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Ghost Dog

Tifoso Juventus
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  1. Calcio, basket e cricket sono mondi perfetti per analizzare equilibri (e disequilibri) finanziari. Ecco perché negli Usa e in India il sistema funziona, ma in Spagna e Italia no Sport, questione di business di DOMENICO CALCAGNO (laLettura #31 - 17 giugno 2012) Può sembrare paradossale, ma nelle leghe americane (e in quella indiana del cricket), dove il business conta più delle vittorie e ogni partita muove cifre impressionanti, c’è una giusta ripartizione della ricchezza. Nel calcio, dove vincere è tutto e dei debiti chissenefrega (Barcellona e Real Madrid, in coppia, hanno un rosso di circa 900 milioni), la differenza tra giocatori meglio e peggio pagati è imbarazzante. Prendiamo la Nba, il miglior campionato possibile di basket e anche il campionato dove si guadagna meglio (media stipendio annuale: 3.533.122 euro). I Lakers di Los Angeles sono i più generosi, ogni loro giocatore incassa in media poco più di 5 milioni di euro a stagione (i dati si riferiscono al 2010-2011 e sono al netto dei vari bonus). Ma neppure nella squadra che paga peggio, gli Indiana Pacers, si sta malissimo considerato l’ingaggio medio di 2,7milioni di euro. Nella Liga spagnola, invece, conviene giocare solo nelle prime della classe (e della classifica): al Barcellona si portano a casa 7 milioni abbondanti, allo Sporting Gijon si scende a 307 mila euro. Quello che, più o meno, succede in Italia: l’ingaggio medio di un giocatore del Milan è di quasi 5milioni, al Cesena ci si ferma a 337.738. Il paradosso è però solo apparente. Le leghe americane sono meglio gestite dei campionati di calcio europei (la Bundesliga tedesca è la meno squilibrata e anche una delle poche economicamente sane) e funzionano come un club privato. Chi vuole partecipare (soprattutto agli utili) fa domanda e se dà le garanzie richieste (capitali, stadio e tutto il resto) può essere ammesso, ottenere cioè una franchigia. Inoltre, per tenere alto l’interesse di tutti, gli introiti della Lega (diritti tv, merchandising) vengono divisi in parti uguali e l’ultima classificata sceglie per prima i migliori talenti universitari (negli States le scuole sostituiscono i settori giovanili). È un sistema—improponibile nel calcio europeo — che alza il livello competitivo e dà a tutti la certezza di incassare e la speranza di vincere. Un discorso a parte merita la Lega del cricket indiana. Creata dal nulla nel 2008 da un gruppo di imprenditori, ha rastrellato i migliori giocatori del mondo e avuto un successo clamoroso. È il secondo campionato nel quale conviene giocare (quasi 3 milioni l’ingaggio medio) e l’esempio migliore di come lo sport possa diventare un grandissimo affare.
  2. la Repubblica 17-06-2012 ___ IL TEMPO 17-06-2012 ___ il Giornale 17-06-2012 LA PAROLA AI LETTORI
  3. LA SENTENZA CALCIOPOLI. ASSOCIAZIONE A DELINQUERE: SÌ, NO, FORSE Tweet: «Non siamo abituati ad avere tanti amici ma non mi aspettavo di non averne nemmeno a Milano, dove la stampa ci attacca» (Massimo Moratti). di MASSIMO ZAMPINI (IL GOL DI MUNTARI - 2012)
  4. IL CASO INCONTRO ALLA SPEZIA La sparata di Nicchi «Prima di me hanno agito i pirati. Ora si cambia» «C’è chi ha dato la maglia a delinquenti gli arbitri non la consegneranno mai» di MIRCO GIORGI (IL SECOLO XIX - Genova 14-06-2012) «QUALCUNO aveva portato l’Associazione Italiana Arbitri a picco, invece il lavoro di tutti l’ha riportata a galla. Ora non c’è più spazio per i pirati». Il presidente nazionale degli arbitri Marcello Nicchi getta veleno contro i suoi predecessori. E lo fa intervenendo alla festa di fine anno della sezione spezzina. Davanti ai presidenti delle sette sezioni liguri e ad alcune centinaia di fischietti provenienti da tutta la Liguria, si è riferito al recente passato dell’associazione in termini non proprio lusinghieri. A nostra domanda su chi fossero questi pirati, Nicchi ha abbozzato una retromarcia imbarazzata: «Era una battuta». Che si riferisse al recente passato delle giacchette nere, tra Moggiopoli e dintorni, con diverse condanne inflitte dal Tribunale di Napoli? L’ex fischietto aretino ne ha avute anche per i calciatori di serie A: «Quest’anno il campionato maggiore è stato allo sbando: si sono visti professionisti milionari in crisi di nervi fare delle gazzarre indegne, azzuffarsi sul nulla, per gli arbitri è stato più difficile avere a che fare con loro che con i dilettanti». E riferendosi ai calciatori del Genoa, senza nominarli, li ha duramente stigmatizzati: «C’è stata gente che ha consegnato la maglia ai delinquenti, gli arbitri non la consegneranno mai, senza di noi il movimento non esisterebbe». Ma mentre il mondo dilettantistico «sta prendendo coscienza e sta migliorando nei comportamenti, ora è il professionismo che deve fare altrettanto». Ma non è tutto nero l’orizzonte per il presidente Aia: «Si sta capendo che l’arbitro sbaglia come un portiere o un centravanti, dopo un minuto non si parla più dell’errore. Questa è una grande conquista». Buone notizie anche sul fronte della violenza che spesso vede vittime gli arbitri, specie nei campionati minori: «In un anno le aggressioni agli arbitri sono passate da 600 a 320, a fronte di 1.300 di alcuni anni fa. Chi fa violenza agli arbitri deve pagare salato, chi non sa stare dentro un campo va cacciato». Per i fischietti valanghe di miele e l’orgoglio di non aver avuto a che fare «con lo schifo delle scommesse». Con una certezza: «Noi il campionato lo arbitreremo, non si sa ancora chi lo giocherà». ___ Nicchi: «Sì agli arbitri di porta ma la Can di A non si tocca» Il presidente Aia: «Applicheremo le disposizioni Ifab Però non possiamo allargare i quadri» di MARIA MORONI (GaSport 16-06-2012) Il comitato nazionale dell'Aia si riunisce a Foligno. È l'occasione per un bilancio della stagione. Soddisfatto il presidente Marcello Nicchi. «Tutti i campionati si sono svolti nella regolarità anche se è capitato di sbagliare — commenta Nicchi —. Dietro un errore c'è solo questo. Gli arbitri svolgono un lavoro di gruppo e quindi a raccogliere il risultato è sempre tutto il team». Come valutate gli errori commessi? «Vogliamo migliorare ed è per questo che stiamo lavorando costantemente anche se, ahimè, qualche errore si commetterà ancora. Non siamo attenti al singolo episodio, ma valutiamo il complesso della situazione perché l'arbitro è parte integrante del gioco. Gli errori arbitrali sono molto diminuiti grazie a una migliore preparazione atletica e alla competenza dei regolamenti». L'International Board si riunirà il 5 luglio a Zurigo e dovrà decidere anche sull'utilizzo dei giudici di porta nei campionati nazionali. Se arrivasse il via libera? «Non ci rimarrebbe che adeguarci, faremo quello che ci chiedono proprio perché noi siamo un'associazione al servizio della Federazione. In concreto se dovesse arrivare il via libera bisogna riorganizzare tutto valutando anche i risvolti economici. Per quanto riguarda la Can A sicuramente non possiamo aumentare l'organico di altre 20 persone perché ad ora non ci sono altri arbitri formati all'altezza della situazione». Il ritiro a Sportilia della Can A per quando è previsto? «Inizierà il 28 luglio per terminare l'1 agosto». Il 22 a Livorno si svolgerà la partita tra la nazionale Aia e quella cantanti. Perché la scelta di creare una squadra? «Anche noi vogliamo contribuire alla raccolta fondi per aiutare chi è in difficoltà. A conclusione delle celebrazioni del centenario dell'Aia si giocherà questa partita di beneficenza nel ricordo di Piermario Morosini. La partita servirà a raccogliere fondi per la onlus Agbalt, impegnata presso il reparto di oncologia pediatrica dell'ospedale di Pisa. Sarà la prima uscita ufficiale della nazionale Aia». ------- Nuovi organici Salgono Tommasi e Calvarese di FRANCESCO CENITI (GaSport 16-06-2012) Solo il 2 luglio ci sarà l'ufficializzazione degli arbitri promossi nella Can A, ma le decisioni sono state già prese. Queste: salgono di categoria Gianpaolo Calvarese di Teramo 36 anni, 7 gare dirette nel massimo campionato e Dino Tommasi di Bassano del Grappa anche lui 36 anni e 18 partite fischiate in A. Bruciato sul filo di lana Davide Massa di Imperia, molto più giovane 30 anni e considerato uno dei più talentuosi tanto che la Can B aveva insistito per ottenere 3 promozioni. Nulla da fare. Addio Brighi e Gava Saranno Cristian Brighi e Gabriele Gava a lasciare il gruppo del designatore Braschi. Per il primo si tratta di una scelta «obbligata» essendo arrivato alla 10a stagione, il massimo per i non internazionali. Solo una proroga poteva consentirgli di andare avanti, ma nonostante una stagione quasi perfetta anche se la finale di Coppa Italia è stata una direzione titubante a malincuore l'Aia è stata coerente con quello detto tempo fa da Nicchi: «Niente proroghe, bloccano il ricambio». Per Gava è stata una scelta tecnica dopo un paio di campionati così così. Le 7 stagioni in A gli sono state fatali. Altri colleghi più giovani che hanno balbettato sono stati salvati nell'ottica di un possibile miglioramento. Entrambi potrebbero rientrare dalla finestra, se il 2 luglio arriverà l'okay ai giudici di porta.
