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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 22-05-2012) La "piaga" delle scommesse processo anche ad agosto I membri della commissione disciplinare (primo grado della giustizia sportiva) sono stati già messi in preallarme: questa estate niente vacanze, almeno sino al 10 agosto. Sì, perché i processi del calcioscomesse rischiano di non concludersi in luglio, tanti saranno i deferiti (per ora 22 club) nella prossima ondata, ma di protrarsi anche nei primi giorni di agosto. Con un problema serio per la Figc che a fine luglio deve dare all'Uefa l'elenco delle squadre iscritte alle Coppe. E se qualcuna è coinvolta nei processi? Che farà Giancarlo Abete? Uno scandalo di dimensioni enormi che tocca serie A, B e Lega Pro. Non ci sono solo calciatori infedeli o avidi ma anche troppi che sapevano, sono stati zitti e si sono voltati da un'altra parte. "Una piaga che colpisce tutto lo sport, non solo il calcio, ma io ho fiducia nella Figc e nel lavoro di Palazzi e della procura": anche Gianni Petrucci, presidente del Coni, sa che sarà una lunga estate di processi. Fatta salva la presunzione di innocenza, visto che sinora non è stato condannato ancora nessuno, è comunque evidente come quello che viene fuori dalle procure di Cremona, Bari e Napoli sia qualcosa di inquietante, che scuote alle fondamenta il mondo del calcio. E per fortuna che c'è la magistratura ordinaria che ha scoperchiato questo immenso pentolone: senza intercettazioni (a volte casuali, perché riferite ad altre indagini) mai avremmo saputo nulla. Il sistema è talmente omertoso, e inquinato dalla malavita, che il silenzio dominava. Ma veniamo alla situazione sportiva. Ci saranno, come noto, due processi. Il primo avrà inizio il 31 maggio all'ex Ostello dalla gioventù al Foro Italiaco. In aula anche il 1° giugno, poi stop e possibile ripresa il 4 giugno (se servirà). Ma è probabile che serva visto che ci saranno stuoli di avvocati agguerritissimi pronti ad una valanga di eccezioni. Sentenza quindi verso fine giugno, dopo playoff e playout di B e Lega Pro: con soddisfazione di Andrea Abodi e Mario Macalli. Stefano Palazzi picchierà duro, risparmiando solo i "pentiti". Possibili penalizzazioni da scontare la prossima stagione, senza andare così ad intaccare quella che si sta per chiudere. Anche perché i "reati" non riguardano questo campionato ma i precedenti e gli eventuali terzi interessati avrebbero le armi spuntate (avrebbero. . . ). Seconda inchiesta: Palazzi, impegnando nel sostenere l'accusa al (primo) processo con il vice Mensitieri, la lascerà ad una squadra guidata da Piccolomini, Squicquero e Ricciardi, investigatori di lunga data che facevano parte già dell'Ufficio Indagini del generale Italo Pappa. In procura sono arrivate le carte (le prime) da Bari. Presto ne potrebbero arrivare altre da Cremona, dove in settimana sarebbero attesi nuovi fuochi artificiali. Più indietro Napoli, è possibile che l'inchiesta non venga chiusa entro l'estate: in questo caso Palazzi non potrebbe utilizzare i verbali di Gianello , l'ex portiere del Napoli. Qualche tesserato o qualche club potrebbe farla franca sino all'autunno. Ma la procura Figc, lo ricordiamo, non ha alternative: deve andare (sempre) a rimorchio della magistratura ordinaria e questo causa, purtroppo, a volte ingiustizie con chi viene condannato prima e con chi magari viene condannato dopo (o la scampa). Nel secondo filone potrebbero entrare molti club di A e anche tesserati eccellenti: ad esempio, il pool della procura dovrà sentire ancora Carobbio e molti altri calciatori, dopo le accuse che l'ex calciatore del Siena aveva rivolto nei confronti del suo club e del suo ex allenatore Conte. Parole tutte da verificare: ripeto, la presunzione di innocenza vale per tutti. Sino a sentenze definitive. Una mole di lavoro impressionante per la procura. Presto dovrebbe essere stilata una prima lista di nuovi interrogatori (sinora sono state già sentite 111 persone...). I deferimenti forse a fine giugno, ma è più probabile che slittino a luglio, appena finiti gli Europei. E maxiprocesso, come detto, che si trascinerebbe sino ad agosto. Olimpico più sicuro. "Derby di sera e bambini in tribuna" Archiviata in maniera positiva la temutissima finale di Coppa Italia (vedi Spy Calcio del 21 maggio), ecco che la questura di Roma, con il suo numero 1, Francesco Tagliente, ha fatto un bilancio della "gestione" dell'Olimpico dal 2007 alla stagione appena chiusa. Bilancio positivo, e un merito va dato anche ai tifosi di Roma e Lazio, non solo ad un'organizzazione che adesso è molto più attenta rispetto a prima. I dati: spettatori di Roma e Lazio in (piccola) crescita, forze di polizia ridotte del 14 per cento (e impiegate sul territorio), ridotti i feriti fra poliziotti e tifosi, meno denunciati e arrestati (solo 10) e zero lacrimogeni impiegati. Di sicuro, rispetto al passato, agli anni neri, è stati fatto un passo avanti importante. Tagliente ha ringraziato tutti per il "gioco di squadra", non dimenticando "tifosi e ultrà che sono una grande risorsa del calcio". E ricordato come "siamo riusciti a giocare il derby di sera, riportando anche i bambini sugli spalti". Restano, è ovvio, problemi da risolvere e, soprattutto, la necessità di non abbassare mai la guardia. Ora la parola tocca al Viminale: finito il campionato di A, sarà necessario fare in fretta il punto sulla questione della tessera del tifoso (o, se preferite, fidelity card). I sostenitori dei club hanno diritto di sapere, e per tempo, cosa succederà il prossimo anno. Come fare per abbonarsi, per andare in trasferta? -
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A sangue freddo Non chiamatelo tsunami; lo stillicidio di notizie che trapelano sulla vicenda del calcioscommesse ricorda piuttosto un romanzo thriller in cui si incrociano finanza, globalizzazione, dramma, indifferenza, provincia, finzione, anti-eroi. Piccola inchiesta sulla scena di un crimine che rischia di diventare un classico italiano ma con un insolito, grande assente: l'indignazione di DAVIDE COPPO (Studio | MAG-GIU 2012 | NUMERO 8) La scena del crimine Il campionario metaforico è ampio e per raccontare, analizzare e interpretare quello che chiamiamo, per la seconda volta nell'arco di trent'anni, "calcioscommesse", se ne può attingere a piene mani. L'ambito più sfruttato è quello sismico: "terremoto calcioscommesse" è una soluzione usata e forse abusata, ma facile, convincente e già impressa nell'immaginario italiano, sia giornalistico che da bar. D'altronde uno scandalo è di per sé sempre un sisma, scuote le certezze come instabili grattacieli e abbatte le abitazioni reali o astratte che si credevano indistruttibili. E però un terremoto si manifesta e si realizza in un momento coincidente, come a dire: tutti se ne accorgono quando la terra trema. Per questo la soluzione sismica non è del tutto convincente. È stata utilizzata anche l'immagine più "mediaticamente moderna" di uno tsunami, che in un villaggio vacanze, felice e spensierato come sotto certi aspetti può apparire l'universo calcio, irrompe con la sua forza sconsiderata e trascina con sé attori e scenografie fino a cambiare totalmente e in maniera indelebile la paesaggistica. Questa scelta è stata utilizzata meno, ma presenta gli stessi limiti del "terremoto": disastro e coscienza del disastro coincidono. Quello che è accaduto serialmente negli ultimi tre anni e che è venuto alla luce soltanto negli scorsi mesi, invece, ha un che di strisciante, silenzioso, calcolato e nascosto. Qualcosa che nelle catastrofi naturali non è riscontrabile, ed è invece peculiare dell'azione umana. Ci troviamo di fronte a un'indagine che ha preso vita da una singola partita (AlbinoLeffe-Piacenza, 20/12/2010, segnalata dalla United Kingdom Gambling Commission che aveva notato la "stranezza" di sei milioni e mezzo di euro giocati quasi interamente sul pareggio) e ha dissotterrato, un po' per coincidenza un po' per evidenza, un filo interminabile di altre partite, altri crimini, altri indagati e presunti colpevoli. Ricorda piuttosto il caso, reale o cinematografico, di un qualche serial killer la cui rete di vittime viene alla luce soltanto a posteriori, in seguito alla scoperta quasi fortuita del primo cadavere. C'è un'altra peculiarità, nello scandalo scommesse, che rende quest'ultima metafora più adatta delle precedenti: lo scenario del crimine. La provincia, anche se non intesa come scenografia rurale. La provincia in questione è insieme urbana e calcistica, lontana dalla globalizzazione delle metropoli e altrettanto lontana dal gigantismo sportivo. Nelle complessive cinquecento pagine prodotte dalle procure di Cremona e Bari si incrociano mondi umanamente diversi ma con uno sfondo comune: Cremona, Piacenza, Mantova, Chiasso, Grosseto, Lecce, Bergamo. E Bari, l'epicentro del terremoto, la principale scena del crimine. Del 1980 e delle Fiat 128 della celere parcheggiate sulla pista bagnata di atletica dell'Olimpico rimangono sbiaditi fermo-immagine di un Tg1 trasportato su Youtube, la memoria delle manette a Paolo Rossi si è sbiadita fino a eclissarsi, con una Coppa del Mondo insperata e ancora leggendaria, un pallone d'oro forse troppo generoso e un posto fisso di sorridente opinionista calcistico. Il Milan e i suoi tifosi hanno cancellato Farina e la Serie B con Silvio Berlusconi e Sacchi, Capello, Ancelotti. Di quel trauma non è rimasto quasi più nulla, se non dell'utile giurisprudenza. La scena del crimine è stata pulita, e tutto è tornato alla normalità, come e più di prima. Poi, a distanza di trentuno anni in un'estate politicamente ed economicamente caldissima, sulle pagine prima sportive e poi cronachistiche dei quotidiani è ricomparso il misfatto, solo aggiornato globalmente come si conviene a questo mondo contemporaneo, così diverso da quello ancora, sotto certi aspetti, post-bellico di fine anni '70. L'Italia assisteva non attonita ma poco interessata, dunque, alle rivelazioni della procura di Cremona e del giudice Guido Salvini che gli inviati distillavano, giorno per giorno, sui giornali e sul web, stralci asettici di un romanzo globale al contrario pieno di thrill, spy, colpi di scena. All'inizio, anzi, la prima reazione del tifoso, ma non soltanto, consistette in un certo sentimento di incredulità che risiede, in buona parte, nello sgomento, non l'incredulità dello shock. Spiega Giuliano Foschini, inviato di Repubblica Bari, che ha seguito dall'inizio la vicenda, sia a Cremona che nel capoluogo pugliese: «L'idea generale era quella della solita notizia esagerata dai giornali e dai giornalisti, che si sgonfia in due, tre giorni al massimo. Soprattutto a Bari, una città che dimentica molto facilmente. È la città degli americani che dovevano comprare la squadra, investire sul fotovoltaico. Tom Barton, si chiamava, l'imprenditore texano. È sparito nel nulla». Gli "zingari" la paprika Singapore Lo sfondo del grande complotto non è soltanto italiano, ma mondiale. L'organizzazione che gestiva le scommesse, e di conseguenza le partite, ha una struttura perfettamente piramidale: il suo head office a Singapore, il suo Ceo nella figura di Eng Tan Seet (chiamato per comodità Dan), misterioso asiatico di cui rimane soltanto qualche sfocato fermo immagine della telecamera di qualche aeroporto, gli amministratori delocalizzati in giro per l'Europa in un gruppo di personaggi serbi, slovacchi, sloveni, chiamati comodamente ma erroneamente "zingari". I vassalli, le pedine, i soldati semplici in prima linea sono, nel nostro caso, tutti italiani: Sartor, Doni, Carobbio, Santoni, Gervasoni." Lo stesso gergo utilizzato dalla procura cremonese negli atti d'inchiesta è, talvolta, molto lontano da quell'idea che ne ha chi dalle procure sta generalmente fuori, e distante anche da quello generalmente calcistico o sportivo (e giudiziario/sportivo), per sposare invece un vocabolario internazionale o finanziario, più proprio di un'inchiesta su un Bernard Madoff che su un terzino destro. Si legge, in uno dei primissimi passaggi: «L'alterazione dei risultati delle partite ottenuta operando a diversi livelli in vari paesi, trasforma il sistema delle competizioni sportive in un meccanismo che unisce corruzione ad una sorta di insider trading». E infatti l'immaginario narrativo di questo eccidio sportivo, sotterraneo e sommessamente spietato, è quello tipico della spy story, anche sotto il profilo linguistico. Non potevano mancare le parole in codice, facenti parte di quel mondo così stereotipato proprio del "calciatore contemporaneo". Così i calciatori corrotti diventano "le macchine", ma anche "le ragazze" o "le ragazzine", mentre un tocco di esotismo viene aggiunto dalla "paprika", che indica i contanti (con l'involontaria comicità di intercettazioni come «è saltato tutto, dobbiamo restituire tutta la paprika»). Lontana anni luce dall'eterno "problema ultras", la delittuosità del pallone si è evoluta e informatizzata. Gli "zingari" e i calciatori si chiamano su Skype, Sartor vola a Singapore, Eng Tan Seet atterra a Malpensa, rimane tre ore in un albergo in compagnia di due giocatori, riparte immediatamente per l'Asia. I server di scommesse cinesi e thailandesi si rimbalzano le quote gonfiate di partite dell'Albinoleffe o della Cremonese, in un fusion cuisine che mescola Oltrepò e Mekong e che ha dell'esilarante se non fosse sintomo di un panorama così tristemente desolato: calciatori che non hanno mai assaggiato nemmeno la Svizzera sono ora al servizio di figuri di un mondo lontano