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Ghost Dog

Tifoso Juventus
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  1. Buongiorno di MASSIMO GRAMELLINI (LA STAMPA 02-06-2012) Non gioco più, me ne vado Il santo furbacchione è un classico tipo italiano. In politica annuncia nobili dimissioni allo scopo di farsele respingere. In amore minaccia romantiche rotture per vedersi riconfermare il proprio fascino. E sul lavoro, indossato uno sguardo umile e offeso, si dichiarerà disposto a fare ciò che non vuole nella certezza che lo scongiureranno di non farlo, così da continuare a fare quello che vuole. Con quella faccia un po’ così, a strapiombo sulle lacrime, temo che il commissario tecnico Prandelli appartenga alla categoria. Meglio un santo furbacchione che un furbo mascalzone (abbiamo anche quelli), però non me la sento di esaltare la sua ultima frignata: se proprio serve, rinunciamo agli Europei. Ma chi glielo ha chiesto? Nessuno. Anzi: tutti, persino la ministra dell’Interno, si sono affrettati a benedire la partecipazione all’evento. Che era poi ciò che Prandelli voleva. Ma avrebbe potuto ottenerlo senza rifugiarsi nel patetico. Il c.t. si è inserito in una scia di successo. Pare stia diventando di moda auspicare una fuga romantica dal calcio brutto sporco e cattivo, anziché andare addosso alla realtà e triplicare le pene per gli scommettitori, oggi talmente blande da convincere la malavita a investire nel pallone truccato invece che in altri vizi sanzionati più duramente dalla legge. Ma è possibile che per motivare una Nazionale circondata dagli scandali si debba sempre pigiare il tasto del vittimismo? Ciascuno ha diritto al suo quarto d’ora di emotività. Ma da chi siede sulla panchina di Pozzo e Bearzot resta lecito aspettarsi forme di vita più evolute. ------- Scommesse, i finanzieri nella ricevitoria di Buffon Perquisita la tabaccheria di Parma. Perché solo dopo un anno? I punti oscuri sono tanti. Ecco quali di NICCOLÒ ZANCAN (LA STAMPA 02-06-2012) Dopo un giorno così, di silenzi durissimi, riunioni agli alti vertici e telefoni che squillano a vuoto, si capisce il motivo. Sei agenti della Guardia di Finanza si presentano nella ricevitoria di Massimo Alfieri, in via Garibaldi, a Parma. Sono le sei di sera. Alle dieci sono ancora chiusi dentro al lavoro, con le serrande abbassate. Il titolare non c’è. Si trova a New York per qualche giorno di vacanza. Ma gli investigatori procedono. Stanno cercando documenti sulle puntate degli ultimi tre anni, registri e archivi. È vero che Gianluigi Buffon non è indagato per la storia dei nove assegni che ha girato proprio al titolare di questa ricevitoria. Ma è altrettanto vero che l’indagine sull’argomento è tutt’altro che chiusa. L’ipotesi è che quei soldi - oltre un milione e mezzo di euro - siano stati utilizzati per scommesse illegali. Giornata tesa. Convulsa. In cui anche la procura federale ha aperto un fascicolo. Per ora ripieno solo di ritagli di giornale. Ma è un atto che potrebbe diventare propedeutico a un successivo approfondimento, con la convocazione del portiere della Juventus e della Nazionale. L’inchiesta nasce da un’iniziativa dall’ufficio movimentazione sospette della Banca d’Italia, sezione antiriciclaggio. La storia diventa nota perché un’informativa della Guardia di Finanza di Torino finisce allegata agli atti del calcioscommesse, su cui lavora la procura di Cremona. Ed è proprio questa improvvisa notorietà del fascicolo, pare di capire, ad aver consigliato «un’accelerazione operativa». Molti aspetti restano controversi. Appartamenti o puntate? Per Marco Corini, avvocato di Buffon, questa è una storia inesistente: «Perché Gigi ha usato quei soldi per acquisti vari. E come privato cittadino, non deve renderne conto». La Finanza non ha mai chiesto documentazione in tal senso - rogiti, ricevute - perché ipotizza un altro scenario: «A fronte dei rilevanti fondi trasferiti da Buffon sono puntualmente identificabili addebiti di importo abbastanza comparabile, disposti tramite rid bancari a favore di Lottomatica Spa». All’assegno seguirebbero le giocate. «Solo il 10% dell’intera movimentazione è riconducibile a titoli Pirelli Real Estate». Allora diventa decisivo capire su cosa siano state fatte le singole puntate, a nome e per conto di chi. Perché il Coni proibisce ai calciatori le scommesse sulle partite, non quelle sugli altri sport. La ricevitoria di Parma L’Ufficio scommesse dei Monopoli: «Non abbiamo informative di comportamenti scorretti da parte del titolare Massimo Alfieri. Secondo le nostre analisi, si tratta di una ricevitoria specializzata nell’accettazione di scommesse sugli sport minori, in particolare basket, hockey su ghiaccio e tennis». Ma questa nota, uscita ieri pomeriggio, evidentemente non è bastata agli investigatori. Rintracciare le giocate Nell’informativa per la procura di Torino, la Finanza sembrava pessimista: «Da quanto accertato con Banca Intesa, intermediario presso cui sono incardinati i conti di Lottomatica, la successiva destinazione dei fondi trasferiti automaticamente tramite rid, avviene per mezzo di operazioni di cash pooling con l’azzeramento giornaliero del conto, che consente di riferire il saldo positivo o negativo alla stessa capogruppo. Tale particolarità rende assolutamente non individuabile l’utilizzo delle singole partite in entrata». Altri tentativi Resta percorribile la strada dei controlli sugli archivi cartacei. Ed ecco, forse, il senso della perquisizione. Ogni singola giocata superiore ai 1000 euro deve essere segnalata dal titolare della ricevitoria. Spetta a lui compilare un foglio che si chiama «Modulo di identificazione del cliente». Lo stabilisce il decreto legislativo del 21 novembre 2007 in materia di antiriciclaggio. Per ogni puntata, c’è quindi un documento con i dati anagrafici e fiscali dello scommettitore. Il certificato deve essere trasmesso al reparto assistenza scommesse dalla Snai in tempo reale: «I dati saranno custoditi presso la sede della società in via Boccherini 39, Porcari, Lucca...». Scommettere sul cricket Buffon era già stato al centro di «un’indagine sovrapponibile» nel 2006. Allora le scommesse avvenivano tramite un sito Internet e tre broker. Il portiere era stato sentito dai magistrati: «Aveva ammesso di essere un giocatore accanito in vari settori: casinò, biliardo, lotteria, cricket. Ma di non aver mai scommesso sulla Juve...». A maggio 2010 la procura di Parma ha chiesto l’archiviazione del procedimento penale. «Analogamente la Figc ha archiviato il procedimento relativo all’inchiesta sulle presunte scommesse». ------- Intervista Gigi in contropiede “spendo i miei soldi come voglio” di MASSIMILIANO NEROZZI (LA STAMPA 02-06-2012) Gigi Buffon esce ammaccato dal primo tempo di ItaliaRussia, «uno stiramentino alla spalla destra», ma fuori dal campo, in settimana, gli era andata molto peggio: «Non ho fatto nulla e non ho ammazzato nessuno - si sfoga appena uscito dagli spogliatoi dopo il match tra Italia e Russia - ma a qualcuno faceva piacere tirare fuori queste cose». Si difende alla grande sul prato il numero uno, con una parata delle sue, e contrattacca fuori, dopo essere stato impallinato da critica e magistrati: per le parole sull’etica del pallone e sulle presunte puntate, molto presunte, per circa un milione e mezzo di euro. Gigi Buffon, ci spiega che cosa è successo? «E’ successo che una notizia morta e sepolta, e non pericolosa, è saltata nuovamente fuori». Non pericolosa? «Io non ho fatto niente e non ho ammazzato nessuno». Allora perché quella notizia è improvvisamente riemersa? «Faceva piacere a qualcuno mettere in giro queste cose». Che ha pensato? «Non ho pensato solo a quello che è successo a me giovedì, ma a tutti i fatti della settimana. La verità è che siamo in trincea, ma non c’è problema. E’ in momenti come questi che si vedono gli uomini. Idem per la partita». Cioè? «Il risultato è brutto, inutile nasconderlo, ma è in questi momenti, appunto, che bisogna essere uomini: paura zero, e io sono pronto alla battaglia». Che ci ha fatto con quel milione e mezzo? «Con i miei soldi faccio quello che voglio. Sono fatti miei, e non devo dare spiegazioni a nessuno: posso aiutare un amico in difficoltà, comprare un terreno, magari quadri, o una collezione di orologi. Se volete la prossima volta vi faccio un dettaglio delle spese». Perché se ne parla, allora? «Non lo so. Io non devo chiarire nulla, con nessuno. Non sono indagato, e neppure devo essere ascoltato». Avevano setacciato i suoi conti. «I miei conti correnti sono limpidi, ma mi spiace che si giochi sulla pelle delle persone». Quanto pesa sulla squadra? «Diciamo che è tutta la settimana che non è stata molto regolare, che stride. Cinque o sei di noi sono stati colpiti. Sono molto amareggiato». Peggio giovedì sera o adesso, dopo aver perso 3-0? «L’altra sera provavo amarezza, adesso grande amarezza. Dunque peggio ora, perché la sconfitta coinvolge altre persone, i compagni, la squadra». Se l’aspettava l’applauso di diciottomila spettatori? «Non sai mai cosa aspettarti, a volte pane o sassate, va bene lo stesso. Ma significa che loro, i tifosi, sanno chi sei. Se lo capissero anche altri non sarebbe male».
  2. Mistero Buffon di MARCO TRAVAGLIO (il Fatto Quotidiano 02-06-2012) ------- il Fatto Quotidiano 02-06-2012
  3. Prandelli e i garantisti sì, ma scemi no Le parole dell’allenatore e il doppio senso del suo “non esagerate” Editoriale de IL FOGLIO 02-06-2012 Non esagerate. Cesare Prandelli è una persona a modo che solitamente ci pensa due volte prima di aprire bocca per lanciare messaggi agli amici giornalisti. Non c’è dubbio che anche ieri il commissario tecnico della Nazionale abbia riflettuto a lungo prima di eccitare i giornaloni con quel suo clamoroso “se ci dicessero che per il bene del calcio la Nazionale non deve andare agli Europei non sarebbe un problema”. La frase naturalmente è un periodo del tutto ipotetico, del resto prontamente evaporato dal ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri con il suo benedicente “giocate, giocate bene e forza Italia”. Ma pur nel suo paradosso evidente (tranquilli, tra poco si scende in campo) l’uscita di Prandelli merita di essere commentata almeno per due ragioni. La prima riguarda la comprensibile insofferenza dell’allenatore per questo clima da caccia alle streghe, da “crociata” come ha detto lo stesso commissario tecnico, che si è venuto a creare attorno a quella che dovrebbe essere una, seppur clamorosa, normale inchiesta giudiziaria; e si può dire che Prandelli, come tutti gli italiani di buon senso, abbia gradito poco quello schizofrenico cortocircuito che è riuscito a trasformare un vecchio appunto di una procura in una “prova schiacciante” contro una persona che al momento non risulta neppure essere indagata. La seconda riguarda un concetto altrettanto importante, che negli ultimi tempi Prandelli ha mostrato di avere particolarmente a cuore. Perché va bene tutto, va bene impegnarsi in prima persona anche per difendere l’onore dei ragazzi che si ritrovano colpiti dagli schizzi di fango che arrivano dalle procure (e tenerli distinti dai “quaranta sfigatelli” che scommettono). Ma è necessario, per il bene del calcio, anche essere sinceri e dare il buon esempio, e non far finta di non capire che un calciatore che si ritrova indagato perché invece di pensare a giocare pensava a scommettere, o peggio a truccare le partite, non può essere un calciatore da portare come esempio in un campionato europeo. “Per quanto riguarda i giocatori – ha detto ieri il ct – continuiamo a dire che quelli che sono coinvolti non partiranno per gli Europei”. E immaginando che con la parola “coinvolti” Prandelli intendesse un calciatore che viene indagato per un reato come quelli del calcioscommesse, e che per questo non può rappresentare l’Italia in una competizione internazionale, allora verrebbe da dire: bravo Prandelli. Perché garantisti sì, ma scemi no.
