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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
«Il caso di Criscito è l’emblema del giustizialismo italiano» Parla Federico Sarica, direttore di “Studio”, che quale giorno fa dimostrò la precoce condanna mediatica del difensore azzurro. «Su di lui solo coincidenze. Ma è un tic comune: dove si trova qualcosa di illegale è automaticamente tutto sporco» di EMMANUELE MICHELA (TEMPI.it 31-05-2012) Qualche giorno fa sul sito della rivista “Studio” la sua voce si è levata fuori dal coro. “Le balle su Criscito” titolava un articolo. La firma era quella di Federico Sarica, direttore della rivista: «Ho scritto quel pezzo da grande appassionato di calcio, ma ancor più da garantista», dice a tempi.it. E mentre su gran parte della stampa ci si rincorreva a puntare il dito contro il mondo del calcio, sporco e corrotto, lui dimostrava come le prime accuse mosse da alcuni giornali contro il terzino dello Zenit, fossero totalmente infondate. «La foto di Criscito con Sculli e altri uomini sospetti fuori da un ristoranre in effetti incuriosisce. Ma inquadra poco, perché in quello scattano mancano le persone che invece sono citate nelle ordinanze, che, se c’entrano, c’entrano più di Criscito». Una condanna quindi fin troppo rapida per il giocatore che ha dovuto lasciare in fretta e furia la Nazionale, «e una vicenda che è emblematica». Di che cosa? È l’emblema di una serie di tic e meccanismi italiani in cui il calcio è marginale. Il pallone è una cosa molto popolare, e di conseguenza ci mette un attimo a diventare populista: facile che erediti tanti tic tipici del nostro paese. In primis, il pensiero comune che dove si trova qualcosa di illegale è automaticamente tutto sporco, e più si riesce a sporcare l’immagine di un mondo ricco di appeal, meglio è. Il secondo è poi questo costante giustizialismo, tale per cui un indagato è automaticamente dichiarato colpevole. E qui la responsabilità grave è anche di noi giornalisti. E così Criscito deve saltare gli Europei, forse solo per essere stato fotografato con degli amici poco raccomandabili. Già. Su di lui c’è solo una coincidenza: quella di essersi trovato a pranzo con persone che in quella settimana erano sotto osservazione della polizia per altri motivi. Eppure non è stato risparmiato: se frequenti persone che stanno facendo qualcosa di illegale, sei un delinquente. Come pensa che i giornali stiano trattando la vicenda? M’ha fatto quasi ridere leggere la Ġazzetta di ieri, dove si è fatto marcia indietro su Criscito. «Pare che su di lui ci sia solo una foto», scrivevano. Però, guardando quanto hanno scritto, mi venivano due critiche: la prima è che questa notizia si trovava solo a pagina 9, mentre quando il giorno prima il giocatore veniva dipinto come un mostro lo si faceva in prima pagina. D’altronde è chiaro: la smentita del mostro non vende quanto il mostro stesso. In secondo luogo, quella retromarcia sul giocatore dello Zenit preparava in realtà il terreno a una critica a Bonucci: quello innocente deve rimanere a casa, mentre l’altro che è colpevole va agli Europei. Forse alla Ġazzetta hanno carte di cui io non sono in possesso… Fatto sta che fino ad ora si è alzato un grande polverone, dove fa comodo buttare dentro nomi illustri. Però nessuno ha il coraggio di fare una importante distinzione: da una parte ci sono dei criminali, che hanno contatti con alcuni calciatori. E su questo si deve fare chiarezza. Dall’altra parte, però, ci sono una serie di abitudini del calcio – basta aver giocato a pallone una volta nella vita per conoscerle – su cui è facile tessere trame di delinquenza. Ma le due cose non sono la stessa cosa. È il motivo per cui non sono state capite le parole di Buffon. Ieri il capitano della Nazionale si è fatto sentire in conferenza stampa: «Come mai le telecamere quel giorno erano lì davanti ai cancelli? Sempre per spettacolarizzare la cosa. La gravità e che tutti voi sapevate in anticipo. Se io vado a un interrogatorio da un pm, dopo 5 minuti si viene a sapere la notizia. Questa è la vergogna». Che cosa pensa di queste dichiarazioni? Buffon ha ragione. Le sue sono parole che, al di là del calcio, sono una vera lezione di garantismo, quasi di stato di diritto. Per due motivi: fino a prova contraria ognuno può dire quello che vuole, e non capisco chi ha additato il portiere della Juve di scarso opportunismo, dicendo che essendo lui capitano della Nazionale poteva risparmiarsi quelle parole. Perché non doveva dirle? Se uno è sincero, a maggior ragione dice quel che pensa. In secondo luogo, Buffon ha messo in chiaro la vera questione: perché spettacolarizzate questo fatto e giocate con la vita della gente per fare i vostri interessi con vicende che poi si sgonfiano? Sulle parole di Buffon si è espresso oggi Sconcerti: il calcio sarebbe sporco, poco importa se di questo i giornalisti raccontano con qualche abuso. «Il male è il reato, non chi lo racconta», scriveva oggi sul Corriere. A Sconcerti, ha risposto Luca Sofri, su “Il Post”: di fronte a simili comportamenti di stampa e magistratura, è lecito avere qualche dubbio. Che giudizio dà di queste due dichiarazioni? La posizione di Sconcerti è molto populista e anche pericolosa. Non si può applicare il discorso del fine che giustifica i mezzi, proprio perché il problema è il reato, non tutto il resto. Non è l’opportunità, non sono le persone che frequenta. È una questione di reati e di pene. Non si può adottare il discorso del saggio che indica la luna e dello stolto che guarda il dito. Davanti a queste vicende bisogna guardare sia il dito sia la luna, anche perché – al momento – non sappiamo con precisione cos’è la luna. A meno che Sconcerti non sappia già chi è colpevole e qual è il reato, e allora ce lo potrebbe anche dire… Altrimenti questo è giustamente il momento del dubbio. Cosa si aspetta da tutta questa vicenda? C’è il rischio di un’epurazione fin troppo sommaria, sull’onda dell’emotività? Per tanti è facile sparare contro lo stereotipo facile del giocatore carogna e rammollito, senza alcun tipo di valori… Mi auguro che la giustizia ordinaria riesca a fare il suo corso, senza essere inficiata da queste spettacolarizzazioni. Chi ha sbagliato deve pagare, non dimentichiamoci che essere garantisti non vuol dire essere innocentisti. A livello, invece, di giustizia sportiva mi aspetto poco, dato che i precedenti sono quel che sono. Con questa campagna mediatica la gente si è fatta l’acquolina in bocca, bisogna dargli in pasto qualche nome illustre: vuole un colpevole, e bisognerà trovarlo, magari anche di peso. Di per sé, comunque, tutta la vicenda mette in luce il grande moralismo con cui si guarda il mondo del calcio. È l’idea malsana che esistono i giusti ma ora governano i non giusti, e quindi ci sarebbe un sistema contro cui ribellarsi. In realtà non combacia con la storia degli uomini: gli esseri umani in quanto tali sbagliano. Questi sono modelli costanti in cui spesso cadiamo: la società civile è giusta, mentre la politica no; il ricco sbaglia e il povero no; il calciatore è immorale, mentre chi guarda il calcio si dovrebbe svegliare e smetterla di dare i soldi ai questi miliardari. Comunque non mi fido di questo E.Michela, che qualche giorno fa prima ha postato un articolo (blog Colpo di reni) con numerose foto e piccati commenti sul calcioscommesse contro Conte e la Juventus e poi ha azzerato la pagina. F.Sarica si conferma e qualifica come commentatore serio. -
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Μerda nel ventilatore, in gergo tecnico di CLAUDIO CERASA dal blog CERAZADE (IL FOGLIO.it 31-05-2012) Dal Corriere.it "Dall’indagine sul calcio scommesse della Procura di Cremona si scopre che sono in corso accertamenti sul portiere, nonché capitano della Nazionale Gianluigi Buffon, sollecitati da un rapporto della Guardia di Finanza inviato alla Procura di Torino. E l’ufficio giudiziario del capoluogo piemontese ha chiesto a Cremona la trasmissione di alcuni atti dell’inchiesta. Gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno infatti segnalato ingenti movimenti di denaro effettuati da Buffon che si ipotizza possano essere serviti a giocate sportive, attività espressamente proibita per ogni tesserato della Federcalcio. Sul versante penale, invece, il calciatore non risulta indagato". ___ Che vergogna, che paura di FRANCESCO COSTA (ilPOST.it 31-05-2012) Su questo blog per qualche tempo avevo tenuto conto dei casi più grossi e patologici del fenomeno che viene comunemente chiamato con la brutta espressione “corto circuito mediatico giudiziario”: quel fenomeno per cui i giornali italiani sono pieni di verbali, intercettazioni, note riservate, atti coperti da segreto, notizie su arresti prima che vengano effettuati gli arresti, notizie su indagini prima che vengano notificate le indagini. Con frequenza quasi quotidiana e con fonti quasi sempre giudiziarie. Ne è appena successa una piuttosto marchiana. Gianluigi Buffon, portiere e capitano della nazionale di calcio, durante una conferenza stampa ieri ha commentato le inchieste in corso su calcio e scommesse. Ha detto che lo scenario è «peggio di calciopoli», perché «coinvolge un movimento intero» mentre «allora invece era coinvolta, per il 90-95 per cento, una società». E poi si è lamentato, con molte ragioni, del torbido e scandaloso filo diretto tra procure e giornali. Il “corto circuito mediatico giudiziario” di cui sopra. La cosa grave è che voi sapete tutto in anticipo, se io vado a parlare con un pm, dopo 5 minuti si viene a sapere, questa è la vergogna. (…) E poi, alle 6 del mattino a Coverciano c’erano anche le telecamere: sono cose che lasciano interdetti, sempre per non voler spettacolarizzare… Passano meno di 24 ore e sui giornali arriva una “nota riservata” della procura di Cremona, riguardo “accertamenti” in corso su Buffon – che non è indagato – riguardo “ingenti movimenti di denaro” che “si ipotizza possano essere serviti a giocate sportive”. Questo è il paese in cui viviamo. Poi ognuno decida se preoccuparsi o indignarsi di più per le eventuali partite di calcio truccate. ___ Buffon, se tocchi i pm muori di PIERO VIETTI dal blog Cambi di stagione (IL FOGLIO.it 31-05-2012) Se tocchi i pm, muori. Ieri Gigi Buffon si è permesso di dire che certi sistemi del circuito mediatico giudiziario sono malati almeno quanto chi scommette contro la propria squadra. Il portiere della Nazionale ha sottolineato quanto sia strano che nel giro di pochi minuti i media siano al corrente di quello che un interrogato dice ai magistrati e di quanto fosse curioso il fatto che i giornalisti fossero già presenti quando la polizia ha fatto irruzione nel ritiro dgli Azzurri lunedì per perquisire Criscito. "Vergogna", aveva detto Gigi. Mai parola fu scelta meglio, pare: il circuito mediatico giudiziario ci ha messo poco a rispondergli, sputtanandolo con un'informativa ("privata") della Guardia di Finanza di Torino che segnala alcuni movimenti "sospetti" di denaro da Buffon a una ricevitoria di Parma. Una vicenda vecchia e già chiusa, al massimo "un'ipotesi", ma che è tornata utile a chi vuole lanciare certi avvertimenti: chi tocca i pm e certi giornali, muore. Naturalmente, i giornali che stanno dando la notizia in questo momento, sono stati costretti a scrivere, molto in piccolo, che il portiere non è affatto indagato. Ma a quello ci faranno caso in pochi, purtroppo. P.S. Ovviamente i movimenti di denaro sospetti su certi giornali sono già diventati "puntate". La cosa si commenta da sé, direi. ___ Repubblica SERA 31-05-2012 ___ Non dirmi, Buffon, che sei uno 'sfigatello' anche tu di ALESSANDRO OLIVA dal blog VIVA LA FIFA (LINKIESTA 31-05-2012) Insomma, di questa Nazionale che si appresta a giocare gli Europei non si riesce a parlare se non del presunto coinvolgimento di alcuni suoi componenti nel calcioscommesse. Meglio due feriti che un morto, aveva detto Buffon. Alla fine, il 'morto' è stato uno solo: Domencio Criscito, che se n'è dovuto andare a casa, mentre Leonardo Bonucci è rimasto sul treno azzurro, salvo scoprire proprio oggi che il difensore della Juve era indagato, assieme a Criscito stesso e Conte, dalla Procura di Cremona già dal 3 maggio scorso. Tra ieri e oggi, le due conferenze stampa dal quartier generale degli Azzurri a Coverciano hanno fatto discutere. Ieri un Buffon nervoso aveva attaccato a testa bassa: "i giocatori sono gli ultimi a sapere delle indagini" (vero) e "non accetto paternali dai giornalisti" (uhm) le frasi che sono rimbombate dalla periferia di Firenze. Poi è toccato oggi a Prandelli, che ha chiamato 'sfigatelli' tutti quei calciatori coinvolti nel calcioscommesse. Oggi pomeriggio, la bomba del sito del Corriere (seguito da Repubblica): Buffon avrebbe girato assegni per oltre 1 milione di euro a una tabaccheria di Parma abilitata alle scommesse calcistiche. Buffon non è indagato, ma la Guardia di Finanza di Torino ha voluto vederci chiaro, dopo le dichiarazioni di Nicola Santoni, ex giocatore coinvolto nel recente scandalo, rese a Cremona: il portiere aveva spiegato che Buffon, Gattuso e Cannavaro erano accaniti scommettitori. Il giocatorte aveva poi ritrattato bollando come semplice millanteria la rivelazione, ma le Fiamme Gialle hanno voluto andare a fondo. Ognuno spende i soldi come meglio crede, peccato che nessun tesserato Figc possa farlo con le scommesse. Ora, chiariamo un concetto: i giornalisti (o gli aspiranti tali come il sottoscritto) non hanno nessun diritto di sostituirsi alla giustizia. Ma hanno il dovere di capire. Esattamente lo stesso diritto che hanno i tifosi. E allora, fateci capire. Cosa sta accadendo al calcio italiano? Davvero siamo tornati al 1980, se non peggio? E soprattutto, all'interno della Nazionale, esistono giocatori intoccabili (o più adatti al disegno di Prandelli) che possono restare in azzurro a differenza di altri? Non voglio chiedere nessuna esclusione di Buffon. Voglio solo capire. E sperare che almeno lui non sia uno sfigatello. ___ IL GRAFFIO di EMILIO MARRESE (Repubblica.it 31-05-2012) Coincidenze La prossima volta che Buffon criticherà i magistrati, salteranno fuori anche le sue pagelle delle elementari... ___ il Giornale 01-06-2012 ___ LA STAMPA 01-06-2012 -
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Rettifico. Si sono accorti dell'enormità. L'articolo è sparito dal web. E.T. telefona avvocato? -
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Le opinioni Il calcio italiano travolto dagli scandali Si può dire che il mondo del pallone è lo specchio della società italiana. Nel Belpaese ogni giorno scoppia uno scandalo di corruzione, quindi perché sorprendersi se accade nel calcio? di JOHN FOOT (Internazionale 951 | 1 giugno 2012) La mattina del 28 maggio gli agenti di polizia si sono presentati ai campi d’allenamento di Coverciano per eseguire alcune perquisizioni e consegnare un avviso di garanzia. Mentre un nuovo scandalo legato alle scommesse incombe sulla nazionale italiana di calcio, forse vale la pena di ricordare cosa successe nel 1980. All’epoca, il calcio italiano fu sconvolto da un caso di partite truccate di proporzioni ancora più grandi. In tutto il paese furono arrestati diversi calciatori, alcuni addirittura negli spogliatoi. Tra i giocatori coinvolti c’erano stelle di prima grandezza come l’attaccante Paolo Rossi. I colpevoli furono banditi dal mondo del calcio per molti anni anche se, in mancanza di leggi specifiche sulla frode sportiva, i processi della giustizia ordinaria si conclusero nella maggior parte dei casi con l’assoluzione degli imputati. I giornalisti e i tifosi rimasero sbigottiti e scandalizzati. Poi arrivò il 1982. Ai Mondiali di Spagna l’Italia conquistò la sua terza coppa del mondo e Paolo Rossi, capocannoniere del torneo, diventò un eroe nazionale. Il 1980 fu dimenticato in fretta. Durante i vent’anni successivi sul calcio italiano si è riversato un fiume di denaro. La serie A è diventata il campionato più ricco del mondo, in grado di attirare i migliori talenti del pianeta come Maradona, Platini, Van Basten e Gascoigne. Le squadre italiane hanno cominciato a vincere regolarmente la Coppa dei campioni, poi diventata Champion’s League. Ma sotto la montagna di soldi è restato il marcio. L’amministrazione finanziaria lasciava spesso a desiderare (alcune squadre come Napoli, Bologna e Fiorentina sono finite in bancarotta) e le manovre sospette erano all’ordine del giorno. Gli stadi erano presi in ostaggio dalle frange più violente del tifo, spesso collegate al crimine organizzato. Nel frattempo, nei centri nevralgici del calcio italiano prendeva forma un sistema di potere che avrebbe presto condizionato il calciomercato e gli arbitri (e anche chi li sceglieva), e di conseguenza i risultati. Questo sistema è crollato nell’estate del 2006 grazie al lavoro dei magistrati di Napoli, le cui indagini hanno portato alla retrocessione del club più titolato e con più tifosi d’Italia, la Juventus. In seguito a questo scandalo, chiamato Calciopoli, il calcio italiano ha provato a darsi una ripulita. Quasi tutti gli uomini di vertice sono stati allontanati o si sono dimessi. (??? - ndt) Ma evidentemente non è bastato. Oggi appare chiaro che il sistema-calcio non ha imparato nulla da quello che è successo appena cinque anni fa. I magistrati di Cremona, Bari e Napoli (ancora) hanno scoperto un giro di partite truccate di proporzioni enormi. Alcuni giocatori hanno già confessato, e il numero di club coinvolti ha ormai superato la ventina (tutto lascia pensare che aumenterà ancora). A quanto pare ai giocatori sono state offerte forti somme di denaro per combinare il risultato delle partite, e molti hanno accettato. Sotto inchiesta è finito anche l’attuale allenatore della Juventus campione d’Italia, Antonio Conte, per il periodo trascorso sulla panchina del Siena. Lo scandalo sta avendo un pericoloso effetto destabilizzante sulla nazionale italiana che in questi giorni si prepara per i campionati europei in Polonia e Ucraina. Il destinatario dell’avviso di garanzia consegnato il 28 maggio, il difensore Mimmo Criscito, è già stato eliminato dalla lista dei convocati della nazionale. Perché il calcio italiano finisce così spesso nei guai? Qualcuno potrebbe dire che il mondo del pallone è semplicemente lo specchio di quello che succede nella società italiana. In Italia non passa giorno senza che uno scandalo di corruzione travolga la scena politica, quindi perché sorprendersi se succede anche nel calcio? In un certo senso è un ragionamento corretto. Basta pensare all’influenza funesta che hanno avuto sul calcio italiano uomini senza scrupoli come Silvio Berlusconi, Luciano Moggi e Luciano Gaucci. Tuttavia bisogna tenere presente un altro fattore decisivo: il potere e l’indipendenza della magistratura italiana. Ai magistrati italiani in questi casi è permesso effettuare intercettazioni telefoniche e avviare lunghe indagini. Inoltre possono cercare autonomamente eventuali illeciti, ordinare arresti e offrire sconti di pena a chi decide di confessare e collaborare con la giustizia. La polizia britannica, invece, ha un ruolo molto più marginale, ed è poco interessata agli scandali di corruzione legati al calcio. Nel mondo globalizzato in cui viviamo, le scommesse illegali sono un problema che riguarda ogni disciplina sportiva, ed è così da anni (soprattutto nel cricket ma anche in altri sport, tra cui il calcio). L’Italia è un caso particolare, certo, ma sarebbe sbagliato pensare che il calcio britannico è completamente pulito. E se l’unica differenza tra il calcio italiano e quello britannico fosse che nel Regno Unito si può imbrogliare senza paura di essere scoperti? JOHN FOOT insegna storia contemporanea al dipartimento di italiano dell’University college di Londra. Il suo ultimo libro uscito in Italia è Pedalare! (Rizzoli 2011). Sul calcio ha pubblicato Calcio. 1898-2010. Storia dello sport che ha fatto l’Italia (Rizzoli 2010). Ha scritto questo articolo per il Guardian di Londra. -