  5. Moratti, Tavaroli e i «Ladroni» Quel dossier prima di Calciopoli L’ex capo della security di Telecom e Pirelli conferma di aver spiato Moggi e De Santis per conto dell’Inter. Punto per punto il verbale che fa nuova luce sullo scandalo del 2006 di GIGI MONCALVO (Libero 16-06-2012) E adesso, Massimo Moratti, nel suo consueto briefing stradale coi giornalisti a Milano sotto gli uffici della Saras, in via San Pietro all’Orto, come risponderà? La solita scrollatina di capo, una battuta senza nessuno che osi replicare, il consueto «ora basta, mi aspettano in ufficio» ? Certo non oserà replicare a Giuliano Tavaroli, figuriamoci se si abbassa “al suo livello”. Forse aspetterà di ricevere la linea da Ruggiero Palombo e Maurizio Galdi che, sulla Ġazzetta dello Sport, da qualche giorno stranamente non hanno nulla da dire? L’uno-due di Tavaroli, assestato non in una TV privata o al bar-sport, ma nell’aula della Corte d’Assise di Milano nel processo per i dossier illegali, nel corso delle sue ultime deposizioni (6 e 13 giugno) ha portato nuovi, importanti elementi di verità, ma soprattutto di conferma in una sede ufficiale e probante. Egli ha dimostrato, sotto giuramento, che l’Inter non poteva non sapere: era la mandante, i presunti onesti non erano tali, santi e beati non ce n’erano: anzi, facevano pedinare, spiare, intercettare. I verbali parlano chiaro, finalmente non sono stampati su carta rosa ma sugli atti di un Tribunale. C’è di più. I carabinieri di Milano sequestrarono a Tavaroli il personal computer. Pochi giorni dopo quel prezioso pc è andato poi a finire a Roma nella seconda sezione del Nucleo Operativo dei carabinieri di Roma, guarda caso, proprio quella di via In Selci dove il maggiore Auricchio coordinava le indagini su Farsopoli. Un avvocato ha scoperto nel fascicolo un decreto di ispezione relativo a questo pc, che fu sequestrato a Milano il 3 maggio 2005 e che si decise di inviare a Roma per farlo ispezionare. Il decreto in questione fu firmato il 9 maggio 2005, il pc venne portato a Roma urgentemente quello stesso giorno e alle 14 iniziò l’ispezione. La successione delle date è intrigante e suggestiva, visto che quello fu il periodo in cui si stavano concludendo le indagini su Farsopoli. In sostanza, per tenere in piedi l’inchiesta che era stata gonfiata dal punto di vista mediatico per colpire Moggi e la Juventus, ci si dovette basare in extremis sul “Dossier Ladroni” preparato da Tavaroli tre anni prima e concentrato su pedinamenti e intercettazioni contro Moggi. Dunque due nuove fonti di prova per la difesa dell’ex dirigente juventino. Incontro a tre Cerchiamo di riepilogare i fatti, ricordando che a parlare è un testimone-imputato per un reato connesso a ciò su cui si sta dibattendo nel processo. Sulla base di queste inconfutabili dichiarazioni messe a verbale davanti ai giudici, proviamo a elencare fatti e circostanze. 1) L’incarico di spiare fu affidato a Tavaroli a fine 2002 «in un incontro a tre con Massimo Moratti e Giacinto Facchetti» nella sede della Saras, la società del presidente dell’Inter. Tavaroli fu convocato dalla segreteria del Presidente Tronchetti Provera. 2) «Fui contattato da Moratti», «L’input arrivava da Moratti». 3) «Presi contatto con Facchetti per i termini organizzativi dell’operazione». 4) «Il dossier era per l’Inter». 5) «Il report (il famoso “Dossier Ladroni”, ndr) era teso a confermare le rivelazioni di un arbitro (Nucini, ndr) in merito a possibili frodi sportive del 2002». Venne realizzato ad inizio 2003 (da notare che i fatti di “farsopoli” fanno riferimento a fatti al periodo successivo al 2003). Tiger Team 6) «Le attività vennero poi condotte dall'agenzia Polis d'Istinto» di Firenze che faceva capo a Cipriani. Si trattava del famoso “Tiger Team”. 7) Su Moggi «non svolsi le indagini io personalmente, ma credo che fu il dottor Bove (l’ex manager Telecom trovato morto a Napoli nel 2006, ndr)» a fare «l’analisi del traffico telefonico» 8) Il controllo è stato compiuto «sicuramente sul traffico telefonico di Luciano Moggi, oltre che su quello di Massimo De Santis. Non ricordo se anche su quello di Antonio Giraudo». 9) «Consegnai integralmente il rapporto a Facchetti, allora vicepresidente dell’Inter. Poi ne discutemmo assieme, ma non so se poi riferì a Moratti e lo mise al corrente dell’esito delle indagini». 10) «Quello non fu il primo incarico per cui l’Inter si rivolse a Tronchetti Provera e quindi a me per un supporto professionale»: in precedenza infatti Tavaroli era stato incaricato di controllare i calciatori Vieri e Jugovic. Ricordiamo che quando il club nerazzurro si rivolge alla security della società di Tronchetti Provera, quest’ultimo faceva, così come fa, parte del CdA nerazzurro. 11) A pagare per quel primo dossier «fu l’Inter». 12) «Per il dossier Ladroni pagò Pirelli per un errore amministrativo». Infatti non ha senso pensare che a Pirelli interessassero i fatti di Moggi o dell’arbitro De Santis, non hanno nulla a che vedere con gli pneumatici, mentre all'Inter ovviamente queste “investigazioni” interessavano assai. 13) L'Inter scarica l'eventuale responsabilità su Pirelli, ma occorre rilevare che la società di Tronchetti Provera, azionista all'epoca dell'Inter (ne deteneva il 19,485% delle azioni, in seguito vendute), è sponsor nerazzurro ormai da anni. 14) Sulla fatturazione a Pirelli, anziché a Telecom, Cipriani ha detto che Tavaroli gli riferì che era opportuno che l'Inter non apparisse direttamente. Strane nomine 15) 3 maggio 2005: a Milano viene sequestrato dai Carabinieri il personal computer di Tavaroli. 16) 9 maggio: i Carabinieri di Roma si presentano a Milano con un decreto di ispezione del Nucleo Operativo e portano nella Capitale il prezioso pc, contenente il “Dossier Ladroni” preparato su incarico dell’Inter tre anni prima. Ricordiamo che Telecom aveva ai suoi vertici Tronchetti Provera e Buora (dirigenti anche dell’Inter), il commissario della Federcalcio era il prof. Guido Rossi (dirigente dell’Inter) e l’investigatore principale dell’ufficio diretto da Francesco Saverio Borrelli era il tenente colonnello Federico Maurizio D'Andrea, comandante della Guardia di Finanza di Bergamo. Pochi mesi dopo quel suo incarico all’Ufficio Inchieste viene assunto come altissimo dirigente proprio da Telecom, come capo della security e dell’intelligence interna ed esterna. Il governo Berlusconi nell’agosto 2011, senza obbligarlo a lasciare Telecom, lo ha nominato presidente della Sogei, la società di informatica (già di proprietà Telecom e ora interamente controllata dal Tesoro) che gestisce l'anagrafe tributaria dello Stato italiano. 17) I periti dei pm Robledo e Piacente, in un’altra inchiesta sullo spionaggio e il dossieraggio illecito di Telecom, hanno scritto che fino al 2005 «il sistema complessivo della rete Telecom era potenzialmente in grado di raccogliere e analizzare i dati sensibili relativi alle comunicazioni intercettate», mentre il sistema Radar poteva «segnalare l'esistenza di traffico tra utenti che si volesse monitorare». 18) Il 31 agosto 2006 a Sabelli Fioretti (in un’intervista su Corriere della Sera Magazine) Moratti, alla domanda sull’ex arbitro Nucini «Tempo fa venne da voi e vi raccontò tutto il marcio che c’era nel calcio», risponde: «Lo mandammo dai giudici ma non confermò il suo racconto. Ebbe paura delle conseguenze». Domanda: poteva denunciare la cosa lei. Risposta di Moratti: «Temevo che fosse una trappola per farci fare brutta figura. Però nacque la voglia di capire che cosa ci fosse di vero». Domanda: metteste sotto sorveglianza l’arbitro De Santis. Risposta di Moratti: «Una persona si offrì di farlo. Conosceva alcune persone in grado di darci informazioni perché lavoravano al ministero dove aveva lavorato De Santis. Ma non ne uscì nulla». Interviste e amnesie 19) Il 22 settembre 2006 Roberto Beccantini intervista Moratti per La Stampa: gli chiede se è preoccupato che possa essere tirata in ballo l’Inter a seguito degli sviluppi delle indagini. Moratti risponde: «No, nella maniera più categorica». Eppure faceste pedinare l'arbitro De Santis. Moratti risponde: «È ormai un episodio di dominio pubblico. Le rispondo come risposi a Claudio Sabelli Fioretti: un tizio si offrì di farlo. Era in contatto con persone del ministero presso il quale aveva lavorato De Santis. Potevano offrirci delle informazioni. Risultato: zero su tutta la linea. E comunque, c'è un'inchiesta in corso. Meglio attendere gli esiti». 20) Dopo queste dichiarazioni qualcuno ancora dubita che Moratti fosse a conoscenza del pedinamento illegale ai danni di De Santis? E Moratti era all'epoca amministratore dotato di tutte le deleghe necessarie a rappresentare l'Inter ed a sottoscrivere contratti vincolanti, non come Facchetti. Però stranamente nel documento dei difensori dell’Inter di questi mesi a Milano viene evidenziata solo la mancanza di deleghe di Facchetti ma nulla si dice delle dichiarazioni di Moratti. 21) Massimo Moratti, nel 2007 – cioè un anno dopo lo scoppio di “Farsopoli” - dichiarò davanti a Palazzi di non sapere nulla del “Dossier Ladroni”. Contraddizioni 22) Palazzi, sulla base di questa dichiarazione, pronunciò - secondo la Ġazzetta dello Sport - un’“assoluzione sportiva” (?) di Moratti per il “Dossier Ladroni”, Mentre solo Tuttosport aveva osato far notare lo strano, inquietante e vero «non doversi procedere» sentenziato da Palazzi. Quindi, mentre la Ġazzetta celebrava l'assoluzione, Tuttosport non poteva esimersi dal chiamare in causa Facchetti. 23) Per la Ġazzetta, l'Inter non rischia nulla perché per la giustizia sportiva i fatti sono prescritti; su Tuttosport, invece, Alvaro Moretti richiama l'archiviazione a suo tempo disposta da Palazzi, facendo notare che la stessa era stata motivata, per il “Dossier Ladroni”, non per prescrizione ma per improcedibilità. Adesso tale improcedibilità non avrebbe più ragion d'essere, e dunque il relativo processo dovrebbe essere oggetto di una qualche revisione. 24) «L'Inter ha appreso del “Dossier Ladroni” solo da notizie di stampa»: questo si dice nel documento difensivo (a pag. 8) degli avvocati del club nerazzurro depositato presso il tribunale di Milano nella causa civile intentata da De Santis per risarcimento danni (21 milioni) per lo spionaggio cui era stato illecitamente sottoposto. 25) C’è un altro fatto giudiziario rilevante. Nell'udienza preliminare del processo sul dossieraggio Telecom, il Giudice dell’Udienza Preliminare dott.ssa Panasiti era chiamata a decidere sul rinvio a giudizio del Tiger Team per appropriazione indebita, come sostenuto da Pirelli, da Telecom ed anche dagli stessi pm (bacchettati poi dalla stessa Panasiti). La Panasiti ha stabilito (con pronuncia del 28 maggio 2010, depositata il 14 giugno) che il Tiger Team operava nell'interesse e su input dei vertici Telecom e Pirelli, e che anche il “Dossier Ladroni” venne realizzato nell'interesse del gruppo Pirelli. E che l'Inter era considerata una “società del gruppo Pirelli” come ebbe a testimoniare Ghioni. 26) Sulla base delle ultime deposizioni di Tavaroli in Tribunale e sotto giuramento, Massimo Moratti avrebbe dichiarato il falso a Palazzi circa il “Dossier Ladroni” affermando che non ne sapeva nulla. Su questo fatto possibile che non ci siano risvolti in tema di giustizia sportiva? 27) E che cosa dire, alla luce di quanto sta emergendo su tre punti: la revoca dello scudetto all'Inter, la ri-assegnazione alla Juventus, una dura sanzione (Moggi ha chiesto la serie B) per il comportamento dell’Inter contro dei tesserati, per condotta sleale e antisportiva.