  4. Sbaffo, un futuro appeso a un fax Ha solo 21 anni e rischia 39 mesi di stop perché nessuno lo ha interrogato La convocazione della Procura mai recapitata all’Ascoli: così niente patteggiamento. Pugno di ferro di Palazzi anche con Albinoleffe (-27) e Reggina. Altre quattro richieste di radiazione di ETTORE INTORCIA (CorSport 02-06-2012) ROMA - Alessandro Sbaffo è una mezz’ala di talento, tre gol nell’ultimo campionato di B con l’Ascoli, tutta una vita davanti e la possibilità presto di firmare per un club importante, di A. Si parlava della Fiorentina, ma i viola non sono (o non erano) gli unici a seguirlo. Ora a ventuno anni rischia di stare fermo per 3 anni e un po’, 39 mesi, esattamente il doppio del pentito che lo accusa, Gervasoni, che di illeciti ne ha ammessi e commessi ben più di uno. Tutto questo per colpa di un fax che non è mai arrivato. Giovedì il suo legale aveva chiesto il patteggiamento, proponendo 16 mesi e un’ammenda di 100.000 euro, mica bruscolini. Palazzi aveva dato l’ok, la Disciplinare aveva detto no. Nella giornata dei patteggiamenti regalati, il suo è stato l’unico ad essere bocciato. Perché? Perché, dice la Disciplinare, Sbaffo non ha collaborato con gli inquirenti. E’ vero, non ha collaborato, ma solo perché nessuno lo ha interrogato. La Procura mostra il fax inviato nella sede dell’Ascoli, fax che il club sostiene però di non aver mai ricevuto. «Un documento di una sola pagina che ci mette 3 minuti e 29 secondi per passare? Si vede che c’è stato un problema di trasmissione», fa osservare l’avvocato Chiacchio ai commissari. Che a questo punto ha chiesto lo stralcio: un nuovo procedimento nel quale Sbaffo possa difendersi davvero. «E’ l’unico a non essere stato interrogato, è l’unico a non aver ottenuto il patteggiamento. E’ un ragazzo di ventuno anni, ragionate come farebbe un padre», l’accorato appello del suo avvocato. Palazzi non ha replicato, la difesa spera che l’istanza venga accolta già nell’udienza di lunedì. Sbaffo era stato tirato in ballo da Gervasoni per Livorno-Piacenza: il “pentito", allora suo compagno di squadra nel club emiliano, gli chiese di avvicinare alcuni giocatori amaranto, tra cui il portiere De Lucia. Gervasoni (1 anno e 8 mesi) e De Lucia (5 mesi) hanno patteggiato. Sbaffo no, non c'è riuscito. PUGNO DURO - C'è un solco netto tra chi ha collaborato con gli 007 della Procura Federale e chi no. Sconti generosi, anche troppo, per i “pentiti", richieste severissime per tutti gli altri. Sbaffo c'è finito in mezzo, ma non è il solo. Per quattro tesserati Palazzi ha chiesto 5 anni con preclusione, cioè la vecchia radiazione: Zamperini, Sartor, Santoni e Mario Cassano. Nessuna sorpresa, in questo senso. Tra i calciatori il conto più salto è quello presentato a Job, 4 anni e 6 mesi, tra i dirigenti spiccano i 4 anni e 6 mesi ad Andrea Iaconi (ds Brescia, ma era a Grosseto) e i 4 anni a Gianni Rosati, ex Reggina. CLUB STANGATI - Si agita la Reggina, che Palazzi vorrebbe vedere punita con un -6, proprio come il Grosseto che ha 8 partite sul groppone e non una come i calabresi. Ma richiesta più pesante, a livello di società, è toccata all'Albinoleffe: 27 punti di penalizzazione. Se la Disciplinare accogliesse la linea dell'accusa, nel prossimo campionato di Prima Divisione i bergamaschi dovrebbero conquistare circa 70 punti sul campo per salvarsi. Missione impossibile. In tutto questo fa sorridere il -10 inflitto all'Ac Ancona, il “vecchio" Ancona: retrocesso dalla B nel 2010, ripartì dalla Terza Categoria ma senza mai scendere in campo, rimediando l'esclusione dal torneo. Il “nuovo" Ancona 1905 gioca in Serie D e non c'entra nulla. Il vecchio club è ancora affiliato ma non è iscritto a nessun campionato. Se mai decidesse di ripartire, lo farebbe da -10. Ma, tranquilli, in Terza Categoria non si può retrocedere. ------- L’OPINIONE IL PALAZZO DELEGITTIMA ANCHE... PALAZZI di ALBERTO DALLA PALMA (CorSport 02-06-2012) Nemmeno il tempo di annunciare le prime sentenze e di accettare tutti quei sorprendenti patteggiamenti che il caos è già totale. Inaccettabile, secondo la Federcalcio, il buonismo con cui il Procuratore Federale Stefano Palazzi ha dispensato giovedì le squalifiche a tesserati e club. Talmente inaccettabile da far dire al presidente Giancarlo Abete che «esiste nelle nostre norme un potere per il presidente di impugnare determinati provvedimenti». Tradotto in parole povere: non è escluso che il Palazzo possa scendere in campo contro. . . Palazzi chiedendo una revisione delle sentenze più tenere. Tipo quelle contro Gervasoni e Carobbio (1 anno e 8 mesi) oppure quella contro il Grosseto (6 punti di penalizzazione nel prossimo campionato), club che sulla carta rischiava addirittura la retrocessione per il cumulo di irregolarità commesse in molteplici partite. Coloro che sono stati giudicati ieri, cioè il giorno successivo, non hanno potuto usufruire di tanta generosità e così in sole ventiquattro ore sono saltati tutti i parametri. Il caso emblematico? Il giovane Sbaffo, che rischia di chiudere la sua carriera: 3 anni e 3 mesi la richiesta di Palazzi per un giocatore che ha sbagliato ma non ha taroccato, come Gervasoni e Carobbio, il calcio italiano. Insomma, siamo alle solite: la Giustizia Sportiva italiana non funziona e non lo diciamo soltanto noi, che siamo al di sopra delle parti, ma la stessa Federazione, pronta addirittura a delegittimare Palazzi e a far ribaltare le sue sentenze. Pensate che cosa potrà accadere quando la Disciplinare affronterà il prossimo processo, in cui saranno coinvolti i club più importanti - come Lazio, Lecce, Genoa, Siena, Bari - e i giocatori più in vista, di cui Mauri è l’icona. La sensazione è la stessa del 2006: che la fretta di finire presto è cattiva consigliera e porta su strade sbagliate. Forse è arrivata l’ora di rivedere tutto il sistema e di riformarlo. ___ il Giornale 02-06-2012
  5. LO SFOGO DI PRANDELLI Un commissario tecnico, non politico di ANTONIO POLITO (CorSera 02-06-2012) La Nazionale di calcio a Coverciano sta come il governo Amato nell'anno di Tangentopoli: è nelle mani dei pm. Volendo, le Procure potrebbero fare la formazione. Criscito è già caduto, Bonucci è incerto, Buffon periclita. Con questi problemi in difesa, è del tutto normale che Prandelli, persona per bene, abbia perso un po' del proverbiale autocontrollo. Il suo «se serve al bene del calcio agli Europei non ci andiamo» è però sbagliato per due motivi. Il secondo è che qualche malevolo commentatore potrebbe interpretarlo come un ricatto d'amore esercitato sulla passione calcistica degli italiani: o ci lasciano in pace oppure non giochiamo. Ma il primo e più fondato motivo è che sembra perpetuare il malinteso sul quale prospera la corruzione nel mondo del calcio: e cioè che esso sia riformabile dall'interno. È l'idea per cui la rinuncia a un Europeo, o la sospensione di una partita per i cori razzisti, o la mancata assegnazione di uno scudetto, possano rappresentare uno choc così salutare su un corpo fondamentalmente sano da riparare al male fatto dalle mele marce, i «50 sfigatelli» di cui parla Prandelli. Purtroppo non è così, e lo abbiamo visto dalle tante recidive. Già nell'82 andammo ai Mondiali dopo uno scandalo (e li vincemmo); poi nel 2006 ci andammo nel pieno di uno scandalo (e li vincemmo). A parte l'implicito augurio scaramantico per il 2012, resta il fatto che sono trent'anni che ci siamo dentro. Vuol dire che le cure omeopatiche non funzionano. Non si capisce per esempio perché la Figc lasci la difficile responsabilità di decidere e giudicare a mister Prandelli, che di mestiere fa il commissario tecnico e non il commissario politico del collettivo azzurro, deve allenare dei calciatori non valutare gli avvisi di garanzia e parlare alla nazione. D'altra parte anche il capo delegazione è un ex calciatore, Albertini, pure lui bravissima persona, ma inadatta a gestire politicamente una vicenda così esplosiva. Per giunta, quando la Figc parla lo fa per contraddire e contestare il suo stesso «special prosecutor» Palazzi, come ha clamorosamente fatto ieri delegittimandone la strategia processuale nello scandalo scommesse. Insomma, verrebbe da dire che il calcio è diventata una cosa troppo seria per lasciarla gestire ai calciatori, agli allenatori e ai soliti noti della Figc. E infatti è bastato un prefetto che guardasse le cose un po' da fuori come il ministro Cancellieri a smontare tutto questo psicodramma di Coverciano, rispondendo a Prandelli con il più sensato degli inviti: «Giocate, giocate bene, e forza Italia». Come a dire: meno chiacchiere e più cross. Non è un cinico «the show must go on»; è una giusta divisione del lavoro. Il mito decoubertiniano cui si ispira Prandelli, che ogni volta somministra la maglia azzurra come un voto in condotta per decidere se uno sputo o una bestemmia, un fallaccio o una scommessa la meritino oppure no, non regge più in un mondo che assomiglia sempre più al wrestling e sempre meno al rugby, e nel quale la malavita organizzata può investire settecentomila euro in corruzione su una sola partita perché sa che se il risultato è giusto ne incasserà due milioni. Questa è roba per una Fbi del calcio, con tecniche e investigatori all'altezza di una nuova mafia internazionale. Inutile star lì a chiedere ai calciatori di fare da modelli, esempi apollinei di «mens sana in corpore sano». Ormai sono gladiatori tatuati, chiamati a dare spettacolo; e si muovono in un ambiente ad alto rischio, perché inondato dai soldi. Non tocca davvero a loro prosciugare lo stagno, riducendo i soldi e lo spettacolo. ------- Il dubbio di PAOLO OSTELLINO (CorSera 02-06-2012) Presunti innocenti e segreti violati C’è chi scrive che la Juventus ha appena vinto un «campionato virtuale» Che se ne fa, adesso, Antonio Fazio della sentenza della Corte d'appello di Milano che lo riconosce innocente dell'accusa di aver favorito (illegalmente) scalate bancarie tentate, nell'estate del 2005, da imprenditori a loro volta oggi assolti dalla condanna per accordi parasociali illeciti, aggiotaggio e altre illegalità, dopo essere stato costretto a dimettersi da governatore della Banca d'Italia, aver visto la propria carriera e la propria onorabilità distrutte? C'è ancora, la presunzione di innocenza in questo (osceno) Paese dove la Giustizia ci mette anni a raggiungere una «verità processuale» che smentisca quella che, con la complicità di un giornalismo irresponsabile, ha gettato, dapprima in pasto alla gogna dell'opinione pubblica, e condannato penalmente, poi, tanta gente? Una brutta notizia è (anche) l'ultima esternazione del presidente della Repubblica. Con quale autorità politica, e legittimità costituzionale, Napolitano dice che «il capo dello Stato deve essere una figura imparziale» e censura la proposta di revisione costituzionale in senso semi-presidenziale, dopo aver fatto calare sul Parlamento, con procedura costituzionalmente anomala — quale che fosse il giudizio su quello precedente — un governo «tecnico»? Anche se la nostra anacronistica e contraddittoria Costituzione ne esclude, normativamente e di fatto, la revisione, spetta ancora alle forze politiche proporre di cambiarla o al presidente della Repubblica dire se sia lecito farlo, condannando il semi-presidenzialismo come una forma di autoritarismo? Caro presidente Napolitano — con l'immutata stima che le porto — lei sa che, qualora me ne avesse offerta l'occasione, glielo avrei detto: era preferibile il silenzio. Complice silente un giornalismo che già scrive, di quello vinto dalla Juventus, di «campionato virtuale», c'è voluto un giocatore di calcio (!), il portiere della nazionale, per denunciare le illegali e vergognose procedure del circuito mediatico-giudiziario. Ma, subito dopo, puntuale come un «pizzino» mafioso, è uscita, dalla procura di Torino, un'informativa della Guardia di Finanza del 2010-2011 dalla quale si potrebbe dedurre che Buffon sia uno scommettitore abituale. Mi chiedo se non stia diventando pericoloso vivere in un Paese dove certi magistrati lanciano — forti delle informazioni riservate di cui dispongono — «avvertimenti» di stampo mafioso a chi non sta al loro gioco. Presidente Napolitano, perché non chiede al Consiglio superiore della magistratura se non sia il caso di intervenire davanti a una tale violazione del segreto istruttorio che sconfina nella prassi mafiosa? Se «questa magistratura» è il cane da guardia della nostra democrazia c'è davvero di che inquietarsi. Da quel democratico e gran galantuomo che è, sono certo si sia inquietato anche lei e mi aspetto, perciò, voglia farlo sapere ufficialmente.
  6. IL DIRITTO DI CERCARE LA VERITÀ la vostra verità editoriale de la Repubblica 02-06-2012 Da due giorni, gonfiato sul web ed eccitato da avventurose considerazioni, un vento di minaccia regolarmente anonimo colpisce i colleghi Giuliano Foschini e Marco Mensurati. Con una grossolana manipolazione dei fatti, il lavoro di inchiesta giornalistica sul calcio-scommesse, la loro intervista pubblicata l´11 marzo scorso al latitante Hristiyan Ilievski, lo "Zingaro», un uomo con precedenti penali per omicidio (uno scoop ripreso dalla stampa europea e poi diventato parte integrante dell´indagine giudiziaria), si è trasformato in un marchio utile ad additarli al risentimento di qualche capo-bastone ultrà. La menzogna che viene scambiata come preziosa «rivelazione» è che i due colleghi siano responsabili del coinvolgimento nell´inchiesta del calciatore del Genoa Giuseppe Sculli, nipote del boss di ‘ndrangheta Giuseppe Morabito, detto Peppino Tiradritto. In una telefonata intercettata sull´utenza di Ilievski alle 11. 42 dell´11 marzo scorso lo "Zingaro», furioso e verosimilmente spaventato per la sua intervista dalla latitanza pubblicata da «Repubblica», prova minacciosamente a ritrattarne il contenuto con Marco Mensurati, negando di aver pronunciato quel nome - Sculli - nel ricostruire la combine della partita Lazio-Genoa. Per smontare la calunnia è sufficiente la lettura del passo che l´ordinanza del gip dedica alla vicenda (pagina 186). Scrive Salvini: «L´ira di Ilievski riguarda il fatto che il giornalista abbia pubblicato la notizia del coinvolgimento di Sculli, non tenendo conto che le rivelazioni erano state formulate in via del tutto confidenziale. Al telefono, Mensurati obietta che le informazioni erano state rivelate dal macedone in un contesto di intervista. «Ascolta, Hristian! Ascolta, Hristian! Tu hai detto Sculli ed io ho chiesto: Sculli?». E tu hai detto: «Un milione per cento!» Ricordi? «Un milione per cento!»». Aggiunge quindi il gip: «Nel prosieguo della conversazione, Ilievski, consapevole di essere intercettato e spaventato, si muove su più fronti con argomentazioni insostenibili su importanti giocatori di calcio ed altre situazioni riguardanti il fenomeno del calcio-scommesse, con il chiaro intento di inquinare il tutto». Mensurati e Foschini, dunque, fanno solo il loro lavoro. Onestamente, con chiarezza. A marzo individuano e incontrano Ilievski a Scopje. In Macedonia arrivano con domande e taccuini, dichiarando il mestiere che fanno. Per raccogliere notizie che nessuno ha, per cercare la verità. Non sono «amici» di nessuno. Non dello "Zingaro", di cui riferiscono fedelmente le parole. Né della polizia o della procura, che sul calcio-scommesse indagano già da un anno e che a loro insaputa li ascoltano mentre parlano con Ilievski. Ecco perché le minacce sono insensate, oltre che inaccettabili. ------- Le carte contro Bonucci un cavillo gli salva l´azzurro Volevano perquisirlo, ma l´inchiesta era di un´altra procura Criscito via, lui in nazionale da indagato. Il ruolo di Pepe, coinvolto da Andrea Masiello di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 02-06-2012) Tutti si aspettavano le stranezze della coppia Cassano-Balotelli, finora si sono viste solo quelle di Abete e Prandelli. La più clamorosa è in corso tuttora e riguarda il parametro con cui sono state soppesate le due posizioni di Domenico Criscito e Leonardo Bonucci, entrambi indagati per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva, entrambi accusati, in sostanza, di aver organizzato una partita, ma trattati in maniera opposta: il primo allontanato con ignominia dal ritiro azzurro, il secondo difeso ad oltranza. Una difesa che si è protratta fino ad oggi, anche di fronte all´evidenza della pubblicazione su tutti i siti Internet del documento della procura di Cremona - allegato alle carte dell´inchiesta New Last Bet - con cui il pm Roberto Di Martino disponeva l´iscrizione al registro degli indagati di Bonucci. E che si protrarrà, probabilmente, anche oggi di fronte alla notizia, ricavata sempre dai medesimi allegati, di una richiesta di "perquisizione soggettiva" di Bonucci, firmata dal Servizio centrale operativo della Polizia. Richiesta che, se possibile, equipara ulteriormente le due posizioni visto che è stata solamente una considerazione di tipo procedurale e non sostanziale a convincere il pm a lasciar perdere: su Bonucci - è infatti l´opinione di Di Martino - è competente la procura di Bari e non quella di Cremona. Un cavillo al quale la Figc e Prandelli si sono aggrappati disperatamente, alla faccia del codice etico e a dispetto delle dichiarazioni rese ad entrambe le procure dal calciatore Andrea Masiello. Dichiarazioni che configurano un´accusa non meno specifica rispetto alle fotografie di Mimmo Criscito (ritratto con alcuni ultrà e trafficanti di droga e partite di calcio): «Prima della partita - racconta ad esempio Masiello al giudice del tribunale Giovanni Abbattista riferendosi all´incontro di calcio Udinese-Bari del 2009-2010 - noi andavamo spesso a mangiare al ristorante di De Tullio (il ristoratore è indagato nell´inchiesta pugliese, e anche in quella della procura di Napoli ndr). Avevamo 51 punti prima di quella partita, quindi eravamo talmente tranquilli e rilassati che… De Tullio mi disse che poteva scommettere live (cioè in diretta, ndr). E se volevo contattare qualche mio compagno per dirgli se voleva vincere qualche cifra importante… di farglielo sapere, che lui era pronto. Io vado al campo e parlo con Bonucci, Belmonte, Parisi e Salvatore Masiello e gli faccio presente questa cosa». Trovasse riscontro il racconto di Masiello, già in questo momento tutti i calciatori commettono un grave illecito sportivo: l´omessa denuncia. Ma Masiello va ancora avanti: «Lui ha detto, "Se si può fare siamo d´accordo"». Il principale alibi dato da Bonucci nei suoi due interrogatori sostenuti (da testimone) a Bari è sempre stato quello della nazionale: «Ero in ritiro a Coverciano quella settimana». Ma l´alibi sembra non reggere. A domanda del giudice, infatti, Masiello precisa: «Era il sabato, il giorno prima della partita. Bonucci c´era (…) È successo prima di partire per Udine. Lui disse: "Sì, se si può fare si fa", così». Ma non è tutto, perché Andrea Masiello ha coinvolto (almeno per quanto riguarda la giustizia sportiva) un altro giocatore, Simone Pepe, oggi alla Juve al tempo a Udine: «Durante il ritiro, Salvatore Masiello chiama Pepe con una utenza telefonica che Iacovelli (tuttofare del Bari già coinvolto nell´inchiesta, ndr) mi aveva lasciato per usi privati miei. Salvatore è napoletano, Pepe pure (in realtà è romano, ndr). Sono amici da tempo e si capiscono…». Insomma, secondo Andrea Masiello parlarono in codice. "Ma la Ferrari tu la vendi?" e dall´altra parte… "No, no la Ferrari non la vendo, non la compro, non faccio niente".
