo Ferragosto) e di un ter. Ormai a campionato partito. Con buona pace di classifiche e di iscrizioni alla Coppe europee. ------- IL TECNICO DELLA JUVE Conte spiega: «Le accuse? Pesanti, ma sono sereno» di FRANCESCO CENITI (GaSport 20-06-2012) «L'accusa è pesante, ma resto sereno». Così Antonio Conte ritorna a parlare della vicenda che lo vede coinvolto nel calcioscommesse dopo le accuse del pentito Carobbio per due gare del 2011 (contro Novara e AlbinoLeffe) quando allenava il Siena. Il tecnico della Juve si è confidato con il settimanale Chi (oggi in edicola) e ha spiegato il suo stato d'animo: «La serenità mi viene dal sapere quello che ho fatto. Stanno indagando dei magistrati che sanno fare molto bene il loro lavoro e sicuramente sapranno valutare al meglio la situazione. Sono convinto che la verità verrà presto a galla. Intanto, in attesa della conclusione delle indagini, dal 12 luglio andrò in ritiro con la Juventus a Chatillon». La famiglia Conte ha ribadito il suo credo calcistico: «Penso che chi mi ha conosciuto come giocatore e tecnico sappia benissimo chi sono. A volte posso essere duro, difficile, però mi sono sempre comportato con onestà e lealtà in ogni situazione. E comunque sono giorni di grande delusione». L'intervista è anche l'occasione per parlare della sua famiglia: «Mi devo ancora sposare con Elisabetta. Sono 8 anni che stiamo insieme, presto convoleremo a nozze. Ho al mio fianco una grande donna, che cerca sempre di capirmi. L'altra donna della mia vita è mia figlia Vittoria: comincia a capire che papà quando non vince ènervoso». -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Gazza Connection ------- PARTITE CONCORDATE: IL FRANCESE CHE HA GIOCATO IN ITALIA RACCONTA LA COMBINE Bravo, ex Parma: «Quando ci accordammo per il pari» e la Juventus vinse lo scudetto Retroscena del campionato 1996/97: «Potevamo vincere, mi dissero di lasciar stare». E i ducali chiusero l'anno a -2 della Redazione CORRIERE.it 19-06-2012 Le partite truccate per favorire un giro di scommesse? Lo scandalo non turba affatto l'ex centrocampista del Parma e della Nazionale francese Daniel Bravo (con i crociati nella stagione 1996-1997). In un'intervista alla versione francese di Yahoo Sport (per il blog di Pierre Ménès), l'attuale commentatore televisivo di Canal+ ha svelato di un accordo di cui è venuto a conoscenza proprio durante il suo soggiorno in Serie A, e che riguardava il suo Parma: «Non ho mai concordato il risultato di un incontro, però ne ho subito uno. All'ultima partita importante avremmo potuto giocarci il titolo con il Parma, ma di fatto non avremmo mai potuto vincere. Allora all'intervallo ci siamo accordati per un pareggio, in perfetto accordo». «SIETE PAZZI!» - Bravo, però, non era d'accordo, e pur parlando al plurale, forse pensando anche a Lilian Thuram, con lui in crociato, spiega: «Non capivamo, dicevamo: "Siete pazzi, possiamo vincere!", ma gli altri: "Siamo in Italia, qui, lasciate stare". E l'arbitro (Collina, ndr), era caldo». Il nome della Juventus non viene mai fatto né da Bravo né da Ménès, però il Parma quell'anno terminò la stagione al secondo posto, a 63 punti. Due in meno della Juventus campione. Gli ultimi tre incontri dei ducali furono, nell'ordine, contro Juventus, Bologna e Verona. Contro emiliani e veneti arrivarono due successi, contro i bianconeri fu invece 1-1 (lo stesso risultato dell'intervallo, autorete di Zidane dopo 29', pareggio di Amoruso su rigore al 43'). Al momento del calcio d'inizio il Parma aveva sei punti di ritardo dai bianconeri, con ancora tre incontri da disputare. Bravo rimase in panchina, Thuram, invece, giocò tutti i 90'. ___ IL CASO L’EX CENTROCAMPISTA DEGLI EMILIANI HA RACCONTATO LA SUA VERITA’ DOPO 15 ANNI Juve-Parma con Moggi e Sogliano a bordo campo Secondo Bravo ci fu un accordo nell'intervallo, la Ġazzetta nel '97 la raccontò così... di ANDREA SCHIANCHI (GaSport 20-06-2012) A 15 anni di distanza Daniel Bravo, ex centrocampista del Parma, racconta in un'intervista a Yahoo Sport di una gara combinata. «Non ho mai concordato il risultato di un incontro, però ne ho subito uno. All'ultima partita importante avremmo potuto giocarci il titolo con il Parma, ma di fatto non avremmo mai potuto vincere. Allora all'intervallo ci siamo accordati per un pareggio, in perfetto accordo. Io dissi ai miei compagni: voi siete matti, possiamo vincere. Mi risposero: stà buono, in Italia si fa così». Bravo non nomina mai la partita, ma quando parla di «ultima partita importante» è chiaro il riferimento alla gara Parma-Juve, giocata il 18 maggio 1997, allo stadio Delle Alpi di Torino, trentaduesima giornata. Come andò La Juve di Lippi era prima in classifica con 6 punti di vantaggio sul Parma guidato da Ancelotti. La sfida, a tre giornate dalla fine, si preannunciava decisiva. Al 30' del primo tempo il Parma passò in vantaggio: calcio d'angolo di Chiesa, intervento maldestro di Zidane e pallone alle spalle di Peruzzi. L'1-0 per gli emiliani durò 10 minuti. Al 40' Vieri venne lanciato e Cannavaro, con un robusto colpo di spalla, lo spedì a terra. L'arbitro Collina fischiò il rigore, Ancelotti s'infuriò e fu espulso. L'1-1 dal dischetto lo realizzò Amoruso. E così si chiuse il primo tempo. Strane presenze Nell'intervallo si consumò quello che oggi Daniel Bravo definisce «pareggio combinato». Non sappiamo i discorsi che si fecero negli spogliatoi, non sappiamo chi parlò e chi rimase zitto. Sappiamo però che la ripresa praticamente non si giocò. L'1-1 stava bene sia alla Juve, che si avvicinava allo scudetto, sia al Parma che consolidava il secondo posto e teneva a distanza l'Inter. Quel secondo tempo al Delle Alpi si disputò tra i fischi del pubblico che chiedeva alla Juve di spingere sull'acceleratore. Vicino al tunnel degli spogliatoi, per tutti i 45' della ripresa, stazionarono il d.g. bianconero Luciano Moggi e il d.s. del Parma Riccardo Sogliano. A molti quelle presenze parvero una sorta di garanzia per l'andamento della gara. I commenti La Ġazzetta titolò così: «Juve-Parma vince la paura». E nel sommario si scriveva: «Due gol nel primo tempo, poi non si gioca più. Dopo l'autorete di Zidane e il rigore di Amoruso, nessuno ha avuto il coraggio di rischiare. Così la gara che già nella prima parte non era stata bellissima è diventata irritante. Un tacito accordo di non belligeranza tra i fischi dei tifosi». Lo stesso avvocato Agnelli sbottò: «Secondo tempo indecente». Lodovico Maradei, allora prima firma della Ġazzetta, spiegò: «La ragion di stato è prevalsa e ha fatto scempio dei diritti del pubblico, del desiderio di tanti di vedere una gran bella partita, visto che erano in campo le prime della classe... Coincidenza d'interessi nella divisione dei punti e peggio per i terzi interessati. Comportamento magari riprovevole sul piano sportivo,ma non su quello regolamentare perché non c'è intesa preventiva, nasce spontanea sul campo». ___ la Repubblica 20-06-2012 ___ SCANDALO PERENNE CHI LO DICE È BRAVO L’ex calciatore del Parma rivela: “Nel ‘97 ci siamo accordati per un pareggio con la Juve” di MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 20-06-2012) Del piccolo principe, a Parma, ricordano la principessa. L’essenziale non era invisibile agli occhi, ma domenicalmente riproposto, per le più morbose fantasie tifose, dagli schermi Rai. Il marito Daniel Bravo in panchina ed Eva la bionda, a giocare di doppio senso a Quelli che il calcio. Fabio Fazio la presentava come la bellissima moglie del dipendente in scarpini di quel Tanzi che a tempo perso faceva stampava titoli fasulli e lei monetizzava inarcando le ciglia: “Grazie, grazie, speriamo che mon chéri, almeno oggi, giochi qualche minuto”. Non accadde quasi mai perché nella città delle ipocrisie velate, l’allenatore Ancelotti, non puntò mai su nero o rosso. Non c’era dolore né passione nella comparsata di Bravo, solo oblìo e cattiva coscienza che ieri, a 15 anni dal suo addio, hanno riportato a galla un frammento di memoria molto contemporanea. DICE, l’ex ragazzo prodigio che a 19 anni esordì in Nazionale battendo l’Italia, i record e l’eterna riserva di Zoff, Ivano Bordon, che il suo Parma, nella corsa scudetto 1997, non fece tutto quello che sarebbe servito per vincere un campionato concluso al secondo posto a due punti dalla Juve. Un traguardo mai raggiunto (né prima né dopo) che avrebbe potuto tramutarsi in trionfo. “Non ho mai concordato il risultato di un incontro, però ho subito una combine. All'ultima partita importante avremmo potuto giocarci il titolo, ma di fatto non avremmo mai potuto vincere. Allora all'intervallo ci siamo accordati per un pareggio, in perfetta serenità”. Nelle ultime giornate il Parma vinse contro Verona e Bologna e pareggiò a Torino con la squadra di Lippi per 1-1. Al vantaggio emiliano (harakiri di Zidane) rimediò un generoso rigore assegnato da Collina per fallo su Vieri, realizzato da Amoruso a un Buffon non ancora torinese. Nel giorno dell’imbarazzante decisione della Lega (sì alla scritta “30 sul campo”) in cui alla consolidata attitudine pilatesca (no alle tre stelle) si impianta un commovente tempismo, Bravo ci racconta una storia che già conoscevamo. Il film delle omissioni consumate al riparo degli spogliatoi: “Non capivamo”. (Forse parla di Thuram, ndr). “Gli dicevamo possiamo vincere, siete pazzi” o sempre nella confessione dell’ex talento del Monaco, la stenografia della derisione internazionale, delle regole non scritte, del pregiudizio che qualche radice, forse, deve pur averla: “Siamo in Italia, lasciate stare”. E Bravo, che amava il calcio come Camus ma non ne aveva le categorie: “Non c’è destino che non si pieghi con il disprezzo”, lasciò stare. SPALANCANDO senza coraggio scenari ormai insondabili e quindi, spiace osservare, con relativa credibilità. Per sospettare che il pallone a sud del Brennero somigli a Venezia nei giorni di Scirocco non c’era bisogno di Bravo. Odore di laguna. Da 32 anni. Puzza di combine. Di comprati, venduti e messi all’asta. Figurine scollate dall’album che da tre decenni, con stanchezza proporzionale allo stupore, le inchieste sbattono in prima pagina per poi ritrovarne curricula e fotografie con qualche ruga in più, non appena superato l’uragano. Bisognerebbe liberarsi prima di diventare balene spiaggiate nell’isola del dubbio. Ci si arenò l’ex juventino Fabian O’Neill, lievitato a 120 chili e improvvisamente memore, tra un mojito e un’alba, di certi pareggi ,organizzati in presa diretta alzando entrambe le braccia e non ne evase Sandro Melli, ex di tutto un po’ che rimembrando Perugia-Milan 1-2 dell’estate ’99 (scudetto all’ultimo soffio per il Milan di Zaccheroni) rifiutò di entrare nell’ultima mezz’ora con un laconico: “I miei dirigenti sanno il perché ”. Zeman, in situazione analoga, si girò di spalle davanti alla farsa di un Lecce-Parma balneare. Il brasiliano Tuta, devastatore di un evangelico pareggio tra Venezia e Bari venne insultato nel tunnel “Che ċazzo fai? Sţronzo” e messo sul diretto per Rio. La fine è più che nota. Eva Bravo oggi canta, è ancora bella e sembra Carla Bruni. Daniel riscalda il risaputo. In vacanza, pare, non andranno a Parma. “Siamo in Italia. Lasciate stare”. ___ LA RIVELAZIONE Bravo: a Parma concordammo un pari art.non firmato (Il Messaggero 20-06-2012) Ci mancavano le rivelazioni a distanza di Daniel Bravo, ex centrocampista del Parma e della Nazionale francese. In un'intervista alla versione transalpina del portale web Yahoo Sport, l’ex calciatore e attuale commentatore di Canal +, ha svelato un accordo tra due squadre di cui è venuto a conoscenza durante esperienza in Italia, nella stagione 1996/97, e che riguardava proprio il suo Parma. «Non ho mai concordato il risultato di un incontro, però ne ho subito uno», dice. E poi racconta il particolare, senza mai citare la squadra avversaria. «All'ultima partita importante potevamo giocarci il titolo, ma di fatto non avremmo mai potuto vincere. Allora all'intervallo ci siamo ritrovati per un pareggio, in perfetto accordo. Non capivo, dicevo: «Siete pazzi, possiamo vincere!», ma gli altri: «Siamo in Italia, qui, lasciate stare». Il Parma, club molto competitivo guidato da Callisto Tanzi in quel periodo, nella stagione in questione terminò al secondo posto, a 63 punti, a due punti dalla Juventus, che le aveva conteso lo scudetto fino all’ultimo. Gli ultimi tre incontri dei ducali furono contro Juventus, Bologna e Verona. Nelle due sfide con emiliani e veneti il Parma ottenne due successi, contro i bianconeri fu invece 1-1 (lo stesso risultato dell'intervallo, autorete di Zidane dopo 29', pareggio di Amoruso su rigore al 43'). Al momento del calcio d'inizio il Parma aveva sei punti di ritardo dai bianconeri, con ancora tre incontri da disputare. Bravo rimase in panchina, Thuram, invece, giocò tutti i 90'.Non si finisce mai. ___ E adesso Palazzi potrebbe aprire un fasciolo su Juve-Parma del '97. Malgrado la prescrizione Nessun rischio per società e tesserati, però ci sono i precedenti di Calciopoli-bis e Doni. Vale la pena perdere tempo per vicende non processabili? Rimosso il video dell'intervista a Bravo di GIOVANNI CAPUANO (PANORAMA Sport 20-06-2012) Le confessioni choc di Daniel Bravo su una presunta combine in Juventus-Parma del maggio 1997 rischiano di mettere la Figc davanti a un bivio di difficile soluzione. Non esiste alcuna possibilità che le accuse - peraltro tutte da dimostrare - portino ad alcun strascico in sede di giustizia penale. Copre tutto la prescrizione essendo trascorsi quindici anni dai fatti raccontati dall'ex parmense in un'intervista al canale francese di Yahoo. Quindi niente penalizzazioni e niente squalifiche. Nulla di nulla. Eppure i ritagli di giornale che raccontano le parole del francese e ricostruiscono quanto avvenuto allo stadio Delle Alpi quel 18 maggio 1997 rischiano comunque di finire sul tavolo del procuratore federale Palazzi chiamato a decidere sull'opportunità o meno di un intervento. E' la seconda volta nel giro di pochi mesi che accade. Già a gennaio la questione si era posta dopo l'intervista-confessione rilasciata da Cristiano Doni a 'La Ġazzetta dello Sport' nella quale l'ex capitano bergamasco finito nella bufera offriva rivelazioni su Atalanta-Pistoiese di Coppa Italia dell'agosto 2000. Storia vecchia di dodici anni sulla quale la giustizia sportiva aveva tentato di fare luce con squalifiche in primo grado (un anno per Gallo, Zauri, Siviglia, Aglietti e l'attuale tecnico del Milan Allegri, sei mesi per Banchelli) e proscioglimenti davanti alla corte d'Appello. "Il risultato fu concordato? Sì, è così. Non posso continuare a dire diversamente. E se qualcuno vorrà altre spiegazioni sono pronto a darle" rispondeva Doni al giornalista. Era il 28 gennaio scorso. Seguirono smentite seccate da parte di Allegri e degli altri protagonisti tirati nuovamente in ballo e una domanda fuori verbale nell'interrogatorio reso da Doni il 29 febbraio. "Lei sarebbe disposto a parlare anche di Atalanta-Pistoiese del 2000?" la richiesta degli investigatori della Figc: "Perché? Non è prescritta?" la risposta di Doni. Poi non se ne è saputo più nulla. Allegri e gli altri non sono stati chiamati come ipotizzato in quesi giorni e la Procura federale è stata travolta dalle