  6. «La Lega è assente Rinnovi il contratto o si rischia lo stop» Tommasi «Avverto la stessa indifferenza di un anno fa L'Aic è disponibile a ridurre l'area professionistica» di MARCO IARIA (GaSport 16-06-2012) Avviso ai naviganti: non è che quest'estate si ripeterà la telenovela del 2011, che riservò nei titoli di coda lo sciopero dei calciatori di Serie A, il secondo nella storia? Basta dare un'occhiata al calendario, senza dover vestire i panni della Cassandra di turno: tra 14 giorni, il 30 giugno, scade il contratto collettivo frutto di un accordo ponte che, all'epoca, stemperò gli animi e permise a tutti quanti di godere dello spettacolo del campionato. Aic e Lega s'impegnarono, sotto il pressing di Federazione e Coni, a sedersi subito dopo attorno a un tavolo per sottoscrivere un'intesa di lunga durata. Niente da fare. Solo dichiarazioni rassicuranti da una parte e dall'altra. E ora il grido d'allarme lanciato dal presidente del sindacato, Damiano Tommasi. Davvero si rischia di far slittare pure la partenza del prossimo campionato? «È un rischio che non mi va di ostentare. Sono convinto che si possa evitare, anche se non si può non mettere nel conto un piano B». Perché questo pessimismo? «Con la Lega di A non siamo riusciti ad avere nessun incontro ufficiale. Le abbiamo scritto più volte, l'ultima qualche giorno fa, ma non c'è stata risposta. Quello della Lega sembra lo stesso atteggiamento di un anno fa, quando l'esigenza di avere un contratto collettivo sembrava fosse solo nostra. Eppure, nel frattempo, abbiamo firmato due accordi triennali con B e Lega Pro. Evidentemente non siamo poco dialoganti». Quali possono essere i motivi di attrito? «Potrebbe essere la durata, ma non i contenuti. Con l'intesa del 2011, definita innovativa dalla stessa controparte, erano stati superati gli scogli più grossi. Mi preoccupa la mancanza d'interesse della Lega. Non ha istituito nemmeno una commissione ad hoc e sembra più interessata alla convenzione promo-pubblicitaria». Che è vecchia di 30 anni, mentre il calcio si è trasformato. «Ma noi non siamo arroccati sulle nostre posizioni. Nel contratto collettivo, per esempio, vorremmo introdurre anche per la Serie A le novità recepite da B e Lega Pro. Mi riferisco, in particolare, alla facoltà per i club di sospendere automaticamente lo stipendio a chi si trova impossibilitato a svolgere la prestazione professionale perché coinvolto nelle inchieste sulle scommesse». Si è sentito con Beretta? «Sì ma in assenza delle deleghe dell'assemblea dei club non è che si possa far molto. L'Aic ha rinnovato le sue cariche, la Lega no: magari può essere un freno alle trattative». Nel frattempo le urgenze del calcio italiano, alle prese con lo scandalo scommesse e il crollo della competitività, sembrano oggettivamente altre. L'Aic si rende conto, per esempio, che il sistema non è più sostenibile? «Sì, e anche noi siamo convinti che l'area professionistica debba essere ridimensionata. Non si può vivere di soli contributi federali, bisogna produrre spettacolo e avere una mission». Ma lo sa che questo è un ragionamento anti-sindacale? Presuppone che il parco dei calciatori "pro" si assottigli. «Noi vogliamo salvaguardare la qualità del lavoro, non possiamo accettare che le società mettano sotto contratto 50 giocatori, perché si finisce con lo svilire le professionalità». Un'altra ricetta? «Le seconde squadre dei club di A in Lega Pro, magari Under 23 o 25, segnerebbero una svolta. Bisogna rilanciare il movimento e puntare sui giovani. Nel 2011-12 il 47% dei tesserati era straniero, contro il 31% del 2006-07. Una deriva pericolosa. Tra l'altro, le seconde squadre sarebbero un buon filtro per le tentazioni di combine: il giovane vivrebbe l'esperienza come un trampolino di lancio e andrebbe in campo per fare bella figura, non per scendere a compromessi».
  7. Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 16-06-2012) Cremona e Telecom inchieste imperfette e parole in libertà Da una parte c’è stata un’eccessiva disinvoltura, dall’altra troppa fretta Dice giovedì 14 giugno Guido Salvini, gip della Procura di Cremona, che «gli elementi assai gravi desumibili dalla conversazione telefonica riferibile a un capo ultrà non hanno trovato una conferma soddisfacente nella successiva audizione dello stesso tifoso». E aggiunge, «si tratta di dati investigativi significativi ma non conclusivi e dovranno essere approfonditi verosimilmente da un’altra autorità giudiziaria ». L’altra autorità giudiziaria è la Procura di Genova e il motivo del contendere è Genoa-Sampdoria dell’8 maggio 2011. Per Salvini, questa è la sostanza delle sue parole, non esistono prove certe. Eppure il 6 giugno, otto giorni prima, l’agenzia Ansa e di conseguenza tutti i media italiani erano stati messi a parte del verbale d’interrogatorio di Milanetto. Nel quale Roberto Di Martino, pm della Procura di Cremona, dice al giocatore che su Genoa-Sampdoria emergono «fatti che avranno un effetto devastante, sarà la cosa peggiore di quelle che sono capitate in questa inchiesta». Pare che Salvini e Di Martino vadano d’amore e d’accordo e talvolta indulgano a recitare due parti in commedia. Fatti loro. Ma inchieste, come questa su Scommessopoli, che diventano giocoforza anche fatti nostri. Come conciliare le parole dell’uno e dell’altro? Impossibile. E gli «effetti devastanti» chi ce li dovrà raccontare, la Procura di Genova alla quale viene ora sbolognato «per competenza » il fascicolo? Detto delle Procure della Repubblica tutto il bene possibile per come stanno aiutando il calcio italiano a tirarsi fuori dalla palude, ci si consenta una critica costruttiva. C’è già tanto di quel casino che non si avverte la necessità di una gratuita e talvolta eccessiva disinvoltura. Un po’ di maggiore prudenza, tipo quella che sembra guidare le inchieste di Antonio Laudati a Bari, sarebbe gradita da parte di tutti. Giuliano Tavaroli, l’ex capo della Security di Telecom, racconta. Dell’«operazione ladroni» e di come l’Inter cercasse di far spiare questo e quello (De Sanctis e Moggi) nei lontani 2002 e 2003. Per la verità Tavaroli, e con lui Cipriani, lo fanno dal settembre 2006, all’indomani di Calciopoli, quando il caso Telecom divenne di pubblico dominio. Vicende relative agli intrecci Telecom-Inter di cui questo giornale si occupò già sei anni fa, ponendosi degli interrogativi che provocarono l’irritata reazione di parte dell’allora dirigenza Telecom (con tanto di querele annunciate e mai pervenute). Vicende che tornano d’attualità ora che a Milano è in corso il processo sullo spionaggio Telecom. E riaprono vecchie ferite calcistiche. Oggi è chiaro, più che mai chiaro, che la breve inchiesta sulla liceità dell’«operazione ladroni » condotta dall’allora capo dell’Ufficio Indagini Francesco Saverio Borrelli, con relativo interrogatorio di Massimo Moratti, e conclusasi nel 2007, dopo l’elezione di Giancarlo Abete alla presidenza federale, con l’archiviazione a cura di Stefano Palazzi, meritava maggiore attenzione e un epilogo meno frettoloso. A margine, due osservazioni. 1. Non bastassero le 72 pagine della postuma inchiesta Palazzi sulle sopraggiunte intercettazioni Inter (estate 2011), la vicenda Telecom conferma che lo scudetto 2006 non andava assegnato. 2. L’Inter, sia pure illegalmente, cercava nel 2002 e 2003 quel che la Procura di Napoli ha poi «trovato» nel 2005 e 2006.
  8. Cari nemici (e follower) della Gazza... di SEBASTIANO VERNAZZA dalla rubrica NON CI POSSO CREDERE! (SW SPORTWEEK 16-06-2012) Oggi parliamo di noi. Su Twitter hanno creato l’hashtag – tecnicismo per definire un argomento di discussione – "Io non compro la Ġazzetta". Sono stati degli juventini, inferociti perchè la Gazza, come altri media, ha riportato le notizie sul nuovo presunto coinvolgimento di Gigi Buffon nella bufera scommesse. Pochi giorni prima Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, aveva dedicato il trionfo in Coppa Italia «ai giornalisti juventini della Ġazzetta». La quale cosa ha spiazzato molti tifosi bianconeri, che ce l’hanno giurata dai tempi di Calciopoli: per loro siamo la "Pravda rosa", anti-Juve per definizione. Un anno fa si erano arrabbiati gli interisti, per i servizi sugli aggiornamenti "calciopoleschi". I milanisti ci rinfacciano il fatto che il nostro editore abbia Fiat e Pirelli tra gli azionisti. Pure i fan delle piccole e medie squadre ci bersagliano. Su un sito di atalantini ci deridono ("Giornale color suino") come se fossimo stati noi, e non Cristiano Doni e i suoi compari, a scommettere. Non vogliamo fare vittimismo. Anzi, gli attacchi dimostrano che facciamo il nostro mestiere (informare i lettori, non gli ultrà). È la solita storia: "Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito". Non abbiamo la presunzione di essere saggi, ma neppure siamo così stolti da scrivere articoli senza verificare. L’infallibilità non esiste, anche noi sbagliamo. Però è ridicolo pensare che la Gazza sia parte di complotti e oscure trame. La Ġazzetta è la Ġazzetta. Dal 3 aprile 1896 (...), mica ieri.
  9. COMUNE NAPOLI, IPOTESI AURICCHIO AL POSTO DI NARDUCCI Napoli - La priorità per la giunta De Magistris è l'approvazione del bilancio, carico di criticità storiche e attuali, ma tiene molto banco anche il rimpasto a cui il sindaco sta lavorando da diversi giorni. Sempre più freddo il rapporto con l'assessore alla Legalità Giuseppe Narducci, che – secondo indiscrezioni raccolte dal VELINO – potrebbe essere sostituito prima dell'estate dal capo di gabinetto del primo cittadino, il tenente colonnello dei carabinieri di Calciopoli, Attilio Auricchio (che con De Magistris aveva lavorato in alcune inchieste scottanti a Catanzaro). Il posto di Auricchio andrebbe all'attuale vice capo di gabinetto, Alessandro Nardi. L'assessore al Bilancio, Riccardo Relafonzo, pure rischia, ma potrebbe continuare a collaborare con il sindaco con altre deleghe: De Magistris ha parlato in questi giorni con vari professionisti del campo della contabilità come il professor Emiliano Brancaccio e il numero uno dell'Ordine dei giornalisti Achille Coppola. Voci al momento, ma i nodi verranno presto al pettine. Per l'ingresso di Pd e Sel se ne parla invece eventualmente a dopo l'estate. (ilVelino/AGV) (rep/cp) 15 Giugno 2012 15:39 ___ In aula «Il Velino»: Attilio Auricchio per la successione Narducci (ancora) assente, l'addio forse dopo il bilancio di PAOLO CUOZZO (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 16-06-2012) NAPOLI — Secondo Consiglio comunale in tre giorni, seconda seduta con l'assessore Giuseppe Narducci assente. Due indizi che fanno una prova. L'assessore-pm starebbe infatti per lasciare il Comune di Napoli. Il suo (possibile) addio è dato per prossimo, subito dopo il via libera dell'aula al bilancio (non oltre il 21 giugno?). Un modo elegante per evitare che l'argomento prenda il sopravvento sulla discussione del documento programmatico. Allo stato, i margini per ricucire uno strappo tra sindaco e Narducci non sembrano esserci. Salvo sorprese. Da giorni, infatti, Narducci anche a palazzo San Giacomo, si vede poco. E mercoledì scorso, quando era atteso in aula per rispondere ad una interrogazione che riguardava le sue competenze, è risultato «assente giustificato». E anche ieri era l'unico, tra i 12 assessori che non si è visto. Un caso? Difficile pensarlo. Tanto più alla luce dell'amarezza trapelata dalle sue parole (poche) a proposito di un possibile rimpasto che lo riguarderebbe, con de Magistris che ha anche ribadito che «non ho necessità di vederlo in questo momento». L'agenzia di stampa Il Velino avanza pure un'ipotesi alternativa a Narducci: quella di Attilio Auricchio, attuale capo di Gabinetto, che potrebbe ricoprire l'incarico almeno fino alle prossime elezioni politiche. In questo caso, sempre secondo Il Velino, il posto di Auricchio andrebbe all'attuale vice capo di gabinetto, Alessandro Nardi. L'assessore al Bilancio, Riccardo Realfonzo, dovrebbe invece continuare a collaborare con il sindaco ma deleghe riviste: de Magistris avrebbe parlato in questi giorni con vari professionisti del campo della contabilità. Tra i quali Achille Coppola, presidente dell'Ordine dei commercialisti.
