Vai al contenuto

Ghost Dog

Tifoso Juventus
  • Numero contenuti

    11014
  • Iscritto

Tutti i contenuti di Ghost Dog

  1. ALTA CORTE CONI: GIUSTO RADIARE MOGGI E GIRAUDO art.non firmato (CorSport 12-05-2012) ROMA - L'Alta Corte di Giustizia del Coni ha depositato le motivazioni delle decisioni con cui, il 4 aprile scorso, ha confermato la sentenza di radiazione per Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Innocenzo Mazzini. L’ex dg e ad della Juve e l'ex vicepresidente della Figc lo scorso anno avevano presentato ricorso contro le decisioni dei primi due organi di giustizia sportiva, entrambe a loro sfavorevoli. Ciascuna decisione consta di una ventina di pagine, in cui i componenti della Corte presieduta da Riccardo Chieppa esaminano i motivi di appello presentati dai tre ricorrenti, respingendoli in toto. Per quanto riguarda Moggi, che lamentava una disparità di trattamento rispetto ad altri casi simili al suo, si sottolinea che «tale lagnanza non è suffragata da elementi giuridicamente o quantitativamente sufficienti da giustificarla». Inoltre, la Corte sostiene che «se pure la sentenza del Tribunale di Napoli per il processo a Calciopoli rivede taluni fatti che erano stati alla base delle sentenze sportive del 2006, essa accredita comunque un quadro complessivo di estrema gravità delle condotte del ricorrente». Anche per l'ex amministratore delegato, in una delle 24 pagine di motivazione, la Corte sottolinea che quanto emerso a Napoli non inficia «quanto accertato definitivamente dalla giustizia sportiva». In riferimento al caso dell'ex vicepresidente della Figc, Mazzini, la Corte respinge tutti i punti di doglianza, concludendo che nella sentenza impugnata «non è in alcun modo ravvisabile difetto di motivazione o travisamento dei fatti». ___ LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DI RADIAZIONE L'Alta Corte: «Figc garantista su Moggi» «Giraudo e Mazzini elementi di spicco della organizzazione ufficiale dello sport» di MAURIZIO GALDI (GaSport 12-05-2012) Ieri l'Alta corte di giustizia sportiva ha reso note le motivazioni con le quali ha respinto i ricorsi di Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Innocenzo Mazzini contro le radiazioni inflitte dagli organi di giustizia sportiva della Federcalcio. «Di scorcio, con rilievo che sarà ripreso anche rispetto ad altro motivo di ricorso, sarà comunque il caso di sottolineare che, mentre è vero che la sentenza napoletana "rivede" taluni degli elementi fattuali su cui si erano basate le sentenze sportive del 2006, essa accredita comunque un quadro complessivo di estrema gravità delle condotte del ricorrente», si legge nella motivazione relativa al ricorso di Luciano Moggi. L'operato della Figc Sempre nelle motivazioni di Moggi, l'Alta corte fa rilevare come la Federcalcio abbia operato con correttezza sia nell'aspettare «prudente» è giudicata la sua condotta a infliggere la radiazione, ma anche e soprattutto nel mettere in atto una condotta «garantista» riaprendo di fatto il procedimento con un primo e secondo grado di giudizio. E sebbene non ci siamo dichiarazioni ufficiali, si definiscono «soddisfatti» in via Allegri proprio per il riconoscimento di un corretto operato. Gli altri ricorsi Il ricorso di Antonio Giraudo muoveva anche dal comportamento tenuto nei cinque anni dai fatti del 2006. L'Alta corte spiega: «Può, pertanto, essere considerata nella valutazione qualsiasi espressione concreta di ravvedimento operoso o di risarcimento o di riparazione del danno, e ogni altro elemento da cui possa ritenersi, in misura inequivocabile, l'abbandono attivo anche esternamente manifestato, con la ripulsa da comportamenti che inducono discredito dell'ambiente sportivo. Tutto quanto sopra, nella specie considerata, non risulta da prove offerte». Ma sulla radiazione di Giraudo grava per l'Alta corte anche il ruolo che rivestiva al tempo: «Inoltre acquista notevole rilevanza, ai fini della valutazione della "gravità", nella concreta fattispecie, la posizione soggettiva rivestita dall'incolpato nel campo dello sport, soprattutto quando sia stato all'epoca elemento di spicco nella organizzazione ufficiale dello sport». Motivazione che accomuna anche il ricorso di Innocenzo Mazzini. ___ CALCIOPOLI L’Alta Corte: «Atti gravi per Giraudo e Moggi» art.non firmato (TUTTOSPORT 12-05-2012) ROMA. L’Alta Corte di Giustizia del Coni ha depositato le motivazioni delle decisioni con cui, il 4 aprile, ha confermato la sentenza di radiazione per Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Innocenzo Mazzini. Gli ex dg e ad della Juventus e l’ex vicepresidente Figc avevano presentato ricorso contro le decisioni dei primi due organi di giustizia sportiva. La Corte respinge in toto i motivi di appello. Per Moggi e Giraudo si sostiene che «se pure la sentenza di Napoli su Calciopoli rivede taluni fatti alla base delle sentenze sportive del 2006, essa accredita un quadro complessivo di estrema gravità delle condotte del ricorrente». La Corte poi respinge tutti i punti di Mazzini, concludendo che nella sentenza impugnata non è ravvisabile difetto di motivazione o travisamento dei fatti.