carte provenienti da Cremona. Del resto sarebbe stato tempo perso essendo caduto tutto in prescrizione esattamente come lo sarebbe convocare Bravo per parlare di Juventus-Parma del 1997 e farsi chiarire alcuni punti oscuri di una partita che, come ricostruito da 'La Ġazzetta dello Sport' visse in realtà solo un tempo prima di scivolare via nella noia e con qualche fischio alla presenza - a bordo campo - di Moggi e Sogliano. Gara finita 1-1 (autorete Zidane e rigore Amoruso tutto nel primo tempo) e che lasciò la Juventus a +6 sul Parma di Ancelotti a due giornate dal termine in una classifica che alla fine vide trionfare i bianconeri con due lunghezze di vantaggio sulla squadra di Ancelotti. Circostanze che appaiono sospette solo oggi alla luce delle rivelazioni dell'ex centrocampista del Parma ("All'intervallo ci siamo accordati per un pareggio... Dissi ai miei compagni 'Siete mattia, possiamo vincere'. Mi risposero: 'Sta buono, in Italia si fa così'") e che potrebbero al massimo finire in un libro di storia non avendo la giustizia sportiva alcuna possibilità di perseguire gli eventuli responsabili. Il bivio, però, si propone davanti a Palazzi perché dall'estate scorsa esiste il precedente della relazione del pm sportivo sulle telefonate di Facchetti e gli atti emersi nel processo di Napoli nel cosiddetto filone di Calciopoli-bis. Allora Palazzi scelse di sentire Moratti e gli altri e alla fine scrisse le 72 pagine che rappresentano il caposaldo delle rivendicazioni juventino sullo scudetto 2006. Ipotizzò per l'Inter il deferimento (impossibile per avvenuta prescrizione) per illecito sportivo chiarendo anche come nell'estate 2006 l'analoga richiesta era caduta per tutti i club coinvolti. Si augurò che l'Inter rinunciasse alla prescrizione e vergò un documento di rara durezza su Facchetti. Qualcuno già all'epoca obiettò che si trattava di tempo sprecato e di un'indagine che non avrebbe dovuto nemmeno iniziare perché evidentemente destinata a chiudersi con la prescrizione. L'avvocato Catalanotti, legale del Brescia, arrivò addirittura ad impugnare il documento davanti all'Alta Corte del Coni chiedendone l'annullamento perché "abnorme". Chi aveva ragione? Palazzi a ricostruire comunque una vicenda evidentemente non più processabile o chi lo riteneva un lavoro inutile? Il problema si ripropone oggi con Bravo e le sue rivelazioni. Se vale il principio dell'etica che "non cade in prescrizione" come vuole Abete l'approfondimento è d'obbligo. Ma il tempo stringe e i processi sul calcioscommesse da istruire (forse anche un quarto in autunno) non permettono distrazioni. Ultima annotazione: il video dell'intervista a Bravo è stato rimosso poche ore dopo la pubblicazione. ------------------------------ Le rivelazioni di Bravo BLOG JUVENTINOVERO.COM Martedì 19 Giugno 2012 Daniel Bravo, ex del Parma, nel corso di un'intervista (video tratto da Yahoo.com sopra...) ha dichiarato che nel campionato 1996/97 una partita importante del Parma sarebbe stata aggiustata con accordo per il pareggio. Bravo, come si sente dal video, non dice né di quale partita si tratti né tanto meno in quale giornata di quel campionato si sia disputata. Bravo non cita mai la Juventus, ma i giornali italiani (ed il Corriere su tutti) sono certi che quella partita sia stata Juventus-Parma del 18 maggio 1997 finita 1-1. Chissà perché? E chissà perché non potrebbe essere quella precedente Parma-Milan finita 1-1? E chissà perché quel che dice Bravo non merita nemmeno il beneficio del dubbio? E perché se qualcuno fa rivelazioni contro la Juventus sembra non interessare a nessuno se vi siano o meno riscontri e prove a supporto? -
Due Chicche Sull'Assessore Narducci
Ghost Dog ha risposto al topic di Redfield in Calciopoli (Farsopoli)
Ecco la lettera di dimissioni «Clima ostile a idee e opinioni dissenzienti» di PAOLO CUOZZO (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 19-06-2012) NAPOLI — Tre pagine per dire addio. Tre pagine piene di amarezza e critiche. Ecco i passaggi principali della lettera di dimissioni che Narducci ha consegnato a de Magistris. «Ho constatato l'iniziale emergere di incomprensioni e diversità di vedute e poi, con maggiore frequenza, di divergenze, sempre più marcate, su diversi importanti aspetti della azione messa in campo dall'amministrazione nel corso degli ultimi mesi». Narducci racconta punto per punto i momenti di attrito: «La discussione sulla utilizzazione di forme di lavoro temporaneo nel ciclo dei rifiuti e poi, in particolare, sulle assunzione di lavoratori a tempo indeterminato effettuate dalla società Asia; il delicato tema della corretta ed equilibrata definizione del rapporto con il privato che, ormai da moltissimi anni, gestisce il patrimonio immobiliare dell'ente, definizione poi concretizzatasi attraverso la adozione di delibere che non ho condiviso; le centrali questioni riguardanti gli assetti che, dal prossimo dicembre, dovranno essere assicurati alla gestione del nostro patrimonio per permettere all'ente di riprenderne, finalmente e pienamente, il controllo, questioni sulle quali ho manifestato opinioni che appaiono minoritarie; le tensioni, infine, che hanno accompagnato l'adozione della deliberazione inerente la ricognizione dei residui attivi nella predisposizione dei documenti contabili del Comune e le conseguenti operazioni necessarie per superare, coerentemente alle indicazioni fornite dal Collegio dei Revisori del Conti e dalla Sezione Regionale della Corte dei Conti, uno degli aspetti che provocano le maggiori sofferenze economiche dell'ente». Ed è qui che Narducci ricorda che «queste dinamiche, a mio parere, più di altre, sembrano collocarsi su una linea di assoluta continuità con vecchie logiche del passato, logiche che ritenevo, nella nuova situazione, non potesse più riproporsi. In queste vicende, come però anche in altre di apri rilievo, non sono mancati problemi causati da una inadeguata o insufficiente, quando non del tutto assente, comunicazione di elementi informativi ai membri della giunta, con inevitabili ripercussioni sulla reale ed effettiva condivisione delle scelte nonché sulla stessa ponderatezza delle decisioni assunte». «In altri termini — scrive Narducci — non sempre le decisioni sono state adottate a seguito di un effettivo confronto tra le posizioni esistenti all'interno della giunta». Il magistrato rimarca poi di non aver omesso «in tante occasioni, di segnalarlo e non ho certamente ignorato l'emergere di una visione che riteneva la mia posizione costituisse, in ultima analisi, un appesantimento o, addirittura, quasi un ostacolo alla efficienza della amministrazione, tanto da essere stato sollecitato a rendermi conto che, nella sfera della amministrazione della politica, occorre adeguarsi ad una linea di condotta ispirata al, la giusta duttilità e abbandonare quella connotata, invece, dalla intransigenza dei principi». Ed ancora: «Ho ritenuto, come è noto a tuti, di non accogliere questa sollecitazione. Infine, a causa delle posizioni da me assunte, sono stato, nelle ultime settimane, oggetto di dichiarazioni gratuitamente aggressive, additato, in sostanza, di "reprobo" che, insieme al collega Realfonzo, avrebbe minato la coesione e la efficacia della giunta». Quindi, l'affondo finale prima di annunciare le dimissioni: «L'impressione che io ne ricavo e quella dell'affermarsi di un clima che, a mio parere, appare chiaramente "ostile" alla libera manifestazione delle idee e delle opinioni dissenzienti che, anche quando non condivisibili, meritano rispetto». ------- Napoli Bufera al Comune Narducci: «Metodi e decisioni come le giunte del