-
Numero contenuti
11014 -
Iscritto
Tipo di contenuto
Profilo
Forum
Calendario
Tutti i contenuti di Ghost Dog
-
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Monta il MoVimento a Tre Stelle di SIMONE STENTI dal blog DIECI SCUDETTI 09-05-2012 Sulla sua odierna «Amaca» su la Repubblica, l'interista Michele Serra si smarca dall'opinione del giornalista tifoso (perché «troppo patetica») e ci regala un quadro – a questo punto, immagino, pennellato di squisita equidistanza – sull'argomento «tre stelle». In sintesi, argomenta lo scrittore oggi non tifoso, la Juventus può sentirsi vittima di una sentenza sbagliata e cucirsi la stellina, salvo poi la Federazione italiana, così sbugiardata, sciogliersi per manifesta inutilità. Perché il gesto, non di orgoglio ritrovato, «sconquassa dalle fondamenta le istituzioni del calcio». E Agnelli è puerile a non capirlo. A parte che credo proprio che Agnelli lo capisca benissimo, ma ho anche la sensazione che quello che Serra definisce «un durissimo chiamarsi fuori dal mondo in cui si opera e dalle sue regole» sia esattamente il suo intento. Il nostro calcio professionistico ha tuttora un presidente, Giancarlo Abete, che nel pieno di Calciopoli era vicepresidente e l'ha sfangata con olimpica soavità. D'altra parte, è dal 1979 che ha smesso di lavorare: prima da democristiano pluri-eletto, poi da pluri-nominato di cariche istituzionali. Il suo vicepresidente più giovane e rampante, è Demetrio Albertini, di cui si ricorda la buona visione di gioco, inversamente proporzionale alla lungimiranza nel gestire i tempi burrascosi dello scandalo. Nonostante una gestione sciagurata nel momento del bisogno, il calcio italiano gli permette di rimanere ancora saldamente al suo posto. Lui sarebbe il nuovo corso. Taccio sulla Lega, dove un presidente dimissionario non può tornare ai privati affari perché non si trova un accordo per sostituirlo. In questo allegro contesto, i conti del calcio italiano sono da crac fallimentare, le società sono alla mercé del tifo violento, gli stadi sono vuoti, le partite quando non sono vendute dai protagonisti in campo e alla scrivania sono svendute alle pay tv. A questo calcio Andrea Agnelli dovrebbe inchinarsi, secondo il sempre più pacato Serra (ma che fine ha fatto il compianto direttore di «Cuore»?). La Seconda Repubblica sta per essere abbattuta da un fuori quota a Cinque Stelle. Il nostro calcio ha invece la fortuna di non dover cercare fuori da sé chi lo azzererà per ricostruirlo. Ce l'ha in pancia ed è autorevole e supportato dalla maggioranza relativa (di tifosi). Perciò, la risposta a Serra è sì. Ha ragione: «Nella vita ci si può anche ribellare». E nessuno chiede il «prezzo modico di qualche titolo di giornale». Sta montando un MoVimento a Tre Stelle e fa maledettamente sul serio, disposto a pagare un conto peraltro già ampiamente saldato. Se si arriverà fino in fondo, sarà un bene per tutto il calcio italiano, non solo per quello a strisce bianconere. Si fidi, anche l'interista Michele Serra. -
Juventus Campione D'Italia 2011/2012 [E Sono 30]
Ghost Dog ha risposto al topic di Shaka in I trionfi bianconeri
FRANCE football | MERCREDI 8 MAI 2012 -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
L’analisi La patologia del football di casa nostra ... La Serie A appare come un’istituzione altamente nevrotizzata, vittima di uno stato clinico persistente di LUIGI MANCONI (l'Unità 08-05-2012) PARTIAMO DA UN DATO DI NATURA CRIMINALE: NELLA MOBILITAZIONE ANTI-ROM DI DUE GIORNI FA A PESCARA HA SVOLTO UN RUOLO DETERMINANTE UN SETTORE DEL TIFO ORGANIZZATO DELLA LOCALE SQUADRA DI CALCIO. Esattamente quanto era accaduto cinque mesi fa a Torino, in occasione di una manifestazione simile. È un elemento di cui tener conto se si vuole cominciare ad analizzare ciò che possiamo definire “il football come patologia”. Il presidente di una squadra di buon livello (zona Europa League, per intenderci) mi ha raccontato quanto può accadere negli spogliatoi, tra un tempo e l’altro della partita. Condizioni parossistiche e stati semi-patologici; e, poi, crisi di pianto irrefrenabile e diffuse pulsioni aggressive. Va da sé: è possibile che il quadro venga intenzionalmente drammatizzato e che tutto ciò si riferisca a rarissime circostanze. E tuttavia troppi segnali ci dicono che il sistema del calcio non solo è sull’orlo di una crisi di nervi, ma appare come una sorta di ambiente borderliner. Ovvero una istituzione altamente nevrotizzata, vittima di uno stato clinico persistente. In questa situazione, ovviamente, la gran parte dell’opinione pubblica si è schierata con Delio Rossi, persona seria e matura. Ma il suo gesto, proprio perché l’autore è uomo saggio, risulta essere la manifestazione ultima di quel processo di impazzimento che sembra covare nelle viscere del calcio. Come spiegarsi altrimenti mille episodi non spiegabili? E come interpretare, per esempio, quei subitanei rovesciamenti di risultato tra il primo e secondo tempo? Certo, se escludiamo per un attimo le operazioni illecite, resta la definizione suprema coniata da Gianni Brera: se il calcio è «mistero senza fine bello» esso si accompagna sempre alla sorpresa e al ribaltamento delle attese. Ma questo non basta a spiegare il comportamento ciclotimico di singoli giocatori e di intere squadre, la loro spaventosa fragilità, la loro incondizionata dipendenza da eventi minimi così come da pressioni insostenibili. La subalternità psicologica dei giocatori del Genoa all’intimidazione di un gruppo di manigoldi è l’espressione più evidente, addirittura plastica, di un carattere se si può dire collettivo (sommatoria, cioè, di molti caratteri) decisamente infantile. Solo una condizione protratta di immaturità psicologica può spiegare quella codardia condivisa: e può spiegare le cadute verticali di tensione, l’improvviso abbattimento dopo l’esaltazione, la prostrazione del secondo tempo dopo l’euforia del primo. Insomma, è legittimo ipotizzare che circa un 20% dei quattrocento / cinquecento giocatori di serie A sia costituito da psicolabili. Sia chiaro: qui come per qualunque altra categoria, ogni generalizzazione è sbagliata, ma le principali tendenze del fenomeno sembrano chiare. Si consideri un’altra situazione: tutti conosciamo quei giocatori, spesso geniali, ritenuti caratterialmente difficili. Ebbene, queste persone, inserite da anni (e dall’adolescenza) in comunità integrate, come sono le squadre di calcio, non hanno modificato sostanzialmente il proprio atteggiamento, riproducendo all’infinito una carica di violenza che sembra incontenibile. Ma, in qualunque altro ambiente o sistema, sarebbero scattati meccanismi di controllo e di mediazione capaci di contenere e disciplinare quella predisposizione all’aggressività. Così non avviene nel calcio. Non c’è spazio, qui, per analizzare tutte le cause di ciò. Basti dire che emerge nitidamente un profondo scarto tra la funzione pubblica e il ruolo sociale dei giocatori e la loro personalità: quest’ultima risulta, in genere, inadeguata alla responsabilità che funzione e ruolo pretendono. In altre parole, è come se si registrasse una sorta di “insufficienza toracica” (psicologica) dei calciatori rispetto allo spazio occupato nella società e alle risorse (economiche e simboliche, di relazione e di immagine) di cui dispongono. Insomma, prima del crack finanziario, per altro minacciato, è possibile che si registri qualcosa di simile a uno stress collettivo. Uno stato depressivo acuto, di cui questo loffio campionato è solo la spia più vistosa. (Il campionato appena conclusosi resta loffio anche se a vincerlo è stata, meritatamente, la Juventus. Ah, a proposito, indovinate per chi fa il tifo l’autore di questo articolo). ___ GET OFF THE FENCE! MORE CALCIO MADNESS AT MARASSI by ADAM DIGBY (IN BED WITH MARADONA | Wednesday, May 9, 2012) It has become the most televised fence in Italian football. Little more than eighteen months after Serbian supporters had scaled it, the security barrier at Genoa’s Luigi Ferraris stadium was the focus of attention once again recently as the home fans decided enough was enough in what has admittedly been a disastrous season for the Ligurian side. Much like the Balkan crowd who caused that Euro 2012 qualifier with Italy to be abandoned, the Rossoblu faithful simply could take no more on an afternoon that had seen their team concede four goals without reply to a team battling relegation. Flares rained onto the field causing the referee to suspend play – a common occurrence on the peninsula – but from the outset this was very different. A number of the club’s Ultra had made their way from behind the goal to surround the tunnel and denied their own players the chance to leave the field. Captain Marco Rossi spoke with a number of them, again not a rarity in Italy, and it quickly became clear what these hard-core supporters were demanding. Rossi made his way back to his team-mates and motioned for them to remove their shirts, which they had clearly been declared unfit to wear. A season which began filled with hope for a Europa League place had descended into farce with the club one point outside the relegation zone and owners of the worst defensive record in the league. Rather than competing with the likes of Roma and Napoli they are in serious danger of playing in Serie B next season just twelve months after mocking city rivals Sampdoria for suffering the same fate. The prospect of the Genoa derby – one of the country’s most passionate fixtures – being a second tier affair is almost unfathomable given the array of talent within their squad this term. Former Fiorentina stars Sébastien Frey and Alberto Gilardino are Champions League calibre players in a group which can also boast Serbian winger Boško Jankovic and Portugal’s Miguel Veloso. There are also talented youngsters like full back Luca Antonelli while Argentinian striker Rodrigo Palacio has enjoyed a superb campaign, netting eighteen times in thirty appearances. Yet it is off the field where chaos reigns as owner Enrico Preziosi makes a series of increasingly bizarre decisions. This is highlighted most telling by the managerial changes this season where Monday’s appointment of Gigi De Canio saw the former Udinese and Napoli boss become their third different coach this year. Add in bizarre transfers such as the purchase and immediate sale to Milan of Kevin-Prince Boateng and it is clear the club lacks anything resembling stability or a cohesive vision of the future. But as Rossi headed off to hand over the collected shirts, one man decided he too could take no more. Striker Giuseppe Sculli climbed the Marrassi fence, forcibly making a point of his own with the Ultra chiefs. Taking hold of one fan he stood, much like Serbia’s so-called ‘Ivan the terrible’ atop that barrier and made clear that he certainly wouldn’t be taking off his shirt and the game needed to resume. Eventually it did, the fans collectively turning their backs for the remainder of a game Genoa eventually lost 4-1 to a Siena side whose goalkeeper, Zeljko Brkic, represented Serbia against Italy back in 2010. He, like us, has witnessed both his own nations fans, and now Genoa’s, cause two games to be stopped seemingly without intervention from the authorities and that must be a source of much concern for players and supporters alike. Back in 2010 Police Chief Italian security chief Roberto Massucci blamed Serbian authorities, telling La Ġazzetta dello Sport that “Fans that are so dangerous should not have arrived in Genoa”. Clearly that same excuse is not valid this time around and action has already been taking with two fans given five year banning orders and the club ordered to play their two remaining home games behind closed doors. Speaking at his inaugural press conference, new coach De Canio told TuttoMercatoWeb that Genoa are “rock bottom” before going on to admit “there is no magic way of resolving all problems just like that” and, while he was clearly talking about the team, the same sentiment stands for the City and its stadium. Preziosi went further still, condemning his own supporters on television after the game as he said; “Sixty people, from the 20,000 that were present, held the stadium hostage. It is sad that they have the impunity to say and do whatever they like and we are without the control to send them home.” Those same fans have forced their way into the dressing room recently and engaged in a campaign which eventually led to midfielder Omar Milanetto leaving after five years at the club. The Police openly admit that they believe intervening would only heighten tension and escalate violence while numerous articles have proffered the opinion that the fans not only had a point – which they almost certainly did – but that their actions were ‘understandable’ which is simply incomprehensible. It has also become all too easy to write such incidents off as a ‘cultural issue’ when it is nothing of the sort. It is a football one and the game’s authorities in Italy must take action to eradicate it or risk watching the reputation of Serie A – already blighted by match-fixing and racist chanting – become irrevocably damaged at a time when the football on the pitch is the best it has been in half a decade. The free tickets, unfiltered access and seemingly limitless power must be curtailed if the league and its clubs are not to be viewed in the same way many in Europe see Turkish or Greek sides. One need only witness the ease at which Juventus, thanks to their new home, have been able to work with Police to identify, arrest and ban those guilty of racism this season to see that the nations decrepit stadia hinder progress. However, this too is becoming an ever more worn excuse as many hold out hope that the nation will be chosen to host an international tournament when, instead of waiting for government hand-outs, the clubs must follow Juve’s example and address it themselves. That is not to say, as many have done, that the Ultra’s should be driven from the sport for without them Serie A would lose the atmosphere and incredible choreographed displays which have characterised the league for many years. Dialog must begin to embrace those positives while eschewing and marginalising the negative aspects of Ultra culture. In one of the more infamous incidents involving these hardcore supporters came when Roma’s Ultra caused the derby match with Lazio to be abandoned back in 2004. Francesco Totti famously shouted to then Coach Fabio Capello “If we continue they’ll kill us”, a sentiment which most certainly also applies here. Italian football is risking destroying itself by inaction; the time has come to stop the empty rhetoric and get off the fence! -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Arriva la valanga dei primi deferimenti per le scommesse: 83 provvedimenti relativi alle stagioni scorse, coinvolte le big cadette, compreso il Torino. Guai per Atalanta, Novara, Siena e Chievo Il grande imbroglio La serie B a processo ventinove partite fasulle di ALBERTO ABBATE & FULVIO BIANCHI (la Repubblica 09-05-2012) Un ultimo velo sul marcio del calcio, oggi uscirà tutto - o quasi - allo scoperto: 300 pagine che fanno tremare, migliaia di allegati per motivare 83 deferimenti, solo i primi di un 2012 che si preannuncia molto lungo. I provvedimenti sono partiti ieri, firmati dal procuratore federale Stefano Palazzi. Scottano, seguono l´inchiesta giudiziaria della procura di Cremona per il calcioscommesse. Responsabilità presunta per il Chievo, punite subito Atalanta, Novara, Siena, squadre oggi in serie A che vengono deferite per illeciti risalenti alla passata serie B. S´abbatterà subito un terremoto sull´attuale classifica del campionato cadetto. I deferimenti riguardano infatti 33 combine: 29 di B di varie stagioni sportive; due di due differenti edizioni di Tim Cup (Chievo-Novara della scorsa stagione e Cesena-Gubbio di quest´anno, la partita della denuncia di Farina); due di Coppa Italia della Lega pro nella stagione sportiva2010/2011 (Monza-Cremonese e Pisa-Monza). In ballo ci sono Albinoleffe, Ascoli, Bari, Crotone, Empoli, Grosseto, Livorno, Modena, Padova, Reggina, Torino, Verona e Varese: 7 squadre - in realtà 8 col Pescara, che rischia per un´informativa sull´ex dirigente Lucchesi - nelle prime 12 posizioni della serie B, le altre verso la coda o addirittura retrocesse. Già alla fine del campionato - play off e play out dal 30 maggio al 9 giugno - la classifica potrebbe essere riscritta. Si punta a un processo lampo: fra il 17 e il 21 maggio la commissione disciplinare, quindi la corte di giustizia federale (secondo grado). Gli avvocati stanno già preparando le difese: avranno 5 giorni per depositare le memorie, il tempo sarà tiranno. Dopo le notifiche alle parti, la Figc renderà pubblico oggi il contenuto del provvedimento della procura federale. A giudizio 22 club, 61 persone: 52 calciatori, 2 ex giocatori (i maggiori sospetti su Sartor e Zamperini), 4 dirigenti, 3 iscritti all´Albo dei tecnici, di cui 2 in attività al momento delle rispettive contestazioni. Setacciata ogni testimonianza, spulciato ogni dettaglio, visionati highligths delle gare, confrontate deposizioni e incoerenze. Gli 007 federali, dopo un lungo lavoro (dal 29 febbraio al 4 maggio), non si faranno certo trovare in difetto nel primo giudizio. Nel quale rientreranno anche società di Lega Pro: coinvolte Cremonese, Frosinone, Mantova, Pisa, Piacenza e Rimini. Durante gli Europei partirà poi la corsa di Palazzi e del suo pool - solo con le carte di Bari e Napoli fra le mani - per arrivare a luglio al secondo processo (scongiurandone un terzo). Lì rientreranno alcune big di Serie A tralasciate dal primo troncone (una scelta che ha suscitato la reazione polemica del presidente della Lega di B, Andrea Abodi che, maliziosamente, parla di «attenta selezione di documenti»). Lazio, Napoli, Genoa, Lecce e probabilmente altre di A, le cui posizioni sono ancora al vaglio della magistratura ordinaria. Ci sono persino club che rischiano di essere giudicati due volte in due mesi, basti pensare al Siena: un eventuale coinvolgimento del presidente Mezzaroma significherebbe successiva responsabilità diretta e retrocessione automatica. Il numero uno toscano dovrà essere ascoltato a via Po con l´ex tecnico Antonio Conte che, insieme ai due bianconeri Pepe e Bonucci, sono stati tirati dentro il vortice delle scommesse per fatti risalenti alle loro ex società (Udinese e Bari). In realtà, come tantissimi altri tesserati, temono l´omessa denuncia: la pena prevede un anno di squalifica, il patteggiamento abbrevia i tempi a 4-6 mesi. Sarebbe un danno incredibile - in termini economici e di immagine - per la Juventus campione d´Italia. Ma l´ennesima pulizia del calcio non guarderà di nuovo in faccia niente e nessuno. ___ L’inchiesta penale Siamo solo all’inizio Presto a Cremona nuovi arresti illustri di GILBERTO BAZOLI (Libero 09-05-2012) Mentre si muove la giustizia sportiva, si prepara a tornare in campo quella penale. A un anno quasi esatto dalla conferenza stampa (1° giugno 2011) che segnò il via ufficiale del Calcioscommesse, a Cremona si torna a parlare con insistenza di un’altra possibile ondata di arresti. Probabilmente si è deciso di aspettare la fine del campionato per far scattare nuovi provvedimenti. In questi giorni l’attività del procuratore Roberto di Martino non si è fermata: il pm si è tenuto in stretto contatto con il capo della squadra mobile di Cremona, Sergio Lo Presti, e i suoi collaboratori. Sono stati intercettati in città anche gli uomini dello Sco (Servizio centrale operativo). Il pm si è sentito anche con il procuratore federale Stefano Palazzi: i deferimenti firmati da Palazzi si riferiscono alla prima parte dell’inchiesta condotta dalla procura cremonese. Era corsa voce che il procuratore della Fgci si sarebbe incontrato con di Martino, ma non ci sono state conferme. La seconda parte dell’inchiesta, quella che ha dato una dimensione internazionale allo scandalo rivelando le diverse sfaccettature della sua organizzazione e la sua capacità di manipolare le partite, ruota intorno a Carlo Gervasoni, il «pentito». Nell’ultimo dei suoi interrogatori, Gervasoni ha parlato complessivamente di 42 gare sospette, vecchie e nuove, di serie A e di serie B, riferite a più anni e più campionati. Ad oggi gli indagati sono 120. L’ex calciatore di Cremonese e Piacenza ha anche raccontato di essere venuto a conoscenza da Almir Gegic, il capo degli «zingari», del fatto che quest’ultimo «avrebbe saputo da un amico del Kazakistan che per far vincere la squadra toscana il presidente del Siena avrebbe pagato due avversari», in occasione di Modena-Siena, del 26 febbraio 2011. Palazzi deve ancora sentire sia il presidente Massimo Mezzaroma per quella gara (lo farà dopo il 13 maggio) sia Antonio Conte, allenatore oggi della Juventus e allora del Siena. Conte (per lui l’audizione dovrebbe slittare dopo la finale di Coppa Italia del 20 maggio) è stato coinvolto da un suo ex calciatore, Filippo Carobbio (l’altro «pentito», anche se non del livello di Gervasoni), secondo cui il ct neo campione d’Italia sarebbe stato a conoscenza della proposta dei giocatori di un’altra squadra, il Novara, di mettersi d’accordo sul pareggio. Carobbio avrebbe raccontato altri particolari riconducibili al suo allenatore di un tempo. