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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
la Repubblica 14-06-2012 -
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Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Pepe: «Udinese-Bari? Non so nulla di combine o proposte al telefono» Il giocatore della Juve respinge le accuse di Andrea Masiello Stellini, vice di Conte, contro Carobbio. Oggi Di Vaio da Palazzi di GAETANO IMPARATO (GaSport 14-06-2012) Non c'entriamo niente: pensieri e deposizioni di Simone Pepe e Cristian Stellini. Tirati in ballo dai pentiti, Andrea Masiello (per Pepe) e anche Carobbio (per Stellini), hanno risposto in maniera categorica ai collaboratori del procuratore Stefano Palazzi, durante le audizioni di ieri. In un pomeriggio da caccia al tesoro nell'area via Allegri-via Po presidiata da telecamere, cronisti e curiosi. Pepe e Stellini, con i loro legali, hanno infatti dribblato ogni domanda pubblica, usando entrate secondarie ed uscite lampo negli uffici della Federcalcio, e non quelli della Procura. Niente telefonata Pepe doveva rispondere per Udinese-Bari, una delle partite sotto le lenti di ingrandimento dell'inchiesta. Era stato Andrea Masiello (da non confondere con Salvatore, che invece aveva scagionato martedì pomeriggio la punta bianconera) a fare il suo nome. Ma tutta l'impalcatura accusatoria sarebbe stata respinta da Pepe al mittente in 40 minuti. Come la telefonata ricevuta in ritiro in cui si sarebbe rifiutato di truccare il match. Il vice Conte Più lungo il colloquio con Stellini, che era presente anche nel famoso Udinese-Bari. Stellini è stato sentito per la seconda volta dagli inquirenti, in pratica gli si chiede anche del Siena, match citati da Carobbio, compreso quel Novara-Siena che ha portato all'avviso di garanzia ad Antonio Conte. Fra l'altro Stellini era stato già sentito dalla procura federale, quando però il quadro accusatorio non si era completato con i nuovi documenti provenienti da Cremona. Il collaboratore del tecnico juventino, però, ha negato tutte le circostanze chiave sia su Bari-Udinese sia le accuse di Carobbio, compreso il contenuto della riunione tecnica prima della partita a Novara, cuore delle accuse del calciatore «pentito». Bari truffato Anche sull'altro fronte, quello barese, gli inquirenti hanno raccolto soltanto un coro di «siamo innocenti e, soprattutto, parte lesa, abbiamo ancora le ferite aperte»: dal segretario Doronzo, al d. g. Garzelli e il team manager Claudio Vino. In particolare, è stato il d.s. Guido Angelozzi (sentito per circa tre ore) a prendere la parola all'uscita dagli uffici dopo la lunga audizione: «Quello che avevo da dire l'ho ribadito in Procura, non ho altro da aggiungere, ma confermo che il Bari è stato truffato». Nella giornata di oggi è prevista un'altra lunga lista di interrogatori, fra cui quello con Marco Di Vaio. Si parlerà di un Bologna-Bari, che da tempo figura nella collezione delle gare sospette. Siamo però lontanissimi dal traguardo finale delle sentenze, ci sono oltre 100 tesserati ancora da sentire. Ma se Palazzi, con i suoi procuratori, è costretto agli straordinari, la Commissione Disciplinare è anch'essa assediata dai documenti. Fatto sta che la pubblicizzazione delle sentenze, le prime del calcioscommesse bis, prevista per oggi, subirà un nuovo rinvio. Se ne potrebbe riparlare lunedì, a meno che non ci sia un'accelerazione nelle prossime ore per diffondere il dispositivo domani sera. Il fatto è che le posizioni sono tante e il contesto estremamente delicato. Doni e il Tnas Ieri il TNAS avrebbe dovuto discutere il ricorso presentato da Doni contro la Federcalcio per avere uno sconto di pena. Doni, nelle udienze della Disciplinare, aveva preannunciato al Tnas di rinunciare all'arbitrato. La Federcalcio non ha ritenuto completa la sua rinuncia e, quindi, nell'udienza di ieri ha comunicato alle parti che si sarebbe andati avanti. La prossima udienza il 26 giugno. ------- Bertani passa ai domiciliari Dal gip parole dure Scarcerato per la gravidanza a rischio della moglie. Salvini scrive: «Rifiuta il confronto» di FRANCESCO CENITI (GaSport 14-06-2012) Sedici giorni, ma nessuna apertura. Ieri Cristian Bertani ha lasciato il carcere di Cremona: era entrato il 28 maggio dopo l'arresto per l'inchiesta sul calcioscommesse. Il gip Salvini lo ha mandato ai domiciliari, accanto alla moglie in attesa del terzo figlio e alle prese con una gravidanza a rischio. Per gli inquirenti la posizione dell'attaccante è fin troppo chiara: accuse dirette da parte dei pentiti e diversi riscontri. Anche per questa ragione si sarebbero aspettati un atteggiamento diverso, se non subito almeno dopo la lettura delle carte. E invece Bertani si è avvalso della facoltà di non rispondere e quando martedì scorso ha incontrato di nuovo il gip ha ribadito la sua scelta con questa frase: «Io e la mia famiglia possiamo andare in giro a testa alta». Più «tecnico» il commento dell'avvocato Mattia Grassani: «Cristian continua a dichiararsi innocente. È un suo diritto». Bastonate Di sicuro il gip non ha usato metafore nell'ordinanza che lo ha rimandato a casa. Scrive Salvini: «Ha rifiutato di confrontarsi con i gravi elementi di accusa raccolti a suo carico in relazione ai suoi rapporti con gli Zingari e alla sua partecipazione con un ruolo di rilievo alla manipolazione di Chievo-Novara, Novara-Ascoli e Novara- Siena, riferendosi anche con un certo sprezzo alla posizione di chi, come Gervasoni, ha scelto di collaborare con l'Autorità giudiziaria. La posizione di Bertani è peraltro passibile di un ulteriore approfondimento posto che Gegic Almir, in una lunga intervista resa a La Ġazzetta dello Sport e non smentita, ha fatto specifico riferimento proprio ai suoi rapporti con Bertani in relazione alla combine. E lo stesso Gegic ha preannunziato la sua scelta, peraltro ancora da verificare, di costituirsi entro breve tempo». Insomma, un quadro accusatorio grave. In ogni caso la situazione della moglie ha reso possibile l'attenuazione della misura cautelare. Resta «il divieto di comunicare in qualsiasi forma con persone diverse dai familiari conviventi e dal difensore». -
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Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
IL CASO «Spiato pure Moggi L’Inter cercava prove su frodi sportive» Tavaroli torna sul Dossier Ladroni: «Prima incontrai Moratti e Facchetti, poi diedi il report a quest’ultimo» di MARCO IARIA (GaSport 14-06-2012) Inter, Moggi, Dossier Ladroni, frodi sportive. Sta in questo intreccio di parole la nuvola nera che avvolge Calciopoli, e che ieri Giuliano Tavaroli ha contribuito a rendere ancor più densa. Nel corso della sua deposizione-bis al processo sullo spionaggio Telecom, nell'aula bunker di San Vittore, l'ex capo della sicurezza del gruppo (che ha patteggiato 4 anni di carcere) è tornato a parlare delle indagini illegali che, come lui stesso aveva rivelato una settimana fa, gli furono commissionate da Massimo Moratti per poi essere gestite con Giacinto Facchetti. Una conferma della versione che rese ai pm milanesi nel 2006, e contorni circostanziati. Excursus Incalzato dalle domande dell'avvocato Paolo Gallinelli, legale dell'ex arbitro Massimo De Santis, Tavaroli ha spiegato che tutto partì da «un incontro a tre con Moratti e Facchetti». Il motivo del Dossier Ladroni, confezionato tra il 2002 e il 2003? «Trovare conferma alle notizie su possibili frodi sportive che l'Inter aveva ricevuto da un arbitro (Danilo Nucini, ndr)». Quindi la fase esecutiva: «Non svolsi le indagini io personalmente, ma fu il dottor Adamo Bove (ex dirigente della sicurezza Tim, morto suicida, ndr) a fare le analisi sui traffici telefonici, anche su quello di Luciano Moggi, oltre che di De Santis, non ricordo se pure su quello di Antonio Giraudo». Infine, «i report furono consegnati integralmente a Facchetti (allora vicepresidente dell'Inter, ndr), non so se lo stesso riferì le risultanze a Moratti». Una parte dell'attività spionistica venne delegata all'agenzia Polis d'Istinto dell'investigatore privato Emanuele Cipriani, che si era già occupata di spiare alcuni giocatori nerazzurri come Vieri, Jugovic e Ronaldo. «Ma l'operazione "Care" era completamente diversa, perché riguardava dipendenti dell'Inter — la precisazione di Tavaroli —. Quella fu la prima volta in cui l'Inter si rivolse a Tronchetti Provera e quindi a me per un supporto professionale. Pagò la società nerazzurra, mentre il Dossier Ladroni venne pagato da Pirelli per un errore amministrativo». Scenari Mentre nel procedimento sullo spionaggio Telecom — come riferito dal Corriere della Sera — sono state archiviate le posizioni dei manager Tronchetti e Buora, De Santis aspetta l'udienza autunnale per la causa di risarcimento danni nei confronti dell'Inter: la richiesta è di 21 milioni, sulla scia dell'istanza di Vieri. Dal punto di vista sportivo, gli eventuali reati sono ormai prescritti. Il 3 ottobre 2006, ascoltato dal capo dell'ufficio indagini Figc Francesco Saverio Borrelli, Moratti raccontò di essersi rivolto a Tavaroli ma di non avergli dato alcun mandato per redigere dossier su De Santis né di aver visto alcun documento in merito. Il 22 giugno 2007 la procura federale archiviò il caso. Le parole di Tavaroli riaccendono il dibattito e riportano alla ribalta la questione etica. ------- NEL 2005 Pc di Tavaroli ispezionato dai carabinieri di Calciopoli di MARCO IARIA (GaSport 14-06-2012) Tra le carte del processo sui dossier illegali Telecom, l'avvocato Paolo Gallinelli, rappresentante di De Santis come parte civile, ha scovato un atto della Procura di Milano risalente al 9 giugno 2005. È un decreto d'ispezione che riguarda materiale informatico di Tavaroli sequestrato il 3 maggio di quello stesso anno negli uffici Telecom. Viene deciso di far monitorare quel computer, a partire dal 15 giugno 2005, ai carabinieri della seconda sezione del nucleo operativo di via in Selci a Roma, guidata dal tenente colonnello Attilio Auricchio. L'avvocato Rileva Gallinelli: «È una coincidenza strana che il computer di Tavaroli sia stato ispezionato, nell'ambito delle indagini su Telecom, dallo stesso ufficio dell'Arma che si occupava di Calciopoli, sul finire della stagione sportiva 2004-05, quando le indagini su Calciopoli non erano state chiuse e le informative sulle schede svizzere dovevano ancora essere realizzate». Il legale di De Santis è al lavoro per studiare il verbale dell'operazione e capire a cosa portò quell'ispezione dei carabinieri. -
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AL PROCESSO TELECOM «Sì, spiavo Moggi per conto dell’Inter» art.non firmato (TUTTOSPORT 14-06-2012) SOTTO giuramento, davanti ai giudici della Corte d’ Assise di Milano presieduta da Piero Damaggio, Giuliano Tavaroli ha confermato di aver svolto indagini illegali sui dirigenti della Juventus e sull’ex arbitro Massimo De Santis, aggiungendo dettagli e circostanze. Come il fatto che il dossier doveva essere pagato dall’Inter, ma solo per un «mero errore amministrativo» fu fatturato a Pirelli. L’ex capo della security di Telecom e Pirelli, convocato al processo sulla vicenda dei dossier illegali per la quale ha patteggiato 4 anni, ha risposto alle domande dell’avvocato di De Santis, Paolo Gallinelli per la parte “sportiva”. Ha detto Tavaroli: «Non svolsi le indagini io personalmente, ma credo che lo fece il dottor Bove (l’ex manager Telecom morto suicida) sicuramente sul traffico telefonico di Luciano Moggi, oltre che su quello di Massimo De Santis. Non ricordo se anche su quello di Antonio Giraudo». Esiste, tuttavia, un appunto interno, scritto da Caterina Agata Plateo, collaboratrice di Bovo in cui sono annotati i vari numeri telefonici da controllare e fra questi Giraudo ha riconosciuto il suo. Ha aggiunto Tavaroli: «Ricevetti in un incontro a tre Massimo Moratti e Giacinto Facchetti. Il report era teso a confermare le rivelazioni di un arbitro in merito a possibili frodi sportive del 2002. Consegnai integralmente il rapporto a Facchetti. Poi ne discutemmo assieme, ma non so se Moratti fu messo al corrente dell’esito delle indagini». L’arbitro in questione è Danilo Nucini che, in quel periodo, aveva contattato Facchetti per riferirgli di contatti fra Moggi e De Santis. Infine Tavaroli ha parlato delle indagini su Vieri e gli altri calciatori dell’Inter: «Quello fu il primo incarico per cui l’Inter si rivolse a Tronchetti Provera e quindi a me per un supporto professionale. Le attività vennero poi condotte dall’agenzia Polis d’Istinto. Chi pagò? L’Inter. Mentre per il dossier Ladroni (su Moggi e De Santis, ndr) pagò Pirelli per un errore amministrativo». ------- TRA EUROPEO E MERCATO 15 domande per capire il caso Altre ombre sul titolo 2006 L’accusa di Tavaroli può riaprire la questione insabbiata dalla Figc. E quel computer... di GUIDO VACIAGO (TUTTOSPORT 14-06-2012) 1 Quando si svolsero le indagini illegali di cui parla Tavaroli nella sue deposizione? Fra il 2002 e il 2003, quindi molto prima che partisse l’indagine della Procura di Napoli che poi è sfociata nel processo sia sportivo che penale di Calciopoli. Curioso che l’impianto teorico su cui si basano le indagini di Tavaroli è identico a quello su cui si applica Narducci, così come coincidono i personaggi indagati: Moggi, Giraudo, De Santis e i designatori arbitrali. 2 Di che tipo di indagini si tratta esattamente? Analisi dei tabulati telefonici (sostanzialmente per capire con chi parlavano gli indagati), ma per quanto riguarda De Santis ci furono anche pedinamenti, visure dei conti bancari suoi e dei suoi parenti più stretti. Queste indagini sono contenute nel report “Operazione Ladroni” di cui solo una parte è finito nelle mani degli inquirenti. Lo stesso Tavaroli quando ha visto quella versione l’ha giudicata «incompleta». 3 E’ vero che quelle indagini diedero origine a un esposto al pm milanese Ilda Bocassini? Esiste un fascicolo, archiviato come modello 45, che se aperto potrebbe rivelare il mistero dell’esposto interista alla Bocassini. Secondo alcune ricostruzioni l’Inter spinse Nucini a parlare la pm milanese, ma poi l’arbitro non fornì elementi per aprire un’indagine rimangiandosi, davanti alla Bocassini, quanto aveva riferito a Facchetti. Secondo un’altra ricostruzione l’esposto sarebbe partito direttamente dall’Inter. Quel fascicolo, per il momento, non è stato aperto. 4 Moratti ha mai ammesso di aver commissionato quelle indagini? Moratti ha ammesso l’esistenza di un dossier sul solo arbitro De Santis, ma ha sempre negato di averlo commissionato e non era mai emerso che le indagini riguardassero anche i dirigenti della Juventus. Questo anche alla Procura Federale che lo sentì in merito. 