  10. Stavolta l'ho recuperato prima dell'imbarazzato oblio LINK ORIGINARIO ------- Aggiornamento E' tornato online a questo link, più tardi nella notte.
  11. QUELLA PICCOLA CITTÀ INVASA DAI TURISTI DEL GRANDE SCANDALO CREMONA AVVOCATI, CAMERAMEN E, SOPRATTUTTO, TIFOSI ARRABBIATI... L’INCHIESTA SULLE PARTITE TRUCCATE È TUTTA UN PELLEGRINAGGIO, TRA PRIGIONE E PROCURA, CHE INDIGNA GLI ABITANTI. VIAGGIO NEL CUORE DEL PALLONE TRADITO di LEONARDO COEN (IL VENERDI DI REPUBBLICA | 15 GIUGNO 2012) CREMONA. Un’auto targata Torino accosta in piazzetta Santa Lucia, davanti allo studio mobile Rai, parcheggiato sul marciapiede dalla parte della fermata d’autobus B: «Novità?». «Nessuna. Tutto tranquillo, oggi». Il tecnico indica via Stefano Jacini. Deserta. Il sole del tramonto illumina la facciata della Procura. Il portone, al numero 6, è chiuso e protetto da una cancellata di ferro. Inutile bussare alla porticina del 6/a. Roberto Di Martino, il procuratore capo, diventato suo malgrado il magistrato più famoso d’Italia per via dello scandalo di Calcioscommesse, è tornato a casa. Da un paio di giorni, poi, ha scelto la strada del silenzio. Per un po’ di tempo vuole evitare di parlare coi giornalisti. È stanco di essere sotto i riflettori dei media. Ed è stanchissimo perché l’inchiesta, partorita come un topolino, è diventata pesante come un elefante. Non che si sia mai fatto intimidire dalle dimensioni dei casi giudiziari affrontati. Anzi. Sua è stata l’inchiesta sul terrorismo islamico che aveva una cellula clandestina proprio a Cremona. Senza dimenticare la strage di piazza della Loggia di Brescia del 28 maggio 1974, otto morti e 102 feriti, un massacro rimasto impunito, un pezzo di Storia mancata. Di Martino ce l’aveva messa tutta, insieme al pm Francesco Piantoni, pur di riannodare i fili spezzati delle indagini sovente «deviate», pur di recuperare le prove occultate e capire il perché delle prove distrutte. Ed ecco che, un anno fa, gli scoppia tra le mani il caso Minias, cioè il caso del calmante somministrato da Marco Paoloni, il portiere della Cremonese, ai compagni di squadra durante l’intervallo della partita contro la Paganese: è il primo giugno del 2011 quando Paoloni viene arrestato. Pareva una storia piccola, per una procura piccola di una città piccola dove tutti conoscono tutti, e infatti da mesi si mormorava delle strane «papere» collezionate da Paoloni. Uno dei tanti furfanti pescati a imbrogliare la partita... Chi mai si sarebbe aspettato di approdare in Asia, di fiondarsi a Singapore, nei Balcani, in Romania, in Bulgaria, di inseguire le malefatte della Banda degli Zingari, di vedere coinvolti mostri sacri del calcio? In questura, Sergio Lopresti e la sua squadra mobile a un certo punto hanno dovuto arrendersi all’evidenza: da soli non potevano farcela. Si è formata una task force specializzata, grazie ai contributi di Brescia e Bologna e dello Sco, e nel rispetto formale delle competenze: il segreto del successo investigativo. Più dura la situazione in Procura: che rimane sotto pianta organica. Col procuratore capo dovrebbero operare altri tre pm, invece sono solo due (Francesco Messina e Fabio Saponara), e il lavoro non manca, c’è un fascicolo delicato da trattare, l’indagine sul presunto inquinamento della falda acquifera da parte della raffineria Tamoil, per Cremona una patata bollente. Per evitare sconquassi, Di Martino sceglie di assumersi l’onere dell’inchiesta Calcioscommesse (coinvolgendo il gip Guido Salvini), liberando i due pm. L’impressione è che sia sempre più difficile venir fuori dalla palude calcistica, ma Di Martino e Salvini hanno l’ambizione, tipicamente provinciale, di dimostrare che ci si può liberare dalle nostre pigrizie, dalle pessime abitudini. L’auto targata Torino si allontana, non prima d’aver chiesto l’indirizzo della prigione: «Non ce ne andiamo senza una foto!». Un cameramen lo guarda di traverso. «Il turismo del Calcioscommesse!», dice, e nella voce c’è un bel po’ di disprezzo. Poco più in là, verso il centro, un manifesto nero annuncia la seconda edizione dell’altro lato del violino, «happy hour in musica all’Ala Ponzone», al museo civico di Cremona, in risalto la silhouette di un fondoschiena femminile nudo. Ironia alla Tognazzi che, non a caso, era di Cremona. «In realtà, il turismo tradizionale e colto del cibo, del Torrazzo e dello Stradivari non tradisce mai, lo ha dimostrato il recente festival Le corde dell’anima, sapiente mix di musica e letteratura, che si è tenuto dal primo al 3 di giugno» spiega Vittoriano Zanolli, direttore del quotidiano locale la Provincia, «la nostra città ha un potenziale enorme. E, contrariamente alle apparenze, è una città insospettatamente vivace». Verissimo. Cremona è bella. È ricca: il suo patrimonio culturale, musicale, liutario è universalmente riconosciuto. La Libera – ossia la Libera Associazione Agricoltori Cremonesi – è uno dei cuori pulsanti della città (conta 2500 soci), qui si produce un decimo del latte italiano, qui c’è la Negroni, qui c’è l’impero del torrone (Sperlari, Vergani, ma anche la piccola e quotatissima Rivollini), qui cibo e violini sono una miniera d’oro, secondo Antonio Auricchio, il re del provolone (sebbene sia nato a Parma, è cremonese d’azione e di cuore), per lui, però, Cremona è una città che non sfrutta i suoi tesori, «è come una bella addormentata». Opinione non condivisa dal resto del mondo, dopo il fatidico primo giugno del 2011, il giorno che il portiere Paoloni della Cremonese finì in manette. Da allora, non passa giorno che il nome di Cremona non venga associato all’inchiesta di Calcioscommesse: «Da un lato, questo ci inorgoglisce, perché ci diciamo: tutto è merito nostro, i nostri magistrati hanno scoperto il Grande Imbroglio» dice Matteo del grande negozio 3T Store di piazza Stradivari «da un altro punto di vista, tuttavia pensiamo anche che il primo ad essere coinvolto è stato il portiere della nostra squadra di calcio». Orgoglio e vergogna. La Cremonese è un’istituzione cittadina. Il proprietario Giovanni Arvedi, presidente dell’omonimo gruppo d’acciaierie che impiega 2400 dipendenti, è uno dei padri padroni di Cremona. In città sono convinti che prima o poi cederà la società. È tutto preso dal progetto del Museo del Violino, che verrà inaugurato a settembre. Ha puntato molto sulla nuova Cittadella dello Sport. Lavoro, cultura, sport. Uno sport «pulito», non inquinato da truffe, scommesse e doping. Arvedi è stato uno degli sponsor di Oreste Perri, l’attuale sindaco di centrodestra (eletto nel 2009), quattro volte campione mondiale di canoa, uomo che ha sempre cercato di andare oltre le divisioni dei partiti. Un Pisapia di destra, un manovale del remo – attività sportiva in auge da queste parti – che «batte i politici di mestiere», come pensa il cittadino Massimo Rizzi. Il fatto che Cremona sia sempre nel cuore delle cronache italiane e di quelle straniere per via delle scommesse truccate non garba a nessuno. E ancora meno, garba il fenomeno collaterale del turismo dai contorni indefinibili e dai contenuti ancor più inqualificabili, che gravita attorno all’abisso immorale del pallone italiano. Sempre più gente, infatti, arriva a Cremona e chiede gli indirizzi della procura che ha scoperto l’inghippo, della questura che ha arrestato i calciatori e della prigione dove sono finiti, tra gli altri, Stefano Mauri, capitano della Lazio, e Omar Milanetto, centrocampista del Padova (ed ex del Genoa). È qualcosa che va al di là della curiosità morbosa. È la configurazione di un itinerario spirituale del tifoso tradito, dell’appassionato deluso, dello spettatore incazzato. Questi pellegrini dell’indignazione calcistica sono comparse di un reality non più confinato negli stadi o negli studi tv, ma tra le strade e i palazzi di un’antica bellissima città che si vanta d’essere la più agricola della Lombardia, quasi a voler sottolineare il suo legame profondo alla terra, anzi, a queste terre d’acqua, ritagliate tra il Po e il tratto inferiore dell’Oglio. Il riferimento all’acqua non è casuale. In fondo, il Calcioscommesse non è una sorta di allegorico naufragio dello «sport più bello del mondo »? La carcassa di Scommessopoli, disossata negli uffici giudiziari e nelle stanze della polizia, è protagonista di un naufragio ancora in corso. Con l’aggravante che l’inchiesta non solo va avanti, ma si è gonfiata a tal punto, che ha rischiato di sopraffare le esigue forze degli inquirenti locali. Ed è qui il bello. Da sempre Cremona vive storie di provincia e di frontiera. Da quando fu la prima città che i romani costruirono a nord del Po, due secoli prima di Cristo. Nel magnifico cortile Federico II dell’Arengario, dove si trova il palazzo Comunale, di fronte all’altissimo Torrazzo e al meraviglioso Duomo, c’è una significativa lapide dedicata a Giacomo Pagliari, «ucciso a Porta Pia di Roma il 20 settembre 1870 nel combattimento che fu ultimo ad atterrare una dominazione sacerdotale non voluta da Cristo condannata dalla ragione e dalla Storia». Sono parole che raccolgono lo spirito indipendente e fiero della città. L’essenza del provincialismo più nobile. Don Primo Mazzolari, che era nato a Santa Maria del Boschetto, una frazione della campagna attorno a Cremona, era un’altra voce che non conosceva inchini. Lottò contro l’ottusità delle gerarchie ecclesiastiche, convinto che l’avvenire fosse «della democrazia», nei primi anni Cinquanta fu il centravanti della dottrina sociale i cui valori si imperniavano nel pacifismo e nella nonviolenza, tanto da sostenere un forte movimento di resistenza contro la guerra. Una sua frase chiosa il primo degli «incontri istituzionali » voluti dal sindaco Perri, «non a destra, non a sinistra, non al centro ma in alto», a proposito di «una politica per la città». E allora, dopo aver sbirciato foto stupende in bianco e nero esposte dall’Ottica Faliva («Era sul Po la nostra Rimini»), conviene tirar dritto verso l’Ospedale Maggiore, e la sua torre. Non lontano da lì, in via Ca’ del Ferro, sorge il carcere che ha accolto e poi rilasciato Mauri e Milanetto. Siamo ai limiti della città, verrebbe voglia di dire, ai limiti della civiltà. Oltre, c’è solo tanta campagna e la tangenziale, uno dei tanti non luoghi dei nostri tempi. La prigione, iniziata nel 1986 e terminata nel 1992, avrebbe dovuto ospitare all’inizio 150 detenuti in altrettante celle di nove metri quadrati: due letti, una tv a colori con telecomando e radio, un armadietto, un gabinetto. Il decreto Scotti-Martelli del 1992 ne raddoppiò invece capienza e problemi: oggi nelle sei sezioni si stimano in quattrocento. Dicono che tutti fanno a gara per organizzare partite con gli ospiti «eccellenti». Non si sa mai.