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Juve e terza stella: come la penso io di MARIO SCONCERTI dal blog Lo sconcerto quotidiano (Corriere.it 09-05-2012) Ho spiegato nei giorni scorsi quello che secondo me significherebbe la terza stella da un punto di vista delle regole del calcio. Fatta passare la discussione su questo, vorrei dirvi come la penso io in proposito. Penso che o ci sono regole chiare e nette che lo impediscono, oppure la Juventus, come qualunque altra società, ha il diritto di fare della propria maglia quello che crede e gli conviene. In questo specifico caso è peraltro vero che questo è il trentesimo scudetto. Nessuno lo nega e tutti conoscono la storia. Non c’è inganno. Se chi l’ha vinto preferisce non far notare che due gli sono stati sottratti per motivi disciplinari, sono affari suoi, ne risponderà nelle sedi in cui gli altri gli chiederanno di rispondere. E sono affari dei suoi avversari che con la stessa libertà potranno usare a sua volta come vogliono la loro maglia. Direi che resta una questione di gusto, ma il gusto fa parte delle opinioni, non delle verità. Ci sono momenti in cui stare sopra le riche, sfidare gli altri, ha una giustificazione. Quando arrivino questi momenti dipende quasi sempre dal buon senso dei dirigenti. Vedremo cosa ne penserà il giovane Agnelli. Nel frattempo gli scudetti restano sempre 30 di cui 28 validi. Niente cambierà. Qual è il problema? ___ GaSport 09-05-2012 ------- ___ JUVE STELLARE IL RETROSCENA Una certezza: la terza stella sarà sulla maglia La Lega e la Figc si rimpallano il problema Ma la Juve ha già preso la sua decisione di GUIDO VACIAGO (TUTTOSPORT 09-05-2012) TORINO. Altro che calcio, il problema è diventato praticamente tennistico: perché gli scambi da fondo campo fra Figc e Lega Calcio sono degni di Nadal e Djokovic . La pallina, per intendersi, è la terza stella della Juventus, questione spinosa e che le istituzioni maneggiano con attenzione, esercitandosi nel patrio sport del palleggio. C’è da capirli, per carità, perché fra vuoti e carenze normative, il terreno è scivoloso e, quindi, meglio il tennis rispetto al pattinaggio sul ghiaccio. NEL LOGO DEL CLUB La Juventus, però, ha tempi da azienda, non da istituzione sportiva e ha quindi bisogno di prendere decisioni in tempi strettissimi: c’è una maglia da produrre e tutto il materiale per il merchandising da preparare. E, quindi, Andrea Agnelli ha già deciso: la terza stella ci sarà, sarà sulla maglia come promesso ai tifosi. La «sorpresa» di cui ha parlato il presidente probabilmente sarà la modalità con la quale il simbolo del trentesimo scudetto sarà inserito. Per intendersi, le stelle classiche, quelle che compaiono di solito sopra lo scudetto tricolore non ci saranno proprio per evitare la questione con le istituzioni e i loro risvolti legulei. Ma le tre stelle possono finire ovunque sulla maglia, dove ci sono delle zone al di fuori - diciamo - dalla giurisdizione di Figc e Lega. Le stelle, infatti, potrebbero comparire stilizzate in un disegno della maglia oppure, ipotesi più probabile, essere inserite nel logo stesso della società. L’ovale che i tifosi conoscono bene potrebbe, insomma, diventare la casa dei trenta titoli che la Juventus ha vinto sul campo, solo 28 dei quali ufficialmente riconosciuti dalla Figc. L’OK DI MONTEZEMOLO Un escamotage che potrebbe piacere molto anche ai tifosi, anche a quelli ansiosi di vedere un riconoscimento concreto delle battaglie di Calciopoli ancora lontane dalla loro definitiva conclusione (basti pensare ai tanti ricorsi della Juventus pendenti in sede di giustizia ordinaria). Un’idea condivisa anche da Luca Cordero di Montezemolo che ieri da Fiorano ha fatto sapere la sua opinione: «Certo che metterei la stella, oppure qualcosa che la richiami, e poi ci metterei una pietra sopra: perché io penso che i risultati che si ottengono sul campo nello sport sono quelli che contano». Tutto questo in attesa di una richiesta di revisione del processo del 2006, una decisione che prima o poi i bianconeri dovranno prendere. Perché c’è, effettivamente, qualcosa di incongruente anche nell’atteggiamento di chi rivendica trenta scudetti sulla maglia, ma non ha ancora chiesto alla giustizia sportiva di rimettere le mani su quelle sentenze che, alla luce delle nuove prove, paiono quanto meno esagerate. La revisione sportiva di Calciopoli è sicuramente nei programmi dei bianconeri, che però attendono di avere un quadro completo da parte della giustizia penale e amministrativa (fra appello di Giraudo e Moggi , così come il ricorso al Tar) per agire di nuovo in sede sportiva. DIPLOMAZIA Nel frattempo, Andrea cercherà di evitare scontri frontali con le istituzioni, soprattutto se queste dovessero dimostrarsi meno inflessibili e rigide nel guardare alle questioni legate o derivanti dalla questione calciopolesca. A partire dalla terza stella, quella che la Juventus metterà, tirando dritto per la strada tracciata fin dal primo giorno di presidenza da parte di Agnelli, ma senza “esagerare” nel voler imporre la propria posizione nella vicenda. NESSUNA OFFESA Via alla terza stella, quindi: anche perché - in fondo - si tratta di porre un simbolo su una maglia che viene utilizzata in campo. E sul campo quei due scudetti contestati sono stati vinti dalla Juventus anche secondo la sentenza di Napoli che parla di «tornei senza alterazioni». Nessuno dovrebbe sentirsi offeso, a partire dalla Federazione che con i giocatori della Juventus 2006 vinse il Mondiale tedesco e con i giocatori della Juventus 2012 affronterà l’avventura in Polonia e Ucraina all’Europeo di quest’estate. Molti dei campioni d’Italia, infatti, vestiranno la maglia azzurra, sulla quale di stelle ce ne sono quattro, iniziando ad abituarsi. . . ___ L´amaca di MICHELE SERRA (la Repubblica 09-05-2012) Il fenomeno dei giornalisti tifosi è troppo patetico perché io vi ammorbi con la mia opinione sulla controversa "terza stella" della Juventus. Mi limito a un´osservazione strettamente tecnica, temo inoppugnabile. La Juventus ha tutto il diritto di ritenersi vittima di una sentenza sbagliata e cucirsi sulle maglie la terza stella. Ma un secondo dopo, la Federazione italiana gioco calcio dovrebbe dichiararsi sciolta, perché il suo operato e quello della giustizia sportiva sono ritenuti carta straccia, e giudicati nulli, da una delle società più autorevoli e note del calcio italiano. Terze vie non ce ne sono, perfino in un Paese di ipocrisie e di pateracchi. Perché attribuirsi due scudetti revocati per frode sportiva non è solo un gesto di "orgoglio ritrovato", come pensa abbastanza puerilmente il presidente Andrea Agnelli. È, a tutti gli effetti, un gesto che sconquassa dalle fondamenta le istituzioni del calcio, le sconfessa, le rifiuta. È un durissimo chiamarsi fuori dal mondo in cui si opera e dalle sue regole. Nella vita, ovviamente, ci si può anche ribellare. Quello che non si può fare è credere che ci si possa ribellare al modico prezzo di qualche titolo di giornale, e cavarsela temperando le polemiche con un paio di interviste diplomatiche. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
IL GRAFFIO di EMILIO MARRESE (Repubblica.it 30-04-2012) Le stelle sono tante Imbarazzi in Federcalcio: dopo la Juve che vuole la terza stella per il probabile 28' scudetto, la Solbiatese vuole cucirsi sulla maglia Venere, in quanto sedicente squadra più gnocca della galassia. ___ GaSport 07-05-2012 ___ ___ la Repubblica SERA 08-05-2012 ___ GaSport 09-05-2012 ___ IL TEMPO 09-05-2012 ___ IL GRAFFIO di EMILIO MARRESE (Repubblica.it 09-05-2012) I conti non tornano La Juve si dà 30 scudetti e tre stelle, il Milan si dà il gol di Muntari e quindi l'anno prossimo magari cucirà sulla maglia uno scudetto fantasma. Approfittando di una lacuna del regolamento Figc, i giocatori (e soprattutto i dirigenti in tribuna) potranno indossare anche uno scolapasta in testa: nulla lo vieta. ___ GaSport 11-05-2012 ___ la Repubblica SERA 11-05-2012 ___ GaSport 12-05-2012 ___ IL TEMPO 12-05-2012 ___ la Repubblica SERA 18-05-2012 ___ GaSport 20-05-2012 ___ Repubblica SERA 23-05-2012 ___ IL TEMPO 09-06-2012 ___ GaSport 10-06-2012 ___ GaSport 14-06-2012 ___ GaSport 19-06-2012 ___ GaSport 16-07-2012 -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
LA POLEMICA La retorica della terza stella che la Juve non ha raggiunto Invincibili ma pure incontentabili di VINCENZO CERRACCHIO (il Messaggero 08-05-2012) JUVENTUS invincibile. Ma pure incontentabile. Almeno a giudicare dalle parole di Andrea Agnelli, guerra stellare ancora aperta con il resto del mondo del calcio: «Sono sicuramente 30 gli scudetti vinti sul campo. Presto i nostri tifosi avranno una sorpresa». Già, la famosa terza stella da appuntare sul cuore, una ogni dieci titoli vinti. Che però sono 28, per ora, come dice l’albo d’oro. Il giovane presidente richiama all’orgoglio bianconero. Detto e fatto: si è festeggiato con bottiglioni di champagne con un grosso 30 sull’etichetta. Ciascuno può dare i numeri che vuole, ma il punto è uno solo: che significa quel «vinti sul campo»? Se i dirigenti juventini Giraudo e Moggi sono stati radiati insieme all’allora vicepresidente federale Mazzini, c’è una giustizia sportiva che ritiene vinto quello scudetto del 2005 grazie ad aiuti esterni, con conseguente retrocessione nel 2006. Sul campo, tanto per restare alla triste attualità del calcioscommesse, ha vinto anche il Lecce in casa del Bari, ma Masiello ha ammesso di aver provocato apposta l’autogol decisivo. Calciopoli, poi, ha visto altre squadre penalizzate, dal Milan, alla Fiorentina, alla Reggina, alla Lazio. Alla quale, per esempio, fu tolta l’opportunità di partecipare alla coppa Uefa. Che avrebbe dovuto chiedere a posteriori la Lazio? Di rigiocare quella coppa, di fregiarsi comunque del sesto posto, anche se la classifica la vide penalizzata di 30 punti? Soprattutto: che facciamo della giustizia sportiva, la aboliamo? Perché il problema è di tutti o di nessuno. Un conto è battersi perché lo scudetto 2005 non venga proprio assegnato, alla luce delle successive prove emerse contro l’Inter, altro è reclamare il “tutti colpevoli, nessun colpevole”. E appuntarsi, senza titolo, le stelle di due scudetti. Lo dice la logica, come è sacrosanto applaudire la Juventus per la splendida cavalcata di questa stagione. E come è sottoscrivibile la frase di ieri di Del Piero: «La terza stella? Noi ce l’abbiamo sul cuore. Quello che viene determinato da altri criteri lo rispettiamo». Aspettando, come la federazione, che la sorpresa annunciata si materializzi. Nel rispetto delle regole e delle sentenze. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
DA ABETE A GALLIANI A MORATTI I COMPLIMENTI AI BIANCONERI Lo scudetto dell’orgoglio Agnelli: “I titoli sul campo sono trenta, aspettatevi una sorpresa” Stella d’argento sulla maglia se la Juve conquisterà la Coppa Italia di MARCO ANSALDO (LA STAMPA 08-05-2012) Le stelle sono tante ma nessuna ha fatto parlare di sè quanto la terza che la Juve vuole appuntarsi dopo lo scudetto vinto a Trieste. Per la prossima stagione ci saranno cambiamenti. Lo ha fatto capire Andrea Agnelli che all’uscita dal Consiglio di Lega ha dichiarato: «Gli scudetti vinti sul campo sono sicuramente trenta. I tifosi avranno una bella sorpresa». L’interpretazione è chiara. In qualche modo il simbolo del trentesimo scudetto comparirà sulle maglie bianconere scatenando un vespaio. Abete gli ha replicato che «la Federazione deve far rispettare le regole». Ma dove stanno? Nella normativa federale non se ne parla. In quella della Lega calcio il secondo comma dell’articolo 1 recita: «Tutto ciò che non è esplicitamente consentito dal presente regolamento deve intendersi come espressamente vietato». Dunque sarebbero fuorilegge anche le altre due stelle della Juve e quelle del Milan e dell’Inter perché non se ne parla esplicitamente. Assurdo. Le resistenze federali si appoggiano però sulla norma per cui tutte le divise da gioco devono essere presentate alla Lega che le deve approvare e sul regolamento dell’Uefa che prevede il divieto di andare in campo con le maglie che non abbiano ricevuto l’approvazione scritta delle rispettive federazioni. La situazione è irrisolvibile, se una delle parti non farà un passo indietro. Abete vuole che sia ribadito il rispetto delle sentenze, che mancherebbe formalmente con l’uso della terza stella. La Juve pensa il contrario: «Anche la Procura di Napoli ha detto che il campionato 2004-05 non è stato alterato e quello successivo non è stato investigato» ha ribadito Agnelli per il quale la revoca dei due scudetti di Capello è illegittima. L’annuncio della sorpresa ha acuito la curiosità, i tifosi non pensano ad altro. Ci sono varie ipotesi. La più consistente è che se la Juve vincerà contro il Napoli la decima Coppa Italia metterà una stella d’argento vicino alle due attuali. Altrimenti si studiano due soluzioni, cui lavorano i designer della Nike: la prima è che la stella compaia nel tessuto, un po’ come nella maglia con cui la Juve vinse la Champions League del ’96; la seconda è che si rinunci alla terza stella ma nel disegno appaia da qualche parte un grande e inequivocabile numero 30. Infine verrà scritta sul colletto della maglia la famosa frase di Boniperti: «Vincere è l’unica cosa che conta». Almeno su questa nessuno avrà di che ridire. Andrea Agnelli è comunque pronto a tenere duro anche se scatenasse le reazioni delle rivali. Evitando le cinque stelle per non irritare Beppe Grillo, Milan e Inter potrebbero rispondere mettendone sulle maglie quante ne vogliono, visto che secondo loro la Juve avrebbe scardinato il principio della corrispondenza con i titoli attribuiti ufficialmente. Nel «liberi tutti», il simbolo inventato negli Anni Cinquanta da suo padre potrebbe perdere il significato. Per il presidente bianconero, che ha ricevuto al telefono i complimenti di Abete, di Galliani e di Moratti, per il successo, questo è comunque «il momento dell’orgoglio ritrovato ed è la cosa di cui sono più felice». «Abbiamo raccolto i frutti di due anni di lavoro mio e di tutti, fino al magazziniere - ha proseguito Agnelli -. Il percorso è stato difficile e tortuoso ma l’abbiamo completato: si è chiuso il cerchio perché siamo tornati a vincere». Il giovane presidente ha seguito da casa la partita. «E’ stato bello essere davanti alla tv e vedere cosa succedeva a Torino e a Milano». Soprattutto a Milano. Il «regalo» ricevuto dall’Inter può rasserenare i rapporti con i nerazzurri? La risposta glissa l’argomento. «Il grande segnale è che abbiamo giocato 37 partite senza perderne una, con la migliore difesa. Noi ripartiamo guardando noi stessi». E su Del Piero: «Ha ancora la finale di Coppa Italia da giocare, sarebbe l’apoteosi se chiudesse l’avventura con la Juventus con due trofei. Solo Boniperti e Platini possono dire di essere stati un simbolo nella nostra storia come lo è stato lui e ci sarà sempre gratitudine per Alessandro. Se la sorpresa riguarderà anche un suo futuro nella Juve? Mi sembra che aver meditato un’apoteosi sia già qualcosa di importante». Una bella frase che suona evidentemente come un no. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Il pallone di Luciano Conte, Marotta, giocatori: tutti eroi Ma il genio è il nipote dell’avvocato di LUCIANO MOGGI (Libero 08-05-2012) Bravo Andrea, questo scudetto ti appartiene tutto e senza nulla togliere a Conte, ma anzi riconoscendogli più meriti di quanti già gli siano stati attribuiti. Senza retorica né frasi ad effetto, come magari imporrebbe “il destino nel nome”, che però mi tenta emi pare contenere molta verità. È indubbio che la storia della Juve di questi anni recenti è cambiata radicalmente da quando Andrea ha assunto la presidenza, con la sua passione, la sua dedizione, la sua preparazione che è tanta a dispetto della giovane età, un know how cominciato sul campo a guardare quello che allora accadeva sotto la presidenza del padre - i tempi della triade certo, le cui capacità e i cui meriti non ha mai disconosciuto a differenza di altri. I risultati, quando vengono, non sono mai frutto del caso, derivano da scelte appropriate di uomini e ruoli. Andrea ha risvegliato la nobiltà del club, l’orgoglio per troppo tempo represso, il rilancio ai più alti livelli, la forza di non arretrare di un millimetro davanti ai muri di gomma delle Istituzioni Federali. Così le sue battaglie per la restituzione dei due scudetti, il risarcimento per danni derivati da sentenze ingiuste. Si è infatti colpevoli di qualcosa che sia avvenuto, non di ciò che non è avvenuto per ammissione già del presidente della Corte Federale Sandulli e sostanzialmente confermato dalla sentenza di primo grado del tribunale di Napoli: nessuna gara è risultata alterata. Quante battaglie Se Andrea vincerà la sua battaglia anche su questi fronti, sarò felice di avergli dato una mano scoprendo il vaso di Pandora di intercettazioni rimosse o addirittura messe da parte, in ogni caso non considerate. Senza di quelle l’Inter e i suoi dirigenti non vivrebbero la loro condizione di “prescritti”, ma quella degli “onesti”, immacolati e senza colpe. Mentre invece Palazzi, proprio su quelle intercettazioni, ha ricavato abbastanza per un rinvio a giudizio per art. 6 (dunque per illecito sportivo) che avrebbe portato alla retrocessione del club se non fosse intervenuta la prescrizione. Adesso l’Inter, a dimostrazione della sua insipienza, e una volta terminati i vantaggi derivanti da Calciopoli, è rientrata nel suo alveo normale di 5° o 6° posto distanziata di 23 punti dalla Juve, proprio come prima del 2006, ma con annesse le difficoltà di rifare un Calciopoli-bis. Conte ha dato un’anima alla squadra, le ha conferito un carattere di ferro e la convinzione di credere nelle sue potenzialità anche oltre l’immaginazione, ha usato strategie adeguate e duttilità, non esitando a cambiare il modulo appena resosi conto che per i suoi giocatori se ne adattava meglio un altro. Quindi l’allenatore al servizio della squadra. Per chiarire, basta fare l’esempio di Luis Enrique che, al contrario, ha voluto modellare la Roma sui propri intendimenti, con esiti sotto gli occhi di tutti. I protagonisti È anche per questo che la Juve è finora imbattuta. Messa talvolta alle corde dai pareggi, ma mai domata. Marotta ha costruito la squadra con raziocinio, andrà ancora limata, ma il terreno era stato seminato bene: Buffon e Del Piero a far da chioccia, Pirlo e Vidal, ma anche Vucinic, gli innesti azzeccati. Chiellini, superstite anche lui del 2006, ha contribuito a blindare la difesa, Marchisio e De Ceglie le rivelazioni, bene tutti gli altri. Il fronte di contesa è ora la terza stella. Sul piano ufficiale il club non ne aveva parlato, per giusta scaramanzia e per studiare le mosse rispetto alle posizioni in campo. Dietro i concetti un po’ criptici, o fumosi (?), di Abete, s’intravede già il muro della Figc e si presume anche della Lega. Quelli che hanno avuto il mal gusto di vestirsi di incompetenza, sul tema della revoca dello scudetto all’Inter, d’improvviso diventano competenti. Quando si dice la coerenza! Ritornando poi al calcio non si venga a dire che Zanetti & C. hanno dato una mano alla Juve: la verità è che hanno giocato per se stessi, per il piacere di partecipare a scucire lo scudetto dalle maglie del Milan. La squadra di Allegri è arrivata comunque stremata alla meta, l’errore di Buffon aveva creato l’ultimo miraggio, ma il fine campionato è stata un’agonia per i rossoneri, per la lunga catena di infortuni, che non danno colpe ad Allegri, ma mettono sul banco degli imputati Milan Lab . Sviluppi rocamboleschi per il terzo posto. Battuto a Bologna, il Napoli si trova ora staccato dall’Udinese (ora favoritissimi), scavalcato dalla Lazio e raggiunto dall’Inter. In coda la corsa del Lecce si è fermata, resta una flebile speranza perché è caduto anche il Genoa. ------- Sono ventotto Se passa la maglia «fai da te» la Figc può andare in pensione di FABRIZIO BIASIN (Libero 08-05-2012) Se sul mio giubbotto di pelle scrivo «Sono Fonzie» ma poi tiro un pugno al jukebox e invece di partire «Be bop a lula» di Elvis arriva l’ambulanza a ingessarmi la mano, significa che quantomeno devo rivedere le mie posizioni e regalare il giubbotto a un tizio più prestante. La questione «stelle sulla maglietta della Juventus» è appassionante come una cena a casa della suocera, ma a scudetto archiviato va trattata. Anzi no, balle, andava trattata molto tempo fa, il giorno in cui la Juventus ha inaugurato il suo bello stadio e in presenza dei capoccia federali ha mostrato al mondo gli scudetti numero 28 e 29. Quel giorno, a Torino, c’erano proprio tutti. Anzi no, uno mancava: Luciano Moggi. La società Juventus all’epoca pensò di non invitare l’uomo che con il suo «compra e vendi» aveva contribuito in maniera decisiva alla conquista dei 2 scudetti (poi revocati) perché no, Big Luciano era meglio lasciarlo a casa sua a far la calzetta. Da quella sera la questione «stelle sulla maglietta della Juventus » è diventata importante (ma è stata scientemente messa nello sgabuzzino) per due motivi. 1) Se ti bulli di aver vinto il campionato di pallone del 2005 e quello del 2006 ma scarichi il principale artefice, significa che non hai le idee chiare (come il tizio che tira i pugni al jukebox per capirci). 2) Se i capoccia federali (e quindi Abete, presidente Figc, ma anche Petrucci, n° 1 del Coni) vedono coi loro occhi che qualcosa non va, ma fanno finta di niente secondo la regola non scritta ma assai praticata del «rimandiamo la questione che magari la gente si dimentica e alla peggio la rogna se la becca qualcun altro», allora significa che a palazzo c’è chi prova a fare il furbo. La Juventus Fc ha stravinto il suo scudetto e se lo merita tutto. La Juventus Fc, però, sta giocando una partita assai pericolosa. La prossima stagione (ce l’ha detto Agnelli) Del Piero e fratelli (anzi no, Del Piero non ci sarà e ha già detto che sta dalla parte del Palazzo. Mah...) sulla casacca bianconera in qualche maniera comparirà la famigerata terza stella. Ora, è probabile che da altre parti (leggi Milan e Inter) decidano di anticipare quella birba di Agnelli e mettano sulla rispettiva maglia - spariamo a caso - l’effigie dello scudetto nel caso dei rossoneri (perché il gol di Muntari era valido ecc ecc...) e una serie di tricolori a volontà i nerazzurri (perché Ronaldo ha preso la tranvata contro Iuliano ecc ecc...). È possibile anche che il Chievo decida di mettersi una stella pure lui, perché son dieci i campionati di serie A dei veneti (non consecutivi, ma chi se ne frega) e dunque è giusto festeggiarli. E anche il Novara l’anno prossimo metterà il suo orpello, una «A» gigante, perché è tornato in serie B e gli avversari devono sapere che giocano contro una squadra appena retrocessa. Il Napoli, invece, sta pensando di cucirsi addosso la Champions, perché è vero che è uscito con il Chelsea, ma è stata solo sfortuna e quella coppa in fondo è tutta loro. Anarchia pura insomma. Ecco, nel giorno della meritata gioia bianconera, per evitare che qualcuno faccia la battuta trita e ritrita («Gli juventini sono come certi hotel di provincia: hanno due stelle ma ne dichiarano tre»), per far credere al resto del mondo che in italia siamo persone serie e non pirletti senza briglie, per evitare tutto questo, sarebbe meraviglioso se i capi del calcio ci dicessero qualcosa. Che può essere A) «La Juve non può mettere la terza stella perché esiste una sentenza». Oppure B) «La Juve può mettersi la terza stella perché ci siamo sbagliati ». Nell’attesa patron Preziosi mediterà se mettere sei Gormiti sulla maglia del Genoa, mentre Campedelli, insieme alla stella, appenderà ai pantaloncini un pandoro Paluani. Tanto da noi vale tutto. ------- Sono trenta Solo il campo dice chi ha trionfato La terza stella lo ricorderà a tutti di GIAMPIERO MUGHINI (Libero 08-05-2012) Nelle case e nelle piazze d’Italia esplode la gioia del popolo juventino. Gli “umiliati e gli offesi” degli ultimi cinque anni di football nazionale approdano finalmente al trentesimo scudetto della storia bianconera, uno scudetto conquistato dopo una sequenza di fatti e di episodi che nemmeno lo sceneggiatore di un grande film americano avrebbe saputo ideare. La distruzione, dall’oggi al domani, di una squadra capolavoro che aveva vinto uno scudetto alla cifra astrale di 91 punti e i cui giocatori erano quasi tutti in campo nella finale della Coppa del Mondo 2006. La società che aveva fatto da nervatura di tutte le nazionali italiane campioni del mondo che si ritrovava a un passo dal baratro, amputata di alcune delle sue vittorie più belle, scaraventata in serie B, costretta a svendere i suoi gioielli pur di non portare i libri in tribunale. Il miglior gruppo dirigente mai avuto da una squadra di calcio di serie A additato come «una organizzazione a delinquere». Tale la debolezza politica in quel momento della Fiat, e tali le aporie interne alla famiglia Agnelli dove si fronteggiavano senza volersi troppo bene gli “eredi” di Gianni Agnelli e quelli di suo fratello Umberto, che la società decise di non muovere nemmeno un’unghia a difesa dell’onore sportivo di quel gruppo dirigente. Una ripresa tecnica affidata a un nuovo e mediocrissimo gruppo dirigente, di cui saranno scandalosi gli errori di valutazione nello strapagare giocatori rivelatisi mediocri o inadatti al calcio italiano: da Tiago a Felipe Melo, da Diego al Krasic comprato due anni fa. Una squadra delusa e mal congegnata che sprofonda nella mediocrità di due consecutivi e avvilenti settimo posto, sino a riuscire nell’impresa stratosferica di incassare la bellezza di 56 gol in un torneo (la squadra di Conte, imbattuta sino alla penultima giornata, ne ha incassati 19). Il risveglio degli ex mediocri Ora succede che la squadra bianconera che presenta alla linea di partenza del torneo 2011-2012 è per sette-otto dei suoi undicesimi la stessa la cui mediocrità ci aveva lasciato senza fiato nel torneo precedente. Pirlo e Vucinic e Vidal e Lichsteiner a parte. E senza dire che un sospetto non potevamo non nutrirlo. Se il Milan si tiene un Pato, un Robinho e magari un Alessandro Nesta mal conciato fisicamente, e invece regala (letteralmente regala) Pirlo, un motivo ci deve pur essere. Vi ricordate quando Giampiero Boniperti dava via giocatori famosi (da Capello a Baggio) e si prendeva giocatori reputati scarpe vecchie, gli immensi Benetti e Boninsegna, e con quelli vinceva gli scudetti? Non è che nell’occasione, col prendere un Pirlo in avanti con gli anni e un po’ acciaccato, noi non stavamo facendo la figura degli allocchi che comprano i mobili tarlati dismessi dalle grandi famiglie? E invece è successo che Pirlo abbia fatto tutte le partite dal primo all’ultimo minuto, e che in tutte questa partite s’è confermato il miglior giocatore del mondo nel suo ruolo. Grazie, Milan. Un allenatore da incorniciare E poi, Antonio Conte. Se c’è un errore che io imputo al trio diabolico Bettega-Giraudo-Moggi è quello di avere tolto a un certo punto la maglia di capitano a Conte per darla ad Alex Del Piero. Non si fa con un uomo come Conte, prodigioso da giocatore di quantità e qualità in mezzo al campo e adesso superprodigioso come allenatore. Se quei sette-otto giocatori che l’anno scorso parevano dei fantasmi alla ricerca di un loro squallido destino sono divenuti dei giganti in campo - da Bonucci a Pepe, da Marchisio a De Ceglie, e lo stesso Chiellini triplicato in qualità -, se la Juve del 2011-2012 ha giocato forse il miglior calcio nella storia recente del football italiano, se quella squadra a parte venti minuti col Napoli e venti minuti nella partita di ritorno col Milan ha giocato per 37 giornate all’attacco, tutto questo è farina del genio calcistico di Conte. Dopo Boniperti e Big Luciano, lui diventa il terzo uomo stemma della storia juventina di quest’ultimo mezzo secolo. La terza stella, per l’appunto, delle tre che vanno cucite sulla maglia bianconera del prossimo torneo. Ho detto trenta scudetti. Che non è la cifra riportata dagli almanacchi compilati dai burocrati, e copiati da alcuni giornalisti vili. Non voglio assolutamente mancare di riguardo alla Grande Inter, a una delle società che hanno fatto la storia del calcio moderno e che ancora domenica scorsa ha dato prova del suo orgoglio e della sua qualità, e ogni volta io mi levo il cappello quando sento pronunciare la parola “triplete” riferita ai successi dell’Inter di due stagioni fa. Solo che gli scudetti della Juve sono 30, e che quel 14° scudetto che figura nella bacheca interista loro non l’hanno mai visto né da vicino né da lontano. Tanto è vero che i giudici sportivi che lo assegnarono nell’estate del 2006 adesso fingono di non ricordare e quasi se ne vergognano, e non c’è uno di loro che dica: sì, l’ho assegnato io e in piena coscienza perché quei circa 15 punti che separavano l’Inter dalla Juve vittoriosa erano stati tutti conquistati da Moggi a forza di money e girls elargiti a destra e a manca. Ora di quel money e di quelle girls non esiste la benché minima traccia in nessuno dei processi fatti contro la Juve. Nelle motivazioni del processo penale di Napoli (dove Moggi è stato condannato) c’è il riconoscimento netto che nessun risultato sportivo è stato alterato in quei due campionati. Che i 91 punti vennero conquistati uno a uno da una squadra che aveva Cannavaro, Thuram, Emerson, Nedved, Camoranesi, Ibrahimovic, Del Piero, e vorrei ben vedere che una squadra così non stravincesse. Lasciate perdere il tifo e le ossessioni di ciascuno di noi. Chiedetelo a chi conosce il campo e la lotta sul campo. Chiedetelo a Fabio Capello, a Billy Costacurta, a Claudio Ranieri, chiedetelo guardandoli negli occhi ai giocatori più valorosi e leali dell’Inter se è vero o no quello che disse una volta Camoranesi, che quando affrontavano la Juve erano pallidi dall’ansia già nel sottopassaggio. Trenta sono, non uno di meno. Chiedetelo a Dio, che pure non è bianconero. -
08 05 2012 Una favola italiota in bianco e nero Quello che ha detto il campo è evidente: scudetto strameritato tra i sospetti di un calcio inattendibile, compreso il caso Buffon. Così senza andare al ballottaggio finale con una domenica d’anticipo si è chiusa una pratica alla vecchia maniera della Vecchia Signora, con merito indiscutibile e un iniziale favore arbitrale, il gol di Vucinic in mini-fuorigioco: intendiamoci, uno scherzo da parrocchia in confronto a quello che stava combinando il fischietto Rizzoli, che dovrebbe rappresentare l’Italia agli Europei della Tymoshenko in vincoli, che ha “nobilitato” il derby di Milano in contemporanea negando un gol dell’Inter ricacciato indietro dalla linea di porta con modalità-Muntari in Milan-Juve (che formidabile nemesi sarebbe stata...) e poi dispensando un rigore inventato ai milanisti. Questo per dire di come funzioni il Palazzo e il “potere giudiziario in mutande” che lo rappresenta in un magma in cui anche gli altri due poteri, l’esecutivo e il legislativo, finiscono stipati nella medesima stalla. Alla faccia di Montesquieu, connazionale di Platini. . . E A PROPOSITO di potere federale, oggi dovrebbero fioccare i deferimenti per le scommesse, in un momento in cui uno come il Procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, titolare di un importante troncone dell’inchiesta penale, dice tranquillamente che non si scommette più solo sui risultati, o sul numero dei gol, o sulla frammentazione di entrambe le voci: adesso basta il numero di calci d’angolo, un’ammonizione, magari le volte in cui l’hai colpita di testa durante il primo tempo. . . per dire dell’inattendibilità del tutto anche rimarcando che la Juventus ha vinto meritatamente in un calcio italiota che va a gambero fuori dai confini, che fa pochi punti, che non alleva i giovani, spreca denaro, gestisce male i club e fa sembrare un bullo il mio amato e stimato Delio Rossi. Andrebbe posta la questione se siano più viziati i giocatori, i loro procuratori oppure dirigenti e presidenti. Ma non traccheggiamo: sono partito dal campo, e quindi anche fuor di metafora dall’investimento sensato fatto nello Juventus Stadium, valore aggiunto dopo le truffe del “Delle Alpi”. Come in una fiaba, c’era una volta la società di gran lunga più titolata d’Italia, arrivata a vincere 29 scudetti fino al maggio 2006. FAVORI arbitrali ne aveva avuti eccome, esattamente il proverbio rovesciato del cane che mozzica lo stracciato, ossia il cane obbedisce al supposto padrone meglio se ben vestito. Senonché una squadra molto forte, che avrebbe riempito la finale dei Mondiali di Germania dalle due parti, con giocatori mediamente superiori a quelli che stiamo vedendo in azione oggi da noi con l’eccezione di Pirlo, bravo ieri come oggi, significava anche una dirigenza molto forte: una dirigenza che nel rapporto di forza in un Reame Rotondo già allora assai malato condizionava oggettivamente la vita interna e quella esterna del club, e imponeva la sua legge vincente. Se storcete il naso già a questo punto della fiaba, vi ricordo che Antonio Conte per anni è stato un pilastro di quella Juventus, quindi c’è un aut-aut, alla Kierkegaard: o andava bene allora come va bene oggi da tecnico scudettato, oppure le magagne di allora non possono essere rimosse dal trionfo di oggi. Le persone e gli habitat in profondità non mutano. Continuiamo con la fiaba. La Triade a cassetta del purosangue juventino costruito per vincere e per non farsi azzoppare da altri concorrenti, in un gioco assai perverso che di fatto ha ridotto questa specie di ippica in condizioni penose (cfr. i deferimenti. . . ), comandava in casa Agnelli e comandava in Federazione. Ogni tanto lasciava qualche scudetto e qualche soddisfazione anche ad altri, più generosamente – per dire – del “cannibale” Merckx in una disciplina leggermente più faticosa, tanto per far vedere che arbitri o non arbitri le competizioni erano vere. Ma defunti l’Avvocato e suo fratello, protettori della Triade, ci fu chi pensò bene che “questa storia dovesse finire” e lo disse chiaramente (cfr. libri in merito...): ben prima che scoppiasse lo scandalo di Calciopoli c’erano stati movimenti di truppe al confine, pronte a invadere il territorio appena ci fosse l’occasione. E FAR FUORI la Triade conveniva contemporaneamente sia ai proprietari reali del club, gli eredi Fiat con a fianco Montezemolo, ormai stufi di quella specie di concessionaria d’auto in leasing che era diventata di fatto la Juve, che ai “competitors” calcistici di Milano messi quasi sempre in minoranza, che allo stesso potere politico pallonaro troppo spesso “ostaggio” di chi vinceva con tanta regolarità e senza mozzichi di cani di sorta. Certo, era previsto che quest’opera di sostituzione ai vertici non sarebbe stata indolore, né per i tifosi né per le casse del club, come poi si è visto chiaramente, e sarebbero dovuti passare sei anni di B, lutti e rovine per “rimettere le cose a posto”. Ma la convenienza generale del momento era tale che la rimozione di una Triade tutt’altro che francescana in un ambiente di lupi tutt’altro che rabboniti valeva il prezzo da pagare. Ricordo che la sentenza penale di primo grado, di condanna decisa del malaffare, afferma nitidamente che non è stata artefatta la sorte di alcun campionato, che le partite sono state regolari. Come quello che è appena finito, per capirci. La fiaba finisce qui, con la considerazione che Inter e Milan hanno occupato per sei anni il vuoto lasciato dalla Juve orfana dei “gaglioffi” che però non hanno truccato nulla e che la Federcalcio e la Lega (calcio, niente diamanti...) sono rimasti simulacri di potere in mano ai club, oggi come allora. Resta un quesito: la vittoria della Juve “sana” il passato o rinforza il revanchismo? Guerra o pace? Stella sì o stella no per il 30simo scudetto del campo ma non della burocrazia?