5 Quindi le parole di Tavaroli sono in netta contrapposizione con quelle di Moratti: il presidente dell’Inter ha smentito Tavaroli o ha commentato in qualche modo? Per il momento non risultano commenti o smentite di Moratti alle parole di Tavaroli. Anche se dall’ambiente interista trapela fastidio per quanto sta emergendo dal processo Telecom e nei confronti della figura di Tavaroli, ritenuto inattendibile. 6 Quali conseguenze possono esserci per Moratti? Nessuna dal punto di vista penale. Dovrà però rispondere in sede civile alle richieste danni di De Santis e Vieri che l’hanno citato per essere stati “spiati” illegalmente. In questo senso le parole di Tavaroli sono pesantissime, perché specifica il modo con cui è stato commissionato il dossier, come è stato fatto e come è stato consegnato. Restano, insomma, pochi dubbi sull’esistenza di quelle indagini illegali. 7 Quanti soldi hanno chiesto De Santis e Vieri? L’ex centravanti dell’Inter ha chiesto 21 milioni, De Santis non ha quantificato il danno, lasciando al giudice la decisione, indicando come parametro la richiesta di Vieri. 8 L’Inter o Moratti possono essere sanzionati dal punto di vista sportivo? Quei reati sono prescritti, quindi tecnicamente la giustizia sportiva non può agire contro Moratti o l’Inter. Certamente pesa dal punto di vista etico la clamorosa contraddizione fra le parole di Tavaroli e Moratti: uno dei due ha mentito, o Tavaroli nella sua deposizione alla Corte d’Assise di Milano o Moratti alla Figc. 9 Lo scudetto del 2006, assegnato all’Inter a tavolino, a questo punto può essere rimesso in discussione? Tecnicamente la questione è stata seppellita dalle due dichiarazioni di incompetenza del Consiglio Federale e del Tnas. La Juventus è ricorsa alla Corte d’Appello di Roma contro la “non-decisione” del Tnas. Ci sarebbe l’opportunità di ricorrere all’articolo 39 del codice di giustizia sportiva per la revisione del processo del 2006, ma per il momento nessuno di chi ne avrebbe diritto sembra averlo messo in agenda. 10 La Figc cosa dice? Per il momento nulla. Ma è di sicuro una situazione imbarazzante dover difendere la posizione del 2006: lo scudetto assegnato a tavoli a una società che, se Tavaroli non mente, aveva commissionato indagini illegali nei confronti dei dirigenti di un altro club. Senza considerare la durissima relazione Palazzi di un anno fa, che condannò duramente i le violazioni dell’Inter, emerse dalle nuove prove di Calciopoli, ma prescritte per la giustizia sportiva. 11 La Juventus che posizione tiene? Sta seguendo con grandissima attenzione la vicenda del processo Telecom, ma non ci sono nuove azioni in vista, anche perché procedono quelel già esistenti. 12 In sede di Tar e Corte d’Appello, dove la Juventus è ricorsa per le questioni scudetto 2006 e Calciopoli, possono essere utilizzate le parole di Tavaroli? Certamente e avranno sicuramente peso nel dimostrare le tesi della Juventus sulla mancanza di chiarezza in tutta la vicenda Calciopoli. E per quanto riguarda il ricorso alla Corte d’Appello contro la “non-decisione” del Tnas di revocare lo scudetto 2006, le eventuali responsabilità dell’Inter nello spionaggio di Moggi e Giraudo sono elementi “pesanti”. 13 Che effetto possono avere le parole di Tavaroli sull’appello del processo Calciopoli di Napoli? Notevole. Perché gettano nuove ombre sulle indagini e perché avvalorano una delle tesi di Moggi che ha sempre sostenuto di essere spiato dalla concorrenza e che per questo aveva adottato le schede svizzere, non come strumento di un’associazione a delinquere. Il suo avvocato Maurilio Prioreschi sta seguendo con attenzione il processo Telecom. 14 Moggi può chiedere i danni a Moratti per essere stato spiato? Sì, Moggi si è costituito parte civile nel processo Telecom. 15 E il computer di Tavaroli che venne spedito da Milano a Roma? Quando se ne saprà di più? Dopo la brillante scoperta dell’avvocato Gallinelli di un decreto di ispezione che “spediva” un computer di Tavaroli sequestrato a Milano e mandato a Roma per essere ispezionato (decisione molto inconsueta) proprio dalla sezione dei Carabinieri che indagavano su Calciopoli potrebbe riservare sorprese. Ieri Gallinelli ha chiesto i verbali di quella ispezione, nei prossimi giorni si saprà di più. -
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Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
il Fatto Quotidiano 14-06-2012 Calciopoli, la vera storia In un libro, il pm Narducci ricostruisce la vicenda dove è stata coinvolta (e colpita) la Serie A. Ieri nel processo sui dossier illegali, Tavaroli ha ammesso di aver messo sotto controllo Moggi Nel giorno in cui esce in libreria “Calciopoli, la vera storia” di Giuseppe Narducci con prefazione di Marco Travaglio (Edizioni Alegre, 270 pagg., 15 euro), a Milano, al processo sui dossier illegali, l'ex responsabile sicurezza di Telecom e Pirelli, Giuliano Tavaroli, ammette di aver messo sotto controllo l'allora direttore sportivo della Juventus, Luciano Moggi. “Ricevetti in un incontro a tre Massimo Moratti e Giacinto Facchetti. Il report era teso a confermare le rivelazioni di un arbitro in merito a possibili frodi sportive del 2002. Consegnai integralmente il rapporto a Facchetti. Poi ne discutemmo assieme, ma non so se Moratti fu messo al corrente dell'esito delle indagini”. Citiamo la notizia, che è di ieri, perché nel libro di Narducci, che di Calciopoli è stato il pm e che ha visto sostanzialmente confermate dalla sentenza il proprio impianto accusatorio, c'è una parte molto chiara su questa vicenda che chiama in causa direttamente il modo in cui Luciano Moggi – condannato in primo grado – distribuiva le utenze telefoniche riservate. Modalità che sembra aver poco a che fare con il presunto spionaggio di Tavaroli. Ecco uno stralcio del libro. di GIUSEPPE NARDUCCI Ma la versione di Moggi risulta ancor più inverosimile quando sostiene di essere venuto a conoscenza – in un periodo imprecisato – di intercettazioni del noto investigatore privato Cipriani che, insieme all’altrettanto noto Giuliano Tavaroli – che lavorava per l’azienda Telecom – conduceva attività di spionaggio. Moggi lo definisce spionaggio industriale e allude al fatto che lo spionaggio si lega alle vicende di calciomercato. Avrebbe, dunque, fatto ricorso alla consegna delle schede per fini di tutela dallo spionaggio altrui. L’inconsistenza di questa versione viene anzitutto sottolineata proprio da uno dei giornalisti presenti che gli chiede: “Scusi, Moggi, ma che c’entra con lo spionaggio industriale e col calcio-mercato lei, dirigente della società Juve insieme al Signor Giraudo ed altri... che cosa c’entra tutto questo con schede date al designatore arbitrale Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto?”. Potremmo tranquillamente da soli fornire la risposta, ma proviamo, per un attimo, a prendere seriamente in considerazione questa versione. Moggi lascia intendere che società concorrenti svolgano indebitamente delle attività per carpire informazioni riservate. Come mai però Moggi, per tutelarsi da uno spionaggio industriale che colpisce la sua società, invece di fornire una scheda al signor Antonio Giraudo – amministratore delegato della Juve – e magari ad altri stretti collaboratori societari, fornisce, per sua stessa ammissione, una scheda ai designatori Bergamo e Pairetto? I designatori dovrebbero gestire la scelta di arbitri e assistenti per le partite di Serie A e B, senza alcuna comunanza di interessi con una delle parti in causa. Magari ci saremmo aspettati che una scheda fosse stata data a procuratori dei calciatori visto che, quando si trattano acquisti e cessioni, gli accordi si fanno fra società, ma anche con colui che cura gli interessi del calciatore. Invece, le schede non vengono consegnate a persone con ruoli similari a quelli di Moggi, ma ai designatori e ad una sfilza di arbitri. Tra l’altro, le conversazioni che siamo riusciti ad ascoltare sulle utenze svizzere non hanno mai nulla a che fare col segreto industriale o con il calciomercato, mentre, invece, si parla di sorteggi e scelta di arbitri e assistenti per le partite”. Il modo in cui venivano utilizzate le schede svizzere, per evitare le intercettazioni, è chiaramente illustrato nella testimonianza che ai magistrati rende uno degli imputati, l'arbitro Paolo Bergamo. (…) Nell’interrogatorio del 25 Maggio 2006, Bergamo, sollecitato da noi Pm, ha risposto: Bergamo: Effettivamente Moggi mi consegnò.. . probabilmente fra il Dicembre 2004 e il Gennaio 2005... un apparecchio cellulare contenente una scheda di nazionalità sicuramente non italiana... e dunque adesso non riesco a fornire indicazioni più precise. . . affinché comunicassimo con tale apparecchio. Pm: Scusi, Bergamo, attraverso quale attività e azione materiale lei effettuava la ricarica di questa scheda? Bergamo: Su indicazione di Moggi, digitavo un codice numerico sull’utenza cellulare sapendo che attraverso questa semplice operazione la scheda veniva ricaricata. Pm: Con chi ha parlato? Utilizzando quella scheda? Bergamo: Ho ricevuto telefonate solo da Luciano Moggi e Pierluigi Pairetto. . . Anzi preciso che certamente ho ricevuto telefonate su detta utenza da Luciano Moggi... e quanto a Pairetto, non rammento se ho ricevuto da lui telefonate, ovvero se sono stato io a telefonare allo stesso Pairetto. Pm: Qual era il contenuto delle conversazioni? Bergamo: Si è deciso di utilizzare l’apparecchio anche per nostre comunicazioni su argomenti più delicati. Pm: E perché questi argomenti non potevano essere affrontati nel corso di normali conversazioni sulle ordinarie utenze telefonic he? Bergamo: Si trattava di questioni molto particolari e delicate che preferivamo affrontare anche di persona. -
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Nuovo contropiede di Tavaroli “L’Inter mi fece spiare anche Moggi” Operazione Ladroni: la Juve tra gli obiettivi degli uomini Telecom di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 14-06-2012) La nuova testimonianza di Giuliano Tavaroli, ex capo della security di Telecom e Pirelli, nell’aula bunker del tribunale di Milano è come il sequel di un film. Il primo tempo di Tavaroli al processo sui dossier illegali si era concluso con l’accusa, diretta, al patron dell’Inter Massimo Moratti. «Sì, è stato lui a darmi l’input per confezionare il dossier Ladroni (l’operazione di spionaggio ai danni dell’arbitro De Santis, ndr). Per l’Inter... », così l’ex dirigente una settimana fa. Ieri, un passo avanti. «Non io direttamente, ma Bove (ex responsabile sicurezza Telecom, morto suicida, ndr) svolse analisi di traffico telefonico su Moggi. I report furono consegnati integralmente a Giacinto Facchetti, allora vicepresidente nerazzurro. . . », così Tavaroli. Il sequel è servito. Prima l’allora arbitro De Santis, poi, secondo le rivelazioni di Tavaroli in aula, Luciano Moggi e, forse, l’ex amministratore delegato della Juve di quegli anni - stagione 2002-2003 - Antonio Giraudo perché sull’opera di spionaggio ai danni di quest’ultimo, l’ex capo della security Pirelli non conferma, ma non smentisce («Non ricordo. . . », la sua risposta nel dibattimento in corso). Il tutto all’interno di un’operazione, denominata Ladroni, che il presidente dell’Inter Moratti ha sempre negato di aver avviato, ma che, adesso, Tavaroli prova a definire nei suoi contorni. L’Inter non parla: dal club nerazzurro non arriva alcun commento alle verità di Tavaroli in un procedimento dove la società interista non è mai entrata. L’avvocato di De Santis, Paolo Gallinelli, si sofferma sul fatto che «l’aver messo sotto controllo, pedinandolo, Cristian Vieri, particolare ammesso dallo stesso Moratti, è cosa ben diversa e meno grave di aver messo in atto un’opera di spionaggio su un arbitro e, alla luce delle dichiarazioni sotto giuramento di Tavaroli di ieri, anche sullo stesso Luciano Moggi. Senza dimenticare i dubbi su Giraudo: negli appunti della segretaria Plateo sono state ritrovate più utenze riconducibili alla Juventus. Tavaroli - così il legale - aveva avuto incarico di verificare l’eventuale esistenza di frodi sportive: ma le procure della Repubblica o quella della Federcalcio a cosa servono?». ------- Calcioscommesse Pepe «blindato» 40 minuti in Figc di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 14-06-2012) L’arrivo di Simone Pepe in Federcalcio per l’audizione davanti agli uomini del pm del pallone Stefano Palazzi è blindata così come la sgommata, dopo nemmeno quaranta minuti, lontano dalla Capitale. Pepe non parla e non si vede perchè, a proteggerlo, c’è l’entrata segreta della Figc: agli inquirenti federali ha raccontato di non saper niente sull’andamento di Udinese-Bari del 9 maggio del 2010, niente di strani movimenti, assolutamente niente sulla telefonata che avrebbe ricevuto da Salvatore Masiello alla vigilia della sfida perchè, dice Pepe, quella chiamata non c’è mai stata. Nella lunga giornata di audizioni, ieri, in procura c’è stato spazio anche per Cristian Stellini, collaboratore di Conte alla Juve, ma, soprattutto di tanto Bari. «Noi siamo parte lesa», il coro dei vertici pugliesi. -