e sconosciuto, piovre che manovrano campionati in Finlandia, Ungheria, Sud America, Asia. I colpi di scena Il mantra più diffuso vuole che l'Italia sia calcisticamente provinciale: vero. Ma la provincialità è attributo che tocca il mondo del calcio in generale, non solo nostrano. Il calcio stesso è un paese nel Paese, il primo però con l'iniziale minuscola. Un piccolo mondo che continua a essere - per fortuna sotto alcuni aspetti, purtroppo per altri - antico, in un suo peculiare spazio e tempo (non soltanto domenicale) che nulla ha a che spartire con le prime pagine economiche, politiche, governative. Dopo la scoperta dell'efferato crimine, come in una Holcomb (la cittadina del Kansas teatro e sfondo di A Sangue Freddo) pallonara, eseguita l'autopsia sui cadaveri delle partite - dissezionate, minuto per minuto, con moviole chirurgiche spesso ancora disponibili su Youtube - interrogati i presunti colpevoli, cosa rimane? In questa Italia così manettara e sempre passionale, pazza e gelosa nei confronti del proprio giocattolo, la reazione è stata delle più inaspettate. Non l'indignazione che riempie le piazze, e nemmeno la più classica caccia alle streghe. Piuttosto un silenzio sgomento, questa sì incredulità che nasce nel territorio dell'assurdo, del grottesco, del surreale. I coup de théàtre, tragici fino all'inverosimile, sono principalmente due, messi a segno immancabilmente dai due attori protagonisti, gli anti-eroi di questa triste storia. Cristiano Doni e Andrea Masiello. Del primo, che fino all'ultimo ha inseguito la teatralità, pare anche tentando una goffa e infelice fuga dall'arresto (ma c'è chi smentisce questa ricostruzione), si ricordi la prestazione del 19 marzo 2011, la doppietta su rigore in un'apparentemente innocente Atalanta-Piacenza finita 3 a 0. Quella che è diventata famosa per essere "la partita venduta due volte", prima agli zingari, poi all'organizzazione del calciatore Rickler e dei fratelli Cossato, la partita della famosa "stretta di mano" tra il bergamasco e Gervasoni, vede Doni esultare, la prima volta, mostrando una maglietta con dedica al padre (19 marzo, festa del papà), la seconda battendo il palmo della mano sul mento, nel suo tradizionale modo di mimare la posizione, allegoria dell'onore e dell'onestà, "a testa alta". Le immagini e la finzione perfetta, da manuale, ricordano la freddezza spietata di un killer, privo di umanità e sentimenti. Pietro Serina, giornalista dell'Eco di Bergamo e intimo dell'ex capitano dell'Atalanta, lo stesso presente nelle intercettazioni con Doni, parla di atteggiamento patologico. «Non ci fu solo l'esultanza: dopo la partita si presentò in conferenza stampa, dicendo di voler dedicare quella doppietta a suo padre, che stava vivendo un momento non felice. Ma se li era comprati. È un folle, un malato». Masiello il vizio della giocata, a differenza di Doni, non l'ha mai avuto, o almeno così sembra. Il "Thuram italiano", titolo di cui venne investito da Capello, venticinquenne in ascesa e perenne odore di nazionale, ex capitano e colonna dei galletti di Giampiero Ventura che registrarono il record di punti nel campionato come lo conosciamo oggi, è personaggio difficile da decifrare con gli strumenti. La lucida crudeltà con cui si lancia sul pallone buttato in area da Jeda, lo appoggia in rete e si dispera, sordo alle urla di Gillet, uno che qualcosa ci aveva capito, che lo addita, che si sbraccia. Una recita così perfetta che era sembrata realtà, prima delle grottesche e spietate parole della confessione: il tradimento per «cristallizzare definitivamente l'esito di sconfitta per il Bari». Più a sangue freddo di così. Bergamo, cancellare e ripartire A Bergamo e provincia, spiega ancora Serina, non si va allo stadio. Si va all'Atalanta. Il gergo è dialettale, ma sincero: l'identità municipale è tutt'uno con quella sportiva. Se la tendenza, nelle piazze più periferiche del panorama calcistico, è di prestare il proprio cuore - magari non tutto, soltanto un pezzetto - alle schiacciasassi da podio di classifica per godersi spizzichi di trionfo e assaggi d'Europa, Bergamo si sente, orgogliosamente, capitale calcistica pur sull'altalena tra Serie A e cadetti. Una passione che trascende le classi, legata a doppio filo all'essere cittadini. Anche questo ha amplificato la lacerazione del tradimento. Ma come in un film di Gondry il cui titolo italiano è bene non ripetere, Bergamo ha cancellato Cristiano Doni. Doni che non ha lasciato l'Atalanta, ma l'ha tradita. «Ci ha preso tutti per il ċulo» dice Serina, «io ero un suo strumento, l'Atalanta era un suo strumento, Bergamo era un suo strumento». Sia l'Eco che la società, la tifoseria, la città, hanno difeso il loro capitano fino all'ultimo. «L'interesse dell'Atalanta è l'interesse di Bergamo. Ma c'è una soglia chiamata verità». Il centrocampista, primo realizzatore nella storia della Dea, continua a vivere a Torre Boldone, sobborgo bergamasco, come un ectoplasma, il fantasma dell'uomo, e del mito, che fu . Non ha cambiato abitudini, non ha cambiato nemmeno la scuola della figlia, che frequenta la quinta elementare. È stato cancellato, eliminato, e se il contributo statistico alla maglia nerazzurra non si può lavare, la sua memoria è dannata. I bergamaschi, spiega il giornalista, non hanno nemmeno per un attimo abbandonato il calcio. Hanno piuttosto voltato pagina, e l'Azzurri D'Italia anziché svuotarsi si è riempito: negli ultimi dieci anni, in Serie A, la stagione in corso è quella che sta registrando la media spettatori più alta, 15.518. Il merito non è soltanto dell'entusiasmo generato da gare contro Juventus, Milan e Inter: quelle ci sono sempre state. La costanza è l'indice di vero attaccamento, e la cifra non è mai scesa sotto gli undicimila. Non accadeva da nove anni. Nemmeno l'arrivo e la turbolenza portata da Masiello, che per un caso del destino mai troppo cieco è finito da Bari proprio qui, ha scalfito il rapporto tra la città e il calcio. Una reazione, nella sua studiata tenacia, così razionale da apparire completamente innaturale. L'unico commiato, uno striscione sbrigativo ed eloquente: "Cristiano ƒottiti". Bari, «Hanno tradito tutti» Per Bari la questione è diversa. Un altro mondo, un altro popolo, quasi antipodico, non soltanto geograficamente. Bari è la città meridionale più atipica, smarcata dal luogo comune, così come Bergamo sa non essere fredda, cinica, incapace di passione. Negli anni '80 era "la Milano del sud", protagonista e beneficiaria di quel piccolo boom socialista rivelatosi poi bolla. Anche sul versante sportivo Bari respirava l'illusione del benessere e ossigeno di internazionalità, e della riapertura delle frontiere arrivarono gli inglesi Rideout e Cowans prima, il fenomeno Joao Paulo poi. L'entusiasmo entrò poi nelle vie strette della città vecchia e nei petali del colosso San Nicola, con il trionfo in Mitropa Cup, unico trofeo in centroquattro primavere. Nicola Lagioia, scrittore, quegli anni li ha visti, vissuti, descritti (Riportando tutto a casa, Einaudi). «Si assistette a un cambiamento di paradigma. Bari diventò una città craxiana, con la nascita di una nuova borghesia. Ma era ancora divisa in due: c'era il mondo dei commercianti, avvocati, piccoli e grandi palazzinari, e i quartieri dormitorio come Japigia. Ovviamente, poi, c'era la città vecchia, negli anni '80 una sorta di città proibita. Ma era ancora una Bari moderna e non postmoderna, con confini ben definiti. Poi, scivolando verso gli anni '90, è iniziato un processo di normalizzazione, livellamento che si è trasformato in mimetizzazione. Città legale e città illegale sono diventate sempre più difficili da distinguere ». In questa esplosione borghese, il calcio è rimasto indietro. Arrivarono i Matarrese a prendersi la società (Vincenzo, il maggiore di Antonio, proprio nel 1989 venne nominato Grande Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica, su proposta della presidenza del Consiglio dei Ministri, in quel momento presieduta da Ciriaco De Mita, con vicepresidente il socialista Gianni De Michelis), padroni di Bari come gli Agnelli a Torino, mai amati dalla città e ancor meno dalla tifoseria: il Bari vinceva "nonostante Matarrese" e perdeva "per colpa di Matarrese". «Più che scioccare la città, questi fatti l'hanno preoccupata. È una reazione borghese, l'avevamo già vissuta con il caso D'Acidario o Tarantini » dice Lagioia. «Bari è diversa da Napoli o da Palermo, le altre grandi città del sud. È più fredda e razionale, ha perduto la vera plebe che è il motore capace delle passioni più forti». Aggiunge Giuliano Foschini: «I Baresi, più che indifferenti, sono sconsolati. Questa città è stata sempre travolta dagli scandali: non si può rompere anche l'ultimo giocattolo buono. A livello psicologico è davvero complicato pensare che perfino il calcio possa essere stato toccato. Dopo l'indifferenza iniziale c'è stata una trasformazione forte e immediata, arrivata con l'arresto di Masiello. In quel momento i tifosi sono stati toccati nell'intimo. E il meccanismo psicologico che si è attivato è stato quello della rimozione». Tra i petali del colosso San Nicola le tribune rimangono vuote, con i maxischermi rotti e le muffe dell'umidità di un gigante di cemento in mezzo al deserto. Hanno tradito tutti, scriveva sul Foglio Beppe Di Corrado, avvocati, notai, professionisti, calciatori e tifosi, nella città che «ha fatto dell'egoismo la propria cifra». Una sconfitta collettiva che è stata però rimossa, quasi immediatamente. E in città si parla già di "quando ripartiremo dalla Serie C". L'effetto collaterale dell'eliminazione e dell'oblio della ferita, sostiene Lagioia, arriverà con un certo ritardo. Si chiama romanticizzazione, indossa gli abiti della nostalgia di ciò che è stato e sa distruggere senza boati né clamore gli anticorpi del presente. «È questa la garanzia che fatti simili siano ciclici, e si ripetano sempre nella storia, gattopardescamente. È successo nel 1980, nel 2006, e succederà anche domani». E adesso? Dice Foschini, eloquente e un po' teatrale: «Verrà distrutta la Serie A, in maniera pesante. Poi non succederà più niente. E gli incazzati saranno incazzati». -
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L’ULTIMO INCUBO DEL CALCIO? MELEG GIOCATORE-SCHIAVO di ALEC CORDOLCINI (EXTRATIME 22-05-2012) Talento purissimo. Così la stampa olandese il 1° aprile 2012 ha presentato il 17enne Dejan Meleg: lo attendeva l’Ajax per un provino. Meleg è legato al procuratore Mihael Stankovic con un contratto con scadenza 2030: fino ai 35 anni, sarà rappresentato da lui. Tutto nero bianco, con regolare contratto validato dal tribunale di Novi Sad: un caso di schiavitù nel calcio dei tempi moderni. Stankovic ha convinto il papà di Meleg, trequartista-esterno sinistro, e per la procura del minorenne Dejan ha pagato 3 mila euro, impegnandosi a corrispondere «l’attrezzatura sportiva necessaria» al ragazzo (il primo acquisto sono state sei paia di scarpe da calcio) più 200 euro annui. Il contratto prevede invece che Meleg versi a Stankovic l’8% di tutti i suoi profitti, sponsorizzazioni incluse, più bonus. Infine, Stankovic può abbandonare la procura di Meleg pagando 1. 800 euro, mentre Meleg per lasciare lui dovrebbe pagarne 200 mila. Il Vojvodina Novi Sad, club in cui ora gioca Meleg, ha denunciato il contratto alla Fifa e lo ha messo fuori rosa. L’Ajax si è dichiarato all’oscuro e ha offerto al Vojvodina 450 mila euro, il costo dell’indennità di formazione. Per Dejan si prospetta una squalifica dalla Federcalcio serba. Suo malgrado, è già famoso. -
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GaSport 22-05-2012 -
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calcioscommesse Laudati consegna gli atti di Bari a Palazzi di MAURIZIO GALDI (GaSport 22-05-2012) Domenica sera insieme all’Olimpico, ieri un incontro per uno scambio di idee, ma soprattutto di una parte dei documenti dell’inchiesta barese (intanto la Procura ha dato via libera al patteggiamento dei tre arrestati: Masiello, Carella e Giacobbe). Parliamo di Antonio Laudati (Procuratore capo di Bari) e di Stefano Palazzi (Procuratore federale) e dell’inchiesta sul calcioscommesse, ormai alla fase due. 15 giorni è il tempo stimato dagli «007» federali per esaminare le carte. Ecco che per la prima volta la Procura federale porterà contemporaneamente avanti le sue due anime: investigativa ed inquirente. E’ probabile che il lavoro della Procura federale debba sdoppiarsi in occasione dell’appello alla Corte di giustizia sportiva del primo troncone. Stefano Palazzi e il suo vice Alfredo Mensitieri sosterranno l’accusa. Carlo Loli Piccolomini, Marco Squicquero e Giorgio Ricciardi si occuperanno delle audizioni e degli eventuali deferimenti della seconda ondata a metà luglio. Si terrà comunque conto anche di quanto potrà arrivare da Cremona e da Napoli dove dovrebbe chiudere la sua inchiesta il pool «reati da stadio» coordinato dal Procuratore Giovanni Melillo. Intanto il presidente della Fifa Blatter ha invitato Simone Farina, il giocatore del Gubbio che denunciò una tentata combine, al Congresso Mondiale che si aprirà giovedì a Budapest. Farina ci sarà. ___ Scommessopoli: Palazzi ascolterà Conte e Carobbio a inizio giugno di ALVARO MORETTI (TUTTOSPORT 22-05-2012) ROMA. Conto alla rovescia per Conte da Palazzi. La stagione s’è chiusa a Roma: domenica il procuratore federale (con il procuratore aggiunto di Bari, Laudati) era all’Olimpico ma il tema dell’audizione del tecnico sull’ affaire Carobbio non era all’ordine del giorno nella sera di Juve-Napoli. In realtà - al momento - in Procura Figc si stanno preparando per partire con il lavoro d’indagine e di ascolto dei tesserati per quello che sarà il processo Scommessopoli 2. In questa tranche anche la vicenda Siena: il 31 maggio e 1° giugno si parte col primo processo, quello sulla B, e una parte del gruppo di dodici 007 utilizzati da Palazzi dovrà sostenere l’accusa davanti alla Disciplinare. Probabile che un altro gruppo - forse rinforzato - faccia partire le convocazioni, e tra queste quella di Conte e Mezzaroma, ma anche un Carobbio bis, nella prima decade di giugno. E in quel maxiprocedimento finiranno anche i file che emergono dalle confessioni di Gervasoni (Lazio, Lecce, Genoa) e dalle parole di Masiello che hanno fruttato al giocatore ex Bari l’ok al patteggiamento da parte della Procura penale di Bari. Rimessione in libertà, dunque, e patteggiamento della pena proposto dall’ex calciatore del Bari, Masiello (a un anno e dieci mesi di reclusione), e dai suoi due amici, Gianni Carella e Fabio Giacobbe (ad un anno e cinque mesi ciascuno). I pareri del pm sono ora all’attenzione del gip Ambrogio Marrone. I tre sono agli arresti (prima in carcere, poi ai domiciliari) dal 2 aprile con le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. Gli arresti furono disposti nell’ambito dell’inchiesta sul calcioscommesse e, in particolare, sulle 4 partire di A falsate dei campionati 2009-2010 e 2010-2011: Udinese-Bari, finita 3-3, Bari-Lecce (0-2), Bologna-Bari (0-4) e Cesena-Bari (1-0). -