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Abbi dubbi di LUCA SOFRI dal blog Wittgenstein 31-05-2012 Mi meraviglia che uno esperto e che ne ha viste tante come Mario Sconcerti snobbi paternalisticamente le critiche di Buffon alle distorsioni del sistema mediatico-giudiziario con il superficiale e diversivo argomento “il problema è un altro”, “il male è il reato non chi lo racconta”. Come se Buffon o qualcun altro di noi pensasse che raccontare un reato sia male: si chiama straw man argument, ne abbiamo parlato altre volte perché è abusatissimo nella dialettica ingannevole corrente. Invece un conto è rimproverare eventualmente Buffon perché trascura – e ne avrebbe la responsabilità – gli imbrogli del calcio, altro è ritenere che questi rendano lecita ogni scorrettezza e irregolarità nell’affrontarli: ci siamo già passati e ci passiamo ogni giorno, in un paese che ha fatto della deregulation da una parte, e del fine che giustifica i mezzi dall’altra, le sue speculari e complementari armi di distruzione delle regole. La frase “il peccato sta in chi lo commette, non in chi lo racconta” – usata da Sconcerti – è un inganno: perché può capitare che anche chi racconta commetta peccato (non a caso esistono delle regole anche per il giornalismo, e scommetto che quando a Sconcerti viene imposto un embargo su una notizia o chiesto che un’informazione resti riservata, lui giustamente obbedisce), e soprattutto perché l’obiettivo primo di Buffon non sono i giornalisti. E un giornalista che piuttosto difende i giornalisti rivela un certo egocentrismo corporativo: invece è soprattutto colpa di qualcun altro, che dovrebbe avere attenzioni e cautele molto maggiori di quelle dei giornalisti, se qualunque sillaba pronunciata da Buffon in contesti giudiziari ufficiali e riservati, se qualunque microtappa di un’inchiesta, viene tempestivamente esibita al mondo. La connivenza procure-cronisti che mette in piazza per ragioni strumentali informazioni precarie, parziali, affrettate, rischiose, infamanti-e-poi-vediamo, a volte false, non l’ha inventata Buffon né la invento io. Perché la memoria è più fresca, cito solo la “moldava” di Schettino, protagonista di un romanzo di gossip diffuso ad arte da chi accusava Schettino e raccolto con eccitazione erotica da gran parte dei media, con rare eccezioni che lo hanno meritoriamente sbugiardato. Ma la storia e l’attualità giudiziaria italiana sono fatte tutte di cose così. E l’altra cosa di cui è fatta la storia italiana è l’idea che se c’è un male è giusto affrontarlo con le sue stesse armi, i metodi spicci, il chiudere un occhio, il non sottilizzare, il ritenere ugualmente buoni tutti quelli che lo combattono, il negare ogni errore o violazione: è stata un’idea devastante finora (nella storia, poi, è alla base delle scelleratezze totalitarie o comuniste), e i risultati si vedono. Ha reso molti buoni simili ai cattivi, ha reso i tutori delle regole poco credibili, ha fatto perdere consensi ai partiti che avevano scritto cose giuste nei loro principi. Ha reso tutto uguale, e legittimato i qualunquismi. C’è un modo di dire assai efficace e che possiede una certa astronomica bellezz,a che però è stato a sua volta fatto proprio dagli ingannatori dialettici: avrebbe potuto starci nel commento di Sconcerti. È “quando il dito indica la luna, lo stolto guarda il dito”. Ed è vero che bisogna saper distinguere la luna dal dito e capire cosa è più e cosa è meno importante. Ma bisognerebbe cominciare a introdurre nei nostri linguaggi una variante: “quando il dito sudicio indica la luna, il saggio guarda la luna ma tiene d’occhio anche il dito”. “Questo è il momento sbagliato per avere dubbi”, scrive Sconcerti. No. Non è mai momento sbagliato per avere dubbi. E una volta, erano i giornalisti quelli che se li facevano venire e li esprimevano: non i portieri. -
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Visto che tripletta di fatti?!? E poi è incredibile come RCS (sia Gazza che Corsera) non riveli per niente il nome di Pandev come facilitatore per l'incontro di malfattori-scommettitori a San Siro (pur parlandone dettagliatamente) mentre per Repubblica forse è Pandev quella persona. E poi sbattono mostri immaginari in prima pagina. -
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Il circuito mediatico-pallonaro Pm protagonisti e giornali non rovinino un’inchiesta ancora lunga Editoriale de IL FOGLIO 31-05-2012 Il circuito mediatico-giudiziario attorno alla vicenda del calcioscommesse è partito, e come spesso succede in Italia sembra già destinato a far finire in fuffa le inchieste che tra Cremona, Napoli e Bari avrebbero svelato una rete internazionale di criminali dediti a truccare le partite dei campionati di calcio italiani per poi scommetterci sopra, il tutto con l’aiuto (pagato) di diversi calciatori di serie A, B e campionati minori. Che nelle operazioni di lunedì mattina ci fosse molto spettacolo è indubbio; che ci sia stata la ricerca di nomi altisonanti per far parlare dell’inchiesta, pure. Così come è difficile dare torto al portiere della Nazionale, Gigi Buffon, che ieri ha denunciato la stranezza della presenza dei giornalisti (evidentemente avvertiti per tempo) durante il blitz a Coverciano dopo il quale il difensore Criscito, indagato, è stato costretto a lasciare gli Azzurri (“Ci sono delle operazioni giudiziarie, e voi lo sapete tre o quattro mesi prima. Uno parla con i pm e voi sapete il contenuto dieci minuti dopo: è una vergogna. Fuori da Coverciano c’erano le telecamere dalle 6 del mattino”, ha detto). Lo stesso Criscito che ieri è stato praticamente scagionato dagli stessi giornali che il giorno prima lo avevano mostrificato per le foto con i capi ultras del Genoa fuori da un ristorante (forse non sapeva davvero chi erano, hanno scritto). La giostra è partita, e c’è il rischio di rovinare tutto come al solito, facendo giustizia sommaria, arresti in favore di telecamera più che di verità, e dando in pasto a stampa e televisioni intercettazioni e documenti riservati. Allo stesso tempo però sarebbe ridicolo cercare di nascondere il pallone dietro un filo d’erba, gridare al complotto manettaro senza rendersi conto che comunque un sistema in cui diversi giocatori (per loro stessa ammissione, non dei pm) aggiustavano i risultati delle partite ricevendo denaro deve essere cambiato. Lo abbiamo già scritto, la soluzione non saranno i processi mediatici, né gli arresti esemplari a capocchia. Servirebbero tempi lunghi, poca pubblicità, nuovi vertici in Federazione e un controllo immediato sulle partite (assurdo che si indaghi oggi su match di due anni fa: in Francia l’indagine su Lens-Istres 1-0, probabile combine dell’11 maggio, è partita subito, appena si sono registrate delle puntate anomale). Difficile, ma auspicabile. -
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LA STAMPA 31-05-2012 -
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Italians di BEPPE SEVERGNINI (CorSera 31-05-2012) Gioco da immaturi Il prezzo da pagare Il professor Mario Monti, annusati i miasmi che salgono dal pallone, sogna di chiudere la rotonda baracca per due-tre anni. Castigo meritato, per carità. Ma non condurrebbe alla riabilitazione: semmai al lutto di metà della nazione e al giubilo dell'altra metà. Molti calciatori sono ragazzi con molti soldi e poca testa. O meglio, ce l'hanno, ma sono convinti che serva per colpire su calcio d'angolo. Non credo sia avvenuta una trasformazione genetica, e non esistano più i Mazzola e i Rivera, i Bicicli e i Lodetti (neppure i Baggio e i Bergomi). Pochi, ma ci sono ancora. Di solito vengono aiutati da una buona famiglia, un buon carattere e una buona moglie (come Zanetti, Cordoba, Del Piero e Costacurta). I problemi non sono questi giocatori; sono gli altri. I deboli, gli immaturi, gli arroganti, gli sciocchi e le teste matte. Alcuni, particolarmente dotati, riescono a riunire tutte queste caratteristiche: e prima o poi si ritrovano i carabinieri alla porta. Non è facile avere vent'anni con troppi soldi, e vivere circondati da pseudo-amici e giovani sirene in tanga. Trenta presenze in serie A costituiscono un passaporto sociale: il medico, il commercialista e il ristoratore avranno occhi diversi. Sguardi e riguardi diventano un droga, alla quale diventa difficile rinunciare (ecco il motivo degli addii sempre rimandati, delle depressioni quando il ritiro arriva). Ho scritto di calcio per dieci anni (2000-2010): pochi per considerarmi competente, abbastanza da capire con chi abbiamo a che fare. Parlando con Mourinho, Prandelli e Zaccheroni — tre allenatori pensanti — ho capito quanto fossero consapevoli del loro ruolo di educatori, spesso alle prese con ragazzi immaturi. Ragazzi semplici, talvolta ragazzi deboli che nascondono dietro il machismo dei tacchetti la loro insicurezza. Mourinho mi disse d'aver appena espulso dall'allenamento un giovanotto: aveva mancato di rispetto a un collega più esperto. Lo raccontava senza entusiasmo, consapevole che non sarebbe servito a nulla (così è stato). Noi tifosi amiamo i calciatori. Sono i veicoli dei nostri sogni, gli strumenti per i ritorni d'infanzia: anche volendo, non possiamo aiutarli. La Federazione ci prova, ma viene tentata dal piacere proibito della rimozione (finché un giudice ordinario non costringe a ricorrere). Solo le società hanno gli strumenti per educare i calciatori. Chiedano ai tesserati di sottoscrivere regole ferree e spieghino le conseguenze, per chi sgarra: stipendio trattenuto, rescissione del contratto, causa per danni. Grandi onori, grandi oneri: così funziona il mondo. Ogni professionista, quando firma un contratto, s'impegna a fornire una prestazione. Un giornalista finanziario non può giocare in Borsa sui titoli di cui scrive; un chirurgo non si presenta ubriaco in ospedale; un pilota d'aereo non va al lavoro dopo una notte in bianco. Un calciatore che scommette, bazzica pregiudicati, tira tardi e butta giù di tutto non è solo stupido: è inadempiente. A proposito: è anni che non beccano più nessuno all'antidoping. O i controllati sono diventati tutti bravi, o i controllori sono impotenti. Voi che dite? ------- LA SORPRESA DI UN MONDO CHE SI CREDEVA IMPUNITO di MARIO SCONCERTI (CorSera 31-05-2012) Temo che Buffon abbia solo anticipato quello che succederà nelle prossime settimane, via via che il timore della gente per la sorte delle proprie squadre porterà a cercare un altro colpevole. E i media in questo senso sono sempre i primi sospettati perché la colpa avviene tramite loro, sono loro che la raccontano. È sempre successo così. Si parte da un'infinita voglia di ripulire tutto e si arriva sempre al piacere di dare la colpa al mondo, comunque a un altro. È successo con Moggi, succederà con le scommesse, impossibile trovare un'evidenza che tenga. C'è però qualcosa di più profondo nelle dichiarazioni di Buffon. Sono convinto siano sincere, solo poco logiche. Il problema non è perché i giornalisti sappiano presto le cose, ma se le cose sono vere. Il problema sarebbe se raccontassero cose sbagliate. Saperlo prima degli altri è il loro mestiere. Buffon fa il mestiere che fa perché è il migliore, nessuno gliene ha mai fatto una colpa. In sostanza, Buffon dovrebbe seriamente capire che il peccato sta in chi lo commette, non in chi lo racconta. C'è nella sua reazione una gran parte di sdegno autentico, ma anche un angolo di disabitudine all'accusa. Senza volerlo Buffon tocca la vera debolezza del calcio: una profonda coscienza di impunità. Buffon accetta di essere uomo pubblico, tutti i calciatori lo fanno volentieri, ma hanno difficoltà davanti ai problemi dell'essere pubblico. Sono di solito protetti dalla religione che rappresentano, dalla loro gioventù ricca e diversa. Accettano la luce del grande calcio, ma non il peso. Pensano che raccontare un mondo significhi automaticamente farne parte, spartirne i vantaggi. Questo è il vero punto. Le scommesse, come Calciopoli, interrompono la complicità tra il calcio e i media. E la realtà suscita stupore. «Voi sapete tutto prima» dice Buffon. È chiaro che non è una accusa seria, ma la denuncia di un patto silenzioso che il calcio vede improvvisamente interrotto. Forse non ha torto nemmeno Buffon, forse spesso i media sono davvero complici. Sta di fatto che questo è il momento sbagliato per avere dubbi. Tocca al calcio curare se stesso. È il suo male il vero spettacolo, non quello che finisce in pagina. ------- Moratti al premier «I soldi pubblici? Mai visti nel calcio» di FABIO MONTI (CorSera 31-05-2012) MILANO — Un rispettoso e composto dissenso. Massimo Moratti ha ascoltato le parole pronunciate martedì dal presidente del Consiglio, Mario Monti e non si è trovato d'accordo (e non perché il premier sia milanista). Non tanto sull'idea di uno stop per 2 o 3 anni del calcio, che non era «né una proposta e men che meno una proposta che viene dal governo, ma un desiderio che qualche volta io sento dentro di me». Quanto su un'altra osservazione: «Trovo inammissibile, e me ne sono occupato quando ero commissario europeo, che si usino soldi dei contribuenti per ripianare società di calcio». Moratti è rimasto stupito da queste parole, pur ricordando il provvedimento adottato otto anni fa sugli ammortamenti dei giocatori: «È sicuro che il calcio italiano dovrebbe e potrebbe offrire un'immagine di sé migliore, e lo dico non soltanto per quello che è accaduto nel 2006 con Calciopoli o con quello che sta emergendo adesso. In generale, si potrebbe fare di più e lo si potrebbe fare meglio, pensando anche che ci guardano all'estero. Detto questo, io sono presidente dell'Inter dal '95 e in tutti questi anni di soldi dei contribuenti per sistemare il bilancio non ne ho mai visti. E con me tanti altri presidenti. È difficile pensare che si possa guadagnare facendo calcio. Di certo non è il mio caso. Se ho una colpa, e riconosco che è una colpa molto grave, perché ripetuta negli anni, è di avere investito un sacco di soldi nell'Inter e di essere pronto a investirne altri ancora per il futuro. Avrò fatto spese eccessive e mi sarò fatto prendere dalla passione più che da quella che dovrebbe essere una sana gestione del club. Ma certo fra tante colpe non ho quella di avere sperperato i soldi dei contribuenti, che non ho mai preso. Mai visti, neanche per sbaglio. In ogni caso, e questo vale anche per il passato, è sempre stato il calcio a dare soldi allo Stato e non viceversa. La mia non vuole essere una polemica, ci mancherebbe, però il flusso di denaro non è mai stato dallo Stato alle società di calcio, ma sempre dalle società allo Stato. Attraverso le imposte sui contratti, i contributi previdenziali, il pagamento degli affitti degli stadi di proprietà dei comuni e tutto il resto. Senza contare il cosiddetto indotto, perché comunque il calcio di vertice crea posti di lavoro, attività collaterali, movimento di tifosi che seguono le partite e tutto il resto. Ma non devo essere certo io a sottolineare queste cose». Il dissenso di Moratti si spiega anche pensando agli 844 milioni di euro con il quale il presidente ha sempre ripianato in prima persona le perdite del club nerazzurro da quando ne è diventato azionista di maggioranza fra febbraio e aprile '95, con il solo scopo di creare una squadra vincente, passando anche attraverso percorsi tortuosi. Ma anche investimenti, per ridare forza competitiva alla squadra. Non una polemica, ma una semplice precisazione, consapevole del fatto che il premier è il primo a sapere come gira il mondo. Anche quello del calcio. -