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SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 13-06-2012) Milan, momento della verità Barbara e Galliani, chi vince? Che succede al Milan? Ce lo chiedevamo da tempo (vedi Spy Calcio del 31 maggio) dopo i tanti segnali preoccupanti che arrivavano da via Turati. Uno dei club più importanti al mondo, sta vivendo un momento difficile, di ridimensionamento, e soprattutto di scarsa chiarezza. Di sicuro, la proprietà, la Famiglia Berlusconi, adesso non ha più intenzione di spendere i soldi che ha speso in passato. Anzi, vuole tagliare dove è possibile tagliare. Barbara Berlusconi è entrata nel club con il suo agguerritissimo staff di tagliatori di spese (e di teste?) ed è entrata soprattutto in rotta di collisione con Adriano Galliani, storico amministratore delegato (e ultrà) rossonero. Barbara è in pieno accordo coi fratelli Marina e Piersilvio, che del Milan non si sono mai interessati: ora che Mediaset attraversa un momento di crisi, ecco che anche al Milan è necessario risparmiare. Gattuso, Nesta, Seedorf, Inzaghi, Zambrotta e Van Bommel sono già andati via (e andranno rimpiazzati). Thiago Silva sta per partire per Parigi, destinazione Psg, il club degli sceicchi, di Leonardo e di Ancelotti: in cassa, in via Turati, arriveranno oltre 40 milioni di euro. Manna di questi tempi (ma anche Thiago Silva andrà sostituito, prima o poi...). Se fosse possibile, con l'aria che tira, sarebbe messo in vendita anche Ibrahimovic: ha litigato con Allegri (a Londra, in occasione della partita con l'Arsenal) ma questo è un problema minore. Il vero guaio è che Ibra costa 12 milioni netti all'anno di stipendio e ha ancora due stagioni di contratto: chi lo prende? Giusto gli sceicchi potrebbero fare una pazzia del genere, che sarebbe peraltro molto "gradita" al Milan. Ma poi bisognerà ricostruire una squadra all'altezza. I tifosi rossonero sono preoccupati e già mugugnano. Chi comanda in casa rossonera? Il fronte Barbara o quello Galliani? Di sicuro il fronte Barbara ha già sondato la disponibilità di Claudio Fenucci e Michele Uva per il futuro. Anzi, volevano che arrivassero subito. Ma finché c'è Galliani (e Braida) come fare? Ci sono anche voci che parlano di un taglio di una quarantina di dipendenti, su un totale di 180: sarebbero traumatico, sono tutte persone scelte in questi anni da Galliani. . . L'ipotesi migliore, per restare competitivi, sarebbe quella di un ingresso in società degli sceicchi (non quelli del Psg, ma quelli legati alla Emirates, la compagnia aerea sponsor del Milan). Gente che ha soldi liquidi, e se prendesse il 30 per cento del Milan ecco che Marina, Barbara e Piersilvio Berlusconi potrebbero guardare con maggiore fiducia al futuro. Ma c'è poco tempo da perdere: è ora che si fanno le squadre per il futuro e il Milan è in ritardo. Progetto Csi: una società sportiva in ogni parrocchia Oltre 400 delegati hanno appena rieletto, con il 93% dei voti, Massimo Achini presidente del Csi per il quadriennio 2012-2016. La mission di Achini, membro della Giunta del Coni, è di vivere i prossimi quattro anni all'insegna di un sogno: aprire una società sportiva in ogni parrocchia d'Italia. E a portare avanti questo ambizioso progetto non sarà solo: il mondo sportivo e le istituzioni hanno accolto il suo appello, in coerenza con lo slogan scelto per l'Assemblea, "Giocare per credere". "Il CSI di fronte alla crisi del nostro tempo vuole reagire pensando ad una grande stagione di sviluppo di tutta l'Associazione - ha affermato Achini - Vogliamo portare lo sport dappertutto e tra tutti i ragazzi perché siamo convinti che sia un immenso bene educativo. Per noi è naturale indicare come priorità delle priorità l'ambiziosa sfida di dare vita ad un gruppo sportivo in ciascuna delle 26 mila parrocchie del paese. È una sfida grande, immensa. Ma il Csi è in grado di vincerla. Lo sport in oratorio non rappresenta il passato ma il presente e il futuro del sistema sportivo italiano e rappresenta un patrimonio di inestimabile valore educativo per tutto il Paese". Tavaroli conferma: "L'Inter spiava anche Moggi" Giuliano Tavaroli, l'ex capo della security di Telecom e Pirelli, sentito al processo sui dossier illegali, ha confermato oggi a Milano di aver ricevuto da parte dell'Inter incarico di "spiare" non solo l'ex arbitro Massimo De Santis ma anche l'ex dg juventino, Luciano Moggi. Tavaroli, che ha aggiunto che ''i report furono consegnati integralmente a Giacinto Facchetti, allora vicepresidente nerazzurro'', ha affermato di non ricordare se ci fosse stata attività su Antonio Giraudo, ex a. d. della Juventus. Tavaroli, sentito come testimone - imputato di reato connesso, ha spiegato che su Moggi fu Adamo Bove, l'ex dirigente Telecom morto suicida, a fare ''l'analisi del traffico telefonico''. L'ex capo della security ha inoltre spiegato che questa attività ''era finalizzata a confermare dichiarazioni che l'Inter aveva ricevuto da un arbitro su possibili frodi fiscali''. Inoltre ha aggiunto che sull'esito del dossieraggio ''ebbi un incontro col dottor Facchetti. Non so se Facchetti poi riferì a Moratti''. In futuro sarà sentito anche Cipriani. Bobo Vieri e De Santis, difeso dall'avvocato Paolo Gallinelli, hanno intentato una causa per danni all'Inter, chiedendo circa 20 milioni di euro ciascuno. Ora potrebbe aggiungersi anche Moggi. Dal punto di vista sportivo è tutto prescritto ___ JUVE E I 30 SCUDETTI: NON È ORA DI FINIRLA? NELL'ALBO D'ORO CE NE SONO SOLO 28, MA I BIANCONERI LA VIVONO COME UN'INGIUSTIZIA. E RIAFFERMANO SULLA MAGLIA IL TRAGUARDO NEGATO DALLA GIUSTIZIA SPORTIVA RISPONDE Maurizio Crosetti giornalista di Repubblica (OGGI N.25 20-06-2012) La Juventus sente di avere vinto 30 scudetti, ma nell'albo d'oro sono 28 e resteranno 28. La polemica sul computo dei campionati aveva già annoiato abbastanza durante l'epilogo del torneo, in cui i bianconeri hanno meritato di trionfare: sono stati i più bravi, anche questo è un dato di fatto che nessuno cancellerà, punto. L'ultima idea del presidente Andrea Agnelli è la scritta sulla maglia, non la terza stella troppo provocatoria e pure vietata dalla Federcalcio: i tifosi saranno contenti, però basta. Sulla maglietta si può scrivere quello che si vuole, anche «Sono Napoleone» oppure «tvb by Sharon», ma le sentenze della giustizia sportiva e ordinaria restano e non sono cancellabili: Moggi e Giraudo non sono stati una fantasia, un incubo, ma la realtà juventina per oltre un decennio, e la giustizia sportiva li ha radiati (quella ordinaria ha già condannato Giraudo, che patteggiò). La Juve pensi semmai al presente e al futuro, allo scudetto da difendere e all'assalto alla Champions League dopo troppo tempo: è molto forte, può esserlo ancora di più, voltarsi sempre indietro fa solo venire il torcicollo. I tifosi bianconeri hanno appena vinto uno degli scudetti più belli della loro storia ultracentenaria: non di cartone ma di carne, lacrime e sangue. Ventottesimo? Trentesimo? Uffa che barba. -
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Scommesse, ora alcuni tifosi pensano alla class action contro le proprie squadre di ALESSANDRO OLIVA dal blog VIVA LA FIFA (LINKIESTA 13-06-2012) Trenta tifosi di diverse squadre fra cui Atalanta, Brescia e Monza hanno deciso di rivolgersi a un legale per iniziare una class action contro alcuni calciatori di queste squadre, per far valere in sede legale il 'tradimento' alla fede calcistica. La decisione arriva in seguito all'inchiesta sul calcioscommesse che ha coinvolto diversi atleti accusati di aver 'venduto' alcune partite di serie A e B. Secondo il legale dei tifosi, Silverio Vitali, ci sono gli estremi sia per il danno economico sia per quello morale legato alla fede calcistica tradita. Fra i trenta supporter ci sono anche tifosi dell'AlbinoLeffe, del Brescia e del Monza. La strategia del legale è quella di ricorrere alla mediazione civile, rivalendosi direttamente sui giocatori. Le adesioni saranno raccolte fino alla fine di luglio, e le azioni legali partiranno in settembre. Solo poche settimane fa, in mezzo alla bufera del calcioscommesse, il presidente dell'Atalanta Antonio Percassi aveva detto: "Le società devono avere la possibilità di rivalersi, e l'Atalanta farà tutto quello che è nelle sue possibilità per rivalersi nei confronti di Doni e Masiello". Ecco, a proprosito di Doni. L'Eco di Bergamo riporta oggi che circa 30 sostenitori nerazzurri hanno dato mandato all'avvocato Silverio Vitali per valutare se ci siano i presupposti dell'azione legale. "Sotto il profilo strettamente civilistico - ha spiegato l'avvocato al quotidiano - sia per l'abbonamento a Sky, che per l'abbonamento allo stadio o il biglietto della singola gara, cè' un contratto che prevede che l'incontro si svolga secondo i crismi della correttezza, non che si svolga per arrivare a un risultato predeterminato. In pratica lo spettatore non ha ricevuto quello per cui ha pagato". Pertanto, secondo Vitali, i tifosi potrebbero vedersi riconoscere un risarcimento oscillante tra i 500 e i 2000 euro, comprensivo anche dei danni morali. Vitali ha spiegato di essere già stato contattato anche da chi ha scommesso in ricevitoria e non ha azzeccato il pronostico a causa delle combine. "Per loro sarà più difficile stabilire le possibili spettanze perchè non c'è prova di come sarebbe potuta finire altrimenti la gara. Pero' il danno c'e' tutto: pure chi ha scommesso lecitamente sugli incontri risultati taroccati ha diritto a un risarcimento". E le brutte notizie per Doni non sono finite, visto che anche l'Atalanta ha intenzione di chiedere i danni all'ex capitano. -
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Linkiesta e il calcio: un'ipotesi interpretativa di ANDREA MARIUZZO dal blog A MENTE FREDDA (LINKIESTA 12-06-2012) Tutto è cominciato, almeno a mia memoria col post del 21 aprile 2012 che Massimiliano Gallo ha dedicato nel suo blog personale al coinvolgimento di Conte nel caso scommesse. La disinvolta affermazione sul coinvolgimento della Juve in una faccenda che, in ogni caso, riguarderebbe il Conte tesserato del Siena, e la discutibile affermazione per cui "il garantismo vale anche per gli juventini (a volte è dura essere garantisti, lo ammetto)", hanno prodotto una selva di commenti risentiti adeguati al tono del post (e forse all'autore saranno pure piaciuti, chi lo sa). Io, devo dire la verità, pensavo si volesse scherzare, anche perché prima di allora gli interventi relativi a calcio e sport apparsi sulla testata e su alcuni blog a ciò appositamente dedicati erano stati decisamente meno sguaiati e, soprattutto, volti a prendere in considerazione questioni di una certa serietà: così si conviene, del resto, quando si parla di un tema, quello calcistico, di assoluta rilevanza economica (l'effetto moltiplicatore degli investimenti nel settore è pari solo a quello del narcotraffico), identitaria (basta guardare quanto il discorso sportivo strutturi le prese di posizione dei nostri politici) e geopolitica (le questioni sull'Ucraina ospite degli Europei parlano da sole). Tra l'altro, proprio lo stesso autore stava offrendo sul tema della presenza gay nel calcio spunti di riflessione in cui non mi riconoscevo del tutto, ma che effettivamente aprivano uno spazio interessante su un tema meno irrilevante di quanto qualcuno si ostini a credere. Così mi sono limitato a ricordare con una frecciata che certe insinuazioni sarebbero più accettabili da parte dei tifosi di squadre la cui storia è caratterizzata dall'assoluta trasparenza, e non era certo questo il caso, non solo perché Moggi non ha iniziato la sua carriera alla Juve. Gallo ha però perseverato, con post calcistici peraltro assai più frequenti di prima, oltre che più sugaiati, fino ad arrivare a vette come questa, di pochi giorni fa. Spero non si voglia prendere in giro la gente dicendo che anche quella roba è un contributo per un'informazione di qualità e per lo sviluppo di un'opinione meglio fondata, perché sarebbe eccessivo. Fatto sta che l'autore di uscite simili non può certo lamentarsi se la sua credibilità quando parla di calcio è ormai pari a zero qualunque cosa dica. Se si vogliono produrre reazioni scomposte, quando arrivano si prendono. FInora, comunque, siamo rimasti nel campo di un blog individuale, autogestito, che impegna l'autore e basta e che può anche essere usato per uscire dal seminato: sono abbastanza sicuro che se l'autore dei post linkati sopra non avesse un ruolo di redazione difficilmente pezzi così sarebbero stati rilanciati sulle pagine dei social network (che è poi l'elemento fondamentale per dare visibilità reale a un post), ma queste sono scelte assolutamente legittime, e in quanto tali indiscutibili da parte mia. Non ci si è però fermati a questo, visto che un modo simile (forse un filo meno diretto nell'insulto e un po' più sottile) di affrontare il tema calcio si è andato consolidando anche negli articoli, che invece impegnano la testata assai di più. Il caso peggiore il giorno dopo la finale di Coppa Italia, con l'ormai nota storia di Mazara del Vallo, presentata da un pezzo in cui l'offesa alla tragedia di Brindisi sarebbe stata perpetrata solo in caso di esultanza bianconera: per fortuna "ci ha pensato il Napoli a decretare la quiete dei tifosi bianconeri e a riportare, almeno in città, il giusto silenzio nella notte del dolore", e a dare la stura a una gioia che notoriamente, viste le circostanze, è stata vissuta con la compostezza tipica della tribuna reale al campo centrale di Wimbledon. E giusto per non scontentare nessuno, direi che anche ospitare tirate del genere contro giocatori che hanno fatto la storia del calcio degli ultimi anni con un'altra maglia a strisce dovrebbe contrastare con un adeguato controllo di qualità. Tra i lettori che commentano, e anche tra i miei contatti che leggono abitualmente Linkiesta (e che si rivolgono a me per saperne di più come se fossi interno alle loro faccende, cosa che non è assolutamente vera, visto che io mi limito a leggere e a tenere un blog che è assolutamente personale) inizia a serpeggiare una spiegazione per tutto questo. Molto semplicemente, dice qualcuno, questi hanno bisogno di aumentare il traffico, lo fanno buttando in caciara un argomento che vi si presta, e infatti vanno sul sicuro, consapevoli che a sputare veleno contro la squadra più amata e odiata d'Italia, e in generale a trattare il calcio con la superficialità del discorso da bar, la rissa di commenti e condivisioni favorevoli e critiche si ottiene sempre. Se fosse vero, sarebbe un fatto gravissimo. In primo luogo perché il giornale verrebbe meno alla missione per cui è stato concepito, quella cioè di offrire contributi di qualità senza perdersi in quelle polemiche sterili e irrilevanti che hanno fatto decadere così profondamente la professionalità del giornalismo italiano. Cioè, va bene il tentativo di adeguarsi alle richieste e alle tendenze dei lettori, in fondo la costruzione di una "comunità" di utenti dovrebbe portare a questo, ma fare così per inseguire qualche click sarebbe ingiustificabile. E non è tutto. Se davvero Linkiesta dovesse abbassarsi a questi mezzucci, allora significa che qualcosa nel piano editoriale è andato storto, e che si deve disperatamente ricorrere il traffico perché evidentemente l'idea della diffusione "qualitativa" non paga quanto dovrebbe. Le implicazioni di questa spiegazione, insomma, sono così gravi che io non ci credo, se non altro perché esistono sistemi decisamente più efficaci e meno rischiosi per la reputazione delle firme per ottenere gli stessi risultati, come mettere una gallery al giorno di qualche starlette a tette di fuori, espediente usato per garantirsi una buona messe di contatti un po' da tutti i siti d'informazione, da Repubblica alla Ġazzetta a Lettera43. E poi, anche per ragioni professionali, ho imparato a non postulare mai malafede e disonestà intellettuale quando non è necessario e tutto si può tenere interpretando le cose in altro modo. Secondo me le cose sono molto più semplici: qualcuno ha iniziato a insultare una squadra, ha visto le reazioni, lo ha rifatto, ha trovato reazioni simili, ed evidentemente in redazione hanno cominciato a divertirsi per la possibilità di produrre a comando reazioni condizionate di stampo quasi pavloviano. Il senso di potere che evidentemente dà questa capacità di imprimere sentimenti e comportamenti nelle folle, oltreché l'idea sbagliata che il calcio possa essere un tema "minore" su cui allentare un po', ogni tanto, la tensione verso la buona fattura dei servizi, ha fatto un po' sfuggire di mano il tutto, come spesso succede in questi casi, e siamo arrivati fin qui. Si tratterebbe, in questo caso, di una dinamica sicuramente più onesta e innocente di quella che altri hanno ipotizzato. Questo non vuol dire che divertirsi così sia cosa buona e giusta. Ora i lettori che sono arrivati fin qui (credo ben pochi: la maggior parte commenta fermadosi al titolo e alla presentazione sulla pagina facebook, dove probabilmente il pezzo sarà pubblicato, altrettanto probabilmente accompagnato da una breve presentazione redazionale velata di una sottile ironia, come di solito succede in questi casi) si chiederanno perché ho scritto questa roba. Semplicemente perché mi è stato ripetuto più volte che il mio scarso/nullo apprezzamento per Gallo quando sbraca parlando di calcio è dovuto al mio gusto personale, in particolare alla mia fede juventina. Rispondendo anche alla mission del mio blog, ho chiarito come e perché non si possa derubricare il tutto semplicemente in questi termini, e che esistono (certamente a fianco di quelle di gusto) anche ragioni di preoccupazione decisamente più oggettive. Maneggiare un tema popolare e sentito al solo scopo di buttarlo in vacca non è mai una buona idea, e alla lunga può creare problemi. -