passato» L'assessore alla legalità rompe col sindaco e torna a fare il magistrato Scontro consumato sull'accordo con la Romeo, sull'Asìa e sul bilancio di PAOLO CUOZZO (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 19-06-2012) NAPOLI — Una cosa la mette in chiaro subito: «Le mie sono dimissioni ufficiali, non una montatura giornalistica come aveva detto il sindaco giorni fa». Giuseppe Narducci termina così la sua esperienza al Comune di Napoli. Dopo 370 giorni da assessore, il pm-simbolo di Calciopoli ha capito sulla propria pelle che quello dell'amministratore comunale non è il suo mestiere. Molti, troppi i punti di divergenza col sindaco e con l'apparato di Palazzo San Giacomo che il primo cittadino ha messo in piedi per proseguire oltre. Ma soprattutto, c'è una ferita che brucia: quella di aver appreso cosa pensasse di lui il primo cittadino, amico di vecchia data oltre che ex collega in magistratura, a mezzo stampa. Dottor Narducci, allora che ne pensa del durissimo blog del sindaco? «Preferisco non pensare che è meglio. Davvero non ho parole per commentare tutto quello che ha scritto». Però le tocca. «No, non me ne importa proprio un bel nulla». Lui, però, il sindaco, di parole ne ha usate tantissime. E pare abbia risposto con tanta durezza ad una sua lettera di dimissioni altrettanto dura. E' così? «Io ho posto solo questioni politiche, evidenziando i nodi, e sulle quali mi sarei aspettato risposte che invece non sono arrivate». Tutto qui? «In sostanza, gli ho spiegato che l'operato della giunta somiglia a quello delle amministrazioni precedenti, nei metodi e nelle decisioni». Mica poco! Ci faccia un esempio. «Non è il caso». Perché? «Ripeto, non è il caso». Le vengono contestati i tempi anche perché si è dimesso in vista del voto sul bilancio. «A me non interessano i tempi. Non ho equilibri da rispettare, non guardo ai partiti ai rimpasti». Ora che fara? «Tornerò a fare il magistrato. Ho già fatto richiesta di rientro al Csm. Dove? Non lo so. Ma muoio dalla voglia di tornare a fare il mio lavoro». Si chiude quindi una brutta esperienza? «Diciamo che muoio dalla voglia di tornare a fare il magistrato. Chiaro?». Chiaro. Ma quali sono le questioni che lei ha sollevato? «Quella del Patrimonio con la Romeo sulla quale il mio pensiero è chiaro: quella delibera non l'ho firmata. Che altro devo dirle?». Non so, faccia lei? per esempio, cosa non la convinceva dell'intesa con Romeo? «Non mi convinceva al punto che non ho firmato la delibera». Tra i nodi, anche la vicenda dell'Asìa. Qui cosa è andato storto? «Diciamo che le assunzioni le decideva l'azienda, rispetto alle quali il Comune, a mio avviso, avrebbe potuto adottare delle scelte che invece non ha fatto». Cioè? «Fermiamoci qui». Nelle sue dimissioni lei parla di divergenze anche sul bilancio. Ma lei, come assessore, l'ha firmato. «In quel caso la rottura è stata sull'opportunità di fare una delibera, voluta da me e dall'assessore Realfonzo, di accompagnamento al bilancio che recepisse le indicazioni della Corte dei Conti sui residui attivi. Una cosa importante. Ma pure in quel caso ci sono state spaccature con chi invece la pensava diversamente». E' pentito di aver deciso di fare l'assessore? «Ripeto, muoio dalla voglia di fare il magistrato». Il sindaco le contesta anche che da assessore lei non ha portato avanti i progetti che le erano stati affidati. «Che le devo dire, cose che si commentano da sole. Io non le commento». Duro anche il passaggio del blog di de Magistris proposito del modo di intendere il corpo di polizia municipale, sul suo utilizzo. «Su questo basta chiedere ai cittadini cosa pensano deo vigili e di quali siano stati i risultati che si son visti in questo anno». Quindi lei difende il lavoro dei caschi bianchi, magari un lavoro caratterizzato da un polso più duro? «Ripeto, che si chieda ai cittadini se i risultati son o non sono sotto gli occhi di tutti?». ------- Le bordate del sindaco contro l’ex assessore De Magistris: deluso da Pino e dal suo cieco formalismo di PAOLO CUOZZO (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 19-06-2012) NAPOLI — I giornalisti li evita con cura: «Torno in ufficio e scrivo una lettera che pubblico sul mio blog, ora non parlo». E' un Luigi de Magistris insolito quello che da ieri deve fare i conti con un assessore che gli ha sbattuto la porta in faccia e se n'è andato, lasciandolo in un mare di polemiche e veleni e nel pieno di una bufera politica. Cosa che ha scatenato una reazione fortissima del sindaco, che nulla, ma proprio nulla, ha risparmiato al suo ex amico verso il quale si è sentito «deluso sul piano umano» e per le «modalità con cui Narducci ha deciso di lasciare la giunta», accusandolo, peraltro, di non aver portato avanti molti dei progetti che gli erano stati affidati. De Magistris ci va giù duro, coniugando al passato l'amicizia con Narducci: «Pino — scrive il sindaco sul suo blog — era infatti un collega che stimavo ed anche un amico. Sul piano professionale e politico, nutro la stessa delusione e lo stesso dispiacere». Il sindaco ricorda di aver scelto Narducci «perché garantisse a questa amministrazione di essere totalmente impermeabile al crimine organizzato e alla corruzione, lavorando sul tema dei contratti e delle gare». «Su questo tema, quello che doveva essere il suo principale campo di intervento, non ho potuto registrare un significativo contributo da parte sua, tanto che personalmente sto operando per introdurre cambiamenti fondamentali su tale fronte e, ad oggi, l'ho fatto senza il suo apporto». Ed ancora: «Narducci — racconta l'ex magistrato — doveva realizzare una struttura efficace contro la corruzione e il malaffare ma non ha portato nessun risultato in tal senso: il protocollo anticorruzione firmato col governo e la riforma della macchina organizzativa, non a caso, sono il frutto dell'attività dall'amministrazione a prescindere dal suo contributo, mai arrivato. Anche il potenziamento e il miglioramento dell'Avvocatura, che ponesse un freno alle spese superflue e inutili, non sono stati condotti in porto». Stilettate su stilettate, che il sindaco elenca in un lunghissimo intervento. Nel quale si legge pure che «molto avevo investito sul ruolo di Narducci in merito alla lotta all'evasione fiscale per favorire la riscossione tributaria, attraverso una sinergia fra il suo assessorato e la polizia municipale. Nessuna proposta politica rilevante anche da questo punto di vista. Ecco la delusione politica che si affianca a quella personale e che speravo di superare, in vista di un nuovo anno di governo, grazie ad un rinnovato impegno da parte di un assessore in cui riponevo la massima fiducia professionale e personale». Nessun isolamento, poi, sempre secondo il sindaco, avrebbe patito Narducci (cosa, questa, che l'oramai ex assessore gli ha contestato nella lettera di dimissioni) nelle decisioni visto che «è sempre stato coinvolto e ascoltato». Per quanto riguarda «la vicenda della transazione con la Romeo, abbiamo registrato — secondo de Magistris — anche il suo contributo alla stesura dell'atto deliberativo, nato con lo scopo di sfruttare al meglio il rapporto ereditato con il gestore. Le sentenze definitive infatti condannano il Comune al pagamento dei crediti. Si è dunque cercato l'accordo per far in modo che la Romeo incentivasse la vendita del patrimonio immobiliare consentendoci di ottenere la liquidità necessaria da impegnare negli investimenti, in un quadro politico nazionale che vede gli enti locali drammaticamente penalizzati dai tagli del governo. Stesso spirito di salvaguardia dell'interesse pubblico ci ha guidati nella