  7. L'INTERVISTA «Magistrati troppo esposti Errore Figc su Mimmo» Il giudice Calabrò: «Ok i pm a Bari, non a Cremona. Buffon ha ragione, ma è ingenuo» di CARLO LAUDISA (GaSport 02-06-2012) Piero Calabrò, 58 anni, giudice a Monza e capitano della nazionale magistrati. Juventino da sempre e opinionista tv di chiara fede. Da uomo di legge prende posizione su Scommessopoli e con tesi scomode per la sua categoria. «Non entro nel merito delle inchieste: non ho conoscenze dirette e evito riferimenti per deontologia professionale. Da cittadino, però, sono stupefatto da alcune situazioni capitate alle persone (e sottolineo la parola persone) coinvolte nell'inchiesta». A cosa si riferisce? «Gli organi d'informazione fanno bene il loro lavoro, ma stupiscono le immagini all'arrivo della polizia all'alba a Coverciano o la diffusione della foto dei genoani indagati, ancor prima che venisse verificata la loro posizione». Le indagini, però, sono a buon punto. «Ma servono tante verifiche. Intanto i calciatori sono stati messi alla gogna. Anche se sono uomini pubblici, come tutti sono innocenti sino a prova contraria». Per esempio? «In un'indagine la sola foto di Criscito è tutto e nulla, ma la reputazione è già demolita, anche se fosse innocente». E Criscito è rimasto a casa. «Altro fatto gravissimo. La Figc ha consulenti legali? L'informazione di garanzia è una tutela. S'emette quando serve la presenza del legale, null'altro. Invece così sembra che Criscito sia più inguaiato di Bonucci o di altri. Mah». Così critica la spettacolarizzazione? «Certo. L'esempio viene dai pm di Bari che non hanno mai dialogato in pubblico con gli indagati e hanno custodito i tempi del loro lavoro. A tutela di tutto e tutti». Ce l'ha, allora, con Di Martino? «Beh, il p. m. di Cremona ha risposto in pubblico ad alcune critiche, sostenendo d'aver atteso la fine del campionato per adottare alcuni gravi provvedimenti. Un vero autogol». In che senso? «Per la custodia cautelare occorrono 3 requisiti: pericolo di fuga, d'inquinamento delle prove e della reiterazione del reato. Allora o non c'erano gli elementi per l'arresto o è stato un rischio ritardarli. Certe esternazioni sono da evitare». Condivide lo sfogo di Buffon? «In buona parte. Troppo clamore sulle indagini, ma Gigi è stato ingenuo con l'espressione "meglio due feriti che un morto". Credo si riferisse alle situazioni tipiche dei club già appagati a fine stagione. La Figc dovrebbe intervenire. Ma non lo fa mai...». E le indagini della Finanza sui suoi conti? «Vediamo se da questi movimenti si risale davvero a scommesse calcistiche. In tal caso Gigi rischierebbe almeno 18 mesi. Ma è tutto da vedere. Certo, non è etico e non mi piace che sperperi così i soldi. E' uno schiaffo a chi non arriva a fine mese. Ma anche la tempistica di queste notizie non mi tranquillizza». ------- GaSport 02-06-2012 ------- Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 02-06-2012) FEDERCALCIO, GIORNI COMPLICATI E' IN ARRIVO LA TEMPESTA PERFETTA? Dal Criscito no al Bonucci sì, dal Prandelli in libera uscita dialettica alle sentenze da impugnare perché è prerogativa del presidente, non è un momento fortunato per la Federcalcio. Garbati, sempre disponibili e costituzionalmente «moderati», Abete & Valentini si trovano catapultati dentro una centrifuga. Intorno a loro, un silenzio di tomba che non promette niente di buono. Che la tempesta perfetta stia addensandosi sul palazzo di via Allegri? Probabile. Per fortuna c'è l'Europeo. Hai visto mai lo si porti a casa, i due passerebbero direttamente dall'essere degli appestati a una santificazione di massa. In fondo, ci sono già passati nel 2006. Aspettando domenica 1 luglio, il giorno della finale di Kiev, bisogna però cercare di far passare la nottata e non è facile, tanto più dopo la scoppola con la Russia. Abete tiene duro su Bonucci e non farà un passo indietro, nonostante il diverso parere che gli è arrivato dal Coni e da più di un presidente di Lega. Il cavallo di battaglia di un'argomentazione che merita rispetto ma rimane del tutto non condivisibile è il ruolo che Bonucci ha ancora di semplice «testimone» presso la Procura di Bari. Il cui capo, Laudati, farà propria l'imputazione della Procura di Cremona, analoga a quella di Criscito, più in là. Poco meno di un artifizio contabile, insomma, per mascherare il peccato originale: l'eccessiva fretta con cui è stato mandato a casa Criscito. Su Prandelli c'è poco da dire, se non che è un dipendente della Federazione e qualche volta non sarebbe sbagliato ricordarglielo. La sua sortita sul «possiamo pure ritirarci dall'Europeo» non è piaciuta a nessuno, a cominciare da Abete. Che però sa bene, da vecchio capodelegazione della Nazionale, che il conto di certe gaffes a un dato momento viene presentato ad altri che non il commissario tecnico. Il capitolo più spinoso riguarda il processo di Roma. Non è stata una buona idea quel trasferire in tarda mattinata all'Ansa l'indiscrezione da «ambienti Figc» di una voglia di impugnazione da parte di Abete delle sentenze (miti) di giovedì scorso. Se è vero, come sembrano sostenere gli incazzatissimi membri della Disciplinare e della Procura federale, che i patteggiamenti non possono essere oggetto di impugnazioni da parte di chicchessia, presidente federale incluso, si tratterebbe di un autogol. E anche se questa convinzione si rivelasse confutabile, è il metodo che non convince: un avviso ai naviganti, fatto con modalità insolite, nel bel mezzo di un processo sportivo che, considerando Scommessopoli nella sua complessità, rappresenta solo il primo atto di una lunga storia. Siamo stati anche noi critici sulla mitezza di parte delle sentenze, ma non era questo il modo per rimetterle subito in discussione. Qualcuno dice che in questo frangente Abete sia stato mal consigliato dall'alto. Se è vero, vorrà solo dire che ha sbagliato in buona compagnia. Piero Gnudi, ministro vigilante sullo sport, tace più di Petrucci. Ma dal suo dicastero qualcosa trapela: «Le ultime vicende vengono seguite con attenzione. E un certo sbigottimento». Amen.
  8. Se la giustizia spettacolo colpisce il campione. Il cortocircuito mediatico giudiziario colpisce i campioni del nostro calcio, e milioni di italiani hanno la possibilità di toccare con mano i guasti della giustizia spettacolo che, da sempre, l’Unione denuncia all’opinione pubblica. Di seguito il documento. di UNIONE CAMERE PENALI ITALIANE 01-06-2012 Gli avvocati penalisti sanno quanto il dibattito modello “Bar Sport” nuoccia alla comprensione delle complesse questioni che ruotano intorno ai processi penali, ma per una volta lo sport viene utile per tornare sul tema della giustizia spettacolo. Le dichiarazioni dei calciatori Buffon e Criscito hanno avuto il pregio di far arrivare a milioni di cittadini le domande che da anni poniamo, forti dell’esperienza di chi difende le persone e non la maglia della nazionale di calcio. Adesso sono sulla bocca di tutti quesiti elementari quali “perché se uno viene interrogato ciò che dovrebbe restare segreto dopo 5 minuti è già di pubblico dominio?”; “per quale ragione l’imputato conosce gli sviluppi del suo processo dai giornali?”; “com’è possibile che le telecamere siano informate prima di arresti e perquisizioni da eseguire all’alba?”; “come mai l’avviso di garanzia, strumento che dovrebbe essere a tutela dell’imputato, viene trasformato in giudizio sommario di colpevolezza, idoneo a spezzare carriere?”. Per finire alla domanda più inquietante: “è un caso che all’indomani della reazione di Buffon siano filtrate notizie a suo carico, benché non indagato?”. Il modus operandi che ha fatto reagire i calciatori, e che possiamo definire più scandaloso degli scandali che vuole scoprire, deve indurre tutti a recuperare il senso e l’importanza del segreto d’indagine; ossia quella cosa che negli ultimi anni si è abituati a trattare alla stregua di una censura antidemocratica che è legittimo – addirittura doveroso! – infrangere anche se farlo costituisce formalmente reato. Occorre rammentare che il segreto è funzionale al sereno accertamento giudiziario; che il processo è governato da regole poste a tutela del diritto di difesa delle persone; che la pubblicità vanifica dette regole e, conseguentemente, i diritti; che il processo di piazza caratterizza le dittature e contraddice i principi fondamentali dello stato di diritto; che la presunzione di non colpevolezza, ed i connessi diritti di difesa, sono cardini fondamentali dello stato democratico. Deve essere chiaro, anche a chi usa l’alibi del diritto di cronaca, che il processo penale e le sue regole non sono un peso che rallenta la democrazia, ma lo strumento con cui essa si afferma; e pertanto non si può sacrificarli al mito della “società di vetro”, di retrogusto Orwelliano; un mito che immancabilmente emerge nei momenti di debolezza della politica – colpevole o incolpevole che sia - per limitare la libertà dei cittadini. Non è un caso che in questi giorni vadano prendendo piede le idee, professate da nuovi e vecchi predicatori, di processi pubblici, con un fiorire di discorsi ed interviste che evocano - nemmeno tanto indirettamente - i famigerati tribunali del popolo di altri tempi ed altri luoghi. Ebbene, se qualcuno vuol farci scegliere tra Buffon e Vishinskij sappia che non avremo dubbi. E non per ragioni di tifo. La Giunta Roma, 1 giugno 2012 visualizza il Documento in pdf visualizza gli articoli del "Corriere della Sera" e di "la Repubblica" ___ In Italia c’è il fascismo/2 di CHRISTIAN ROCCA dal blog camillo 01-06-2012 Due giorni di gogna mediatico-fascista dopo, da un secondo take dell’Ansa si apprende che l’Agenzia dei Monopoli che controlla i flussi di scommesse ricevitoria per ricevitoria non ha riscontrato nessuna anormalità nelle scommesse giocate nella ricevitoria dell’amico di Buffon. Nessuna. Zero. Si scopre inoltre che le ricevitorie identificano gli scommettitori che puntano o incassano più di mille euro. Di nuovo, secondo l’Agenzia non ci sono stati movimenti particolari. In ogni caso, prima di usare l’olio di ricino i giornalisti e i magistrati dovrebbero dare una telefonata a quell’agenzia; ci fate vedere l’elenco degli scommettitori? C’è il nome di Buffon? Invece niente. Manganello subito, sangue istantaneo, Juve ladra e poi si vede. Questa telefonata non è stata fatta, quindi tutto quello che hanno scritto i siti ieri e i giornali oggi è falso, è velina dei magistrati, è buca delle lettere delle toghe che avevano bisogno del nome grosso per andare sui giornali. Ma domani non aspettatevi granché, nemmeno dopo questo lancio Ansa. Questa è ritorsione giudiziaria nei confronti di un calciatore che ha denunciato il fascismo imperante in Italia. Dovrebbe scattare l’obbligatorietà dell’azione penale nei confronti di questi Torquemada alla vaccinara. Ma non succede nulla. Siamo un paese da operetta, gestito al bar dello sport. I giornali sono complici di questa barbarie. Ci fosse un ordine dei giornalisti serio, ma per fortuna non c’è, radierebbe a uno a uno dall’albo questi complici. Di nuovo, non so se Buffon scommettesse. So, però, che in Italia c’è il fascismo.
  9. Repubblica SERA 01-06-2012 ------- Il Video-editoriale di FRANCESCO MERLO DOVE SONO GLI EROI DELLE FIGURINE Calciatori corrotti o scommettitori, o che fanno pubblicità al gioco d'azzardo Possibile che non esistano più campioni all'altezza di quelle immagini che i nostri figli continuano ad attaccare sull'album? ------- ------- il commento di MARCO MENSURATI LA PARTITA AZZURRI-PM http://k005.kiwi6.com/hotlink/hq9ziw6324/2012_06_01_rsera_m_mensurati_la_partita_azzurri_pm.mp3 ___ BLOOOOG! di FABRIZIO BOCCA (Repubblica.it 01-06-2012) E anche questo scandalo è subito diventato una guerra ideologica Vedo che anche questo scandalo scommesse 2012, come Calciopoli 2006, sta prendendo una piega ideologica preoccupante. Per me niente affatto sorprendente, nel senso che il calcio ormai da anni ha perduto il suo senso di equilibrio, addirittura i connotati di sport direi. Ci si schiera da una parte o dall’altra non a seconda del torto o della ragione, ma del tifo, della squadra di appartenenza, del partito. Trasformando i processi, che pure si devono fare se si vuol tener pulito lo sport, in una guerra per bande. E’ quel clima avvelenato che alla fine ha permesso al calcio di perdere i punti di riferimento, di imbarbarirsi, di non avere più veri, seri e rispettati personaggi guida, siano allenatori, calciatori o dirigenti. Un luogo dove le regole sono decadute e l’egoismo è diventato l’unico interesse. E’ che quel clima pesante che poi permette al presidente del consiglio di fare affermazioni esagerate e ingiuste – “Il calcio andrebbe sospeso per due o tre anni” – che comunque però trovano il loro motivo proprio in questa totale mancanza di equilibrio e correttezza. Ognuno pensa che ogni notizia, ogni indiscrezione, ogni rigo di verbale sia pilotato a favore o contro qualcuno. Si guarda talmente vicino al proprio naso da non vedere la montagna che c’è dietro.
  10. SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 01-06-2012) Palazzi e il colpo di spugna Abete, chiarezza o caos E' vero, il presidente federale Giancarlo Abete può intervenire per impugnare le sentenze, il colpo di spugna del superprocuratore Stefano Palazzi. Ma certo questa facoltà (già adottata in passato dallo stesso n.1 della Figc, anche per cause nobili) getterebbe un'ombra inquietante sul processo in corso a Roma, e di sicuro non "rafforzerebbe" la posizione del "pm" del calcio. Venti mesi a pentiti che hanno detto poco o nulla, solo sei punti al Grosseto (mentre per l'Albinoleffe ne sono stati chiesti oggi 27, per il Piacenza 19. . . ): si è voluto premiare in maniera davvero eccessiva chi ha collaborato, o ha fatto finta di collaborare. C'era la fila degli avvocati davanti a Palazzi ma se Abete non interviene davvero per riequilibrare certe accordi (subito avallati dalla Disciplinare... ) c'è il rischio che questi patteggiamenti facciano giurisprudenza. Che succederà nel processo-ter di luglio, quello con i club di serie A? Anche lì corsa ad usufruire di sconti, mini-penalizzazione per la prossima annata (chi non ha denunciato 2-3 mesi, altro che pugno duro promesso...). I club terzi interessati sono furiosi e minacciano già cause per danni. Una situazione di caos: Abete deve fare chiarezza, e in fretta. Una cosa comunque ha detto l'udienza di stamani: Palazzi ha chiesto solo un'ammenda per la Samp, deferita in maniera surreale come ha detto l'avvocato-onorevole Giulia Bongiorno. E' la stessa identica situazione che- a livello teorico, lo ricordiamo- potrebbe riguardare la Juve, nel caso il suo allenatore Conte venisse davvero deferito per "associazione", anche se per fatti accaduti quando era al Siena. Di sicuro la società bianconera non rischierebbe di dover rinunciare alla Champions, che vuole vincere. L'Uefa, e Platini, se ne renderebbero perfettamente conto che questa Juve non c'entra nulla. Diverso il caso del Napoli e della Lazio: anche se la norma Uefa (basta essere "coinvolti" anche se indirettamente) è terribilmente pesante, ingiustamente pesante. Lo scorso anno il club turco del Fenerbhace fu escluso dalle Coppe, poi il club (non i tesserati) risultò innocente. Insomma, Platini deve capire che è sacrosanto usare il pugno duro (e lo spieghi magari a Palazzi..) ma senza massacrare i club. Ultima cosa: se quello che ha detto oggi Prandelli, lo avesse detto un ct, chessò di volley o di pallanuoto, alla vigilia dell'Olimpiade che avrebbe fatto Petrucci? Prandelli deve pensare solo a fare la squadra per stasera, certe sue dichiarazioni dimostrano che forse ha perso la testa. Di certe cose se ne occupa la Figc, solo la Figc, e al seguito della Nazionale c'è il vicepresidente Demetrio Albertini. Abete vada davanti alle tv e spieghi lui quello che sta accadendo e, soprattutto, cosa vuole fare. Ne ha la facoltà... ------- TEMPO SCADUTO di ALIGI PONTANI (Repubblica.it 01-06-2012) Il calcio è senza controllo Qualcuno dovrebbe spiegarci, rapidamente, come sia possibile che in poco più di venti mintui succeda che: a) L'allenatore della Nazionale dica in tv che l'Italia è pronta a ritirarsi dall'Europeo, nella totale e fragorosa assenza della Federcalcio, fino a prova contraria unica istituzione in grado di sostenere o confutare una simile ipotesi . b) Il presidente della stessa Federazione lasci trapelare l'intenzione o anche soltanto la possibilità di impugnare le sentenze emesse meno di 24 ore prima da un organo della sua stessa federazione, la procura sostenuta da Palazzi. Sembrano domande di forma: invece dentro c'è la sostanza viva, quasi odorante, dello sbando del governo del pallone di fronte all'onda che lo sta sommergendo. Un si salvi chi può in cui non c'è più nessuna regia, nessuna autorità abbastanza solida da dettare una linea, da stabilire cosa fare e cosa dire, da prendere in mano la barra della crisi. Prandelli, che è una magnifica persona e un eccellente allenatore, è stato lasciato a macerarsi in una solitudine struggente, a gestire l'ingestibile. E infatti rischia seriamente di deragliare: non è più in grado di spiegare, per esempio, in forza di quale codice etico tra due giocatori accusati esattamente degli stessi reati (Bonucci e Criscito) e raggiunti dal medesimo avviso di garanzia, uno possa giocare con la maglia azzurra e uno debba restare a casa. Solo e assediato, Prandelli fa tenerezza, quando usa parole sbagliate come crociata, o sfigatelli: non sa dove girarsi, perché accanto non c'è nessuno che abbia la testa e il coraggio per prendersi la briga di decidere, come pure dovrebbe fare, per ruolo, stipendio e responsabilità. Quanto al soldato Palazzi, stremato dai fascicoli, dalle sollecitazioni, dai proclami, dalle pressioni a fare presto, si ritrova adesso totalmente delegittimato proprio dal suo capo, il presidente Abete, quello che gli diceva di sbrigarsi. Lui si è sbrigato accogliendo a gruppi i pentiti dell'ultima ora, cui accordare sconti generosi pur di chiudere subito un inutile processo sommario. Qualcuno però glielo aveva chiesto, lo stesso che adesso gli dice che no, che così non va bene, che le sentenze non sono adeguate e che lui ha il diritto di impugnarle. Allora, presto e bene come direbbe Abete, ci spieghino cosa diavolo sta succedendo in Figc: se c'è ancora un presidente, se c'è qualcuno che ha una minima idea di cosa fare, se il ct deve fare marcia indietro, se il procuratore Palazzi deve andare avanti, fermarsi, dimettersi. Ecco, l'ultimo verbo: è ora che qualcuno lo consideri. Prima che un premier o un presidente della Repubblica chiarisca meglio a che punto è arrivata la notte del calcio.