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Calciopoli La «vera storia» del più grande scandalo del pallone italiano. Finora... L’anticipazione del libro del pm che condusse l’inchiesta napoletana contro Moggi e “il sistema” creato dagli ex vertici della Juventus con l’aiuto di arbitri e dirigenti di GIUSEPPE NARDUCCI (EX PUBBLICO MINISTERO, PROCURA DI NAPOLI) «LA NOSTRA INDAGINE È INIZIATA - COME SVILUPPO DI UNA PRECEDENTE INVESTIGAZIONE CHE RIGUARDAVA L’INTRECCIO TRA CALCIO-SCOMMESSE E PARTITE COMBINATE IN SERIE A E B - NELL’OTTOBRE 2004, QUANDO L’ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE CHE ABBIAMO INDIVIDUATO ERA GIÀ IN UNA FASE FORTEMENTE DINAMICA, CON LEGAMI INTENSI ED ATTIVI TRA GLI ASSOCIATI. Abbiamo iniziato l’indagine senza sapere che, nei due mesi precedenti, la Procura di Torino aveva già svolto intercettazioni telefoniche nei confronti di tre importanti imputati del processo: Luciano Moggi e Antonio Giraudo, allora dirigenti della Juventus, e il designatore arbitrale Pierluigi Pairetto. Il caso volle che iniziammo le nostre intercettazioni a ridosso di quelle torinesi, portandole poi avanti per l’intero campionato, ma allargando il fronte degli intercettati anche all’altro designatore arbitrale Paolo Bergamo, al Presidente dell’Aia Tullio Lanese, al Vice Presidente della Federazione Innocenzo Mazzini e all’arbitro Massimo DeSantis. (. . . ) Dall’identificazione delle schede telefoniche riservate, sono emersi nomi e identità di molti arbitri e assistenti di Serie A e B e abbiamo, pian piano, scoperto le tracce di una vera e propria associazione per delinquere che, in realtà, ritengo di poter affermare avesse iniziato ad operare già prima del campionato 2004/2005, probabilmente in epoca immediatamente successiva alla nomina, avvenuta nel 1999, dei due designatori arbitrali che ancora governavano il calcio italiano in quella stagione, Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto. (. . . ) IL DUELLO MILAN-JUVE Dal punto di vista strettamente calcistico, quello della stagione 2004/05 è un campionato segnato dalla serrata competizione per lo scudetto fra Juventus e Milan, competizione che si snoda attraverso un lungo testa a testa in cima alla classifica. Tuttavia, ad un certo punto, questa competizione accentua i suoi aspetti illegali, tanto che il dirigente addetto agli arbitri del Milan, Leonardo Meani, cerca non solo di acquisire informazioni su ciò che sta accadendo, ma anche di contrastare lo smodato potere di questa associazione mediante la messa in opera di altri mezzi illegali. Quel campionato è dominato, però, anche da una importante vicenda di segno politico: l’elezione del Presidente Federale. Il 14 Febbraio 2005, viene confermato alla presidenza Franco Carraro, nell’ambito di un accordo, non formalizzato, di successiva staffetta che permetterà all’altro dirigente in lizza - Abete - di succedergli due anni dopo. Questa vicenda attraversa la storia dei rapporti fra gli imputati ed è destinata a spiegare molte conversazioni e molti atteggiamenti dei singoli, anche con riflessi sul tema delle frodi sportive. C’è poi un’altra vicenda senza la quale non si può comprendere ciò che accadde in quella stagione: per una serie complessa di ragioni, proprio nel 2004/2005, entra in crisi il sistema che va avanti dal 1999, rendendo incerto il futuro dei due designatori. Bergamo e Pairetto mettono in conto di poter essere avvicendati l’anno successivo e, dalle intercettazioni, emergono sicure ed indubbie attività finalizzate a realizzare tale risultato. (... ) Infine, una quarta vicenda attraversa tutta l’indagine ed è l’estromissione di Maria Grazia Fazi dalla segreteria Can. Questo fatto sarà al centro dell’indagine del Procuratore Aggiunto di Torino Guariniello che, all’inizio del 2005, si reca a a Roma per ascoltare proprio Maria Grazia Fazi e Manfredi Martino. La paura che si diffonde nell’ambiente è che la Fazi possa fornire informazioni tali da disvelare la struttura illecita del mondo del calcio. La Fazi non rivestiva più alcun ruolo formale e dalle parole degli stessi imputati emerge che la sua estromissione fosse stata decretata proprio da Moggi e Giraudo. La donna cercherà, con l’ausilio di Bergamo, nel corso di tutto quel campionato, di riguadagnare il proprio ruolo e questa circostanza diventerà un elemento cruciale nel rapporto collusivo fra Moggi e i due designatori. Oltre ai timori per l’indagine torinese e per le possibili rivelazioni di Maria Grazia Fazi, c’è un’altra vicenda che spiega alcuni dei comportamenti che poi vengono adottati: la Procura della Repubblica di Napoli, già nel 2004, aveva avviato un’indagine sugli arbitri Marco Gabriele e Luca Palanca, nell’ambito della quale emergevano elementi che rimandavano all’esistenza di un gruppo arbitrale capeggiato da Massimo De Santis. Sarà proprio De Santis, con altri, ad attivarsi al fine di acquisire notizie su questa indagine che viene ritenuta pericolosa per le possibili ricadute sull’esistenza stessa dell’organizzazione e di quella struttura di potere. Almeno dall’inizio degli anni Ottanta, la storia del calcio italiano è, in tanti suoi momenti, storia di illegalità e di comportamenti delinquenziali. Basti pensare allo scandalo del 1980, poi ancora a quello del 1986, anni seguiti da altri segnati da varie vicende che dimostrano, tutte, in quali modi sia possibile frodare o alterare un incontro sportivo. (. . . ) La nostra indagine ha cambiato radicalmente questo scenario. Nel nostro caso non si alterano, occasionalmente, una o più gare per sé e per la propria squadra, ma l’alterazione dei risultati è programmata e realizzata con continuità, al punto che si alterano anche le partite degli avversari. Ad esempio, questa organizzazione ha cercato di ostacolare il Milan, nel corso di quel campionato principale antagonista della Juventus. Ma è avvenuto un fatto ancor più singolare: si sono alterate anche partite di squadre terze, che non hanno avuto nulla a che vedere con lotta per lo scudetto, ma che avrebbero potuto influire sullo svolgimento della partita successiva. (. . . ) L’adoperarsi al fine di alterare partite di squadre satelliti o amiche dimostra l’esistenza di una vera e propria organizzazione la cui attività è riuscita a predeterminare risultati anche a favore di squadre non interne all’organizzazione. È, ad esempio, il caso dell’attività svolta per favorire la Lazio del Presidente Lotito, club e dirigente non interni all’organizzazione ma che, in un certo frangente, si è ritenuto conveniente sostenere dal punto di vista dei risultati sportivi. Lo stesso è avvenuto per un’altra società: la Fiorentina dei fratelli Della Valle, avversari di questo sistema per ragioni politiche e, inizialmente, anche oggetto di un’attività finalizzata a danneggiarli sul piano dell’immagine. Nonostante questo, la Fiorentina, nello scorcio finale del campionato,dopo aver esercitato una forte attività di opposizione interna alla Federazione, dovrà “andare a Canossa”di fronte al concreto rischio di retrocedere». ------- «Questo mondo non è capace di fare pulizia al suo interno» Il magistrato oggi assessore a Napoli: «Dall’inchiesta di Cremona emergono dettagli che sembrano un déjà vu» di MASSIMO SOLANI (l'Unità 13-06-2012) «SONO PASSATI SEI ANNI DALLA VICENDA E IN MEZZO CI SONO DUE SENTENZE PENALI. Probabilmente questo è proprio il momento migliore per tornare a parlare di Calciopoli e per rimettere insieme i pezzi di quella vicenda. Ripartendo dai fatti. Una operazione opportuna, a mio avviso, in un Paese che dimentica in fretta e metabolizza tutto». Giuseppe Narducci oggi è assessore alla Sicurezza del Comune di Napoli ma nella vita precedente, con la toga addosso, è stato protagonista dell’inchiesta Calciopoli che ha portato alla condanna a 5 anni e 4 mesi di carcere per «associazione a delinquere» di Luciano Moggi e a quelle a carico degli ex designatori Bergamo (3 anni e 8 mesi) e Pairetto (1 anni e 4 mesi) e dell’arbitro De Santis (1 anno e 11 mesi). Il suo libro esce proprio all’indomani del tricolore juventino, della polemica sui 28-30 scudetti e in pieno scandalo calcioscommesse. «Una coincidenza è sintomatica del fatto che il calcio non riesce a liberarsi dei propri mali e a fare i conti con i suoi difetti strutturali», commenta amaramente. Sim card segrete, omertà, accordi fra società, dalle carte dell’inchiesta cremonese saltano fuori dettagli che somigliano a un déjà vu della vicenda Calciopoli. È come se il calcio non fosse proprio in grado di imparare dai propri errori. Ma è un problema del calcio o dell’Italia? «Il calcio è una parte di questa società, della sua economia e dei suoi costumi - prosegue Narducci - Il problema, ahimé, riguarda impietosamente il Paese, i suoi difetti e i livelli pericolosamente bassi della sua etica individuale e collettiva». Resta la vicenda di una inchiesta che ha spaccato l’Italia, scomodato la politica e fatto tremare il calcio prima della sbornia mondiale di Germania 2006. E la notorietà improvvisa di un magistrato rimasto senza nome dopo anni in prima linea nella lotta alla Camorra. Un preoccupante ribaltamento di valori, si direbbe. «In un certo senso sì, ma è anche il senso di quanto il calcio sia in cima alla lista dei pensieri e delle preoccupazioni degli italiani - commenta Narducci - È un limite culturale e civile del Paese, con il risultato che finisce per essere qualcosa di completamente diverso da quello che normalmente dovrebbe essere uno sport». E forse è proprio per questo se Calciopoli gli ha procurato insulti, polemiche e fango come nessuna inchiesta prima. «In passato mi sono occupato di vicende rilevanti e delicatissime, anche sul terreno dei rapporti fra la politica e la criminalità organizzata, eppure non ho mai assistito a un simile scatenarsi di passioni e istinti primordiali come ai tempi dell’inchiesta Calciopoli - ammette - Dobbiamo prendere atto che né la politica, né l’economia o la cultura riescono a smuovere le passioni degli italiani quanto il calcio. È una storia, forse non sono italiana, fotografata bene dalla famosa frase di Bill Shankly, allenatore del Liverpool: “il calcio non è solo questione di vita o di morte. È qualcosa di più, di molto di più”». -
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Murdoch preme per la Superlega La cena di gala della News Corporation l’occasione per parlarne Con il varo della competizione addio Champions ed Europa League Il magnate fiuta il mega affare e si confronta con le personalità del pallone I nodi da sciogliere però sono molti: difficile ipotizzare una data di partenza. Servirà altro tempo di PIETRO GUADAGNO & ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 13-06-2012) MILANO - I primi passi verso la nascita di una Superlega Europea sono stati mossi ieri sera, in uno dei monumenti del neoclassicismo milanese, Villa Reale. In pieno centro a Milano invitati dalla News Corporation, il principale investitore internazionale in diritti sportivi, si sono ritrovati dirigenti di grido del mondo del pallone, amministratori delegati dei più importanti top investitor di Sky e personaggi di spicco del mondo della finanza. Ufficialmente il calcio è stato un argomento di contorno, non certo all’ordine del giorno, ma in realtà tra i tavoli della cena di gala con menù a base di pesce si è parlato molto della Superlega europea, l’obiettivo sempre meno nascosto dei top club del Vecchio Continente. MURDOCH SPINGE - A tifare per la rivoluzione copernicana del mondo del pallone è soprattutto Rupert Murdoch, il magnate australiano di nazionalità statunitense che fiuta un business milionario dopo un investimento (in diritti tv) che comunque sarebbe corposo in un momento di crisi dell’economia mondiale. L’idea, in passato già sponsorizzata dalle società riunite nell’Eca, pare sia stata rilanciata in questi giorni proprio dal grande boss della tv mondiale, ieri sera presentatosi insieme al figlio James e a José Maria Aznar, ex premier spagnolo e adesso membro del board di News Corp. Trovarsi a cena insieme a presidenti tanto influenti nel panorama calcistico internazionale non ha fatto altro che rafforzare l’idea di Murdoch che ieri sera ha approfondito il discorso con Sandro Rosell, il numero uno del Barcellona arrivato appositamente a Milano in mattinata insieme al dirigente blaugrana che si occupa dei diritti televisivi, con il presidente dell’Inter Massimo Moratti e il figlio Angelomario, il presidente della Juventus Andrea Agnelli, il patron del Napoli Aurelio De Laurentiis, il direttore organizzativo del Milan Umberto Gandini (Galliani era a Parigi per la trattativa di Thiago Silva) e il presidente onorario del Bayern Monaco, Franz Beckenbauer. ORGANIZZAZIONE - Il modello della Superlega è noto: un torneo riservato ai top club dei 5 più importanti campionati europei (Premier League, Liga, Serie A, Bundesliga e Ligue 1), senza retrocessioni e senza nuovi innesti (almeno nella fase iniziale). Una specie di Nba in salsa europea, anche se il nuovo torneo andrebbe "mixato" con i campionati nazionali che certo non potrebbero scomparire anche se obbligatoriamente vedrebbero ridotto il numero delle formazioni partecipanti. E non a caso anche l’attuale (dimissionario) presidente della Lega di Serie A, Maurizio Beretta, ieri sera era presente e ha ascoltato le chiacchiere in libertà dei proprietari dei club con Murdoch. Non sono mancati neppure il numero della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, il responsabile della gestione sportiva del Cavallino, Stefano Domenicali, gli organizzatori del torneo di