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L’immagine Sabato a Camp David i Grandi hanno sospeso i colloqui sull’euro per guardare i rigori. Cameron: «Che soddisfazione» La sconfitta tedesca e la gioia euro-americana Cosa ci racconta sugli equilibri mondiali il tifo del G8 per la finale di Champions di MICHELE FARINA (CorSera 21-05-2012) David Cameron alza i pugni (forse mostrando un alone di sudore). Angela Merkel impietrita, le mani appoggiate alle poltrone del Laurel Lodge. José Manuel Barroso, presidente della Commissione Europea, concentrato. Il russo Medvedev sorridente (e defilato). L'unico leader seduto, in prima fila ma con aria un po' annoiata, è il francese François Hollande, che però si liscia il mento come se non gli dispiacesse quello che va in scena sul maxischermo. Una sconfitta tedesca (un'altra?) nel corso del G8, sabato pomeriggio in America: Didier Drogba ha appena insaccato in mondovisione il rigore che dà la vittoria al Chelsea sul favorito Bayern Monaco. Il rigore di questi tempi, nel calcio come in economia, non porta bene ai tedeschi. E' successo anche a Camp David: prima, al tavolo dei colloqui, proprio il premier britannico Cameron e il presidente Usa Obama hanno premuto su Frau Merkel, di fatto commissario tecnico di Eurolandia, chiedendo di apportare cambiamenti importanti allo schema del «solo austerity». Poi, in diretta tv dall'Allianz Arena, la delegazione tedesca ha visto lo squadrone macina-gioco di Muller e compagni farsi rimontare da un'incornata estemporanea del redivivo Drogba, genio e sregolatezza dal Sud del mondo, prima di finire ko alla lotteria (molto latina) dei penalty. Le foto sono di Pete Souza, il reporter ufficiale della Casa Bianca che ogni giorno fa 500-1000 scatti al presidente. Dalla sua faccia concentrata nella Situation Room, il giorno in cui beccarono Bin Laden, all'ultima finale di Champions League. Tensione (quasi) simile. «Certo non è stato facile spiegare a Barack le regole dei rigori — ha poi detto Cameron — Quando ha iniziato a capire, la partita era finita». I leader non hanno visto tutto il match: «Stavamo discutendo di euro e debito pubblico — ha raccontato il premier britannico — quando è arrivata la notizia dei rigori. Subito Angela è sgattaiolata fuori, io l'ho seguita nella sala della tv». Altri hanno fatto lo stesso. Alla fine Merkel e Cameron si sono abbracciati. Stanno 1 a 1: due anni fa, in una pausa del G8 in Canada, guardarono insieme la Germania asfaltare l'Inghilterra 4 a 1 agli ottavi di finale del Mondiale sudafricano. Questa volta è la più «sperperona» delle squadre europee (mille milioni spesi finora dal proprietario che è il russo Abramovic, e questo spiega la soddisfazione del premier Medvedev confermata dal gongolante Cameron) a battere la formazione simbolo del morigerato calcio teutonico. Niente di personale tra i leader diretti interessati: Cameron tifa per il modesto Aston Villa, la Merkel è socia onoraria dell'FC Energie Cottbus, squadretta dell'Est. Per trovare qualcosa di simbolico, in queste foto, bisogna davvero guardare la faccia di nascosto compiacimento di monsieur Hollande. La Francia del calcio non brilla (il campionato l'hanno appena vinto i peones del Montpellier sulle stelle del Paris Saint-Germain). Se la sconfitta in campo dei tedeschi pigliatutto avrà provocato sicuramente boati di gioia nei bar di tutta la Grecia, una certa schadenfreude dev'essere circolata anche tra gli altri europei nei corridoi di Camp David dopo il rigore sbagliato di Schweinsteiger e quello vincente di Drogba. Dalla Casa Bianca ammettono che delegati inglesi e tedeschi si sono scambiati anche parole forti (trash talk) durante la partita, il tutto però stemperato dal fairplay finale. Come Drogba ha abbracciato Schweinsteiger, così Cameron ha consolato Frau Merkel. La rivincita, il prossimo appuntamento, è per i Campionati Europei. E lì ci saranno anche Grecia e Spagna, le nazionali che hanno vinto le due ultime edizioni, le nazioni che più soffrono la crisi dell'euro. E il rigore tedesco. ------- ANDARE ALLO STADIO SOLO A FAR FESTA QUEL CHE MONACO HA INSEGNATO A ROMA di DOMENICO CALCAGNO (CorSera 21-05-2012) Quando Didier Drogba ha agganciato il piede di Franck Ribéry nel primo tempo supplementare della finale di Champions League e l'arbitro ha concesso il calcio di rigore, quasi tutti ci siamo chiesti se avevamo capito bene. Nessun giocatore del Chelsea è corso verso l'arbitro a protestare, nessuno ha recitato la parte della vittima colpita da una gravissima ingiustizia. Per le nostre abitudini un comportamento inconsueto, per alcuni magari stravagante. Perché se al posto del Chelsea (o del Bayern, perché non sarebbe cambiato nulla) ci fosse stata una squadra italiana ne avremmo viste di tutti i colori. E ancora. Alla fine, dopo che i Blues avevano conquistato la loro prima Champions ai rigori, Drogba interrompeva i baci e gli abbracci ai compagni per andare a consolare Bastian Schweinsteiger, in lacrime, che aveva tirato sul palo il pallone che poteva ancora dare una speranza ai tedeschi. Per finire, all'Allianza Arena, lo stadio del Bayern, pieno per un terzo di tifosi del Chelsea, non è successo nulla: i tedeschi hanno accettato la sconfitta, amarissima, gli inglesi hanno festeggiato. Sia chiaro, anche inglesi e tedeschi hanno avuto i loro bei problemi — e ogni tanto li hanno ancora — con hooligan e varie teppaglie assortite. Però li hanno in gran parte risolti. Dalle nostre parti le cose vanno in un'altra maniera, in campo e fuori. Ieri, per esempio, si giocava Juventus-Napoli, finale di Coppa Italia, all'Olimpico di Roma. Nell'attesa, un'ora di lavoro (e tre cariche) per la polizia impegnata a evitare che tifosi juventini e napoletani venissero a contatto all'altezza del ponte Duca d'Aosta. Poi un po' di fischi all'inno di Mameli. Si temevano incidenti, da settimane. Perché gli ultrà si divertono così, a prescindere dai risultati. A Monaco di Baviera si è visto cosa dev'essere lo sport, sul campo e tutt'attorno. A Roma non è andata nella stessa maniera (ma poteva andare peggio). Non è una novità, purtroppo. Ma ogni volta che capita fa pensare e fa pure abbastanza male. Winston Churchill diceva che gli italiani vanno alla guerra come fosse la partita di pallone e alla partita di pallone come fosse la guerra. Sarebbe bello, dopo più di 60 anni, dimostrare, almeno una volta, che aveva torto. -
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Tre stelle per consolarsi Ma dove saranno cucite? di GUIDO VACIAGO (TUTTOSPORT 21-05-2012) ROMA. Archiviata la delusione per la sconfitta di ieri, la Juventus guarda già avanti e lo fa continuando a godersi il successo dello scudetto. Il trentesimo vinto sul campo, solo il 28° per la Federcalcio. Una questione che tornerà a tormentare i vertici del calcio italiano nelle prossime settimane, quando è attesa la presentazione della nuova divisa bianconera. Per una volta non è il colore della seconda maglia (nera, per la cronaca, come quella degli Anni 60, riproposta per un paio di stagioni negli Anni 90) o lo spessore delle strisce o la forma del colletto. Stavolta i tifosi vogliono capire dove e come verrà inserito il simbolo dell’orgoglio juventino: i trenta scudetti che hanno addirittura acceso John Elkann, “beccato” a fare un eloquente tre con le dita rivolto ai tifosi juventini durante la Mille Miglia. Insomma tutti vogliono capire se la Juventus metterà o meno la terza stella. L’ATTESA Sembra da escludere che la terza eventuale stella compaia accanto alle due che ora campeggiano sopra lo stemma del club all’altezza del cuore. Se terza stella sarà non dovrà offendere in modo frontale la Federcalcio, che attraverso Abete si è già espressa chiaramente per il no. Nei giorni scorsi si era parlato della modifica del logo della Juventus, nel quale sarebbero inserite tutte e tre le stelle. Un escamotage che salverebbe la forma (il logo è proprietà della società, quindi poco sindacabile da parte della Figc), lasciando inalterata la sostanza (le tre stelle sulla maglia). Naturalmente esistono altre ipotesi (la fantasia in questi casi si scatena) ed è per questo che l’attesa cresce. -
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Juventus coach Antonio Conte accused of match-fixing by GEOFF BRADFORD (When Saturday Comes | 2012, 21 May) 21 May ~ On Friday the Italian press published extracts from the evidence given by Filippo Carobbio, one of the principal suspects in the Italian match-fixing scandal. His testimony could have devastating consequences for current Juventus coach Antonio Conte. The evidence relates to two matches played by Siena in Serie B in 2010-11. The first was Novara v Siena, played on May 1, which finished 2-2. According to Carobbio: "There was an agreement that the game would be drawn. We all knew about it and how we should bring it about. Our coach, Antonio Conte, told us during the team meeting prior to the game not to worry because they had reached an agreement with Novara. " "At first it involved one of their players and one of ours. But then the whole team was informed and I talked about it with two Novara players on the pitch before the match." The second match was AlbinoLeffe v Siena on May 29, the last game of the season. I was there and it was obvious at the time that there was something very suspicious about the game. What Carobbio has to say is startling. The plan began after the teams had played at Siena in January and Siena won 2-1. Carobbio says that, at the request of the assistant coach of Siena, he and another Siena player spoke with two senior AlbinoLeffe players. It was agreed that in the return game the points would go to whichever team needed them. Carobbio was probably chosen as he was an ex-AlbinoLeffe player. When the time came, Siena were already promoted, whereas the points were still important to AlbinoLeffe. A meeting was held the night before the game at Siena's hotel. Two AlbinoLeffe players and a member of their coaching staff, and two Siena players, were present. It was agreed that AlbinoLeffe would win, but only 1-0, so Siena could continue to boast the best defensive record in the division. According to Carobbio, some Siena players said they wanted to win because if they did and Atalanta did not, they would go up as champions. But in the end they were persuaded. It will not have escaped anybody's notice that the reasoning used by the players is extraordinarily cynical. They did not say they wanted to win because that is what they should do in every match, but because it would bring them an extra reward. It is also obvious that we are not dealing with one or two rogue players but with whole teams who see nothing unusual in their behaviour. As had apparently been agreed, . The way the goal was scored tells you everything. The player whoscored it, Paolo Grossi, is now with Siena. Carobbio adds that all of the coaching staff and some of the club's directors knew what was going on and offered no objection. If he is believed on both this match and the one against Novara, it will possibly mean a long suspension for Conte. If Siena directors were involved, the consequences for the club might go beyond a points deduction. Carobbio is said to be considered a credible witness and to be truly repentant, unlike some other players who have only disclosed what it was impossible not to reveal. "I want to break the wall of silence, " said Carobbio. "I feel part of a mechanism that is much bigger than me, and I realise that I have contributed to football's loss of credibility even though it has always been the most important thing in my life." He also said that for years most matches at the end of the season in Italy have been fixed. This is confirmed in the only interview given to the Italian media by Almir Gegic, the most wanted man in all this and currently in hiding. He told La Ġazzetta dello Sport: "We simply exploited a long-established practice which sees players make agreements among themselves with the collusion of club presidents. In Italy the end of season is like a bazaar. Everything has its price. We just bought information. Everybody knew. " Exactly. -