  11. Il caso I legali dei calciatori annunciano risarcimenti milionari. L’avvocato Ruggiero: «Ha ragione il premier Monti» Il contropiede degli accusati: «Chiederemo i danni» di ALESSANDRO CAPPONI (CorSera 01-06-2012) ROMA — A metà pomeriggio il procuratore federale Stefano Palazzi chiede se il calciatore Kewullay Conteh «è in aula, se può firmare questa carta», e in effetti Conteh, dopo le decisioni prese dai magistrati a Cremona, una firma la deve mettere, sì, ma al commissariato, due volte a settimana. Sia chiaro, confondersi è facilissimo perché questa sala è stracolma, ci sono un'ottantina tra club e calciatori, quasi tutti di B, rinviati come un pallone al giudizio della Disciplinare. E ci sono alcune richieste strampalate, le gaffe, le proteste, le urla alla fine del presidente della Nocerina: sì, ma non solo. Perché quelli che oggi rischiano la radiazione promettono domani di chiedere i danni, se arriverà l'assoluzione della magistratura ordinaria. Cifre a sei zeri, neanche a dirlo. Il contropiede degli accusati va in scena sul viale delle Olimpiadi, la strada che solitamente conduce i calciatori allo stadio Olimpico — maestoso, il tetto bianco avorio sotto la luce del sole, qualche metro più in là — ma che stavolta li vede fermarsi poco prima, all'Ostello della gioventù, dove si celebra il processo. Arrivano con i loro trolley da trasferta, fotografati e ripresi da operatori che non li riconoscono (da Al Jazeera a France 2, gli accreditati sono un centinaio) e invece i calciatori che non ci sono hanno una buona scusa — il carcere, gli arresti domiciliari, l'obbligo di firma — o sono in vacanza, o ancora hanno scelto di non presentarsi, di affidarsi agli avvocati scelti. E infatti è lì, nell'aula al piano seminterrato dove si svolge l'udienza, che il contropiede parte: l'avvocato Francesco Maresca parla di «danno economico per i giocatori sospesi o radiati, danno che diventa insopportabile se l'esito del processo penale fosse diverso da questo. . . ». Dice, lui che difende Mario Cassano, il portiere accusato da Doni di aver biscottato un rigore ormai famoso, che questa giustizia sportiva sta «imponendo dei tempi insopportabili. E in caso di condanna in questo procedimento, ma di assoluzione nel processo ordinario, chiederemo risarcimento». A perfezionare «l'attacco» è un avvocato noto, il legale delle stelle, come lo chiamano, da tanti anni difensore di Maurizio Costanzo, Maria De Filippi, e che, data la lunga e brillante carriera, si è occupato di un po' di tutto, dalla Banda della Magliana al terrorismo (rosso e nero): ecco, per Roberto Ruggiero, in una delle pause del processo, «Mario Monti ha ragione, per me basterebbe un anno di sospensione, ma che crolli il sistema calcio! La giustizia sportiva ha dimostrato, con l'autonomia, di non essere efficace: visto quanti scandali? Zamperini, il mio cliente, lo radiassero pure. Poi una volta assolto dalla giustizia ordinaria, la Figc ci risarcirà». Sorride: «Gli faccio sequestrare il palazzo, pignorare i mobili». Torna serio, e quantifica: «Per lui un paio di milioni, se lo facesse anche Stefano Mauri potrebbe chiederne dieci». È evidente che, nell'aula del processo sportivo, l'obiettivo (fallito) degli avvocati fosse ottenere la sospensione in attesa della conclusione delle carte da Cremona, e che un altro scopo potrebbe essere fare pressione sui giudici del calcio, indebolirli, chissà. «Ma no, è la legge, c'è una sentenza della Cassazione nel 2006 — dice Ruggiero — secondo la quale il procedimento disciplinare va sospeso, "si impone", perché da quello ordinario può dipendere l'esito anche di questo». Per lui, detto a gran voce in aula, quello tra giustizia ordinaria e sportiva non è solamente un intreccio: «È un incesto».
  12. Così si offusca la vera inchiesta di DAVIDE COPPO (Studio 01-06-2012) Come per magia, se Buffon non è andato allo scandalo, lo scandalo è andato a Buffon. Puntuale come un orologio svizzero, come tutti sapete, è giunta la ripicca: una nota di sei pagine della procura di Cremona che testimonia come Buffon abbia trasferito 1 milione e 585 mila euro alla persona di Massimiliano Alfieri, titolare di una tabaccheria a Parma (l’equazione tabaccheria-ricevitoria è immediata e pruriginosa) e – secondo la testimonianza dell’avvocato Corini – amico fraterno del capitano della Nazionale. Si precisa che la nota è stata inserita in un normale scambio di informazioni tra procure (Torino e Cremona, appunto) e che il portiere non è in alcun modo indagato per nessun illecito. Il day after si apre con i soliti titoloni-sentenza: 1) Corriere della Sera, “Scommesse, gli assegni di Buffon” in prima pagina, e “Shock Buffon, scommesse per 1,5 milioni” all’interno. 2) Il Fatto Quotidiano, “Puntate vietate per oltre un milione e mezzo – Le scommesse di Buffon, gli azzurri nella bufera”. 3) Repubblica, “Buffon, scommesse per 1,5 milioni”. L’Unità, “Buffon puntò 1,5 milioni”. Inutile dire che non vi è prova che Buffon abbia scommesso quei soldi, inutile segnalare che l’illecito eventuale non riguarderebbe lo scandalo denominato “Last Bet” o “New Last Bet” ma la violazione della norma Figc che proibisce ai professionisti di puntare denaro su partite calcistiche (e soltanto calcistiche). Insomma, nulla di penale, semmai sportivo. Lo stesso Prandelli, che sta nel complesso gestendo l’assurdità della situazione in maniera discreta (per vendere due copie il tirassegno sulla Nazionale è la scorciatoia perfetta), l’ha sparata grossa in mattinata odierna: «Se serve, rinunciamo all’Europeo». Ma come, a sette giorni dall’esordio? Sarebbe forse contento Mario Monti, che potrebbe barattare l’ambita sospensione per «due o tre anni» dei campionati di calcio italiani per una rinuncia alla competizione continentale, senza pensare agli introiti che verrebbero a mancare (le tasse sugli stipendi dei professionisti si aggirano intorno al miliardo di euro, per dirne una). L’importante non è giocare, ma fare sensazione. Il tutto ha un doppio effetto collaterale: quello di destabilizzare il gruppo azzurro, pratica da cui nessuno trarrebbe alcun vantaggio, e quello più grave di distogliere l’attenzione dall’inchiesta originale, dalla vere colpe e dai veri indagati. Perché laggiù, nelle carte dei pm, c’è un mondo marcio, uno schifo vero, quello di Doni, Masiello, Gervasoni, Paoloni. Il marcio che ha parzialmente falsato – si può dire senza esagerare – l’andamento di più campionati di Serie B e Lega Pro è provato, appurato, limpido sotto il sole della giustizia. Non sono “sfigatelli”, sono rei confessi, ingranaggi di una rete criminale internazionale. Questa inchiesta non è un bluff, ma rischia di apparire tale se la verità dei fatti appurati viene occultata a favore dello spettacolo del sensazionalismo. Sette club hanno patteggiato, ma nessuno di questi si chiama Juventus, Inter o Milan. Sedici giocatori sono già stati condannati, ma rispondono ai nomi di Ruopolo, Tamburini, Conteh. Nessun Bonucci, nessun Buffon, nessun Totti e nessun Pazzini. Ma con i colpevoli di serie b non ci si fanno i titoli, e pazienza se la cancrena delle scommesse illecite e delle partite truccate sia iniziata lì, nei campionati minori, persino in Svizzera, al Bellinzona. C’è una Nazionale in odore di Europeo, perché non spararci sopra?
  13. Grazie di tutto, Buffon. Ora, però, a casa di GIANFRANCESCO TURANO dal blog RAGÙ DI CAPRA 01-06-2012 Gigi Buffon, il migliore portiere italiano dopo Dino Zoff, deve essere rimandato a casa. Ha scommesso, e pesantemente, per interposto tabaccaio. Ha violato una norma del regolamento Figc introdotta nel 2005 e non si vede come possa essere il capitano dell’Italia agli Europei. Né si vede perché dovrebbe rimanere nel ritiro di Coverciano soltanto perché, a differenza di Mimmo Criscito, non risulta indagato sul piano penale. Per la giustizia ordinaria, scommettere non è un reato. Ogni cittadino può farlo. Dunque, Buffon non può essere messo sotto inchiesta per avere puntato 1,5 milioni di euro alla Lottomatica. Ma la violazione, in termini sportivi, è molto grave, soprattutto da parte di un calciatore che, pochi giorni prima, aveva espresso il suo parere su certe partite aggiustate di fine campionato con la frase “meglio due feriti che un morto”. Il portiere della Juventus, al momento, non ha commentato i movimenti di denaro ricostruiti dalla Guardia di Finanza. Lo ha fatto per lui il club di Andrea Agnelli che, ispirandosi al proprietario del Milan, ha invocato strane coincidenze temporali e la mitica “giustizia a orologeria”, visto che le puntate del campione del mondo risalgono al 2010. E allora? È scattata la prescrizione della martingala? O, nel frattempo, Gigi si è redento? Purtroppo Buffon è uno dei non pochi calciatori (vedi Beppe Signori o Cristian Vieri) con il vizietto delle scommesse. È un vizio che ha portato il calcio italiano al punto di non ritorno creando un mercato parallelo di faccendieri nazionali ed esteri pronti a puntare per conto e dai conti dei tesserati Figc. La colonna portante di questo sistema è proprio nella frase di Buffon. Col morto non si guadagna. Con i due feriti, sì. E quando proprio il morto non si riesce ad evitare, la famiglia del caro estinto può sempre consolarsi giocandosi un over o un risultato a sorpresa come accadeva con il Bari avviato alla retrocessione in B nel torneo 2010-2011. Che fare? La reazione al caos del presidente Federcalcio Giancarlo Abete è quella di un uomo confuso, incapace di reggere la pressione dei club espressa dalla Lega calcio, commissariato nei fatti, in affanno tra i buchi di una giustizia sportiva che da anni garantisce una giustizia parziale, saltuaria e a corrente alternata. In quanto alla campagna di moralizzazione, non si capisce perché Criscito sia stato espulso da Coverciano e Bonucci, pure indagato, resti in ritiro. Dopo gli arresti di Bari e di Cremona, il caso Buffon è la mazzata finale. Non c’è bisogno di mosse drastiche, come quella annunciata da Prandelli (”se serve non andiamo agli Europei”). C’è un modo più semplice per presentarsi negli stadi dell’Europeo evitando la patente di nazionale Magliari&Taroccatori. Quindi, grazie Gigi. Sei sempre il numero uno. Ora, però, vai a casa.
  14. LE “PUNTATE” DI BUFFON E LE PAROLE DI PRANDELLI Disinfestiamo il calcio, prima che sia tardi di GIGI GARANZINI (Il Sole 24 ORE 01-06-2012) In attesa di poter pesare finalmente i fatti, si possono cominciare a pesare le parole. Erano state molto dure quelle pronunciate ier l'altro da Gigi Buffon, che della Nazionale non è soltanto il portiere ma è soprattutto il capitano. Sono in compenso molto lievi quelle cui ha fatto ricorso Cesare Prandelli, che della Nazionale stessa è il commissario tecnico, e da ieri fa ufficialmente rima con sfigatelli. Buffon se l'era presa, nientemeno, con stampa e magistratura. Senza dedicare un solo accento, come dire, ai compagni che sbagliano. Anzi, agli amministrati che sbagliano, visto che da un paio di settimane il portiere azzurro è anche vicepresidente dell'associazione italiana calciatori. Strano però, proprio per un portiere, pensare che la miglior difesa sia l'attacco. A maggior ragione se, preparando la partita, non si tien conto del pericolo di un contropiede improvviso, quale quello messo a segno ieri dall'informativa della Guardia di finanza. Non è indagato Buffon, e continua a valere per lui come per tutti la presunzione d'innocenza. Ma se dopo aver dato una scorsa alle cronache qualcuno dovesse concludere che in materia di maîtres à penser se ne son visti di più autorevoli, beh, potrebbe non essere del tutto fuori strada. Prandelli in compenso non se l'è presa con nessuno. Se non, per l'appunto, con quei pochi sfigatelli che rovinano l'immagine del nostro calcio. Pochi sfigatelli? Nessuno pretende da un commissario tecnico la lettura degli atti giudiziari, visto che c'è già da tanto da fare con le palle inattive. Ma un'occhiata al quadro d'insieme no? Alle proporzioni del fenomeno neppure? E già che ci siamo, perché Criscito no e Bonucci sì? Alla fine, anzi all'inizio di questa scopertura di una fogna in piena regola, dove c'è spazio per esempio per un'intercettazione in cui Sculli parla di Toni con un pregiudicato dicendo «ho certe sue foto», come un Corona qualsiasi, e chissà che almeno non arrossisca chi lo dipinse come un eroe, Sculli, per aver parlamentato con gli ultras il giorno della vergogna di Marassi, alla fine le uniche parole di questi giorni che abbiano avuto un senso compiuto sono quelle pronunciate da Mario Monti. Già il solo fatto che il Professore, per una volta, avesse rinunciato ai suoi toni flautati e anziché al fioretto dell'ironia, o del sarcasmo, avesse fatto ricorso alla clava, qualcosa doveva pur significare. Poi sui due-tre anni piuttosto che sui due-tre mesi si può anche ragionare. Purché sia il tempo necessario alla disinfestazione.
  15. LA CRISI Gli insostenibili costi del calcio In Italia stipendi al 75% dei ricavi Il mondo del pallone è in salute: il fatturato in Europa sfiora 17 miliardi di euro, ma i conti non tornato. Secondo la ricerca Deloitte solo la Bundesliga e la Liga spagnola sono vicine all'equilibrio di LUCA PAGNI (Repubblica.it - ECONOMIA & Finanza 31-05-2012) MILANO - Nemmeno la crisi (e tantomeno gli scandali legati alle scommesse) riescono a stoppare la popolarità del calcio. E conseguentemente continuano a crescere i numeri dell'economia che gira attorno al mondo del pallone e alle sue società. Nel 2011 sono saliti i fatturati complessivi delle società europee; ma allo stesso tempo il peso dei costi, in particolare degli stipendi dei calciatori, sul totale dei ricavi è sempre maggiore. Del resto, i richiami dell'Uefa e del suo presidente Michel Platini si scontrano con le ambizioni dei nuovi ricchi del pallone, emiri arabi su tutti, che non badano a spese per assicurarsi campioni e scudetti. Lo rivela la ricerca della società di consulenza Deloitte che ogni anno dedica al calcio in Europa. Il risultato più eclatante è l'aumento dei costi per un altro 4 per cento, il che porta il fatturato complessivo della Football spa a sfiorare i 17 miliardi. E nonostante la crisi, il mondo del pallone si conferma spendaccione senza riserve alcune, visto che per tutte le cinque principali leghe di serie A i costi sono saliti. I campionati di Inghilterra, Germania, Spagnia, Italia e Francia da soli raggiungono 8,6 miliardi di fatturato, con un aumeno del 2 per cento sul 2010. Ma le squadre della nostra massima divisione si confermano quelle con il peggior rapporto spese sul fatturato. Vediamo nel dettaglio. La più ricca si conferma la Premier League con 2,50 miliardi di fatturato e costi per 1,77 miliardi (70% rapporto spese sul fatturato). Al secondo posto, la più virtuosa, la Bundesliga: 1,75 miliardi di ricavi e 920 milioni di costi (rapporto al 53%). Poi viene la Liga spagnola, dove il fatturato è salito a 1,72 miliardi con i costi a 1,01 miliardi (rapporto al 59%). Infine la Serie A, con un fatturato di 1,55 miliardi e spese per 1,16 miliardi (per un rapporto pari al 75%). Ultima la Ligue 1 francese, il cui rapporto fatturato/costi è pari a quello italiano. Ma ci sono differenze importanti tra i campionati e non di secondo piano. Grazie alla politica di tetto agli stipendi avviata già da tempo la Bundesliga continua a essere il campionato più reddittizio, superato solo dall'Inghilterra che gode di ottime entrate televisive. In Spagna la Liga è dominata economicamente dai due colossi: Real Madrid e Barcelona da soli coprono la metà del fatturato e hanno un risultato operativo positivo. Ma nel complesso il calcio spagnolo è in perdita, così come quello italiano, con ben sei società che hanno chiuso la stagione in amministrazione controllata. Infine, la Serie A è l'unica tra le leghe maggiori ad aver avuto gli stipendi in calo nel 2011 (-2%). E tutto fa pensare che dopo il calcio scommesse, il monte ingaggi sarà ancora più sobrio. Del resto, l'unica via di uscita, come sottolinea Dario Righetti, partner di Deloitte che ha lavorato alla ricerca è un accordo in Europa che dia regole uguali a tutte le società: "Il controllo dei costi rimane il problema principale delle società di calcio e per la loro sostenibilità economica. Per cui va visto con favore il pressing della Uefa per nuove regole che limitino le spese". ___ Daily chart What recession? If wage bills at top football clubs were a reliable indicator of economic activity, Europe would be doing just fine May 31st 2012, 14:27 by The Economist online ON JUNE 8th the European football championship kicks off, when Poland play Greece in Warsaw. However, most money in European football lies with clubs rather than in international matches. The English Premier League has the biggest wage bill, according to an annual report by Deloitte, a consulting firm. Italy’s Serie A has the second-biggest, equivalent to 75% of clubs’ revenue (the highest ratio, with France’s Ligue 1). Alas, Italian football is suffering from a new bout of an old financial ailment: allegations of match-fixing. Two games in Serie A and several in Serie B, the second division, have been called into question. Players in the lower leagues are often paid late, and so might in theory be susceptible to bribes from gambling syndicates. But why highly paid top players would risk their careers in exchange for relatively small payments is a mystery. Mario Monti, Italy's prime minister, provided the punchiest explanation in an interview with La Stampa: the bribery, lies and pursuit of fame involved in the latest scandal are, he said, a “concentrated portrait of the most reprehensible aspects of Italian society.”