Wimbledon, Briatore e i volti noti di Sky (Gianluca Vialli, Paolo Rossi, Simona Ventura, Ilaria D’Amico, Antonio Rossi, Yuri Chechi e Fiona May). PREVISIONI - Difficile ipotizzare una data di partenza della Superlega europea perché in questo momento ci sono troppe incognite, troppi nodi da sciogliere, ma il fatto che alcuni tra i più importanti protagonisti del panorama calcistico ne abbiamo discusso a margine della serata organizzata dalla New Corp (stasera bis a Roma con le istituzioni e il mondo della politica) lascia intendere che il progetto è serio e che le grandi del Vecchio Continente, sempre interessate a nuovi introiti, stiano prendendo in seria considerazione l’idea. Il varo della nuova Lega segnerebbe l’addio alla Champions League e all’Europa League. Si andrebbe verso un calcio ancora più globale, con le tv al centro di tutto, con l’obiettivo di riportare la gente allo stadio con grandi sfide ogni settimana. Le piccole inevitabilmente perderebbero terreno e il calcio sarebbe ancora meno romantico e più legato al business. Servirà ancora tempo, ma la strada imboccata è questa. Murdoch spinge e i presidenti non sembrano insensibili. Il futuro è sempre più vicino. ------- NAPOLI PIONIERE «Cambiamo il calcio» Ora la preghiera di De Laurentiis può essere esaudita di ANTONIO GIORDANO (CorSport 13-06-2012) NAPOLI - Ma che calcio fate? Una, due, cinque, dieci volte: fino ad annoiarsi da sé e a sbuffare, sprofondato in quell’universo « obsoleto, usurato, incapace di cambiare». Ciak, si gioca: e in quel macrocosmo che affascina in qualsiasi anfratto della terra, c’è qualcosa d’antico da rimettere al centro del campo, per restituire fascino al gioco più «vecchio» del mondo. « Non so più in che lingua dirlo: qui bisogna cambiare, cambiare, cambiare». Così parlava De Laurentiis, ancor prima d’accomodarsi al tavolo con Murdoch, mentre intorno s’accendevano le luci abbaglianti della Champions: « Questa è una formula da cambiare o persino da contestare, come quella dell’Europa League. Sono competizioni che non s’armonizzano con i campionati nazionali; e poi ci sono sorteggi che sono affidati al caso: io sostengo da anni che serve una ristrutturazione globale del calcio, partendo da un vero e proprio campionato europeo che si affianchi alla nostra serie A, magari ridimensionata nel numero delle partecipanti». Il calcio di Aurelio De Laurentiis, quell’idea di azienda che produce spettacolo e però anche profitto, è in un blog che sforna soluzioni a raffiche, alternative e prospettive da mille e una notte; una giostra della felicità per club da assimilare ad imprese moderne e lungimiranti e da tenere distanti da uno Jurassic park nel quale non c’è futuro: « Mi spiace dover prendere atto che esista una incapacità di vedere il calcio da un’ottica industriale. Qui si parla ancora di retrocessioni, invece. Errare è umano, ma...», Ma, perseverando diabolicamente, il block-notes nel quale c’è racchiuso il De Laurentiis-pensiero pare un decalogo per lanciarsi nell’era moderna e lasciarsi alle spalle quella glaciale dei bilanci complessi, boccheggianti, colmi di perdite e privi di prospettive con ricavi: « Per quanto mi riguarda, ridurrei la serie A e la porterei a 14-16 squadre ed allestirei un campionato Continentale con sessanta squadre. Si dovrebbe sottrarre il calcio alle grandi organizzazioni ed attrezzarsi per un grandissima manifestazione europea: in questo caso, il fatturato sarebbe di alcune decine di miliardi di euro. Bisogna organizzare un incontro tra i proprietari dei club più autorevoli». Detto. E fatto. -
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CorSport 13-06-2012 -
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«Da noi regalare è normale altri coinvolti, anche in A» Micolucci «Se Gegic parla sono dolori. Spendevo ventimila euro al mese, oggi vivo con 500 ma mi sento libero. E vorrei una chance» di FRANCESCO CENITI (GaSport 13-06-2012) «Non mi pento di essermi pentito». Vittorio Micolucci ha barba incolta e occhi umidi. Azzurri come il mare che da queste parti si ritaglia angoli di paradiso: calette inaspettate nascoste dai verdi boschi del Conero. Un rifugio per pochi. Ma nessun rifugio è così isolato per chi ha permesso all'inchiesta sul calcioscommesse di scavare nelle profondità del marcio. Per gli «addetti ai lavori» è stata la colpa più grave. Parlare in un mondo di omertosi. La sua testimonianza ha inchiodato Gervasoni, facendo scoprire agli italiani gli «zingari». Una palla di neve lanciata nel luglio 2011. Quasi un anno dopo è diventata una valanga. Nessuno, neppure l'ex difensore dell'Ascoli, sa quali saranno le dimensioni finali. Le conseguenze di questa scelta estrema, l'unica possibile per ridare credibilità al calcio italiano? Minacce, insulti, una compagna che ad Ascoli non può neppure portare i figli a scuola. Vita da appestato. Perché si è ritrovato nei guai? «Sono stato un ċoglione a infilarmi in questa storia, a mandare all'aria un vita fortunata. Fare il giocatore professionista ti fa perdere la percezione della realtà: spendevo 20 mila euro in un mese, tutto quello che guadagnavo. Anche di più. Vestiti, donne, locali, ristoranti, macchine, viaggi. Soprattutto vestiti». Resta la domanda di prima: era un malato di gioco come Paoloni? «Le scommesse? No, quel vizio non l'avevo, ma è comune a molti miei colleghi. Il vero problema è un altro: "regalare" una gara quando non hai assilli di classifica, è una prassi in Italia. E questo significa valigette di soldi con società pronte ad alzare il prezzo pur di salvarsi o centrare una promozione». Allora ha ragione Gegic quando dice che non doveva faticare a convincere i giocatori... «Sì, credo dica il vero. Gli "zingari" hanno fatto saltare il banco, ma il tavolo era pieno. Altro che 40 sfigatelli... Tra combine e puntate proibite forse bisogna aggiungere uno zero». Perché era seduto a quel tavolo? «Volevo soldi facili, fregare chi mi proponeva illeciti. In campo ho sempre dato il massimo. Non è una giustificazione. Merito la squalifica e gli insulti dei tifosi, ma chiedo una seconda opportunità». Ha mai pensato «forse era meglio restare in silenzio»? «Raccontare il marcio è la scelta giusta, anche se poi ti additano come un infame. Ma è infame nascondersi e non raccontare la verità. Tolto un peso, mi resta la vergogna. Ancora non riesco a guardare dritto negli occhi mamma e papà. Lui fa l'idraulico a Giulianova: quello che spendevo in 4 mesi lo guadagna in 2 anni». Quanti sono i calciatori coinvolti ancora nell'ombra? «Credo molti, anche in A. Se Gegic parla sul serio sono dolori». Lei che idea si è fatto? «È difficile che si scopra tutto. Ci sono di mezzo troppi interessi. Non mi stupirei se rimanessero coinvolti dirigenti importanti. A un presidente conviene investire 400 mila euro per una gara o rischiare di retrocedere perdendo milioni? Se a questo aggiunge una mentalità sbagliata che ti fa considerare "normale" queste cose, avrà la risposta. Per non parlare delle scommesse. Può sembrarle strano, ma ha ragione Platini: chi cede alle tentazioni non deve più giocare. E squalifiche pesanti anche per chi sa e non denuncia». Lei ha fatto tutti i nomi? «Sì. Ho capito l'enormità del problema quando Gervasoni si è presentato con gli zingari di notte ad Ascoli. Mi disse: "da 3 anni lavoro con loro". Avevano mazzette da 500 euro e me le sventolavano sotto il naso. Ilievski diceva "belli". Sembrava un film». Come i soldi lasciati a Bertani in un asciugamano? A proposito: afferma che lei ha inventato tutto. «Pensi che a Novara li avevo portati dentro un calzino. Avevo una paura folle nei controlli all'aeroporto. Bertani nega? Non so che dire. Leggo che chi collabora farebbe nomi a vanvera pur di ottenere sconti. Ma perché dovrei rovinare la vita di una persona? Quando ho accusato Gervasoni, stavo male, sapendo di dire la verità. Se potessi a Bertani e agli altri nella sua condizione direi di parlare. Solo così elimini quel tarlo che ti divora l'esistenza». Come sta vivendo il presente e quale sarà il futuro? «Oggi mi posso guardare allo specchio. Oggi che vivo con 500 euro al mese passati dai miei genitori. Oggi che mi chiamano "Μerdolucci". Oggi che ho di nuovo voglia di ricominciare. A febbraio mi scade la squalifica: spero in un'opportunità. Minimo di stipendio, anche in Lega Pro. Ho sbagliato e sto pagando. Ma forse sono un personaggio scomodo: meglio prendere chi sta zitto. Il pentito deve morire, come scrivono sui forum. Ho passato l'ultimo anno chiuso in casa. Ora basta: voglio correre e lottare in campo. Altrimenti andrò a fare del volontariato e per mantenermi un lavoro qualsiasi. Che so, il cameriere...». ------- A CREMONA OGGI IL GIP SALVINI DOVREBBE DARE L’OK PER I DOMICILIARI Bertani fuori ma resiste: «Io innocente» Spunta una lite a Legnano con Gervasoni di ROBERTO PELUCCHI (GaSport 13-06-2012) Duro, irremovibile, come da un anno a questa parte lo era stato soltanto Antonio Bellavista. Cristian Bertani, attaccante della Sampdoria ed ex del Novara, probabilmente lascerà oggi il carcere di Cremona, ma senza ammettere nulla e senza avere intenzione di farlo. Se il gip Guido Salvini darà l'ok, potrà tornare a casa almeno ai domiciliari per stare accanto alla moglie che aspetta il terzo figlio (ieri l'ha rivista per qualche minuto in carcere), ma la sua linea difensiva non è cambiata. «A Legnano abito a 500 metri da Gervasoni, ma io e la mia famiglia possiamo andare in giro a testa alta. Non mi interessa confermare o smentire quello che dicono i pentiti», ha precisato con tono fermo al gip durante l'interrogatorio di ieri. Un colloquio breve, voluto dallo stesso Bertani dopo che la prima volta si era avvalso della facoltà di non rispondere. Lite al Palio All'attaccante è stata mostrata anche la Ġazzetta con l'intervista a Gegic, che dalla latitanza ha confermato di conoscerlo e di avere tenuto contatti con lui per taroccare le partite. «Non mi interessa quello che dice, di lui parlerò quando sarà il momento», ha detto. «Non è emerso nulla di nuovo, Cristian continua a proclamarsi innocente», ha confermato il suo avvocato Mattia Grassani. Bertani, che inizialmente era in cella con alcuni extracomunitari, da qualche giorno è stato spostato in infermeria a causa del sovraffollamento, ma non è stato più tranquillo: l'altra sera un detenuto ha dato fuoco a un lenzuolo ed è stato necessario intervenire con un estintore. Bertani ha sempre accusato l'ex amico Gervasoni di avere fatto il suo nome senza motivi e gliel'ha anche detto personalmente, a muso duro. Il giorno prima dell'arresto, domenica 27 maggio, Gervasoni e Bertani hanno assistito entrambi al Palio di Legnano. Il difensore seduto nella tribuna delle autorità, sorridente e con tanto di sigaro in bocca, raccontano. L'attaccante dalla parte opposta, scuro in volto e con tanta rabbia in corpo. Nei paraggi c'erano anche gli agenti che lo tenevano d'occhio in vista dell'arresto, scattato qualche ora più tardi. A Palio concluso, durante la festa per la vittoria della contrada di Sant'Ambrogio, quella in cui è andato ad abitare dopo le nozze, Bertani si è avvicinato alla recinzione della tribuna e ha ricoperto di insulti Gervasoni, sotto gli occhi di decine di persone. Riciclaggio Il gip Salvini, intanto, ha rimesso in libertà Luca Burini, uno degli amici di Sartor indagati per riciclaggio. L'uomo — che faceva il promoter in Cina per un'azienda emiliana ed è stato licenziato — nell'interrogatorio di ieri avrebbe dimostrato di avere avuto un ruolo marginale rispetto a quanto detto dall'ex calciatore. ------- IL PROCESSO SPORTIVO Guberti nega «Bari-Samp fu gara vera» Oggi c'è Pepe di VALERIO PICCIONI (GaSport 13-06-2012) Il primo è stato Stefano Morrone, alla buon'ora. Il più «spremuto», invece, Alessandro Parisi: due ore e mezza di interrogatorio. Il più loquace pubblicamente è risultato Stefano Guberti: camicia a quadri su maglia bianca, scatto perfetto davanti a taccuini e telecamere, ha delegato all'avvocato Katia de Nicola i punti chiave del suo colloquio con i collaboratori del procuratore Palazzi: «Bari-Sampdoria (aprile 2011 finita 0-1) fu gara verissima, e chi lo tira in ballo in altre questioni, delle quali ha saputo solo ieri, sarà querelato per diffamazione». Difesa La De Nicola insiste: pronte querele e richiesta di danni per chi tirerà in ballo Guberti. «Il mio assistito non era al corrente di quanto gli hanno letto gli inquirenti, cioè fatti riferiti da altri. Ha, quindi, smentito tutto. S'è parlato solo di una gara, Bari-Sampdoria: Guberti ha dichiarato di aver giocato, lui e i suoi compagni, nella maniera più vera possibile. Ci sono state altre dichiarazioni, che Guberti ha acquisito solo oggi, e sulle quali sicuramente agiremo in altre sedi per tutelare la sua onorabilità». Masiello In ballo, negli interrogatori di ieri, c'era anche la telefonata di Salvatore Masiello per «indirizzare» Udinese-Bari: sarebbero stati contattati anche Bonucci e Pepe («Allora, te la vuoi comprare una Ferrari?»). Ma ieri, Masiello ha negato la chiamata. Oggi sarà ascoltato anche Pepe (all'epoca all'Udinese). L'assist di Masiello può tornargli certamente utile. Sono stati ascoltati anche Riccardo Meggiorini, Massimo Donati, Daniele Paponi e il centrocampista del Parma Stefano Morrone. Sempre oggi sarà sentito anche Cristian Stellini, collaboratore di Antonio Conte, mentre la sentenza per il primo gruppo di deferiti potrebbe arrivare domani. ------- PARLA GRASSANI «Milanetto pronto a fare causa allo Stato» di ROBERTO PELCCHI (GaSport 13-06-2012) CREMONA Mattia Grassani è anche l'avvocato di Omar Milanetto, centrocampista del Padova, ex Genoa, accusato di aver contribuito a combinare Lazio-Genoa 4-2. Annunciando il ricorso al Tribunale del Riesame per la revoca degli arresti domiciliari, il legale ha detto che «Milanetto fin dall'inizio si è sentito vittima di una serie di contestazioni prive di riscontro, che lo hanno portato, con un ruolo pressoché inesistente, persino in carcere. Quando la sua estraneità sarà dimostrata in ogni sede — aggiunge l'avvocato —, Omar chiederà allo Stato il risarcimento per tutto quello che ha dovuto patire. E questa sarà una mossa che farà giurisprudenza». ___ Calcioscommesse L’assist granata “scagiona” Pepe e Bonucci di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 13-06-2012) La partita che strattona al centro dello scandalo scommesse i bianconeri Bonucci e Pepe, da ieri, appare più sgonfiata. «Ma quale telefonata a Pepe, io sono completamente estraneo ad ogni addebito.. . », così Salvatore Masiello, difensore del Toro, ma ai tempi giocatore del Bari, nel suo interrogatorio in procura Figc. «Non capisco perché sia uscito il mio nome, su quella gara non ho proprio niente da dire...», così Alessandro Parisi, difensore del Toro, anche lui ex barese. La partita in questione è il duello Udinese-Bari del 9 maggio del 2010, verdetto 3 a 3. Sfida che, secondo Andrea Masiello, ex barese e accusato di associazione a delinquere, avrebbe avuto un esito scritto in partenza: Masiello ha raccontato ai pm di Bari di aver avvicinato quattro suoi compagni di squadra - Salvatore Masiello, Parisi, Bonucci e Belmonte - nella settimana prima della gara con i friulani e di averli avvertiti della possibilità di combinare la partita con tanti gol. Un racconto passato per una telefonata, quella dell’omonimo Salvatore, a Pepe (allora giocatore all’Udinese) nella stanza d’albergo del ritiro. «...capii che la risposta era stata negativa, ma per quanto non avessimo raggiunto l’accordo- queste le parole di Andrea Masiello fatte mettere a verbale - io, Bonucci, Belmonte e Parisi giocammo per raggiungere il risultato a cui mirava De Tullio (scommettitore finito nell’inchiesta, ndr), agevolando la segnatura di tre reti...». Bonucci, quella ricostruzione, l’ha smentita con fermezza quando si è trovato davanti i pm di Bari («Ero in Nazionale quella settimana e non sono stato in stanza con gli altri in ritiro»). Ieri, la versione di Andrea Masiello è stata smontata da Salvatore Masiello e Parisi. Oggi, toccherà a Pepe rispondere alle domande del pool di Palazzi in Figc, domani sarà il turno di Belmonte, più avanti quello di Bonucci. L’assist granata di ieri ai due juventini avrà un suo peso. ------- LA STAMPA 13-06-2012 -