  12. la Repubblica: apertamente schierata http://www.youtube.com/watch?v=_MjSS3E1kO4&t=2m7s C'hanno 'na faccia talmente da stronzi che, piuttosto di indagare e commentare in ordine alle deposizioni di Tavaroli, per una settimana intera si sono limitati a dettare due righe dalla luna. P.s. Talmente S****O, Zunino, che ri-echeggiando in prima persona il suo contributo a Farsopoli (rif. a sua intervista a Pieroni in pagg.176-178), tira in mezzo un suo collega uscito distrutto ed assolto dal processo napoletano: Ignazio Scardina (su cui G.Narducci infierisce ancora). ------- Repubblica SERA 14-06-2012
  13. Calciopoli La vera storia di Giuseppe Narducci ------- Prefazione Pallisti e pallonari di Marco Travaglio
  14. Attualità CALCIO NELLA BUFERA Che mal di SIENA Lo scandalo delle scommesse. I finanziamenti del Montepaschi. Le manovre pericolose di Massimo Mezzaroma. Tra pallone e affari di GIANFRANCESCO TURANO (l’Espresso | 21 giugno 2012) Finalmente si è capito che cosa fanno le banche. Nella fase più acuta della crisi sostengono il calcio professionistico. A Madrid aiutano il Real a pagare gli stipendiucci di Cristiano Ronaldo e Mourinho (27,5 milioni di euro netti complessivi all'anno). Ma anche a Siena, nel loro piccolo, non scherzano. Con l'aggiunta che a Siena, secondo i magistrati che indagano sul calcioscommesse, hanno aggiustato 7-8 partite nel torneo 2010-2011, quando il club toscano era in serie B. Al centro dell'intrigo finanziario-sportivo c'è un imprenditore con il destino nel cognome. Si chiama Massimo Mezzaroma, 40 anni, figlio di una signora inglese e del romanissimo costruttore Pietro, nipote del falegname Amerigo che dagli infissi fece il salto nell'edilizia residenziale. I suoi zii si chiamano Gianni e Roberto, razza palazzinara anche loro. I suoi primi cugini, Marco e Cristina, hanno anche loro a che fare con il calcio, oltre che con le ruspe. Marco, marito dell'ex ministro salernitano Mara Carfagna, è proprietario dell'area sulla Tiberina dove dovrebbe sorgere il nuovo stadio delle Aquile della Ss Lazio. Marco è romanista, come Massimo, e come Massimo ha lavorato a Trigoria quando la Roma era fifty-fifty tra Pietro Mezzaroma e Franco Sensi. Ma la sorella Cristina ha sposato Claudio Lotito, multiproprietario della Lazio e del Salerno calcio, e il business ha preso il sopravvento. Neppure Massimo, del resto, è un tifoso del Siena. Anche nel suo caso sono gli affari che l'hanno portato nella città del Palio e del Monte dei Paschi (Mps), la banca che ha in mano le sorti dello sport senese, dal football alla Mens Sana, la squadra dominante del basket italiano. Prima di lui, c'era un altro romano, Giovanni Lombardi Stronati della Credsec. Dopo di lui ci potrebbe essere una cordata ancora più esotica tra un olandese del Suriname, l'ex milanista Clarence Seedorf, e il milanese Luca Magnoni, figlio del finanziere della Sopaf Giorgio e manager della Sopaf lui stesso. L'accoppiata Seedorf-Magnoni, già alla guida del Monza calcio, ha preso contatti con chi di dovere. Quindi non con Mezzaroma ma con il Mps dove l'aria è parecchio cambiata rispetto al gennaio 2010, quando il costruttore ha preso il club bianconero. Due anni e mezzo fa il regista del passaggio del Siena da Lombardi Stronati a Mezzaroma è stato Giuseppe Mussari, al tempo presidente di Mps e attuale numero uno dell'Abi, la confindustria delle banche italiane. Lombardi Stronati era diventato persona non grata a Rocca Salimbeni, la sede della banca. Troppi problemi con il fisco e una richiesta di arresto pendente in Cassazione, poi annullata. Mezzaroma, per parte sua, aveva rapporti complicati con Alessandro Profumo di Unicredit, il principale finanziatore della sua capogruppo Impreme. Profumo, già alle prese con la patata bollente dell'As Roma, vedeva l'Impreme come una delle tante partite difficili ereditate dall'incorporazione della Capitalia di Cesare Geronzi. Il banchiere di Marino aveva Giulio Andreotti come protettore e Pietro Mezzaroma come cliente. Il Gei Ar dell'Eur, andreottiano anche lui, con il vanto di non avere finito le elementari, nel 1996 diede il seguente annuncio ai suoi fratelli Gianni e Roberto: "Aò, c'è 'na novità. Semo falliti". Adesso, a 77 anni, non ha più ruoli operativi. Ma due anni e mezzo fa, nel Siena c'era anche lui. Perché nell'operazione calcio si giocava il futuro del gruppo. Comprando la squadra, il gruppo Impreme si è trasferito con mutui e bagagli da Unicredit al Montepaschi. Il valore complessivo dell'operazione supera i 200 milioni di euro per una holding che, nel consolidato 2010, presenta un patrimonio netto di 66 milioni e un indebitamento finanziario netto di 300 milioni di euro. Il peso maggiore, il più indigesto, è l'operazione immobiliare di Parco Talenti, nella zona nord di Roma. Partito con grandi ambizioni, il progetto è finito nel pantano della recessione con prezzi fuori mercato e case invendute. Oltre a Parco Talenti, la banca senese ha un'ipoteca da 90 milioni sul centro commerciale Appio 1 e altri 20 milioni di leasing immobiliari con Impreme. Mps Capital Services, inoltre, è in societa con Mezzaroma per un'altra iniziativa nella zona di piazza Navigatori all'Eur. Formalmente, Impreme e Siena calcio procedono in parallelo e non hanno nulla a che fare tra loro sotto il profilo societario. Il club è controllato all'83, 8 per cento dalla Senio, divisa in quattro parti uguali tra i fratelli Mezzaroma, cioè Massimo e le tre sorelle Barbara (39 anni), Valentina (35 anni), avvenente vicepresidente, e Alessandra (33 anni). Le quattro quote sono in pegno al Mps. Tra i soci di minoranza ci sono piccoli immobiliaristi della zona, tutti creditori del Monte Paschi, i costruttori Parri, qualche cooperativa rossa, ma anche la Btp di Riccardo Fusi, e la Navigator di Gregorio Gitti, socio nella Sator di Matteo Arpe e genero di Giovanni Bazoli. L'ingresso di Mezzaroma nel Siena è stato interamente spesato dal Montepaschi con circa 40 milioni di euro, tra i debiti della gestione precedente e un finanziamento fino al 2019. A questa somma vanno aggiunti gli 8 milioni di euro all'anno di sponsorizzazione. Non è ancora finita perché alla fine del 2011, Mezzaroma ha annunciato di volere portare a termine un'operazione sul marchio. È un giro di soldi sulla carta che serve a puntellare i conti. L'hanno fatto tutti, la fa anche lui. Il marchio Siena calcio sarà valutato e girato a una società costituita apposta, la B&W communication. Nella B&W ci sono sempre i Mezzaroma, stavolta con una società del gruppo Impreme, insieme ad altri due soci: un dirigente del Siena, Davide Buccioni, e Fabrizio Sacco. Entrambi sono residenti a Rocca Salimbeni, la sede della banca. La cessione del marchio con riaffitto dovrebbe fruttare altri 25-30 milioni di proventi straordinari ma non è detto che sarà Massimo Mezzaroma a gestirli. L'inchiesta sulle scommesse della Procura di Cremona, che gli ha procurato una perquisizione, è una minaccia reale. Dopo le accuse degli ex calciatori Filippo Carobbio e Carlo Gervasoni, il club toscano rischia una penalizzazione pesante, se non la retrocessione in serie B. Sarebbe una mazzata sul conto economico, con almeno 20 milioni di diritti televisivi in meno. Insomma, tra deficit e calcioscommesse i rapporti tra Mezzaroma e il Montepaschi non sono più quelli di due anni e mezzo fa. Mussari se n'è andato a cercare gloria politica a Roma e, nei corsi e ricorsi bancari, il costruttore romano si ritrova sulla testa Profumo come presidente del Mps. Il nuovo direttore generale del Monte, Fabrizio Viola, vuole razionalizzare il settore contributi sportivi. In tempi di crisi, è sempre più difficile giustificare perdite come quelle dell'ultimo bilancio del Siena calcio, chiuso con un rosso di 20 milioni di euro. Viola arriva dalla Banca popolare dell'Emilia Romagna (Bper), dove era amministratore delegato. Ancora una volta, rapporti d'affari maturati altrove potrebbero indirizzare il futuro del club toscano. Durante la gestione Viola, la Bper ha comprato Meliorbanca quando Giorgio Magnoni era consigliere e azionista. I maligni dicono che i Magnoni non hanno soldi da investire nel calcio. È facile rispondere che questo non è un problema. Almeno non a Siena, dove i soldi per lo sport li mette sempre la banca.