  16. Attualità SCOMMESSOPOLI Football clan Dietro lo scandalo del calcio boss italiani e stranieri. Mentre spunta pure la banda della Magliana di LIRIO ABBATE (l'Espresso | 7 giugno 2012) C'è persino l'uomo nero. Nel baratro di corruzione, scommesse e partite pilotate che sta inghiottendo il calcio spunta anche un fantasma delle trame. Un neofascista degli anni di piombo, che metteva a segno affari e delitti con la Banda della Magliana e già allora aveva in mano i giri di puntate malavitose. Massimo Carminati, il volto segnato dall'occhio perso in una sparatoria con i carabinieri, adesso si materializza anche negli atti dell'inchiesta di Cremona sui campionati combinati: è lui che ha ispirato "Il nero" di "Romanzo Criminale" e il suo nome potrebbe aprire la prossima pista in un sistemone di scandali così profondi da avere spinto il premier Mario Monti a ipotizzare di fermare la palla per almeno un paio di anni. Lo choc per il raid della polizia nel santuario azzurro di Coverciano, l'arresto del capitano della Lazio e l'indagine su altre 43 persone - inclusi presidenti, l'allenatore della Juventus e due nazionali - rischia di far passare in secondo piano l'incredibile pressing di gang e mafie d'ogni regione e d'ogni nazionalità che si sono infilate negli spogliatoi. È un risiko che vede lanciarsi in campo gruppi slavi, magiari, "zingari", singaporiani, cinesi, ungheresi, pronti a fondere i loro interessi con ultras veronesi, bolognesi, romani e genovesi spesso infiltrati da cosche e estremisti di destra. Ma il mucchio selvaggio protagonista della maxi-inchiesta di Cremona ha un confine insuperabile: l'asse Roma-Bari. Sotto questa linea i padroni sono altri: boss di camorra, 'ndrangheta e persino Cosa Nostra, oggetto delle istruttorie antimafia che proseguono nei capoluoghi del Sud. Ma già lo scenario disegnato dagli inquirenti lombardi incarna "il concentrato di fattori deprecabili" che ha indignato il premier e i milioni di italiani che vogliono credere nel gioco più popolare. L'asso della Locride. In questa ragnatela di partite truccate chi collega la punta dello stivale alle Alpi è un calciatore calabrese della locride: Giuseppe Sculli, attaccante del Genova, con un passato nelle file della Lazio, cresciuto in una famiglia di 'ndranghetisti a cominciare dal nonno, Giuseppe Morabito, "U Tiradritto", padrino delle cosche reggine. Il nipote del mafioso adesso è accusato di associazione per delinquere dai magistrati di Cremona. E c'è un filo che collega Sculli a Carminati. Il neofascista dalla pistola facile è stato al servizio dei Nar e della Magliana: i pentiti lo hanno indicato come il killer di Mino Pecorelli, ma è stato assolto da questa e da molte altre imputazioni. Oggi è libero e frequenta le stesse persone che Sculli riceve in hotel alla vigilia di incontri importanti. Un intreccio di contatti che per gli investigatori è più di un indizio. Il 19 marzo scorso l'attaccante del Genoa viene pedinato a Roma dagli agenti del Servizio centrale operativo. Il calciatore, nonostante la squalifica, segue la sua squadra per il posticipo serale contro la Roma. E nell'albergo ai Parioli convoca un paio di amici: il primo fa parte dello staff di fisioterapisti della Lazio mentre il secondo è un uomo con i capelli rasati, un campione di kick boxing di Milano. È l'atleta del ring a essere legato a Carminati, con contatti intensi e cadenzati anche sul ritmo dei colloqui con Sculli. La polizia ha analizzato questa triangolazione di rapporti e telefonate, che adesso è al vaglio degli inquirenti. Grifoni e mafiosi. Sculli in ogni città che va incontra o stringe relazioni con persone poco raccomandabili. A Genova compatta i mafiosi siciliani tifosi del "grifone" con altri pregiudicati e trafficanti di droga. Secondo i magistrati, è lui che spinge i compagni di squadra a combinare i risultati delle partite in modo da favorire gli "amici" scommettitori. Che puntano somme pesanti su tutto: sul risultato finale e persino sul punteggio parziale del primo tempo. Sono incredibili le conversazioni registrate tra Sculli e un paio di capi ultras - fra cui Massimo Leopizzi, con diversi precedenti penali e legami nella destra estrema - il giorno dopo la partita Genoa-Siena. Quel 22 aprile i giocatori vengono obbligati dai tifosi a interrompere il match e togliere le maglie. Fu graziato solo Sculli, a cui dalla curva dedicarono il coro "Sei uno di noi". E lui parlando con Leopizzi ringrazia per avergli "risparmiato questo affronto". Ma le frequentazioni tra il leader degli spalti e l'attaccante calabrese sono antiche. Nel 2006 il capo ultrà venne fermato con due pistole mentre andava ad ammazzare la moglie. Quando uscì dai domiciliari, ci fu una grande festa alla quale parteciparono anche due titolari rossoblu: Milanetto e Sculli. Tanta confidenza lo spinge a sfogarsi nella telefonata del 23 aprile. Il bersaglio è il presidente Preziosi, che aveva chiesto l'arresto dei tifosi violenti. "Ma come gli viene in mente di dire queste cose?", dice Leopizzi a Sculli: "Per lui in passato ho fatto anche falsa testimonianza quando sono stato sentito per la partita con il Venezia". Il discorso riguarda un'altra indagine sempre per accordi sottobanco (vedi box a pag. 54). È possibile che Leopizzi millanti, ma Sculli non lo contesta. Adesso le conversazioni sono state acquisite dai pm di Genova. E mostrano come la curva genoana fosse pronta persino a concordare con Sculli la sconfitta dei propri colori, pur di fare soldi scommettendo. A Roma pensa la Banda. L'ex calciatore Alessandro Zamperini, con un passato anche nella Roma, era il costante strumento di mediazione tra il gruppo degli "zingari" ed i calciatori, corrotti o corruttibili, della serie A. Zamperini operava in particolare nella Capitale ed avrebbe ingaggiato il capitano della Lazio Stefano Mauri. L'inchiesta ha fatto emergere due snodi. Il primo è la saldatura fra i gruppi di scommettitori genovesi e romani, realizzata grazie al solito Sculli. Il secondo è ancora più inquietante: accanto alle combine architettate da Zamperini c'era la criminalità organizzata romana. Le vecchie attività della banda della Magliana per le corse dei cavalli e partite dell'Olimpico, si sono modernizzate: ora puntano on line sul calcio, investendo sui risultati sicuri dei match pilotati di Lazio, Genoa e Lecce. E sulla piazza romana arrivano anche gi uomini di Angelo Senese, del clan camorrista dei Moccia. Ma a credere nelle virtù di Internet erano pure Federico e Michele Cossato, ex del Chievo che avrebbero messo in campo uno schieramento autonomo di veronesi: con forti capitali e giocate sui siti online austriaci. La rotta dei Balcani. Qui in Italia tutti li chiamano "gli zingari", sono gangster balcanici che però si muovevano in parallelo con un faccendiere di Singapore. L'uomo, attualmente latitante, sul finire del campionato faceva arrivare direttamente da Singapore un corriere con la borsa piena di banconote per pagare i calciatori. Il boss investiva ogni settimana 600 mila euro per corrompere e guadagnava almeno due milioni scommettendo sui risultati già decisi. Era questo fiume di soldi ad aprire le porte degli spogliatoi, dove gli "zingari" distribuivano ricche mazzette ai giocatori. Consigliati da un pool di ex calciatori, miravano alle squadre in crisi finanziaria che ritardavano nel versare gli stipendi. Loro si presentavano con pacchi di contanti, reclutando nuove pedine per la loro compagine criminale. Quando nello scorso novembre la prima retata ha fatto terra bruciata intorno agli "zingari", al loro posto sono entrati gli ungheresi che si sono limitati ad agire nella stessa maniera: varcavano la frontiera con borse zeppe di cash, assoldavano chi gli garantiva il risultato sul campo e moltiplicavano l'investimento on line. Tutti felici e contenti. Tranne i veri tifosi, costretti a vedere umiliare la passione per il calcio da questa orda di malavitosi senza frontiere. n ------- E Mezzaroma scommetteva contro se stesso di LIRIO ABBATE (l'Espresso | 7 giugno 2012) Sono quattro le partite incriminate del Siena, allenato lo scorso anno da Antonio Conte in un trionfale campionato di serie B. I pm di Cremona indagano su una serie di illeciti evidenziati dagli investigatori della polizia di Stato che coinvolgono calciatori, dirigenti sportivi, e il presidente Massimo Mezzaroma. Gli incontri sotto inchiesta si sono svolti a fine campionato, e il risultato sarebbe stato condizionato da "precedenti accordi tra dirigenti e tecnici, delle società". Dall'analisi degli investigatori emerge che il Siena, in più occasioni, avrebbe alterato il risultato "non solo per l'infedeltà di tesserati corrotti", ma anche "da vere e proprie direttive, espresse da organi dirigenziali o tecnici della compagine calcistica". Il calciatore Filippo Carobbio ha rivelato ai pm che l'incontro Siena-Torino (2-2) era stato pilotato. Questa partita garantiva la matematica promozione in serie A della formazione toscana. Per Carobbio vi sarebbe stato un illecito accordo di "non belligeranza" tra gli stessi giocatori, al punto che su di essa, come aveva detto Gervasoni, un altro calciatore che collabora con i pm, non sarebbero confluite scommesse da parte degli "zingari", i quali avevano giudicato il pareggio prevedibile e le quote troppo basse. Le accuse proseguono. Carobbio rivela al pm "gravi elementi di responsabilità" a carico del presidente Mezzaroma e fa riferimento all'incontro con il Varese. "Le dichiarazioni di Carobbio aprono uno scenario singolare che vedrebbe direttamente coinvolto il presidente toscano nel tentativo di combine della gara (poi non concretizzatosi), peraltro, finalizzato ad un'ingente scommessa sulla sconfitta interna della propria squadra". Queste dichiarazioni, sostengono i pm, "coinvolgono l'intera struttura societaria del Siena". ------- Caccia al terzo livello di GIANFRANCESCO TURANO (l'Espresso | 7 giugno 2012) Si apre la caccia al terzo livello. Al primo ci sono i calciatori corrotti. Al secondo, faccendieri e ultras che hanno fatto soldi con le partite truccate. Al terzo, i veri intoccabili, i padroni del calcio, dirigenti e proprietari dei club di serie A, quelli che si sono trovati nella tempesta a loro insaputa, che non avrebbero mai immaginato, che sanno anche in quale discoteca trascorrono la serata i loro dipendenti e, se necessario, li fanno pedinare e intercettare, ma non immaginavano che aggiustassero le partite per scommetterci. Quelli che continuano a recitare il ruolo di parte lesa. "Non voglio che i miei dipendenti e i giocatori abbiano contatto con questa gente", ha dichiarato Enrico Preziosi, proprietario del Genoa Cricket and football club, la squadra più antica d'Italia. La "gente" in questione sono i capitifosi del Grifone come Fabrizio Fileni e Massimo Leopizzi, fotografati assieme ai calciatori Mimmo Criscito e Giuseppe Sculli e agli emissari degli scommettitori stranieri. Preziosi ha la memoria corta. Leopizzi, uno dei capi della curva Nord di Marassi, condannato per avere tentato di uccidere la moglie e i suoceri, ha avuto un ruolo importante già nello scandalo del giugno 2005, quando il proprietario del Genoa comprò la partita contro il Venezia per assicurarsi la promozione in serie A con 250 mila euro in contanti. Lo ricorda uno dei pubblici ministeri del processo penale per frode sportiva concluso dall'indulto. "Tra Preziosi e i capi ultras c'erano rapporti per lo meno strani", dice il magistrato Alberto Lari. "Nei loro incontri in un ristorante genovese, il presidente era invitato a staccare il telefonino per non essere intercettato e, a sua volta, veniva registrato dai tifosi che, poi, nei colloqui telefonici fra loro dicevano di avere avuto dritte sulle partite aggiustate. Abbiamo passato tutte queste informazioni alla giustizia sportiva che, però, non ha ritenuto di dare seguito". Insomma, chiacchiere tra tifosi. Così almeno hanno deciso alla Procura della Federcalcio, anche se quei tifosi avevano rapporti diretti con la proprietà e mostravano una particolare fortuna nelle scommesse. Gli inquisitori della Figc, al tempo, hanno preferito concentrarsi sull'illecito di Genoa-Venezia. Il processo per l'illecito si è concluso con la retrocessione in serie C1 dei rossoblù. I guai di Preziosi includono anche gli arresti nel settembre 2005 per la bancarotta del Como e una condanna penale a 23 mesi in primo grado prima che subentrasse l'indulto. Sotto il profilo della giustizia sportiva, il curriculum del "Prez" contempla due condanne al massimo della pena. Una a cinque anni di inibizione con proposta di radiazione per il crac del Como e l'altra a cinque anni con proposta di radiazione per Genoa-Venezia. Un'altra inibizione gli è arrivata per la cessione di Thiago Motta e Diego Milito all'Inter di Massimo Moratti, che lui non avrebbe potuto trattare perché già inibito. Eppure, dopo un lungo iter di ricorsi, Preziosi è bene in sella grazie ai suoi rapporti con i potenti della Lega calcio. Gli ultras, a loro volta, sono ancora saldi al timone della curva e Sculli ha fatto in tempo a diventare un eroe quando, durante Genoa-Siena dello scorso aprile, ha fatto da mediatore con i tifosi infuriati per lo 0-4. Tra loro, l'amico Fileni. Alla fine, su ordine degli ultras avallato da Preziosi, i suoi compagni si sono tolti la maglia. Sculli, il nipote del boss Peppe "Tiradritto" Morabito, la maglia l'ha tenuta. "Nel calcio c'è più omertà che nella mafia", conclude un investigatore dello Sco della polizia. E, occupandosi abitualmente di crimine organizzato, sa di che parla.