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Fairplay finanziario Il Psg se ne frega Ha chiuso l’ultimo bilancio con un fatturato inferiore a 90 milioni, ne ha spesi altrettanti per Lavezzi e Thiago Silva e ora punta a Dzeko: come se le regole non dovessero valere per tutti di ALBERTO PASTORELLA (TUTTOSPORT 13-06-2012) MILANO. Qualcuno, prima o poi, dovrà cominciare a spiegarci per chi vale il fairplay finanziario e per chi no. E così, approfittando dell’occasione, potremo provare a capire come faccia il Paris Saint Germain (certo gli sceicchi, il Qatar i soldi degli arabi e tutto il resto: ma qui stiamo parlando delle regole dell’Uefa, che sono un’altra cosa), che ha chiuso l’ultimo bilancio con un fatturato inferiore ai 90 milioni di euro, possa, con due soli acquisti ( Lavezzi e Thiago Silva , nessuno dei due è ufficiale ma ufficialissime sono le cifre delle operazioni) spendere una cifra che pareggia il fatturato, in pratica. E non finisce qui, come si diceva in una fortunata trasmissione televisiva: perché il prossimo arrivo sarà Dzeko e poi si passerà all’assalto di Dani Alves o di Maicon . Già che ci siamo, la stessa persona potrebbe poi spiegarci come si compenserà, con il fair play finanziario, la spesa prevista per l’ingaggio: con la nuova tassazione che il neo presidente francese, Francois Hollande sta per imporre agli stipendi superiori al milione di euro, i dieci milioni promessi a Thiago Silva diventeranno, al lordo, venticinque. Per cinque anni fanno altri 125 milioni di euro. Più quelli di Lavezzi. Qui non c’è solo da aver invidia per chi ha i soldi, e compassione per chi non ce li ha. C’è, soprattutto da chiedere regole uguali per tutti. ___ Folle Psg, il fair play diventa una farsa Da Abramovich agli sceicchi, nessuno pensa alle regole di Platini di FULVIO BIANCHI (la Repubblica 13-06-2012) «Nessun favoritismo: non guarderemo in faccia a nessuno». La “partita” più dura di Michel Platini stavolta è contro gli sceicchi (e Abramovich). Contro chi dello spauracchio dell’Uefa, il Fair Play Finanziario, se ne infischia altamente e continua a spendere, a comprare calciatori, a far sì che il “rosso” del calcio europeo abbia toccato ormai quote record: 1, 6 miliardi di euro e un costo del lavoro alle stelle (5,6 miliardi di euro per gli stipendi) , secondo le ultime stime dell’Uefa. Che farà Platini fra due anni? Sì, perché il conto alla rovescia è già iniziato: il primo controllo è previsto a fine 2013 e riguarderà i bilanci 2012 e 2013. Sarà consentito un deficit massimo di 45 milioni di euro e chi sgarra, dalla stagione 2014-’15, rischia le prime sanzioni, che possono portare addirittura all’esclusione dalle Coppe europee. «Nessun favoritismo», garantisce Platini. «Io voglio aiutare i club, non certo affossarli». Ma sarà dura anche per lui, stavolta, imporre la sua legge. Nella stagione appena conclusa, fra i club che hanno preso parte a Champions ed Europa League, ben 13 erano fuori dai parametri Uefa: Manchester City e United, Inter, Chelsea (campione d’Europa...), Milan, Barcellona, Valencia, Liverpool e Paris Saint Germain. E non sembra proprio, visti almeno gli ultimi colpi di mercato, che molte di queste società, a cominciare proprio dal Psg, abbiano voglia di iniziare un percorso virtuoso. Il Milan e l’Inter invece sono sulla strada buona, anche se i 45 milioni di deficit restano ancora lontani da raggiungere. Ma anche la nuova Juventus ha speso molto, ultimamente: dalla sua però ha lo stadio di proprietà, un vantaggio non da poco, di cui l’Uefa tiene conto. Le sanzioni del Fair play finanziario prevedono quattro gradi di severità: 1) gli avvisi (figuriamoci Abramovich. . . ); 2) le multe; 3) la penalizzazione di punti, la trattenuta (temporanea o definitiva) di una percentuale dei premi Uefa, il divieto di iscrizione di giocatori nelle liste Uefa, la riduzione delle liste Uefa (meno dei 25 calciatori previsti); 4) la squalifica dalla competizione in corso, l’esclusione da future competizioni. Ma che Champions sarebbe senza Barcellona o Chelsea? Le società per ora tacciono, e chi le rappresenta (la European Club Association) ha dovuto accettare le regole Uefa. Ma il timore che qualche sceicco, se solo gli bloccano il mercato milionario, possa andare da un giudice è altissimo. Lo sanno bene all’Uefa, dove per ora si sono “coperti” con generiche assicurazioni della Comunità Europea. Platini non molla, questo è sicuro. E assicura di non essere imbarazzato nemmeno dal Paris Saint Germain: consigliato dal suo amico Nicholas Sarkozy, Roi Michel non si è certo messo di traverso all’acquisto del club parigino da parte degli arabi del Qatar. Il Psg, per un breve periodo, era stato in vendita anche in Italia, subito dopo la Roma: costo, solo 45 milioni. Poi è finito allo sceicco Nasser Al- Khe-laifi, n.1 anche di Al Jaazera. E nello staff della Qatar Sport Investment lavora, come consulente di diritto sportivo, anche l’avvocato Laurent, che ha 33 anni, di cognome fa Platini ed è figlio di Michel (la figlia fa l’attrice): porterà il padre in tribunale? -
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Mistero Calciopoli Auricchio aveva un pc di Tavaroli di GUIDO VACIAGO (TUTTOSPORT 13-06-2012) COSA ci faceva, il 15 maggio del 2005, uno dei computer di Giuliano Tavaroli nella sede della seconda sezione del nucleo operativo dei Carabinieri di Roma in via Inselci, quella del maggiore Auricchio e nota per essere quella che ha svolto le indagini (e le intercettazioni in particolare) di Calciopoli? Oggi forse lo sapremo, perché Paolo Gallinelli, l’avvocato di Massimo De Santis interverrà nell’udienza del processo Telecom, dedicata al controinterrogatorio di Tavaroli. la scorsa settimana, quando le domande venivano poste dall’accusa, Tavaroli aveva confermato che l’Inter, nella figura di Massimo Moratti, gli aveva commissionato il dossier “Operazione Ladroni”, un’indagine illegale sui dirigenti della Juventus, l’arbitro De Santis e alcuni dirigenti della Figc. Ora, dalle carte del processo emerge un elemento che potrebbe risultare una clamorosa svolta per la storia di Calciopoli. C’è infatti un decreto di ispezione, firmato dal pm Napoleone, in cui un computer di Tavaroli, sequestrato dal nucleo operativo di Milano nel quadro delle indagini che hanno portato al Processo Telecom, viene spedito a Roma per essere ispezionato. E’ il 15 maggio del 2005, siamo alle battute finali dell’indagine di Calciopoli ed è curioso che quel computer debba viaggiare fino a Roma per un’ispezione. Oggi, probabilmente, se ne saprà qualcosa di più. -
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Sosteniamo Carobbio, condanniamo Conte! di P.CICCONOFRI (GIÚleMANIdallaJUVE 12-06-2012) Il motto: Conte da punire, Carobbio da credere… “Ecco non dica quella parola, non la dica che ‘l’ha inguaiato’: passa per il grande accusatore di Conte e per la rovina del calcio, ma lui ha solo descritto un sistema. In un interrogatorio di tre mesi fa, si è vuotato la coscienza, ha parlato per ore ed ha detto, per fare un esempio, che anche Conte sapeva di una partita aggiustata. Non credeva di finire in prima pagina, non pensava che sarebbero andati a perquisire la casa di Conte. Lui è un ingenuo, un ‘facilone’, caduto in un gioco più grande lui”. Elena Carobbio. Dall’intervista concessa dalla Signora Carobbio al settimanale “Oggi”, esce l’immagine di una famiglia felice. Lei in posa per lo scatto mentre calcia un pallone e difende spassionatamente il marito, reo confesso nello scandalo del calcio scommesse. Commovente. Mancava solo l’immagine famigliare da usare per rafforzare la credibilità di Carobbio, “l’ingenuo”, il “facilone” finito al centro del calcio scommesse. Appunto, mancava ed è stata aggiunta. Ma era necessario? Se Carobbio è un “facilone”, che “non credeva di finire sulla prima pagina” parlando di Antonio Conte, la Signora Carobbio con questa intervista forse cercava proprio quello, ed è stata accontenta. Al contrario di quanto sostiene a proposito del coniuge, Elena certamente “ingenua” non è: la prima cosa che ha fatto è stata quella di confermare la veridicità delle parole del marito su Conte. Solo il nome di Conte è quello ripreso nell’intervista, ben specificato e ripetuto più volte. Non può trattarsi di una casualità. Ma perché questa scelta? Forse perché sapeva che solo tirando dentro Conte le sue parole sarebbero state riprese un po’ da tutti i media? Se questo era l’effetto desiderato, vista la grancassa mediatica ottenuta, pare evidente che avesse ragione. Forse perché quell’intervista aveva il solo scopo di continuare a battere sullo stesso tormentone che coinvolge il neo tecnico campione d’Italia, che andrebbe punito, al contrario del suo grande accusatore che merita la clemenza riservata ai pentiti? O più semplicemente per alimentare il proprio egocentrismo con qualche foto su un settimanale largamente diffuso? Qualunque sia la ragione, a far sorgere più di un dubbio sulla bontà del reale scopo dell’intervista è “l’argomento Conte”, affrontato anche nel precedente numero di “Oggi”, che ospitava al suo interno la risposta di Mario Sconcerti alla domanda: “Dopo calciopoli la Juve resterà senza allenatore?”. Il taglio è quello usato dagli accusatori della prima ora, con al centro la figura di Carobbio, definito “il pentito più ascoltato del nuovo scandalo”, ritenuto dai giudici “un teste molto attendibile”. Scrive Sconcerti testualmente a conclusione della sua risposta: “Si dimostrasse il coinvolgimento diretto del Siena e la consapevolezza di Conte si potrebbe arrivare a un passo dalla radiazione. In caso di omessa denuncia (cioè sapeva ma non ha detto niente) si andrebbe da sei mesi a un anno di squalifica”. Il copione prevede di non prendere in esame l’ipotesi del “se venisse assolto…”. Come al solito, il messaggio non deve prevedere una via di scampo per lo sciagurato juventino. Prima Sconcerti, poi Elena Carobbio, vogliono rafforzare la credibilità del testimone chiave. Per due settimane, i lettori di “Oggi” hanno ricevuto un chiaro messaggio: “Conte è colpevole, Carobbio è credibile”. Il gioco è sempre lo stesso, ne sono testimonianza anche questi siparietti; l’unico fine è quello di sfruttare ogni mezzo per arrivare a più persone, condizionandole per indurle a credere nella colpevolezza di Antonio Conte, di conseguenza macchiandone l’immagine integra di vincitore e simbolo della Juventus. Per la Ġazzetta dello Sport, il martellamento è invece continuo. Giorno dopo giorno, non dimentica di rinfocolare il perpetuo moto antijuventino. Nell’edizione dell’11 giugno scrive: “In ogni caso, l’attendibilità di Gervasoni e Carobbio non dovrebbe essere ‘pesata’ dalla Disciplinare: Se verrà considerata valida, tutti i tesserati che sono stati citati dai due ‘pentiti’, soprattutto per i fatti di loro diretta conoscenza, rischiano la condanna”. La Stampa, nell’edizione del 11 giugno prima indica chi punire: “Il sospetto è pesante: che un certo mondo del calcio possa perdonare i venduti, ma non chi ha tradito la regola del silenzio”; per poi insistere sulla credibilità di Carobbio: ”Filippo Carobbio, in un’intervista a Repubblica, aveva dichiarato: «Se tutti dicessero la verità, sarebbe una rivoluzione». Ma l’invito sembra caduto nel vuoto. E la scorsa settimana, la moglie Elena Ghirardi ha usato parole che fanno riflettere: «Mio marito non è un infame. Ha fatto la scelta giusta. Io sono orgogliosa di lui»“. Messaggio chiaro? -