  15. L’ATTACCO DELL’EX PM Narducci al veleno su Buffon e Bonucci di STEFANO SALANDIN (TUTTOSPORT 15-06-2012) POZNAN. L’espressione di Gigi Buffon si è ancor più incupita di quanto già nonsia normalmente nei giorni di questa avventura polacca. E il silenzio di Leonardo Bonucci è diventato ancor più impenetrabile. Del resto non hanno neppure dovuto aspettare che qualcuno gliela segnalasse, connessi ormai come sono costantemente a web e social network, la presa di posizione di Giuseppe Narducci, ex pm del processo Calciopoli e ora assessore alla Legalità e Sicurezza del Comune di Napoli: «Buffon e Bonucci non sarebbero dovuti andare agli Europei». L’ex pm (proprio in questi giorni in cui riaffiorano le inquietanti rivelazioni di Tavaroli, l’ex responsabile della security Telecom, sulle direttive ricevute dall’Inter) ha scritto un libro sulla “vera storia di Calciopoli” (naturalmente la “sua” storia) e ieri è stato intervistato dalla radio del Sole 24 Ore sulla questione. E l’assessore ne ha approfittato per allargare l’analisi all’attuale situazione del calcio, inquinato dalle indagini sulle scommesse illegali che hanno lambito anche la Nazionale. Eccolo, dunque, il pensiero di Narducci: «Io non avrei portato questi calciatori nella competizione, sono un integralista da questo punto di vista. Ovviamente la Nazionale doveva andare agli Europei, come successe nel luglio 2006 per i Mondiali. Ma allora, come in questo caso, era opportuno non portare nella competizione persone rimaste coinvolte. Il calcio non può ogni volta predicare solo a parole estremo rigore nei confronti di tutto e di tutti, proporsi di cambiare». FASTIDIO Dal gruppo azzurro non è arrivato nessun commento, ma il fastidio per queste dichiarazioni è risultato evidente nella delegazione. Certo, è molto singolare la leggerezza con cui un uomo di legge manda al macero il concetto cardine di “presunzione di innocenza”, tanto più che uno dei soggetti delle sue dichiarazioni, il capitano Buffon, non è neppure indagato. Qualcuno dell’entourage azzurro (che pretende il rigoroso anonimato) ricorda anche come il giudice usi un approccio differente per questioni simili a seconda del fatto che lo riguardano o meno. Anche lui, come è accaduto per Bonucci, fu infatti accusato da un pentito (Salvatore Lo Russo) addirittura di rifornirsi di droga tramite la collaborazione di carabinieri compiacenti. Il pm respinse con sdegno ogni accusa e chiese immediatamente di testimoniare per smontare tali rivelazioni. Ma, nel frattempo, continuò a ricoprire gli incarichi pubblici. Perché, ci si chiede dunque con un poco di stizza, Bonucci non può continuare a giocare serenamente a calcio in attesa che venga verificata l’attendibilità delle accuse del pentito Masiello? ------- LA NUOVA POLEMICA Napolitano sta con Buffon Narducci lo vuole a casa L’ex pm di Calciopoli: «Era opportuno, come nei mondiali del 2006 non portare agli Europei calciatori indagati» di ETTORE INTORCIA (CorSport 15-06-2012) In Polonia, parole di Prandelli, la Nazionale non s’è fatta mancare nulla in termini di polemiche, come se non fosse già abbastanza scomodo e imbarazzante il blitz della polizia a Coverciano per notificare l’avviso di garanzia a Criscito, lasciato poi a casa. Però c’era bisogno di una tregua, che in qualche modo è stata sancita da un gesto bellissimo nella sua semplicità, la visita del presidente Napolitano negli spogliatoi azzurri dopo il pareggio contro la Spagna campione del mondo. Con tanto di abbracci e baci a Gigi Buffon, il capitano, solo pochi giorni prima protagonista di un botta e risposta polemico con il pm Di Martino, il titolare dell’inchiesta di Cremona. Quel gesto del Capo dello Stato doveva servire anche ad allentare un po’ la tensione, a ritrovare compattezza, a dare fiducia alla Nazionale. Ma ieri, a scaldare il count down della sfida tra Italia e Croazia, sono arrivate le dichiarazioni di Giuseppe Narducci. E’ l’ex pm titolare dell’inchiesta penale su Calciopoli, oggi assessore della giunta De Magistris a Napoli, con delega alla sicurezza, incarico delicatissimo in una metropoli come quella campana. Anche Narducci, intervistato da Radio24, ha voluto dire la sua sulla questione delle convocazioni di Prandelli: «Bonucci e Buffon? Non avrei portato questi calciatori nella competizione. Io sono un integralista da questo punto di vista. Ovviamente la Nazionale doveva andare agli Europei come successe nel 2006 per i Mondiali. Ma allora, come in questo caso, era opportuno non portare persone rimaste coinvolte» . IL CASO - Rispetto all’estate 2006, segnata da Calciopoli più che da altre polemiche, il contesto è differente. Certo, gli azzurri di Lippi non partirono per la Germania a cuor leggero, ma questo è un altro conto. Quanto allo scandalo scommesse, è un po’ difficile mettere sullo stesso piano le posizioni di Bonucci e Buffon: il difensore è indagato, il portiere no. Su Bonucci la polemica c’è stata, anche legittima, perché indubbiamente la percezione che per lui e Criscito non sia stato adottato esattamente lo stesso metro c’è e infatti l’ex genoano, ora allo Zenit, si è lamentato più volte per l’esclusione e la disparità di trattamento. Discorso diverso per Buffon. Che sarà stato poco tempista con quell’infelice uscita sui pareggi di fine stagione ma che, rispetto ai rumors su giocate da centinaia di migliaia di euro, è assolutamente al riparo da tutto, sia sul piano penale che su quello sportivo, perché scommettere su tutto ciò che non è calcio è consentito. Magari non sarà salutare per il conto in banca, ma è consentito.
  16. Sport e giustizia Narducci: Buffon e Bonucci io non li avrei convocati L’assessore che da pm indagò sul calcio E Moggi: ma capisce di sport o magistratura? di PAOLO CUOZZO (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 15-06-2012) NAPOLI — «Io non avrei portato questi calciatori nella competizione». Giuseppe Narducci, l'ex pm di Napoli che curò l'inchiesta Calciopoli del 2006 e che oggi è assessore comunale a Napoli, intervenuto a 24 Mattino su Radio 24 e su www.radio24.it, ha risposto così alla domanda sulle convocazioni di Bonucci e Buffon agli Europei. «Io sono un integralista da questo punto di vista — ha detto il magistrato in aspettativa che proprio sull'indagine di Calciopoli ha scritto un libro — ovviamente la Nazionale doveva andare agli Europei come successe nel luglio 2006 per i Mondiali. Ma allora, come in questo caso, era opportuno non portare nella competizione persone rimaste coinvolte (va precisato comunque che Buffon non è coinvolto nell'attuale inchiesta, n.d. r. ). Il calcio non può ogni volta solo a parole predicare estremo rigore nei confronti di tutto e di tutti, proporsi di cambiare. Ci vuole coerenza tra i buoni propositi e i fatti. Questa coerenza non sempre c'è». Narducci ha anche rifiutato l'idea di un'amnistia per i reati accertati. «E' una delle devastanti proposte ciclicamente avanzate è accaduto dopo il calcioscommesse del 1980, fu una delle parole d'ordine nel 2006, ritorna adesso. E' una parola d'ordine che si propone di non fare i conti con i mali del calcio, di non affrontarli e di cancellarli con un colpo di spugna». Sulla Juve, l'ex pm ha commentato le dichiarazioni di alcuni dirigenti che, dopo avere vinto lo scudetto quest'anno, hanno detto di avere nel palmares trenta titoli, rivendicando anche i due revocati a seguito dell'inchiesta Calciopoli. «Credo si tratti di una provocazione. Comprendo i dirigenti di una società colpita sul piano sportivo, ma le decisioni all'epoca furono giuste». Ed ancora: «Il tentativo ricorrente di rovesciare la verità dei fatti emersa e contrastare le decisioni della giustizia sportiva e degli organi federali è una provocazione pericolosa». Narducci ha commentato anche le parole dell'ex consulente Telecom Tavaroli che, in un altro processo, ha detto di avere spiato in passato Moggi per conto dell'Inter. «Non è storia nuova — ha detto Narducci — l'ho ascoltata tante volte in diverse anni. Io ovviamente non conosco cosa ci sia nelle vicende di cui parla Tavaroli, posso dire che quello che può essere accaduto a Milano o altrove, in un periodo antecedente la nostra indagine, non ha nulla a che vedere con quello che storicamente è avvenuto nella nostra indagine». «Narducci dice che avrebbe lasciato a casa Buffon e Bonucci? Ma Narducci si intende di calcio o di magistratura? Un magistrato che fa libri si è mai visto? E' la prima volta che mi capita. Narducci dice che la questione dei 30 scudetti è una provocazione? Dico che gli scudetti della Juventus sono in realtà 31, perché l'anno prossimo i bianconeri vinceranno il tricolore». Moggi ha parlato ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli.
  17. Mauri e Milanetto liberi Gegic sta per costituirsi Il gip revoca i domiciliari e su Genoa-Samp dice: «Nessuna prova» Il serbo forse già oggi dai giudici di Cremona. E il calcio trema di ROBERTO PELUCCHI (GaSport 15-06-2012) Da ieri all'ora di pranzo Stefano Mauri e Omar Milanetto sono uomini liberi, mentre come annunciato nell'intervista alla giornalaccio rosa già oggi o, al più tardi, all'inizio della prossima settimana Almir Gegic sarà a Cremona per costituirsi. E le sue rivelazioni potrebbero inguaiare altri giocatori, forse anche alcuni «nomi importanti». Fuori Dopo una settimana di carcere e altri dieci giorni di arresti domiciliari, il gip Guido Salvini ha dunque revocato la misura cautelare di Mauri e Milanetto, diventata «inutile non potendosi ravvisare alcun pericolo di fuga né la reiterazione di analoghi reati». Una via, questa, presa in precedenza (con tempistiche diverse) anche per altri indagati finiti in manette. La posizione di Milanetto, però, deve essere aggiornata con riferimento a Genoa-Sampdoria «che, pur non essendo stato oggetto di contestazione nella misura cautelare, può costituire un elemento sintomatico di condotte illecite nell'ambito delle partite disputate dal Milanetto». Il gip sottolinea che «gli elementi assai gravi desumibili dalla conversazione telefonica riferibile a un capo ultrà non hanno trovato una conferma soddisfacente nella successiva audizione dello stesso tifoso», Massimo Leopizzi. Il quale, in merito alla presunta colletta dei giocatori doriani per comprare cinque avversari, aveva parlato di «voci da bar». «Si tratta allo stato — continua Salvini — di dati investigativi significativi, ma non conclusivi, e dovranno essere approfonditi verosimilmente da un'altra autorità giudiziaria», ossia la Procura di Genova. Milanetto, così come Mauri, era stato comunque arrestato per la presunta combine di Lazio-Genoa 4-2 e non per il derby di Genova. Paradosso Anche se dall'ordinanza del gip non ci sono parole che facciano pensare che Mauri e Milanetto siano finiti in carcere «per errore», il difensore dell'ex genoano e il procuratore del capitano laziale vanno all'attacco. «L'impianto accusatorio nei confronti di Milanetto si sta sgretolando — dice Mattia Grassani —. Come si potrà spiegare alla famiglia Milanetto, composta da due piccoli di 3 e 5 anni e dalla moglie, tra l'altro commercialista, che si è trattato di un grande, imperdonabile, errore, di un incubo, un'odissea che ha portato in carcere il giocatore per una settimana e gli ha fatto passare altri 10 giorni agli arresti domiciliari, mentre i compagni di scuola ridevano o guardavano sospettosi i figli? Meglio tardi che mai, dirà qualcuno, ma i danni chi la paga alla famiglia?». Sospettoso Tiziano Gonzaga, procuratore di Mauri, a Sky Sport 24 ha fatto notare come il provvedimento del gip è arrivato il giorno prima dell'udienza al Tribunale del Riesame (che ci sarà lo stesso): «Probabilmente non erano così gravi i motivi