  17. Dopo lo sfogo a Coverciano è spuntata l’informativa sul portierone. Ma, con mezza Italia che sapeva degli arresti da un mese, questa «rivelazione» lascia molti dubbi... La vendetta dei pm Chi sbaglia deve pagare. Ma la sberla non sembra arrivare per puro caso... di FABRIZIO BIASIN (Libero 01-06-2012) Gigi la Trottola un giorno sputa veleno contro tutto e tutti e quello dopo finisce nel letamaio più lurido che c’è. Gigi il Bullo non ha paura di dire quello che pensa, e una volta inneggia al «boia chi molla» e quell’altra dice che «a volte sono meglio due feriti piuttosto che un morto» (parla di partite aggiustate con taciti accordi nei finali di stagione, mica di gangster con l’orzaiolo). Gigi il milionario, in definitiva, è sempre «nei premi», secondo il principio che se c’è un casino pallonaro puoi star tranquillo che lui c’entra qualcosa o quantomeno dice la sua, neanche fosse lo studente secchione in prima media. Nel caso specifico ci ritroviamo a parlare di un milione e mezzo di bruscolini che il capitano della beata Nazionale azzurra e della sacra Juventus avrebbe utilizzato per scommettere su eventi sportivi non meglio specificati. Mica cento lire, una cucuzza e mezzo. Il vizietto Ora, detto che saranno anche cavoli di Gigetto se ha il vizio del «punta e vinci» e vuole sputtanarsi la paghetta al picchetto, detto pure che un milione e mezzo per il signor Seredova sono una somma tutto sommato non esagerata (ne incassa sei a stagione solo di ingaggio), detto questo e quell’altro, la verità è che se sei un tesserato Figc non puoi scommettere per regolamento e se ti beccano sono affaracci tuoi. Bene, tutti d’accordo: Gigi il pirlacchione è nella m***a come una mosca affamata. Prima di affilare la mannaia per sgozzarlo tipo capretto il dì di Pasqua, però, ci preme fare un paio di considerazioni. La prima riguarda la solita noiosissima faccenda del «garantismo »; e quindi Gigione è innocente fino a prova contraria (in ambito sportivo, sia chiaro, perché di penale qui non c’è proprio niente). Per capirci: meglio evitare di sputare addosso al campione del mondo 2006 prima di fare la figura di quelli che erano fuori dal Raphael a tirare le monetine sul capoccione di Craxi e qualche tempo dopo hanno cambiato idea («In fondo era una brava persona, il Bettino»). Lingua lunga La seconda considerazione ci fa leggermente girare i santissimi. Da che mondo e mondo il calciatore tipo è facilmente definibile: più o meno bravo a giocare, mediamente inetto, abile a interloquire come un licheno siberiano (giornalista: «Hai giocato bene oggi». Risposta: «Ringrazio il mister ». Giornalista: «Domenica c’è una partita importante». Risposta: «Rispettiamo tutti gli avversari, ce la metteremo tutta per vincere»). Gigi il pestifero è un bel po’ diverso dai colleghi: dice sempre quel che pensa. La sua favella gli ha creato parecchie rogne in carriera, ma ora siamo ai massimi livelli, al «tu rompi le balle a me e io le rompo a te», al «hai voluto fare il fenomeno e mo’ te la prendi in saccoccia». Cioè, il portierone canta come un usignolo in conferenza stampa a Coverciano, attacca pm, giudici, giornalisti, dice quello che pensa (e alcune cose sono francamente esagerate, ma altre sono pura verità), veste i panni del capitano coraggioso e cosa succede? Il giorno dopo si becca il siluro nel didietro. Diciamo le cose come stanno: se Buffon ha scommesso di nascosto alla faccia del regolamento sportivo, allora è giusto che venga squalificato e finisca in prima pagina come l’Alba Parietti dei bei tempi. Quello che non è accettabile è che un cumulo di scartoffie pregne di inghippi, fatti e fatterelli succosi (se pubblichiamo sei pagine un motivo ci sarà. . . ) venga a galla proprio il giorno successivo alla conferenza «accusa-inquirenti». Sarà puro caso, ci mancherebbe, ma le carte dicono che certi fatti a Cremona erano noti da parecchio tempo. Persino noi poveri giornalisti di Libero sapevamo da giorni e giorni che nella città del torrone stava per esplodere il macello. E allora vien da pensare male se improvvisamente saltano fuori le magagne di Gigi, calciatore dalla lingua lunga, troppo lunga. Puro caso? Difficile immaginare cosa accadrà, anzi no. Buffon da ieri è per tutti un maledetto scommettitore che parla bene e razzola male. Qualcuno lo fischierà, altri chiederanno (come nel 2006) che venga escluso dalla Nazionale (salvo poi pentirsi quando abbiamo tirato il collo ai Galletti francesi). Poi magari verrà assolto, ma la faccenda finirà in un trafiletto. Viceversa sappiamo che da oggi nessun calciatore oserà più dire quello che pensa, perché ognuno di noi ha i suoi scheletri nell’armadio (più omeno grossi, per carità): non si sa mai che in procura ci sia un fascicolo a nome «Mario Rossi » pronto a finire in pasto a noialtri giornalisti assatanati.
  18. Buffon, la giustizia e i due cortocircuiti La tecnica di sputtanare i non indagati e le leggerezze dei calciatori Editoriale de IL FOGLIO 01-06-2012 Forse Gigi Buffon avrebbe dovuto evitare, qualche giorno fa, di spiegare ai giornalisti con nonchalance che i pareggi combinati a fine stagione sono all’ordine del giorno. Così come avrebbe dovuto immaginare che il suo attacco al circuito mediatico-giudiziario lo avrebbe proiettato al centro dello stesso. Il portiere della Nazionale mercoledì ha denunciato il clima attorno alle inchieste sul calcioscommesse per cui i giornali sanno tutto quello che succede nelle procure in anticipo e le procure spesso si dedicano più allo spettacolo che alla ricerca della verità (prassi piuttosto consolidata da qualche anno in Italia, che peraltro scandalizza solo oggi molti neo garantisti che in altri casi applaudivano il lavoro dei magistrati). Fatto sta che dopo l’atto di accusa a pm e giornali, Buffon ieri e oggi si è ritrovato accusato sui giornali per una serie di scommesse che avrebbe giocato nel 2010. A fine dicembre 2011 la procura di Torino ha chiesto a quella di Cremona gli atti in cui Buffon, in un’intercettazione, viene definito persona dedita alle scommesse. Questo perché la Guardia di Finanza aveva recapitato un’informativa riservata (talmente riservata che ieri pomeriggio si poteva scaricare da Repubblica.it) in cui segnalava versamenti di denaro per un milione e mezzo effettuati da Buffon al titolare di una ricevitoria di Parma. E per questo non poteva “escludere a priori che il soggetto segnalato abbia posto in essere un’intensa attività finanziaria legata al mondo delle scommesse sportive”. Curiosamente questa informativa, datata giugno 2011, è uscita soltanto ieri. Buffon non risulta indagato né a Cremona né a Torino (e quante cose non si possono escludere a priori!), ma i siti hanno subito parlato di “scommesse milionarie di Buffon” (Corriere.it, ore 18) confermando nei fatti le accuse del portiere: tra procure e giornali c’è un circuito vizioso che tende a punire in modo esemplare chi ne denuncia le storture. Va da sé che se in futuro risultasse un coinvolgimento di Buffon in un giro di scommesse illegali questi andrebbe giudicato e punito, ma la tecnica di sputtanare chi ancora non risulta indagato davanti all’opinione pubblica è un vecchio vizio che è duro a morire. Forse chi gioca e allena (ieri il c. t. Prandelli ha parlato di “40-50 sfigatelli” che scommettono) dovrebbe stare più attento, soprattutto se sa di essere attaccabile (il binomio Buffon-scommesse non è nuovo, anche se non è mai stato provato nulla di illecito). E dunque, perché dare l’occasione a procure e giornali di ridisegnare a loro piacimento anche l’album Panini dopo che hanno già deciso gli organigrammi dei partiti e influito sul prossimo conclave?
  19. Poco alla volta stiamo arrivando al delirio Ecco cosa vorrebbe instillare il Fatto Quotidiano ___ Dobbiamo andare agli Europei? ------- PERCHÈ SÌ Proviamo a tifare i “probabili onesti” di OLIVIERO BEHA (il Fatto Quotidiano 01-06-2012) Apprezzo anche solo il fatto di domandarsi se sia il caso di andare o no agli Europei, visto il tracollo etico-penale di Scommettopoli: è almeno un passo avanti nell’ipocrisia e nella mafiosità ambientali imperanti da un pezzo tra i finti tonti di regime. Eppure penso che si debba andare comunque, ma a certe condizioni. Si debba andare perché a mia memoria l’ultimo Europeo senza una Nazionale fu in Svezia, nel 1992, dove la Jugoslavia frantumata nel sangue della guerra venne sostituita in extremis dalla Danimarca, con i giocatori raccolti già in vacanza sulle spiagge (che poi vinsero, e fu memorabile…). Quindi niente confronti tra 4 o 40 porcaccioni e una stagione assassina come quella. Anche perché comunque non tutto il calcio è corrotto: ma come, diamo mostrine e premi al Farina del Gubbio che denuncia la corruzione, e poi rispediamo a casa l’intiero pallone bucato sub specie azzurra? E poi mi pare indispensabile che i simboli macchiati dalla storiaccia si prendano in Polonia e Ucraina quelle palate di m… che pioveranno loro addosso, perché non siamo stati capaci di tenerli puliti. Di Buffon ho scritto da un pezzo, scommettere è un reato sportivo e naturalmente questo in Federcalcio lo sapevano tutti benissimo senza aspettare ieri la notizia. Dunque tra i prandelliani a casa non solo coloro i quali sono arrestati o indagati dalle Procure, ma a casa tutti coloro i quali per un’ipotetica giustizia sportiva sempre in ritardo, abborracciata e temo mirata, sarebbero passibili anche solo di una menzione di disonore, da Buffon in giù, senza opportunismi zozzoni. Capisco che possono sembrare conati giustizialisti, ma insomma davvero non se ne può più. Che aspettiamo, che tra i selezionati sia una specie di “23 piccoli indiani”, con Agatha Christie che dialoga con Abete? Vogliamo far ridere ancora di più? Dunque dentro gli altri, tutti quelli che sentendo l’inno non dovrebbero vergognarsi di nulla… anche se trovarne di davvero “ignari” sarà una specie di miracolo. Ma almeno tiferemo per dei “probabili onesti”. ------- PERCHÉ NO Sotto le maglie un prodotto avariato di GIANCARLO PADOVAN (il Fatto Quotidiano 01-06-2012) Un pezzo alla volta sta saltando la Nazionale. Prima Criscito, poi Bonucci e adesso Buffon. Insieme non la può certo tenere nemmeno il patetico, e ormai obsoleto, codice etico del c.t. Prandelli. Che cavilla, come un vecchio azzeccagarbugli, tra gli avvisi di garanzia ricevuti, quelli in partenza e le informative della Guardia di Finanza e della Procura di Torino. Insieme a qualche squarcio di verità ci piacerebbe anche sapere quale sarà nelle prossime ore la posizione della Federcalcio, così sollecita a depennare Criscito dalla lista dei ventitré, e muta sul resto. Forse perché le parole sono finite, forse perché di fronte a un milione e mezzo di euro buttati nelle scommesse (vietate) da parte del portiere titolare e capitano della Nazionale, non c’è nulla da dire. Certo, non basta sostenere che Buffon non è indagato, come si è fatto per Bonucci e come, probabilmente, si farebbe per qualche altro pur di far sopravvivere l’idea di una squadra alla disfatta di un ambiente. Bisogna prendere una decisione forte e onesta: rinunciare all’Europeo perché la Nazionale ha perso la sua stessa istituzionalità. L’ipotesi, che sarà subito rispedita al mittente in nome della Realpolitik calcistica, non è né un azzardo, né (solo) una provocazione. Piuttosto diventa un atto dovuto. Non perché manchino i calciatori, ma perché mancano quelli credibili. Ora, ammettiamo che in un sussulto di trasparenza, Prandelli e i vertici federali decidano di privarsi delle prestazioni di Buffon. Chi è il secondo? Morgan De Sanctis, un ottimo portiere e un’ottima persona. Tuttavia pure su di lui, solo qualche mese fa, si addensarono dubbi a proposito di un’incazzatura nel momento in cui la sua squadra, nel finale di partita, andò in vantaggio contro il Lecce. Perché reagì così? Il punto, ovviamente, non è De Sanctis e, per quanto possa sembrare anomalo, non lo è nemmeno Buffon. È che dall’Italia – e mi riferisco ai tifosi delle nostre stesse squadre – al resto d’Europa, nessuno più crede nel nostro calcio, nessuno vuol venire nel nostro Paese per giocarci. È un prodotto avariato la cui esportazione è altamente sconsigliata e la sua diffusione quasi tossica. Prima ne prendiamo atto e, forse, prima ne possiamo uscire.
  20. TUTTO RUOTA ATTORNO ALLE DICHIARAZIONI RESE DAI DUE PENTITI «Portate in aula Gervasoni e Carobbio» Coro unanime degli avvocati degli altri tesserati: «Serve un confronto». Ma Palazzi dice no Il patteggiamento dei due (20 mesi a testa) di fatto cristallizza le confessioni e suona come un verdetto anticipato per tutti gli altri di ETTORE INTORCIA (CorSport 01-06-2012) ROMA - Tutti contro Gervasoni e Carobbio. Questo primo round dell'estate 2012 è un processo che ruota essenzialmente intorno alle dichiarazioni rese dai due nuovi pentiti. In buona parte anche il rito che sarà celebrato a luglio si baserà sulle loro rivelazioni. C'è un solo modo, dunque, per demolire l'impianto accusatorio: mettere in discussione la credibilità dei due. Il fatto è che ieri Gervasoni e Carobbio, attraverso i propri legali, hanno patteggiato: 20 mesi di squalifica a testa, una sanzione equa, secondo il procuratore federale Palazzi, che ha riconosciuto l'atteggiamento collaborativo avuto dai due calciatori. In effetti, dopo aver vuotato il sacco a Cremona, non potevano regolarsi diversamente in Federcalcio. Alla luce del patteggiamento, Gervasoni e Carobbio escono di scena: viene meno, dunque, la possibilità di un confronto con buona parte degli altri tesserati deferiti proprio in base alle loro dichiarazioni. Di più: il patteggiamento cristallizza le loro confessioni come un dato di fatto, indiscutibile. Per qualcuno, la pena "concordata" con l'accusa suona già come un giudizio anticipato nei confronti degli altri tesserati. L'AFFONDO - A guidare l'affondo nei confronti di Gervasoni è l'avvocato Rodella, che fa riferimento alla posizione di Mastronunzio - uno dei tanti giocatori tirati in ballo per Ancona-Mantova 2-2 - ma che amplia il discorso anticipando temi del secondo processo: « Nutro sospetti sull'attendibilità di Gervasoni. Quando un mio cliente mi giura su mamma, moglie e figlia che le accuse non sono vere, devo credergli. Il contraddittorio è l'unico modo per garantire il diritto alla difesa ». L'avv. Rodella parla di « artificiose consonanze » nelle dichiarazioni rese dal « duetto Gervasoni-Carobbio » e chiede che i due vengano comunque ascoltati in fase dibattimentale, pur in presenza di un patteggiamento. Tutti vogliono ascoltare Gervasoni: i legali di Narciso, Nassi e Locatelli; il Monza; la difesa di Job, che vuole anche Conteh (altro patteggiamento) in aula; l'avvocato di Gianni Rosati, ex diesse della Reggina, e quello di Federico Cossato. E l'avvocato di Gianluca Nicco, Flavia Tortorella, rincara la dose: « Che io sappia sono l'unica che ha anche già incartato una querela nei confronti di Gervasoni ai sensi dell'art. 368 del codice penale ». Cioè per calunnia. L'avv. Grassani, per conto del Padova e di Italiano, ha chiesto che vengano ascoltati entrambi i pentiti, Gervasoni e Carobbio. LA REPLICA - Il procuratore Palazzi ha risposto un secco no: «Ribadisco l'attendibilità delle dichiarazioni, non è significativo ascoltare di nuovo i due dichiaranti ». Insieme con l'opposizione della Procura, è arrivata la reazione della difesa di Gervasoni: « Sento parlare di dichiarazioni non attendibili. O di calunnie. Secondo qualcuno, rispondono a una strategia difensiva. Se si trattasse di una strategia difensiva, francamente sarebbe stata una tattica suicida ».