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Can fans be journalists and can journalists be fans? by PAUL GARDNER (WorldSoccer | June 2012) I have always believed - and as far as my 52-year sportswriting career goes, I do mean always - that it is a basic requirement of a sports journalist that the writer must not be a fan of a particular club. Or of a particular country, for that matter. But it is something that I've been wondering about for quite a while now, trying to make up my mind whether or not I'm a prisoner to a way of thinking that has simply had its day. Lately, I find what seems to me an increasing number of top writers whom I know and respect who openly sing of their love for a club. One (an American) has written of how he felt he needed a club to support if he was going to be a soccer writer and how he set about choosing one. Another (also American) writes his stories openly - and often brilliantly - from the point of view of his beloved club. I have always been aware of a difficulty with my argument. Namely, that most football writers - probably all of us - got involved in the sport first as a fan. And those boyhood loves die hard. Likely, they can never be erased, but I've maintained that it is the task of a professional to move on, to take a more detached view of the sport. To appreciate the essence of fandom - and why not, when it has been experienced? - but to resist the bias that inevitably accompanies it. The warning "no cheering in the press box" dates back as far as I can remember, indicating that misplaced fandom has been a problem for a long time. For sure, Nick Hornby's novel Fever Pitch did a superb job of capturing the sweetness and sorrow of being a fan, the way that the experience can come to rule a life. But it did more. It brutally exposed the unacceptable tace of fandom: its hollowness, its lack of logic, the ultimate silliness of intelligent people coming to believe that just because a group of men wear shirts of a particular colour somehow means that they always have right on their side. None of that is to be belittled, because trifting and witless experiences are a vital part of ordinary life, and they are frequently its most enjoyable part. But a football writer must take his chosen subject seriously. I don't mean sombrely; I mean that he must be able to resist the temptation to form judgments based on shirt colours. When he watches and analyses a game he must see 22 players, not just 11, and must apply the same judgments to each one. I do not see any other way of becoming an expert - and sports journalists are supposed to be experts, no? Well, maybe. Again, the seeds of doubt threaten. The very concept of objectivity is under fire as being an impossible conceit. The internet is now bristling with blogs from fans. One soccer website features dozens of stories openly headlined as having been written by fans. If sports journalism is merely to reflect what fans feel, then I see little future for it - not least because journalists expect to be paid for their work, fans do not. Yet it remains my belief that sports journalists should not be fans. Fans of the sport itself, or of a certain way of playing it, yes - that is fandom based on reason, fandom without the suffocating emotional involvement of club fandom. I am also aware that the image of a sports journalist that I am outlining may not sound greatly appealing - he sounds too calm, too objective, too clever, something of a snob looking down on, and patiently putting up with, the childish amusements of the masses. A prig, in other words. But it should not be difficult for football writers to avoid that tag as they work close to the enthusiasm at the grass-roots level. The necessity, I believe, is to avoid being influenced by its skewed judgment values. But l'm no longer sure that is a generally held opinion. -
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Qatar Hero Michel Platini is often seen as the ex-pro coming to save Fifa. But why did he vote for Qatar? By PHILIPPE AUCLAIR (THE Blizzard ISSUE FIVE | June 2012) -
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TEMPO SCADUTO di ALIGI PONTANI (Repubblica.it 12-06-2012) Immobilismo Petrucci e la concretezza di Abete... L'uomo giusto è lui, Giancarlo Abete. Per fare che? Quello che fa da cinque anni: il presidente del calcio italiano. Lo giura Gianni Petrucci, presidente di tutti gli sport, cioè del Coni: "Al nostro calcio serve una persona pacata e concreta - tuona ispirato - inutile cercare i fenomeni". Ecco fatto: teniamoci quello che c'è, che altrimenti chissà che succede. E, soprattutto, quello che c'è è roba nostra. Una magnifica teoria, applicabile e applicata da sessant'anni circa più a meno a tutti i posti di comando del paese, e non si vede perché lo sport dovrebbe fare eccezione. La teoria si basa infatti su un principio cardine e inderogabile: i risultati non contano niente, il merito tanto meno, gli scandali prima o poi passano e resta la poltrona, che è tutto e tutto si fa per lei. Non per essere cattivi, però, sulla concretezza di Abete, per dire, ci sarebbe parecchio da ricordare all'amicone (di Abete) Petrucci: molto concreto è stato ad esempio trascinare per anni le scorie di calciopoli senza decidere nulla, fino a codificare il diritto di non decidere che ha provocato una causa da 450 milioni dalla Juventus; moltissimo concreto deve sembrare ai più l'aver perso completamente il controllo della Lega di serie A, diventata una scheggia impazzita governata in realtà da Sky, con la felice collaborazione di un altro poltronissimo, il dimissionario immaginario Beretta; mostruosamente concreti sono i risultati internazionali ottenuti dalla Figc quando si trattò di portare in Italia gli Europei: due tentativi, uno perso contro Polonia e Ucraina, l'altro finito dietro perfino la Turchia; e concrete, perbacco, sono state le riforme della giustizia sportiva e degli organi di controllo: strutture che hanno dimostrato la propria efficienza negli ultimi anni, fino allo showdown entusiasmante del caso scommesse. Certo, adesso tutti speriamo, addirittura ci spremiamo perché si rinnovi il miracolo di Berlino, perché gli azzurri cancellino scandali e scoramenti (ma sì: anche quel concreto disastro del Sudafrica) alzando una coppa piena di medicine: l'entusiasmo, la festa, la passione popolare ritrovata, magari un'amnistiuccia. Ma più di tutti, immaginiamo, fa il tifo proprio Abete. Pacato, sì, ma pronto a scalmanarsi se quella Coppa cancellasse anche l'ultimo ostacolo verso la riconferma. Quello del rischio che qualcuno, magari meno amico dell'amicone Petrucci, gli dica: scusi dottor Giancarlo, qui è l'Italia. Ci può spiegare una sola buona ragione per cui dovremmo affidarci ancora a lei? -
12 06 2012 L’elastico di Prandelli collettivo e psicologia Mi piacerebbe sapere, e quindi capire, se tutto nasce spontaneamente oppure è prefigurato: cioè se il nostro rispettato Presidente della Repubblica, autonomamente o consigliandosi, allo stadio di Danzica domenica aveva preordinato il comportamento da tenere in base al risultato finale. Del tipo “se perde con onore scendo lo stesso negli spogliatoi e stringo le mani a tutti”, “se pareggia mi abbraccio Buffon” e “se vince mi faccio prendere in braccio da Cassano come fece Benigni col compianto Berlinguer”, o similia. Non è una provocazione come banalmente può sembrare ma un interrogativo squisitamente politico. Del resto il Ministro competente ha subito parlato di “segnali positivi” dopo la partita, da estendere al Paese, e un sociologo di valore nonché radiologo dello Stivale come Diamanti ha legato anche lui dal suo punto di vista le fortune dell’Italia a quelle della Nazionale in termini di “simboli comuni”. ALMENO credo si trattasse di Ilvo, e non dell’omonimo Alessandro, fantasista di Prandelli in panchina. Dunque va analizzata la treccia tra fortune calcistiche e status della nazione. Prendiamola sulle prime sul serio, questa treccia. Procedendo per interrogativi. Se l’Italia perde le prossime due partite il Paese si va a far ƒottere? Se vince gli Europei lo “spread” scende ai minimi storici, è festa grande anche per i terremotati e per chi non ha lavoro e fatica anche a vedere gli azzurri in tv, e meravigliosamente e istantaneamente “tutto è perdonato”, riferito a una sorta di amnistia nelle cose per gli imbrogli di Scommettopoli? Che verrebbe rovesciata in Prodigiopoli in una sorta di incantesimo che cancella il negativo e smalta il positivo come ci è già successo tante volte? E questa “treccia”, cioè questo atteggiamento nei confronti di calcio e costume avvoltolati insieme con lo spago della mediaticità e sbattuti sul tavolo della politica, ci ha portato a star meglio in passato, a risolvere problemi, a far crescere il calcio e il costume? Oppure all’opposto ci ha condannato a questa sorta di quarto mondo in cui siamo confinati, “anche se” l’Italia vince gli Europei? Sgombriamo il terreno da qualunque equivoco. La squadra di Prandelli ha meritato certamente il pari, si è ritrovata in termini di personalità, di prudenza tattica, di dinamismo in Campionati che brillano per “stanzialità” e in cui non corre nessuno o quasi. Quindi i campioni del Mondo spagnoli, il cui calcio bancarottiero riceve indirettamente perfino aiuti dalla Banca centrale (spero non tutti i 100 miliardi…), sprecando molto si sono infilati nell’imbuto di un pari anche se nel finale potevano senz’altro vincere. Ma grande merito ai Nostri se non è stata una Spagna fiammeggiante. Il pareggio lo vorrebbe nei conti, ed è lontano, quello di Danzica è stato un passo falso che effettivamente infonde fiducia a tutto l’ambiente azzurro, forte di un De Rossi (che sta facendo il percorso inverso a quello con cui Desailly nel Milan degli anni ’90 fece gongolare Capello davanti alla difesa) stratosferico e aiutato dall’assenza di vere punte spagnole. Con il pur suonatello Torres nel finale si è infatti divertito molto meno. E poi una squadra ad elastico, Cassano quasi all’altezza, Di Natale senza il quasi, Marchisio all’inglese ecc. E naturalmente il Buffon monumentale di sempre, di cui sopra con Napolitano… È POSSIBILE che Prandelli abbia strutturato nell’indigenza psicologica il meglio a disposizione, un collettivo adatto a superare squadre più deboli sulla carta, come appunto Croazia e Eire. Sono caratteristiche che questo Mister di Orzinuovi ha sempre tirato fuori allenando club e che ha travasato in Nazionale. Poi con squadre più forti si vedrà. Ma insomma “entrare” negli Europei bene dopo il pandemonio era importante e possibile (cfr. questa rubrica una settimana fa, tanto per precisare sulla “grande sorpresa” di ieri l’altro per tutti. No, non per tutti). Ma che c’entra tutto questo con un calcio italiano ridotto a colabrodo? Che c’entra con l’entusiasmo presidenziale che è tracimato in ogni dove, curiosamente presago della difficoltà di fare lo stesso nella fase da disputare (augurabilmente e presumibilmente) in Ucraina dove ci aspetta la Tymoshenko in carcere e certamente un luna park diplomatico? Che c’entra questa treccia forzata tra il calcio e il resto, a rischio se dovesse andar male in campo, e a rischio se dovesse andar male fuori campo al Paese dello spread e a quello dei Tribunali con o senza Buffon? Che c’entra, Presidente mio Presidente? A meno che già si pensi che con il calcio come sempre si nasconda e si ottunda tutto ciò che non va, che preventivamente ci sia una “grazia”presidenziale magari non soltanto metaforica nei confronti di chi sbaglia fuori campo e poi “semplicemente” gioca bene come è giusto che faccia o tenti di fare. Le ricordo, Presidente, l’episodio dei Mondiali di calcio del 1982 dove accadde il meglio che potesse accadere al suo amatissimo predecessore, Sandro Pertini, cioè vincere il primo Mondiale post-mussoliniano. Sull’aereo presidenziale, a completare il leggendario quartetto di giocatori a scopone scientifico, viaggiavano con Pertini Zoff, Causio e Bearzot, forse “tecnicamente” non tanto peggio di Buffon, Giaccherini e Prandelli… MA INSIEME a loro viaggiavano anche i dollari in nero dei premi da far sparire al fisco con un gioco di prestigio. Facciamo memoria, lotofagi… Voglio dire che resta importante, civile e politicamente serio tenere separati i due versanti della nostra vita, godendo certamente delle vittorie ma non strumentalizzandole eccessivamente. È vero, la treccia di cui parlo qui ha funzionato e temo funzionerebbe perfettamente ancora oggi per mantenere questo Paese ai livelli di immaturità che conosciamo, con la scusa del fanciullino pascoliano in calzoncini. Ma è questo che si vuole? Davvero? Non basta il paesaggio deformato che ci circonda, vogliamo insistere con i medesimi stilemi? Sarebbe perseverare, dunque diabolico…
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MARCHIONNE «Cara Juve, corri come Alonso per vincere la Champions» L'a.d. Fiat a ruota libera: «L'affare scommesse mi urta moltissimo» E sulla crisi: «Monti è ok» di PINO ALLIEVI (GaSport 12-06-2012) Un breve commento e dopo il gran premio è scomparso, con l'amaro in bocca per la Ferrari che era prima sino a 7 giri dal termine. Adesso potrebbe essere a Detroit, oppure in volo per Torino diretto in Cina, dopo una sosta per un convegno a New York. Sergio Marchionne, a.d. del gruppo Fiat-Chrysler, vive sospeso per la maggior parte del suo tempo. Salvo regalarsi qualche puntata ai gran premi, come quella oramai abituale nel Canada, la sua patria adottiva. Che adora. «Ero un bambino e tutti impazzivamo per Gilles Villeneuve. La Ferrari dava l'idea di un'astronave che si ammirava a distanza. Erano momenti in cui il Canada aveva grandi sprazzi di genialità. Dal primo ministro Pierre Trudeau sino a Villeneuve: entrambi hanno messo il Paese sulla mappa internazionale». Ora la Ferrari è Fernando Alonso... «Mi piace tantissimo. È un direttore d'orchestra, oltre che un pilota eccezionale, con qualità sia in pista che fuori che fanno la differenza. Mi piace anche Massa, ma ha avuto tanta sfortuna...». Alonso bene o male è in posizione di poter vincere il Mondiale, che cosa manca alla Juventus per ambire a conquistare la Champions League? «Probabilmente niente. Il lavoro fatto è stato fenomenale, la squadra ha disputato una stagione fuori dal comune. Bisogna continuare a lavorare così. Che giocatori acquisterei? Io sono nato juventino ma non mi permetterei mai di suggerire un nome. Andrea Agnelli ha più competenza di me. A noi spetta appoggiare la Juve da vicino. Come sponsor col marchio Jeep l'abbiamo sposata come una squadra di cuore e di portafoglio. Ci aspettiamo molto. Dare consigli sarebbe una cosa sbagliata». Uno duro e puro come lei, come vede dal di fuori la vicenda delle scommesse e più in generale la corruzione nel mondo del calcio? «La vedo malissimo. Ho zero pazienza. Certe cose dovrebbero restare al di fuori degli affari, figuriamoci dallo sport. È una vicenda che urta. Mi infastidisce che ci sia stato uno strascico nella Nazionale che sta giocando l'Europeo, perché chi è convocato dovrebbe avere la tranquillità». Italia corrotta nel calcio, corrottissima nella politica, i giornali sono bollettini di guerra, la gente è nauseata. Lei che deve vendere un pezzo di Italia sui mercati si sente in qualche modo condizionato? «È una situazione che dà fastidio a tutti coloro che rappresentano l'Italia a livello internazionale, perché c'è un'Italia che non è così, c'è un'Italia che è molto buona, che vuole fare e lavorare. È l'Italia che piace a me. Grazie a Dio, negli ultimi 8 anni con Fiat e adesso con Chrysler abbiamo acquisito una credibilità a livello mondiale: non voglio che nulla vada a disturbarla». Viviamo una crisi economica infinita: quanto durerà ancora? «Le mosse che si stanno facendo sono tutte nella direzione giusta. Bisogna dare il tempo al presidente Monti di completare il lavoro di risanamento e portare avanti le riforme sulle quali, per ragioni che non conosco, ha un po' rallentato. Solo la credibilità in campo internazionale può darci la possibilità di ripianare il debito pubblico e solo una persona, Monti, ha la possibilità di gestire il momento. È di un'importanza cruciale». Nel frattempo Montezemolo si scalda per entrare in politica, Italia Futura oramai è un partito. «Il mio consiglio di cuore, che gli ripeto sempre, è di non farlo. In questo momento c'è un lavoro che dev'essere lasciato ai tecnici, gli unici che hanno la capacità e l'interesse per risanare i conti rimettendo l'Italia sui binari. Facciamolo fare a chi è uno specialista. È inutile ingaggiare un cuoco per fare la pizza quando io voglio l'arrosto: chiamiamo chi è capace di cucinarlo». Si è mai posto il problema di chi eventualmente potrebbe sostituire Montezemolo in Ferrari? «Il problema me lo pongo sempre ma sono assolutamente sicuro che non andrà da nessuna parte perché si rende conto di due cose. Primo, non è il mestiere suo e sotto sotto lo sa; secondo, vuole un grandissimo bene alla Ferrari». A quali condizioni la Fiat potrà tornare in Confindustria? «Sinché Confindustria è disegnata in un modo in cui toglie la libertà di gestione delle relazioni industriali dalle aziende con i suoi dipendenti, per noi la Confindustria non ha nessun valore». Si arrabbia quando Crozza la imita? «Pensi che non l'ho mai visto! Mi dicono che sia simpatico la maggior parte delle volte, in altre occasioni esagera. Comunque il fatto che qualcuno si prenda l'impegno di prendermi per i fondelli mi fa ridere, mi piace, basta che non ci siano attacchi personali. Un po' di umorismo fa sempre bene, soprattutto in questi momenti, non è vero?». -