scelta dell'internalizzazioni dei lavoratori dell'Asia: si è deciso infatti di rompere con la politica dei subappalti privati che in questi anni ha alimentato la corruzione e l'infiltrazione, all'interno della pubblica amministrazione, soprattutto da parte delle mafie». Infine, il tema del bilancio «approvato in giunta con l'unanime condivisione di dover tener conto di quanto rilevato dalla Corte dei Conti, come testimonia l'adozione di una delibera specifica a riprova che, pur nelle grandi difficoltà finanziarie ereditate, mai è stata offuscata l'attenzione verso l'accertamento della verità nei conti. Si tratta di provvedimenti presi sempre nel rispetto della legge, rispetto a cui questa amministrazione non prende e non prenderà mai da nessuno lezioni ex cathedra, soprattutto tenendo conto che la legalità non si strumentalizza a fine politico ma si pratica nell'interesse collettivo». «E' invece accaduto — ha sbottato il sindaco —, e lo dico con grande amarezza umana, che l'assessore prendesse però le distanze dagli atti approvati a mezzo stampa, disconoscendo il confronto e la mediazione raggiunta con tutta la squadra di governo. Probabilmente con l'intento di gestire in proprio la sua immagine sfruttando i media e privilegiando, quindi, il suo rapporto con i mezzi di informazione rispetto a quello con il sindaco, con cui non ha avuto il buon senso e il buon gusto di parlare nemmeno in questo frangente, nemmeno quando ha scelto di dimettersi, per altro con una tempistica che può anche lasciar pensare ad una volontà di colpire l'amministrazione in un passaggio delicato come quello che stiamo vivendo: la discussione e l'approvazione del bilancio in Consiglio comunale». Finito? No, manco a dirlo. Il sindaco rimarca pure di aver «difeso Narducci anche quando il suo operato era lesivo per la compattezza della stessa giunta, oppure quando cozzava con la città dei diritti, soprattutto dei più deboli, che vogliamo realizzare. E' accaduto spesso, infatti, che Narducci travalicasse il mandato dell'indirizzo politico spettantegli, interferendo con la legittima azione amministrativa, tanto da essere soggetto, seppur indirettamente, ad una sentenza critica in sede giudiziaria che ha infatti riconosciuto la legittimità dell'azione amministrativa stigmatizzando il comportamento dello stesso assessore. Così come spesso è accaduto che declinasse la politica non come risoluzione dei problemi volta alla tutela dei più deboli nell'orizzonte della legalità e del diritto, ma come cieca intransigenza e furioso formalismo della norma, spesso paradossalmente accanendosi con i più deboli, arrivando a confondere legalità formale con legalità sostanziale, strumentalizzando politicamente il rispetto della legge e della Costituzione che devono necessariamente realizzare la giustizia sociale. Penso a quanto accaduto con la vicenda di via Bologna. Unica attenzione, infine, era da lui rivolta ad un "certo modo" di intendere la polizia municipale, rispetto a cui il suo operato non sempre ha prodotto risultati apprezzabili, arrivando perfino a criticare, in totale isolamento, il progetto di pedonalizzazione del Lungomare, attuato con uno straordinario e meritorio impegno del corpo a cui va tutta la mia gratitudine. Nonostante tutto, fino alla fine, fino ad oggi, anche in vista del raggiungimento di un anno di governo che deve spingere tutti, in primis il sindaco, ad una riflessione per il miglioramento, ho creduto fosse possibile un cambiamento nell'atteggiamento umano e nel comportamento politico, sperando si potesse arrivare ad una sintesi nell'interesse della città. Certo non su quei valori e quei principi che non si perseguono solo in magistratura, ma anche e soprattutto in politica, quando la politica si realizza come noi la intendiamo: discontinuità col passato, legalità sostanziale, diritti di tutti, giustizia sociale». Il veleno è servito. ------- Narducci lascia L’ex procuratore Lepore: «Perso un altro pezzo Pino non accetta compromessi» L'ex capo dei pm: «Magistrato e assessore carriere inconciliabili» di GIANLUCA ABATE (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 19-06-2012) ROMA — Giovandomenico Lepore, ex procuratore di Napoli. Il pm in aspettativa Giuseppe Narducci s'è dimesso da assessore, che ne pensa il suo ex capo? «È un altro pezzo che perde Luigi de Magistris. Una persona perbene, trasparente, con delle idee ben precise. Peccato, peccato davvero». Una spiegazione se l'è data? «Non so, e non voglio sapere, quali siano le reali motivazioni alla base di questa decisione. Conoscendoli entrambi, ritengo che forse ci sia anche una componente caratteriale alla base del dissidio». Quand'era pm Giuseppe Narducci dissidi li ebbe anche con lei. Si riferisce a questo quando parla di «carattere»? «No. Abbiamo avuto divergenze, è vero. Ma ne abbiamo sempre discusso con franchezza, perché Pino è un uomo leale. E alla fine, da procuratore, ho sempre pensato che la rottura andasse evitata: non potevo certo permettermi di perdere uno come Narducci, perché gli uomini di valore bisogna tenerseli ben stretti». Giovandomenico Lepore, ex capo dei pm di Napoli, è uno che di Giuseppe Narducci conosce tutto: pregi, difetti, intuizioni investigative geniali, asperità caratteriali. I due hanno lavorato fianco a fianco, si sono scontrati, ma alla fine sono diventati come quegli amici che — dopo un litigio — sono più uniti di prima. È per questo che, quando Narducci decise di fare l'assessore, Lepore fu uno dei pochi magistrati a non criticarne la scelta: «La sua esperienza sarà di sicuro utile all'amministrazione pubblica, ci può dare una mano e può dare una mano a questa città». Ed è sempre per questo che, commentando il verdetto di Calciopoli, Narducci definì quella sentenza «una medaglia da appuntare al petto» del suo capo, che quell'inchiesta l'aveva difesa con i denti. Lepore, un anno dopo cosa è cambiato? «Adesso Narducci tornerà a indossare la toga, e questa è una cosa buona per la magistratura». Può rientrare in Procura? «Mi sembra di no. Ma, dovunque vada, il suo ritorno nella magistratura mi lascia perplesso». Perché? «Io non ho mai ostacolato Pino quando ha offerto la sua disponibilità al sindaco, ma — come dissi anche allora — sono contrario ai magistrati che si danno alla politica. Il problema è che la legge glielo consente, quando poi il Csm vieta ad altri magistrati di far parte di commissioni giuridiche come quelle dell'Aci nell'interesse degli utenti». Il pensiero alla base della decisione di Narducci era che si potesse servire la legalità anche da assessore, non solo da pm. Un errore di valutazione? «Non è un'idea sbagliata, è certamente possibile contribuire alla legalità se si fa l'assessore in maniera onesta come lui. Solo che secondo me ci vorrebbe a monte una scelta di vita, le carriere di magistrato e assessore sono inconciliabili». Lei lo disse in riferimento alla politica, vale anche in caso di un'esperienza amministrativa? «Be', amministrativa fino a un certo punto. C'è sempre un colore politico dietro le giunte». Chi ci ha perso di più in questa storia, la Procura un anno fa o il Comune oggi? «Entrambi. Quella di Narducci per me fu una grande perdita. Pino è un uomo di equilibrio, un capopopolo: durante la mia gestione era il primo a difendere i suoi colleghi contro di me, ma non ha mai condotto azioni di forza. È sempre stato uno pronto a discutere, a chiarire». Questa volta la mediazione non c'è stata. Che ricadute avrà su Napoli la decisione di Narducci? «La città perde la partecipazione alla vita pubblica di una persona trasparente, capace di non scendere mai a