-
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
OGNI MALEDETTA DOMENICA Una favola italiota in bianco e nero di OLIVIERO BEHA (il Fatto Quotidiano 08-05-2012) Quello che ha detto il campo è evidente: scudetto strameritato tra i sospetti di un calcio inattendibile, compreso il caso Buffon. Così senza andare al ballottaggio finale con una domenica d’anticipo si è chiusa una pratica alla vecchia maniera della Vecchia Signora, con merito indiscutibile e un iniziale favore arbitrale, il gol di Vucinic in mini-fuorigioco: intendiamoci, uno scherzo da parrocchia in confronto a quello che stava combinando il fischietto Rizzoli, che dovrebbe rappresentare l’Italia agli Europei della Tymoshenko in vincoli, che ha “nobilitato” il derby di Milano in contemporanea negando un gol dell’Inter ricacciato indietro dalla linea di porta con modalità-Muntari in Milan-Juve (che formidabile nemesi sarebbe stata...) e poi dispensando un rigore inventato ai milanisti. Questo per dire di come funzioni il Palazzo e il “potere giudiziario in mutande” che lo rappresenta in un magma in cui anche gli altri due poteri, l’esecutivo e il legislativo, finiscono stipati nella medesima stalla. Alla faccia di Montesquieu, connazionale di Platini. . . E A PROPOSITO di potere federale, oggi dovrebbero fioccare i deferimenti per le scommesse, in un momento in cui uno come il Procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, titolare di un importante troncone dell’inchiesta penale, dice tranquillamente che non si scommette più solo sui risultati, o sul numero dei gol, o sulla frammentazione di entrambe le voci: adesso basta il numero di calci d’angolo, un’ammonizione, magari le volte in cui l’hai colpita di testa durante il primo tempo. . . per dire dell’inattendibilità del tutto anche rimarcando che la Juventus ha vinto meritatamente in un calcio italiota che va a gambero fuori dai confini, che fa pochi punti, che non alleva i giovani, spreca denaro, gestisce male i club e fa sembrare un bullo il mio amato e stimato Delio Rossi. Andrebbe posta la questione se siano più viziati i giocatori, i loro procuratori oppure dirigenti e presidenti. Ma non traccheggiamo: sono partito dal campo, e quindi anche fuor di metafora dall’investimento sensato fatto nello Juventus Stadium, valore aggiunto dopo le truffe del “Delle Alpi”. Come in una fiaba, c’era una volta la società di gran lunga più titolata d’Italia, arrivata a vincere 29 scudetti fino al maggio 2006. FAVORI arbitrali ne aveva avuti eccome, esattamente il proverbio rovesciato del cane che mozzica lo stracciato, ossia il cane obbedisce al supposto padrone meglio se ben vestito. Senonché una squadra molto forte, che avrebbe riempito la finale dei Mondiali di Germania dalle due parti, con giocatori mediamente superiori a quelli che stiamo vedendo in azione oggi da noi con l’eccezione di Pirlo, bravo ieri come oggi, significava anche una dirigenza molto forte: una dirigenza che nel rapporto di forza in un Reame Rotondo già allora assai malato condizionava oggettivamente la vita interna e quella esterna del club, e imponeva la sua legge vincente. Se storcete il naso già a questo punto della fiaba, vi ricordo che Antonio Conte per anni è stato un pilastro di quella Juventus, quindi c’è un aut-aut, alla Kierkegaard: o andava bene allora come va bene oggi da tecnico scudettato, oppure le magagne di allora non possono essere rimosse dal trionfo di oggi. Le persone e gli habitat in profondità non mutano. Continuiamo con la fiaba. La Triade a cassetta del purosangue juventino costruito per vincere e per non farsi azzoppare da altri concorrenti, in un gioco assai perverso che di fatto ha ridotto questa specie di ippica in condizioni penose (cfr. i deferimenti. . . ), comandava in casa Agnelli e comandava in Federazione. Ogni tanto lasciava qualche scudetto e qualche soddisfazione anche ad altri, più generosamente – per dire – del “cannibale” Merckx in una disciplina leggermente più faticosa, tanto per far vedere che arbitri o non arbitri le competizioni erano vere. Ma defunti l’Avvocato e suo fratello, protettori della Triade, ci fu chi pensò bene che “questa storia dovesse finire” e lo disse chiaramente (cfr. libri in merito...): ben prima che scoppiasse lo scandalo di Calciopoli c’erano stati movimenti di truppe al confine, pronte a invadere il territorio appena ci fosse l’occasione. E FAR FUORI la Triade conveniva contemporaneamente sia ai proprietari reali del club, gli eredi Fiat con a fianco Montezemolo, ormai stufi di quella specie di concessionaria d’auto in leasing che era diventata di fatto la Juve, che ai “competitors” calcistici di Milano messi quasi sempre in minoranza, che allo stesso potere politico pallonaro troppo spesso “ostaggio” di chi vinceva con tanta regolarità e senza mozzichi di cani di sorta. Certo, era previsto che quest’opera di sostituzione ai vertici non sarebbe stata indolore, né per i tifosi né per le casse del club, come poi si è visto chiaramente, e sarebbero dovuti passare sei anni di B, lutti e rovine per “rimettere le cose a posto”. Ma la convenienza generale del momento era tale che la rimozione di una Triade tutt’altro che francescana in un ambiente di lupi tutt’altro che rabboniti valeva il prezzo da pagare. Ricordo che la sentenza penale di primo grado, di condanna decisa del malaffare, afferma nitidamente che non è stata artefatta la sorte di alcun campionato, che le partite sono state regolari. Come quello che è appena finito, per capirci. La fiaba finisce qui, con la considerazione che Inter e Milan hanno occupato per sei anni il vuoto lasciato dalla Juve orfana dei “gaglioffi” che però non hanno truccato nulla e che la Federcalcio e la Lega (calcio, niente diamanti...) sono rimasti simulacri di potere in mano ai club, oggi come allora. Resta un quesito: la vittoria della Juve “sana” il passato o rinforza il revanchismo? Guerra o pace? Stella sì o stella no per il 30simo scudetto del campo ma non della burocrazia? -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Il racconto Il calcio è la macchina del karma noi 28 titoli se l’Inter ne toglie uno di SANDRO VERONESI (la Repubblica 08-05-2012) Ora, il calcio è una potentissima macchina karmica, si sa. Qualsiasi siano l’ordine e la logica con cui i fatti vi vengono immessi, essa li rumina sempre nello stesso modo imperscrutabile, sputando alla fine le sole sentenze che possano dirsi tali — sentenze karmiche, per l’appunto. Lo scudetto appena vinto dalla Juventus, in questo senso, è da considerarsi esemplare: esso compendia una complessa quantità di eventi e di atti deliberati che per anni sono stati considerati verdetti (sportivi e no), e che invece lo erano solo in minima parte, in attesa del bilanciamento finale. Riequilibra, questo scudetto, anni di sfrenati eccessi anti-juventini, a loro volta generati dal precedente eccessivo accumulo di successi e di arroganza che aveva reso la Juventus karmicamente molto vulnerabile. E c’è una vera perfezione, nel modo in cui le cose “sono andate a posto”, se le si guardano dal punto di vista dei tifosi bianconeri. Ha l’aria, questo scudetto, di essere il frutto di un comportamento giusto, nella sofferenza dei vinti, a fronte di uno ingiusto, nell’esercizio della posizione dominante. Ci sono delle finezze, nell’esito scritto domenica scorsa, che non possono passare inosservate. Il fatto che a consegnare lo scudetto alla Juve con una giornata d’anticipo sia stata l’Inter; il fatto che l’Inter abbia gagliardamente vinto il derby pur subendo almeno due clamorosi errori arbitrali (per uno solo, e anche meno vistoso, si è gridato allo scandalo per anni, come se quella partita non potesse essere vinta ugualmente); il fatto che uno di questi due errori a favore del Milan sia stato un golfantasma di Cambiasso non visto dalla terna arbitrale, proprio come quello di Muntari contro la Juventus. Ma più in alto di qui, lassù dove appunto il Bilancione stila prima o poi i propri referti epocali, il successo della Juventus ci dice che il popolo bianconero, negli anni cupi della sofferenza, mentre vedeva le tribù rivali danzare attorno ai trofei che in passato erano suo frequente appannaggio, ha accumulato karma positivo — accettando un castigo eccessivo e adesso sappiamo anche non imparziale, evitando di bloccare il campionato col ricorso alla giustizia ordinaria, disputando una gioiosa stagione in serie B pur con un carico di fuoriclasse e di campioni del mondo — , mentre chi le si è spregiudicatamente avventato addosso, spogliandola di valori tecnici, poteri e trofei, ne accumulava di negativo. Personalmente ho sempre creduto che prima o poi sarebbe successo questo, e più o meno in questo modo — ma certo gli anni dell’umiliazione, pur così necessari per il risanamento karmico, sono stati terribili, terribili. Ora il problema sta diventando il numero degli scudetti vinti dalla Juve, e delle stelle che si cucirà sulla maglia. Personalmente, provo a dare un contributo per comporre questa faccenda. Sebbene, come dicono tutti i giocatori di allora, anche quelli poi passati alla concorrenza come Ibra, Zambrotta o Vieira, quei due campionati la Juventus li abbia vinti nettamente sul campo, io credo che sarei disposto a dimenticarmene se anche quello del 2006, come quello del 2005, venisse lasciato senza vincitore. Il fatto che, invece, una società arrivata nelle retrovie si sia tanto battuta per accaparrarselo, e che la Federazione di allora, commissariata con Commissario proveniente dal CdA di quella stessa società, glielo abbia assegnato, mentre la Federazione attuale si dichiara incompetente in materia, come se si trattasse di una fatwa, rende automatico, per me come per tutti gli altri quattordici milioni di tifosi juventini, conteggiarli entrambi nel nostro palmarès e considerare la prossima stagione nel segno delle tre stelle. È ovvio che non c’è minaccia che possa farci cambiare idea. Dal punto di vista karmico, tuttavia, preferirei allungare le glorie future della Juventus dicendo 28 anziché 30 — a patto però che qualcun altro si decida a placare i flagelli che gli si stanno rovesciando addosso dicendo 17 anziché 18. Che ne pensate, è una proposta accettabile? -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Il ritorno della Juve Vale la pena di essere tifosi di calcio per questo: detestare i bianconeri. O essere con loro di BEPPE DI CORRADO (IL FOGLIO 08-05-2012) Il potere Juve è l’orgoglio di essere odiati di nuovo. Non ne poteva più nessuno della Juventus incompresa e quindi compresa, di quella perdente, di quella inutile. Sesta? Lo scudetto cambia perché rimette le cose a posto: gli juventini godono nel sentirsi i nemici di tutti, gli altri godono nell’aver trovato l’avversario da detestare. La storia dei 30 scudetti vale per questo: li rivendicano Agnelli, Conte, i giocatori. La terza stella è la fierezza dell’antipatia. Tireranno fuori regolamenti e consuetudini per una cosa che alla fine altro non è se un terreno di scontro ideologico. Juventinismo e antijuventinismo, col primo che adesso ha messo la ruota d’avanti. Qualcosa che vale questo: abbiamo vinto e adesso parliamo noi. Il ritorno della Juve non è mai un inizio. Si congiunge sempre con quello che c’era prima e con quello che ci sarà: vinsi, vinco, vincerò. E’ l’unica squadra che riesce a far convivere successi diversi per storie, epoche e personaggi: a un certo punto compare Boniperti, poi Platini, c’è la continuità perpetua degli Agnelli, c’è la maglia rosa dei primi del Novecento che si ripropone, c’è Moggi sfumato quanto pare e quanto basta, ma presente nelle teste dei tifosi. La Juventus è. Senza un era e senza un sarà: presente. Non è possibile parlare di un prima e di un post. E’ il suo bello (per i suoi amanti) e il suo brutto (per i detrattori). Uno scudetto riapre i ricordi e le ferite allo stesso modo. Dicono: cambia il potere del calcio, adesso. E’ la suggestione del successo che modifica la percezione della forza: la Juve ha sempre contato molto come club, anche in questi anni di delusioni e di mediocrità sportiva. Adesso che vince sembrerà più potente: le senti già le voci di milanisti, interisti, romanisti, laziali. Tutti insieme, pronti a ricordare che una Juve vincente è anche una Juve pericolosa. E’ la meraviglia del tifo che trasforma convinzioni in verità assolute. La Juve non è cambiata, così come non sono cambiati gli juventini. Si sono soltanto adeguati alle condizioni. La manifestazione plastica c’è stata domenica sera a Milano. Perché un carosello bianconero nella città del Milan e dell’Inter non si ricorda. Invece c’era. Sembravano i cristiani usciti dalle catacombe: fedeli di una religione avversata e improvvisamente ritornati alla luce. Quattordici milioni di italiani rappresentati da qualche centinaio di sfidanti della buona creanza sportiva. Vale la pena essere tifosi per questo: per detestarli o per stare con loro. Il potere della Juventus è questo: molto o poco che sia è la capacità di trasformare tutto in una rivalità continua. E’ tornata la Juve o la proiezione che gli altri hanno della Juve? La domanda non ha risposta semplicemente perché in fondo è la stessa cosa. Vale per tutti quelli che hanno vinto a lungo: è la grandissima e salvifica opportunità di riassumere in sé l’amore di molti e l’odio di altrettanti. E’ quello che è mancato per qualche tempo: c’è riuscita giusto l’Inter di Mourinho. L’orgoglio di essere antipatici agli altri arriva quando sei convinto di essere migliore e più bravo. Non c’è mai una verità unica, nel pallone. Con la Juve meno che con gli altri: poi però questi si prendono uno scudetto spendendo soldi, giocando bene, senza perdere mai, con un allenatore nuovo, con un’idea, con uno stadio diverso dagli altri. Meritano, semplicemente. E meritando tornano a essere detestati. Felici tutti: loro, gli altri. E’ il calcio. ------- La gioia di Moratti dopo il derby è più finta di un editoriale di Sconcerti di JACK O’MALLEY (IL FOGLIO 08-05-2012) Londra. Il tratto di mare che separa il continente da noi inglesi permette di guardare da lontano le cose e giudicarle meglio. Se Allegri fosse l’allenatore del Liverpool, ad esempio, passerebbe tutto il ritiro estivo a dire che la palla di Carroll era entrata, e che la sconfitta contro il Chelsea in finale di FA Cup è ingiusta. Se Abramovich fosse Zamparini, invece, penserebbe che Roberto Di Matteo deve ancora meritarsi la conferma, vediamo come va la finale di Champions League. Il fatto è che Abramovich è proprio come Zamparini e non capisce che, oltre alla panchina dei Blues per i prossimi cinque anni, Di Matteo dovrebbe ottenere almeno il titolo di Sir (roba che non si nega nemmeno a un Beppe Severgnini). I due Manchester sono ancora lì, a pari punti, ma a una giornata dal termine solo un suicidio contro il Qpr in casa impedirebbe a Mancini di vincere il campionato allenando il City più forte degli ultimi cinquant’anni contro lo United più scarso degli ultimi venti. Almeno qui, intorno al numero di stelle da cucire sulla maglietta, non ci sarebbero polemiche sterili come un editoriale di Mario Sconcerti (anche se è dura: il panegirico per la Juventus scritto ieri sul Corriere è da record mondiale di adeguamento al pensiero dominante). Leggendo diversi articoli assai livorosi che parlano di rivalse juventine contro un destino infame, mi sono reso conto dell’ennesima differenza fra la Premier e la serie A. La prima si gioca esclusivamente al presente e si prende rivincite sul campo, la seconda si gioca con lo sguardo rivolto al passato, alla ruggine che fu, ai gol fantasma, ai “nel 1993 avevate rubato la partita quindi adesso siamo pari” e le rivincite se le prende sul campo della superiorità morale, tanto che gli editorialisti lottano nel fango per rivendicare le tre stelle, come una pensione di provincia. Secondo la stessa logica, domenica a San Siro Massimo Moratti, abilmente travestito da sfinge, fingeva di essere contento per la vittoria nel derby. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
JUVE STELLARE UNA QUESTIONE APERTA Movimento 3 stelle Agnelli ne parla con la Lega e promette: «Ci sarà una sorpresa» Avvocati al lavoro. Abete commenta: «Sono curioso anche io...» di ALVARO MORETTI & GUIDO VACIAGO (TUTTOSPORT 08-05-2012) RESTA da definire il come, ma la terza stella apparirà e non sarà una cometa. Andrea Agnelli , che ieri era in Lega a Milano, prima l’ha promesso ai tifosi, poi ne ha parlato con l’avvocato della stessa Lega Calcio, Ruggero Stincardini che sta analizzando la situazione alla luce dei precedenti. La situazione è nota (come per altro si può leggere a pagina due nel parere degli avvocati Bellacosa e Celotto ): non esistono regolamenti e si scava nella storia con la luce del buon senso. LA PROMESSA E, intanto, il presidente garantisce: «Siamo tornati a vincere e siamo là dove noi vogliamo essere. Sono sicuramente trenta i campionati che abbiamo vinto sul campo, se guardo anche a quelle che sono le attività giudiziare. Per quanto riguarda il 2004-2005, a Napoli hanno scritto chiaramente che non fu un campionato alterato, mentre il 2005-2006, com’è noto, non è stato neppure sotto indagine. Quindi direi che, quantomeno sul campo, nessuno può toglierci quei titoli e sono trenta scudetti. Sulla maglietta credo che i nostri tifosi potranno avere una bella sorpresa». ESCAMOTAGE Che tipo? Non si sa nulla di preciso, ma non si dovrà attendere molto per scoprirlo anche perché la maglia sarà pronta a breve. Può darsi, per esempio, che la Juventus utilizzi il marchio stesso del club - “territorio” nel quale nessuno può intervenire - per ospitare le tre stelle. Si vedrà. . . Nel frattempo Agnelli ritorna sui temi calciopoleschi: «La parità di trattamento è qualcosa che tutti noi vogliamo, lo vogliamo nell’ambito della giustizia sportiva, lo vogliamo in quello della giustizia penale, lo vogliamo nella nostra vita. La parità di trattamento è un tema che è caro alla società tutta». E forse anche alla Figc... ABETE La telefonata di buon mattino, perché di certo il presidente Abete le pagine sullo scudetto della Juventus le ha lette all’alba. Poi l’occasione dell’insediamento del comitato etico della Lega Pro per rispondere sulla vexata questio della terza stella. In Figc si chiedono: «Ma davvero la vorranno indossare?». Intanto Abete spiega: «Agnelli dice che tifosi troveranno una sorpresa sulla maglia? Se è una sorpresa attendiamo di conoscere il contenuto di questa sorpresa. Con grande serenità qualora venisse posto il problema sarà data risposta da una federazione che ha grande rispetto per la storia di tutti i club e per le regole del mondo del calcio. Comunque io faccio i complimenti sentiti alla Juventus per questo successo meritato. Nella telefonata ad Andrea Agnelli (che in molti vorrebbero consigliere federale, non fosse per i 443 milioni richiesti al Tar, ndr ), non si è parlato di questo problema. Il ritorno ai vertici della Juventus è un segnale importante per tutto il calcio italiano. Una vittoria della Juve, come dice Chiellini , è anche una buona notizia per la Nazionale». Sulle dichiarazioni di Del Piero che sente questo tricolore come il 30° della storia dei bianconeri, Abete ha spiegato: «È giusto che un tesserato si senta nel cuore i trenta scudetti - le sue parole -, ma la realtà fatta dalle decisioni assunte da organi primari nella valutazione di quello che è avvenuto portano a riscontri diversi». ------- TUTTOSPORT 08-05-2012 -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Combine Bari-Lecce: l'indagine punta ai conti di Semeraro junior L'ex presidente avrebbe dato i soldi per corrompere Masiello Dagli ultrà minacce alla squadra anche per il k.o. con il Chievo di FRANCESCO CENITI (GaSport 08-05-2012) «Ruolo attivo nella combine di Bari-Lecce». E' questa l'ipotesi degli investigatori su Pierandrea Semeraro, ex presidente della società giallorossa, e la consegna dei soldi a Masiello e soci per «accomodare» il derby, favorendo la vittoria degli ospiti e la conseguente salvezza aritmetica. I carabinieri negli ultimi giorni si sono mossi eseguendo degli accertamenti bancari sui conti intestati al figlio del patron leccese. Non è l'unica novità arrivata ieri dall'inchiesta che ha scoperchiato una serie di tarocchi legati alle ultime partite disputate dal Bari nella scorsa stagione. Il filone che riguarda le minacce degli ultrà alla squadra («Ora perdete le partite che vi diciamo noi») si arricchisce di un altro capitolo: oltre alla sfide contro Cesena e Sampdoria, entra ufficialmente negli atti anche il k.o. per 2-1 con il Chievo. Si aggrava la posizione dei tre capi della curva indagati (Raffaele Lo Iacono, Roberto Sblendorio e Alberto Savarese). La Procura deciderà a breve quale capo d'imputazione contestargli. Ma ritorniamo alle indagini sul derby. Sospetti sui 50 mila I tre arrestati (il difensore Masiello e i suoi amici Gianni Carella e Fabio Giacobbe, tutti ancora ai domiciliari), durante gli interrogatori hanno delineato un quadro preciso: in cambio della vittoria per il Lecce furono versati in più rate 230.000 euro complessivi. I primi 50 mila incassati da Masiello e Carella lo scorso 22 agosto in un incontro avvenuto nell'hotel Tiziano di Lecce a cui parteciparono due intimi amici di Pierandrea Semeraro, l'imprenditore Carlo Quarta e il legale salentino Andrea Starace. Sia Quarta, sia Starace sono stati riconosciuti in foto da Masiello e Carella. Adesso gli inquirenti vogliono risalire alla provenienza di quel denaro: secondo la ricostruzione fu consegnato dopo un colloquio avvenuto in hotel. Il sospetto è uno: arrivano da un conto di Semeraro junior. Non solo, potrebbe essere stato proprio l'allora presidente a consegnarli a Starace. Oltre agli accertamenti bancari, gli inquirenti starebbero aspettando gli incroci sui tabulati telefonici per vedere se ci sono stati contatti tra i due (o anche con Quarta) in quel giorno. Anche sugli altri pagamenti (20. 