per applicare la misura cautelare per 15 giorni». E l'avvocato Gian Michele Gentile: «Con questa decisione la situazione si modifica sotto il profilo disciplinare. È un segnale positivo che si riflette sulla Lazio». ------- LUNEDÌ LE SENTENZE DEL PROCESSO Di Vaio amaro «All'estero perdiamo punti» di GAETANO IMPARATO Meno male che in Canada non si sono accorti di nulla. «Stiamo perdendo immagine in campo internazionale, dobbiamo riacquistare credibilità. Ma lì non si percepisce quello che sta accadendo al calcio italiano». Marco Di Vaio, capitano di quel Bologna che perse 0-4 col Bari nel maggio 2011, arriva in Via Po, uffici della procura della Federcalcio, direttamente da Montreal. Varca il portone mezz'ora prima che inizi Italia-Croazia, impiega lo stesso tempo per raccontare di quella gara dove il difensore Portanova, suo compagno di squadra, nell'immediata vigilia del match avrebbe fatto sapere a lui e a tutti i colleghi, della strana proposta di combine formulata dagli amici di Andrea Masiello. «Quando in Canada mi hanno chiesto il motivo del ritorno in Italia — racconta Di Vaio —, ho dovuto spiegare che tutto il Bologna era stato ascoltato per chiarire la dinamica dei fatti. Non potevo certo mancare io, che ne ero il capitano». Miserie e nobiltà Certo, si parla dell'eden canadese, del suo nuovo club, il Miss Montreal Impact («Voglia di bel calcio, emozionante e denso di stimoli»), della possibilità che arrivi Del Piero («A lui piace soprattutto l'America» specifica Di Vaio). Ma dalla ricchezza del pallone nell'altra metà della terra, all'attualità che ruba spazio con le miserie del calcio infetto, il passo è brevissimo. In mattinata era toccato a Mutarelli e Luparelli raccontare di quel Bologna strapazzato in casa («Non ci sono problemi per i miei assistiti, sono tranquilli e sereni» giura l'avvocato dei due, Giudice). E ancor prima Siligardi, presentatosi in procura senza legale. Tanti giuramenti Palazzi fa capolino dal balcone centrale degli uffici della Procura, poi sfiora i taccuini all'ora di pranzo senza lasciare dichiarazioni. Ghezzal, nel pomeriggio, qualcosa aveva fatto capire per il tramite del suo legale, l'avvocato Catapano. «Non ci è stato chiesto di una gara in particolare ma soprattutto dei rapporti che intercorrevano con persone vicine al Bari». Naturalmente, tutti giurano di essere estranei ai fatti. Ma l'impressione che si ha origliando gli spifferi della Procura è che diversi, in questi giorni, si siano arrampicati sugli specchi. Lunedì le sentenze, quelle però del processo del primo troncone. Per l'indagine in corso, invece, c'è ancora da lavorare. ------- GaSport 15-06-2012
  18. Calcioscommesse, per alcuni tifosi il nemico è il giornalista di LUCA PISAPIA (il Fatto Quotidiano.it 14-06-2012) Dagli al giornalista, il vero nemico del popolo. I tuoi idoli ti tradiscono, il calcio – tua ragione di vita – puzza di marcio come non mai? La colpa è di scrive di questo, soprattutto se tira in mezzo la tua squadra. Ecco allora che il giornalista diventa un infame, l’artefice di un complotto pluto-demo-giudaico, un venduto al soldo di chissà quale potenza interplanetaria istituita solo per fare del male alla tua squadra del cuore e quindi a te. Oramai ci sono veri e propri siti specializzati nello smontare, e poi rimontare a modo loro, gli articoli di chi si occupa di Calciopoli o del calcioscommesse per dimostrare l’innocenza del proprio beniamino di turno e la lampante colpevolezza di chi ha scritto sull’argomento: che ha sbagliato, inventato, o addirittura consapevolmente travisato. D’altronde fu proprio il capitano della nazionale italiana Buffon che, esattamente un anno fa, all’indomani dei primi arresti relativi al calcioscommesse, dichiarò: “E’ l’Italia di piazzale Loreto”. Facendo subito intendere, al di là delle sue ribadite simpatie, che i colpevoli andavano ricercati non tra coloro che hanno tentato di rovinare il gioco più bello del mondo, ma in quelli che pretendevano la giusta punizione per i colpevoli (restando nella similitudine di Buffon, i partigiani della costituzione calcistica). L’ultimo episodio in ordine di tempo arriva dal sito giulemanidallajuve.com che insieme a Ju29ro da anni passa il tempo a leggere le migliaia di pagine di ogni faldone di ogni processo in cui spunta il nome della Juve cercando di riscriverlo. Ecco allora che – partendo dall’intercettazione telefonica agli atti della Procura della Cremona di una telefonata tra il collega Marco Mensurati di Repubblica e il cosiddetto ‘zingaro’ Ilievski – il sito giulemanidallajuve.com sbatte i mostri (i giornalisti, per contrappasso allo splendido film di Bellocchio) in prima pagina. La storia è nota, e scivolosa. In un’intervista pubblicata su Repubblica l’11 marzo 2012 e ripresa da tutti i quotidiani internazionali, Mensurati e il collega Foschini intervistano lo ‘zingaro’ Ilievski. Tra le varie cose interessanti (e sconvolgenti) emerge il nome del calciatore del Genoa GiuseppeSculli, nipote del boss di ‘ndrangheta Giuseppe Morabito, detto Peppino Tiradritto, su cui stava indagando da tempo la Procura di Cremona. “Guarda che la partita è fatta. L’ha fatta Sculli”, dice Ilievsky riferendosi a Lazio-Genoa. Il giorno dopo Ilievski, il cui telefono è sotto controllo, chiama Mensurati e cerca di ritrattare, soprattutto sul nome di Sculli, minacciando di sputtanarlo. Il giornalista di Repubblica riesce però a fargli ammettere che durante l’intervista il nome di Sculli sia stato fatto. Come emerge poi tra l’altro dall’ordinanza che il gip di Cremona Savini dedica all’inchiesta: “L’ira di Ilievski riguarda il fatto che il giornalista (Mensurati ndr.) abbia pubblicato la notizia del coinvolgimento di Sculli, non tenendo conto che le rivelazioni erano state formulate in via del tutto confidenziale. Al telefono, Mensurati obietta che le informazioni erano state rivelate dal macedone in un contesto di intervista. “Ascolta, Hristian! Ascolta, Hristian! Tu hai detto Sculli ed io ho chiesto: Sculli?”. E tu hai detto: “Un milione per cento!” Ricordi? “Un milione per cento!” (…) Nel prosieguo della conversazione, Ilievski, consapevole di essere intercettato e spaventato, si muove su più fronti con argomentazioni insostenibili (…) con il chiaro intento di inquinare il tutto”. Bene, siccome le intercettazioni di questa telefonata sono agli atti e sono state rese pubbliche, il sito giulemanidallajuve. com trova in questa telefonata frasi dette dal giornalista – come “io ti sono amico” o “scrivo quello che vuoi” – per sostenere che Ilievsky sia stato imbeccato dal collega di Repubblica che ha quindi costruito l’intervista a tavolino per interessi suoi, ovviamente antijuventini. Il nemico, l’infame, è il giornalista. La cosa più triste è che non ci sono solo questi siti di chiara impostazione filojuventina che se la prendono con chi fa il proprio mestiere – si veda Marco Travaglio che pur essendo juventino ha sempre osteggiato il malaffare della passata dirigenza – ma anche diversi colleghi, o presunti tali. Perché il tifoso, o l’interesse, che è in ognuno di loro è più forte di qualsiasi deontologia professionale. E allora sbatti il giornalista in prima pagina.
  19. http://k005.kiwi6.com/hotlink/qiuvr8i9cz/2012_06_14_24_mattino_calciopoli_le_favole_di_narducci.mp3
  20. Calciopoli, Tavaroli accusa ancora: “L’Inter mi chiese di spiare Moggi” L'ex capo della security di Telecom, testimone-imputato nel procedimento connesso al processo sui dossier illegali, ha raccontato di avere organizzato un'operazione per conto della società nerazzurra per spiare i dirigenti bianconeri di LUCA PISAPIA (il Fatto Quotidiano.it 14-06-2012) Continua a parlare l’ex capo della security di Telecom Giuliano Tavaroli, testimone-imputato nel procedimento connesso al processo sui dossier illegali di Telecom. E dall’aula bunker di San Vittore le sue parole, sebbene non più utilizzabili dalla giustizia sportiva per riscrivere la storia recente del calcio italiano, aiutano a illuminare le troppe zone d’ombra dimenticate. Durante il processo, Tavaroli – che ha patteggiato 4 anni -racconta di avere organizzato un’operazione per conto dell’Inter per far spiare il dirigente bianconero Luciano Moggi – e magari anche Antonio Giraudo, detto “non ricordo” – e di avere poi consegnato il dossier nelle mani di Facchetti per farlo arrivare, forse “non so”, in quelle di Moratti. “Non io direttamente, ma Bove (ex responsabile sicurezza Telecom, morto suicida, ndr) svolse analisi di traffico telefonico su Moggi oltre che su quello di Massimo De Santis. Non ricordo se anche su quello di Antonio Giraudo“, dice Tavaroli durante la sua deposizione, continuando a tirare dentro con entrambi i piedi nel fango del decaduto Dio pallone la società nerazzurra. Fino ad arrivare forse alla testa, al suo ‘massimo’ dirigente. Già la settimana scorsa, interrogato dall’avvocato difensore dell’ex arbitro De Santis, Tavaroli ammise di aver commissionato l’incarico di redigere il ‘dossier Ladroni’ a un investigatore per conto dell’Inter. E aggiunse poi di aver organizzato l’attività direttamente con Facchetti su ordine del presidente Moratti. Ieri Tavaroli ha confermato quanto detto settimana scorsa: “Ricevetti in un incontro a tre Massimo Moratti e Giacinto Facchetti. Il report (il famigerato dossier Ladroni, ndr) era teso a confermare le rivelazioni di un arbitro (Nucini, ndr) in merito a possibili frodi sportive del 2002. Consegnai integralmente il rapporto a Facchetti. Poi ne discutemmo assieme, ma non so se Moratti fu messo al corrente dell’esito delle indagini”. Tavaroli ha nuovamente ammesso anche l’attività di spionaggio su Vieri e Jugovic, ex giocatori dell’Inter. “Quello fu il primo incarico per cui l’Inter si rivolse a Tronchetti Provera e quindi a me per un supporto professionale – ha detto Tavaroli – Le attività vennero poi condotte dall’agenzia Polis d’Istinto. Chi pagò? L’Inter. Mentre per il dossier Ladroni pagò Pirelli per un errore amministrativo”. Grazie a quell’errore di fatturazione, l’Inter uscì pulita da un’inchiesta sul medesimo dossier della Procura di Milano nel 2006. Questa vicenda e Calciopoli si sfiorarono solo marginalmente. Ma ieri l’avvocato Gallinelli, rappresentante dell’ex arbitro De Santis, ha chiesto spiegazioni su un atto della Procura di Milano del giugno 2005 trovato tra le carte del processo. Da questo si viene a sapere che il computer sequestrato a Tavaroli a maggio, fu poi controllato dai carabinieri della seconda sezione del nucleo operativo di via in Selci a Roma, guidata dal colonnello Auricchio. “E’ una coincidenza strana che il computer di Tavaroli sia stato ispezionato, nell’ambito delle indagini su Telecom – dice l’avvocato Gallinelli -, dallo stesso ufficio dell’arma che si occupava di Calciopoli, sul finire della stagione sportiva 2004-05, quando le indagini su Calciopoli non erano state chiuse e le informative sulle schede svizzere dovevano ancora essere realizzate”. Dagli sviluppi dell’affaire Telecom concernenti il calcio, emergono quindi ancora troppe domande cui non si è potuto, o voluto, dare risposta in ambito di giustizia sportiva. Quello che rimane, al di là dei risvolti penali della faccenda, è lo sconcerto per un procedimento sportivo concluso in fretta e furia dopo aver individuato degli ottimi capri espiatori (non per questo innocenti, anzi) solo in alcuni faccendieri del pallone nostrano. E invece, come il finale a sorpresa (o mica tanto) di un thriller, se la storia non assolve quelli che da subito per gli spettatori erano sembrati essere i ‘cattivi’, di sicuro macchia indelebilmente quelli che fino ad ora avevano recitato la parte dei ‘buoni’. E il film non è ancora finito.