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SULLA MAGLIA PER CELEBRARE LA DECIMA COPPA In caso di vittoria la Juve può chiedere la stella d'argento Alla Mille Miglia Elkann saluta i tifosi bianconeri con il gesto delle tre dita di MARCO IARIA (GaSport 20-05-2012) John Elkann, giusto per tenere caldo l'argomento, ha salutato i tifosi bianconeri mostrando le tre dita, a indicare i trenta scudetti rivendicati dal popolo juventino dopo il trionfo di quest'anno. È successo ieri a San Casciano in Val di Pesa, durante la Mille Miglia, cui il presidente di Exor — azionista di maggioranza del club — e la moglie Lavinia Borromeo hanno partecipato al volante di una berlinetta Fiat 8V del 1954. Per capire cosa farà davvero la Juventus, se cioè andrà fino in fondo all'intenzione di mettere le tre stelle sulla maglia, bisognerà aspettare. E un crocevia potrebbe essere la partita di stasera. Fatto inedito Sì perché in palio c'è la decima Coppa Italia per i bianconeri, che battendo il Napoli si troverebbero in una condizione unica. Nessuna squadra, infatti, è arrivata a quota 10, e come fu per lo scudetto del 1958 la Juventus potrebbe chiedere l'istituzionalizzazione di un distintivo per le dieci coppe nazionali, da apporre sulle maglie. Un percorso già intrapreso, mezzo secolo fa, dal papà di Andrea Agnelli, Umberto. La procedura è la stessa: una richiesta ufficiale a Federcalcio e Lega, e l'avvio di un dibattito per individuare il simbolo più appropriato. Visto che i dieci scudetti sono rappresentati da una stella d'oro, le dieci coppe potrebbero essere celebrate con una stella d'argento. Così la Juve, vincendo oggi, si ritroverebbe sulla maglia due stelle d'oro e una d'argento. Un qualcosa di molto vicino alle tre stelle reclamate dalla dirigenza e dalla piazza. Quanto alla terza stella, quella dorata, la Figc non la consentirà perché i titoli riconosciuti sono 30 e non 28. La Juve, in alternativa, aveva pensato di modificare lo stemma, includendovi le tre stelle. Operazione legittima, ma i tempi paiono troppo stretti. ------- GaSport 20-05-2012 -
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SCOMMESSOPOLI Conte interrogato a inizio giugno Carobbio, i dettagli non convincono La procura riascolterà il giocatore: possibile che l’allenatore sia stato così ingenuo da parlare di combine nella riunione tecnica? Discordanti i confronti tra giocatori di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 20-05-2012) ROMA. «Se e quando sarò chiamato, avrò il piacere di parlare e rispondere, ora stiamo parlando del nulla». Per il tecnico juventino, forse, ci sarà ancora un po’ da attendere. Prima dovrebbe toccare al suo accusatore, Carobbio , poi (si parla dei primi di giugno) gli emissari di Palazzi andranno a far visita al tecnico campione d’Italia. Il tutto, per rispetto dell’inchiesta, andrà calendarizzato. La procura federale vuole riascoltare Carobbio perché - a quanto filtra - non quadrano diversi aspetti della sua confessione shock. Innanzitutto, le riunioni tecniche in cui Conte avrebbe rivelato i presunti accordi con Novara prima, con AlbinoLeffe poi. Possibile che Conte fosse così ingenuo da proferire frasi del tipo «state tranquilli che siamo d’accordo per il pari» davanti a tutti i suoi giocatori, con lo staff tecnico al completo? Erano più i rischi di una denuncia da parte di qualche scontento, che non le glorie. Il sospetto lo hanno avuto anche i federali, quando hanno chiesto a Perinetti se qualcuno si fosse lamentato di Conte: «Ricordo il caso di Calaiò e Reginaldo - ha detto il dg - qualche screzio con l’allenatore per il loro scarso impiego e altri episodi simili per altri atleti». Dunque, andrebbero sentiti anche Calaiò e Reginaldo. E ancora, nelle riunioni tecniche partecipavano, oltre a Stellini , D’Urbano , Alessio e Savorani , che andrebbero ascoltati. LE DOMANDE A proposito, nel corso delle audizioni, era passata inosservata la testimonianza dell’ex team manager del Siena, Nazario Pignotti (26 marzo scorso). A parte una inconsueta domanda sugli accoppiamenti dei giocatori nelle stanze («Carobbio era talvolta con Mastronunzio , talvolta da solo»), circa le riunioni tecniche la procura ha soltanto chiesto se vi partecipassero Stellini, Perinetti e Faggiano . Il tenore delle domande è il seguente, per tutti: «Le risulta che alle riunioni tecniche partecipassero anche i dirigenti Perinetti e Faggiano?». Lo hanno chiesto anche a Mastronunzio, quella stagione al Siena: «No, non mi risulta». Su Novara-Siena, novaresi e senesi negano all’unisono, su AlbinoLeffe-Siena bisognerà tornare a fare il giro di confessioni sul presunto incontro tra giocatori delle due squadre al Park Hotel di Stezzano, e dove - stando a Carobbio - venne sancito l’accordo per la sconfitta del Siena. Confronti discordanti, perché Poloni e Passoni ammettono e certo non va sottovalutato, ma Garlini , Sala e gli altri, no. C’è un dettaglio di non poco conto: nessuno ha mai citato «Conte». CREMONA TER Qualora dovesse rispondere di un eventuale deferimento, Conte verrà inserito nel secondo troncone di processo, quello relativo al Cremona-ter, mixato con le carte di Bari e (forse) Napoli. I federali contano di estinguere il secondo processo entro i primi di agosto. Intanto si sta per intavolare il primo processo relativo al Cremona-bis, che partirà con il primo grado giovedì 31 maggio e venerdì 1° giugno all’ex Ostello della Gioventù di Roma. Le date non sono casuali, la Disciplinare ha dribblato le semifinali play-off di serie B per evitare l’accavallamento. Si riprenderà con il dibattimento il 4 e 5 giugno, poi camera di consiglio e sentenze. -
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Il bilancio Si chiude domani una stagione tormentata Nicchi & Braschi una guida insicura per gli arbitri Troppi errori gravi in serie A di FABIO MONTI (CorSera 19-05-2012) Stefano Braschi, designatore degli arbitri di A dall'estate 2010, ha affidato le proprie verità di fine stagione a Sky, spiegando che «siamo sulla buona strada. Potremmo prendere dieci arbitri, chiudere gli occhi e scegliere al buio: avremo comunque un'ottima squadra e un ottimo risultato». Forse per questo, ieri, è stato designato per Juve-Napoli, finale di Coppa Italia di domani, Christian Brighi, 39 anni, avvocato. Non è stato certo il miglior arbitro della stagione, ma questa designazione diventa una specie di (rischioso) omaggio alla carriera, visto che il fischietto di Cesena chiuderà qui, non essendo internazionale. Fatti salvi impegno e buonafede, che non sono in discussione, il bilancio dell'annata si chiude in rosso. Hanno impressionato non tanto il numero degli errori (comunque alto), ma la gravità delle decisioni sbagliate. Il gol non concesso a Muntari in Milan-Juve 1-1 (24 febbraio) è soltanto il caso più eclatante di una stagione storta, con risultati che dovrebbero far riflettere, visto che arbitri e assistenti di serie A costano alla Federcalcio sette milioni e mezzo di euro. Che non sono pochi, soprattutto in epoca di austerità nei bilanci federali. Nessuno è infallibile e nessuno chiede agli arbitri di non sbagliare mai, ma dire che va tutto bene, come ha fatto Braschi 48 ore fa, non aiuta il movimento a crescere. Per tutto l'anno si è assistito a continue invasioni di campo da parte di Marcello Nicchi, il presidente dell'Aia, da mesi già in campagna elettorale: irrefrenabile nelle sue esternazioni, si è sovrapposto a Braschi in molte occasioni e questo ha dato insicurezza a chi è andato in campo. In compenso l'interventista Nicchi non ha mai sottolineato uno degli errori più evidenti della sua presidenza: la divisione fra Can di A e Can di B, che ha creato una barriera, dove invece dovrebbe esserci una continua osmosi fra le due categorie. In passato, quando gli arbitri sbagliavano in serie A, ripartivano dalla B, che rappresentava l'habitat giusto per ritrovare serenità. Oggi tutto questo non è possibile: chi sbaglia, resta fuori per un paio di partite e riparte ancora dalla A, perché con appena 20 fischietti non c'è tempo per rifiatare. La divisione fra Can A e Can B porta anche a poche promozioni e tutte ritardate, rispetto alle abitudini del resto d'Europa, dove chi ha talento arriva ad arbitrare in serie A a 26-28 anni. Anche così si spiega perché la base produce pochi arbitri interessanti e il livellamento c'è, ma verso il basso. Braschi ha parlato di un trio invidiato da tutti, quello composto da Rizzoli (arbitro principale), Tagliavento e Rocchi (arbitri di porta), che andranno all'Europeo. Rizzoli ha avuto un'annata sufficiente, ma tutt'altro che esaltante; Rocchi, designato per l'Olimpiade, è stato molto deludente con un rendimento al di sotto della sua esperienza; Tagliavento ha imparato da Braschi soprattutto la suscettibilità, che era una delle qualità più pronunciate del designatore, quando arbitrava. La stagione è stata contrassegnata, almeno in partenza, da una sola raccomandazione: far scendere il numero dei falli a partita. Come dire: meno si decide e meno si sbaglia. Una tesi singolare, perché, come per i voti, i fischi non si contano, ma si pesano: ci sono partite nelle quali si può fischiare poco e altre in cui è necessario fischiare molto. Poi, dopo Milan-Juve, lo stesso Nicchi è intervenuto annunciando una improvvisa inversione di tendenza: «Da questo momento mi sono stufato, ci sarà tolleranza zero su tutto. C'è un regolamento e va rispettato: se un giocatore protesta è giallo, se protesta tanto è rosso. Se entra a piedi uniti è rosso. Niente buonsenso o sensibilità. Si fischierà e basta». E lo si è visto nel caso di Palacio in Udinese-Genoa, espulso per una protesta che non c'era (arbitro Tagliavento). Nel frattempo c'è stato anche un impoverimento didattico, con raduni meno rigorosi e più brevi rispetto al passato. Adesso persino l'Aia spera che si arrivi ai giudici di porta (Nicchi in partenza era assolutamente contrario). Ma non è chiaro dove si potrebbero reperire numericamente queste nuove figure, visto che non possono essere utilizzati in questo ruolo gli assistenti. ------- Il commento Ma i guadagni non aiutano a sbagliare meno di PAOLO CASARIN (CorSera 19-05-2012) Prima di dare un voto ai fischietti di serie A, è necessario chiedersi: sono al servizio di uno sport che accetta anche i loro errori di valutazione oppure fanno parte di un'impresa che, producendo intrattenimento votato al profitto, contesta ogni decisione sbagliata? Due prospettive ben diverse: valutati nell'ambito dello sport tollerante (e dei sogni) otterrebbero un giudizio positivo. La realtà, invece, li inserisce nel calcio-business che, anche quest'anno, ha giudicato negativamente il loro lavoro per i molti errori commessi. Insomma, un brutto voto. E non è un fatto solo italiano: anche negli ultimi tre Mondiali gli arbitri migliori sono incappati in errori storici. Non è bastato il ringiovanimento dei quadri, un allenamento professionale, una formazione organizzata e nemmeno un legittimo compenso per ottenere i risultati attesi. Gli arbitri dei primi anni 90 costavano un quinto rispetto a quelli di oggi; non sono bastate alte retribuzioni per fare dell'arbitro un giudice infallibile. Negli ultimi 20 anni, la Fifa è intervenuta spesso sulle regole per rendere più produttivo e spettacolare il gioco: il fuorigioco è stato stravolto; il gioco del portiere modificato in modo profondo, causando, in area, un'infinità di situazioni controverse; si è predicata la lotta al gioco duro, ma si è preferito limitare il rosso per passare a un innocuo giallo. Non tutte le modifiche, certificate dall'International Board, hanno dato buoni risultati: le interpretazioni arbitrali sono esplose per numero e bizzarria. Il lungo percorso di ogni arbitro, superate le iniziali selezioni, incontra tanti istruttori di diverso livello tecnico: la instabilità regolamentare si esalta a causa delle personali letture dei formatori. Non bastassero le regole ballerine, sono fioriti, in Italia, ripetuti inviti a una gestione della gara orientata al lasciar correre il gioco cancellando falli evidenti, oppure favorendo l'allargamento dei casi di involontarietà nei contatti del pallone con il braccio, in area, con forti incrementi del tasso di incertezza negli arbitri. I fischietti vorrebbero arbitrare meglio, sognano sempre un bel voto in pagella (sui giornali), ma hanno bisogno di stabilizzare e ridurre le proposte tecniche, abolendo le libere interpretazioni. Per esempio, le raccomandazioni severe che l'Uefa ha trasmesso agli arbitri del prossimo Europeo dureranno nel tempo o finiranno con Euro 2012? Ora si può dire che un voto negativo a un arbitro è la risultante di tante insufficienze; per fare passi avanti la filiera regole+interpretazioni+formazione deve procedere su piani distinti da quelli legati esclusivamente al successo economico dell'impresa calcio. -