compromessi. E, soprattutto, perde un uomo di valore che ha sempre agito in maniera molto rigida per tutelare l'interesse di quel bene comune tanto caro al sindaco Luigi de Magistris». ------- «Narducci? Resta il nodo dei giudici che fanno politica» Galli della Loggia sull'assessore-pm che ha lasciato de Magistris: i magistrati si tengano lontani dai partiti o il discredito aumenterà di GIMMO CUOMO (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 19-06-2012) Quando lo storico Ernesto Galli della Loggia risponde alle domande (alle 17 di ieri) i motivi ufficiali delle dimissioni di Giuseppe Narducci dalla giunta guidata dall'ex collega pm Luigi de Magistris non sono ancora noti. Sicura è solo la notizia dell'abbandono dell'esperienza amministrativa da parte dell'(ormai) ex titolare delle delega alla Sicurezza. Professore, dopo giorni di polemiche sotterranee, le dimissioni di Narducci si sono materializzate. Non mancano le polemiche come non mancarono al momento del suo ingresso in giunta. Ricorda? «Sì, quella nomina non sembrò opportuna non solo a me, ma a tanti napoletani e italiani. Se non ricordo male, anche il presidente Napolitano accennò, in termini generali, alla questione. La verità è che il posto dei pm è nelle procure. Mi sembra di capire che Narducci non si sia dimesso per rimuovere il problema». No. Ma, pare, per il profondo dissenso su alcune decisioni amministrative. «Ecco, resta fondamentale comprendere qual è il motivo di dissenso col sindaco». Pensa che l'immagine della magistratura venga in qualche modo offuscata da questa vicenda? «Non si può dire se la magistratura ne esce in un modo o in un altro. Resta, tuttavia, confermata la regola secondo la quale il passaggio delicatissimo tra magistratura e politica è esposto a molti rischi. Dovrebbe essere approvata una norma che stabilisca che il magistrato che entra in politica abbia alle spalle i ponti bruciati. Altrimenti, come accade oggi, ci ritroviamo un magistrato di ritorno. Quando aprirà un'inchiesta, tutti sapranno che il titolare è vicino a una certa area politica. E per un magistrato non sta bene essere qualificato di sinistra o di destra. Finché i magistrati non lo capiranno il loro discredito pubblico crescerà. Non è vero che godono del massimo credito pubblico, ma solo di quello della parte politica che crede di averli a loro favore. Godono del credito della fazione in cui sono arruolati». Prima il manager Rossi, poi Vecchioni, poi Narducci. De Magistris perde i pezzi per strada? «Gli abbandoni possono anche essere il frutto delle colpe individuali delle persone che si sono dimostrate inadeguate al ruolo. La scelta di Vecchioni, in particolare, era una scelta pop. Su quella di Narducci non mi pronuncio finché non saranno chiare le ragioni vere delle dimissioni. In linea generale, dico, però, che un assessore alla Sicurezza non ha senso. È come un assessore al Buon governo. Forse Narducci si è reso conto di non avere niente da fare. O, forse, che da fare c'era fin troppo. Ma si tratta in entrambe le ipotesi di semplici illazioni». Si può parlare di «normalizzazione» della rivoluzione arancione? «Dopo un anno perfino Mitterand cambiò il suo governo, cacciando via i ministri comunisti. In un governo monocratico, come è quello del sindaco, se questi ritiene conveniente fare a meno di Tizio o di Caio fa bene a mandarli via. Non siamo nella logica del governo di coalizione. Cambiare un assessore non indebolisce il sindaco. Così come il presidente della Repubblica degli Stati Uniti non ha problemi se cambia un ministro. In questi casi l'espressione "perdere pezzi" che lei ha usato prima esprime un concetto sorpassato». Il caso Narducci potrebbe favorire la crescita, finora contenuta al Sud, del Movimento 5 stelle? «Non credo affatto. Partiamo dal dato che a sinistra c'è tanto scontento e che un terzo degli elettori che non sa cosa votare. Questi ultimi possono votare indifferentemente per Idv, Sel o per Grillo. Dipende dalla sintesi. È chiaro che a Palermo vinca Orlando, un politico dalla forte personalità che, pur non essendo uno sbarbatello, è riuscito ad accreditarsi come il leader della protesta. A Parma Pizzarotti ha vinto perché aveva di fronte uno scialbo burocrate ex Pci, ex cooperative, ex tutto». Si parla del coinvolgimento diretto del Pd nell'amministrazione napoletana. Chi ci guadagnerebbe di più? «Di più de Magistris. Penso che il Pd debba prima ricostruire se stesso». Cosa consiglierebbe dunque al Pd? «Di restare fuori. Sempre che dare consigli abbia un senso». -
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«Pentiti credibili» Prima stangata a club e tesserati Dalla Disciplinare squalifiche e penalizzazioni Pescara e Padova -2, Novara e Reggina -4 di MAURIZIO GALDI (GaSport 19-06-2012) «Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio sono credibili». Al di là della sentenza della Disciplinare sul primo procedimento di quest'anno sul calcioscommesse, è questo l'aspetto che emerge leggendo le 80 pagine del comunicato ufficiale. E non poteva essere diversamente. Confermate le nostre anticipazioni della vigilia. Ci sono quattro prosciolti, quattro radiati, due derubricati, ventuno società sanzionate (tra decisioni e patteggiamenti) con la conferma dei due punti di penalizzazione per l'Atalanta in A. Per il resto sanzioni pesanti tra i tre e i quattro anni con una sola sorpresa: per Marco Paoloni era stata chiesta una squalifica di sei mesi, ma la Disciplinare ha detto «quattro anni». Le certezze Oltre alla credibilità di Gervasoni e Carobbio, la Disciplinare (presidente Sergio Artico, vicepresidente vicario Claudio Franchini, componenti Riccardo Andriani, Valentino Fedeli e Andrea Morsillo) ha anche confermato che per Padova-Atalanta c'è stata una combine per il pareggio e per questo Santoni è stato sanzionato con la radiazione e Doni e l'Atalanta hanno patteggiato. Altra certezza è la responsabilità oggettiva in caso di associazione che «trasmigra» anche col nuovo tesseramento e questo ha portato alle sanzioni per Siena, Sampdoria e Spezia per le «colpe» di Carobbio (la prima e la terza) e Bertani (la seconda), anche se la sua posizione è stata stralciata. Prosciolti o derubricati Quattro tesserati: Shala e Coser (che rispondevano di illecito), Consonni e Sarri (deferiti per omessa denuncia). Due posizioni derubricate: Vincenzo Santoruvo (da illecito a slealtà) è sanzionato con sei giornate di squalifica per i fatti di Frosinone-Grosseto, e quella di Eduardo Catinali (da illecito a omessa denuncia e scommesse) sanzionato con nove mesi di squalifica (sei per la prima e tre per le seconde senza neanche l'aggravante delle ammende perché fatti commessi prima dell'entrata in vigore delle modifiche al Codice di giustizia sportiva). Le società Le posizioni più pesanti erano a carico di AlbinoLeffe e Piacenza, ma la Disciplinare ha saputo equilibrare durezza e permanenza in vita delle società: 15 punti alla prima e 11 alla seconda che potrebbero non comprometterne il futuro rispettivamente in Prima e Seconda divisione. Il lavoro dell'avvocato Di Cintio ha favorito anche la riduzione della sanzione del Novara da sei a quattro punti. E possono essere soddisfatti anche i legali di Ancona (da -10 a -8) e della Reggina (da -6 a -4). Molto arrabbiati invece a Pescara e a Padova dove le posizioni, rispettivamente, di Nicco e Italiano hanno penalizzato di due punti i club. L'appello Ora per i difensori (ma anche per la Procura federale) scattano i termini di presentazione degli appelli. La segreteria della Corte di giustizia federale sarà aperta per i prossimi quattro giorni per i depositi. I prosciolti