  21. Non la raccontano giusta. Hanno trascurato del tutto la vicenda in settimana.
  22. MAHMOUD LIBERO ADESSO. della Redazione Online di La Settimana Sportiva 14-06-2012 La Fifa protesta contro la detenzione del calciatore palestinese Mahmoud Sarsak. Eric Cantona, Ken Loach, Noam Chomsky e altri sostengono Mahmoud e chiedono che la Coppa Uefa Under 21 non si giochi in Israele. Una segnalazione di Antonella Grafone. La Federazione Internazionale Football (FIFA) ha finalmente protestato contro la detenzione da parte di Israele del calciatore palestinese Mahmoud Sarsak. In un comunicato, il presidente della FIFA Joseph S. Blatter ha espresso la sua preoccupazione e la sua inquietudine riguardo la detenzione apparentemente illegale dei calciatori palestinesi. Secondo i rapporti ricevuti dalla FIFA -sottolinea il comunicato- “sembra che diversi calciatori palestinesi siano detenuti in violazione dei diritti umani e della loro integrità, senza processo ed in maniera illegale, dalle autorità israeliane. In particolare, attiriamo l’attenzione sulla sorte di Mahmoud Sarsak, in uno stato di salute critico in ragione dello sciopero della fame che conduce da circa 90 giorni per protestare contro la sua detenzione illegale. La FIFA lancia dunque un appello urgente alla federazione israeliana di football (IFA) affinché assicuri l’integrità fisica dei calciatori palestinesi e il loro diritto a processi equi”. La FIFA è stata allertata su Mahmoud Sarsak da nazionale palestinese e altri media internazionali. FOOTBALL GOVERNANCE Alleged illegal detainment of Palestine football players by (FIFA.com) Tuesday 12 June 2012 FIFA President Joseph S. Blatter expressed today (12 June) grave concern and worry about the alleged illegal detention of Palestine football players. The reports FIFA received state that in apparent violation of their integrity and human rights and without the apparent right of a due process (trial), several Palestine football players have allegedly been illegally detained by Israeli authorities. In particular, the mentioned reports refer to the Palestine player Mahmoud Sarsak, whose health is in a very delicate state due to the fact that he has been undergoing a hunger strike for approximately 90 days in protest of his alleged illegal detention. Due to the aforementioned graveness of the situation, FIFA urgently calls on IFA to draw the attention of the Israeli competent authorities to the present matter, with the aim of ensuring the physical integrity of the concerned players as well as their right for due process. The matter came to FIFA’s attention following correspondence with the Palestine Football Association, several international media reports concerning the football player Mahmoud Sarsak and a FIFPro media release. Eric Cantona chiede la liberazione di Mahmoud, e si pronuncia contro lo svolgimento della coppa europea di calcio under 21 in Israele, nel marzo 2013. Ecco la sua dichiarazione: “Siamo scioccati nel vedere che certi politici e istituzioni sportive che si sono preoccupati per lo svolgimento degli Europei in Ucraina, in ragione delle violazioni dei diritti umani, tacciono quando è Israele ad essere scelto per accogliere la coppa europea di calcio under 21 nel 2013. Il razzismo, le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale sono moneta corrente in quel Paese. Il governo israeliano lascia anche che la sua popolazione attacchi gli immigrati africani, che definiscono “infiltrati” e che vogliono imprigionare in campi militari. Nelle prigioni israeliane ci sono più di 4000 prigionieri politici palestinesi, dei quali più di 300 “detenuti amministrativi”, incarcerati senza processo né accuse. Fra questi, il calciatore di Gaza Mahmoud Sarsak, 25 anni, imprigionato da più di tre anni. Disperato, è sceso in sciopero della fame da più di 80 giorni, e ora è in agonia. Chiediamo di sostenerlo, così come tutte le vittime dei soprusi israeliani. E’ tempo di mettere termine all’impunità israeliana e di esigere da questo Stato il rispetto delle stesse leggi che gli altri Paesi rispettano”. Eric Cantona, attore ed ex giocatore Noam Chomsky, professore del MIT, USA John Dugard, ex Relatore Speciale dell’ONU per la Palestina, Sud Africa Trevor Griffiths, scrittore, Inghilterra Paul Laverty, sceneggiatore, Inghilterra Ken Loach, regista, Inghilterra Michael Mansfield, avvocato, Inghilterra Miriam Margoyles, attrice, Inghilterra John Pilger, giornalista e scrittore, Australia Show Racism The Red Card Ahdaf Soueif, scrittore, Inghilterra.
  23. Dossier illegali La denuncia in aula al processo Tavaroli: l’Inter mi incaricò di spiare Moggi e De Santis La testimonianza L’ex capo della security di Telecom e Pirelli: riferii tutto a Facchetti di CLAUDIA GUASCO (IL MATTINO 14-06-2012) Milano. Serie A e spionaggio. A raccontare tutto davanti ai giudici è Giuliano Tavaroli, l'ex capo della security di Telecom e Pirelli. Che conferma: «Dall'Inter ho ricevuto l'incarico di realizzare un dossier non solo sull'ex arbitro Massimo De Santis ma anche su Luciano Moggi, ai tempi direttore generale della Juventus». Tavaroli è testimone-imputato di reato connesso al processo sul caso dei dossier illegali: l'ex numero uno della sicurezza ha patteggiato quattro anni di carcere e ora alla sbarra, tra gli altri, ci sono gli investigatori privati Emanuele Cipriani e Marco Bernardini, oltre all'ex responsabile di Telecom Brasile, Angelo Iannone. Tavaroli, nella sua deposizione, svela nuovi particolari sull'attività di dossieraggio che sarebbe stata commissionata dalla squadra di Massimo Moratti: «I report su Moggi furono consegnati integralmente a Giacinto Facchetti, allora vicepresidente nerazzurro», afferma, aggiungendo però di non ricordare se tra gli obiettivi del lavoro degli 007 ci sia stato anche Antonio Giraudo, ex amministratore delegato della Juventus. Quanto a Moggi fu Adamo Bove, l'ex dirigente Telecom morto suicida, a effettuare «l'analisi del traffico telefonico» e questo intensa attività di dossieraggio «era finalizzata a confermare dichiarazioni che l'Inter aveva ricevuto da un arbitro su possibili frodi fiscali». Quando sulla scrivania di Tavaroli arrivarono i risultati dell'operazione di spionaggio, il capo della security ebbe «un incontro con il dottor Facchetti, ma non so se Facchetti poi riferì a Moratti». Sotto il profilo sportivo è tutto prescritto, ma per l'Inter la questione è aperta: l'ex attaccante nerazzurro Bobo Vieri e De Santis hanno intentato una causa per danni alla squadra, chiedendo 20 milioni di euro ciascuno e dopo le ultime rivelazioni di Tavaroli potrebbe aggiungersi anche Moggi. Il responsabile della sicurezza di Telecom e Pirelli ha inoltre riferito che a seguito di una segnalazione da parte delle forze dell'ordine di un operaio sospettato di terrorismo, venne svolta attività investigativa in fabbrica. «La direzione della security aveva un'attività di intelligence all'interno della fabbrica - ha spiegato - e abbiamo introdotto personale investigativo fornito da Cipriani con il compito di sondare il sentimento tra gli operai. Svolgeva attività informativa sui movimenti, sulle amicizie, i luoghi di frequentazione e banalmente anche la birra del dopo lavoro degli operai». Queste informazioni venivano poi girate alle forze di polizia che indagavano negli ambienti prossimi ai gruppi eversivi. Intanto l'ex presidente di Telecom Marco Tronchetti Provera e l'ex amministratore delegato Carlo Buora, convocati ieri in aula, hanno chiesto tramite il loro legale di avvalersi della facoltà di non rispondere in quanto indagati per ipotesi di reato connesse al procedimento. Sull'istanza si pronuncerà il 20 giugno la corte d'Assise di Milano, tuttavia la loro posizione nel frattempo è cambiata: per Tronchetti Provera i reati sono stati archiviati o prescritti, a eccezione del capitolo sulla ricettazione relativo al dvd frutto dell'attacco informatico alla Kroll, mentre per Buora l'archiviazione riguarderebbe tutti i reati a lui contestati anche se nei suoi confronti risulta ancora aperta un'indagine per reati fiscali.
  24. PROCESSO TELECOM Tavaroli: Fu l’Inter a commissionare il dossier su Moggi Per il club nerazzurro (già assolto in Figc) non c’è nulla di illegale La famiglia Facchetti: «Non ci sono prove» di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 14-06-2012) MILANO - C’era anche un dossier su Luciano Moggi tra quelli dell’ “Operazione Ladroni” portata avanti tra il 2002 e il 2003 da Giuliano Tavaroli. Ieri, nella seconda parte interrogatorio iniziato 7 giorni fa nell'aula bunker della Corte d'Assiste di Milano, l'ex capo della security di Telecom e Pirelli ha dichiarato che oltre ai dossier su De Santis, sull’ex direttore sportivo del Messina e del Genoa Mariano Fabiani e sul guardalinee Enrico Cennicola, ce n’era anche uno sull’ex dg della Juventus. «L'attività - ha affermato Tavaroli - nacque per verificare notizie su possibili frodi sportive che erano venute da un arbitro (Nucini, ndr) e vennero effettuate anche analisi del traffico telefonico di Luciano Moggi da parte di Adamo Bove (l’ex dirigente di Telecom morto suicida avrebbe utilizzato il sistema Radar, non rintraccibile, ndr) . Tutti i risultati vennero poi portati all’allora vice presidente Giacinto Facchetti. Con lui e Moratti c'era stato un incontro a tre all'inizio della vicenda, poi non so se Facchetti riferì le risultanze a Moratti» . Tavaroli ha aggiunto che l’incarico di realizzare il dossier su Moggi gli sarebbe arrivato dall’Inter e sarebbe stato realizzato dall'investigatore privato Emanuele Cipriani che, attraverso la Polis d'Istinto, lavorava per Pirelli da prima del suo arrivo. La prima operazione svolta per l’Inter, ha concluso, fu quella denominata “Care” che consisteva nel tenere d'occhio giocatori tra cui Vieri e Ronaldo. «L'Inter si rivolse a Tronchetti e a me, che misi in contatto Ghelfi con l’investigatore Cipriani» . FASTIDIO - Esattamente come una settimana fa dal club nerazzurro nessun commento ufficiale, ma viene fatto rilevare che Moratti non ha mai visionato né pagato l’ “Operazione Ladroni”, non a caso fatturata a Pirelli. Da corso Vittorio Emanuele insomma filtra che la nuova testimonianza di Tavaroli non ha fatto emergere niente di nuovo e che l’Inter e il suo presidente, peraltro assolti dalla giustizia sportiva nel 2007, non hanno commesso niente di illegale. La famiglia Facchetti invece ha sottolineato che «queste parole si aggiungono alle dichiarazioni contradditorie rilasciate da più soggetti su vicende note, dichiarazioni peraltro non supportate da prove concrete» .
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