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Scommesse L’allenatore della Juventus decide di non commentare le rivelazioni del pentito Carobbio Conte tace, il Siena: «Noi non c'entriamo» di ANDREA ARZILLI (CorSera 19-05-2012) ROMA — La Juventus tace: no comment da parte di John Elkann, presidente della Fiat ieri concentrato sulla Mille Miglia, sull'inghippo che rischia di intossicare la stagione perfetta della sua squadra. «Antonio Conte non solo sapeva», la verità di Filippo Carobbio che fa avanzare le ombre sul tecnico della Juve e sul fido Cristian Stellini, suo collaboratore a Torino come a Siena. Un'accusa articolata su due fronti, Siena-Novara (2-2) e AlbinoLeffe-Siena (1-0), che i federali ritengono credibile e che porterà Palazzi a richiamare il pentito Carobbio in via Po prima di dare il primo appuntamento a Conte e al suo ex presidente Massimo Mezzaroma, ai primi di giugno. La Juve non ha nulla a che vedere con l'inchiesta, ma potrebbe ritrovarsi senza un allenatore da mettere in panchina la domenica (e in Champions League), se per Conte saltasse fuori un deferimento per qualcosa di più della semplice omessa denuncia. Silenzio da Torino, in compenso parla Siena, ex città di Conte: «Dal verbale di Carobbio non sembrano emergere presunte responsabilità del Siena — si legge nella nota diffusa dal presidente Massimo Mezzaroma — (. . . ). Ritengo lo scenario completamente inverosimile. Ricordo peraltro la determinazione maniacale del gruppo dell'anno scorso, tecnici inclusi, nel raggiungere sempre e in ogni partita la vittoria». Le rivelazioni dei pentiti sono le ossa a cui gli interrogatori aggiungono polpa. Sul presunto pareggio combinato tra Novara e Siena c'è il racconto di Carobbio sulla riunione tecnica con Conte che parla dell'accordo, ma la circostanza viene smentita in blocco dai giocatori di entrambe le squadre. Più intricata la questione relativa ad AlbinoLeffe-Siena del 29 maggio 2011, con Stellini (indagato anche a Bari per i contatti con Iacovelli) secondo Carobbio «deus ex machina» della combine: l'incontro all'albergo sede del ritiro del Siena c'è stato effettivamente, la conferma è di Poloni e Passoni, vice-allenatore ed ex giocatore dell'AlbinoLeffe: «Ho sentito sia i calciatori del Siena che dell'AlbinoLeffe che si mettevano d'accordo», dice Poloni. «Mi recai all'albergo insieme ai compagni Sala, Garlini, e il tecnico Poloni — la versione di Passoni —. Non mi ricordo chi dei tre mi disse che saremmo andati lì a concordare l'esito della gara (...). Venne preso l'accordo, anche se non ricordo se si parlò del risultato esatto». Un gentlemen agreement per Luigi Sala: «Carobbio disse che non dovevamo preoccuparci in quanto il Siena non aveva bisogno di punti e quindi non avrebbe giocato alla morte». A smontare la combine, gli interventi in Procura dei dirigenti senesi Faggiano e Perinetti: «Escludo situazioni anomale». E dei calciatori Terzi, Coppola, Vitiello, tutti Conte-boys nel Siena che non ammetteva sconfitta, come il suo tecnico. Nessun accordo, «il mister voleva sempre vincere». ___ Commento Minimizzare non è la soluzione di IVAN ZAZZARONI (Libero 19-05-2012) Invitiamo i calciatori a pentirsi e vuotare il sacco e quando finalmente lo fanno li attacchiamo con ferocia, ma solo se hanno accusato la «persona sbagliata»: se la prendano con le mezze figure, con gli intermedi, e lascino in pace gli idoli: gli idoli sono tali in quanto intoccabili. Filippo Carobbio - e insieme a lui altri due tesserati, Poloni e Passoni - hanno toccato la madonna pellegrina, Antonio Conte, l’eroe del momento, l’uomo che dopo sei stagioni di disagi, conflitti, altre intercettazioni, stravolgimenti, insopportabilità, sconfitte e cambi ha riportato in alto la squadra più amata e detestata dagli italiani. «Sapeva della combine» ha raccontato Carobbio agli inquirenti riferendosi a due partite del Siena della stagione scorsa. Alcuni giornali si sono portati avanti col lavoro anticipando che Conte rischia dai tre ai cinque anni di squalifica. Per gli juventini, sembra una maledizione: è evidente che la società e la squadra non sono, né saranno neppure sfiorate da Scommessopoli, ma il possibile coinvolgimento del simbolo della rinascita è un colpo basso e difficilmente assorbibile. «Eppure finirà in una bolla di sapone», si sente dire. «Conte dimostrerà la sua innocenza, oltretutto altri giocatori di quel Siena stannosmentendo Carobbio oppure non ricordano». E infine: «Adesso che la Juve ha rialzato la testa provano a ributtarla giù». Niente di più falso e fuorviante: l’inchiesta va avanti da oltre un anno, tra pochi giorni - il primo di giugno - sarà trascorso un anno dai primi arresti, sedici, e in tutto questo tempo qualcosa di nuovo è effettivamente accaduto: la prospettiva della sconto di pena (un terzo) ha indotto alcuni calciatori a parlare. Le notizie pubblicate dai giornali altro non sono che l’effetto della desecretazione delle deposizioni. Un proverbio calabrese recita: «A chi mi dà un sorso di mosto glielo rendo di vino chiaro, a chi mi dà un’ora di disgusto glielo rendo di pianto amaro». Per chi - come noi - ama il calcio il disgusto non è di un’ora ma di almeno sei anni. L’ultimo, il più terribile. Oggi abbiamo bisogno di sapere che Conte non sapeva del biscotto: per tenere pulita la fedina di un professionista di valore che ha svolto un lavoro fantastico e anche per restituirci un po’ di fede in uno sport che non sta facendo nulla per darsi una mano e un futuro. Giuro che mi piacerebbe poter scrivere: eran tutte balle. PS. La stagione della gogna, per tutti. «Contro di me un attacco mediatico, non ho commesso reati, né peccati». (Roberto Formigoni). ___ LA STAMPA 19-05-2012 -
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Scommesse "Sono finito, ma ho detto la verità la vergogna è il silenzio degli altri" Carobbio, il pentito che fa tremare Conte: "Va così da anni" di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 19-05-2012) Filippo Carobbio è l´uomo del giorno. Anzi, meglio, il ragazzo del giorno. Perché ha solo 32 anni e sin qui li ha vissuti con la leggerezza del calciatore di provincia. Dire che era impreparato a tutto questo è dire poco: questo sono i qualche decina di migliaio di insulti del tipo "Carobbio infame, per te solo lame" che da ieri mattina girano su Internet. «Ecco perché preferirei che questa conversazione rimanesse privata. Non è il momento di parlare. Lo sta già facendo troppa gente, è solo il momento di stare male. In fondo me lo merito, è giusto così». Carobbio ha la voce scossa. Le sue parole hanno terremotato le fondamenta di quello che riteneva fosse il suo mondo. E quel mondo adesso gli sta crollando addosso. Carobbio, lei ha accusato l´allenatore campione d´Italia. È normale che tanta gente parli di lei. «Fa ridere questa cosa. Da calciatore non ho mai avuto molta fama. Ho fatto una buona carriera ma mi sono fermato alle soglie della celebrità. Adesso invece parlano di me più che di Messi. Ma io sono un ragazzo normale». I ragazzi normali non scommettono con gli zingari. «Nemmeno io, li ho visti una volta e non mi sono piaciuti». A Palazzi ha detto cose pesanti. «Pesanti, sì, forse… Però a me piace pensare solamente che mi sono assunto le mie responsabilità». Ha fatto il nome di Antonio Conte. «Quello che avevo da dire su Conte e su tutti gli altri l´ho detto a Palazzi e al pm. E spero di aver preso la strada giusta». Ha dubbi? «Sono colpito di essere l´unico ad aver detto finalmente le cose come stavano. Mi aspettavo che dopo tutto quello che è venuto fuori sui giornali in questi ultimi mesi anche gli altri avrebbero deciso di rompere il muro dell´omertà. E invece non lo hanno fatto… Mi chiedo perché». Perché? «Troppi interessi nel calcio. A livello economico, a livello di immagine. E quindi alla fine tutti tutelano gli interessi. E la verità va a quel paese». Lei perché ha parlato, invece? «Ma perché non ho nulla da perdere. Ho 32 anni, la mia carriera è finita. Almeno così mi sono pulito la coscienza, mi sono tolto un peso. Ho raccontato come funziona un mondo, il mondo del calcio, che non è come la gente se lo immagina. Nel calcio le cose vanno avanti così da una vita e tutti, ripeto, tutti hanno troppo da perdere per cambiare davvero le cose. Personalmente nell´istante in cui sono uscito dalla stanza di Palazzi sono tornato ad essere quello che sono sempre stato, un ragazzo trasparente, normale, che giocava a pallone, non era Maradona, ma faceva con serietà il proprio mestiere. Tutto qui». E adesso? «E adesso passerò i guai. So cosa si dirà, si dirà che ho parlato per salvarmi il C**O, che sono un furbo. E invece non è così. Il mio C**O, almeno a livello sportivo, già me lo sono giocato da tempo. Spero solo di non essere radiato ma è una speranza marginale. Per il resto è chiaro che non ho nulla da perdere. Sono gli altri, quelli che negano, che giudicano, che stanno zitti… Sono loro che provano a salvarsi C**O facendomi passare per un furbo. Ma io no sono un furbo, sono solo uno che a un certo punto ha voluto ricominciare a guardarsi allo specchio in pace. Davvero, però, lasciate perdere le interviste. Non è questo il momento di parlare... «. Magari ha parlato perché Palazzi aveva già in mano prove pesanti. «Non aveva in mano un granché, a dire il vero… Avrei tranquillamente potuto dire: "non ne so niente" o "non è vero nulla". No, non è stato per quello, ripeto ho solo voluto dire basta e provare a cambiare le cose, e magari avere la possibilità di tornare a fare una vita normale, con mia moglie e i miei due figli, che sono la cosa più importante del mondo «. Una vita normale… pensa che sia possibile? «Non lo so. Io vivo in un paesino piccolo e sognavo di finire sui giornali per una punizione, non per un verbale. Certo, se mi avessero preso che spacciavo o che facevo del male ai bambini, avrebbero fatto meno casino». Come pensa di vivere adesso? «Non lo so. Spero che non mi radino perché mi piacerebbe restare nel mondo del calcio, magari insegnare ai bambini a giocare. Per quanto riguarda il lavoro, non ho idee, forse continuerò a vivere come ho fatto in questi ultimi mesi». Cioè? «Lavoro per una comunità per tossicodipendenti, do una mano. È un modo che ho per saldare qualche conto con la mia coscienza. Ma è anche un´esperienza bellissima. Questa gente soffre e tu gli puoi dare una mano». Ma era davvero così "grosso" il giro? «Quando sei lì, dopo un po´ ti accorgi che "lo fanno tutti". E allora lo fai pure tu. Certo se adesso guardo il giornale, e vedo che ci sono stato solo io a raccontare, mi viene il sospetto che lo facessi solo io, che fosse tutto un´allucinazione... Eppure se solo qualcuno mi avesse seguito, sarebbe una rivoluzione». ------- Lecce, Lazio e Genoa, le carte dell´accusa I club verso il processo sportivo. Oggi parla Conte, Juve in attesa In sospeso il Chievo per la partita con l´Udinese. Domande della procura sul ruolo di Luca Toni di ALBERTO ABBATE (la Repubblica 19-05-2012) Su Conte parla Conte. È questa la linea della Juventus che, dopo aver valutato nella mattinata di ieri la diffusione di un comunicato, ha deciso di lasciare al suo allenatore la difesa dopo le accuse di Carobbio: parlerà oggi, solo dopo la Coppa Italia la società prenderà una posizione ufficiale. A difesa di Conte si è già schierato "il suo" Siena proprio nelle audizioni davanti a Palazzi: il dg Perinetti, l´ex ds Faggiano e persino i tre calciatori Terzi, Vitiello e Ficagna non hanno confermato le "riunioni tecniche" nelle quali si parlava delle combine di cui riferisce Carobbio. Ma Passoni, Sala e Poloni ammettono invece l´incontro al Park Hotel (sede del ritiro toscano) con il "Superpentito", seppur nulla sapendo della "collaborazione" dirigenziale alla combine di Albinoleffe-Siena. Il presidente del Siena Mezzaroma urla: «Dai verbali di Carobbio non emerge nessuna responsabilità della società». Rischierebbe la diretta al prossimo processo sportivo, dove si ritroverà la serie A: in sospeso Lazio, Genoa, Lecce e Chievo. A via Po c´è già tanto su cui lavorare. Lecce-Lazio del maggio scorso è una delle partite centrali dell´inchiesta penale. E Stefano Ferrario, ex difensore giallorosso (ora al Parma) ha fatto a Palazzi qualche ammissione: «Zamperini, due giorni prima di Lecce-Lazio, soggiornando all´hotel Tiziano - la stessa struttura dei nostri ritiri - mi chiamò per un aperitivo e mi disse che c´erano alcuni amici che volevano mettere dei soldi sulla partita. Interruppi subito il discorso perché non m´interessavano tali proposte. Era accompagnato da un suo amico che parlava italiano, non escludo fosse Gegic». Per il "superpentito" Gervasoni la combine di Lecce-Lazio fu fatta: «Gli Zingari mi dissero che avevano corrotto i salentini Rosati e Benassi (negano i due portieri nei verbali, ndr), Mauri e altri giocatori biancocelesti per un over con due gol di scarto (finì 2-4, ndr). Investirono 400mila euro». Conferme a Gervasoni arrivano dalla rogatoria del pentito ungherese Horvath, che il giorno della sfida sarebbe stato presente sugli spalti del Via del Mare. Stesso discorso per Lazio-Genoa, partita disputata la domenica prima. Dice Mauri: «Il giorno della gara Zamperini venne a Formello per ritirare due o tre biglietti». Mauri dice che parlarono di calcio. Ma la procura federale non capisce perché ci siano stati flussi intensi di telefonate alla fidanzata del titolare di un centro scommesse. Su quella gara, Gervasoni rivela: «Zamperini e Ilievski s´incontrarono pure con Milanetto». Che insieme a Dainelli avrebbe poi ricevuto, sospetta la Procura, il "compenso" durante la festa d´addio al celibato di quest´ultimo in un hotel. La procura federale incalza su quella famosa serata con tanto di balletti al Tocqueville. Domande anche su Luca Toni, compagno di stanza di Dainelli e in possesso di una percentuale dello stabilimento di Cervia di Antonio Benfenati, già arrestato a dicembre. Dai verbali genoani però emergono particolari inquietanti sugli addii di Milanetto e Dainelli: «Il primo credo sia dovuto andare via perché - racconta Marco Rossi - dopo il derby vinto per 2-1 con la Samp definì "bastardi" i sostenitori della Nord che lo contestavano». E Dainelli: «Anche io mi trasferii al Chievo l´ultimo giorno di mercato perché non avevo buoni rapporti con la Nord. Dopo la sconfitta col Napoli per 6-0, alcuni tifosi vennero nello spogliatoio dicendo che me ne dovevo andare». Gervasoni parla anche di Chievo-Udinese: «Michele Cossato mi disse che la gara era manipolata grazie alle loro conoscenze con alcuni giocatori». Interrogato il capitano Pellissier, Luciano svela: «Campedelli mi disse che i fratelli Cossato erano persone che dovevo lasciare stare perché mi sarei fatto solo del male». Il processo sulla B comincia il 31 maggio al Foro Italico, all´Ostello della gioventù. -