000 euro ciascuno dati da Quarta a Carella durante incontri avvenuti in una stazione di servizio sulla tangenziale di Bari e da Quarta a Masiello in una località del nord Italia) si ipotizza siano arrivati direttamente dal dirigente. Ruolo degli ultrà I carabinieri, inoltre, hanno concluso le indagini per stabilire le ingerenze sul campionato degli ultrà indagati. La procura sta valutando se contestare il tentativo di estorsione oppure di violenza privata per le tre partite nelle quali avrebbero intimato alla squadra di perdere. Difficile arrivare all'associazione mafiosa o al favoreggiamento. Non sarebbero emersi, per ora, legami certi tra gli indagati e i clan mafiosi baresi. Ma sono attese novità nei prossimi giorni. ------- PIACENZA Lo 007 della Federcalcio incontra il pm L'inchiesta sui procuratori continua di PAOLO GENTILOTTI (GaSport 08-05-2012) PIACENZA Continua l'inchiesta piacentina sulle fatture false che sarebbero state emesse per la compravendita di calciatori e che coinvolge l'ex amministratore delegato biancorosso Maurizio Riccardi e 21 procuratori. Ieri mattina nella caserma della Guardia di Finanza è stato sentito Gigi Riccio, ex capitano del Piacenza, poi passato al Sassuolo. A mezzogiorno, poi, Ettore Traini, collaboratore dell'ufficio indagini della federcalcio, ha incontrato in Tribunale il pm Antonio Colonna, che coordina le indagini. L'incontro è durato circa un'ora e alla fine bocche cucite: non è nemmeno chiaro se il magistrato sportivo abbia acquisito materiale dal collega. ------- VERSO IL PROCESSO SPORTIVO LE CARTE DI CREMONA COINVOLGONO ANCHE 12 SOCIETA’ DI B E 5 DI LEGA PRO Palazzi deferisce 3 club di A Tra oggi e domani l'elenco completo: dentro Atalanta, Novara e Siena. Circa 50 i tesserati di MAURIZIO GALDI (GaSport 08-05-2012) Due, forse tre, club di serie A; dodici di serie B; cinque di Lega Pro; due tra i Dilettanti: parte oggi e parte domani avremo l'elenco ufficiale che riguarda anche oltre una cinquantina di tesserati, sono in corso le notifiche e i tempi sono lunghi. È il primo troncone di deferimenti che il Procuratore federale Stefano Palazzi ha predisposto nelle ultime ore, frutto di oltre centodieci audizioni e un massiccio lavoro di lettura delle pagine dei verbali di Cremona. Innanzitutto quelli di Carlo Gervasoni, ma anche di Filippo Carobbio e di altri che hanno fornito ai magistrati lombardi ulteriori spunti di indagine. La serie A Palazzi, ma pure la Procura di Cremona, aspetta che la serie A sia terminata prima di completare il quadro accusatorio. Però, per la regolarità del lavoro investigativo, era necessario inserire in questo primo troncone di deferimenti Atalanta e Novara che lo scorso campionato giocavano in B. Resta un enorme punto interrogativo per il Siena. Palazzi deve ancora sentire il presidente Massimo Mezzaroma e anche il suo ex tecnico Antonio Conte, ma in questo troncone deve deferire Filippo Carobbio, all'epoca tesserato col Siena, impossibile evitare il deferimento per responsabilità oggettiva anche nel caso di patteggiamento e collaborazione fattiva la vicenda Ascoli-Micolucci fa da precedente. L'analisi completa sul club toscano sarà fatta in seguito. Le altre Sono soprattutto Gervasoni e Carobbio a mettere nei guai la serie B. Sarebbero dodici le società che potrebbero entrare nel mirino della Procura federale per partite di diversi campionati che dovrebbero riguardare AlbinoLeffe, Ascoli, Bari, Crotone, Grosseto, Livorno, Modena, Padova, Reggina, Torino, Varese e Verona. Nomi che escono dall'elenco delle persone sentite e delle partite indicate nei verbali di Gervasoni e Carobbio. Se i nomi dovessero essere confermati dai deferimenti che sono in arrivo, si preparerebbe un vero e proprio caos per le classifiche: playoff e playout sono previsti proprio nei giorni in cui si dovrebbero svolgere i procedimenti sportivi. Cosa potrà accadere? L'afflittività come sarà «sistemata»? Le eventuali penalizzazioni quando saranno scontate? Probabilmente si farà slittare la penalizzazione direttamente al prossimo campionato. Ma un po' di problemi arriveranno anche da alcuni deferimenti di società di Lega Pro e Dilettanti. Piacenza e Mantova in Lega Pro e Salernitana in serie D non esistono più, sono fallite e altre hanno preso il loro posto. Cosa accadrà? In Lega Pro in questo primo troncone rischiano anche Cremonese, Frosinone e Rimini, mentre l'Ancona tra i Dilettanti. La Lega Pro intanto ha varato il comitato etico presieduto da Andre Manzella, con Fiona May, Mario Sconcerti, Don Carlo Mazza, Andrea Gussoni e Roberto Sgalla. ___ CorSera - Milano 08-05-2012 -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
IL RETROSCENA SU RICHIESTA DI UMBERTO AGNELLI, IL CONSIGLIO FEDERALE DELIBERÒ L’ISTITUZIONE DI UN DISTINTIVO DA APPLICARE SULLE MAGLIE Una stella ogni 10 scudetti: la norma c'è, risale al '58 Abete: «La Figc rispetta le regole» Sul tema esiste pure una specifica delibera di Lega di MARCO IARIA (GaSport 08-05-2012) Giancarlo Abete ha ripetuto ieri ciò che aveva detto qualche giorno fa: «Con grande serenità, qualora venisse posto il problema, sarà data risposta da una federazione che ha grande rispetto per la storia di tutti i club e per le regole del mondo del calcio». Il problema è la terza stella che la Juventus aspira a cucirsi sulle maglie della prossima stagione, incurante delle sentenze sportive passate in giudicato per Calciopoli e di quei due titoli tolti: alla fine, il calcolo ufficiale dice 28 e non 30 scudetti. Abete non si spinge oltre perché aspetta che Andrea Agnelli passi dalle parole ai fatti, ma la Federcalcio sarà risoluta nel far rispettare un principio basilare per il sistema sportivo: l'accettazione delle decisioni della giustizia domestica, compresa la condizione che il risultato del campo ciò vale per ogni singola partita sia sempre soggetto al responso del giudice. Nelle divise di gioco della Juve — secondo la Figc — non dovrà esserci alcun riferimento ai trenta scudetti, perché una cosa è la dialettica di questo o quel dirigente, un'altra l'«abito» ufficiale con cui si gioca nelle competizioni regolate dalla Federazione. E in un'ipotetica battaglia istituzionale l'organismo di via Allegri avrebbe l'appoggio dell'Uefa che, al di là delle dichiarazioni di rito di Platini, è attenta ad assecondare le istanze federali, in virtù del vincolo associativo. Precedente A differenza della stessa Uefa, che disciplina rigorosamente l'utilizzo delle maglie per le coppe europee, il regolamento della Lega non codifica il ricorso alla stella. Qualcuno potrebbe pensare che ciò consenta alla Juventus d'insinuarsi in una falla normativa. Spulciando negli archivi, tuttavia, si scopre che sia la Figc sia la Lega si sono già pronunciate in materia, con atti ufficiali. Anno 1958: proprio la Signora conquista il decimo scudetto e a Umberto Agnelli, padre di Andrea, viene in mente l'idea di celebrarlo sulla maglia. Come racconta Mario Pennacchia nel libro Il calcio in Italia, esiste un comunicato Figc del 3 maggio 1958 che recita così: «Il Consiglio Federale, su proposta del presidente della Lega Nazionale, delibera l'istituzione di un particolare distintivo di cui possono e potranno fregiarsi le società che abbiano vinto 10 campionati di Divisione Nazionale Serie A». Ai primi di luglio il Direttivo della Lega precisa: «Per la conquista di 10 campionati di Serie A viene istituito uno speciale distintivo costituito da una stella d'oro a cinque punte. È stato espresso al Consiglio Federale il parere che la Juventus, fregiatasi appunto di 10 scudetti, applichi sulle proprie maglie anche tale distintivo». Quest'ultima frase ci fa capire che la richiesta della stella deve essere autorizzata dalla Figc. E infatti la storia si ripete nel 1982: ventesimo titolo e Federcalcio che accoglie la richiesta della Juve di cucirsi addosso una seconda stella. Non si capisce perché la Lega non abbia mai recepito quei provvedimenti nel suo regolamento. Ma la storia parla chiaro. ------- Il commento di LUIGI GARLANDO (GaSport 08-05-2012) Il diritto alla festa lasciateli ballare Pensi all'ultimo scudetto del Milan e rivedi Boateng che «cammina sulla luna» in un cono di luce, San Siro ubriaco di gioia. L'imbattibile Juve di Conte merita una scena forte del genere, una festa degna dell'impresa per stordirsi di felicità. Solo felicità. E invece la paura è che su questi giorni di gloria possa calare una nebbiolina polemica a intossicare le emozioni. Chi ama la Juve, come Marcello Lippi, ha colto subito il rischio. «La terza stella? La risposta bella l'ha data Conte dicendo che questo è il suo scudetto numero 1. La Juve si goda i complimenti di tutto il mondo senza pensare al resto», ha consigliato l'ex maestro di Conte e Del Piero. Anche l'ex presidente Cobolli Gigli, cui è toccato lo scomodo ruolo di Caronte, sottolinea le sagge parole di Conte e aggiunge: «Non voglio guardare troppo indietro». A guardare troppo indietro Orfeo perse la sua Signora. Un retropassaggio stava per costare il titolo. Anche i nemici fanno eco. In due parole: «Juve, goditelo». Galliani, Berlusconi, perfino Moratti. Tutti riconoscono a un avversario di valore il diritto alla festa. Un diritto che lo spogliatoio ha rivendicato con garbo nelle prime ore del trionfo, a cominciare dal quel «primo scudetto» di Conte che annunciava idealmente una nuova era. «Contano le stelle che hai nel cuore», insegnava il buon Chiellini, prescindendo da quelle da rammendare polemicamente sulla maglia. Buffon ha lasciato intravedere la stanchezza per una polemica trascinata nel tempo come una palla al piede: «Quanti scudetti sono? Non ne voglio più parlare». Del Piero ha ricordato significativamente che «le sentenze vanno rispettate» e ha riassunto in modo definitivo, con impeto da capitano, il sentimento della squadra: «Questa è la nostra festa, conquistata fino all'ultima goccia di sudore. E' la festa di tutti quelli che ci hanno sempre creduto». A cominciare dai compagni scesi in B, che Ale ha voluto citare uno per uno, da Balzaretti a Zebina, in una sorta di Spoon River di Calciopoli. Ha ragione Del Piero: questa è la loro festa, conquistata con sudore, dopo anni di amarezze e un campionato da imbattuti. Le sconfitte servono per ricaricare le motivazioni. La Juve non ne ha avuto bisogno. Per questo il suo campionato è prima di tutto un capolavoro etico. Ha corso e giocato più di tutti. Per questo ora merita una festa limpida, senza nubi tossiche. La vittoria è un fine da celebrare, non un mezzo da impugnare. Ognuno ha diritto a sostenere le proprie rivendicazioni. Ma come insegna l'Ecclesiaste: ogni cosa a suo tempo. Per i formidabili ragazzi di Conte questo è il tempo della gioia. Lasciate loro tutto il palcoscenico, accendete i fari. La Signora danzi sulla luna. ------- ___ E' ufficiale, alla Gazza stanno impazzendo, e soltanto per delle avvisaglie finora. Manca l'intervento del Papa. ___ CorSera 08-05-2012 ___ Per un'enciclica ci vuole più tempo. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Calcio: Turchia, Federcalcio grazia club di calciopoli Solo squalifiche per dieci dirigenti e giocatori di ANSAmed | 07 maggio 2012, 18:38 (ANSAmed) - ANKARA, 7 MAG - Anche se c'e' ancora uno strascico giudiziario eccellente, si e' conclusa senza retrocessioni o altre penalizzazioni per i club coinvolti l'indagine della Federcalcio turca (Ftt) sul peggiore scandalo del calcio anatolico. Sono state inflitte pero' squalifiche fino a tre anni per due alti dirigenti del Fenerbahce, la piu' titolata squadra turca coinvolta nello scandalo delle partite truccate, e per otto altri dirigenti e giocatori. Come riferisce l'agenzia Anadolu sintetizzando la decisione pubblicata sul sito della Federazione, la Tff ha assolto le 16 societa' calcistiche accusate per le 19 combine della passata stagione che in estate avevano portato ad una sessantina di arresti, tra cui quello del presidente del Fenerbahce, Aziz Yildirim, che resta sotto processo penale con l'accusa di associazione per delinquere. Ad aver ricevuto una squalifica sono il vicepresidente della squadra di Istanbul, Sekip Mosturoglu (un anno) e il manager della societa', Ilhan Eksioglu (tre). Nell'inchiesta ruotata attorno alla conquista del titolo del Fenerbahce, erano stati coinvolti altri grandi nomi del calcio turco come le altre due formazioni istanbuliote del Besiktas e del Galatasaray e la squadra di Trebisonda, il Trabzonspor. Gli arresti avevano colpito anche dirigenti e calciatori della nazionale. Proprio la settimana scorsa il Fenerbahce aveva ritirato un causa per danni intentata contro Uefa e Tff per i danni ricevuti con l'esclusione dalla Champions League a causa dello scandalo. (ANSAmed). ___ TURCHIA TUTTI ASSOLTI TUTTI COLPEVOLI? La Federcalcio chiude la Calciopoli locale con minime condanne Il Fenerbahçe se la cava e, tra le polemiche, sabato si gioca il titolo In attesa chel’Uefa decida se escludere l’intero Paese dalle coppe di LUCA BIANCHIN & SELCUK MANAV (EXTRATIME 08-05-2012) Nell'aprile 1996 a Istanbul si arrivò alla guerriglia da calcio. Graeme Souness, braveheart scozzese, allenatore del Galatasaray, vinse la Coppa di Turchia in casa del Fenerbahçe e piantò un bandierone giallorosso a centrocampo, in mezzo al territorio nemico. Raramente il calcio ha dimostrato con più efficacia di essere una trasposizione non violenta della guerra. I tifosi del Fener reagirono alla profanazione: lanciarono bottiglie, monetine, e in città il clima si scaldò parecchio. Sedici anni dopo, ci sono tutte le premesse perché la situazione si ripeta. Sabato la stessa partita, Fenerbahçe contro Galatasaray, deciderà il campionato turco, all'ultima giornata dell'ultima fase. La partita però vale molto di più: il Fener ha recuperato quattro punti nelle ultime quattro giornate, ma il punto non è neanche questo. Salvo anche Yildirim Ieri, con curiosa tempistica - era mezzanotte, a giornali chiusi - la Federcalcio di Istanbul ha pubblicato sul suo sito una notizia: ha deciso di assolvere Yildirim, il presidente del Fenerbahçe, ancora sotto processo penale (e si è ricandidato alla guida della società), e con lui i 16 club coinvolti nella Calciopoli, uno scandalo sulla compravendita di partite simile al nostro calciocaos, nato a luglio 2011 e trascinato per 10 mesi in attesa di una decisione. Curiosamente, gli stessi giudici hanno punito 8 dirigenti e condannato 2 giocatori: Ibrahim Akin, ex Istanbul BB, a 3 anni, e Serdar Kulbilge, ex Gençlerbirligi, a 2 anni. I giornali hanno protestato, il Galatasaray è andato fuori di testa perché il Fener, coinvolto alla grande nell'inchiesta, sembrava destinato alla retrocessione o almeno a una penalizzazione. I più critici intanto facevano notare un paio di cose. Primo: un processo che condanna i singoli e assolve i club è destinato a essere discusso. Secondo: nella dirigenza della federcalcio turca ci sono tifosi o addirittura soci del Fener, squadra per cui fanno il tifo anche 4 dei 7 membri del comitato disciplinare. In più, LigTv - la Sky del Bosforo - ha spiegato che col Fener in B spegnerebbe le telecamere e il calcio turco perderebbe la prima fonte di reddito. Logico che, mentre Felipe Melo faceva i complimenti alla Juve su Twitter e le azioni dei gialloblù salivano del 10%, il Galatasaray pensasse alla controffensiva. Ha scritto una lettera alla Federcalcio in cui minaccia di chiedere un pesante risarcimento nel caso in cui la Uefa, per punizione, squalificasse tutte le squadre turche dalle coppe. L'ipotesi è decisamente praticabile, perché in questa storia la vecchia domanda «Chi controlla i controllori?» ha una risposta: Platini Michel, nato in Lorena il 21 giugno 1955. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
-