  21. In un’informativa i sospetti sul n.1: più di 1,5 milioni per le puntate, ma non è indagato Agnelli lo difende, Nazionale turbata E anche Bonucci è indagato Il gioco si fa duro Le scommesse shock di capitan Buffon di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 01-06-2012) Una manciata di assegni per un totale di un milione e mezzo di euro "movimentati" in soli nove mesi imbarazzano Gianluigi Buffon. Allegato all´ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Cremona nei giorni scorsi per Mauri, Milanetto ed altri, c´è un documento che racconta di una indagine della procura di Torino nata da una segnalazione fatta dalla Banca d´Italia alla Guardia di finanza. Il conto corrente del calciatore - si legge nell´informativa datata maggio 2011 - avrebbe registrato «un´anomala movimentazione caratterizzata dall´emissione nel periodo gennaio 2010-settembre 2010 di 14 assegni bancari, di importi tondi compresi tra 50mila ed euro 200mila per un totale di 1.585.000 euro tutti a favore di Alfieri Massimo (titolare di tabaccheria a Parma, abilitata, tra l´altro, alle scommesse calcistiche)». Nella relazione è riportata anche la versione dell´avvocato di Buffon che però non è molto utile a chiarire perché un calciatore dovrebbe fare assegni milionari a un tabaccaio abilitato alle scommesse calcistiche: «L´avvocato Marco Valerio Corini, legale che segue il calciatore da anni, a tutela della privacy del suo assistito, non ha voluto dettagliare la ragione dell´operatività segnalata. E si è limitato a descrivere il beneficiario degli assegni come persona di assoluta fiducia, spiegando che i trasferimenti di liquidità sono volti a tutelare parte del patrimonio personale di Buffon. L´avvocato ha, inoltre, accennato ad una società fiduciaria e all´acquisto di immobili a Parma, senza specificare l´esistenza o meno di scritture private o atti di compravendita donazione». L´analisi della Gdf dimostra «come a fronte dei rilevanti fondi trasferiti da Buffon, sono puntualmente identificabili addebiti di importo abbastanza comparabile tramite Rid a favore» di Lottomatica Spa e Lis Finanziaria Spa. E non si può dunque escludere che Buffon «abbia posto in essere un´intensa attività finanziaria legata al mondo delle scommesse sportive». Tutto abbastanza fumoso per generare più di un sospetto. Come sintetizza il pm, nella missiva d´accompagnamento alla richiesta: «Questo ufficio – scrive - ha in corso accertamenti (…) relativi ad ingenti somme di denaro che lo stesso Buffon (che non è indagato, ndr) avrebbe utilizzato per scommesse presentate avvalendosi di soggetti terzi». Scommesse che, nel caso avessero ad oggetto partite di calcio (come ipotizza la banca d´Italia), sarebbero assolutamente vietate dalla Federazione e comporterebbero una pesante squalifica per il giocatore che per altro era già stato al centro di un caso simile nel 2006. Allora la sua posizione fu archiviata dopo che il capitano raccontò ai magistrati di aver sperperato, sì, una fortuna ma non in scommesse sportive, bensì nel cosiddetto "gioco delle palline", un videogame d´azzardo. Atterrato a Zurigo nel pomeriggio – la notizia è venuta fuori mentre la nazionale era in volo – Buffon non ha voluto commentare (mentre il suo avvocato parla di «imboscata»). A dire due parole è il capo spedizione, Demetrio Albertini che difende senza titubanze l´ex collega: «Ora basta con queste illazioni, non c´è nulla, quando ci sarà qualcosa parleremo». In mattinata la Figc era stata raggiunta dalla notizia "ufficiale" secondo cui anche Bonucci è indagato per associazione a delinquere, nello stesso giorno e per lo stesso reato di Domenico Criscito al quale però è stato riservato un trattamento ben diverso: è stato costretto a lasciare la nazionale. A parlare è anche il presidente della Juventus, Andrea Agnelli il quale fa notare come sia «strano che l´informativa sia uscita oggi (ieri,ndr)». Vale a dire il giorno dopo la polemica con il pm Di Martino sollevata dal giocatore in conferenza stampa dal ritiro di Coverciano. La "storia" del documento lascia però pensare ad una vera coincidenza. Il 29 dicembre del 2011 il pm Parodi legge sul quotidiano "la Stampa" una notizia proveniente da Cremona che parlava di una intercettazione nella quale si faceva riferimento al "vizio" di Buffon, prende carta e penna e scrive al collega di Cremona per avere la trascrizione integrale. Nel motivare questa richiesta riporta l´intera relazione della Guardia di Finanza che, molto prima della polemica con Buffon, finisce tra i documenti allegati agli arresti eseguiti lunedì scorso. E quindi pubblici da quasi una settimana. __ LE PUNTATE DEL CAPITANO di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 01-06-2012) Un milione e mezzo di euro scommessi in un anno: non è un reato, ma se ti chiami Gigi Buffon e sei il portiere della nazionale, forse non è il massimo dell´eleganza. Anche perché il Coni proibisce ai calciatori le scommesse sulle partite, e nessuno può sapere se Buffon puntasse i suoi ingenti capitali anche lì, tra campi e parquet, oppure se preferisse limitarsi a ipotizzare il sesso dell´eventuale primogenito/a di William e Kate. Grandissimo atleta, Gigi Buffon era già cascato nella trappola del gioco nel 2006, prima dei mondiali poi vinti in Germania: lo convocarono, e lui riuscì a convincere la giustizia sportiva che le sue scommesse riguardavano solo il "gioco dei pallini". Insomma, Gigi ha il vizio, patisce la "scimmia" dell´azzardo, un po´ come accadeva a Beppe Signori (che scommetteva anche sui Buondì Motta, poi però non si fermò alle merendine), ma giura di non mescolare professione e "hobby": ognuno, in fondo, può bruciare il denaro come crede, soprattutto quello guadagnato con poca fatica e divertendosi. Anche se, in tempo di crisi devastante, la cosa assomiglia a una beffa per tante persone che non arrivano al 27, non quello della roulette. Una domanda, dunque, a Buffon bisogna rivolgerla: ha mai scommesso sul football? Nella settimana più devastante nella storia del calcio italiano, con giocatori in galera perché si vendevano le partite e azzurri svegliati dai poliziotti a Coverciano, il milione e mezzo di Buffon non aiuta a rasserenare l´atmosfera. La nazionale è in partenza per gli europei, e sia ben chiaro che il risultato sportivo a questo punto è l´ultimo dei problemi, rispetto al destino e alle condizioni generali del nostro sport più amato; ma Buffon di quella squadra è il capitano, il leader, e non sarà facile pensare che uno scommettitore compulsivo e recidivo come lui possa, allo stesso tempo, essere il simbolo della squadra che rappresenta un intero Paese. Ammettiamolo, non può non sorprendere la tempestività con cui la notizia del milione e mezzo di euro è diventata di pubblico dominio: guarda caso, il giorno dopo la durissima (e un tantino incauta) esternazione dello stesso Buffon contro giudici e giornalisti. Qualcuno grida già alla vendetta. Ma ciò che conta sono i fatti. In quell´esternazione il portiere juventino si era un po´ confuso tra reati e notizie: la stampa fa il suo mestiere, i magistrati indagano, i tribunali giudicano (quelli sportivi un po´ meno, e con più calma) e gli atleti, fino a prova contraria, devono pensare a rispettare le regole. Compresa quella che vieta loro le scommesse sportive. Allo stesso modo, è un po´ puerile leggere gli eventi di questi giorni come un complotto planetario contro la Juventus: Bonucci, Conte, adesso Buffon. Ognuno avrà qualcosa da spiegare, a tempo debito, e comunque la Juve non c´entra nulla, semmai può diventare parte lesa e perdere tesserati senza avere combinato nulla di male. Quello che colpisce, in questa storia, è l´assoluta mancanza di consapevolezza dei ruoli. I campioni li chiamiamo così proprio perché dovrebbero essere unici, prototipi e modelli insieme: quello che un ragazzino vuole diventare. Il capitano della nazionale dovrebbe essere un esempio. Bene, Buffon se lo lasci dire: negli ultimi mesi non lo è stato proprio, e qui non c´entrano le sue vecchie e discutibili passioni politiche. Prima quel pallone che era dentro la porta, e invece lui parò come se fosse fuori, restando ben zitto di fronte alla verità. Poi, quella pessima frase sui "due feriti meglio di un morto" a proposito dei taciti accordi in campo, a fine stagione, realtà consolidata ma ugualmente da rifiutare: perché gli atleti devono giocare sempre per vincere, non per trovare una convergenza di interessi. Infine, la brutta faccenda delle scommesse, questo incredibile flusso di denaro verso una tabaccheria di Parma. In un´Italia ammalata di miseria e povere illusioni, con la gente che all´autogrill e dal tabacchino "gratta e perde", le scommesse sono diventate un´autentica piaga sociale: vedere atleti famosi che le pubblicizzano non è un bello spettacolo. Peggio, però, se quegli stessi atleti trascorrono il tempo libero tra una puntata e un azzardo, eppure non avrebbero certo bisogno della dea bendata per risolvere i problemi. Il guaio è che a volte sono loro, ad essere bendati. Ciechi, di fronte alla fortuna che hanno.
  22. ilCommento di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 01-06-2012) Scandali, pasticci e patteggiamenti un po' troppo miti Prandelli ne converrà, non era il giorno più indovinato per descriverli come «quaranta sfigatelli». Dal caso Bonucci a quello Buffon, le carte della Procura di Cremona rubano la scena al primo atto del processo sportivo di Roma e non danno tregua alla Nazionale, che per inciso stasera, non si sa con che spirito, affronta la Russia nella superstite amichevole pre-Europei. Bonucci, Buffon, il processo: tre situazioni diverse, ciascuna degna di relativo approfondimento. Caso Bonucci Bonucci è indagato dalla Procura di Cremona dal 3 maggio per presunta «associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva e alla truffa». La stessa ipotesi di reato che ha mandato a casa Criscito, a carico del quale c'è stata in sovrapprezzo la spettacolare perquisizione a Coverciano con annessa notifica dell'atto. Cosa che secondo la Federcalcio fa la differenza. Il «notificato» Criscito, per Abete e Valentini, è diverso dal «non notificato» Bonucci. Mentre il Coni tace e riflette, noi ci permettiamo di dissentire dalle conclusioni cui è arrivata la Federazione che si è appoggiata ai tradizionali «pareri» tanto cari ad Abete. Che evidentemente non coincidono con quelli raccolti da noi, secondo i quali le posizioni di Criscito e Bonucci davanti alla giustizia ordinaria combaciano quasi come due gocce d'acqua. Conclusione: delle due l'una, o vanno a casa entrambi, perché l'ipotesi di reato è troppo pesante; oppure entrambi dovrebbero partire per gli Europei, perché fino a prova contraria vale la presunzione d'innocenza. La sensazione è che la vicenda non si chiuda qui. La notte, forse, potrebbe portare consiglio ad Abete. Caso Buffon A quanto sembra e risulta alla Guardia di Finanza, Buffon è incline a giocarsi pure la camicia. Fatti e soldi suoi, fin qui. Lo fa in un luogo «tra l'altro abilitato», come è scritto nelle inquiete informative girate tra la Procura di Torino e quella di Cremona, «a raccogliere scommesse calcistiche». Cosa vietatissima per un calciatore, lo dicono le norme di Figc, Uefa e Fifa. Ma il punto è proprio questo: il Buffon che si spara unmilionecinquecentottancinquemila euro beato lui o povero lui, fate voi tra gennaio e settembre 2010 in un luogo «tra l'altro abilitato» alle scommesse sul calcio ma che raccoglie pure tutto il resto dei giochi legali di questo sciagurato Paese, dove sta scritto che abbia commesso un reato o quantomeno un reato sportivo? Da nessuna parte. Certo, ripensandoci bene anche il buon Gigi poteva risparmiarsi quella sparata del giorno prima perché in certi casi il silenzio è d'oro. Ma di sicuro non può andare sotto processo, penale, sportivo e mediatico, solo perché, anche qui fino a prova contraria, ha solo un maledetto «vizietto». Se poi i «sospetti» di Fiamme Gialle e istituti bancari si rivelassero fondati, è altra storia. Che però oggi non si sa nemmeno se mai comincerà. Processo di Roma Pioggia di richieste di patteggiamento, com'era previsto. Meno prevedibile, che Palazzi le accettasse tutte e che la Disciplinare gli andasse dietro con sentenze tutto sommato miti: possibile che i tesserati beneficiati siano diventati usignoli pronti a dare il loro contributo alla causa della pulizia del calcio, così collaborativi da incassare tutti la riduzione della pena? Ancora più difficile comprendere il senso degli sconti riservati in qualche caso alle società. Si sapeva che per la discussa responsabilità oggettiva si sarebbe usata la mano leggera. Ma andate a spiegare a Empoli e Vicenza perché il pluringuaiato Grosseto deve partire grazie alla riduzione della pena da -6 la prossima stagione quando anche solo con gli stessi punti in meno sarebbe finito dietro al Vicenza, in pieni playout. Megascandalo, ma anche profumo di megapasticci. ___ l'Analisi di LUIGI GARLANDO (GaSport 01-06-2012) SIAMO STUFI ANCHE NOI Fino al primo pomeriggio di ieri, sembrava che l'unico problema a Coverciano fosse il mal di denti di Balotelli. Una parvenza di normalità salutata da Cesare Prandelli con un sospiro al momento di accomodarsi in aula magna per la conferenza stampa: «Oggi voglio parlare solo di calcio». Come non detto. Buffon e Bonucci, l'informativa della Finanzia e il registro degli indagati... Un'altra giornata livida, lunga e muta. Azzurro tenebra. Demetrio Albertini, capo spedizione all'Europeo, in volo verso Zurigo, ha sbottato: «Siamo stanchi. Non ne possiamo più di questo stillicidio», mentre il presidente della Juve, Andrea Agnelli, a Torino, trovava «singolare e grave» la tempistica della informativa su Buffon e la conferma dell'iscrizione di Bonucci nell'albo degli indagati. Più o meno il sospetto di un'esecuzione il giorno dopo l'accusa di Buffon: «La fuga di notizie è vergognosa». Quasi il bollettino di guerra di una Nazionale che si sente sotto tiro, logorata dall'attesa nel suo deserto dei Tartari, assediata da un nemico che non si vede. Forse perché il nemico non c'è. Chiediamo un piccolo sforzo agli azzurri (dirigenti, allenatore, giocatori.. . ) : guardate un attimo oltre al fortino. Oltre le mura c'è la gente, quella che ama la Nazionale, quella che spetta il pretesto di un gol per po-po-po-po-po... Non pensate che anche quella gente vorrebbe sedersi da qualche parte e sospirare: «Parliamo solo di calcio»? Non pensate che anche gli sportivi che frequentano gli stadi, i ragazzi che giocano sognando di diventare campioni «siano stanchi di questo stillicidio» di notizie giudiziarie che tolgono spazio al pallone? C'è il capitano della Nazionale che, secondo un'informativa della Finanza, ha staccato assegni per oltre un milione e mezzo, destinati al proprietario di una ricevitoria, con il sospetto di scommesse e un'indagine per riciclaggio. Tutto da provare, certo, ma intanto Buffon si è ficcato in questa situazione imbarazzante. Se uno sportivo la giudica «singolare e grave» sbaglia? Se l'86,5% che ha risposto al sondaggio di giornalaccio rosa. it non ha capito la differenza tra Bonucci e Criscito, forse è perché la mancata notifica di un avviso di garanzia, in presenza di uno status identico a quello di Criscito, pare a molti una foglia di fico che poco c'entra con l'albero del codice etico. Forse non è sotto assedio la Nazionale, ma la gente che la ama e che ha creduto all'Italia della rinascita, delle regole e del sorriso. E ora non capisce tutto. Le Procure non si divertono a piazzare provvedimenti a orologeria, ma sono al lavoro per ripulire il calcio dagli «sfigatelli» che sono più di 40. Ai giornali, credeteci, convengono più i gol che i processi. Se proprio vi serve come macumba per evocare l'effetto-2006, cari azzurri, restare pure chiusi nel fortino, altrimenti uscite incontro alla gente. Chi ha qualcosa da spiegare, lo faccia in modo limpido. E poi giocate e divertiamoci. ------- «Malato di gioco» La Parma di Gigi e la tabaccheria degli eccessi Già nel 2006, prima del Mondiale, il portiere finì al centro di un'indagine sulle scommesse di ANDREA SCHIANCHI (GaSport 01-06-2012) Il triangolo è sempre lo stesso: Buffon, le giocate e Parma. Oggi come nel maggio del 2006: allora si era alla vigilia del Mondiale di Germania, ora siamo alle porte dell'Europeo di Polonia e Ucraina. Sei anni dopo cambiano i personaggi di contorno e le cifre (se prima si ragionava su investimenti di migliaia di euro, ora siamo arrivati a 1, 585 milioni) non la sostanza. Un amico che conosce Buffon da una vita e preferisce restare anonimo, interpellato dalla Ġazzetta, a proposito di questa propensione del portiere per il gioco, parla apertamente di «malattia». Ed era stata una ex fidanzata, Linda Cerra, legata a Gigi ai tempi del Parma, a dichiarare che Buffon spendeva almeno 2 milioni all'anno in scommesse, casinò e puntate varie. L'amico tabaccaio Secondo l'inchiesta della Guardia di Finanza di Torino, Buffon giocava attraverso una tabaccheria di Parma, in via Garibaldi 42, pieno centro, gestita da Massimo Alfieri. Un giro di denaro pazzesco, più di un milione e mezzo all'anno, che ha messo in allarme gli inquirenti. Va detto subito che si tratta di giocate legali e regolari, tanto che il portiere azzurro non è neppure indagato. Il problema è che, nel caso di Buffon, si tratta di un tesserato e dal novembre del 2005 ai tesserati Figc è proibito scommettere sul calcio. Il gestore della tabaccheria è un amico di vecchia data di Gigi, uno di quelli che lo ha conosciuto da ragazzino. Gli eccessi Oggi, nel centro di Parma, tra una chiacchiera sull'ormai prossima definizione della giunta «grillina» del neosindaco Pizzarotti e un pensiero al terremoto, si discute della questione Buffon. Per la gente di Parma Gigi è un figlio. Basta una parata, un'uscita spericolata, e ci si dimentica del diploma falso comprato per evitare l'esame di maturità, del «Boia chi molla» scritto sulla maglietta, del numero 88 scelto nel 2000 che, in quanto simbolo nazista, sollevò l'indignazione della comunità ebraica. Sono alcuni degli eccessi di un ragazzo che eccessivo lo è sempre stato. Da un conto all'altro Nel maggio 2006, quando scoppiò il precedente scandalo parmigiano di Buffon, il portiere venne interrogato dal pm Errede e, all'uscita dal tribunale con il team manager azzurro Gigi Riva, si rivolse ai cronisti dicendo: «È tutto a posto, ora penso solo al Mondiale». Il 29 dicembre di quello stesso 2006, fresco campione del mondo, Buffon tirò un sospiro di sollievo: il procuratore federale Palazzi, sulla base anche di un interrogatorio dell'allora capo dell'Ufficio Indagini della Federcalcio Borrelli, archiviò il procedimento. L'inchiesta penale, invece, si basava su un'ipotesi di accusa pesantissima: associazione per delinquere e violazione della legge sulle scommesse. Era a carico di 4 persone, due delle quali legate da stretta amicizia a Buffon. In sostanza si sospettava che una somma di 10mila euro, prelevata il 16 gennaio 2006 (dopo l'entrata in vigore del divieto di scommesse per i tesserati) dal conto corrente bancario del portiere, fosse finita su quello di Paolo Pelizzoni, titolare di un internet point, come pagamento di scommesse. Buffon si difese sostenendo che quei soldi servivano per ripianare un vecchio debito. E Pelizzoni ammise che lui doveva sì avere 10 mila euro, ma non da Buffon, bensì da Alessandro Brignoli, detto Camacho, uno dei più cari amici di Gigi. In pratica, avendo il gip negato l'autorizzazione alle intercettazioni telefoniche e ambientali, la faccenda si sgonfiò, nonostante fossero state fatte inchieste accurate perfino a Malta e nel Regno Unito a caccia di intermediari e prestanome. Oggi, 6 anni dopo, a Parma si rivive la stessa scena. Non c'è un'ipotesi penale, ma si parla sempre di Buffon e di soldi puntati utilizzati per il gioco. Scommesse? Da qualunque parte la si guardi non è una bella storia.