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Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 19-05-2012) CASO CONTE: ACCUSE DA RISCONTRARE E UNA DIFESA CHE DEVE SCEGLIERE La prima cosa da dire, dopo il terremoto Carobbio, è che la parte del suo lungo verbale che chiama in causa Antonio Conte rappresenta un punto di partenza, e non d'arrivo, della seconda tranche d'inchiesta della Procura federale. L'attuale allenatore della Juventus deve essere ancora interrogato, vanno cercati e trovati ulteriori riscontri, bisogna pesare assai bene quanto è stato fin qui raccolto. Elementi in molti casi di segno contraddittorio, sui quali la giustizia sportiva dovrà tirare le somme facendo molta attenzione. Per ora sul caso Conte si possono fissare alcuni punti: 1. Le accuse di Carobbio sono dirette e pesanti. Producono un salto di qualità nell'ipotesi di reato sportivo: non più omessa denuncia, ma illecito sportivo. 2. Ancor più rilevanti sono le accuse di Carobbio nei confronti di Stellini, collaboratore di Conte a Siena e ora alla Juve. 3. Contro Carobbio parlano cinque suoi compagni di allora, lo stesso Stellini, e i dirigenti Perinetti e Faggiano. Tutti smentiscono tutto. 4. A favore di Carobbio parlano invece due dell'AlbinoLeffe, il tecnico Poloni e il giocatore Passoni, che confermano la parte del verbale Carobbio che riguarda AlbinoLeffe-Siena. 5. La chiamata a correo di Conte su questo match è più leggera «In settimana si parlò molto tra società, calciatori e allenatore sull'accordo raggiunto. . . alla fine fummo tutti d'accordo, squadra e allenatore, nel lasciare la vittoria all'AlbinoLeffe» dice Carobbio di quanto non lo sia quella sul 2-2 di Novara-Siena «Antonio Conte ci disse che potevamo stare tranquilli in quanto avevamo raggiunto l'accordo con il Novara», parla sempre Carobbio. I fatti sono questi. Seguono le osservazioni. I «no» e i «sì», le smentite e le conferme, non si elidono a vicenda. E le conferme «incrociate» pesano più delle smentite, specie per la giustizia sportiva. In altre parole, le dichiarazioni che arrivano dai due dell'AlbinoLeffe accreditano le parole di Carobbio anche al di là del caso specifico e screditano quelli del «non è successo niente», una strada che può diventare molto pericoloso percorrere fino in fondo. Di buono, per Conte, c'è però che quelli dell'AlbinoLeffe confermano il tarocco ma non lo tirano direttamente in ballo. L'unico a farlo, almeno per ora, è Carobbio. Non è dato sapere quale sarà la linea difensiva di Conte una volta che Palazzi lo convocherà per interrogarlo. Si sa invece come si stanno predisponendo gli organi della giustizia sportiva per i processi che verranno, a cominciare da quello che inizierà il 31 maggio per 61 tesserati e 22 società: tolleranza zero e pugno di ferro per tutti, con una doppia eccezione, relativa a quanti intenderanno patteggiare mostrandosi però collaborativi, e a quanti riusciranno a circoscrivere le loro responsabilità all'omessa denuncia. Su questo Conte, e tanti altri come lui, dovranno riflettere bene sul da farsi. p.s. Il meteo prevede piogge intense la prossima settimana su Cremona. Meglio munirsi di ombrello. ------- GaSport 19-05-2012 -
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SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 18-05-2012) Calcioscommesse-choc è la corsa a pentirsi... Un autentico choc: "voglio abbattere il muro dell'omertà", ha detto il pentito Filippo Carobbio, 32 anni, che ha lanciato durissime accuse nei confronti dei suoi ex dirigenti del Siena, coinvolgendo anche Antonio Conte, fresco campione con la Juventus. C'è subito da dire, per evitare equivoci, che il club bianconero non è assolutamente sfiorato da queste (brutte) vicende del calcioscommesse perché si riferiscono a quando Conte allenava il Siena: ma il problema, per il tecnico, adesso sarà quello di difendersi da accuse che sono state ritenute "credibili" dalla procura di Cremona, che ha scoperchiato il pentolone su questo scandalo, e da quella della Figc. Ricordiamo che per la giustizia sportiva, tocca all'incolpato l'onore onere della prova (ecco, dov'è la prova? ndt), e questo in alcuni casi (ma non è detto che si riferisca a questo), complica non poco le cose. Comunque, il pentito Carobbio tira in ballo il Siena per due gare "taroccate" con il Novara e l'Albinoleffe, due gare dello scorso torneo di serie B. Coinvolta la dirigenza del club toscano, Conte e molti calciatori. In caso di responsabilità diretta, il Siena rischia la retrocessione all'ultimo posto in classifica, l'illecito invece si paga con tre anni di squalifica. Carobbio, come pentito, avrebbe diritto invece ad uno sconto di pena. Tutte cose, ovviamente, che ora Palazzi dovrà verificare: dopo la finale di Coppa Italia, ci sarà un nuovo calendario di audizioni che dovrebbe chiamare a Roma anche Conte, tantissimi calciatori e lo stesso presidente del Siena, Mezzaroma che era già stato tirato in ballo (ma da riferimenti in quel caso piuttosto vaghi, addiritura di terza mano. . . ). Stavolta invece Carobbio è stato estremamente preciso nella sua ricostruzione dei fatti: come detto, Palazzi e il suo staff lo ritengono "credibile", ora la parola toccherà agli incolpati. La procura Figc intanto aspetta ancora le carte da Bari e Napoli, per poter avviare il secondo troncone dell'inchiesta: dovrebbe essere questione di giorni, almeno per quanto riguarda Bari. Lì c'è un altro pentito, Masiello, che coinvolge società e tantissimi tesserati. Inoltre anche da Cremona, presto, potrebbero esserci novità clamorose. Ma perché adesso i giocatori si pentono così facilmente? La lista cresce: Micolucci, Gervasoni, Masiello, Conteh, Ruopolo, Carobbio, Cellini, Tamburini, Cristante, Gianello, eccetera. Perché tentano di salvare almeno in parte la loro carriera sportiva, visto che dal punto di vista penale la frode sportiva non fa molta paura. E poi, di fronte alle registrazioni delle loro intercettazioni, molti calciatori alla fine devono arrendersi. . . La nuova inchiesta di Palazzi potrebbe portare al deferimento di molti altri club, fra cui alcuni di serie A (Genoa, Lazio, Napoli, Lecce, Chievo, Bologna, Udinese, Parma). Con responsabilità diverse. L'Atalanta è già stata deferita nel primo filone (ma Palazzi non è riuscito a dimostrare il coinvolgimento diretto del club, pur avendo "sospetti"), così come Siena e Novara che potrebbero essere nuovamente incolpati. In serie B, da valutare alcune posizioni fra cui quelle di Bari (nei guai) e Sampdoria. Intanto, via col primo processo (22 società accusate, 61 tesserati): si parte il 31 maggio, udienza anche il primo giugno, poi stop il 2 e 3. Gli avvocati stanno studiando i deferimenti: quasi trecento pagine, più diecimila di allegati. La sede della Disciplinare (presidente Artico) dovrebbe essere quella dell'ex Ostello della gioventù al Foro Italico, davanti all'aula bunker: scartato l'Olimpico (il 31, tra l'altro, c'è il Golden Gala di atletica), così come sono stati scartati due hotel, a Roma e Fiumicino. Le sentenze si avranno a playoff e playout di serie B e La Pro conclusi: quindi, intorno a metà giugno. Probabile che le penalizzazioni, dovendo essere afflittive, vadano a ricadere sulla prossima stagione agonistica. Moltissimi anche i casi di omessa denuncia. Poi, a fine giugno dovrebbe essere conclusa la seconda trance, quella che tira in ballo nomi eccellenti (vedi appunto Conte) e mezza serie A. Processi a luglio: ai primi di agosto l'Uefa vuole i nomi delle squadre iscritte alle Coppe. Sarà un terremoto? La vergogna di Marassi: 101 Daspo e inchiesta chiusa L'inchiesta della procura federale sulla "vergogna" di Genoa-Siena del 22 aprile è a buon punto: sono già stati interrogati molti tesserati del Genoa. C'è da capire chi ha obbligato i calciatori a togliersi la maglia, obbedendo così al ricatto di alcuni ultrà: sono stati i poliziotti, incapaci di "governare" la situazione, oppure Preziosi? Intanto, la questura di Genova, pessima nella gestione dell'ordine pubblico in occasione della gara, ora pare essersi svegliata: 101 Daspo (da 3 a 5 anni) e 52 denunce. Ma in futuro a Genova qualcosa dovrà cambiare. Londra, 221 azzurri qualificati. Ora tocca alle donne pugili... I qualificati per Londra sono 221: non si arriverà a quota 300 ma ci si dovrebbe fermare intorno a 290, forse poco oltre. Niente di male: sono molti in meno rispetto a Pechino 2008 ma di questi tempi è meglio privilegiare la qualità che la quantità. Le proiezioni danno dall'Italia una trentina di medaglie, è questo che conta. La possibilità di restare a testa alta nel G 10 mondiale e magari di battere i "cugini" di Francia. Le qualificazioni olimpiche comunque continuano: presto sapremo se avremo anche una donna pugile (250 posti totali a disposizione: la grande novità di Londra) poi tocca a canottaggio, nuoto, ciclismo, tiro a segno, eccetera. ___ la Repubblica SERA 18-05-2012 -
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IL SOGNO DI ZORO di DIEGO BIANCHI (IL VENERDI DI REPUBBLICA | 18 MAGGIO 2012) DA TURONE A HOLLANDE, CERCANDO LO SCUDETTO DELLA SINISTRA ITALIANA «Certo che se vincevamo, se facevamo na magnata...». Sull’aereo di ritorno da Torino, dietro me e mio padre, c’è chi si rammarica con il vicino di posto per l’occasione persa, sia calcistica che enogastronomica. Dopo un silenzio che sa d’infinito, il vicino risponde: «Vabbè, comunque amo paregiato, na magnata se la potemo fa lo stesso». Un nuovo interminabile vuoto precede la definitiva chiosa del primo dei due: «Ma perché, se perdevamo stasera nse magnava?». È il 10 maggio 1981 e, fuori, è ormai buio quando la saggezza popolare ci rende più morbido l’atterraggio a Fiumicino. Siamo due padri e due figli di ritorno da un sogno spezzato, da un gol in fuorigioco che fuorigioco non era, un gol che sta per diventare letteratura, romanzo popolare, motivo d'orgoglio e presa per il C**O, comunque storia. Io, mio padre, il suo amico Roberto e suo figlio Nicola abbiamo visto dal vivo «il gol di Turone», sotto la pioggia, distanti dal fattaccio quel che bastava per non percepire in tempo reale il torto che si subiva, la storia che salutava, la juventinità che ci sorrideva. Quando arriviamo a casa di Roberto e Nicola siamo stanchi, delusi, affamati, e soprattutto, senza notizie. Non c’è cellulare per comunicare con chi ha fatto altro durante il giorno, non c’è Twitter o Facebook che informi, gli unici amici con cui interagire siamo noi quattro. Il nostro social network acquista spessore solo quando Fatima, la moglie di Roberto, ci apre la porta di casa e incurante delle nostre facce appese, salta felice da una stanza all’altra urlando con mia madre un’unica parola, che è un cognome e, con nostra sorpresa, non è Turone. «Mitterand! Mitterand! Mitterand!» scandiscono le donne indicando il televisore. «Mitterand ha vinto!». È il 10 maggio 1981 quando Mitterand vince le elezioni francesi, e la Juve vince di fatto il suo ennesimo scudetto. Penso a quell’indimenticabile giornata di adolescente mentre, a tarda notte di domenica 6 maggio 2012, cammino per Parigi. Alle mie spalle la Bastille pericolosamente stracolma di gente per la vittoria di Hollande, nelle orecchie la Marsigliese e l'Internazionale, negli occhi la figurina del vincitore che, alle 20 spaccate, viene proclamato tale da una grafica degna di Amici di Maria De Filippi. Stavolta la storia l’ho vista, a campi invertiti, ma l’ho riconosciuta, non come a Torino nell’81. E pazienza se in Italia, intanto, la Juve ha appena vinto lo scudetto. Se tanto mi dà tanto, tra un paio d'anni dovrebbe toccare alla Roma. Magari con un governo più di sinistra di quanto non fosse quello Fanfani. Qualcosa in meglio, anche nei ricorsi storici, si può sempre cambiare. -