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Juve 30: Houston, abbiamo un problema di ALVARO MORETTI dal blog Filo spinato (TUTTOSPORT.com 07-05-2012) Houston abbiamo un problema: la Juventus rivendica i 30 scudetti, il calcio - continuando a far finta di niente sullo scudetto detenuto dall’Inter per prescrizione e incapacità di rispettarsi (”l’etica non si prescrive”, disse un giorno Abete) - non vuole che la rivendicazione di par condicio calciopolara finisca sulle maglie dei campioni d’Italia. C’è però un fatto: se il popolo juventino, oggi più che nel 2006, non accetta i verdetti del grandguignol giudiziario del 2006, in cui la squadra più forte fu fatta a pezzi, il problema se lo pongano quelli che non hanno saputo fare giustizia dopo. Non c’è pace senza giustizia, abbiamo detto e scritto più volte in questi mesi citando niente meno che Papa Giovanni Paolo II: ora le sedi in cui proseguire il braccio di ferro tra Figc (e Inter) contro la Juventus è fuori dal consesso sportivo. Sarebbe bello poter mettere un punto a tutto, ma per farlo non basta una vittoria ottenuta dalla Juve senza aiuto di nessuno. Una parola su quanto capitato dal 2006 in poi, su vantaggio e danni subiti per l’incompletezza dell’operato della giustizia della Figc, la deve dire proprio la federazione. Senza circumnavigazioni del concetto: la Juve è stata o no tratta in modo diseguale? Ricordiamo sempre e a tutti che se si rivendicano i 30 scudetti è anche perché la pur dura sentenza su Moggi del tribunale di Napoli, lascia la Juventus fuori da ogni addebito e soprattutto il campionato “taroccato” lo riconsegna al calcio come campionato vero. Di grandi giochi di lobby fuori dal campo, ma deciso sul campo: questo lo dice un tribunale dello Stato, smentendo la giustizia sportiva senza se e senza ma. ___ Juve con merito ma senza terza stella di GIANFRANCESCO TURANO dal blog RAGÙ DI CAPRA (l'Espresso.it 07-05-2012) Anche Ragù di capra sale sul carro del vincitore. La Juventus ha vinto lo scudetto e ha diritto alle celebrazioni che spettano a un trionfo meritato. Ecco qualche elemento di analisi. 1. La Juve ha vinto per i motivi seguenti. Non ha mai perso. Non doveva fare le coppe. Ha avuto, relativamente, meno infortuni. Ha giocato come una squadra. Ha avuto una serie di benefit di mercato da parte di rivali, o presunte tali. Si possono citare Vucinic e Borriello, decisivi nella fase finale. Ma soprattutto i bianconeri hanno goduto di un clamoroso autogol di mercato milanista con la cessione di Pirlo, il migliore centrocampista italiano degli ultimi dieci anni. Il Milan ha meritato di perdere solo per questo, altro che gol fantasma di Muntari. 2. La Juve ha vinto come si vince nel calcio di alto livello: disastrando il bilancio. L’accomandita Giovanni Agnelli, che controlla il club attraverso la Exor, si è dovuta sobbarcare un aumento di capitale pauroso (circa 90 milioni di euro su 120 complessivi). È la strada maestra già indicata da Silvio Berlusconi e Massimo Moratti. Si spera che proprio un ex juventino, il presidente Uefa Michel Platini, riesca a mettere fine a questo scempio con il fair play finanziario. Ma, a occhio, sarà più facile che mettano fine a Platini. 3. La Juve ha vinto come vince la Juve, grazie a un’idea del calcio vagamente paramilitare. Si può sperare che il post-scudetto sia all’insegna del fair play, se non finanziario, almeno etico. Purtroppo i segnali sono negativi. Ancora prima che arrivasse la certezza matematica del tricolore, è partita l’ondata revanscista del “vinco uno, prendo tre”. Secondo l’impostazione data dal presidente Andrea Agnelli quando lui stesso non credeva di vincere così presto, la Juventus avrebbe appena conquistato il trentesimo titolo e dunque la terza stella. La giustizia sportiva ha deciso altrimenti e, se non altro, questa vittoria in campionato dimostra che si può vincere anche senza la coppia Moggi-Giraudo. ___ IL COMMENTO di MARCO BUCCIANTINI (l'Unità 07-05-2012) E adesso dimenticate il passato LA JUVENTUS È CAMPIONE D’ITALIA PER LA 28ESIMA VOLTA, ANCHE SE I SUOI DIRIGENTI SI OSTINANO A CONTARE TRENTA SCUDETTI E PRETENDERE DI CONSEGUENZA LA TERZA STELLA DA CUCIRE SULLA MAGLIA. Farebbero meglio a smerigliare il campionato dalle polemiche, e lasciare così brillare questo limpido gioiello costruito d’estate, quando fu scelto Antonio Conte e i giocatori più adatti a interpretare il suo calcio aggressivo, veloce, corale dove Pirlo è prezioso perché tutto quell’ardore viene trasformato in gioco. C’è tanto “presente” in questa Juventus, che merita di affrancarsi dal passato. Lo scudetto è meritato: una squadra senza sconfitte testimonia solidità ed efficacia tattica. Se il Milan è rimasto in corsa, trovando perfino una vetta che sembrava assicurata, è solo perché i vari Vucinic, Giaccherini, Pepe erano al tempo stesso punti di forza della squadra, con il loro muoversi perpetuo negli spazi, e anche la croce: arrivando sfiatati in zona gol, finivano per dilapidare molte occasioni. Così, l’andatura della Juventus era frenata dai troppi pareggi, che però lasciavano tutti la stessa impressione di forza. L’incognita maggiore era dunque l’affievolirsi della vivacità di questi corridori, ma Conte ha gestito benissimo un gruppo fortunatamente esente da infortuni importanti, e risparmiato dalle coppe internazionali, che hanno svilito le concorrenti. In questa bizzarra primavera, le gambe più veloci erano ancora quelle bianconere. E alla concretezza hanno badato i due cursori della squadra: Marchisio e Vidal, che si sono idealmente alternati: il torinese mattatore dell’andata, il cileno del ritorno. Così, dopo sei anni, Calciopoli può essere analizzato serenamente anche da Agnelli, che ieri ha perfino avuto l’aiuto dell’Inter, alter ego di questo revanscismo. Nerazzurri padroni di un derby dove il Milan, come troppe volte è successo, si è ridotto a Ibrahimovic, capace quest’anno di cose sublimi, pieno come mai in passato, abile a vedere il gioco suo e sviluppare quello dei compagni, che infatti chiama spesso all’affondo e più ancora al duetto: manca allo svedese solo il carisma per dare coraggio a compagni spaventati dall’occasione. La stagione dei rossoneri è stata troppo agitata per lasciare energie da spendere in questo derby. Allegri ha cavato poco dai giocatori messi attorno al faro: nell’azione di Boateng c’era volontà, non raziocinio, e in quella di Robinho mancava senso della porta. Va detto che l’Inter è stata bella nel primo tempo e valorosa nel secondo, quando l’arbitro l’ha espropriata della partita. Poteva abbattersi e replicare certe recite mosce di questa stagione invece si è armeggiata, mossa, battuta, con tiri originali (Sneijder) finché le è rimasto fiato. Per una squadra che vale meno di quanto sta scritto nei curricula dei suoi protagonisti, è stato un nobile addio agli obiettivi stagionali. Anche questa è classe: chi erediterà queste maglie invecchiate, ne sia all’altezza. ___ Beha: ‘Scudetto meritato, ma scommesso?’ di OLIVIERO BEHA da Partite & partiti (tv.ilfattoquotidiano.it 07-05-2012) La Juventus ha vinto il campionato, evitando il ballottaggio dell’ultima giornata. Anche stavolta la serie A non si è fatta mancare nulla: dalla rete del vantaggio juventino in fuorigioco (che comunque non mette in discussione la netta superiorità bianconera) al rigore inesistente regalato al Milan nel derby, fino al gol fantasma negato all’Inter. La Juve è campione d’Italia con merito, non ci sono dubbi. Ma sul campionato continuano ad allungarsi le ombre minacciose del calcio scommesse. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Prima del trionfo Sei anni di sofferenze, di speranze e di polemiche. E alla fine del percorso di nuovo il tricolore La ricostruzione dopo il buco nero chiamato Calciopoli Dalla serie B al ritorno al vertice di FABIO MONTI (CorSera 07-05-2012) Sei anni di battaglie politico-istituzionali; sei anni per la ricostruzione; sei anni in salita per tornare al 14 maggio 2006: è la domenica nella quale la Juve conquista lo scudetto n. 29 a Bari (campo neutro), battendo la Reggina (2-0), con 91 punti (tre in più del Milan). Ma è già esplosa Calciopoli, che travolge il sistema calcistico italiano e soprattutto la Juve, costringendo l’amministratore delegato bianconero, Antonio Giraudo e il d.g., Luciano Moggi («mi hanno ucciso l’anima»), alle dimissioni. Il 14 luglio, la Caf decide la retrocessione in B della Juve (con una penalizzazione di 30 punti nel campionato 2006-2007); la revoca dello scudetto 2004-2005 (non assegnazione) e di quello 2005-2006; la squalifica di cinque anni con proposta di radiazione per Giraudo e Moggi; tre giornate di squalifica al campo. Il 25 luglio, la Corte federale riduce la penalizzazione a 17 punti, ridotta dall’arbitrato del Coni a 9, con annullamento della squalifica del campo (a fine agosto la Juve aveva rinunciato al ricorso al Tar del Lazio). Il 26 luglio, lo scudetto era stato assegnato all’Inter a tavolino. L’inizio di una guerra sportiva che non è ancora finita. Prima ancora della sentenza Caf, viene sciolto e ricomposto il Consiglio di amministrazione, con l’ingresso di alcuni uomini nuovi: Tardelli e l’ex c. t. della nazionale di pallavolo, Montali. Il 29 giugno, viene nominato presidente Giovanni Cobolli Gigli, con Jean-Claude Blanc amministratore delegato. Se ne vanno Capello, Emerson e Cannavaro (Real); Thuram e Zambrotta (Barcellona); Vieira e Ibrahimovic (Inter). In panchina viene chiamato Didier Deschamps, che ha vinto tutto con la Juve di Lippi: è il primo allenatore straniero, dopo 33 anni (Vycpalek ’74). Il 19 maggio 2007, la Juve torna in A; il 26 maggio ha la certezza del primo posto e Deschamps risolve il contratto. Il 4 giugno, la società annuncia l’ingaggio di Ranieri. La squadra arriverà terza, alle spalle di Inter e Milan e torna in Champions League (2008-2009). Nel girone di coppa, batte due volte il Real, ma esce agli ottavi contro il Chelsea. Alla fine dell’andata è seconda con 40 punti; il calo nel ritorno costa la panchina a Ranieri, sostituito da Ferrara (alla fine è secondo posto), che resta anche nel 2009-2010. Comincia bene, ma l’eliminazione dalla Champions e le troppe sconfitte gli costano la panchina. Il 6 ottobre 2009, Cobolli Gigli lascia la presidenza e gli succede Blanc; a fine dicembre viene richiamato Roberto Bettega, come consigliere tecnico; arriva Zaccheroni, ma la Juve finisce settima. C’è una novità storica in società: un Agnelli, Andrea, torna alla presidenza del club (19 maggio 2010). Si riparte da Gigi Delneri e Beppe Marotta. Agnelli cambia ancora. Nel frattempo si sviluppa la battaglia legale. Al processo di Napoli su Calciopoli, le intercettazioni recuperate dalla difesa di Moggi mettono in luce alcune telefonate intercorse fra Moratti, Facchetti e gli ex designatori, Bergamo e Pairetto e due arbitri (De Santis e Nucini). Telefonate giudicate «irrilevanti» dai pm. Si apre un contenzioso «politico » di una durezza senza precedenti fra Juve e Inter. Il 10 maggio 2010, il Cda bianconero ufficializza l’invio di un esposto al presidente Figc, Abete, al procuratore Palazzi (che ha già chiesto l’acquisizione delle nuove intercettazioni di Napoli) e al Coni, per chiedere la revisione della decisione di assegnare lo scudetto 2006 all’Inter. Il 1° luglio, Palazzi presenta una relazione nella quale archivia la posizione dell’Inter solo «per prescrizione». La richiesta di revoca del titolo su base «etica» viene respinta il 18 luglio 2011, perché ne mancano i presupposti giuridici. Il 5 giugno, la Disciplinare procede alla radiazione di Giraudo eMoggi. A Napoli, il 14 dicembre 2009, l’ex a.d. bianconero era stato condannato con «rito abbreviato » a tre anni di reclusione per «frode sportiva e associazione a delinquere» (in corso l’appello). L’8 novembre 2011 Moggi viene condannato in primo grado dal Tribunale di Napoli a 5 anni e 4 mesi, per promozione dell’associazione a delinquere. Una settimana dopo, lunedì 14 novembre, la Juve deposita presso il Tar del Lazio il ricorso contro Figc e Inter, chiedendo un risarcimento di 443. 725. 200 euro, per «illegittimo esercizio dell’attività amministrativa e per il mancato esercizio di quella obbligatoria», per la revoca dello scudetto 2006, assegnato poi all’Inter. Il 14 dicembre, dopo una discussione durata 4 ore e 36 minuti, fallisce il «tavolo della pace». La Juve, tornata una squadra di vertice, resta un partito di lotta. La pace è lontana. ------- Il cuore Il cammino del bianconero ricomincia con «tre stelle» vinte sul campo Per noi tifosi è finito un incubo La magia di un nuovo inizio Una squadra con personalità e con una prospettiva di PIERLUIGI BATTISTA (CorSera 07-05-2012) È finito un incubo durato sei anni. Un incubo in cui la Juventus era una storia archiviata. L'incubo dell'inferno della serie B. Dei processi sommari. Di una società intontita che svende i suoi gioielli. Di una squadra smantellata. Dei mercoledì di Champions vuoti e insignificanti. Delle ambizioni azzerate. Delle umiliazioni subite. Quell'incubo si è dissolto. Quasi quasi non ci speravamo neanche più. Qualcuno pensava che non ne saremmo mai usciti. Ne siamo usciti. Alla grande. Nel 2006 la squadra diretta da Fabio Capello e formata da Buffon e Cannavaro, Thuram e Zambrotta, Emerson e Vieira, Trezeguet e Ibrahimovic, Camoranesi e Del Piero, una squadra di assi che accumulò novanta punti, che imbottì le nazionali di Francia e Italia che in Germania, pochi mesi dopo, si contesero la finale dei Mondiali, quella squadra venne demolita persino nel ricordo. Chi controlla il passato, controlla il presente. E infatti del passato venne divulgata una rappresentazione oltraggiosa e caricaturale. E il presente raccontava di un calcio in cui il bianconero era diventato una combinazione cromatica marginale, addirittura trasmesso all'Udinese (con tutto il rispetto). Dopo anni di prove fallite, di acquisti cervellotici, di una mentalità plasmata sempre più da una dimensione minore del calcio, ininfluente, inesistente, lo scudetto conquistato con la grinta e la forza di Antonio Conte e dei suoi leoni indica la rinascita, la magia di un nuovo inizio. Una storia sembrava spezzata, annichilita. No, adesso, cacciati via gli spettri, si ricomincia. Ma come credevate che abbiano vissuto gli juventini in tutti questi anni infernali? Forse pensavate a un popolo di tifosi piegati, assuefatti al rango di minori, abituati all'idea della rinuncia? Vi sbagliavate. Nessuno ha mai pensato che una storia gloriosa fosse una storia criminale. Nessuno si è perduto una partita di serie B, con quegli stadi così piccoli che si vedevano i balconi di casa da cui la gente assisteva alla partita. Nessuno ha ignorato le altrui telefonate arbitrali che invece gli investigatori hanno incredibilmente cancellato per anni. E quando la società ha ripreso vigore e combattività, orgoglio e richieste di risarcimento, è stato il segno della riscossa, anticipazione e preludio della riscossa sul campo che si è celebrata ieri. Mancava la squadra giusta per dare una prospettiva che non fosse solo recriminazione e patimento di un'ingiustizia subita. E la squadra è arrivata, con una personalità, un carattere, una classe ed una tecnica a cui molti di noi, feriti e disillusi da anni di scelte sbagliate e di denari buttati al vento, l'estate scorsa non avevano dato credito. È arrivata la precisione unica al mondo di Pirlo, la potenza di Vidal, la velocità di Lichsteiner, la puntualità di Barzagli, la raffinatezza (a singhiozzi) di Vucinic, l'esuberanza ancora da dirozzare di Matri, il coraggio di Pepe, che si sono uniti allo stile esemplare di capitan Del Piero, alla bravura assoluta di Buffon, all'impeto di Chiellini, alla classe sempre crescente di Marchisio, e così via. Tutte qualità straordinarie fuse e dirette da uno stregone dello spogliatoio e del campo come Conte, una bandiera mai sbiadita di quella storia che sembrava spezzata. Ora si ricomincia, senza più i fantasmi che infestano una grande storia. Si ricomincia con l'orgoglio, con la consapevolezza che per riconquistare una statura europea c'è anche molto da fare, da scegliere (e da spendere). Si ricomincia: con tre stelle, meritate e vinte sul campo, cucite sulla maglia bianconera. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Juventus, terza stella sì o no? di MARIO SCONCERTI dal blog Lo sconcerto quotidiano (Corriere.it 07-05-2012) Vi informo di quello che so sul problema Juventus-terza stella. Non c’è regolamento che lo vieti. La stella non è un’istituzione ufficiale, è l’idea, pensa un po’, di Umberto Agnelli quando la Juve, nel ’58, vinse il decimo scudetto. Allora parve una buona idea, ma non era prevista ufficialmente. Fu un ottima trovata di marketing. Niente di male mettersi la terza stella se però se ne ha completo diritto. Se cioè si sono vinti a tutti gli effetti, trenta scudetti. Non cambia lo spirito rispetto a quando se ne sono vinti dieci o venti. Il punto è: la Juventus ha vinto trenta scudetti? La risposta è no. E’ vero che la Juve ha vinto trenta scudetti, ma è anche vero che per slealtà sportiva e illecito strutturale, due le sono stati tolti con sentenza definitiva emessa da tutti i gradi della giustizia sportiva Quindi la Juve ne ha certamente vinti trenta, ma ne può esibire pubblicamente 28. I due che mancano non potranno mai essere riconosciuti. E’ come non li avesse vinti, tanto che uno è stato assegnato a un’altra squadra. Cosa succede allora se la Juve mette la terza stella? Essendo un titolo auto-onorifico che non esiste ufficialmente si può perfino pensare non succeda niente. Tutti possono mettere a vario titolo una, due, cinque stelle sulla maglia. Uno festeggia il decimo anno di presidenza, uno le coppe Italia vinte, uno gli anni di sua figlia. Se c’è libertà, perchè non usarla? Tutto risolto allora? No, perchè tutto quello che va sulle maglie ufficiali deve essere concordato con la Lega. E’ la Lega, cioè le venti società di serie A, a dover dare la vera risposta. Il regolamento infatti spiega che tutto quello che di scritto sulla maglia non è concordato, va ritenuto proibito. Altrimenti l’Inter potrebbe mettere sulla maglia le sue Coppe dei Campioni, il Milan anche, ognuno, come detto, qualunque altra cosa. La federclacio non potrebbe inoltre che deferire la Juventus per il significato eversivo dato dalla stessa Juve alla terza stella. Tre stelle, trenta scudetti, mentre per il calcio così non è. Deferimento dunque agli organi disciplinari italiani ed europei, perchè la maglia in Europa è ancora più sacra e deve dire il vero al cento per cento. Questo è il quadro regolamentare. Vediamo ora la prima mossa. ___ l'Editoriale di ANDREA Sfiduciato MONTI (GaSport 07-05-2012) Agnelli, Fort Juve e lo scudetto del «pugno sul tavolo» Tutto in una notte. E che formidabile notte! Sei anni dopo la discesa agli inferi la Juve ritrova, con merito indiscutibile, la gloria e le chiavi del paradiso. A consegnargliele nei panni di San Pietro è Diego Milito, lo specialista in triplete che veste la maglia nerazzurra, quella degli arcinemici di oggi e di sempre. Il Diavolo finisce all’inferno, il posto che gradisce di meno, a scontare qualche peccato di presunzione e le troppe occasioni concesse a un avversario che ha trovato la quadra con classe, organizzazione e una tremenda voglia di vincere. Come in ogni grande libro, l’epilogo del campionato è il capitolo migliore. Il più intenso. E più istruttivo. Il calcio è un rito bizzarro che in rare, preziose occasioni esonda dall’alveo dello sport e dello spettacolo per diventare commedia umana. Racconta storie che paiono un romanzo, imprime svolte impreviste, trova sentieri misteriosi verso il futuro. Ieri sera è accaduto proprio questo e neppure il più distratto degli agnostici può fingere di non vedere la mano della Provvidenza in questa metafora beffarda: dopo la lunga tenzone sulle ceneri non ancora spente di Calciopoli, i duellanti sorridono entrambi. Separatamente, s’intende. Ma nello stesso identico momento: domenica 6 maggio, ore 22.41, fischio finale a San Siro e a Trieste. La Juve porta a casa il titolo del riscatto agognato, del rientro nel grande gioco internazionale che le appartiene, con la fondata impressione di aver avviato un ciclo. L’Inter non si scosta, supera con grinta gli errori/orrori di Rizzoli e onora la sua parte proprio all’ultimo appuntamento del suo annus horribilis. Non so se il ritorno dello scudetto allo Juventus Stadium contribuirà a bonificare il fondo limaccioso delle polemiche, dei ricordi e dei rimpianti. Ma certo anche i più accesi tifosi bianconeri non potranno dimenticare la notte in cui l’odiata Benamata ha procurato loro il brivido della vittoria finale tanto attesa. Il trionfo juventino è il frutto dolce della logica, dei numeri e della passione degli uomini. Alberto Cerruti, in questa pagina, ne analizza gli elementi chiave. Ognuno scelga quello che meglio soddisfa la sua fantasia. Si può parlare del lavoro di Conte, formidabile tattico oltre che gran motivatore. Della straordinaria stagione di Pirlo. Della maturazione di Marchisio e di Vidal. Di una difesa che ha subito solo 19 gol in tutto il campionato, 2 nelle ultime 11 partite. Di una squadra in cui segnano tutti, 18 giocatori in gol. E che a una giornata dalla fine è ancora imbattuta, con uno straordinario record di 41 partite senza sconfitte in stagione e 24 punti in più dell’anno scorso. Ma come ogni romanzo corale questa odissea bianconera ha il suo centro epico in una dinastia. «Non c’è Juve senza Agnelli», diceva l’Avvocato. «Nel calcio, vincere non è importante. E' l’unica cosa che conta», gli faceva eco Boniperti. Andrea Agnelli, il quarto Agnelli presidente, non ha dimenticato la lezione. Con lucidità di gestione e investimenti importanti ha mantenuto la sua promessa. Sul piano psicologico — nei confronti della squadra, dei tifosi e degli avversari — ha giocato con abilità e durezza la carta della riscossa e dell’orgoglio umiliato. Ha costruito Fort Juve, rivendicando giustizia e pari trattamento sul piano delle sentenze sportive e della storia. Qualche volta, quando ci è parso che sfiorasse la riabilitazione del passato moggiano, lo abbiamo criticato. Eppure questo, alla fine dei giochi, è lo scudetto del «pugno sul tavolo». Piaccia o non piaccia, il suo significato politico— e il calcio a questi livelli è anche politica — sta tutto qui. Ora comincerà il tormentone della terza stella. L’albo d’oro dice che questo è il 28° scudetto assegnato ai bianconeri, e che i due contestati non torneranno. Ma la Juve di quest’anno le tre stelle le merita come un ristorante d’eccellenza a livello europeo e mondiale: ha giocato un calcio essenziale, gustoso, molto spesso sopraffino.Hasoddisfatto i palati più esigenti. E il prezzo — scontate le polemiche—è assolutamente giusto. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Il pallone di Luciano Solo un ostacolo per la Signora: la sindrome del ribaltone di LUCIANO MOGGI (Libero 06-05-2012) Tensione a mille sul campionato, inevitabile e con un paio di vecchie sindromi che hanno contribuito ad agitare la vigilia. Quella di Perugia, anzitutto, che la Juve ha vissuto sulla sua pelle nel 2000: stessa classifica, Juve con un punto di vantaggio sul Milan, identico distacco allora sulla Lazio. In questa occasione mancherà però Collina che imperterrito volle riprendere una gara oltre ogni limite di interruzione - 74 minuti record mondiale - e mancherà probabilmente anche il diluvio che trasformò in piscina lo stadio Curi. Allora nessuno parlò di rispetto di regole, si voleva che la Juve fosse battuta e così accadde mandando in paradiso una Lazio incredula. Due anni dopo la Juve si prese la rivincita, scavalcando l’ Inter suicida davanti alla Lazio all’Olimpico. Era il 5 maggio, Cuper collassò “siccome immobile”, eppure ci fu chi volle intravedere dietro le sue debolezze chissà quali marchingegni. La seconda sindrome evocata richiama la stagione di Van der Sar in bianconero, con riferimento all’errore di Buffon. Non vediamo parallelismi, perché l’infortunio di Gigi resterà isolato, e perché il portiere olandese passato ingiustamente dalle parti di Torino come un’ acchiappa farfalle ha poi dimostrato tutto il suo valore a con la sua Nazionale e con lo United. Il nostro suggerimento è lasciar perdere queste somiglianze improbabili e andare alla sostanza. Per la prima volta contro il Lecce la Juve è stata sotto ritmo, incapace di superare un avversario in dieci, palesando più di altre volte la mancanza di un vero uomo gol. Il club farà bene a muoversi su questo fronte. Il Milan si è ringalluzzito, tenta di mettere pressione ai bianconeri, pensando di trovarne molti non allenati a questo duello sul filo del rasoio. Il biscione avverte in questo momento meno tensione rispetto alla Juve, appare più sereno non avendo niente da perdere. E la serenità è un elemento importante, più della sicurezza, che ti può far distrarre e sbagliare, come capitato alla Juve contro il Lecce. Stando così le cose i bianconeri potrebbero sentirsi in condizione di disagio, ma pensiamo che Conte abbia insistito su questo tema facendosi aiutare dai bianconeri che hanno già vissuto mille battaglie, come Del Piero e Buffon anzitutto. Sì, anche Buffon, che avrà avuto terribili incubi in questi giorni, ma ha anche sicuramente la voglia di un riscatto immediato. È curioso che per raggiungere lo scudetto la Juve si trovi a sperare che sia l’Inter a darle aiuto, in due match (a Milano e a Trieste col Cagliari) che si giocano alla stessa ora diversamente dal Lecce-Fiorentina di ieri, in anticipo di un giorno (!) su Udinese-Genoa. Due pesi e due misure, con Lega e Figc che giocano a farsi del male a discapito della immagine del nostro Calcio. Non se ne cura il Napoli, saldissimo al terzo posto (insieme con l’Udinese, ma i friulani sono peggio nella classifica avulsa): sul campo di Bologna, nel 1990, i partenopei blindarono lo scudetto, oggi potrebbe accadere qualcosa di simile per il terzo posto. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
DERBY DELL’ANIMA Quando tifare diventa un dramma POVERO INTERISTA, AMLETO ERA UN DILETTANTE Tra regalare lo scudetto alla Juve o dare una mano al Milan fa capolino lo spettro peggiore: gufare se stessi di NANNI DELBECCHI (il Fatto Quotidiano 06-05-2012) E’ un classico caso di double bind mi dice il mio amico, esibendo la familiarità con la nevrosi tipica di ogni interista. Stupito della mia ignoranza, spiega che con questo concetto psicologico, reso celebre dalla Scuola di Palo Alto, si intende un “doppio vincolo” devastante, il primo dei quali esclude il secondo. Ti ordino di disobbedire, per intenderci. Come Amleto, che non sa se gli risulti più insopportabile continuare o smettere di vivere. Come l'asino di Buridano, che muore non sapendo verso quale mangiatoia muoversi. O come l'interista come me, che di fronte al derby di questa sera non sa a quale santo votarsi. E, pur esperto di torture, ne scopre una nuova di zecca. Se batte i milanisti, consegna il titolo agli juventini. Se pareggia, pure. Solo se perde, può sognare di toglierlo agli odiati gobbi; ma per cucirlo personalmente sul petto degli orridi cugini. Senza contare che in quel caso il derby lo perdiamo noi. PALO ALTO dovrebbe rivedere la sua teoria; qui il vincolo è perlomeno triplo, una ciabatta multipresa. Qui si schiudono nuovi orizzonti della psicosi. Credevamo di esserci vaccinati a tutto, quest'anno. Ma l'interista è l'uomo che non dovrebbe credere mai. Credevamo che nessuna data funesta avrebbe mai potuto battere il 5 maggio 2002. Credevamo che nessun incubo avrebbe potuto battere quella finale di Champions del 27 maggio 2007 (ancora loro, Milan e Juventus). Credevamo. E ci sbagliavamo. Perché oggi, 6 maggio 2012, il derby Milan-Inter polverizza il muro del masochismo. Fino a oggi, perfino a noi interisti era rimasta almeno la facoltà di gufare, essendo il gufaggio l'estremo baluardo del calcio, oltre che della vita medesima. La squadra del cuore ti può gabbare (come l'amico, la fidanzata e tutto quello che il cuore crede di conoscere); ma la squadra da gufare resta comunque una certezza, capace di dare un senso alla tua domenica da qui all’eternità. Anche perché la squadra del cuore è una, ma quelle del fegato sono potenzialmente innumerevoli (all'inizio di stagione, quando dopo la cacciata di Gasperini l'Inter annaspava in zona retrocessione mi sono trovato a gufare anche il Novara). Credevamo. Ma credevamo male. Quest'anno anche la sfiga, ultima dea del pallone, fugge i sepolcri di un annata cimiteriale. Per questo, per cercare consiglio e trovare conforto, ho iniziato a consultarmi con i compagni di fede nerazzurra, dei quali tutto si potrà dire, ma non che non abbiano affinato le più sofisticate tecniche di sopravvivenza. QUELLO CHE ha evocato la teoria del double bind, ha proseguito così: “Ogni interista, me compreso, in uno stato di natura nasce antimilanista. Però l'uomo è un animale sociale e vent'anni di moggiopoli hanno fatto prevalere in me lo schifo per la Juve”. Attenti però alle conclusioni affrettate. Il guaio del “doppio vincolo” è che, appena pensi alla padella, cerchi istintivo rifugio nella brace. “Meglio non vedere sventolare le bandiere berlusconiane”, argomenta un altro amico, “anche se quando penso a quella faccia di tolla del presidente dei ladroni...”. E si ferma qui, impaurito dalle sue stesse parole, che condannano al moto perpetuo ed evocano uno spettro contronatura: dover gufare se stessi. Un terzo amico, più ottimista, dice che bisogna soppesare bene il pro (ossia il contro) e il contro (ovvero il pro): “Da una parte, l'idea che Andrea Agnelli veda sfumare la terza stella; dall'altra, immaginati il gruppo degli ibradipendenti che arrivando secondo potrebbe sfasciarsi”. Un altro, più sconsolato, per prima cosa mi dice che all'Inter chiamerebbe Delio Rossi per fargli dare un pugno a Lucio. “Solo a lui?” chiedo. “Giusto, ora che mi ci fai pensare, vorrei che li picchiasse tutti”. Ma quando insisto per un consiglio, sfodera a sorpresa un risvolto esistenzialista: “Non so che dirti. Dopo un anno così non so più per chi gufare”. Per fortuna c’è chi mi fa concludere che, come quello di Gordio, certi nodi si possono sciogliere solo con la spada. “Stasera io tengo per l'Inter”, taglia corto l’ennesimo amico. Bravo, anch’io farò così. Non so come faremo a riconoscere e separare la gioia, la sofferenza, la vendetta, la rabbia, l'euforia e la depressione; ma so che ci riusciremo, se no non saremmo nerazzurri. Forse, oltre ad Amleto, anche Pirandello era interista; e se non lo era, certo oggi lo sarebbe diventato. -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
SPYCALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 05-05-2012) Delio Rossi si è salvato Ma per chi vale il Daspo? Quei tifosi viola, e non solo viola, che hanno "applaudito" il comportamento del tecnico Delio Rossi dovrebbero sapere che se quella rissa vergognosa l'avessero provocata loro, avrebbero avuto il Daspo. Rossi se l'è cavata invece perché secondo il questore di Firenze, Francesco Zonno, si è trattato di una "questione" avvenuta "sul campo di gioco fra due tesserati", lui appunto e il calciatore Ljajic, e non ha "inciso sull'ordine pubblico". Di conseguenza, è intervenuto (solo) il giudice sportivo, che ha dato tre mesi di squalifica a Rossi (pochini), mentre è incredibile come né l'arbitro (Giannoccaro) né il quarto uomo (Tommasi) non abbiano visto nulla e non siano quindi intervenuti per cacciare subito Rossi dal campo. Il Daspo vale per i tifosi (basta accendere un fumogeno e addio stadio) ma non solo per loro: in qualche caso è stato applicato anche nel calcio minore, per giocatori e tecnici. E non sempre hanno potuto continuare la loro attività lavorativa (giocare a calcio od allenare). Lo scorso anno era stato punito col Daspo anche un giovane calciatore siciliano, di 18 anni, incensurato, accusato (erroneamente) di aver spintonato l'arbitro all'interno degli spogliatoi. Un anno di Daspo, con obbligo di firma. Nessun attenuante per lui, dal questore di Agrigento. Nessuna possibilità di poter seguire la sua squadra! Poi, era stato accolto il ricorso al Tar. Ma da come si vede, in questo caso (e in altri, del calcio minore) non era stato tenuto conto che si trattava di episodi su cui interveniva la giustizia sportiva. Delio Rossi invece se l'è cavata, merito di essere famoso. Chi invece resta sotto tiro è soprattutto il tifoso. Guai se sgarra. L'Osservatorio del Viminale adesso si è "inventato" l'albo degli striscioni, valido (solo) per le trasferte. Per carità, conoscendo le persone che dirigono l'Osservatorio va apprezzata la buona volontà e il tentativo di agevolare le tifoserie. Ma lo scopo, secondo noi, non è stato certo raggiunto. E' un sistema per burocratizzare le cose ancora di più, per soffocare la fantasia, per complicare la vita al tifoso. Il calcio deve essere divertimento, sfottò, ma anche semplicità. Era tanto difficile stabilire che gli striscioni dovevano passare al vaglio del responsabile dell'ordine pubblico? Un esempio: i tifosi che vanno in trasferta li mostrano prima di entrare allo stadio; se ve bene passano, altrimenti vengono messi da parte. Stabilire a priori un albo è semplicemente assurdo: e se uno volesse inventarsi uno striscione all'ultimo momento? E poi chi stabilisce quali frasi vanno bene e quali no? Che facciamo, una commissione etica? Per carità. Idea, come detto, lodevole. Risultato fallito in pieno. Buon segno invece che all'ultima riunione dell'Osservatorio siano state invitate per la prima volta alcune rappresentative dei tifosi: un (piccolo) passo avanti rispetto al passato quando c'era una chiusura totale. Anche se il mondo dei tifosi è molto variegato. Ma ora ci vuole un intervento più forte, più attento, da parte della Lega di serie A anche perché, nelle intenzioni, dovrebbero davvero essere i club a gestire, dalla prossima stagione, il progetto della tessera del tifoso o tessera fedeltà (fidelity card) come vogliamo chiamarla. Cosa vogliono fare? Cosa cambia? Le campagne abbonamenti vanno stabilite in questo periodo ed è giusto che i tifosi sappiano nel dettaglio, e con la massima trasparenza, a cosa vanno incontro. A fine campionato sarà necessaria quindi una riunione. Il Viminale, giustamente, vuole che siano i club a farsi carico di un progetto che, tranne rare eccezioni, hanno subito più che assecondato. Ma anche i politici, che sovente si divertono a parlare di calcio e non disdegnano un invito in tribuna vip, dovrebbero davvero mettere mano all'articolo 9, quello che proibisce al tifoso di avere la tessera (quindi di poter abbonarsi e andare in trasferta) se ha subito una condanna per reati da stadio o ha avuto un Daspo nei cinque anni precedenti. Non importa se la condanna è stata ampiamente scontata. Una norma assurda, lo stesso Osservatorio è d'accordo nel cancellarla: ma tolti i Radicali, che hanno fatto qualche (timido) sondaggio, gli altri partiti non se ne interessano assolutamente. Lotta alle frodi sportive, la Lega Pro va avanti Dalle parole, ai fatti. La Lega Pro continua la sua battaglia contro le frodi sportive. E' uno dei punti fermi dell'attività quotidiana dell'ex serie C, guidata da vulcano-Macalli. Si è costituito adesso il Comitato Etico. E' formato da sei componenti, scelti fra personalità di alto profilo morale, "che abbiano svolto attività e funzioni di prestigio nazionale in ambito universitario, professionale, sportivo, culturale o religioso". La presentazione del Comitato Etico è in programma lunedì 7 maggio alle ore 11 presso la Sala Conferenze De Gasperi della Scuola Superiore di Polizia a Roma. Nell'occasione verrà presentata anche la nuova veste grafica e i contenuti del sito ufficiale della Lega Pro. Interverranno: Giancarlo Abete, presidente Figc, Mario Macalli, presidente della Lega Pro, Archimede Pitrolo, vicepresidente della Lega Pro, Salvatore Lombardo, vicepresidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli, direttore della Lega Pro e i componenti del Comitato Etico. -
Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Il Lingotto Nel board anche Mina Gerowin, Mike Volpi e Giuseppina Capaldo. Escono Gabetti e Grande Stevens Elkann porta Samsung a Torino Nel consiglio Exor l'erede della famiglia Lee, l'Agnelli coreano di RAFFAELLA POLATO (CorSera 05-05-2012) MILANO — Internazionalizzazione, e va bene: John Elkann sul tasto batte e ribatte. Dopodiché: l'internazionalizzazione si fonda, ovviamente, sul business. Il business si fonda (anche) sulle alleanze. Le alleanze si fondano sulle reti dei rapporti. Che devono certo viaggiare a 360 gradi. Ma che, nel caso di Exor, hanno un'indubbia rotta privilegiata: la holding simbolo del capitalismo familiare italiano — le cui controllate producono però già i due terzi del loro fatturato fuori dall'Europa — punta in modo sempre più netto sul capitalismo familiare globale. Il colpo grosso Elkann l'ha annunciato ieri. Volto e nome poco noti (almeno da noi), marchio di fabbrica famosissimo: è Jay Y. Lee, boss della divisione elettronica ma soprattutto delfino della dinastia cui fa capo il colosso coreano Samsung, la new entry di maggior peso nell'elenco che la cassaforte Giovanni Agnelli & C. propone (e dunque nominerà) per il prossimo consiglio della finanziaria del Lingotto. Non è, giurano da Torino, il preludio a mosse d'investimento, la holding che controlla l'auto Fiat-Chrysler pronta a entrare nella conglomerata delle tv e degli smart phone (leadership mondiale conquistata a inizio anno), ma anche delle navi, delle assicurazioni, persino dei parchi di divertimento. Oppure viceversa, i coreani interessati a valutare dall'interno se mettere pur solo una fiche in un gruppo con cui comunque hanno parecchio in comune: dall'assetto proprietario (come gli Agnelli i Lee hanno fondato e continuano a controllare il loro impero), a qualche «divergenza» familiare (a Torino le cause, fin qui perse, di Margherita Agnelli, a Seul diatribe tra fratelli), ai processi di successione alla guida (il trentaseienne John, «comandato» giovanissimo dal nonno Giovanni Agnelli, è già da anni il plenipotenziario della dinastia italiana; il quarantaquattrenne Jay è il figlio unico, ed erede designato, dell'attuale leader-presidente della casa coreana, Lee Kun-Hee). Quel che è vero oggi, ossia che la nuova nomina nel board Exor è legata solo alla volontà di internazionalizzare il consiglio con nomi di peso, non necessariamente lo sarà però anche domani. Dopotutto, Jay Lee non è solo presidente della divisione elettronica Samsung: è sua anche la delega allo sviluppo «attraverso partnership strategiche e alleanze industriali». Il secondo non è il caso di Torino. Il primo, un giorno, chissà. Sono soltanto ipotesi. Teorie. Suggestioni. Di concreto, alla vigilia dell'assemblea e mentre Shahriar Tadjbakhsh entra nel gruppo come chief operating officer, c'è un consiglio che Elkann ridisegna all'insegna sia dell'estero (con Lee arrivano Mina Gerowin e Mike Volpi), sia del ricambio generazionale. La lista presentata dalla Giovanni Agnelli & C. — che comprende tra l'altro Giuseppina Capaldo, figlia dell'ex banchiere Pellegrino — conferma l'uscita di nomi storici. Lasciano il board Exor Pio Teodorani Fabbri (al suo posto il figlio Edoardo), Oddone Camerana, Franzo Grande Stevens (l'avvocato dell'Avvocato). Lascia, soprattutto, Gianluigi Gabetti: il «traghettamento» l'ha completato. Da un pezzo, ormai. ___ Exor, Elkann il “cinese” torna a Torino PERDE IL POSTO IL MANAGER INGLESE CHE DOVEVA LANCIARE I NUOVI INVESTIMENTI IN ASIA Nel 2011 la holding non ha investito in Oriente, ma soprattutto su Fiat e Juventus di VITTORIO MALAGUTTI (il Fatto Quotidiano 