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IL BERLINER ZEITUNG Tedeschi ironici: «Inquisitore chiacchierone» «Troppe interviste, Di Martino ricerca la notorietà e continua a farlo in modo disinvolto» di ENZO PIERGIANNI (CorSport 31-05-2012) BERLINO - «L’inquisitore chiacchierone» è il titolo del commento dedicato ieri dal Berliner Zeitung al procuratore della Repubblica di Cremona, Roberto Di Martino. In prima pagina, nello spazio di solito riservato agli editoriali politici, il quotidiano berlinese critica aspramente il protagonismo del magistrato cremonese nell’inchiesta sul calcioscommesse per la fuga di notizie dal suo ufficio giudiziario e per le continue interviste che rilascia ormai da mesi a tutti i giornali. Secondo il giornale, la città di Cremona che una volta era famosa per i violini di Stradivari, adesso deve la sua celebrità alle inchieste e al volto di Di Martino «ormai noto quasi quanto quello delle stelle del pallone indagate» . In Germania, come in gran parte d’Europa, i magistrati non appaiono quasi mai. Il fatto che in Italia molti non siano spaventati dalla notorietà, ma anzi la alimentino, è una cosa che fuori dai nostri confini sorprende. «Di Martino sembra godersi l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. - fa notare il giornale - E continua ad assicurarsela per il modo disinvolto con cui tratta la materia». E qui il Berliner Zeitung sottolinea che Di Martino, in una precedente fase dell’inchiesta, aveva parlato di «sensazioni» accusatorie, prive di indizi, e poi dovette scusarsi «per avere manifestato pubblicamente un vago sospetto». -
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ilCommento di FRANCO ARTURI (GaSport 31-05-2012) LA CLASSIFICA DELLE VERGOGNE LE SCHIFEZZE DEL CALCIOSCOMMESSE E LA CLASSIFICA DELLE VERGOGNE Gigi Buffon ha usato la parola vergogna. Per la fuga di notizie. Noi, forse ingenuamente, pensavamo che quel termine potesse essere meglio impiegato per i giocatori che vendono e comprano le partite, per i dirigenti che fanno lo stesso o sono ciechi, per i tifosi delinquenti che minacciano, picchiano e inquinano. Poi, al quinto-sesto posto della classifica della vergogna ci si possono anche inserire alcuni storici peccatucci di certi magistrati. Che però non s'inventano le schifezze che sta producendo il mondo del calcio. E così in poche ore una materia tanto magmatica e vischiosa, quella della crisi di credibilità del mondo del pallone, ha avuto due punti fermi dialettici da cui partire. Da una parte il no corale alle parole naif del nostro presidente del Consiglio sulla chiusura punitiva di tutta la baracca per due-tre anni, dall'altra la presa di distanza dalle purtroppo ripetute uscite a vuoto del nostro capitano della nazionale: dal dopo Muntari, ai «feriti e morti» dei pareggi di convenienza e ora all'attacco ai pm. Non è poco considerando che il sentire condiviso della tribù del calcio italiana è purtroppo molto ristretto. In questo grande campo di calcio delimitato dal rifiuto delle ricette Monti e Buffon, dovremmo ora cercare di disegnare le linee per giocare. Cioè di fare un abbozzo di proposte, di stabilire un'agenda programmatica, di constatare se e quanto la consapevolezza della crisi ha fatto strada in tutti noi. Disgraziatamente continuiamo a sentire niente a riguardo nè da parte federale e lega nè sul versante dei giocatori e tantomeno su quello dei dirigenti di club. Proviamo allora in tutta modestia a buttare sul tavolo qualche elemento di riflessione che sia anche spunto per un'operatività immediata. Primo: siamo tutti d'accordo che nel calcio italiano, produttore di scandali a getto continuo, esiste un'emergenza etica da affrontare? Cominciamo a prenderne atto. E' di questo che si discute, non d'altro. La parte sana del pubblico, che si misura in decine di milioni di appassionati, esige che i valori e il fair play tornino al primo posto in ogni tipo di discussione e di pianificazione futura. per troppo tempo non si è parlato di questo, ma di soldi e di devastanti guerre di posizione fra fazioni. Secondo: gli stadi. E' intollerabile che nel 2012 parte degli impianti siano tabù per i tifosi civili e per lo Stato italiano. Le nostre curve devono diventare ciò che sono in Germania, in Inghilterra, in Spagna. Questo significa che le società devono troncare in modo definitivo i loro rapporti con quella associazioni ultrà che sono contigue al mondo della violenza. Con uno sforzo organizzativo-culturale da pianificare insieme a tutti. Badate bene: parliamo degli stadi in uso qui e ora, non di quelli ipoteticamente da costruire con una legge di cui si è ormai persa ogni traccia. Perché diversamente ci prendiamo in giro. Terzo: i contratti e i simboli. I club devono potersi rivalere, contrattualmente, contro comportamenti illegali dei propri giocatori, portandoli in tribunale per ottenerne risarcimenti adeguati. Questo deterrente, unito ad un controllo del «territorio sportivo», è fondamentale. Come sarebbe decisivo insistere, anche su un piano educativo con tutte quelle iniziative tendenti a premiare comportamenti virtuosi e leali e a scoraggiare nel contempo episodi di intolleranza. Basterebbe questo per cominciare. Sempre che qualcuno voglia davvero cominciare. ------- Di Martino: «Se ha qualcosa da dirmi sono qui io non lo convoco» Il Procuratore: «La perquisizione di Conte seguendo le regole e non era anticipabile» di FRANCESCO CENITI & LUIGI PERNA (GaSport 31-05-2012) «No, l'inchiesta non finisce con questi arresti. Ogni volta che penso di essere vicino al traguardo, poi non lo trovo più... È come se lo spostassero in avanti. Prima o poi dovrò chiudere, seguire i problemi del calcio sta paralizzando il resto del lavoro. Avremmo bisogno di rinforzi. Ma per ora continueremo nelle indagini: gli spunti non mancano. Sono fin troppi: è come cercare di svuotare il mare con un cucchiaino». Alle sette della sera di un fine maggio afoso come solo la pianura padana sa «regalare», il procuratore Roberto Di Martino si affaccia nel cortile del Tribunale. Ci sono decine di giornalisti ad attenderlo e molte questioni aperte. E il pm non delude le attese: in modo pacato, ma fermo, risponde alle «parole in libertà» di Buffon e Conte e fa capire che nonostante i tanti calciatori mandati in galera siamo distanti dal risolvere la questione scommesse. Per questo, andando anche oltre quello detto tra virgolette dal procuratore, non è azzardato attendersi ulteriori novità nelle prossime settimane. Nel frattempo, c'erano da mettere un po' di puntini sulle «i». Così è stato. Capitolo Buffon Il portiere ieri ha sbottato con i giornalisti al seguito della Nazionale. «Una vergogna», ha tuonato riferendosi al fatto che i media sanno le notizie prima degli interessati. Riassunto delle puntate precedenti: Buffon la scorsa settimana si produce in una dichiarazione avventata riguardo gli accordi in campo tra giocatori («Sono meglio due feriti che un morto»). Frase che fa arrabbiare gli inquirenti («Non si rende conto che giustifica comportamenti sbagliati?») tanto da ipotizzare una sua chiamata in Procura per sentirlo come persona informata sui fatti. Circostanza registrata dai giornali. Buffon non gradisce e attacca tutti. Di Martino compreso. E allora arriva la replica: «Se quella di Buffon è un'opinione, magari non la condivido ma non m'interessa. C'è libertà e si può criticare qualsiasi cosa, magistratura compresa. Se invece si riferisce a una situazione specifica e vuole rendermi edotto di qualcosa che riguarda l'inchiesta, si faccia avanti tramite un avvocato: lo ascolterò volentieri. E comunque stia tranquillo: io non lo convoco, turberebbe l'avvicinamento all'Europeo dell'Italia, per cui farò il tifo». Capitolo Conte Ancora più secca la replica ad Antonio Conte («Ho subito una perquisizione, perché il pm non mi ha sentito prima?»). Ecco le parole di Di Martino: «Ho parlato con i suoi avvocati e capisco la sua reazione, ma non si può mandare un'informazione di garanzia avvisando l'indagato. La perquisizione è stata fatta secondo le regole e non è anticipabile. Serve per cercare prove importanti come è accaduto con Signori, quando gli abbiamo trovato gli appunti riferiti a delle combine. Lui non conosce queste procedure e per questo si è scandalizzato. In realtà siamo stati molto attenti: abbiamo anche aspettato la fine del campionato prima di muoverci proprio per non turbare la situazione». Parole definitive. Criscito, Bonucci e Monti Sulla vicenda Criscito e Bonucci (entrambi indagati, ma il secondo ancora non avvisato da Bari), il pm di Cremona ha spiegato: «Non invado campi che non mi competono. Per me poteva andare all'Europeo anche Criscito. Non c'erano divieti di espatrio. Come sapete, di Bonucci non mi occupo più io. Poi spetta ad altri valutare se le due situazioni siano diverse». Sull'idea del premier Monti di «fermare il calcio per 2-3 anni», Di Martino ha un'opinione ben precisa: «Era una provocazione, va intesa come tale. Non credo che il calcio si fermerà. Anche io continuo a guardare le partite in tv. E resterò male se l'Italia non farà bene all'Europeo». ------- GaSport 31-05-2012 ------- Gianello tentò combine per Sampdoria-Napoli L'ex portiere azzurro e Silvio Giusti accusati di frode sportiva E la Procura di Venezia indaga su Portogruaro-Crotone di MAURIZIO GALDI (GaSport 31-05-2012) Due novità da Napoli: la prima è che d'ora in poi sarà la Procura federale della Figc a occuparsi di Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010; la seconda è che c'è una nuova Procura della Repubblica a lavorare sul calcioscommesse, quella di Venezia alla quale il pool «reati da stadio» ha inviato gli atti relativi a Portogruaro-Crotone. L'inchiesta La Procura di Napoli ha chiuso le indagini, atto propedeutico a una possibile richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Matteo Gianello (ex portiere di riserva del Napoli) e di Silvio Giusti (ex calciatore del Chievo). L'accusa è pesante: associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva per il tentativo di illecito in Sampdoria-Napoli. Articolato l'atto della Procura napoletana che mette in luce i rapporti tra Gianello e Giusti e, soprattutto spiega come il reato di frode sportiva sia un reato «di pericolo» che non necessita della riuscita del tentativo di illecito. Da cosa nasce l'accusa Tutto si basa soprattutto sulle ammissioni che lo stesso Matteo Gianello ha fatto davanti ai magistrati nell'interrogatorio del 15 giugno 2011. È lui a raccontare che su pressione di Giusti aveva offerto soldi per perdere la partita con la Sampdoria, a Paolo Cannavaro e Gianluca Grava. Entrambi i calciatori hanno negato questa circostanza. Ma la Procura ricorda anche che l'inchiesta non è finita e il fatto che ci sia l'associazione per delinquere contestata a due elementi lascia intendere che probabilmente ci siano altre persone che potrebbero in seguito aggiungersi. Archiviazione Per molte delle persone indagate in un primo momento, invece, la posizione è stata archiviata in quanto non sono emerse delle «rilevanze penali». Napoli-Parma del 10 aprile 2010, Lecce-Napoli del 8 maggio 2011, Brescia-Catania della stessa data, Napoli-Inter del 15 maggio, Catania-Roma della stessa giornata e Palermo-Chievo del 22 maggio, sono le partite esaminate dai magistrati che comunque hanno trasmesso gli atti al Procuratore federale Stefano Palazzi che dovrà verificare l'esistenza di «rilevanze sportive». Il Napoli rischia? Dal solo esame dei fatti è indiscutibile che Gianello ammette il tentativo di illecito e Gianello all'epoca era un tesserato del Napoli. Questo dovrebbe comunque portare il Napoli a un deferimento per responsabilità oggettiva. Da valutare la posizione di Cannavaro e Grava relativamente alla circostanza di una omessa denuncia. Per quanto riguarda la possibilità che il Napoli venga escluso dalla Europa League, le ipotesi sono diverse. Per l'Uefa il coinvolgimento diretto o indiretto in frodi sportive comporta l'esclusione dalle Coppe europee, ma il legale del Napoli, Mattia Grassani, segnala come l'articolo 50 dello statuto Uefa stabilisce che è necessaria una «valutazione» della questione. Questa sarà la battaglia del Napoli: Gianello per la squadra non contava nulla. -
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LE RIVELAZIONI DALL’UNGHERIA SU LECCE-LAZIO 2-4 «Così manipolammo la A» di SIMONE DI STEFANO & ALVARO MORETTI (TUTTOSPORT 31-05-2012) ROMA. «Per quanto riguarda Borgulya e Schultz vorrei raccontare di una partita italiana di serie A. In un giorno intorno a maggio 2011... ». Sembra l’inizio di un romanzo di Kipling, e invece si tratta del doppio interrogatorio tenuto dall’ungherese Gabor Horvath tra novembre e gennaio e ottenuto dalla Procura di Cremona sotto rogatoria internazionale. La gara in questione è Lecce-Lazio 2-4 e sarebbe quella in cui il teste avanza il dubbio anche sul presunto coinvolgimento delle due dirigenze: «In un pomeriggio domenicale io, Lazar Matyas ed altri eravamo da Kenesei nella sua casa di Urom. In quell’occasione Keno ha detto che eravamo arrivati sulla cima. Gli ho chiesto cosa lui intendesse e lui ha detto che l’organizzazione sotto la guida del Boss (Tan Seet Eng, ndr), della quale faceva parte anche lui, aveva manipolato una partita italiana di serie A. Da Kenesei ho saputo che hanno influenzato la partita Lazio-Lecce». ASSUNZIONE LIVE Seguono la parte già nota, i 600. 000 euro investiti da Bugulya, Kenesei e Schultz, i 2 milioni scommessi dal Boss Tan Seet Eng e il fatto che «la scommessa prevedeva un risultato con più di 4 gol. Sul 2-2 il rigore è stato segnato, così la Lazio vinceva 3-2, così il risultato della scommessa era già fatto». Questo si sapeva, ma altri dettagli arrivano dalla rogatoria integrale: «Durante la partita - dice Horvath - Kenesei mi ha detto che mi assumeva per 3. 000 euro se arrivava il risultato». SAN SIRO E FIGC La combine si decise a San Siro durante Inter-Barcellona di Champions League. In un’intercettazione Matyas Lazar si vanta infatti con Zoltan Kenesei di aver visto la partita «in un posto fantastico («il miglior posto finora?») ma, soprattutto, rivela che il biglietto in qualche modo proveniva dalla Figc: «Non mi ero ancora seduto là... Anello interno... Allora un paio d’ore prima della partita ho fatto un messaggio a Bartos. Mi dice, perché non l’avevo detto, mi avrebbe dato un biglietto Vip... gratis... Ma lo aveva già regalato via... E nulla. . . Noi siamo venuti per comprare un biglietto, poi c’era quell’uomo che vendeva... l’uomo davanti la cassa.. . Era un biglietto così... Non aveva neanche un numero di serie.... Era un biglietto emesso dalla Federazione italiana? So che l’ha emesso la Federazione Italiana Calcio...». Sulla tribuna di San Siro, quel giorno, gli ungheresi non furono gli unici. Infatti durante l’interrogatorio del 17 gennaio, il macedone Rade Trajkovski (che poi si scoprì esser stato la guardia del corpo di Ilievski) raccontò al gip: «Venni in Italia per vedere Inter-Barcellona: avevamo avuto i biglietti gratis da Pandev». Allora è un vizio... C’era gente che - a quei tempi - giocava col fuoco tra chi consegnava biglietti omaggio. E tra chi giocava da matti sull’over 3.5 di Inter-Lecce, come ricordava Tisci citando imprecisati calciatori nerazzurri e Bobo Vieri. ___ IL RETROSCENA LA CHAMPIONS SULLO SFONDO In tribuna a San Siro il patto degli ungheresi per manipolare la A L'incontro di Kenesei e compagni con il singaporiano Eng Tan Seet avviene mentre in campo si gioca Inter-Barça di FRANCESCO CENITI & LUIGI PERNA (GaSport 31-05-2012) Ad assistere all'impresa dell'Inter contro il Barcellona, un 3-1 che avrebbe spianato la strada dei nerazzurri verso la conquista della Champions e del Triplete, c'erano anche i vertici dell'organizzazione che gestiva il calcioscommesse. Proprio a San Siro è stato siglato il patto tra il gruppo degli ungheresi e il singaporiano Eng Tan Seet (il capo dei capi): è l'ingresso «in società» di Kenesei e compagni, benedetto da Ilievski, anche lui presente allo stadio. In quella serata Tan Seet avrebbe dato il via libera agli ungheresi: potevano trattare in Italia le combine del campionato di A. Rogatoria La circostanza emerge da una serie di telefonate registrate dagli investigatori di Budapest e inviate ai pm di Cremona con una rogatoria internazionale. «Abbiamo un incontro lì in Italia - dice al telefono uno dei destinatari, Matyas Lazar - viene con l'aereo quello di là, l'uomo dell'Asia. Martedì sera dobbiamo essere a Milano. Ci ha invitato alla partita Inter-Barcellona e lì si faranno i conti». I tre assistono alla partita (il 20 aprile 2010) tanto che al termine Kenesei racconta al telefono che erano seduti «di fronte all'uscita dei giocatori: era un buon posto». Il gruppo si mette subito