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Calcio & finanza. Le merchant bank tornano a farsi sotto per proporre soci di minoranza Fininvest, banche in fila per il Milan di CARLO FESTA (il Sole 24 ORE 18-05-2012) Un miliardo di euro. È questa la cifra che è nella mente di Silvio Berlusconi per l'Ac Milan. Sono le risorse iniettate dalla sua famiglia per investire nel club rossonero negli ultimi 26 anni, dall'acquisizione (il 20 febbraio 1986) ad oggi: capitali che la holding Fininvest ha dovuto tirare fuori dal cilindro ogni anno per comprare i giocatori e coprire le perdite della società calcistica. Da questa cifra bisogna partire per capire il futuro del Milan. Al dossier, grazie ad alcune banche che hanno lavorato in passato per Fininvest (come Bnp Paribas e Hsbc), si sono avvicinati potenziali investitori stranieri: corteggiamenti ai quali la Fininvest, guidata da Pasquale Cannatelli, malgrado le smentite, non è insensibile. Un socio di minoranza non sarebbe sgradito. Qualche tempo fa il club era entrato nel radar di gruppi mediorientali, area dove il Milan ha un certo appeal (la compagnia aerea Emirates di Dubai è sponsor dei rossoneri). Più recentemente, avrebbero esaminato il dossier investitori cinesi, Paese per il quale il Milan rappresenta la massima espressione del calcio italiano. Ma la realtà dei fatti, più che in generiche manifestazioni d'interesse, sta nei numeri. Quindi in quel miliardo che continua a restare nella mente di Silvio Berlusconi per la sua creatura, malgrado il mondo nell'ultimo anno e mezzo sia cambiato. La valutazione dei rossoneri, per l'ex-premier, non può infatti discostarsi molto: tanto che qualche tempo fa si era parlato di 750 milioni. Ma con il fair play finanziario imposto dall'Uefa al calcio, il Milan dovrà stare attento ai bilanci. E la stessa Fininvest deve confrontarsi con le sue controllate, un tempo galline dalle uova d'oro, ora in difficoltà. A cominciare da Mediaset, con il titolo ai minimi in Borsa e i profitti in calo dell'85% nel primo trimestre. Il dibattito sembra aperto in famiglia. Tra i figli, Marina e Piersilvio sembrano poco interessati alle vicende calcistiche, mentre Barbara rimane la più accanita sostenitrice della passione del padre. Venerdì scorso, ad Arcore, c'è stata una cena tra Silvio Berlusconi, Adriano Galliani e l'allenatore Massimiliano Allegri. Tuttavia la campagna acquisti (tra i possibili obiettivi Tevez o Mario Balotelli) è alle porte. E un partner azionario (sulla scia di quanto fatto dalla Lafico con la Juventus) potrebbe essere gradito. Ora Fininvest si trova di fronte a una riflessione: sarà ancora possibile continuare a coprire le perdite dei rossoneri a fine anno? O meglio trovare un partner? Di sicuro con una mega-valutazione non c'è investitore, né cinese né arabo, disposto a strapagare una minoranza. Diverso, però, sarebbe se le pretese scendessero. Ma, come fanno notare ambienti vicini alla Fininvest, il Milan è qualcosa che esula dal business della holding. È terreno di Silvio Berlusconi e sarà lui ad avere l'ultima parola sulla vicenda. ___ CorSera 18-05-2012 -
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Mi pare che... Se Mazzarri rinuncia a Lavezzi consegna la Tim Cup alla Juve di LUCIANO MOGGI (Libero 18-05-2012) E domenica, all’Olimpico di Roma, finale di Coppa Italia tra la Juve e il Napoli. La squadra torinese ha vinto il campionato contro ogni pronostico e si presenta da favorita per il trofeo. Scenderà in campo con la solita voglia di vincere, praticando quel gioco intenso e corale che le ha permesso di chiudereimbattuta. A Conte l’arduo lavoro psicologico per evitare rilassamenti dovuti alla festa tricolore: un lavoro tra i più difficili ma che Antonio, memore del passato, può portare a termine. A Del Piero l’ultimo palcoscenico, ma la filosofia del tecnico è il gruppo. E il gruppo sta dando pieno affidamento. Doppia gioia? Normale che la Juve punti a vincere anche la Coppa. E non solo perché l’appetito vien mangiando, ma perché è forse l’occasione migliore per provarci tenendo conto delle condizioni della squadra. Napoli permettendo, ovviamente. Un Napoli che è in un curioso bivio: la vittoria può esaltare una stagione incompiuta, la sconfitta può lasciare l’amaro in bocca e niente in mano. Mazzarri sembra tentato a lasciare in panchina Lavezzi, errore gravissimo: i napoletani devono affrontare un avversario agguerrito e assetato di vittoria. Il gioco di rimessa, di cui l’argentino è un maestro, sarà il tema d’obbligo per gli azzurri. Partita comunque aperta, con più di qualche chance a favore della Juve. A Monaco si assegna domani invece la Champions League, con attori che non erano proprio quelli previsti. Il Bayern ci poteva stare, il Chelsea e Di Matteo appartengono alla palla rotonda, quando fa le bizze. I tedeschi sono favoriti. Sono passate quasi sotto silenzio un paio di notizie venute fuori dall’assemblea Telecom. Ne parliamo qui perché riguardano nomi noti anche al calcio. E anche per una certa consonanza con Moratti e l’Inter: se vogliamo, sembra una compagnia di giro. Un po’ qui e un po’ lì: Tronchetti Provera vicepresidente dell’Inter e Moratti nel cda dell’epoca di Telecom, una coppia all’apparenza inossidabile. Mettiamoci anche Carlo Buora, meno conosciuto, ma anche lui ex Telecom ed ex Inter, vicepresidente nerazzurro negli anni a cavallo del 2006. Il presidente di Telecom, Franco Bernabè, ha reso noto che il Cda del 9 gennaio ha deciso un atto interruttivo di prescrizione, propedeutico all’esercizio di un’azione di responsabilità nei confronti di Buora e di un altro ex dirigente, Riccardo Ruggiero, quest’ultimo per la scabrosa vicenda delle sim false (avete letto bene, false, altro che estere). La vicenda che coinvolge Buora è quella ben nota della Security: spionaggio e dossieraggio illegale, operati dalla struttura capeggiata da Giuliano Tavaroli. Un giudice di Milano ha voluto vederci chiaro e la Telecom ha chiesto di costituirsi parte civile. Il Gup di Milano - come ricordato dallo stesso Bernabè - ha ritenuto che la Direzione Security non abbia agito «all’insaputa delle altre funzioni aziendali e dei vertici di Pirelli prima e di Telecom Italia poi, coincidenti nelle stesse persone». Nel processo in corso a Milano è coinvolto anche Marco Tronchetti Provera, a carico del quale però non sarà avviata alcuna azione di responsabilità (per intervenuta prescrizione). Se qualcuno vuole cercare consonanze, potrebbe riandare all’analogo salvataggio che ha evitato all’Inter e a Moratti il processo per illecito sportivo con conseguente probabile retrocessione della squadra. Piuttosto, vediamo come se l’è cavata Tronchetti Provera. Tecnicamente si salva per aver dato le dimissioni un anno prima di Buora. Ma se il tempo è trascorso invano, la colpa sarà anche di chi l’ha fatto scorrere. È quello che hanno pensato alcuni azionisti di Telecom che hanno chiesto un’azione di responsabilità nei confronti dell’attuale Cda «per aver lasciato cadere i tempi di legge utili per promuovere l’azione di responsabilità nei confronti dell’ex presidente Tronchetti Provera». La proposta non è passata. Miracoli di chi conosce a menadito i meccanismi di società e i tempi di prescrizione. Un passo indietro Facendo un passo indietro di 2 anni, andiamo al blog “Camillo” dell’ottimo Christian Rocca quando sotto il titolo “C’è un giudice a Milano”, così scrisse: «Un giudice di Milano ha stabilito che i dossier illegali Telecom (caso Tavaroli) - compresi quelli su mezza serie A, calciatori, dirigenti e arbitri di calcio - non erano iniziative private di tre spioni fuori controllo, ma erano stati commissionati dal gruppo guidato da Marco Tronchetti Provera e Carlo Buora. Ma guarda un po’ che combinazione!». -
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QUANTI SCUDETTI HA LA JUVE? A casa mia le sentenze si scontano Accettarle è tutto un altro sport di FRED PERRI (TEMPI | 23 maggio 2012) Il campionato di serie A è finito e qualcuno mi chiede se mi riposo. “Assoreta” è la mia risposta. Ma questa è un’altra storia. Qui intendo fare due riflessioni, una tecnica, una civile. La Juventus ha vinto meritatamente, da imbattuta. Ha offerto il miglior calcio con una squadra, qualitativamente, inferiore a molte altre che ha battuto. Il gioco, il collettivo, il calcio. Adoro tutto ciò. Sono contro le squadre che si reggono sul Fenomeno, i partiti ad personam, i consessi umani dove le facce contano più delle idee. La Juventus ha mandato in gol 20 giocatori, un primato incredibile, e il suo cannoniere, Matri, ha segnato per l’ultima volta a febbraio. E lasciate stare il gol (non visto) di Muntari, non siate ridicoli. Detto questo veniamo al caso del giorno, gli scudetti della Juve (28; 30; 23 secondo il giapponese Zeman, per cui la guerra non è mai finita) e le conseguenti stelle da mettere qui e là. Non entro nello specifico, il dibattito mi appassiona come quello sul buco nell’ozono. Però voglio chiosare questa affermazione, spesso udita: le sentenze si accettano. Eh no, ’sto piffero. Le sentenze si scontano. Io resto libero di pensarla come voglio, ritenere di aver subito una condanna ingiusta e ribadire a squarciagola la mia innocenza, affermando che i giudici hanno giudicato male e, almeno a casa mia (nel mio stadio di proprietà), appendere stelle e stelline come mi pare. -
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CLASSIFICA ESPN Barcellona, un calcio all'austerity Per gli stipendi spesi 217 milioni di euro. di LUCA PISAPIA (Lettera 43 | 17 Maggio 2012) Altro che crisi economica. L'America dello sport è la Spagna dell'austerity. Il Paese dominato dalla crisi economica e che vanta un poco invidiabile tasso di disoccupazione intorno al 24% ospita infatti le due squadre con il monte stipendi più alto del mondo. Il Barcellona paga addirittura 217 milioni di euro per i suoi giocatori, con una media di 8,7 milioni a calciatore. Il Real Madrid, invece, campione di Spagna con 100 punti in classifica, primato europeo per le massime divisione calcistiche, ne elargisce 'solo' 195 milioni, per una media di 7,8 milioni. LAKERS PRIMA DELL'NBA. A sorprendere nella classifica stilata da Espn è il dominio del calcio che si scopre pagare stipendi più alti perfino di Nba (i Los Angeles Lakers sono quinti) e del baseball Mlb (i New York Yankees sono sesti), visto che alle spalle di Barça e Real Madrid ci sono altri due club calcistici: il Manchester City (185 milioni) e il Chelsea (170). E se non bastasse, il Milan (153 milioni) è settimo, seguito da Bayern Monaco (170) e Inter (decimo con 142,5), preceduto solo dai Philadelphia Phillies (Mlb). NELLA TOP20 DOMINA IL CALCIO. Considerando le prime 20 posizioni, le squadre di calcio sono ben 10, seguite da sei franchigie Nba e quattro di Mlb. Per l'hockey Usa si deve scorrere la graduatoria fino al 72esimo posto (Buffalo Sabres) e per il football Nfl si deve arrivare alla 75esima posizione (Pittsburgh Steelers). La Juventus campione d'Italia ha un monte stipendi di 117,4 milioni di euro Il calcio non conosce austerity e continua la sua rapidissima ascesa: tutte le squadre pagano stipendi più alti rispetto alla stagione 2010-11, come dimostra la ricerca di Espn. E anche in Italia, nonostante i tagli richiesti dall'Unione europea e imposti dal premier Mario Monti, le società continuano a spendere. Se Milan e Inter sono nella top 10, la Juventus neocampione d'Italia è al 25esimo posto con un monte stipendi di 117,4 milioni di dollari (la media è di 4,7 milioni), mentre la Roma occupa la 47esima posizione (97,4 milioni con la media salariale di 3,9 milioni). FRATTURA TRA LE BIG E LE PICCOLE. A sancire una frattura che sembra irrecuperabile, almeno a livello economico, tra le big e il resto del campionato, è necessario scorrere la classifica di Espn addirittura fino al 143esimo posto per trovare la Fiorentina (51,3 milioni di monte stipendi e 2 di media), al 158esimo per la Lazio (48,1 e 1,9), al 168esimo per il Genoa (45,2 e 1,8) e al 176esimo per il Napoli (41,7 e 1, 67). Curioso che l’ottava squadra italiana (183ma nella graduatoria) sia la Sampdoria, che nella classifica della stagione appena conclusa ha giocato in serie B. L'UDINESE È NELLA 196ESIMA POSIZIONE. Per trovare traccia dell’Udinese (26,4 milioni e 1,05 come media salariale) bisogna scendere alla 196esima posizione a dimostrazione che anche nel calcio moderno la pianificazione, la conoscenza e l’abilità nello scoprire giovani talenti sconosciuti contano più della disponibilità economica. E nellaprossima stagione i friuliani affronteranno in Champions league società con un monte stipendi quasi 10 volte superiore al loro. In Germania i club sono attenti alla spesa e puntano sul risparmio A livello europeo è interessante notare come la locomotiva tedesca, paladina dell’austerity, rispecchi la sua politica economica anche nel pallone. Escluse Bayern Monaco, Borussia Dortmund e Schalke 04 (le prime due si contendono da anni titoli nazionali e internazionali, la terza è lautamente sponsorizzata dal colosso russo Gazprom), le squadre della Bundesliga si concentrano tutte intorno alla centesima posizione: sintomo di un campionato equilibrato dal punto di vista economico-sportivo e di una gestione delle risorse improntata al risparmio. IN SPAGNA LE PICCOLE TAGLIANO. La godereccia Spagna invece, per poter vivere al di sopra delle proprie possibilità, si è dedicata a operazioni di maquillage finanziario che ora stanno mostrando la corda. Resistono solo Real Madrid e Barcellona, società che da tempo hanno abbandonato la penisola iberica e giocano sui mercati mondiali, e crollano le altre. La terza squadra della Liga nella classifica di Espn è il Valencia, al 71esimo posto, con numeri che non sfiorano la metà della di testa. E Le altre ancora più lontane, segno che qualcuno almeno pensa all'austerity. IN PREMIER LEAGUE I SALARI LIEVITANO. Continuano a crescere esponenzialmente invece le squadre inglesi: ben cinque delle prime 20 di questa classifica partecipano alla Premier league. I motivi da ricercare nelle proprietà straniere di tutti i cinque club (Manchester United e Liverpool americani, Arsenal diviso tra America e Russia, Manchester City di Abu Dhabi e Chelsea russo), in un campionato che da anni gioca partite di cartello a mezzogiorno per combaciare con il prime time televisivo dell’Est asiatico e, forse, nell’economia di un Paese che ha scelto di non volere l’euro e la sua crisi. -