potrebbero essere appellati dalla Procura, ma anche i derubricati e per questo solo venerdì si saprà quanti avranno effettivamente fatto appello. Poi ci saranno ulteriori due giorni per le «controdeduzioni». La Corte di giustizia federale a sezioni unite dovrebbe essere convocata tra il 2 e il 3 luglio. ------- LE REAZIONI QUASI TUTTE LE SOCIETA’ PREPARANO IL RICORSO, ANCHE L’ALBINOLEFFE CONTRO IL -15 Petrucci: «Sarà un'estate difficile» Il presidente del Coni guarda ai prossimi processi L'ira del Pescara, Novara soddisfatto art.non firmato (GaSport 19-06-2012) C'è chi annuncia «immediato ricorso», chi invece accetta la sentenza, chi si dichiara convinto che «alla fine giustizia sarà fatta». E poi c'è il commento del presidente del Coni, molto preoccupato per un'estate che si preannuncia «caldissima». Non si sono fatte attendere le reazioni ai verdetti emessi ieri mattina dalla Disciplinare. Importanti le parole di Gianni Petrucci. Queste: «Pene leggere sul calcioscommesse? Non è una interpretazione giusta, chi ha giudicato ha gli atti, la cultura e l'esperienza per darle. Le società dicono che è stata più pesante di quello che pensavano ma è la logica di ogni sentenza. Tolleranza zero e radiazione, sono parole che lasciano il tempo che trovano. Sarà una estate molto impegnativa per il calcio italiano. La realtà è che abbiamo trovato magistrati molto bravi e preparati». Ricorso quasi per tutti Di certo non vuol sentir parlare di «pene leggere» il Pescara. Il presidente Daniele Sebastiani è categorico: «Non ci aspettavamo questa decisione. Ci aspettavamo anzi di essere prosciolti. Inoltreremo subito appello perché siamo convinti di non avere fatto nulla. Se ci sarà bisogno, fino al Coni». Più distensivo il commento di Massimo De Salvo, patron del Novara. «Lo sconto? Sono soddisfatto perché risulta evidente che la Disciplinare ha valutato positivamente le nostre azioni volte a scongiurare eventuali illeciti. Mi pare evidente che la nostra linea difensiva sia stata compresa e valutata. Ora vedremo se in secondo grado potremo avere ulteriori apprezzamenti». Ricorso immediato dell'AlbinoLeffe, nonostante i 15 punti dati rispetto ai 29 richiesti da Palazzi. In un comunicato il club sottolinea: «Pur avendo apprezzato la motivazione in cui è evidenziato che il club è stato danneggiato dal comportamento illecito dei propri tesserati, la società ritiene troppo severa la penalizzazione». Anche il Padova ha preannunciato il ricorso dopo il -2. «Aspettiamo di avere in mano l'intera documentazione — ha detto il presidente Cestaro —. Studieremo bene le carte e poi faremo ricorso. Conosciamo da tempo Vincenzo Italiano come uomo e come giocatore e crediamo fermamente nella sua buona fede». Anche molti giocatori squalificati, attraverso gli avvocati, preparano le armi in vista del ricorso. «Le sentenze non vanno commentate, ma solo condivise» ha dichiarato infine Piero Gnudi, ministro per lo Sport. ___ Giustizia a doppia faccia di ALVARO MORETTI (TUTTOSPORT 19-06-2012) L’OUTING, gli azzurri non lo fanno, con buona pace di Cecchi Paone. Lo fa, invece, la Disciplinare, ma per motivare la bocciatura in massa di tesi avverse dei difensori. I tapini volevano confronti in aula coi pentiti Carobbio e Gervasoni, ma i giudici di prime cure tagliano corto (ma quale contraddittorio d’Egitto!) e ammettono: «Gran parte delle difese dei deferiti sollevano eccezioni e propongono istanze sulla base di un presupposto erroneo. Pretenderebbero infatti di applicare al procedimento sportivo norme e principi propri dell’ordinamento penale. Nel processo penale, fondato sul sistema accusatorio, la prova si forma nel dibattimento. Al contrario nel procedimento sportivo ha valore pieno di prova quanto acquisito nella fase delle indagini o prima ancora dell’apertura di esse (ad esempio, i rapporti arbitrali che godono perfino di fede privilegiata) o da indagini svolte in altro tipo di procedimento (gli atti inviati dall’Autorità Giudiziaria)». A parte l’italiano, opinabile, senza se e senza ma dimostra la dichiarazione di “dipendenza” della giustizia sportiva da quella penale (solo nella fase accusatoria, però) e l’inutilità dei processi sportivi. Che assolvono solo in caso di errore di persona per tutelare i pentiti, che una volta erano panda, oggi si affollano facendo di conto e di sconto. Calciopoli per costoro - e alla faccia del Tavolo Coni di dicembre - è stata un successo. ___ l'opinione PENTIRSI PAGA MA DICONO SOLO VERITA’? di ETTORE INTORCIA (CorSport 19-06-2012) Patteggiare o farsi giudicare, due strategie difensive che sono anche scelte di vita. Sì, perché chi ha collaborato con la Procura Federale ha ottenuto sanzioni lievi e può immaginare un futuro nel calcio, gli altri no, anche per motivi anagrafici. Collaborare premia, la Figc lo aveva promesso. Ma oggi paga di più “pentirsi”. Vuotare il sacco, accusarsi e accusare gli altri, raccontare di tutto e di più. Ammettere di aver taroccato partite e tirato su anche un bel gruzzolino grazie alle scommesse (a proposito, il malloppo dov’è?). Il “pentitismo” ha scritto, nel bene e nel male, la storia giudiziaria di questo Paese: è servito a sconfiggere il terrorismo, è servito a istruire il maxiprocesso contro Cosa Nostra. Il calcio l’ha scoperto in ritardo: Micolucci ha aperto la strada un anno fa, questa volta hanno cantato tutti. Gervasoni e Carobbio, principalmente. Tutti ritenuti credibili. Eppure il dubbio è legittimo: siamo sicuri che dicano sempre la verità, tutta la verità? Parlano per un sincero pentimento o solo per incassare lo sconto, a costo di tirare in ballo chi non c’entra? Resta una certezza: l’idea di poter rivedere Gervasoni e Carobbio in campo fra 20 mesi è francamente imbarazzante, anche per la Figc che ha tirato le orecchie a Procura e Disciplinare. Rischia di passare il messaggio sbagliato: truffate pure i tifosi, tanto basta pentirsi. O almeno, farlo credere. -
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Gazza Connection ------- IL COMMENTO La comproprietà uso solo italiano Causa tante liti ma serve a tutti di CARLO LAUDISA (GaSport 19-06-2012) Quella della compartecipazione è un'usanza tutta nostra e ogni anno offre emozioni e ripicche. Quest'anno di più. Un po' per necessità a causa dei pochi denari in giro. molto per la rivalità tra le grandi. In mezzo c'è sempre la Juve. Con l'Inter e il Milan co-protagoniste di un film all'insegna dei dispetti. E' dura scoprire chi ha scagliato la prima pietra. Impossibile, quindi, indicare un colpevole. Ma nessuno si sta risparmiando. Aggiungiamoci che proprio sabato scorso Beppe Marotta, a. d. della società campione d'Italia, si è lamentato dell'intromissione nerazzurra su Giovinco. Evidentemente non si è limitato alle rimostranze con toni moraleggianti. Sotto traccia la dirigenza juventina s'è mossa subito per restituire il favore ai nerazzurri sul fronte Ranocchia e Destro, mentre ha sconfinato in casa rossonera per l'affare-Acerbi. Un gioco al rialzo che difficilmente porterà i bianconeri a centrare tutti questi obiettivi, ma di sicuro sta gettando scompiglio in campo avverso. Ieri da Palazzo Saras e da via Turati non sono giunte repliche, ma il nervosismo è palese. E ciascuno ha le sue ragioni. A casa Moratti da sempre il mercato è occasione di scontro con gli juventini. Invece il Milan da sempre alleato ha scoperto solo a gennaio gli sconfinamenti bianconeri. Il primo incidente diplomatico è riferito all'inserimento da Torino su Carlitos Tevez. Poi, Andrea Agnelli si chiariscono. Ma ora siamo punto e a capo con Acerbi su cui i rossoneri vantano una promessa di Preziosi. Intanto il prezzo sta aumentando e le lusinghe di Marotta potrebbero cambiare facilmente le carte in tavola. Lo stesso discorso va fatto per l'Inter con Mattia Destro. E anche in questo caso c'è il Genoa a fare da arbitro. Una situazione scomoda per tutti che ha il clou proprio questa settimana. Una volta evitate le buste di venerdì per chi ci riuscirà, poi, si tornerà alle sfide più classiche. Resta, però, l'anomalia delle comproprietà. In nessun altro Paese esiste questa consuetudine che crea pure complicazioni patrimoniali. Solo 3 mesi fa è stata disinnescata una costosa contesa con l'Erario. Molti vorrebbero abolirla. Ma alla fine resiste. Forse perché alla lunga ci guadagnano tutti. Nonostante i dispetti. ------- TempiSupplementari di ALBERTO CERRUTI (GaSport 19-06-2012) ___ GaSport 19-06-2012 ------- GaSport 19-06-2012 -