al lavoro. E Horvath Gabor racconta nell'interrogatorio in Ungheria dello scorso novembre cosa quel lavoro aveva prodotto: «Una domenica di maggio 2011, eravamo da Kenesei Zoltán nella sua casa di Üröm. In quell'occasione ci disse che eravamo arrivati sulla cima: spiegò che aveva manipolato una gara italiana di Serie A. Si trattava di Lecce-Lazio 2-4.. . ». Secondo il pm Di Martino, soldi investiti per corrompere i giocatori: 600 mila euro. Guadagno netto: 2 milioni. ___ La storia La grande alleanza zingari & ungheresi a San Siro durante Inter-Barcellona Il gruppo poi puntò su Lecce-Lazio: in 90 minuti 2 milioni guadagnati di GIOVANNI BIANCONI (CorSera 31-05-2012) ROMA — Inter-Barcellona era la partita dell'anno. 20 aprile 2010, stadio Giuseppe Meazza di San Siro, semifinale d'andata di Champions League. I nerazzurri di Mourinho contro i blaugrana di Guardiola. Ma tra tanti spettatori interessati allo spettacolo ce n'era qualcuno più interessato agli affari, alle gare truccate e alle scommesse: gli «zingari» e gli «ungheresi» che s'incontrarono con il grande capo per «fare i conti». Proprio lì, quella sera a San Siro, si tenne il summit che sancì l'alleanza tra i due gruppi e l'organizzatore arrivato apposta da Singapore, Tan Seet Eng detto «Dan». È la convinzione degli investigatori italiani che da un anno sono sulle tracce del «sodalizio criminale» che ha guadagnato milioni attraverso le puntate sui risultati combinati. Convinzione che deriva dalle intercettazioni sui telefoni di alcuni cittadini magiari inquisiti e arrestati nel loro Paese con le stesse accuse per cui si procede in Italia. La sera del 16 aprile 2010 uno di loro, Matyas Lazar, parla con Layos Baranyai, e gli annuncia l'imminente trasferta a Milano: «Ti dico che alla partita di campionato non ci saremo mercoledì». «Perché?», gli chiede l'amico. «Perché abbiamo un incontro là in Italia, viene con l'aereo quello di là, l'uomo dell'Asia... Il volo è martedì sera. Martedì sera dobbiamo essere a Milano. Ci ha invitato alla partita Inter-Barcellona e lì si faranno i conti. Dopo torniamo...». Secondo gli inquirenti «l'uomo dell'Asia» è proprio Tan Seet Eng, il grande capo che presumibilmente ha invitato gli ungheresi in Italia. E della missione fa parte anche Zoltan Kenesei, l'uomo di Budapest che secondo l'ordinanza del giudice Salvini è definito «responsabile del gruppo criminale, unitamente al suo ‘‘braccio destro'' Matyas Lazar, Làszlò Schultz» e altri. In una seconda telefonata registrata il 19 aprile 2010, vigilia di Inter-Barcellona, proprio Kenesei dice a un interlocutore: «Noi stiamo partendo, andiamo. . . Vogliamo arrivarci prima perché non ci siano troppe macchine, code sull'autostrada.. . ». L'indomani è ancora Kenesei che, a un amico che gli chiedeva per quale posto aveva il biglietto, risponde: «Di fronte all'uscita dei giocatori... ». Amico: «All'altro lato». Kenesei: «Sì, sì, era un buon posto. . . ». Da altre intercettazioni gli investigatori hanno ricostruito che all'incontro assisté anche Hristian Ilievski, il macedone considerato a capo dell'altro gruppo al servizio di Tan Seet Eng, e secondo la loro ipotesi è proprio a San Siro che fu sancita la sovrapposizione tra le due articolazioni operative: quella degli «zingari» e quella degli ungheresi. Nella rogatoria arrivata da Budapest con le intercettazioni si consiglia di acquisire i filmati di Inter-Barcellona in cui si vedono gli spettatori: «Se è disponibile una ripresa HD della parte e c'è una parte dove si percorre la tribuna, forse si potrebbe identificare anche Tan Seet Eng». In quella stessa rogatoria sono trascritti i colloqui registrati alla vigilia di Lecce-Lazio del 22 aprile 2011, una delle partite truccate. Làszlò Schultz, altro collaboratore di Kenesei, è in partenza con la macchina dall'Ungheria per la Puglia, dove — secondo l'accusa — deve portare i soldi necessari a corrompere i giocatori: 600 mila euro, stando ai calcoli degli inquirenti. A bordo della macchina, Schultz e Matyas Lazar parlano di come impostare il navigatore. «Cosa devo metterci? Bologna?», domanda Schultz. E Lazar risponde: «Mettici Lecce... ». Tre ore dopo Schultz richiama dalla macchina: «Adesso indica per la meta 1.161 chilometri. Ho messo anche l'hotel, indica Grand Hotel Tiziano». L'albergo è quello dove si trovavano la squadra del Lecce, Alessandro Zamperini, il reclutatore di calciatori per conto degli «zingari». Proprio lì, il calciatore del Lecce Ferrario ha detto di aver incontrato Zamperini, il quale gli disse che c'erano «degli amici che volevano mettere dei soldi su quella partita». Il 21 maggio, vigilia di Lecce-Lazio, Schultz parla con suo padre in Ungheria: «Siamo giù in fondo allo stivale, in fondo fondo del tallone. Totalmente. Siamo qui nell'albergo, partiamo domani sera». A partita finita e — sempre secondo i calcoli degli inquirenti — due milioni guadagnati. ___ Il patto tra bande nella tribuna vip a San Siro di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 31-05-2012) CREMONA - Gli investigatori lo chiamano "il patto di San Siro". E´ un summit tra i tre gruppi più potenti del calcio scommesse europeo (i singaporegni di Den, gli Zingari di Ilievski e gli ungheresi di Zoltan Kenesi) che si è tenuto nei salottini della tribuna vip dello stadio Meazza durante Inter-Barcellona, semifinale di Champions League di due stagioni fa. A ricostruire l´incontro c´è un informativa degli uomini nello Sco, poche paginette nelle quali i migliori poliziotti italiani, tramite una rogatoria arrivata dai colleghi ungheresi e una serie di intercettazioni, ricostruiscono la storia di quell´incontro. Viene pianificato almeno quattro giorni prima della partita. «Abbiamo un incontro là in Italia – spiega Lazar, uno degli ungheresi arrestati da Cremona - viene con l´aereo quello di là, l´uomo dell´Asia. Martedì dobbiamo essere a Milano. Ci ha invitato alla partita Inter-Barcellona e li si faranno i conti. Dopo torniamo». L´ungherese incontra così a San Siro Tan Seet e Ilievski: non è chiaro chi procuri loro i biglietti (in un´intercettazione parlano di biglietti della Federcalcio, in un´altra di un amico macedone, forse Pandev) certo è che i tre si vedono allo stadio e riescono a vedere la partita da una posizione privilegiata: «Eravamo di fronte al tunnel dei giocatori». L´Inter vince, l´accordo è fatto: da quel momento in poi le tre associazioni che fino a quel momento avevano lavorato sole (in realtà Zingari e Singapore erano già legati da un filo) si scambieranno le informazioni in modo tale da essere più sicuri dei risultati e giocare a colpo sicuro. Lecce-Lazio, ultima giornata di campionato, sarà sicuramente una delle partite della cricca ma è anche possibile che su Bari-Samp e Lazio-Genoa ci siano dei movimenti di denaro comuni. -
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Un Paese a sua insaputa di MARCO TRAVAGLIO (il Fatto Quotidiano 31-05-2012) Perché un terremoto del quinto-sesto grado Richter, così come un paio di giorni di pioggia, fa strage solo in Italia (oltre, si capisce, al resto del Terzo mondo)? La risposta l’ha data a sua insaputa il neopresidente di Confindustria Giorgio Squinzi, quando ha detto che i capannoni industriali sbriciolati dalle scosse del 20 e del 29 maggio erano “costruiti a regola d’arte”. La questione, il vero spread che separa l’Italia dal mondo normale, è tutto qui: nel concetto italiota di “regola d’arte”. La nostra regola d’arte è quella che indusse la ThyssenKrupp a non ammodernare l’impianto antincendio nella fabbrica di Torino perché, di lì a un anno, l’attività sarebbe stata trasferita a Terni. Risultato: sette operai bruciati vivi. Mai la ThyssenKrupp si sarebbe permessa di risparmiare sulla sicurezza nei suoi stabilimenti in Germania, dove le tutele dei lavoratori sono all’avanguardia nel mondo. In Italia invece si può. Perché? Perché nessuno controlla o perché il controllore è corrotto dai controllati. Oltre all’avidità dei singoli, purtroppo ineliminabile dalla natura umana, il comune denominatore di tutti gli scandali e quasi tutte le tragedie d’Italia è questo, tutt’altro che ineluttabile: niente controlli. Salvo quelli della magistratura, che però arriva necessariamente dopo: a funerali avvenuti. Dal naufragio della Costa Concordia al crollo della casa dello studente a L’Aquila, dalle varie Calciopoli ai saccheggi miliardari della sanità pugliese, siciliana e lombarda, dal crac San Raffaele ai furti con scasso dei Lusi e dei Belsito, dalle cricche delle grandi opere e della Protezione civile alle scalate bancarie, dalla spoliazione di Finmeccanica alle ruberie del caso Penati, giù giù fino alle casse svuotate di Bpm e Mps, alle piaghe ataviche dell’evasione, degli sprechi, delle mafie e della corruzione, quel che emerge è un paese allergico ai controlli. Che, se ci fossero, salverebbero tante vite e tanto denaro, pubblico e privato. Ma la nostra regola d’arte è quella di allargare ogni volta le braccia dinanzi alla “tragica fatalità” o alle “mele marce”, per dare un senso di inevitabilità a quel che evitabilissimamente accade. Mancano i controlli a monte perché tutti si affidano alle sentenze a valle. E poi, quando arrivano le sentenze a valle, non valgono neppure quelle. Formigoni, mantenuto dagli amici faccendieri Daccò e Simone che hanno scippato 70 milioni alla fondazione Maugeri, ente privato ma farcito di fondi pubblici dalla Regione di Formigoni, non si dimette perché “non sono indagato”. E perché, anche se lo fosse cambierebbe qualcosa? Qui non tolgono il disturbo né gli indagati, né i rinviati a giudizio, né i condannati. La giustizia sportiva ha definitivamente condannato e radiato Moggi dal mondo del calcio per i suoi illeciti sportivi, revocando alla sua Juventus due scudetti vinti con la frode, poi lo stesso Moggi è stato pure condannato dalla giustizia penale (a Roma in appello e a Napoli in tribunale). Eppure il presidente Andrea Agnelli seguita a elogiarlo come “grande manager” e rivendicare i due scudetti vinti col trucco. E ora difende Conte, “solo indagato”. Perché, se fosse condannato come Moggi cambierebbe qualcosa? Battista sul Corriere minimizza il calcioscommesse: “Un pugno di partite sporcate... se qualcuno imbroglia, non sono tutti imbroglioni”, “non è vero che così fan tutti”, ergo bisogna “essere severi con chi ha violato un codice penale e un codice morale, ma non dissolvere le differenze”. Bene bravo bis. Peccato che il 7 maggio, quando la Juve ha vinto il 28° scudetto, Battista abbia scritto che è il 30° (“tre stelle, meritate e vinte sul campo, cucite sulla ma glia”) e chissenefrega delle sentenze (“nessuno ha mai pensato che una storia gloriosa fosse una storia criminale”), frutto di “processi sommari” perché c’entrava anche l’Inter. Dunque così fan tutti. Ricapitolando: niente controlli prima, niente sentenze dopo. È il Paese dell’Insaputa. Arrivederci al prossimo funerale. ------- SE LA PRENDE CON STAMPA E GIUDICI CHE FIGURA DA BUFFON Il pm Di Martino: “Se ha cose utili da dire, venga a Cremona” di LUCA DE CAROLIS (il Fatto Quotidiano 31-05-2012) Ci sono delle operazioni giudiziarie, e voi lo sapete tre o quattro mesi prima. Uno parla con i pm e voi sapete il contenuto dieci minuti dopo: è una vergogna”. No, non l’ha detto un ex premier che adora il burlesque. A tuonare dal ritiro azzurro di Coverciano è stato il numero 1 della Juventus Gianluigi Buffon, portiere e, soprattutto, capitano della Nazionale. Furente, con i magistrati che indagano sulle scommesse. Più o meno come il suo allenatore in bianconero, Antonio Conte: quello che “mi aspettavo che il pm di Cremona mi convocasse prima di adottare certi provvedimenti (la perquisizione, ndr)”. Buffon invece è irato, forse, per aver letto che la procura di Cremona voleva convocarlo. Magari per capire il senso di questa sua frase: “Chi conosce il calcio e lo vive giorno dopo giorno, sa cosa succede. Se ogni tanto qualcuno fa qualche conto è anche giustificato. In molti casi, come si dice, ‘meglio due feriti che un morto’”. Proverbio scivoloso, che a pensare male evoca l’immagine di pareggi alla carte. Ieri sera il pm di Cremona, Roberto Di Martino, ha precisato: “Non è prevista la convocazione di Buffon”. Ma ieri mattina il portiere era ancora appeso alle indiscrezioni. E ha alzato la voce: “La vera vergogna è che se vado a fare un interrogatorio dal pm in Italia dopo 10 minuti tutti sanno quello che ho detto. Fuori da Coverciano c’erano le telecamere dalle 6 del mattino. Queste cose lasciano interdetti”. Insomma, mentre l’Italia apprende di giocatori comprati a tariffa, di incontri tra atleti e vivaci slavi in ristoranti chiusi e trattative pure nei tunnel degli stadi, Buffon s’indigna contro procure e giornalisti. Per carità, c’è anche la premessa rassicurante: “Ho piena fiducia nei pm che possono fare piena giustizia. Perché non c’è nulla di peggio che giocare o speculare sulla vita delle persone”. Poi però sono bordate: “Sarò ascoltato dai pm? Quello me lo dovete dire voi, i diretti interessati non sanno mai niente e lo sapete sempre voi prima…”. Vabbè, i tempi: ma la frase sui feriti non era evitabile? Buffon mostra il petto: “Il mondo non è né ipocrita né moralista, il mondo sta andando abbastanza male. Ma io credo che la prima cosa da preservare sia sempre la democrazia e la libertà di pensiero, per cui uno di conseguenza accetta le critiche e quello che ne scaturisce, ma nella vita bisogna anche prendersi delle responsabilità e io me le sono sempre prese”. Si macera, il portiere: “Non posso dire quello che realmente il mio cuore e la mia mente pensano. Ho avuto l’ennesima conferma sul fatto che alla fine le persone perbene, che in merito a certe situazioni hanno la coscienza a posto e non hanno scheletri nell’armadio, non possono dire il proprio pensiero”. C’È TANTA malafede, in giro. E Buffon ne ha pure la prova: “Dopo l’errore in Juventus-Lecce, mi arrivò un sms su cui c’e ra scritto: ‘Sul web dicono che hai scommesso’. Me lo ha mandato un giornalista. Se sei così tarato da pensare male, davvero non so cosa dire”. Dopodiché, calcia via lo stop al campionato evocato da Monti (“Tanti rimarrebbero senza lavoro”), sposa la linea De Rossi (“Ora è peggio del 2006”) e invoca il pugno duro: “Se non hai dentro l’onestà, l’unica soluzione sono pene esemplari e severe ”. Questo è Buffon. Con lui, il portavoce del Pdl Daniele Capezzone: “Buffon ha ricordato che esiste il principio costituzionale della presunzione di innocenza, ha detto una cosa garantista e cora ggiosa”. In serata, le parole di Di Martino: “Non è prevista da parte mia la convocazione di Buffon, sarebbe superfluo. Se Buffon è a conoscenza di fatti o, come dice lui, di morti o feriti, prenda l’iniziativa e venga a dirmi quello che sa. Diversamente non vedo motivo per convocarlo”. Quanto a Conte, “capisco il suo sfogo, ma non si poteva agire diversamente. Non si può mandare un’informazione di garanzia e poi dar seguito ad una perquisizione, lui queste cose non le sa e lo capisco”. ------- IL PEGGIO DELLA DIRETTA Silenzio, parla Berlusconte di NANNI DELBECCHI (il Fatto Quotidiano 31-05-2012) Non temo il Berlusconi in sé, temo il Berlusconi in me”. La profetica battuta di Giorgio Gaber affiorava alla memoria nella riproposta da parte di Sky di sette minuti televisivi che sembravano girati proprio per essere trasmessi all'infinito; quelli utilizzati da Antonio Conte per rispondere alla sua iscrizione nel registro degli indagati dell'inchiesta sulle scommesse nel calcio. Alla notizia dell’avviso di garanzia l'allenatore della Juventus non è rimasto con le mani in mano, ma ha subito convocato una conferenza stampa per annunciare ai media “chi è veramente Antonio Conte”. Anche se parlare di conferenza stampa è un po’ eccessivo, considerato che gli attoniti giornalisti non hanno potuto interloquire in alcun modo nel suo monologo, ancora una volta Conte ha mostrato la sua natura di guerriero indomito, che giammai si tira indietro anche quando è costretto a maneggiare armi per cui non è granché tagliato, come le parole. Già qui si notavano diversi punti di contatto con le uscite televisive di colui che fino a qualche mese fa era il nostro Presidente del Consiglio; analogie che hanno sfiorato il plagio quando il tecnico juventino, senza spendere una parola per rispondere alle circostanze contestategli, ha invece accusato a sua volta il magistrato: “Mi sarei aspettato che mi avesse sentito prima di adottare certi provvedimenti”. In effetti, conse - cutio temporum a parte, il comportamento del giudice è stato poco carino. Non dico una partecipazione su carta intestata, o un invito a cena; ma almeno un colpo di telefono o un sms poteva mandarlo. Così, giusto per non prenderti del tutto alla sprovvista, che poi ti arriva la perquisizione e ti fai trovare con tutta la casa in disordine. Quel giudice avrebbe dovuto prendere esempio proprio da Conte che, anche se ai giornalisti non ha fatto aprire bocca, li ha invitati lo stesso alla conferenza stampa, evidentemente per un puro gesto di cortesia. Insomma, ferma restando la presunzione d'innocenza e augurando a Conte un proscioglimento in tempi brevi, questa conferenza stampa ripresa dalle telecamere aveva un modello ben preciso: zero contraddittorio, zero risposte nel merito; ma in compenso, attacco a testa bassa alla magistratura e sperticato elogio di se stessi (“Antonio Conte è uno che vuole vincere sempre... Abbiamo vinto il campionato con tre settimane d’anticipo.. . ”). Più che da Conte, un’uscita da Berlusconte. E apertamente “berluscontiana” è stata la seconda parte della conferenza stampa: un secondo monologo, questa volta del presidente della Juventus Andrea Agnelli, in cui si ribadiva fiducia nell'allenatore e certezza della sua estraneità ai fatti contestati. Più o meno quel che per quindici anni abbiano sentito dire a proposito di B. , quasi a cadenza quotidiana, ai Bonaiuti, ai Cicchitto, ai Capezzone e a chi altri volete voi. La sola differenza è che stavolta non si può parlare di toghe rosse, casomai di toghe giallorosse, o al massimo nerazzurre. Ma questi sono dettagli cromatici del tutto secondari, mi dicevo mentre la conferenza stampa ripassava in video per l'ennesima volta. E a mia volta mi ripetevo che vent'anni di lavaggio del cervello mediatico non passano invano, e dunque non dovevo temere tanto il Berlusconte in sé, ma il Berlusconte in me. -