05-05-2012) Gli Agnelli a marcia indietro. Solo un anno fa John Elkann, gran capo della holding di famiglia Exor, annunciava la svolta del gruppo. "Meno Europa, più Asia", questo lo slogan. È durata poco: dieci mesi, forse meno. Exor torna sui suoi passi: da Hong Kong a Torino. La metropoli asiatica era la nuova frontiera, il centro su cui puntare per i prossimi grandi investimenti della holding. Proprio lì, per dirigere le operazioni, si era insediato un nuovo chief operating officer, l'inglese Tobias Brown, che rispondeva direttamente al numero uno Elkann. Brown, però, ha fatto le valigie a tempo di record. Exor lo ha già sostituito con un altro manager. Si chiama Shahriar Tadjbakhsh, ha 48 anni e viene dalla banca d’affari americana Goldman Sachs, di cui ha diretto a lungo la sede di Parigi. La differenza, una differenza sostanziale, è che Tadjbakhsh lavorerà a Torino da dove, si legge in un comunicato stampa, collaborerà con il presidente e amministratore delegato, cioè Elkann. Exor rivolge a Brown il rituale ringraziamento per il "contributo prestato nella definizione delle attività d'investimento della società". Da mesi però in ambienti finanziari era data per certa la rottura tra gli Agnelli e il manager britannico. SECONDO indiscrezioni, Brown sarebbe entrato quasi subito in rotta di collisione con i vertici del gruppo e alla fine il divorzio è stato inevitabile, anche se non è chiaro, al momento, su che cosa, in concreto, sia nato lo scontro. Sta di fatto che, al momento, l'operazione Hong Kong pare quantomeno ridimensionata. L'Asia resta una delle piazze finanziarie centrali per le strategie di Exor, ma dell'enfasi che solo un anno fa aveva accompagnato la nomina di Brown non c'è più traccia nel comunicato diffuso ieri dalla holding torinese. Gli Agnelli, per il futuro, hanno intenzione di concentrare gli investimenti su un numero minore di aziende "dotate di dimensioni e rilevanza globali". Intanto nelle settimane scorse Exor ha completato la vendita di Alpitour, che ha portato in cassa oltre 200 milioni di euro. Quanto ai nuovi investimenti, a dir la verità, per il momento se ne sono visti pochini. Anzi, la holding ha continuato a puntare su “ciò che conosce bene”, per usare le parole di Elkann nell'annuale lettera agli azionisti. Già, perché la finanziaria degli Agnelli nel corso del 2011 ha investito ben 68 milioni in azioni proprie, cadute ai minimi storici in Borsa. Mentre altri 85 milioni sono stati spesi per comprare titoli Fiat, pure questi in gran ribasso. Come dire che che Exor sognava Hong Kong ma ha continuato a puntare su Torino. I due investimenti casalinghi sono i più importanti realizzati nel corso del 2011, a cui possiamo aggiungere anche i 72 milioni destinati alla Juventus. ALLA FINE la partecipazione nell'azienda guidata da Marchionne rappresenta ancora oltre la metà del valore globale del portafoglio investimenti. Nel 2008 invece la Fiat pesava per circa il 43 per cento. Insomma l'auto conta sempre di più, a dispetto di chi pronosticava imminenti disimpegni. Resta da vedere che cosa succederà nei prossimi anni. Se davvero la casa del Lingotto è destinata a fondersi con Chrysler, gli Agnelli finiranno per diluirsi, mantenendo una quota nettamente inferiore all’attuale 30 per cento nel nuovo gruppo, magari basato a Detroit. Che sta dalla parte opposta del mondo rispetto a Hong Kong. ___ LA FINANZIARIA AGNELLI Il nuovo consiglio Elkann apre le porte Exor all’erede della Samsung Jay Y. Lee sarà amministratore indipendente Escono nomi storici: Gabetti e Grande Stevens di LAURA VERLICCHI (il Giornale 05-05-2012) L’erede degli Agnelli spalanca le porte di Exor al discendente di una delle più grandi dinastie industriali dell’Asia: Jay Y. Lee, responsabile operativo della Samsung Electronics e figlio unico del presidente del colosso coreano. Il quarantatreenne Lee entrerà a far parte come indipendente del consiglio d’amministrazione della finanziaria che sarà «battezzato» allo stadio della Juventus, nell’assemblea del 29 maggio. Lui e John Elkann si frequentano da diversi anni: vicini per età, entrambi hanno già alle spalle una carriera di peso nelle aziende di famiglia, che hanno fatto la storia - industriale e non solo - dei rispettivi Paesi. Certo, i settori sono diversi: anche se Samsung, che ha appena conquistato il primato nei telefonini, potrebbe in prospettiva dare un contributo nel settore automotive. E senza dubbio, l’ingresso di Lee è uno dei segnali del nuovo corso di Exor, più giovane e più internazionale. Così come la scelta di affidare da giugno la gestione dei futuri investimenti della finanziaria del gruppo Agnelli a Shahriar Tadjbakhsh, avvocato d’affari e banchiere con esperienze in tre continenti: America, Europa e Asia. Sarà coadiuvato da Mario Bonaccorso e da Alessandro Nasi, managing directors investimenti. «Le capacità e l’esperienza di Shahriar - dichiara Elkann- daranno a Exor un contributo significativo per sostenere la società nell’attuale fase di sviluppo internazionale ». E sempre dal mondo della finanza internazionale arrivano gli altri due nomi nuovi della lista presentata dall’azionista Giovanni Agnelli Sapaz: Mina Gerowin, che ha lavorato in Lazard ed è direttore generale della Paulson Europe di Londra, e Mike Volpi, che è stato manager di Cisco e ad di Joost, una delle prime società a offrire servizi video a pagamento distribuiti via Internet. Dal consiglio escono invece nomi storici del gruppo come Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens. Le altre new entry del consiglio sono Giuseppina Capaldo, docente di diritto delle imprese, Vittorio Avogadro di Collobiano, vice presidente alle vendite internazionali di gas di Eni, ed Eduardo Teodorani Fabbri, figlio di Maria Sole Agnelli. Cognomi doppi e importanti, come per altri consiglieri in lista: Tiberto Brandolini d’Adda e Luca Ferrero Ventimiglia, che si aggiungono ad Alessandro Nasi, Lupo Rattazzi, lo stesso Elkann e l’ad del Lingotto, Sergio Marchionne. Come amministratori indipendenti, troviamo ancora Victor Bischoff e Giuseppe Recchi. ___ Holding. L'americano Tadjbakhsh diventa d.g. della finanziaria Exor, cda più internazionale Entra l'erede della Samsung LA SQUADRA DI ELKANN Nel board anche Mike Volpi (ex Cisco) e due donne: Capaldo e Gerowin Escono Grande Stevens e l'ex presidente Gabetti di ANDREA MALAN (il Sole 24 ORE 05-05-2012) Exor cambia il consiglio d'amministrazione e nomina un direttore generale (chief operating officer) che collaborerà con John Elkann nella gestione degli investimenti: per questo ruolo la holding della famiglia Agnelli ha scelto l'americano di origine iraniana Shahriar Tadjbakhsh. Lo sviluppo degli investimenti in Asia sarà uno dei compiti principali di Tadjbakhsh, che sarà il braccio destro di Elkann su tutti gli investimenti e lavorerà da Torino. Il curriculum del 48enne manager, ex banchiere della Goldman Sachs, è stato prescelto da Elkann per l'esperienza in tre tipi di attività (avvocato d'affari, banchiere e gestore di società) e in tre aree geografiche differenti – Usa, Europa e Asia. Con l'arrivo di Tadjbakhsh viene meno l'incarico di chief investment officer conferito poco più di un anno fa a Tobias Brown; nel comunicato di ieri Exor «ringrazia Brown per il contributo alla definizione delle attività d'investimento. La collaborazione con Brown potrà proseguire con la condivisione di idee su possibili investimenti in Asia». Il cambio di gestore segue il cambio di strategia di investimento di Exor, che prevede il passaggio da una serie di piccoli investimenti a operazioni mirate su aziende di maggiori dimensioni. Anche la lista per il cda della società, presentata ieri e che verrà sottoposta all'approvazione dei soci all'assemblea del prossimo 29 maggio, contiene novità interessanti. Tra gli amministratori attuali rimangono – oltre al presidente John Elkann – Andrea Agnelli, Tiberto Brandolini D'Adda, Luca Ferrero Ventimiglia, Alessandro Nasi, Lupo Rattazzi, il numero uno di Fiat e Chrysler Sergio Marchionne, e fra i consiglieri indipendenti Victor Bischoff e Giuseppe Recchi. Il rimpasto vede un ricambio generazionale: escono infatti alcuni fra i più anziani fra gli eredi Agnelli, come Pio Teodorani Fabbri e Oddone Camerana; manager storici come Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens; lasciano anche Carlo Barel di Sant'Albano (ex a.d. di Exor), Eugenio Colucci, Christine Morin Postel, Antoine Schwartz. Entrano invece in consiglio Vittorio Avogadro di Collobiano (ramo Nasi-Camerana), Eduardo Teodorani Fabbri (figlio e Pio e di Maria Sole Agnelli) e gli indipendenti Giuseppina Capaldo, Mina Gerowin, Michelangelo Volpi (ex top manager della Cisco) e Jay Y. Lee. Le due donne soddisfano in anticipo – come era stato per Fiat e Fiat Industrial – le cosiddette quote rosa; quanto a Lee, è l'erede di un'azienda familiare coreana che ha scalato i vertici mondiali – la Samsung – e il suo ingresso potrebbe schiudere (come era stato per la cooptazione di Ratan Tata nel cda Fiat) interessanti potenzialità di business in Asia per Exor. Certo, non vuol dire che Exor investirà da domani nel business dei telefonini, in cui Samsung ha conquistato la leadership mondiale; ma il gruppo coreano presenta un tale dinamismo (per esempio nelle tecnologie "verdi") che le occasioni non dovrebbero mancare. Nel frattempo, proseguirà la ridefinizione del portafoglio con la cessione di altre attività considerate non più strategiche (dopo quella di Alpitour appena perfezionata). ___ L’operazione Exor, in consiglio Mr. Samsung escono Grande Stevens e Gabetti Ricambio generazionale, lasciano anche Teodorani Fabbri e Camerana di PAOLO GRISERI (la Repubblica 05-05-2012) TORINO - Entra Samsung, escono due padri nobili come Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti. La nuova Exor, così come si intuisce dalla lista presentata ieri dalla Giovanni Agnelli SAS, la finanziaria degli Agnelli, è una società che volta pagina. Non tanto e non solo per l´ingresso di Jay Y. Lee, erede della famiglia proprietaria del colosso Samsung, ma anche per il ricambio generazionale. Esce Gianluigi Gabetti, l´uomo che ha creato Exor dalla fusione tra IFI e Ifil dando alla nuova società lo stesso nome dell´antica company lussemburghese utilizzata dagli Agnelli per le loro alleanze all´estero. Esce anche Grande Stevens, il civilista dell´Avvocato, l´uomo che ha difeso gli interessi della Famiglia fino ai momenti difficili della crisi del primo decennio del 2000. Esce il conte Pio Teodorani Fabbri, marito di Maria Sole Agnelli. Verrà sostituito dal figlio, Eduardo, che da tempo si occupa degli interessi della Famiglia in Gran Bretagna. Esce infine Oddone Camerana, un altro dei membri storici della famiglia Agnelli. Se l´avvicendamento generazionale è nella logica delle cose, del tutto imprevisto è il cambio del responsabile della finanza: da giugno sarà Sharihar Tadjbakhsh, 48 anni, che sostituirà in parte Enrico Vellano. Escono invece l´ex ad Carlo Sant´Albano e Tobias Brown, ex direttore finanziario. Nella nota di presentazione della lista della Giovanni Agnelli sas, John Elkann ha ricordato la strategia della società, quella di concentrarsi su poche, rilevanti, partecipazioni. Ieri la famiglia si è trasferita a Marrakesh, in Marocco, per festeggiare gli 85 anni di Marella Agnelli, vedova dell´Avvocato, che da tempo risiede, per una parte dell´anno, nel paese africano. La festa avrebbe potuto essere l´occasione per un riavvicinamento della madre con la figlia Margherita, dopo il processo sull´eredità di Giovanni Agnelli che le aveva divise nelle aule dei tribunali. Recentemente, in occasione della sentenza sfavorevole a Margherita, John Elkann aveva fatto sapere di sperare che il compleanno di Marella potesse diventare l´occasione di una rappacificazione. Ma Margherita ha preferito evitare di dare solennità a una ripresa di rapporti che evidentemente, a suo parere, non può ancora consentire di mettere una pietra sopra sul passato. Così nei giorni scorsi la figlia è andata in Marocco a fare gli auguri all´anziana madre scegliendo di non partecipare alla festa di famiglia di questo week-end. ___ Exor è più internazionale Nel cda il manager di Samsung Elkann chiama Lee. Tadjbakhsh seguirà da Torino gli investimenti di LUCA FORNOVO (LA STAMPA 05-05-2012) Exor, la società di investimenti del gruppo Agnelli, che controlla Fiat e Juventus, acquista un’impronta sempre più internazionale, puntando sul capitalismo familiare, stringendo i legami con la Samsung, con nuovi ingressi nel consiglio d’amministrazione e rafforzando la squadra dei manager del gruppo. Exor ha chiamato ieri nel suo board Jay Y. Lee, responsabile operativo di Samsung Electronics e figlio di Lee Kun-hee, leader della famiglia e presidente del colosso coreano. Un occhio all’Asia, ma anche al resto del mondo come dimostra la scelta di John Elkann, presidente e amministratore delegato di Exor, di affidare da giugno la gestione dei futuri investimenti a Shahriar Tadjbakhsh, avvocato d’affari, banchiere e manager con esperienze in tre continenti: America, Europa e Asia. Esce dalla società Tobias Brown, che per circa un anno ha ricoperto la carica di chief investment officer. Scelte che rappresentano un passo avanti verso l’internazionalizzazione. Una strategia già preannunciata da Elkann nella lettera agli azionisti a inizio aprile in cui ricordava che nel 2011 la maggior parte dei ricavi di Exor, il 62% per la precisione, «è stato realizzato al di fuori dell’Europa». La lista presentata dall’azionista Giovanni Agnelli Sapaz per il nuovo consiglio, che sarà nominato dall’assemblea dei soci del 29 maggio, è anche all’insegna di un ricambio generazionale: escono infatti nomi storici del gruppo come Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens, Pio Teodorani-Fabbri e Oddone Camerana. Ed entrano i giovani, come Eduardo Teodorani-Fabbri, figlio di Pio e Maria Sole Agnelli, e come Vittorio Avogadro di Collobiano, vice presidente delle vendite internazionali di gas in Eni e Giuseppina Capaldo, docente di istituzioni di diritto privato a Roma. Oltre a Lee ci sono altri due nomi di spessore internazionale fra le new entry del prossimo cda Exor: Mike Volpi, che è stato responsabile delle attività del colosso informatico Cisco per il mercato dei Service Provider e ad di Joost, una delle prime società a offrire servizi video a pagamento distribuiti via Internet. E Mina Gerowin, che ha lavorato in Lazard ed è direttore generale della Paulson Europe di Londra - il gruppo fondato da John Paulson, guru dei fondi hedge con competenza su finanza straordinaria, credito, crisi aziendali, rilancio e arbitrato nelle fusioni. Accanto a Elkann, Sergio Marchionne e Andrea Agnelli restano, inoltre, Victor Bischoff, Tiberto Brandolini d’Adda, Alessandro Nasi, Lupo Rattazzi, Giuseppe Recchi e Luca Ferrero Ventimiglia. Con gli ingressi di due donne, Giuseppina Capaldo e Mina Gerowin, Exor anticipa, come aveva già fatto Fiat, la normativa sulle quote rosa. Per il nuovo Cda di Exor sono quindici i nomi proposti in tutto, con sei nuovi nomi. Shahriar Tadjbakhsh sarà Chief Operating Officer di Exor a partire da giugno: gestirà con Elkann dalla sede di Torino gli investimenti del gruppo. Tadjbakhsh, 48 anni, un’esperienza di 25 anni prima come avvocato d’affari e poi nell’investment banking internazionale, sarà coadiuvato da Mario Bonaccorso e da Alessandro Nasi, entrambi managing director con competenza sugli investimenti della società. «Con la nomina di Shahriar - commenta John Elkann - Exor acquisisce nuove competenze professionali di grande rilievo: le capacità e l’esperienza di Shahriar Tadjbakhsh, maturate in 25 anni di attività in Europa, Usa e Asia, daranno a Exor un contributo significativo per sostenere la società nell’attuale fase di sviluppo internazionale». A lui spetterà il compito di portare avanti la strategia di puntare su meno investimenti ma di rilevanza mondiale: a disposizione ha oltre 800 milioni di euro, cifra in cassa a fine 2011. ___ Rinnovato il consiglio di amministrazione Exor, tappeto rosso a Mr Samsung La cassaforte della famiglia Agnelli sempre più internazionale: il figlio del fondatore del colosso coreano entra nel cda e il nuovo direttore operativo sarà lo svizzero di origini iraniane Tadjbakhsh di NINO SUNSERI (Libero 05-05-2012) John Elkann stringe i legami con Samsung: Jay Lee, responsabile operativo della divisione elettronica della società, entrerà infatti nel nuovo cda di Exor che sarà nominato dall’assemblea degli azionisti del 29 maggio. Il manager coreano è anche figlio del presidente della multinazionale di Seul e questo fatto lascia immaginare che la nomina non è destinata a restare un fatto isolato. Exor, infatti, non è solo Fiat. È prima di tutto una finanziaria d’investimenti. Probabilmente l’alleanza con una famiglia molto influente in tutta l’area dell’Estremo Oriente potrebbe rappresentare il passaporto per nuove opportunità. Soprattutto se collocate il più lontano possibile dall’Europa che, in questo momento, non rappresenta certo l’area più attraente del mondo. D’altronde qualcosa del genere era accaduta con Ratan Tata. Il capo della principale dinastia imprenditoriale indiana in Fiat era stato il preludio per il ritorno della casa torinese a Nuova Delhi. Certo l’alleanza con Tata Motors, fino a questo momento ha dato risultati largamente inferiori alle attese soprattutto per la mancanza di modelli adeguato. La revisione degli accordi dovrebbe aver migliorato la situazione. La lista dei candidati in Exor è stata presentata oggi dall’azionista Giovanni Agnelli e C. Sapaz. Nella lista c’è anche Eduardo Teodorani Fabbri, figlio di Maria Sole Agnelli. Un altro nome internazionale, oltre a quello di Jay Y. Lee, è Mina Gerowin, che, dopo avere lavorato in Lazard, è direttore generale della Paulson Europe di Londra, con competenza su finanza straordinaria, credito, crisi aziendali, rilancio e arbitrato nelle fusioni. Per il nuovo consiglio di Exor sono quindici i nomi proposti: oltre a John Elkann, Victor Bischoff (amministratore indipendente), Andrea Agnelli, Vittorio Avogadro di Collobiano, Tiberto Brandolini d’Adda, Giuseppina Capaldo (amministratore indipendente), Jay Y. Lee, Luca Ferrero Ventimiglia, Mina Gerowin (amministratore indipendente), Sergio Marchionne, Alessandro Nasi, Lupo Rattazzi, Giuseppe Recchi (amministratore indipendente), Eduardo Teodorani-Fabbri e Michelangelo Volpi (amministratore indipendente). I nomi nuovi sono sei. Oltre a Lee, Gerowin e Teodorani Fabbri, le new entry sono Vittorio Avogadro di Collobiano, vice presidente alle vendite internazionali di gas in Eni, Giuseppina Capaldo, docente di diritto privato a Roma e Mike Volpi, che è stato responsabile delle attività di Cisco per il mercato dei service provider e ad di Joost, una delle prime società a offrire servizi video a pagamento distribuiti via Internet. Shahriar Tadjbakhsh, 48 anni avvocato d’affari nato in Svizzera ma di origini iraniane, sarà chief operating officer a partire da giugno: gestirà con John Elkann da Torino gli investimenti della holding del gruppo Agnelli. Esce quindi dalla società Tobias Brown che per circa un anno ha ricoperto la carica di coo. L’attuale chief financial officer, Enrico Vellano, è confermato responsabile di tutte le funzioni centrali di Exor.