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Calciopoli La vera storia di Giuseppe Narducci ------- Nota dell'editore -
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SportEconomy.it 12:17 - domenica 17 giugno 2012 Si riapre una "finestra" su Calciopoli? Il caso del pc di Tavaroli Un interessante approfondimento del portale Ju29ro.com (a firma di Salvatore Cozzolino) sul caso del pc di Giuliano Tavaroli, ex capo della security di Pirelli e Telecom, in una intervista all'avvocato Paolo Gallinelli, difensore dell'ex arbitro Massimo De Santis. Si riapre una "finestra" su Calciopoli? Gallinelli: "Il PC di Tavaroli inviato a Roma è una strana coincidenza" Redazione JUVENTINOVERO.COM Venerdì 15 Giugno 2012 09:12 Il Processo Telecom entra nel vivo. Mercoledì mattina è tornato in aula Giuliano Tavaroli, ex capo della “security” di Pirelli e di Telecom, per essere interrogato in merito ai dossier illegali realizzati fino al 2004 dai ,dipendenti e dai consulenti dell’ufficio da lui diretto. Nella prima parte dell’interrogatorio, quella svolta nell’udienza precedente, aveva confermato di avere avuto incarico da Moratti per spiare De Santis. Ieri ha rincarato la dose, confermando che anche altre persone del mondo del calcio sono state “attenzionate” su incarico della società nerazzurra, ed in particolare Luciano Moggi. Per approfondire il tema abbiamo sentito l’avv. Gallinelli, difensore di Massimo De Santis, l’ex arbitro che in questo processo si è costituito parte civile. Avv. Gallinelli, leggendo gli atti di questo processo la sensazione è che ogni udienza contribuisca ad arricchire il puzzle che ben conosciamo con una nuova importante tessera. E’ proprio così. La novità di oggi è che, studiando le carte, ho rinvenuto un atto della Procura di Milano risalente al 9 giugno 2005. È un decreto d’ispezione che riguarda materiale informatico di Tavaroli sequestrato il 3 maggio di quello stesso anno negli uffici Telecom. Viene deciso di far monitorare quel computer, a partire dal 15 giugno 2005, ai carabinieri della seconda sezione del nucleo operativo di via in Selci a Roma, guidata dal tenente colonnello Attilio Auricchio. Secondo Lei come mai ciò avviene e a che titolo? A mio parere questo evento è l’anello di congiunzione tra quanto accadde a Milano e a Napoli. Indubbiamente è una strana coincidenza che il computer di Tavaroli sia stato ispezionato, nell’ambito delle indagini su Telecom, dallo stesso ufficio dell’Arma che si occupava di Calciopoli, sul finire della stagione sportiva 2004-05, quando le indagini su Calciopoli non erano state chiuse e le informative sulle schede svizzere dovevano ancora essere realizzate. Lei è a conoscenza dell’esito di quell'ispezione? Per approfondire questo aspetto ho chiesto di poter visionare e studiare il verbale dell’operazione per capire quali furono i risultati di quell'ispezione e per quale motivo fu fatta a Roma, mentre poteva essere fatta benissimo a Milano. Studiando le date, passa circa un mese, e davvero non si capisce come mai il PM Napoleone decide di spedire il tutto a Roma. Cercheremo di fare chiarezza. Emblematica a nostro parere è la chiamata in causa di Adamo Bove: Lei che ne pensa? Senza dubbio la storia di Adamo Bove, ex dirigente della Security TIM, è una delle più misteriose di tutta la vicenda Telecom. Non dimentichiamo che il suo suicidio è avvenuto in circostanze poco chiare. Tra l’altro, durante le precedenti udienze abbiamo appreso che presso il suo ufficio era installatonon solo il programma Radar per monitorare e interrogare in maniera anonima il traffico telefonico ma anche, e questo dovrebbe essere illegale, un apparecchio RT-6000 per ascolto e registrazione delle telefonate, identico a quello normalmente in uso alle Procure e alla polizia Giudiziaria. Tutto ciò cosa Le suggerisce? Il fatto che Tavaroli chiami in causa come “esecutore” materiale di queste indagini proprio Adamo Bove conferma i nostri sospetti soprattutto sulle modalità di acquisizione dei tabulati che poi hanno portato alle analisi del maresciallo Di Laroni sulle schede svizzere. Peraltro il Tavaroli ha più volte parlato di attività finalizzate ad accertare episodi di frode sportiva, di dossier consegnati a Facchetti e a Moratti, ma non ha mai accennato agli esiti di questi accertamenti, il che mi fa pensare che fossero assolutamente negativi. E qualche tempo fa anche lo stesso Moratti in un'intervista mi pare abbia affermato che dalle indagini sull’arbitro De Santis non uscì nulla. Resta il fatto che Nucini fu spedito dalla Boccassini. Quali sono i punti di contatto con quanto affermato da Tavaroli in aula? Moratti davanti a Borrelli dichiarò in maniera ambigua di essersi rivolto a Tavaroli, ma di non avergli dato nessun mandato, né di aver visionato alcun report. Esattamente il contrario di quanto dice Tavaroli, che afferma invece di aver avuto l’incarico di verificare quanto rivelato dall’arbitro Nucini a Facchetti e di aver consegnato proprio a quest’ultimo un resoconto. Ma fu lo stesso Moratti a confermare di aver spedito Nucini davanti alla Boccassini, per cui è improbabile che non conoscesse il contenuto di quel dossier. Peraltro la Boccassini, sentito l’arbitro, decise di archiviare tutto con il famoso modello 45. Possiamo perciò ipotizzare non solo che alla base dell’archiviazione ci fosse la mancanza assoluta di materiale probatorio, ma anche che il materiale che l’Inter aveva fornito a sostegno delle sue accuse fosse proprio il contenuto dei dossier di Tavaroli, e quindi frutto di attività illegali. In ogni caso da tempo ho chiesto di poter visionare il fascicolo per valutare quanto accaduto. E fino ad oggi non mi è stato concesso. Lei pensa che quello stesso materiale, ripudiato dalla Boccassini, possa essere stato “riciclato” ed utilizzato per l’indagine di Napoli? Questo non possiamo dirlo con certezza. Tuttavia alcune coincidenze fanno veramente pensare. In particolare sappiamo ad esempio che molti dei nomi che Tavaroli ha ammesso di aver fatto dossierare sono finiti, pari pari, nel fascicolo di Narducci. Si pensi alla vicenda Ceniccola, per esempio. Ma non solo. Il fatto che il computer di Tavaroli sia finito tra le mani di Auricchio, che in quel momento stava indagando proprio su mandato di Narducci, appare davvero inquietante. Alla luce di quanto accaduto, quali sono i prossimi passi che farete? Ovviamente stiamo studiando le carte con attenzione. Non credo sia il momento di anticipare le nostre future strategie. Di sicuro ascolteremo Emanuele Cipriani, uno degli esecutori materiali dei dossier, che dovrebbe venire a testimoniare dopo l’estate. E cercheremo di completare i dettagli di un quadro che ci sembra fin troppo chiaro. Dopodiché decideremo i passi da compiere, anche nell’ambito della giustizia sportiva.