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Calcioscommesse, l'esclusione dalle Coppe per il Napoli e gli altri club non è automatica Quando non c'è la Juve di mezzo di MARCO BELLINAZZO dal blog Calcio & business (Il Sole 24 ORE.com 30-05-2012) Una eventuale esclusione del Napoli dalla Europa League, come effetto sul piano sportivo del coinvolgimento di Andrea Gianello nel calcioscommesse non appare realistico per Mattia Grassani, esperto di diritto sportivo e avvocato del Napoli. Lo stesso vale per gli altri club coinvolti nelle indagini e che hanno guadagnato sul campo la qualificazione alla prossima edizione delle Coppe europee. "L'esclusione non sarebbe affatto - ha spiegato Grassani - una conseguenza automatica. Il regolamento dell'Europa League, per esempio, pone come condizione per l'ammissibilità al torneo il non essere stati coinvolti direttamente o indirettamente in illeciti sportivi, ma lo statuto attribuisce, all'articolo 50, alla Uefa stessa un potere discrezionale, da valutarsi caso per caso". Un elemento discrezionale, dunque, "valutativo anche in base alla gravità dei fatti e alla singola fattispecie". Secondo Grassani "non si è di fronte a un fatto conclamato di illecito sportivo ed è escluso alcun coinvolgimento societario. Dovrebbe essere difficile escludere il club dal torneo quando tutta la dirigenza è estranea" a quello che potrebbe essere, se confermata l'accusa nei confronti di Gianello, un tentato illecito. -
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BLOOOOG! di FABRIZIO BOCCA (Repubblica.it 30-05-2012) Buffon, lo scandalo scommesse e i doveri doppi di un capitano azzurro Io ammiro sinceramente il Buffon giocatore, ma – detto senza mezzi termini – mi lascia interdetto il suo modo di fare il capitano della nazionale. E’ un ruolo che comporta una particolare sensibilità pubblica e che ti pone costantemente all’attenzione della gente non solo come calciatore, ma come simbolo. Lui sa benissimo che si viene giudicati non solo per ciò che si è – e sicuramente Buffon è un ottimo giocatore, anche specchiato e corretto – ma soprattutto per ciò che si rappresenta. E quindi come fa a stupirsi e indignarsi se gli viene chiesto conto di una frase buttata lì troppo alla leggera, quale la famosa “meglio due feriti di un morto”? Un giocatore qualsiasi forse o un tifoso al bar lo possono dire tranquillamente, un capitano della nazionale, soprattutto in un momento complicato come questo, no. Mi sembra chiarissimo. La maglia azzurra rappresenta un sentimento comune e condiviso , un valore molto elevato, addirittura una nazione (anche se detta così è un’assurdità, ma la sostanza quella è) e Buffon, come capitano, ne è l’espressione più alta. Buffon ha parlato sei mesi fa a nome della nazionale nell’incontro col presidente della Repubblica Napolitano, in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. “Siamo un popolo e una Nazione ancora giovane e questo a volte ci fa cadere. Questa popolo ha bisogno dell’appoggio di una classe politica coesa, colta e responsabile e di uno Stato presente da lei rappresentato e dalla sua figura pulita e capace”. E ancora: “Tutti noi attendiamo delle risposte per ripartire dopo momenti di grandissima difficoltà. Cercheremo di fare il nostro sul campo e di onorare il nome dell’Italia sempre e comunque”. Ecco in quel caso Buffon rappresentò perfettamente la maglia e il ruolo, ma un capitano azzurro non può andare a intermittenza. Certo che esiste la libertà di parola ma un capitano della nazionale ha gli stessi diritti degli altri e doveri doppi. E già secondo me gli fu passata fin troppo liscia l’inaccettabile e famosa giustificazione del gol fantasma di Muntari: “Se anche me ne fossi accorto non avrei certo aiutato l’arbitro”. Un brutto esempio passato in cavalleria, senza alcuna conseguenza, accettato dai più nella perfetta logica dei luoghi comuni del calcio. E secondo me affermazione anche peggiore di quella che gli si rinfaccia adesso sui pareggi di comodo a fine campionato. Ingannare consapevolmente l’arbitro non lo può fare nessuno, tanto meno il capitano della nazionale. Anche in quel caso valeva lo stesso principio: se lo dice un calciatore qualsiasi può essere l’indice di una mentalità (sbagliata) molto diffusa, ma un capitano azzurro semplicemente non può dirlo. E sinceramente non può nemmeno pensarlo, proprio perché il capitano della nazionale è un riferimento per tutti. Detto questo, essere convocati dal magistrato per “meglio due feriti che un morto” sembra anche a me un’esagerazione. Però sinceramente da un capitano azzurro mi aspetterei che mi spiegasse lui perché il calcio in questi anni si è ridotto così, perché così tanti suoi colleghi comprano e vendono partite. Mi aspetterei consigli e indirizzi da un campione che è anche vicepresidente del sindacato calciatori. Non che mi rovesci la frittata e s’indigni perché i giornalisti hanno saputo prima le notizie o che sappiano intercettare gli spifferi delle procure: anche se pure a me l’effetto annuncio suscita sempre perplessità… Mi sembra comunque francamente più vergognoso – per usare il suo stesso termine – che il calcio sia ridotto in queste condizioni. E’ più scandalosa la notizia? O è più scandaloso il modo in cui si è venuta a sapere la notizia? E’ più scandalosa la sostanza? O è più scandalosa la forma? Anche qui la risposta mi sembra evidente. Al capitano della nazionale italiana Gianluigi Buffon sinceramente direi ciò che lui stesso disse al Presidente della Repubblica. “Tutti noi attendiamo delle risposte per ripartire dopo momenti di grandissima difficoltà”. -
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Lo scandalo delle combine nei campionati di calcio alza il velo sul mondo delle puntate sportive in Italia. Sempre meno legali e sempre più clandestine Lo scommettitore ------- Addio agenzie e bookmaker, calano le scommesse legali: -11%. Mentre aumentano quelle clandestine e le giocate online. Lo scandalo del calcioscommesse fa emergere il lato oscuro del mondo delle puntate. Che sta cambiando. E arriva il borsino del “betting exchange”: ognuno potrà decidere se diventare allibratore Quando il gioco si fa sporco Secondo i dati della Fifa, il 70% della posta finisce in un giro d’affari non regolare E il business legale dei pronostici guarda agli Europei come a una chance per risollevarsi di GIANLUCA MORESCO & CORRADO ZUNINO (la Repubblica 30-05-2012) Nei primi quattro mesi del 2012 sul circuito legale sportivo sono stati puntati 1,279 miliardi di euro. È una cifra poderosa, ma in calo dell´11% rispetto allo stesso periodo del 2011. Il calcioscommesse deprime le scommesse (lecite) sul calcio. Ed è l´intero comparto delle scommesse sportive che fa registrare un´evidente flessione: 1,433 miliardi raccolti, -9,42% rispetto ai primi quattro mesi dell´anno scorso. Se si va in dettaglio sulle discipline, il calcio resta prepotentemente il gioco più puntato, ma fino al 2010 era sopra il 90% (92,29%), ora è un po´ sotto (89,15%). La poca credibilità del nostro football è una prima risposta a questa decrescita, poi c´è la crisi economica che non mostra luci in fondo. Se il calcio declina - -11 per cento anno su anno, abbiamo visto - il resto dello sport crolla. La spesa in termini di scommesse generali è in calo rispetto ad aprile 2011 del 29,1%. Nei primi quattro mesi del 2012 gli italiani hanno investito 1,443 miliardi con una spesa effettiva pari a 302,4 milioni di euro (1,131 miliardi sono stati restituiti sotto forma di vincite). E a leggere i dati dalle regioni si scopre un sinistro parallelo tra legale e illegale: in Campania il fatturato 2011 è stato superiore ai 536 milioni, in Lombardia pari a 372 milioni, nel Lazio 339 milioni. Quindi la Puglia, 246 milioni. Su questi quattro territori essenzialmente stanno indagando le tre procure del calcioscommesse (Cremona, Napoli e Bari). Nel 2011 le scommesse autorizzate hanno registrato il primo calo, dopo anni di costante crescita e consolidamento. Nel 2012, per le molte ragioni che abbiamo visto, sono andate in picchiata. Sul fronte del gioco regolare ma non regolarizzato la "sentenza Stanley" (la concessione europea che consente a un provider registrato a Malta di aprire corner telematici in Italia senza chiedere permesso ai nostri Monopoli né pagare tasse da noi) ha reso il sistema delle scommesse una babele: chi non paga tasse, è ovvio, può offrire quote più alte. Di più. Il sommerso nelle puntate sul calcio è impressionante. Non è vero che la regolamentazione del gioco, la moltiplicazione dei premi e delle possibilità (gli "over" che stanno alla base degli ultimi scandali), abbiano fatto emergere scommettitori e giocate. Seguendo dati resi pubblici dalla Fifa, il 70% delle puntate sportive in Italia passa ancora attraverso bookmaker non registrati. Se il circuito legale genera un volume d´affari intorno ai 4 miliardi di euro l´anno, il movimento complessivo è di 12 miliardi, tre volte tanto. Esiste una ramificata rete di allibratori clandestini che si muove tra gli ippodromi e le vicinanze delle sale corse, di bookmaker non autorizzati che agganciano gli scommettitori via web fornendo quote più accattivanti e rialzate. Nel dossier "Azzardopoli" di Libera, presentato a gennaio, emerge poi come il gioco illegale in mano alle organizzazioni criminali valga 10 miliardi e coinvolga 41 clan tra mafia, camorra e ´ndrangheta. Ecco, il gioco (lecito) tira ancora in Italia, produce introiti soprattutto per i grandi concessionari e l´Erario, ma nelle ultime due stagioni non ha premiato le scommesse classiche, quelle nelle agenzie e nei corner. È cresciuto l´online, il 31 per cento delle scommesse ormai viaggia in digitale, ma è scesa la frequentazione del punto pubblico. Gli italiani sempre più si affidano alle giocate di fortuna pura (videolotteries e slot machine d´ultima generazione) perdendo il gusto per la conoscenza e la previsione. Sale, in controtendenza, il poker online, gioco pur sempre di abilità. A fronte di un mercato globale che ha chiuso il 2011 toccando i 79,9 miliardi di raccolta, primato di sempre, le puntate sulle partite di calcio, di basket, di volley hanno subito una forte erosione da parte dei giochi concorrenti. È stata la stessa industria del gaming nazionale a cambiare strategie e a marginalizzare nel tempo la scommessa sportiva. L´industria si è rivolta a mercati più redditizi, meno soggetti a condizionamenti. Sale bingo, schedine del Superenalotto, lotterie istantanee, Win for Life, room dedicate a videolotteries e slot machine, poker cash e in formula torneo, rosso e nero sul computer, black jack con un croupier che interagisce attraverso la tv. È come se il Paese intero, lasciando vecchi e più recenti "picchetti", si fosse trasformato alla velocità dell´espansione della cultura internet in una gigantesca casa da gioco. Grande come uno schermo. Ed è solo l´inizio. Gli esperti di marketing, gli ingegneri informatici, i disegnatori grafici stanno lavorando sulle applicazioni per smartphone e tablet. Con il cellulare puoi chiamare, mandare una mail e puntare sulla partita che si giocherà entro dieci minuti. La ricerca di nuove idee, o di idee scopiazzate dagli altri Paesi, per portare soldi allo Stato resta alta. Alla fine dell´anno nascerà la Borsa delle scommesse, il "Betting exchange". Utilizzando una piattaforma digitale gli scommettitori potranno scegliere se piazzare una puntata o diventare loro stessi bookmakers presentando in prima persona una quota sul match. Si sottoporranno a un nuovo rischio e dovranno prendere confidenza con la variazione dei flussi, l´analisi dei grafici, le operazioni di ricopertura, questioni finora riservate alle operazioni finanziarie. La scommessa minima sarà fissata a 50 centesimi, la vincita massima sarà a quota 10 mila euro. «Il Betting exchange è uno strumento fondamentale per evidenziare eventuali anomalie nei flussi di gioco», spiega Massimiliano Bancora, amministratore delegato di Betfair Italia, azienda leader mondiale in questa particolare puntata. «Abbiamo contratto accordi ufficiali con cinquanta federazioni sportive europee e mondiali. Fifa e Comitato olimpico controlleranno costantemente il fenomeno del gioco illegale e noi potremo collaborare più strettamente con le procure italiane segnalando con tempestività problemi rilevati nel flusso delle scommesse». Il Betting Exchange, la Borsa, ci farà somigliare sempre più agli scommettitori anglosassoni. La direzione di marcia è quella: giocate su tutto. Dall´Unione europea è appena arrivata l´autorizzazione alle scommesse virtuali: partite generate dal computer, corse di cani o di cavalli lunghe due minuti. Anche cinquecento eventi al giorno. Un euro per giocare, vincita fino al 90 per cento e, al massimo, di 10 mila euro. Ancora, entro tre mesi Bruxelles potrebbe dare il via alle scommesse sullo spettacolo e il costume, sul gossip. Oggi esistono alcune finestre extrasportive dettate dai Monopoli di Stato: il Festival di Sanremo, le elezioni americane. Dal prossimo autunno il puntatore potrà personalizzare il suo palinsesto quotidiano. Le ultime tre settimane di giugno saranno decisive per i fatturati annuali delle aziende di betting, gli Europei di calcio in Ucraina e Polonia. Si parte dall´ultimo primato per cercare di superarlo: 211.075.301 euro giocati in Italia nel 2008 sulla manifestazione continentale che si disputò in Austria e Svizzera. Nell´attesa l´Assosnai, sindacato che cura gli interessi dei piccoli e medi operatori, denuncia la liquefazione del punto scommessa italiano, l´altra faccia del virtuale che avanza, del gioco solitario e notturno. «Siamo stretti tra una concorrenza non regolamentata sempre più aggressiva e i troppi oneri richiesti», dice il presidente Francesco Ginestra. «Entro l´autunno due terzi delle nostre agenzie chiuderanno». Sono lavoro per 13 mila persone, indotto compreso. ------- IL LIBRO La testata lavoce.info compie 10 anni. Nasce da qui la serie di interviste con i fondatori della testata pubblicata dal Mulino. Tra i titoli il primo è “Parlerò solo di calcio” di Tito Boeri di cui qui anticipiamo un brano L’economista autore di “Parlerò solo di calcio”: servirebbe un governo tecnico anche qui Quell’intreccio fatale tra potere sportivo e media di TITO BOERI (la Repubblica 30-05-2012) Il calcio catalizza una delle risorse più scarse che ci siano al mondo, vale a dire l’attenzione umana. Nell’era di Internet siamo continuamente bombardati da ogni sorta di messaggi, avendo accesso a innumerevoli fonti d’informazione. In questa selva di stimoli, il calcio riesce ad attirare su di sé l’attenzione di molti individui. La finale di Coppa del Mondo del 2010 è stata seguita, in 200 paesi, da circa 700 milioni di persone. Il 72 per cento degli italiani si dichiara interessato o molto interessato al calcio, 32 milioni di nostri concittadini seguono la nazionale, 28 milioni la serie A, 26 milioni la Champions League. In termini di audience televisiva, le trasmissioni calcistiche hanno pochi rivali, con effetti importanti sulle tariffe dei break pubblicitari. In Italia abbiamo anche un numero altissimo di squadre, quasi 70 mila; e si giocano ogni anno la bellezza di 600 mila partite regolamentari, di cui 100 mila nella sola Lombardia. In questo senso, il calcio italiano è uno sport vivo, non è solo spettacolo: oltre a catturare molti spettatori, genera molti praticanti. […] Nella storia del calcio italico ci sono molti episodi di corruzione. Nel 1927 fu revocato il titolo vinto dal Torino perché i suoi dirigenti avevano corrotto un giocatore della Juventus prima di un derby. Nel 1982 Milan e Roma furono retrocesse in B per aver aggiustato una partita e alcuni giocatori furono giudicati colpevoli di scommesse illegali sulle partite. Nel 2004-2005 abbiamo avuto Calciopoli […] e adesso abbiamo assistito al ritorno del calcioscommesse. Questo scandalo è più esteso di quello dell´82 e presenta qualche analogia con episodi avvenuti in altri paesi, per esempio, con lo scandalo emerso in Germania nel 2009. Da noi l´intreccio fra illecito sportivo e criminalità è stato più forte, dato il coinvolgimento della camorra nel racket delle scommesse. […] In Calciopoli erano coinvolti gli arbitri, mentre nel calcio scommesse ad agire sono stati i calciatori. Sono in genere le squadre in crisi a essere coinvolte, quelle fortemente indebitate. Queste squadre hanno spesso giocatori che non percepiscono lo stipendio per diversi mesi. Gli stessi giocatori