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Repubblica SERA 11-06-2012 -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
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“Trattati come appestati” Vita da pentito del calcioscommesse A Micolucci minacce di morte, la fidanzata resta senza lavoro di NICCOLÒ ZANCAN (LA STAMPA 11-06-2012) Lo chiamano «Μerdolucci», e tutto sommato non è neanche l’insulto peggiore. Gli urlano infame, venduto, traditore. Scritte sui muri e minacce di morte. Inseguono la sua fidanzata mentre va al supermercato, si appostano sotto casa: «Dovete andarvene da qui! Non vi vogliamo». E intanto, è passato un anno. Un anno terribile da pentito del calcioscommesse. Da quando Vittorio Micolucci, ex difensore di Pescara, Bari e Ascoli, ha scelto di raccontare quello che sapeva. E se la parola pentito vi puÒ sembrare esagerata considerato il tema, è bene precisare subito che nelle carte dell’inchiesta di Cremona lui viene indicato come «collaboratore di giustizia». Esattamente come nelle storie di mafia. Micolucci ha descritto scene pesanti. Mazzette di denaro sventolate in faccia ai giocatori. Ha riconosciuto quelli del cosiddetto «gruppo degli zingari », gente che non deve essere bello annoverare fra i propri nemici. Ha fatto i nomi dei compagni di squadra coinvolti nelle combine. Ed è stato sempre lui, a luglio dell’anno scorso, il primo a pronunciare davanti agli investigatori il nome di Carlo Gervasoni, poi diventato un altro pentito della stessa inchiesta. Insomma, Micolucci è stato il primo a raccontare, anche quando poteva stare zitto. Ora il problema è che questa scelta di campo non pare essere stata molto apprezzata. «Lo trattano da appestato - dice l’avvocato Daniela Pigotti -, non ha ricevuto una sola telefonata dai vecchi compagni. Il suo procuratore è scomparso. Dalla società, nessun cenno. Gli ultrà lo riempiono sistematicamente di insulti. La stampa locale lo schifa, considerandolo il responsabile delle disgrazie della squadra. E anche la fidanzata, solo pochi giorni fa, è dovuta andare alla Digos per fare denuncia, perché non riesce neppure a portare le bambine a scuola. Ormai non trova nemmeno un lavoro umilissimo, perché è la compagna di “Μerdolucci"». Il sospetto è pesante: che un certo mondo del calcio possa perdonare i venduti, ma non chi ha tradito la regola del silenzio. E in effetti, non ci risulta che gli altri compagni di squadra coinvolti nello stesso scandalo stiano ricevendo uguale trattamento. Non sono state organizzate campagne denigratorie contro Pederzoli e Sommese, per fare un esempio. E in effetti, per fare un altro esempio, l’ex portiere della Cremonese Marco Paoloni, che ha scelto di minimizzare anche quello che gli investigatori ritengono conclamato, si sta già riciclando come commentatore televisivo nelle tv locali romane. Forse radiato dal campo, ma non ripudiato dal suo vecchio mondo. Anche gli altri due pentiti del calcioscommesse vivono giorni difficili. L’avvocato Filippo Andreussi, difensore di Carlo Gervasoni: «C’è ragionevole timore rispetto alle dichiarazioni fatte. Per ovvie ragioni, dell’argomento non si puÒ parlare. La situazione è delicatissima». Filippo Carobbio, in un’intervista a Repubblica, aveva dichiarato: «Se tutti dicessero la verità, sarebbe una rivoluzione». Ma l’invito sembra caduto nel vuoto. E la scorsa settimana, la moglie Elena Ghirardi ha usato parole che fanno riflettere: «Mio marito non è un infame. Ha fatto la scelta giusta. Io sono orgogliosa di lui». Se lo dicono fra loro. Vittorio Micolucci continua a vivere ad Ascoli, perché lì c’è la sua fidanzata e ci sono i figli di lei, che stanno crescendo insieme. Il clima da città di provincia probabilmente non aiuta. Quando gli hanno concesso i domiciliari e poi l’obbligo di firma, si sono posti il problema dell’incolumità fisica. Persino un giudice rigoroso come Guido Salvini ha accettato dimandarlo ai domiciliari in Sardegna, a casa dei suoceri. Vittorio Micolucci sembra essere considerato responsabile non tanto per quello che ha fatto, ma per quello che ha detto. «Ha infranto un tabù - spiega l’avvocato Pigotti -, ora paga un prezzo doppio. La giusta squalifica e una solitudine assoluta. L’unico che mi ha cercato per mandargli un messaggio di vicinanza è stato il sacerdote dell’Ascoli Calcio». In campo, Micolucci era uno dei più bravi. In B, a 28 anni, aveva un contratto da 830 mila euro netti in tre anni. Ma era sempre periferia dell’impero, gli stipendi non arrivavano regolarmente. C’è cascato per questo, ha spiegato agli investigatori. Ed ora, attraverso il suo avvocato, dice: «C’era questo meccanismo, normale, quasi automatico. Ho sbagliato, anche se non ho mai intascato soldi. Oggi non ci cascherei più. Ne sono sicuro. Quanto a quello che è successo dopo, sono contento della scelta che ho fatto. Non la rinnego». Davanti alla giustizia sportiva ha patteggiato due squalifiche, in teoria potrebbe tornare a giocare a gennaio. «Io spero ci sia un presidente che apprezzi la scelta di Vittorio - dice l’avvocato Pigotti -, ma temo che la strada sarà in salita». ___ Disciplinare: possibili sconti ai club I giudici potrebbero ridurre le penalizzazioni più pesanti di AlbinoLeffe (-27) e Piacenza (-19) Il teorema Palazzi non dovrebbe essere smontato, ma c'è qualche caso «equivoco» di MAURIZIO GALDI & ROBERTO PELUCCHI (GaSport 11-06-2012) Resta soltanto l'attesa. La camera di consiglio della Disciplinare si è conclusa, ma non certo il lavoro della commissione presieduta da Sergio Artico. Trovata la quadratura del cerchio con la definizione delle sanzioni (e le richieste della Procura federale che leggete sotto sono pesantissime), ora si tratta di scrivere le motivazioni. Tempi? Avevamo detto alla chiusura della fase dibattimentale che le decisioni sarebbero uscite a metà settimana e restiamo di questo avviso. La Disciplinare vuole fare un lavoro completo, ma anche dare tempo alla Procura federale e alle difese di predisporre eventuali ricorsi: ricordiamo che per l'abbreviazione dei termini, ad accusa e difesa vengono concessi due giorni per depositare gli appelli. In caso di richiesta atti scattano, con il preannuncio dell'appello, ulteriori due giorni. Ecco perché anche la Procura aveva chiesto ai giudici di non andare oltre giovedì. Se dovesse sopraggiungere qualche ritardo, tutto slitterebbe alla prossima settimana. Cosa dobbiamo aspettarci? è difficile che la Disciplinare segua una direzione diversa rispetto alle richieste della Procura federale, soprattutto per i tesserati. Potrebbero esserci piccole sorprese per posizioni «marginali» o «equivoche». A questo proposito: l'avvocato di Job aveva parlato di un possibile «scambio di persona» con Conteh, ma lo stesso difensore ha citato Job come persona coinvolta nelle combine, idem Acerbis a Cremona. Qualche speranza potrebbero averla, invece, i giocatori ex Novara per la presunta combine con il Chievo in Coppa Italia. Il «pentito» Gervasoni, infatti, nel primo interrogatorio aveva parlato del coinvolgimento di «Ventola e di qualcun altro», ma nel secondo ha aggiunto particolari (la cifra sborsata dagli Zingari, 150 mila euro) e nomi. Shala, per esempio, che perÒ non è albanese come detto da Gervasoni, oppure il portiere Fontana, citato una volta soltanto. Altri casi: Ferrari, Coser e Garlini, ex AlbinoLeffe, sono stati tirati in ballo da Gervasoni per una sola combine, ma non da Carobbio e neppure da Ruopolo, che ha collaborato (e patteggiato). In ogni caso, l'attendibilità di Gervasoni e Carobbio non dovrebbe essere «pesata» dalla Disciplinare: se verrà considerata valida, tutti i tesserati che sono stati citati dai due «pentiti», soprattutto per fatti di loro diretta conoscenza, rischiano la condanna. Nulla da fare per la richiesta di stralcio presentata da Andrea Iaconi, ex d.s. del Grosseto, ora al Brescia. Le oltre quattro ore di ammissioni in Procura federale potranno essere utili soltanto in appello davanti alla Corte di giustizia federale. Le società Le posizioni più pesanti riguardano AlbinoLeffe e Piacenza. La Procura per la prima ha chiesto una penalizzazione pesantissima: 27 punti. Impossibile per la squadra di Andreoletti ricominciare dalla Lega Pro con quel macigno. In aiuto potrebbe venire la Disciplinare, come del resto aveva fatto lo scorso anno con il Benevento (la richiesta era -14, l'avvocato lo stesso: Eduardo Chiacchio). La società bergamasca potrebbe partire con una penalizzazione di una quindicina di punti. Stesso ragionamento per il Piacenza, che potrebbe avere una sostanziosa riduzione dal -19 chiesto da Palazzi. L'atteggiamento del Novara durante il dibattimento, molto apprezzato, e soprattutto gli atti (documentati) messi in atto per evitare il «tradimento» dei propri calciatori — per esempio, l'essersi affidato a Federbet, società belga di controllo dei flussi anomali di gioco — potrebbero essere premiati. Non con la cancellazione totale della responsabilità oggettiva (lo stesso a. d. De Salvo l'aveva considerata giusta), ma con una riduzione della penalizzazione (è stato chiesto il -6). -
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Il presidente Napolitano si emoziona: “Bravi” L’abbraccio con Buffon, che gli regala la maglia, e le battute sulle scommesse di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 11-06-2012) IL CAPITANO Napolitano abbraccia il capitano Buffon, il carismatico e discusso Buffon. Se lo stringe forte, gli dice bravo. Ed è come se l’Italia facesse pace con l’Italia. Il portiere regala la maglia al presidente («Scusi, è sudata», «Non si preoccupi, lo so che non andrebbe lavata: però io la posso lavare?»), il presidente conferma la fiducia al portiere. È il momento più simbolico dopo Spagna-Italia, la partita che doveva riavvicinare il paese alla squadra e al suo calcio così malmesso dopo scandali, scommesse e avvisi di garanzia. Dai poliziotti a Coverciano, fino al presidente allo stadio di Danzica, non è un salto da poco. Ed è un salto in avanti, lo compiono gli azzurri con l’aiuto, con la spinta del loro tifoso più illustre. Addirittura finiscono per scherzarci su, presidente e portiere. Napolitano che dice “avrei firmato per il pareggio, ma non ditelo” e il numero uno che non si fa scappare la battuta “no no, sennò ci mettono dentro”. «Siamo orgogliosi della sua vicinanza, è stato molto carino e noi gli abbiamo dato un segnale forte», sono le parole di Gigi Buffon. Colui che era arrivato in Polonia con la brutta storia del miliardo e mezzo di euro versati all’amico tabaccaio, quello delle scommesse (legali) (presto, un'ambulanza! ndt). «Bravi!», è stata la prima parola che Napolitano ha pronunciato di fronte a Buffon, evocando anche un altro episodio: «Mi ricordo che lei, al Quirinale, una volta fece anche un grande discorso politico». Con il suo abbraccio, e con un intero pomeriggio trascorso insieme alla nazionale, è come se il presidente avesse in parte riabilitato agli occhi della gente un mondo sportivo nel quale, da qualche tempo, non è più così facile credere. Il capo dello Stato ha comunque parlato solo di sport: «La crisi economica e finanziaria è una cosa, il calcio un’altra: ma vincere incoraggia i Paesi nei momenti di difficoltà - aveva dichiarato prima della gara -. In ogni caso, mi pare una cosa positiva che ci siano manifestazioni di spirito unitario europeo, è molto importante che si consolidi su tutti i piani». Felice come un ragazzino alla partita, poi, Napolitano ha spiegato in tribuna alla signora Clio chi fosse quel signore francese al suo fianco (“È Platini” “Ah”) e negli spogliatoi, al termine, ha fatto molti complimenti agli azzurri con uno scambio di battute meno istituzionale: «Mai essere pessimisti in partenza, visto?», «E noi nei momenti difficili diamo il massimo» la risposta di Buffon. «Il presidente - riferisce ancora Prandelli ci ha detto di avere sofferto un po’, alla fine, come del resto tutto noi, e di essersi divertito di più nel finale del primo tempo». Non pochi hanno ricordato lo storico viaggio di Pertini a Madrid per la coppa del mondo ‘82, e il mondiale che lo stesso Napolitano andò a vivere a Berlino, con l’epilogo della vittoria, poco più di due mesi dopo la sua elezione, nel 2006. Si vede che il presidente porta fortuna agli azzurri. Poche volte ne hanno avuto più bisogno. -
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AFFERRATE QUESTA PARABOLA Difendi il vicino dalla gogna manettara? Domattina sarai sputtanato a dovere di FRED PERRI (TEMPI | 13 giugno 2012) L’altro giorno alle 6. 30 del mattino ho sentito un gran fracasso sul pianerottolo. Ho aperto la porta: un plotone di truppe d’assalto stava trascinando via il mio vicino di casa. Non so bene quale sia la sua colpa, ma vive lì da dieci anni e conduce sempre la stessa vita, così, quando mi sono trovato davanti la solita troupe tv con le solite domande ai presenti, ho detto che quello spiegamento di forze e soprattutto la sua condanna già proclamata dai media erano vergognosi. Il giorno dopo il giornale, sopra la mia foto, titolava: “Il palazzo dei malandrini”. Per non sbagliare, hanno intercettato tutte le utenze dello stabile e mi hanno beccato mentre facevo l’indiano con una bella gnocca. Lo so, non si fa, soprattutto se uno è coniugato. Mia moglie mi ha cacciato di casa, la gente mi guarda scuotendo la testa e mi giudica un essere schifoso. Io cerco di difendermi: 1) sono fatti miei; 2) lumare le pupe non è reato; 3) la prova provata che dal lumare sia passato ad altro non c’è. Nessuno si interroga sul fatto che ventiquattro ore dopo le mie critiche è arrivata la stangata. Nessuno ha il sospetto che questo sia il comportamento di uno Stato fascista. Per tutti sono un fedifrago: non conta come l’hanno scoperto o se dovevano rispettare la mia privacy. Afferrate il senso della parabola? Io sto afferrando i bagagli. Meglio averli lì, capitasse l’occasione di mollare questa nazione di ɱerda.