  23. AGNELLI “Pronti per un top player La Juve sarà da Champions” Il presidente bianconero: “Singolare che l’informativa su Buffon esca ora” di MASSIMILIANO NEROZZI (LA STAMPA 01-06-2012) Andrea Agnelli, ha pianto per lo scudetto? «Ho realizzato solo qualche giorno dopo, quando ho parlato alla squadra: lì ero emozionato. La sera della vittoria non mi sembrava reale, sentivo i clacson della gente: non mi ero ancora reso conto di averla fatta grossa». Perché non era andato a Trieste? «Come per le ultime quattro trasferte. Quella con il Cesena l’avevo seguita con le mail, in un parcheggio di una fabbrica della “Chrysler”, a Detroit: figurarsi quando ho visto scritto 4 minuti di recupero». La sterzata della stagione? «A Napoli, il discorso dell’allenatore, all’intervallo. Ho pensato: “Ce la giochiamo”. Ha fatto capire le potenzialità dei giocatori, ha cambiato la mentalità. Altri 5 minuti e la vinciamo 5-3, non 4-3 (finì 3-3, ndr)». «Dal Paradiso all’Inferno e ritorno», ha scritto. 12 mesi fa mai pensato, ci tocca ancora il Purgatorio? «Dissi: “Se l’anno prossimo, di questo periodo, avremo questi problemi, allora avremo un problema. Ma erano due settimi posti diversi: il primo di fine ciclo, quello in piena fase di ristrutturazione». Uscimmo a rivedere le stelle, restando a Dante: quante sulla maglia? «Per noi gli scudetti sono trenta: come ho detto, sulla maglia ci sarà una sorpresa». Alla Cnn ha parlato di 28 scudetti. «Sul campo, trenta. Poi c’è l’albo d’oro della Federazione. Come c’era la nostra domanda per una parità di giustizia. E il nostro esposto rimasto senza risposta: sarebbe stata un’opportunità politica da parte della Figc per rimettere a posto le cose. L’Inter, che nel 2006 era arrivata terza perché in mezzo a noi c’era il Milan, è andata in giro con lo scudetto degli onesti. Tutt’al più dei prescritti. Noi rispettiamo le istituzioni, abbiamo accettato le sentenze, e chiesto di rivedere un episodio: non l’hanno fatto, quello è stato uno sgarbo». Che ne pensa dell’inchiesta sul Calcioscommesse? «Se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi in maniera severa, perché si tocca la credibilità, i sogni della gente. Però non bisogna far confusione con quello che può essere un logico ragionamento sportivo, e qui do un sostegno alle parole di Buffon. È chiaro che se serve un punto a me per la Champions e uno a te per salvarti, difficilmente uno gioca con il coltello tra i denti. Fa parte del mondo dello sport e nulla ha a che vedere con l’arrangiare le partite o le combine. Il problema è serio, ed è sacrosanto che la magistratura sportiva e ordinaria utilizzi tutti i mezzi in suo possesso per fare chiarezza. Quello che è fastidioso è come queste vicende vengono enfatizzate e spettacolarizzate». Sono finiti sotto i riflettori Buffon e Bonucci. «Gigi Buffon è un atleta assolutamente leale e non ha bisogno di arrivare a situazioni di scommesse per fare quadrare nulla. Quello che sicuramente è singolare, è che questa informativa esca oggi. Il fatto poi che Buffon non sia neppure indagato, stupisce doppiamente. Così come è singolare, e grave, che oggi venga pubblicata l’iscrizione nel registro degli indagati da parte di Cremona, trasmessa a Bari, dove si trovano anche nomi di persone che, a oggi, sono state sentite solo come semplici testimoni». Conte resterà l’allenatore della Juve anche in caso di squalifica? «Poniamoci i problemi di oggi. A quanto è la nostra conoscenza, la sua posizione è vicino all’insignificante. Poi faremo tutte le valutazioni, nel caso qualcosa si modifichi. Dopo di che, ci sono altre cose». Cioè? «Un codice di giustizia sportiva vicino all’arcaico, se pensiamo ai termini di fatturato che ha raggiunto il calcio, sui 18 miliardi a livello europeo. So benissimo che cambiare le regole in corsa è sbagliato, ma, appena possibile, abbiamo bisogno di rivedere i codici che ci governano. Paragonare la posizione di Andrea che gioca un torneo domenicale di golf con atleti professionisti di sport di altissimo livello è sbagliato: parlo di responsabilità oggettiva e omessa denuncia, per esempio. Non sarebbe l’unica riforma, però». Un menù di quelle necessarie? «Rivedere la governance della Lega di A, per essere un interlocutore credibile davanti alle istituzioni, Stato, Coni e Figc. La legge sugli impianti sportivi, che permetta ai privati di investire in maniera rapida e a condizioni favorevoli, la legge 91 dell’81 con la possibile introduzione della figura dell’atleta professionista, la tutela dei marchi, una revisione dei campionati, con la Federazione. Competere vuol dire anche darsi un orizzonte: vogliamo sostenere l’eccellenza in Europa o la mediocrità in patria ed essere il Paese campanilistico dei 60.000 comuni?» Intanto ha ristrutturato la Juve. «C’è stato un processo di grande rinnovamento, sportivo e aziendale: ogni anno dieci giocatori nuovi. In quel contesto cercare il campione che ti cambiasse il rendimento della squadra era impensabile. Oggi puoi pensare di farlo. Ma poi si apre l’altro interrogativo: andiamo a creare disequilibri o inseriamo un valore aggiunto? La risposta dipende anche da quel che si trova sul mercato: un conto è dire ho capacità di spesa illimitata, un altro che devo trovare il campione giusto a un prezzo accessibile e ragionevole». Vi siete dati un salary cap? «No. Dico solo che la Juve ha una capacità di fuoco, cioè stipendi più ammortamenti, che sta tra i 150 e i 160 milioni di euro. E che questo ci pone nelle prime dieci in Europa. Entro questa, vale tutto. Se poi vale l’equazione, rendi per quanto costa la squadra, sei sempre almeno negli ottavi o nei quarti di Champions League». Cruijff diceva: «Vinca il migliore, al di là del budget». È ancora possibile? «Sono epoche diverse. Oggi si è modificato tutto, basta prendere gli ultimi due decenni: i principali Paesi sono dominati da poche squadre. Quelle con bacino di utenza, che portano gente agli stadi e vendono immagini televisive». Di una star, pesa di più il prezzo di acquisto o la busta paga? «Lo stipendio è quello che squilibra di più». Si aspettava che Conte fosse così bravo e decisivo? «Aveva vinto due campionati di B, e poi ne conoscevo il carattere. Antonio è stato la ciliegina sulla torta, ha funzionato da acceleratore: lui conosce il dna Juve, l’ambiente, al pari di quel che io facevo in società». Il Milan vende, voi comprate: come ha fatto a capovolgere il mondo? «Duro lavoro da parte della società, e della parte sportiva. Direi Marotta, Paratici, Giovanni Rossi, Nedved, Pessotto. La capacità vera è tenere una squadra competitiva costante nel tempo, senza arrivare a fine ciclo. Noi eravamo a fine ciclo: e a un certo punto devi sapere chi cambiare. Via Zidane, uno che sembrava insostituibile, per Nedved, Thuram, Buffon. L’esempio più lampante, la capacità di rinnovarsi». Per questo non c’è più Del Piero? «Da una parte quello, e poi tutte le storie hanno una fine. Neppure il miglior sceneggiatore avrebbe immaginato di meglio: lui che alza la Coppa dello scudetto, nel nuovo stadio di cui sentiva parlare da quando era qui». Più difficile vincere la Champions o portare la “Ryder Cup” in Italia? «Sono due cose diverse. Per la Juve, stando alle risorse disponibili, vincere la Champions è un obiettivo. L’anno prossimo partecipa e ha l’ambizione di vincere. Siamo andati oltre la nostra pianificazione, non oltre la nostra ambizione. Portare la “Ryder Cup” qui è davvero difficile, perché il peso specifico del golf italiano su quello mondiale è marginale». Juve di Capello contro Juve di Conte, chi vince? «La Juve». Prandelli pagherebbe un biglietto per una partita di Zeman: lei? «Per vedere “Anfield Road”, mai sentito “You never walk alone” dal vivo». Se il top player è la squadra, come ricordava John Elkann, Van Persie, Higuain e compagni sono impossibili? «Assolutamente no: volendo, si può fare. Due anni fa sarebbe stato inutile: c’era da costruire la casa, inutile metterci una tv al plasma. Poi bisogna fare valutazioni a 360 gradi: vedere se uno è un bravo ragazzo o uno spirito ribelle. Tevez o Van Persie?» Quando non era presidente ma solo tifoso chi avrebbe preso? «Mi importava vincere». Perché Van Persie ha fatto un giro turistico a Torino? «Ah sì?» Lei come ha vissuto questi due anni? «La vera sfida è stata rivitalizzare una società che era quasi morta: due anni fa, a metà maggio, vado in sede sabato mattina e la trovo sprangata. Un anno dopo, sabato mattina, vado e ci sono 25 persone in ufficio. Ridare entusiamo a chi lavorava, ai nostri tifosi che dal 2006 al 2010 avevano smarrito la squadra: come la vecchia Dc, una tifoseria di correnti. Ma d’altronde, i cambiamenti sono di rottura e di ricostruzione». «Un sogno realizzato smette di essere un sogno», diceva Valeri Lobanovsky. Ha già il prossimo? «Lo scudetto è già finito, bisogna ricominciare da zero. Il prossimo trofeo che alzeremo sarà il più bello».
  24. Perché il calcio italiano non si può fermare Qualche numero per capire che l'idea di Monti non potrebbe mai essere applicata di FRANCESCO CAREMANI (IL FOGLIO.it 30-05-2012) Il calcio italiano non si può fermare. Non è un capriccio, non stiamo sbattendo i piedi come quel bambino cui qualcuno, per dispetto, ha voluto togliere il pallone. Semplicemente non si può chiudere da oggi a domani un settore economico del Paese: “Parliamo di un’industria da 2,5 miliardi di euro, tra serie A, B e Lega Pro, con pesi e misure diverse, più l’indotto” ha detto al Foglio.it Marcel Vulpis, direttore dell’agenzia sporteconomy.it. Il premier Mario Monti dovrà farsene una ragione, perché se da una parte il suo intervento voleva sottolineare lo sdegno per il calcioscommesse e le infiltrazioni criminali che stanno emergendo, dall’altra ha fatto la figura di tutti quelli che in Italia parlano di calcio pensando che sia solo un gioco, un passatempo per adulti poco cresciuti. “Senza dimenticare le penali che i club sarebbero costretti a pagare verso tutti i fornitori per i contratti già stipulati: dai giocatori agli sponsor. E' impossibile fermare il football tricolore sia dal punto di vista pratico che giuridico”, aggiunge Vulpis. Anche l’affondo sui soldi pubblici è parso distratto o distraente, fate voi, fatto sta che lo sport più popolare, finché dura, non prende un euro dallo stato, versando 1.100 milioni l’anno all’erario e contribuendo con altri 64 al settore arbitrale, dilettanti, settore giovanile e scolastico, giustizia sportiva (in questo caso resta il dubbio sull’efficacia dell’investimento). Forse, però, l’industria calcio dovrebbe prendere in esame alcuni dati significativi e poco incoraggianti, segno di un disamore o di un incipit dello stesso. La stagione appena finita, infatti, ha registrato in serie A un calo di spettatori del 6,8 per cento rispetto a quella precedente, a un anno esatto dall’inizio dell’inchiesta Last Bet. Peggio di noi hanno fatto solo Austria (-10,3 per cento) e Grecia (-23,5), dove la crisi economica non scherza. Disaffezione o pecunia? Chissà, però in Portogallo sono aumentati dell’8,6 per cento, in Germania del 5,7, mentre Inghilterra e Francia segnano il passo: -1,9 e -4,4 per cento. Secondo Marcel Vulpis il calcio in Italia rappresenta un ammortizzatore sociale, non si possono chiudere i rubinetti per due, tre, anni: “Sarebbe l’unica cosa per cui gli italiani farebbero la rivoluzione. Premesso che se saranno provate le accuse io sono per la radiazione, bisogna pensare, però, che solo in A ci sono circa 800/900 giocatori, fra tutte le rose, e al momento ne risulta indagato un 2, 3, per cento. Si dovrebbe essere capaci di fare pulizia senza danneggiare l’intero movimento. Anche perché dal 2000 a oggi gli episodi di calcioscommesse non sono stati rari e quasi sempre si è arrivati allo sport partendo dalla criminalità, ergo la magistratura ordinaria cosa ha fatto in tutto questo tempo?”. Ma il direttore di sporteconomy. it punta soprattutto il dito contro le società: “Sta venendo fuori che gli incontri tra calciatori e personaggi equivoci avvenivano spesso negli alberghi dei ritiri. Chi doveva vigilare? Perché non l’ha fatto? La qualità manageriale del nostro calcio è bassa, non si devono lamentare della responsabilità oggettiva se nemmeno s’interrogano del perché i loro giocatori parlano con persone che non dovrebbero stare lì”. Difficile poi recuperare credibilità se ciclicamente ci ritroviamo tra scommesse (altra voce importante per l’erario), criminalità organizzata, calciatori, arresti, spettacolarizzazione degli stessi, in un gioco al massacro da dare in pasto al popolo straccione per fargli dimenticare tutto il resto. Difficile se poi vieni spinto a scommettere ovunque ti giri, su internet, sui giornali, grazie al parere di esperti famosi, fino a diventare malattia e anche costo sociale, altro che Scommessopoli. In fondo c’è il calcio, troppo permeabile a certi ambienti, troppo in vista per farla franca, soprattutto quando alcuni tesserati fanno gli affari propri con i soldi altrui (non pubblici). Non resta che la Nazionale, simulacro capace anche in tempi recenti di ridare dignità al football italiano. Ma anche lei divide, tra chi vorrebbe ritirare gli juventini perché offeso, chi tiferà Irlanda perché così non si fa e chi ancora non ha capito perché Criscito sì e Bonucci no. Poi capita di comprare un magazine e leggere in copertina: Cesare Prandelli “Sono il Monti del calcio”.
  25. TEMPO SCADUTO di ALIGI PONTANI (Repubblica.it 31-05-2012) Un processo farsa rinviamo campionato "Tolleranza zero". "Via le mele marce". "Saremo inflessibili". "Mai più nel calcio chi avvelena il calcio". "Massimo rigore". "Useremo il pugno di ferro". "Faremo pulizia senza guardare in faccia nessuno". Chi si ricorda altre espressioni sul tema è pregato di segnalarle. Può inviarle direttamente alla Federazione Italiana Giuoco Calcio, dai cui uffici provengono i proclami sopra registrati, tutti riferiti alla giustizia sportiva impegnata a fronteggiare il caso scommesse. E' bastato un giorno, il primo del secondo processo relativo alla prima tranche del secondo, terzo e quarto filone d'inchiesta, aspettando sempre il terzo processo basato sul secondo filone che si occuperà della terza tranche relativa ella quinta e sesta inchiesta, per capire a cosa servissero quelle dichiarazioni fiere e puntute. Servivano a nascondere il nulla, il caos, la grottesca risposta di un sistema colpito al cuore dallo scandalo e incapace di reagire in modo ordinato, limpido, sensato. La tolleranza zero, per dire, l'abbiamo vista contando la folla di imputati precipitarsi da Palazzi per mercanteggiare pene ridicole - pochi mesi di squalifica per partite vendute, due punticini di penalizzazione per responsabilità oggettiva, grazie al patteggiamento e al pentitismo dell'ultima ora. La coerenza l'abbiamo toccata con mano leggendo dei 6 punti di penalizzazione concordati col Grosseto, il giorno dopo la chiamata in causa del club per responsabilità diretta durante gli interrogatori di Cremona: se confermata nel processo ter, o quater o decimoquinto, porterebbe alla retrocessione. Che senso ha, dunque, questo processo ai pentiti e ai disgraziati, mentre a Cremona stanno in galera i calciatori, le nuove carte invadono i tavoli degli avvocati e delle procure, le indagini in corso riservano ogni giorno un colpo di scena? Che senso ha condannare qualcuno che tra un mese dovrai processare ancora e per lo stesso reato per cui hai applicato le tariffe più basse? Certo, bisognava fare presto. Lo chiedeva il Coni, lo prometteva la federcalcio, lo assicurava Palazzi. Bravi, avete fatto presto. A mettere in scena il penoso spettacolo di una giustizia ingiusta, la peggiore che c'è. Quella che farà partire i campionati con tanti segni meno nelle classifiche e tanti punti interrogativi su quando e quanto aumenteranno quei segni in corsa, a tornei iniziati. Allora, carissimi frettolosi, forse vale la pena porne un altro, grande interrogativo: davvero i campionati possono partire a fine agosto?
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