sono ricattabili perché il direttore sportivo può far arrivare il seguente messaggio: se non fate come vi dico, non possiamo pagarvi lo stipendio. In Italia la situazione economica delle squadre di calcio è peggiorata. I dati di un recente rapporto di Price Waterhouse ci dicono che il debito delle quadre di A, B e Lega Pro è aumentato di più del 20 per cento dal 2007 al 2010, passando da 2,2 a 2,7 miliardi. La cosa da notare è che questi debiti finanziari, di solito con le banche, non vengono contratti a fronte di investimenti immobiliari (come la costruzione o l´acquisizione di stadi o strutture sportive) che permetterebbero di creare situazioni sostenibili o di portare futuri ricavi. No: si tratta di finanziamenti della spesa corrente. In questi casi c´è una forte tendenza alla collusione fra direttore sportivo e dirigenza per trovare dei modi per fare cassa e pagare stipendi e bollette. Per dare un´idea dell´entità delle potenziali entrate: il business delle scommesse è di circa 4 miliardi di euro solo in Italia. E le quote delle scommesse sono indipendenti dall´importanza della partita, dal numero di spettatori e dal numero di scommettitori. Ciò vuol dire che si possono scegliere partite minori, in serie minori, partite che pochi vedono e sfuggono perciò al controllo del pubblico. Scommettendo su queste partite si possono realizzare guadagni importanti. [….] Il nuovo calcioscommesse ha fatto venire al pettine i nodi del nostro calcio. Quel che serve non sono minimi ritocchi, ma riforme e interventi che riducano drasticamente il numero di squadre obbligando quelle che non sono in grado di presentare un bilancio serio a chiudere i battenti. Forse ci vorrebbe un governo tecnico anche nel calcio per fare queste cose. Servirebbe anche istituire un premio di reputazione per chi denuncia comportamenti devianti. Sarebbe compito dei media dare notorietà a chi si dissocia, e fare in modo che i giocatori corretti abbiano più spazio e siano messi in buona luce. L´esempio lo ha dato il c.t. della nazionale, Cesare Prandelli, convocando Simone Farina, il giocatore del Gubbio che aveva denunciato un tentativo di combine nella Tim Cup. Ma finché non si trova il modo di sciogliere l´intreccio fra potere mediatico e potere sportivo, è difficile che i media possano esercitare quella funzione di «watchdog» di cui c´è urgente bisogno. Una cosa è certa: la correttezza va valorizzata, bisogna ripristinare le sanzioni sociali per i comportamenti disonesti. I giovani sognano e si identificano nei campioni, e questo dà al mondo del calcio una grande responsabilità, perché la sanzione sociale contro chi viola le regole si plasma anche sulla fermezza con cui si risponde agli illeciti sportivi. -
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Monti: se il calcio si fermasse 2-3 anni PUNITE I CALCIATORI COLPEVOLI MA NON TOGLIETECI IL CAMPIONATO di PIERLUIGI BATTISTA (CorSera 30-05-2012) Due, tre anni senza calcio, suggerisce (beninteso, uno sfogo, non un programma) il presidente del Consiglio Mario Monti. Certo, per due, tre anni non ci sarebbero partite ufficiali truccate, o risultati ufficiali aggiustati. Ma il proibizionismo ha una controindicazione inesorabile, come nell'America degli anni Venti in guerra con l'alcol. Ci sarebbero risultati aggiustati, ma clandestini, partite truccate, ma clandestine. L'Italia tifosa ma pulita vivrebbe tre anni di atroce astinenza. Quella che imbroglia troverebbe un nuovo canale da inquinare. E avrebbe vinto la partita decisiva, cancellando dal tabellone uno spettacolo che resta avvincente e trascinante, malgrado gli imbroglioni (presunti). E poi non è che tutto si possa sospendere per decreto. Il governo tecnico di Monti ha momentaneamente «sospeso» la politica dei partiti onnipotenti. C'è chi sostiene che abbia sospeso la democrazia, ma è un'esagerazione polemica. Sospendere il calcio, prendere come paradigma quel pugno di partite sporcate per cancellare a tempo con atto di imperio tutto il resto, questo sì sarebbe un modo di fare irrealistico, superproibizionistico, punitivo. In una parola, come si sarebbe detto una volta: antipopolare. Se la magistratura riuscirà a trovare prove circostanziate e precise di reati commessi, allora i colpevoli (accertati) dovranno subirne le conseguenze. Se qualcuno ruba, non sono tutti ladri. Se qualcuno imbroglia, non sono tutti imbroglioni. Dire «è tutto marcio», non è «tecnico»: è demagogico, qualunquista, giustizialista. Spande una nube di sospetto su tutto e su tutti. Salva i veri mascalzoni che deturpano lo sport, immergendo le loro specifiche (e presunte) malefatte in una nebbia indistinta che non conosce più il confine tra il lecito e l'illecito, il leale e lo sleale. Dunque no, bisogna continuare. Trovare le prove e non alzare polveroni. Continuare con il calcio, e vincere il disgusto. Non è vero che «così fan tutti». E dunque non è necessario abolire o sospendere una competizione sportiva, criminalizzandola in blocco. Essere severi con chi ha violato un codice penale e un codice morale, ma non dissolvere le differenze. Prove e non proclami: non c'è bisogno di sospendere la logica e il buonsenso. ------- L'analisi IL MALE C'È MA ANCHE LA MEDICINA di MARIO SCONCERTI (CorSera 30-05-2012) Un mondo senza calcio è possibile, ma non sarebbe per questo un mondo migliore. Personalmente mi sentirei più solo nello stesso Paese di sempre. La mia squadra è un'amica con cui mi va di dividere la strada. Vorrei decidere io le mie frequentazioni, dato ai giudici quello che è dei giudici. Le scommesse nel calcio sono adesso un problema criminale mondiale vicino a quello della droga. Sono sotto attacco quarantatrè Paesi. Il primo è la Finlandia proprio per la sua lontananza, la sua trasversalità. Seguono Israele, Grecia e Italia. Le ultime indagini dell'Interpol dicono che buona parte della mafia che si occupava di droga sta cambiando competenze, si occupa ora di scommesse. Perché i guadagni sono comunque alti e le pene eventuali decisamente inferiori. Questo sta facendo delle scommesse sportive uno dei più grandi affari criminali al mondo. Noi ci stiamo occupando dei resti del nostro calcio, ma stiamo percorrendo la circonferenza, non siamo dentro al cerchio. La casa madre di Singapore è ancora attiva, continua ogni giorno a falsare risultati e a incassare. Niente può dire che, fermati i cattivi di questa volta, tutto ricomincerà illuminato dal bene. Le possibilità di contaminazione sono grandi. Dobbiamo rassegnarci al relativismo di sempre. Ma c'è di più. Sotto attacco adesso sono i ragazzi del settore giovanile. Costano molto meno, promettono una scolarizzazione seducente e causano pochi rischi. Ma pagano quasi come le partite di serie A perché le quote sono le stesse. Ai giovani vanno aggiunti gli arbitri. Sono più importanti dei giocatori, hanno in mano tutte le scommesse che una partita genera. I risultati sono infatti tre: uno fino al settantacinquesimo minuto, di solito quello regolare. Uno per l'ultimo quarto d'ora, e uno per i tempi di recupero. Se pensiamo all'importanza del numero dei gol e alle scommesse sul primo calcio d'angolo, la prima punizione, il primo fallo di mano, capiamo quanto l'arbitro sia importante per la mafia del gioco. E anche qui è difficilissimo distinguere tra vero e falso. La diversità del calcio, la sua bellezza, è proprio la sua capacità di ribaltare in un attimo i risultati. C'è una difesa possibile da qualcosa che sembra naturale? Forse. La Lega Pro, la vecchia serie C1 e C2, zona fra le più colpite, si è affidata a un'agenzia internazionale che monitorizza i movimenti su qualunque partita e segnala quelli anomali. Forse è un termometro contro un male incurabile, segnala solo la febbre, ma in una stagione le partite sospette sono scese da 14 a 5. Almeno un inizio. ------- La storia Calendario, accordo collettivo, Lega paralizzata, arbitri inadeguati, giudici sportivi, ultrà: calcio fuori controllo Un anno di liti e violenza: il pallone è sgonfio Bonjour stronzesse! di FABIO MONTI (CorSera 30-05-2012) Il campionato non verrà fermato, perché non sarebbe tecnicamente possibile e il calcio professionistico, come ha precisato il presidente della Figc, Giancarlo Abete, «non riceve un euro di fondi pubblici. È finanziato da risorse provate e introiti commerciali. Versa 1. 100 milioni all'anno all'Erario. I 64 milioni di contributo, che arrivano alla Figc, sono per dilettanti, giovani, giustizia sportiva e settore arbitrale». Resta il fatto che, nonostante i richiami, di insolita durezza, del presidente Petrucci (Coni) e dello stesso Abete, il calcio ha offerto anche in questa stagione una pessima immagine di sé, scommesse a parte. Un'annata iniziata con lo sciopero/serrata del 28 agosto 2011, perché la Lega di A e il sindacato calciatori non erano riusciti a trovare l'intesa sull'accordo collettivo, una specie di contratto di lavoro di carattere normativo e non economico, indispensabile per dare validità ai contratti. Un argomento che era sul tavolo da più di un anno; scongiurato il pericolo di sciopero nel 2010, per l'intervento di Abete, la questione si era trascinata fino ad agosto, salvo accorgersi che la firma era necessaria. Del resto la pubblicazione del calendario, in uno studio tv, si era trasformata in una telerissa, con De Laurentiis che, infuriato per dover giocare con Milan e Inter dopo la Champions, aveva urlato, scappando in motorino senza casco: «Qui è tutto combinato, mi vergogno di essere italiano; me ne vado». L'attività della Lega di A è stata concentrata su questi punti fondamentali: 1. mantenere in carica un presidente (Beretta) dimissionario da mesi (ha un altro incarico prestigioso), così ognuno ha potuto muoversi in autonomia; 2. litigare in continuazione sui criteri di divisione degli introiti derivanti dalla cessione dei diritti tv; 3. salire sulle barricate in difesa del presidente della Lazio, Lotito, condannato (primo grado) per frode sportiva e poi (secondo grado) per aggiotaggio, dunque inibito a presentarsi in consiglio federale; 4. cercare di eleggere, come vicepresidente, Enrico Preziosi, già condannato per illecito sportivo (Genoa in C nell'estate 2005); 5. parlare della necessità di avere stadi di proprietà, senza atti concreti (Juve a parte); 6. chiedere la revisione della responsabilità oggettiva che è la pietra angolare dell'ordinamento sportivo in tutto il mondo. Non un'idea, non un progetto anche tecnico per il futuro. In serie A sono stati cambiati 17 allenatori; in B si sono alternati 19 tecnici; l'ultima moda è richiamare chi è stato esonerato. Il livello di litigiosità è rimasto alto per l'intera stagione, con un'impennata in occasione di Milan-Juve 1-1 (25 febbraio, gol non visto di Muntari). Gli arbitri hanno confermato di essere mal preparati; hanno commesso errori giganteschi, collocati nella centrifuga di un sistema, dove il presidente (Nicchi) vuole fare il designatore e il designatore (Braschi) subisce tutto, per salvare il posto. Una serie A a 20 squadre e una B a 22 non hanno senso, né tecnico, né economico e in più si crea una zona grigia di inutili partite fra squadre che non hanno più obiettivi concreti. Ma nessuno interviene. Non lo può fare per statuto Abete; non lo fa nemmeno il sindacato calciatori (per salvare posti di lavoro), dove i propri iscritti non hanno ancora perso l'abitudine di chiedere ritocchi di ingaggio su contratti già firmati, appena il rendimento è alto. In Lega Pro cambiano in continuazione le proprietà e vengono iscritte le società pur sapendo che non potranno pagare gli stipendi nella stagione. La giustizia sportiva, in questa stagione, ha offerto sentenze sconcertanti. Di fronte allo spettacolo agghiacciante di Genoa-Siena (22 aprile), con i giocatori costretti dagli ultrà a togliersi le maglie in mezzo al campo, il club rossoblù se l'è cavata con due giornate a porte chiuse; Delio Rossi, che ha preso a pugni un suo giocatore che lo aveva insultato, ha avuto tre mesi di squalifica, che sconterà per 2/3 quando non si gioca (giugno/luglio); per deliberare sul blackout di Padova-Torino ci sono voluti cinque mesi. E i rapporti fra club e ultrà, che dovrebbero essere vietati, sono sempre stretti, salvo alcune eccezioni. Ultima perla (in ordine di tempo). Ieri il presidente Monti aveva appena finito di parlare e De Laurentiis ha tuonato sulla Supercoppa, che la Juve vorrebbe giocare a Torino e il Napoli a Pechino: «La Supercoppa si deve giocare a Pechino, altrimenti giochiamo con qualcun altro. Con la Juve abbiamo già giocato qualche giorno fa. Se non sono d'accordo su Pechino vuol dire che risparmieremo una partita...». Incoraggiante. -
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Il caso Lo schiaffo del Prof di FABRIZIO BOCCA (la Repubblica 30-05-2012) "Bisognerebbe chiudere il calcio per due o tre anni" ha detto alla fine uno sdegnato Mario Monti. Quella di Monti potrebbe sembrare una provocazione da bar ma in realtà è il sasso di un tecnico cresciuto alla Bocconi scagliato nello stagno di uno sport ormai assuefatto ai suoi periodici scandali. E dunque anche un durissimo schiaffo in faccia alle istituzioni e agli uomini che governano il calcio da troppi anni, gli stessi che molto italianamente galleggiano da uno scandalo all´altro. Sia il processo di Calciopoli tutt´ora in corso, siano gli ultrà che ormai dettano legge non solo in curva ma anche negli spogliatoi e nelle società (vedi il caso Genoa), sia l´inchiesta sulle scommesse con gli stessi meccanismi e i pacchi di soldi che viaggiano di mano in mano come trent´anni fa. Non li ha nominati direttamente ed esplicitamente ma di sicuro alcuni dei dirigenti poltronati più illustri dello sport italiano - il presidente del Coni Gianni Petrucci, quello della Federcalcio Giancarlo Abete, quello della Lega di serie A Maurizio Beretta - devono aver sentito ieri un leggero pizzicore al fondoschiena. Ce l´avrà per caso con noi il presidente del Consiglio? Beh, si direbbe proprio di sì. E se rassegnaste i vostri mandati nel suo ufficio, probabilmente fareste un favore al paese intero e di sicuro al presidente Monti, che un po´ l´ha sparata grossa ma insomma ve la siete proprio cercata. Certo quando si leggono le violente reazioni del presidente del Palermo Zamparini - «Monti si vergogni. L´unica cosa indegna in questo Paese è che uno come Monti osi dire quello che ha detto: ci sta massacrando, sta distruggendo l´Italia, dice solo delle stupidaggini» - verrebbe voglia di mettere davvero i sigilli agli stadi, ai campi d´allenamento e alle società di calcio. Ma è comunque difficile che il presidente del Consiglio pensi realmente che il calcio si possa davvero chiudere. E´ un´attività privata innanzitutto, molto popolare e coinvolgente, addirittura secolare, ma non è quella che si dice un´azienda pubblica. E anzi allo Stato versa circa un miliardo di tasse l´anno (quando le versa e non le trattiene sottobanco, ovvio…). Anche se poi i politici lo accarezzano e gli fanno favori notevoli, come la famigerata legge spalmadebiti o salvacalcio che non a caso Monti ha citato come a lui particolarmente indigesta. La gente si svena per pagare le tasse e i club potevano dilazionare i debiti verso l´erario praticamente all´infinito. La gente comune con questa crisi fallisce e chiude bottega, poveraccia, il grande calcio ha mezzo miliardo di perdite e tira avanti tranquillamente di partita in partita. Vendendosele pure. No non si può andare avanti così, ed è giusto che un presidente del Consiglio parli adesso con un linguaggio esplicito e duro, in modo da farsi capire. Ma di calcio campano non solo qualche centinaio di ricchissimi professionisti (al cui top c´è il signor Ibrahimovic con il suo stipendio di circa due milioni lordi al mese pagati dall´ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi), ma anche parecchie migliaia di famiglie che vivono dell´indotto. Dai giardinieri, agli impiegati delle società, agli operai delle fabbriche di scarpini da pallone e così via. Come si fa a fermarlo per due o tre anni se non mandando a spasso qualche centinaia di migliaia di lavoratori? No, difficile che il calcio possa chiudere. Ma è anche difficile che la sua crisi morale e il suo lato delinquenziale, diciamolo pure, si possano estirpare se tutto rimane com´è. Se i suoi dirigenti incapaci si autosostengono reciprocamente per rimanere al loro posto, un po´ come accade ai politici incapaci. Se i processi e le inchieste diventano un modo perfino pittoresco, fatto di polemiche e litigi furibondi e veleni, di riempire l´estate tra un campionato (fasullo) e l´altro. Se insomma mai nulla cambia. Se veramente Monti volesse, potrebbe mettere alle corde tutti quelli che nulla hanno fatto e cambiare il volto dello sport e del calcio in pochissimo tempo, e forse gettare le basi per uno migliore. Senza togliere a nessuno il piccolo piacere di tifare per la propria squadra e di guardarsi la partita in santa pace. Con la certezza che sia vera e non taroccata. -