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la Repubblica, oggi, è l'unico tra i grandi quotidiani non sportivi a non dedicare l'articolo ad hoc per l'inaugurazione del J-Museum, a parte un trafiletto nell'edizione nazionale e questo pezzo del noto giornalista non juventino E.Gamba. Nell'edizione online c'è un asettico documento di un altro giornalista non juventino. ___ Il Toro a un passo dalla promozione, la Juve che sogna la doppietta con la Coppa Italia: domenica potrebbero esserci due feste. Un incrocio pericoloso La grande Torino Torna il vecchio derby una città nel pallone di EMANUELE GAMBA (la Repubblica 17-05-2012) Ieri la Juventus ha inaugurato il suo nuovo museo – J Museum – dentro il suo nuovo stadio, allungando un´altra solida radice nella terra di una città che probabilmente non è mai stata tanto bianconera come oggi e proprio nell´epoca in cui, e magari non è un caso, la Fiat non è mai stata così poco torinese. «Ma per Torino il nostro scudetto è stato importante come per tante città dell´Italia e del mondo» dice John Elkann parlando piuttosto di una Juve globale, come se il derby che sta per tornare fosse soltanto una parentesi di provincialismo. Sia come sia, Torino sta vivendo giorni di eccitazione e anche di tensione: la Juve la sta attanagliando coi suoi trionfi (dopo lo scudetto, domenica può arrivare la Coppa Italia), il Toro la sta risvegliando con una promozione oramai praticamente certa: l´avverbio lo toglierà proprio domenica se, all´ora di pranzo, batterà il Modena. Tra tre giorni, dunque, potrebbe succedere qualcosa di mai accaduto: due feste in un giorno solo, ma in questi casi una somma di euforie non dà un risultato scontato (felicità doppia) perché rischia di scoprire il nervo di una rivalità che non può essere sfogata nei derby. Dove i granata non segnano un gol da dieci anni, ed è il decennio che ha cambiato il tessuto calcistico di una città che resta profondamente del Toro, ma non tra i bambini della scuola dell´obbligo: i granata hanno regalato generazioni di tifosi ai cugini. «Io sono molto contento che il Toro torni in A», dice Agnelli. «E spero che tornino gli anni in cui gli scudetti erano una cosa tra di noi», ma è uno di quegli auguri formali, come dire "cento di questi giorni" a un ottantenne che festeggia il compleanno. In ogni caso, domenica sarà un giorno pericoloso, la Juve aveva suggerito alla Lega di B di provare a spostare la partita dei granata ma la Questura non l´ha ritenuto opportuno, anche perché i biglietti per l´Olimpico sono già stati quasi tutti venduti. In compenso, il centro sarà zuppo di polizia. «L´ideale sarebbe che il Toro venisse in serie A domani» dice Buffon, che, da ex ultrà, conosce certi rischi: domani i granata potrebbero venire promossi a tavolino se l´Alta Corte gli restituirà la vittoria a tavolino col Padova, nella famosa partita del black out. Sarebbe un dispetto: quelli del Toro vogliono riprendersi le piazze, le strade. Alla Juve, quelli del Toro non invidiano gli scudetti né le stelle. Invidiano lo stadio di proprietà, quelle radici a loro recise. Pensano al sostegno che la città ha dato alla costruzione del nuovo stadio e lo confrontano con gli scandalosi monconi del vecchio Filadelfia. Pensano che il loro museo se lo sono fatti da sé ma hanno dovuto emigrare in cintura, a Grugliasco. S´innervosiscono non perché la Juve compra i top player, ma perché strappa al Toro precario dottori, massaggiatori, fisioterapisti, magazzinieri, tecnici delle giovanili, cioè quel tessuto sociale che era la ricchezza granata e che adesso smotta verso l´altra sponda del Po. «Quando arrivai» ricorda Giampiero Ventura, artefice della rifondazione, «la gente mi chiese: ridacci l´orgoglio di tirare fuori le bandiere. Questo obiettivo lo abbiamo raggiunto. Il prossimo dev´essere di andare alla Juvestadium con la possibilità di vincere, sennò tornare in A non avrebbe senso». E il derby resterebbe soltanto una parentesi di provincialismo, una domenica in cortile. -
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l'inchiesta Calcio in rosso ma gli agenti navigano nell’oro. I casi Mendes e Raiola Procuratori, un’azienda da 3,2 miliardi A tanto ammontano i guadagni dei 20 euro-procuratori di ALEC CORDOLCINI (il Giornale 17-05-2012) Il calcio odierno affoga nei debiti, ma nel mare dei bilanci in rosso c'è anche chi naviga comodamente a bordo di un lussuoso yacht: i procuratori. Il cui giro di affari si attesta attorno ai 400milioni di euro annui, una cifra raddoppiata rispetto ai 200 stimati nel 2009 da un'indagine della Commissione Europea. Questa volta i dati arrivano dalla Svizzera, e precisamente da Neuchatel, sede del Cies Football Observatory, che ha scandagliato il mercato dei trasferimenti dei 5 principali campionati europei: Premier League, Liga, Bundesliga, Serie A e Ligue 1. Per la prima volta sono stati messi nero su bianco i guadagni dei singoli procuratori e delle agenzie da loro gestite derivanti esclusivamente dalle commissioni sui trasferimenti (esclusi quindi rinnovi contrattuali e altri benefit). Ciò che emerge è un'industria che fattura non milioni, bensì miliardi di euro: 3,2 per essere precisi. A tanto ammontano i guadagni dei 20 procuratori re del mercato europeo. Se nel ranking Uefa l'Italia scivola sempre più in basso, quando si passa dal calcio giocato agli affari non c'è Spagna o Germania che tenga. Solamente la Premier League, con i suoi 86.2 milioni di euro, supera la Serie A in quanto a commissioni pagate agli agenti. Per il resto, l'Italia supera la Spagna di 12 milioni e la Germania di 20. Quest'ultima non ha nemmeno un procuratore presente nella top 20 dei paperoni del mercato (il primo tedesco occupa il 29° posto), contro i 6 dell'Italia (prima anche nel numero di procuratori con licenza Fifa: 730), i 3 di Inghilterra e Francia, e i 2 di Stati Uniti e Olanda. Un dato che il Cies spiega con il forte investimento dei club di Bundesliga nei rispettivi vivai. Equazione semplice: maggiore è il prodotto interno, minore è l'esigenza di rivolgersi al mercato. Il padrone del vapore dei procuratori batte bandiera portoghese: Jorge Mendes, avvocato. Con la sua Gestifute si avvicina ai 400milioni di incassi in commissioni. È lui il capo dei capi al Real Madrid, potendo contare su un portafoglio comprendente Josè Mourinho, Cristiano Ronaldo, Pepe, Ricardo Carvalho e Angel Di Maria. La scorsa estate ha vestito di bianco, per 30 milioni, anche Fabio Coentrão. Di fronte a una tale concentrazione di potere, Jorge Valdano ha rassegnato le dimissioni da direttore sportivo. Mendes ha lavorato bene anche con l'altra squadra di Madrid, l'Atletico, curando il trasferimento del colombiano Radamel Falcao dal Porto per la cifra monstre di 40 milioni. Alle spalle di Mendes c'è la multinazionale Wms (800 atleti di 20 discipline diverse) e l'argentino Hidalgo, che negli ultimi anni ha tolto la leadership del Sudamerica al brasiliano Juan Figer, oggi 86enne (Maradona, Socrates, Careca, e Gullit)ma ancora attivo con la Mjf. Poi arrivano gli italiani: Giuseppe Bozzo, Tullio Tinti e l'italo-olandese Mino Raiola. Quest'ultimo è ormai più famoso di tanti suoi clienti: ex-pizzaiolo (curiose anche le origini dell'altro olandese in graduatoria, Rodger Lindse, che vendeva alberi di natale), sette lingue conosciute, network di amicizie pressoché illimitate. Vent'anni fa concludeva il suo primo affare: Bryan Roy dall'Ajax al Foggia. Oggi gestisce i mal di pancia di Ibrahimovic e Balotelli, offre consigli per gli acquisti agli allenatori amici (ad esempio Martin Jol, che una volta al Fulham si è portato a Londra Patim Kasami e Zdenek Grygera), e vede il podio distante "solo" 15 milioni. A livello di club invece il maggior foraggiatore di procuratori al mondo risulta essere il Manchester City, che nel triennio 2009-2011 ha speso in commissioni 34.5 milioni di euro. Ma è riuscito a vincere la FA Cup e il titolo della Premier League, che ai «citizens» mancava da 44 anni. -
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IL MATTINO 17-05-2012 -
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“Star Wars” tra Juventus e Federazione per l’apposizione della terza stella di EDOARDO REVELLO dal blog SPORT & LEGGE (Ġazzetta.it 16-05-2012) Cerchiamo oggi di ripercorrere e chiarire l’ormai nota querelle in merito alla possibile apposizione della terza stella sulla maglia da gioco della Juventus per la prossima stagione. Abbiamo tutti ammirato sul campo le gesta sportive degli uomini di Conte che hanno portato alla conquista del titolo di Campioni di Italia. Grandi feste e grandi celebrazioni per il ritorno al successo della Vecchia Signoria dopo le nefaste vicende di Calciopoli. Destino vuole che, senza l’intervento della giustizia sportiva del 2006, il club di Torino avrebbe conquistato proprio il 30esimo scudetto potendosi, dunque, fregiare della famigerata terza stella a partire dal prossimo campionato. Nel nuovo stadio, sorto sulle ceneri delle Delle Alpi, erano numerosi e plateali i riferimenti al numero 30 così come quelli apparsi tanto nella sede quanto anche sul pullman scoperto usato per i festeggiamenti. Tifoseria e società, uniti nell’orgoglio ritrovato, hanno da sempre considerato come propri i due scudetti vinti sul campo e poi “scippati” – a loro dire – nella rovente estate 2006. E da qui il casus belli: perché a livello ufficiale, gli scudetti conquistati dalla Juventus sono soltanto 28. Scorrendo, infatti, l’albo d’oro della Lega di Serie A – che organizza il campionato su delega Figc – il titolo 2005 non è stato assegnato, mentre quello 2006 è stato attribuito a tavolino all’Inter (senza addentrarci qui nell’altrettanto spinosa questione relativa alla mancata esistenza di un vero e proprio provvedimento di assegnazione ad opera dell’allora Commissario straordinario Guido Rossi). Alla luce dell’intervento degli organi di giustizia sportiva, il club bianconero non potrebbe, quindi, avvalersi della terza stella. Come sempre succede, si è andati alla ricerca di alcuni riferimenti normativi per cercare di inquadrare la fattispecie e dipanare così la matassa. Una simile vicenda non può essere, infatti, risolta aprioristicamente indossando o meno i panni del tifoso. Non è in ballo soltanto una questione stilistica o di marketing policy: apponendo la terza stella il club si porrebbe, infatti, in aperto contrasto con il giudicato sportivo del 2006 e, quindi, contro l’ordinamento sportivo in generale. Cosa non da poco se si tiene conto delle controversie tutt’ora pendenti su più fronti tra Juventus e Figc (dalla Corte dei Conti, all’appello proposto contro la decisione del TNAS del Coni in merito proprio alla revoca dello scudetto 2006, fino alla richiesta di un maxi risarcimento di oltre 440 milioni di Euro depositato presso il Tar Lazio sempre nei confronti della Figc). Destino vuole nuovamente che a proporre l’idea della stella sia stato proprio un Agnelli, Umberto, quando nel 1958 ebbe la brillante intuizione, in veste di presidente, di celebrare la vittoria del decimo scudetto apponendo la prima stella dorata. Scorrendo le carte federali non esiste una prescrizione specifica in merito. Persino il “Regolamento delle divise da gioco” adottato dalla Lega Serie A, pur disciplinando nel dettaglio la materia, non offre alcun appiglio normativo. L’articolo 10 prevede soltanto che le maglie debbano ricevere una preventiva approvazione da parte della Lega, la quale ha la facoltà di segnalare eventuali violazioni di regolamenti o disposizioni federali ai competenti organi di giustizia. In generale c’è chi ha cercato, poi, un riferimento nell’articolo 1, il quale sancisce che tutto ciò che non sia previsto espressamente nel Regolamento debba considerarsi vietato. Aldilà di questi tentativi, è legittimo ritenere allora che si sia creata una vera e propria consuetudine a riguardo. Ma quale è stato l’iter seguito nel lontano ’58? Spulciando tra gli archivi federali, risulta in realtà che tanto la Lega quanto la Federazione si siano espressi a riguardo con atti ufficiali. In data 3 maggio, la Figc ha deliberato infatti “l’istituzione di un particolare distintivo” per celebrare la vittoria di 10 campionati, mentre, nel luglio successivo, la Lega parla espressamente dell’adozione “di una stella d’oro a cinque punte”. Tenuto conto di ciò, risulterebbe esservi stato un certo procedimento formalizzato, mai però recepito dalla normativa sportiva successiva. In questa situazione di apparente stallo, si sono già espressi alcuni organi di vertice dello sport nazionale e non solo: il Presidente federale ha parlato espressamente di 28 titoli, facendogli poi eco persino il Presidente della Fifa Blatter attraverso una lettera ufficiale di congratulazioni al club. Aldilà della liceità o meno della pretesa, è auspicabile che la Juventus e gli organi di governo del nostro calcio non giungano ad un aperto scontro frontale, tenuto già conto della delicatezza della situazione attuale. A riguardo, pare allora che la società bianconera stia studiando un escamotage (per fare una lieta “sorpresa” al popolo bianconero, per citare le parole usate da Andrea Agnelli), ovvero l’inserimento delle 3 stelle direttamente nello stemma (soluzione già adottata, ad esempio, dal Manchester City di Mancini). A quel punto, nulla potrebbe esserle obiettato in quanto tutto ciò che viene rappresentato all’interno del marchio registrato di una società viene considerato insindacabile da un punto di vista giuridico sportivo. Confidando in una soluzione pacifica della questione, possiamo fin d’ora affermare senza tema di smentita come il vero vincitore di tutta la querelle sarà la Nike, in qualità di sponsor tecnico del club anche per la prossima stagione: un affare di marketing davvero stellare!!