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PERSONA INFORMATA SUI FATTI BUFFON CONVOCATO. DAI PM A CREMONA (PRIMA DELL’EUROPEO) Ve state a mozzica' i gomiti: su Conte ne sparate a salve e lo sapete bene di ANTONIO MASSARI & MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 30-05-2012) E ora anche il capitano della Nazionale, Gigi Buffon, dovrà lasciare il ritiro di Coverciano e presentarsi in procura. Sarà ascoltato a Cremona, come persona informata sui fatti, per spiegare il senso della sua dichiarazione: “Chi conosce il calcio e lo vive giorno dopo giorno sa cosa succede. In alcuni casi si dice: meglio due feriti che unmorto. Ogni tanto, se qualcuno si fa un conto, è giustificato”. Adesso sarà lui a dover giustificare il significato di queste parole. Siena e Mezzaroma nel baratro Nel frattempo, dagli atti si scopre che il presidente del Siena, Massimo Mezzaroma, avrebbe puntato un’ingente somma sulla sconfitta della sua stessa squadra. È Filippo Carobbio, ex bianconero, ad accusare il presidente del Siena e, sottolineano gli investigatori in un’informativa, “tali dichiarazioni, coinvolgono, ancora una volta e sotto diversi aspetti, l’ intera struttura societaria toscana”. Uno scenario che merita di essere verificato, certo, ma le parole di Carobbio sono devastanti: “Qualche giorno prima della partita Siena-Varese, Ferdinando Coppola, giocatore del Siena, entrò negli spogliatoi sbiancato in volto rappresentandoci che poco prima (…) era stato avvicinato da una persona vicina al presidente che gli aveva chiesto se c’era la possibilità di perdere la partita. (…) Questa persona (…) gli aveva detto che il presidente intendeva scommettere o aveva scommesso sulla nostra sconfitta. Intendo riferirmi al presidente Mezzaroma. La squadra oppose un netto rifiuto”. Secondo Carobbio, della stessa vicenda, era al corrente anche Cristian Stellini, oggi collaboratore di Antonio Conte sulla panchina della Juventus: “In seguito – continua Carobbio – ho appreso da Stellini che la proposta era stata fatta da Mezzaroma anche allo staff tecnico e che anche loro si erano rifiutati. Era la prima volta che ci proveniva una richiesta del genere dal presidente”. Per gli inquirenti, la dirigenza del Siena, avrebbe agito più volte contro le regole: “Ta l e club – si legge negli atti – viene più volte evocato, nel corso delle indagini, come partecipante a incontri caratterizzati da precisi tentativi di manipolazione, alcuni dei quali andati a buon fine”. L’elenco delle partite incriminate annovera Novara-Siena 2 a 2 del 1° maggio 2011; Siena-Torino 2 a 2 del 7 maggio 2012; Siena-Varese 5 a 0 del 21 maggio 2012 e Albinoleffe- Siena 0 a 1 del 29 maggio 2011. Dalle dichiarazioni di Carlo Gervasoni, invece, emerge il tentativo di una doppia combine fallita anche perché, nell’ultima giornata di campionato, la squadra di Conte intendeva onorare l’allenatore: “Contattai Pesoli del Varese (…) con riferimento alla partita del 29 maggio Varese-Piacenza, per verificare se il Varese fosse disposto a perdere. Astrattamente il Varese sarebbe stato anche disponibile a combinare una sconfitta, nel caso di un adeguato compenso (…). Pesoli mi chiese se conoscevo qualcuno del Siena per verificare se fossero disposti a pareggiare con il Varese”. La combine però non andò in porto: “Carobbio mi disse che non potevano fare nulla in quanto si trattava dell’ultima partita casalinga del Siena con Conte come allenatore”. Sculli, Nar e Magliana Mentre Conte – indagato per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva – ha incassato la solidarietà della famiglia Agnelli, altri dettagli emergono sull’ex laziale, oggi genoano, Giuseppe Sculli. Gli investigatori – convinti che abbia avuto un ruolo nella manipolazione della partita Lazio-Genoa – l’hanno pedinato mentre incontrava, prima della gara, nel marzo di quest’anno, un uomo rasato a bordo di una Smart. E dopo aver effettuato i controlli sulla targa dell’auto, hanno scoperto che, sulla stessa Smart, il giorno prima viaggiava un estremista di destra, Massimo Carminati, già in contatto con i Nar e addirittura affiliato alla banda della Ma gliana. ------- Ci vorrebbe il Grillo del calcio O forse più di uno, visto quanto ci sarebbe da fare. Non lo stop totale ipotizzato da Monti, ma abolire la Lega, rinnovare la casta del pallone, riformare i tribunali sportivi, sfoltire i campionati... di ROBERTO BECCANTINI (il Fatto Quotidiano 30-05-2012) Riassunto delle “puntate” precedenti, dal 1980 a scommessopoli: toto nero uno e due, passaportopoli, doping amministrativo, doping farmaceutico, premiopoli, calciopoli una e due, giocatori spogliati dagli ultras. Temo di aver dimenticato qualcosa. Resta il tanfo tipico degli sport avariati. Resta, soprattutto, una domanda: cosa fare? “Quando gli uomini non credono più in Dio, non è che non credano più a nulla. Credono a tutto”. Parole sante, di Gilbert Keith Chesterton, scrittore e giornalista inglese. E quando non credono più nel calcio, credono a tutto, a tutti: anche agli ‘zingari’, persino agli ‘ungheresi’. Che fare, allora. Ci provo. 1. Rinnovare la casta. Sinceramente, dei Petrucci, degli Abete e dei Carraro non se ne può più. Servirebbe un Grillo, al calcio italiano, ma non esiste. O meglio, uno ci sarebbe: Zdenek Zeman. Il suo problema è stato ridurre il marcio, esclusivamente, a Moggi e Giraudo quando i fatti dimostrano che il marcio è continuato, e sta continuando, anche dopo di loro. TROPPI Ponzio Pilato, ha ragione Marco Tardelli (Repubblica). Gli esempi dovrebbero arrivare dall’alto, ma quanto può essere “alto” un Abete che non ha il coraggio di entrare a piedi giunti sugli scudetti della Juventus e sul tavolino dell’Inter? E quando il gatto non c’è, o si appisola, i topi ballano. Elementare, Doni. 2. Abolire la Lega. Il Belgio è stato senza governo per 540 giorni e figura sempre sulle mappe. Giochiamo a fare a meno della Lega, dai. Ai presidenti interessano soltanto due cose: i soldi delle tv e i rigori (da non confondere con il rigore). Per distribuire i primi, basta che la Federazione chieda il ragionier Spinelli a Berlusconi e lo arruoli; a spalmare i secondi, provvedono da secoli gli arbitri, pagati a parte. Maurizio Beretta è il presidente della Lega, dimissionario da troppi mesi perché gli affiliati non lo trattino come un burattino. E allora: meglio un taglio netto. 3. Sfoltire i campionati. Vero, il toto nero dell’80 esplose in regime di sedici squadre (quattro in meno di oggi) e trenta partite (otto in meno), ma è vero, altresì, che la quantità moltiplica le tentazioni, specialmente a fine stagione, soprattutto in Italia. È da almeno una decina d’anni che si parla di Serie A a sedici (e di Serie B a diciotto, contro le ventidue attuali). Sarebbe il caso di impugnare le forbici: da una parte, Abete o chi per lui; dall’altra, Damiano Tommasi e il sindacato. Venti squadre, tra parentesi, costituiscono un fardello tecnico che pure inglesi e spagnoli faticano a trasportare, figuratevi un Paese come il nostro fondato sulle eccezioni. 4. Difendere la responsabilità oggettiva. Se il fango nel quale ci muoviamo non è ancora arrivato al tetto, lo dobbiamo alla responsabilità oggettiva che, sadicamente o no, fissa i lestofanti ai club di riferimento. Si va per gradi – presunta; oggettiva, appunto; diretta – e, quindi, non è proprio il caso di gridare al destino cinico e baro; semmai, ai bari. Naturalmente, molti boss da Lotito in su vorrebbero depotenziarne gli effetti. Hanno paura. Pensate cosa sarebbe successo, e dove saremmo finiti, se avessero vinto i talebani della responsabilità “soggettiva”. Servirebbe una classe di dirigenti con un briciolo di classe. Merce rarissima. 5. RIFORMARE la giustizia sportiva. Non può fare tutto Palazzi, o il Palazzi di turno. Ne risentono i tempi e la credibilità. Un paio di mesi scarsi per liquidare la Calciopoli del 2006 e una vita per far luce sul buio di Padova-Torino. Il presidente Monti propone di sospendere il calcio per due o tre anni, addirittura. Sarebbe come arrendersi ai teppisti di Marassi o agli spacciatori di risultati. Viceversa, bisogna lavorare sull’autonomia dei giudici sportivi e sui loro “tempi”. Prendetela per una provocazione, ma una Serie A a sedici squadre offrirebbe più spazio agli eventuali, o inevitabili?, processi. 6. Rilanciare l’inchiesta giornalistica. Al primo posto mi ci metto io: siamo troppo pigri, noi giornalisti (non tutti, per fortuna). D’accordo, non possiamo intercettare né pedinare, ma il doping lo scoperchiò Zeman, un altro che non poteva intercettare o pedinare. Dare potere alla voce è più difficile, e scomodo, che dare voce al potere: da controllori a controllati, o controllabili, il passo è breve e la fine nota (l’inciucio, come minimo). Per limitare le inchieste che stanno sventrando il calcio, urge recuperare l’inchiesta e il coraggio del “no”. -
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«Mezzaroma disse al Siena di perdere» ------- Gervasoni e Carobbio: «Partite concordate da dirigenti e tecnici» Il presidente tentò di pilotare a tavolino la gara con il Varese, ma i giocatori si rifiutarono. Ora il Torino rischia il coinvolgimento di FRANCESCO CENITI & ROBERTO PELUCCHI (GaSport 30-05-2012) Accadeva di tutto nella passata stagione a Siena, quella della «cavalcata trionfale» per utilizzare le parole di Antonio Conte, ex tecnico dei toscani che lunedì scorso in una accorata difesa ha respinto ogni accusa. Altre parole, quelle dei pentiti Carobbio e Gervasoni, vanno però nella direzione opposta. Negli atti investigativi ci sono passaggi delicati che chiamano in causa il presidente Mezzaroma che avrebbe persino chiesto ai suoi giocatori e allo staff tecnico (quindi anche a Conte) di perdere la partita contro il Varese. Il motivo? L'intenzione del dirigente era quella di scommettere su quel risultato. Nell'informativa si legge: «Il dato che emerge è che in più occasioni l'alterazione delle gare non era solo frutto dell'infedeltà dei tesserati corrotti, ma sarebbe stato indirizzato da vere e proprie direttive espresse da organi dirigenziali e tecnici che avrebbero direttamente concordato "a tavolino" il risultato finale». Significativi sono i verbali di Gervasoni e Carobbio davanti al pm Di Martino, spesso le due versioni si sovrappongono alla perfezione. Dovete perdere Il fattaccio sarebbe accaduto prima del 21 maggio 2011 giorno di Siena-Novara. Così Carobbio: «Il portiere Ferdinando Coppola entrò negli spogliatoi sbiancato in volto rappresentandoci che poco prima, all'esterno degli spogliatoi, era stato avvicinato da una persona vicina al presidente che gli aveva chiesto se c'era la possibilità di perdere la partita. Questa persona, di cui Coppola mi fece anche il nome ma che in questo momento non ricordo, gli aveva detto che il presidente Mezzaroma intendeva scommettere o aveva scommesso sulla nostra sconfitta. La squadra oppose un netto rifiuto suggerendo al Coppola di rappresentare a chi lo aveva contattato di non aver voluto riferire la proposta in quanto lui stesso non era d'accordo. Coppola era quasi sconvolto». Nell'interrogatorio Carobbio aggiunge anche che Mezzaroma si era mosso nella stessa direzione anche con Conte e i suoi collaboratori. «In seguito ho appreso da Stellini (vice di Antonio Conte, ndr) che la proposta era stata fatta dal presidente pure allo staff tecnico: si erano rifiutati. Era la prima volta che ci proveniva una richiesta del genere dalla dirigenza». Gervasoni, pur giocando nel Piacenza, sapeva dei movimenti. Dice al pm: «Pesoli, centrocampista del Varese, mi chiese via Skype di verificare se il Siena era disposto a pareggiare con loro. L'accordo era funzionale a dare il via libera aun'altra combine su Varese-Piacenza. Chiamai Carobbio per un sondaggio, mi disse che non potevano fare nulla». Pellicori e il Toro Ci sono però spunti investigativi giudicati molto interessanti anche per Siena-Torino 2-2 del 7 maggio 2011. Di mezzo c'è un altro degli arrestati, l'attaccante Pellicori. Nell'interrogatorio Carobbio in sostanza fa capire che quel pari è stato ottenuto con un accordo tra le squadre. Ecco il racconto: «Il 2-2 era un risultato scontato, si respirava nell'aria. Senza neanche che ci fosse bisogno di un input da parte dell'allenatore, scesi in campo per la ricognizione e cercammo di metterci d'accordo con gli avversari. I miei compagni mi dissero che l'accordo era stato raggiunto. Il 2-2 è poco rappresentativo di un intento da parte delle due squadre di defilarsi dall'impegno? E' accaduto per questa gara e anche per Novara Siena che l'attaccante Calaiò ha segnato un non voluto 2-1 provvisorio, costringendo a rivedere in alto il risultato del pari». Gervasoni aggiunge il carico: «Per Torino-Siena mi chiamò Pellicori: voleva, tramite Gegic, concludere un accordo per un Over con pari. Penso che Pellicori fosse d'accordo con qualcuno dei suoi compagni. Gegic rispose che la quota era troppo bassa...». Carobbio messo a conoscenza di questa dichiarazione, dice al pm: «Ne prendo atto e confermo che si trattò di un accordo solo tra le squadre». Se Pellicori ammetterà, anche il Torino rischia un coinvolgimento. ------- La procura a Conte «Avvisare? Mai...» Investigatori ironici sulla perquisizione a casa del tecnico Le telefonate preoccupate tra giocatori bianconeri (senesi ndt) Cara Gazza, non così: siete veramente ed ironicamente stronzi di FRANCESCO CENITI & ROBERTO PELUCCHI (GaSport 30-05-2012) «Ho letto il provvedimento, ma la prima domanda che mi è sorta è: come mai non sono stato chiamato dal pm? Mi sarei aspettato che almeno mi convocasse». La curiosità di Antonio Conte per ora resta insoddisfatta. Ieri nessun commento ufficiale da parte del procuratore Roberto Di Martino, impegnato nei primi interrogatori. Fonti investigative hanno però lasciato trapelare uno stupore misto all'ironico: «Ma quando mai si è visto che un indagato è avvisato di un accertamento... Semmai i chiarimenti li dovrà dare a indagini concluse». Anche perché negli ultimi mesi sono state fatti diversi passaggi per capire se davvero l'allenatore della Juventus era parte in causa delle combine, come sostiene Carobbio. Molti gli incroci eseguiti: le perquisizioni, per esempio, hanno riguardato anche i diversi giocatori coinvolti: la polizia ha fatto visita ai vari Terzi, Vitiello e Coppola. Ma anche al presidente Mezzaroma e ai dirigenti Perinetti e Faggiano. Non solo, ci sarebbero anche delle intercettazioni che avrebbero rafforzato l'accusa. Il ruolo di Coppola In pratica, dopo le prime indiscrezioni uscite sulle rivelazioni fatte da Carobbio, gli investigatori si sarebbero mossi, monitorando i tesserati coinvolti. In particolare l'utenza di Coppola sarebbe stata messa sotto ascolto: secondo Carobbio, era stato proprio il portiere a ricevere la «proposta indecente» da parte di un uomo del presidente che chiedeva la sconfitta del Siena contro il Varese. All'amo buttato dagli inquirenti avrebbero abboccato un paio di «pesci». Le conversazioni preoccupate tra i vari compagni avrebbero confermato la versione di Carobbio per le combine con Novara e AlbinoLeffe (i calciatori dei lombardi hanno già confermato l'illecito a Palazzi). Se fosse vero la posizione di tutti sarebbe seriamente compromessa, specie in sede di processo sportivo. Il contatto mai avvenuto Gli inquirenti in questa continua ricerca di riscontri hanno anche esaminato la richiesta che Bellavista aveva fatto al giornalista Raimondo: contattare Conte perché aveva saputo della volontà del Sassuolo di perdere la sfida di Siena. Come sappiamo Raimondo in realtà non chiamò l'allenatore, nonostante nella telefonata dica il contrario. Ma per gli inquirenti è significativo come «Bellavista in modo spregiudicato cerchi con insistenza un contatto con il "vertice" del Siena. L'allenatore o piuttosto i dirigenti per avere conferma dell'avvenuta combine». Quasi sapesse che aria tirasse da quelle parti. Per gli investigatori alla fine sono 8 le gare sospette dei toscani: Novara-Siena 2-2; Siena-Torino 2-2; Siena-Varese 5-0; Albinoleffe-Siena 1-0; Siena-Ascoli 3-0; Siena-Piacenza 2-3; Modena-Siena 0-1 e Siena-Sassuolo 4-0. Carobbio, però, al pm dice di essere a conoscenza di accordi o tentati illeciti solo per le prime quattro. Perinetti: dimissioni respinte A proposito di dirigenti: come scritto anche Giorgio Perinetti, ex d.g. del Siena, è stato oggetto di una perquisizione. Subito dopo ha telefonato a Zamparini, suo nuovo datore di lavoro, presentando le dimissioni: «Mi ha chiamato disperato — ha ammesso il patron del Palermo —, ma gli ho detto di stare tranquillo e di andare avanti nel suo lavoro». ------- Criscito forse non sapeva Ora la polizia vuol capire a cosa alludeva Buffon Contro il difensore c'è solo la foto con gli ultrà e il pregiudicato «Meglio 2 feriti di un morto»: il portiere atteso per spiegazioni Il difensore si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato? E' probabile E bravi, dopo aver rovinato Criscito, ora vi sorge un ragionevole dubbio ma continuate ad infamare altri di FRANCESCO CENITI & ROBERTO PELUCCHI (GaSport 30-05-2012) I sommersi e i salvati. Oppure Domenico Criscito e Leonardo Bonucci. Si è molto discusso sulla posizione dei due azzurri: il primo indagato e perquisito a Coverciano su ordine di Cremona; il secondo formalmente all'oscuro di qualunque atto formale, nonostante il provvedimento che lo riguarda c'è, ma è diventato competenza della Procura di Bari. Criscito non giocherà all'Europeo, Bonucci partirà a giorni per la Polonia. E c'è un ulteriore sviluppo su Gigi Buffon. La frase «Meglio due feriti di un morto» ha suscitato la curiosità anche della polizia. Si trattava di un'uscita spericolata oppure Gigi è a conoscenza di fatti legati alle inchieste? E' ciò che vuole appurare la polizia, che potrebbe sentire il numero 1 azzurro prima di Euro 2012 come persona informata sui fatti. La foto fatale Al di là degli aspetti legati al codice etico, in questa fase iniziale delle indagini si può tentare di soppesare le posizioni. Qualcosa non torna. L'ex giocatore del Genoa entra nell'ordinanza e dunque nell'inchiesta «New last bet» per alcune foto che lo ritraggono in compagnia di Sculli (il pm voleva arrestarlo), capi ultrà e un pregiudicato. Stop. Non c'è altro. La domanda è una: si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato? Leggendo le carte, sembrerebbe proprio di sì. In sostanza Criscito va al «summit» credendo di parlare con i «tifosi» e si ritrova con Sculli e il pregiudicato bosniaco. Probabilmente non sa nulla della combine che si sta orchestrando su Lazio-Genoa. Certo, gli inquirenti trovandolo nel posto sbagliato hanno il dovere di accertare la verità. E dunque la perquisizione e tutto il resto è funzionale a sgomberare ogni sospetto, dimostrando l'innocenza del giocatore (in caso contrario, aggravandone la posizione). Se fosse andata così, Criscito dovrà comunque fare il mea culpa per le compagnie pericolose. Da evitare sempre. Come gli ha ricordato il presidente Abete: «Fra i comportamenti inaccettabili c'è sicuramente anche il frequentare personaggi "al limite". Se si ha un ruolo, bisogna anche avere la capacità di tenere comportamenti in linea con lo stesso. A volte, fanno più danni gli ambienti che si frequentano dei propri limiti o mancanze». La sola foto basta e avanza alla Figc per spiegarne l'esclusione. Sarà utilizzato con tutti lo stesso metro? Le accuse di Masiello Su Bonucci pesano, invece, le accuse di Andrea Masiello: prima di essere arrestato, ai pm di Cremona e Bari aveva svelato tra le tante combine anche quella tentata per la trasferta di Udine. «C'era il consenso dei miei compagni Belmonte, Bonucci e Salvatore Masiello, che poi aveva telefonato a Pepe per trovare una sponda. Rifiutata». Una accusa diretta di un giocatore che ha collaborato con i magistrati. Bonucci è stato ascoltato due volte a Bari: ha sempre negato ogni addebito. Ma le indagini sono ancora in corso: in particolare si aspetta un accertamento tecnico su un telefonino. Questo passaggio potrebbe rafforzare le accuse di Masiello e inguaiare Bonucci. Oppure smontarle: in quel caso potrebbe arrivare l'archiviazione. Nel frattempo sarà notificato l'avviso di garanzia al difensore? E' quello che la Federcalcio ha chiesto direttamente alla Procura di Bari. Il timore era che arrivasse durante l'Europeo. Abete ha avuto rassicurazioni: non accadrà. Forse se ne parlerà tra 40/45 giorni. E la finale di Kiev si gioca il primo luglio... ------- L'AVVOCATO BUONGIORNO «Vieri, nessun reato Scommetteva ma non è tesserato» di FRANCESCO CENITI & ROBERTO PELUCCHI (GaSport 30-05-2012) CREMONA «Christian Vieri non ha commesso reati e sarà prosciolto». Lunedì è arrivata la notizia che l'ex attaccante era tra gli indagati di questa nuova ondata dello scandalo Calcioscommesse e ieri in Procura si è presentato il suo avvocato Danilo Buongiorno. «Vieri non ha mai avuto contatti con questa gente - ha detto - Al massimo può essere un testimone. Siamo convinti di arrivare all'archiviazione». Ma le carte parlano chiaro. C'è l'intercettazione di una telefonata tra l'ex giocatore del Bari, Antonio Bellavista, e l'ex calciatore Ivan Tisci (ora in carcere) in cui si parla di scommesse. «Tisci riferiva a Bellavista di essersi recato a Milano e di aver appreso dai giocatori, ai quali si era unito Bobo Vieri, che la squadra dell'Inter aveva fatto danni in quanto tutti avevano scommesso sull'Over per la notizia che si era sparsa in giro». Puntate da 700 mila euro sul circuito Betfair. Insomma, ci si riferisce a lui come a uno scommettitore incallito. «E' la tesi del gip, la contesteremo». Salvo aggiungere: «E comunque scommettere non è reato, lui non è tesserato». ------- In arrivo l'inchiesta di Napoli Oggi o domani il procuratore Melillo chiude. Europa a rischio per gli azzurri Cambiate titolista senza passare dal via di MAURIZIO GALDI (GaSport 30-05-2012) L'attesa è finita, oggi o domani il pool «reati da stadio» della Procura di Napoli chiuderà ufficialmente l'inchiesta aperta, nella quale sarebbero indagati l'ex portiere del Napoli Matteo Gianello, i fratelli Federico e Michele Cossato, Silvio Giusti, e invierà gli atti «per competenza» alla Procura federale di Stefano Palazzi con il quale il capo del pool, l'aggiunto Giovanni Melillo, ha da tempo un rapporto di collaborazione. Perché interessa la Figc L'inchiesta era partita dopo la scoperta che il figlio di un presunto boss della camorra era a bordo campo per una partita di campionato del Napoli. Da questo si era risaliti alla «distribuzione» dei biglietti tra i calciatori, poi si era passati alle intercettazioni telefoniche e da queste era emerso che Gianello, sembra su pressione di Giusti, avrebbe offerto soldi ai suoi compagni di squadra (Paolo Cannavaro e Gianluca Grava) per perdere la partita Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010 (1-0). Cannavaro e Grava si rifiutarono e risposero anche male a Gianello (lo riferisce lo stesso portiere del Napoli nel suo verbale ai magistrati), ma il tentativo ci fu e su questo ora dovrà indagare la Procura federale. Gianello nel verbale dell'interrogatorio reso ai magistrati lo ammette, e per questo il Napoli sarà chiamato a rispondere per responsabilità oggettiva. Una vera disdetta per i partenopei che potrebbero perdere l'Europa conquistata con la vittoria nella finale di Coppa Italia. L'Uefa, infatti, vieta l'iscrizione alle Coppe europee a società «coinvolte in maniera diretta o indiretta nelle ipotesi di frode sportiva». I tesserati Oltre a Gianello, Cannavaro e Grava rischiano un eventuale deferimento per omessa denuncia. Qualcosa di più rischiano i fratelli Cossato per scommesse e per il presunto illecito. Silvio Giusti, già colpito da provvedimenti della giustizia sportiva per il fallimento di una società di calcio non è più tesserato. Il ruolo dei Cossato Il gip di Cremona, Guido Salvini, nella sua ordinanza scrive che per la «partita Atalanta-Piacenza si ha conferma del fatto che almeno due organizzazioni (il "Gruppo degli Zingari", collegato al cartello singaporiano, e un "Gruppo veronese", riconducibile agli ex calciatori del Chievo Federico e Michele Cossato) si adoperano, in contemporanea, per alterare l'incontro e scommettere sull'esito "prefissato"». Un ruolo ribadito dall'inchiesta di Napoli. Su Giusti, anche lui ex calciatore del Chievo e molto amico di Stefano Bettarini, si è soffermata l'inchiesta della Dda di Napoli (aggiunto Cantelmo, sostituti Filippelli e Siragusa) da cui emerge che si «adopera per far tesserare Bettarini col Chievo», un tesseramento che costò un deferimento ai veneti lo scorso anno al precedente calcioscommesse. L'inchiesta di Bari Intanto, dopo la decisione di trasmettere a Bari il fascicolo che riguarda il verbale dell'interrogatorio reso da Andrea Masiello, la Procura di Cremona ha trasferito anche gli atti su Bonucci e su quanti altri Masiello aveva coinvolto nelle sue ammissioni. La Procura barese, però, non ritene che ci siano novità di rilievo oltre quanto detto loro dallo stesso Masiello in un verbale che è ancora secretato. Per questo la posizione di Leonardo Bonucci non cambia e «potrà giocare tranquillamente il suo Europeo», sorridono in Procura. -
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CorSera 29-05-2012 Lapo, sarà per la prossima... -
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Nuova puntata di calcioscommesse, con arresti e indagati. Eppure... Questo calcio duro a morire di UMBERTO FOLENA (Avvenire.it 29-05-2012) Partite pilotate, ancora. Scommesse con il trucco, un’altra volta. Calciatori in manette, e dai. Blitz dei carabinieri all’alba, se possibile alla vigilia di qualche importante evento sportivo per aggiungervi drammaticità, già visto. L’ennesimo fattaccio legato al calcio si sta consumando secondo un rito consueto. Esecrazione verso i presunti rei: guadagni da nababbi, popolarità alle stelle, eppure a loro non basta, la fame di denaro innesca una deriva bulimica: di più, di più, di più; e con ogni mezzo, a costo di rompere il giocattolo che certamente hai amato, un remoto giorno nel passato; e ora tradisci come il peggiore degli amanti. E poi: speranza, cinica, che la propria squadra se ne tragga immacolata e le squadre altrui ne escano luride; la falsa promessa – «basta calcio, non vedrò più una partita in vita mia, sono disgustato!» – di chi a fine agosto sarà di nuovo lì a gioire e patire con gli occhi fissi al rettangolo verde. In realtà, questo ennesimo atto della periodica rappresentazione del marciume pallonaro è diverso dal passato. C’è qualche grosso nome, ma i veri grossi nomi non sono coinvolti; e se lo spettacolo s’è avvantaggiato del raduno degli Azzurri a Coverciano, alla vigilia degli Europei, con perquisizioni – a che scopo? – nelle stanze di qualche giocatore, di diverso c’è la piena collaborazione di chi, tesserato venuto a conoscenza di presunti reati, ha rotto l’omertà e ha sporto denuncia. Insomma, la sporcizia potrebbe esserci (condizionale di prudenza, mai eccessiva), è diffusa, ma non generalizzata. Chi ama davvero il calcio chiede scusa agli «agnostici» per il disturbo, scuote il capo ma non si scompone. Il gioco ha radici troppo profonde nel cuore delle società, non solo dei singoli individui, per essere abbattuto dalla miserabile grandinata di un’alba di fine maggio. Proprio perché vibra nelle corde misteriose e profonde dei popoli, a capirlo e spiegarlo meglio non sono sociologi o psicologi, ma scrittori e poeti. Come Jorge Luis Borges: «Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì comincia la storia del calcio». Che cosa volete che importi a quel bambino, ai mille diecimila centomila bambini che in questo momento prendono a calci un pallone di cuoio o di stracci, o un barattolo vuoto, di Mauri e Doni e degli altri presunti «spacciatori di scommesse»? Per quanto gli sciagurati provino ad ammazzarlo, e i denigratori godano di tanto micidiali mazzate, se Pier Paolo Pasolini aveva ragione quarant’anni fa, figuriamoci adesso: «Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo». Una sacralità laicissima, ma come non intravedere le modalità del rito (profano) nella folla che si avvia allo stadio-santuario a celebrare la partita, o s’incolla davanti al televisore-totem, e si riversa in strada in sciami di pellegrini festanti in caso di vittoria? Con buona pace dei ragionevoli e saggi agnostici e miscredenti pallonari, il calcio resisterà anche a questa buriana, imparando – è la speranza – a proteggersene meglio. E magari a coltivare una dote troppo rara tra calciatori, allenatori, dirigenti e giornalisti (ah, i talk show!): l’ironia. Quella di cui era maestro il nazionale scozzese e mitico allenatore del Liverpool, Bill Shankly: «C’è chi dice che il calcio sia questione di vita o di morte: non concordo con questa affermazione; posso assicurare che è una questione molto, ma molto più seria». È chiaro perché per liquidare il calcio non bastano i blitz all’alba e le manette a un calciatore o i sordidi maneggi per pilotare partite di serie B? Ma se ancora coltivassimo in cuor nostro un dubbio, passiamo di fianco al campetto di un oratorio, un pomeriggio di sole; i ragazzini che inseguono la palla, lanciandosi grida di gioia e di delusione e di speranza, sono una calamita irresistibile, più di qualsiasi rappresentazione televisiva, più di ogni altra cosa. Impossibile non fermarsi a guardarli, sorridendo a noi stessi e cedendo al loro ineffabile fascino. Anche senza aver letto Borges. -
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Il codice (pat)etico di ROBERTO BECCANTINI dal blog Beck is Back 29-05-2012 Domenico Criscito no e Leonardo Bonucci sì ribadiscono quanto il confine tra etica ed etichetta sia labile e subdulo. Un avviso di garanzia con perquisizione in camera (a Coverciano) batte, dunque, un avviso di garanzia (spiccato e non arrivato): l’importante è saperlo. Avrei portato Criscito, scritto ieri; e per la proprietà transitiva della logica, anche Bonucci. Nel rispetto totale di coloro che non la pensano come me – e, quindi, avrebbero bloccato entrambi per questioni di opportunità, di morale o quant’altro – credo che Cesare Prandelli abbia adottato la scelta sbagliata. La voce del popolo non sempre è la voce di Dio, ma è chiaro che la cesura del ct fomenterà pissi pissi da bar sport, Bonucci è della Juventus e Criscito lo era, Bonucci è un pesce e Criscito un pesciolino. Non toccare il tasto della presunzione di innocenza – che, viceversa, andrebbe pigiato, sempre – significa mettersi dalla parte del torto, a maggior ragione di fronte a una decisione così politica e così ipocrita. La «pressione disumana» con la quale Cesare aveva addobbato l’Europeo di Criscito, per giustificarne l’esclusione, ha tutta l’aria di un alibi cucinato al volo e al dente, su ricetta di Giancarlo Abete. Cesare resta un allenatore che studia il calciatore attraverso l’uomo. Lo avrei gradito più coraggioso: o tutti dentro o tutti fuori; sia che l’uno, Criscito, abbia ricevuto l’avviso di garanzia, e l’altro, Bonucci, non ancora; sia che il reato contestato al secondo risulti meno grave di quello notificato al primo. Siamo alle solite: gli esempi che vengono dall’alto – e in questo caso, l’alto è Prandelli – lasciano spazio alle capriole dell’incoerenza e alle acrobazie del codice (pat)etico. Tutto il mondo ride di noi. Come alla vigilia dei Mondiali 2006, ultima stampella alla quale aggrapparci. ___ CORSIVO da LINKIESTA 29-05-2012 Bonucci, ovvero la giustizia secondo Prandelli La legge non è uguale per tutti, almeno per Cesare Prandelli. Per il ct della Nazionale un indagato non equivale a un altro. Ma se per Criscito l’arrivo di un avviso di garanzia si traduce in un’esclusione dal gruppo per gli Europei (con tanti saluti alla presunzione d’innocenza); di fronte a Bonucci, invece, si fa quadrato e lo si porta in Polonia. Come mai per lui la presunzione d’innocenza vale? Pare che la motivazione sia meramente burocratica: allo juventino l’avviso di garanzia non è formalmente arrivato. Ah, vabbè, allora cambia tutto. Di fronte ai valori, al senso di giustizia, non possiamo che inchinarci. -
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Una totale sospensione di questo gioco di LUCA SOFRI dal blog Wittgenstein 29-05-2012 Se ne accorgerà anche qualcun altro, ma per ora non vedo nei commenti alle parole di Mario Monti sull’inchiesta nel calcio una riflessione semplice semplice: ovvero che l’idea della sospensione per due anni di un sistema che si dimostra palesemente inadeguato e contaminato da irregolarità e malfunzionamenti – il commissariamento, insomma – è esattamente quello che ha portato Monti a essere oggi Presidente del Consiglio. Non stupisce che voglia replicare la soluzione. ___ IL GRAFFIO di Emilio Marrese (Repubblica.it 29-05-2012) Autogol Avvisare Monti che se toglie il calcio agli italiani, poi si accorgono che c'è lui al governo -
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Il caso Giovedì il processo-farsa Giudicati solo i pentiti? Appuntamento con la prima fase processuale della federazione sul calcioscommesse legato alla serie B: sette imputati sono in carcere e non possono partecipare, si rischia la sospensione di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 29-05-2012) ROMA - Giovedì 31 maggio rischia di essere celebrato il processo-farsa del calcio: sette imputati sono in carcere (fra questi il sampdoriano Bertani, Acerbis, eccetera) e non possono certo presentarsi all'ex ostello della Gioventù, al Foro Italico. Stefano Palazzi, come noto, ha deferito 22 club (tra cui tre di A: Atalanta., Siena e Novara) e 61 tesserati. Ma adesso, dopo il blitz di Cremona, le cose si complicano maledettamente e la fretta della Figc di fare subito un processo, per dare un segnale, potrebbe costringere la Disciplinare a rinviare le udienze e trovare un nuovo calendario (quando non si sa). Gli avvocati dei calciatori arrestati infatti sono pronti a chiedere lo stralcio, per difetto di difesa. Che fare, allora? Giudicare solo gli altri? Situazione quasi grottesca, complicatissima. Si sa che, per la prima volta, almeno una quindicina di imputati (fra cui Micolucci Passoni, Conteh, Ferrario, eccetera) chiederanno il patteggiamento: bisogna vedere che ne pensano sia l'accusa (Palazzi) che la commissione disciplinare presieduta da Artico. Sarà il processo solo ai pentiti del calcio? Una caos totale: conviene rinviare. Anche se i tempi ormai saranno molto ristretti e si rischia di finire con i processi al calcioscommesse in agosto (ma viene escluso, al momento, il rinvio del campionato). Intanto la Figc si è impegnata a chiarire, sempre se fosse necessario, la posizione della Juventus davanti all'Uefa: il club bianconero non rischia quindi di saltare la prossima Champions League, partecipazione che si è conquistata meritatamente sul campo. La norma del "trascinamento" che ha coinvolto anche la Sampdoria per Bertani (proveniente dal Novara) è fortemente contestata infatti da tutti gli avvocati esperti di diritto sportivo: potrebbe portare solo ad un'ammenda. Da verificare invece ancora la posizione di Antonio Conte: ci sono riscontri a suo favore anche se è indagato a Cremona per associazione a delinquere. Delicatissima invece la situazione del Siena, club accusato per molte partite.