  2. Il procuratore federale ha avviato la seconda tranche dell’inchiesta sul calcioscommesse, quella che riguarderà le indagini pugliesi «Vantaggi per chi collabora» Palazzi a Bari: prese le carte. Coordinamento con la Procura: «Terremo conto di chi parlerà ai pm» di ANTONIO GUIDO (CorSport 12-05-2012) BARI - Sconti di pena per i pentiti. Ma «bisogna prima stabilire la congruità delle sanzioni» per sapere se arriveranno prima della fine di questo campionato. Lo ha detto il procuratore federale Stefano Palazzi che ieri mattina ha incontrato in Procura a Bari il procuratore capo Antonio Laudati e il sostituto Ciro Angelillis per acquisire gli atti del filone d'indagine barese sul calcioscommesse che saranno consegnati materialmente presso gli uffici della Procura Federale. La prossima settimana la Procura si metterà all'opera per verificare gli esiti e rendere possibili gli eventuali deferimenti. IL MESSAGGIO - «Terremo conto - ha annunciato Palazzi al termine dell'incontro - di chi ha avuto atteggiamenti di collaborazione con l'autorità giudiziaria, chi contribuisce all'accertamento della verità deve avere un riconoscimento. Già oggi gli strumenti normativi di cui disponiamo ci danno grandissime possibilità perché dal 1 luglio 2007 è stata prevista espressamente nell'ordinamento sportivo della federazione la possibilità per i soggetti che collaborano con le indagini in sede disciplinare di poter ottenere grandi riconoscimenti sotto il profilo della pena» . DOPPIO SCONTO - Chi ha collaborato e collaborerà con gli inquirenti potrà trarne benefici anche sede di processo penale. «E' ovvio che se un soggetto - ha osservato Palazzi - collabora davanti all'autorità giudiziaria ordinaria per fatti che costituiscono eventualmente reato ma anche per fatti che non costituiscono reati, come in ipotesi l'omessa denuncia, e rende dichiarazioni che sono di piena collaborazione sotto questo aspetto, è chiaro che la giustizia sportiva ne tiene conto, anche se queste dichiarazioni vengono rese in sede di giustizia ordinaria. Questo tipo di collaborazione può avere degli effetti positivi anche nei confronti delle società di appartenenza dei tesserati che collaborano con la giustizia sportiva e, ancora a monte, con la giustizia ordinaria» . INCERTEZZA - Palazzi non ha chiarito quali saranno gli eventuali effetti sui campionati in corso. «Per vedere in concreto quando le eventuali sanzioni relative alla responsabilità oggettiva andranno ad essere afflittive, se nel campionato in corso o in quello successivo, bisogna prima stabilire la congruità della sanzione» . COORDINAMENTO - «Abbiamo finalmente stabilito - ha commentato Laudati - un coordinamento operativo tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria. Per noi rilevante è il fatto che numerose persone interrogate hanno dato riscontro su fatti oggetto di indagine. Chi contribuisce all'accertamento della verità deve avere dei vantaggi» . Laudati spera che «in ogni caso, possa essere fatta piena luce su tutti i fatti e ancora una volta credo che stia funzionando la squadra Stato che opera all'unisono per l'affermazione della legalità» . ALTRI DEFERIMENTI - Laudati nel corso della conferenza stampa dell'altro ieri sugli arresti dei tre ultrà del Bari ha detto che il primo troncone dell'inchiesta barese sulla frode sportiva dovrebbe essere conclusa subito dopo la fine del campionato. Conseguentemente la nuova ondata di deferimenti dovrebbe scattare i primi di giugno con lo svolgimento dei processi al termine degli Europei. Ma non è da escludere che salti fuori nuovo materiale interessante dalla Procura di Cremona, oltre a quello già atteso da Napoli. La Figc spera in ogni caso che si chiuda in tempo per indicare alla Uefa le squadre italiane da iscrivere alle Coppe europee. ------- IL MOTIVO UN FUTURO DIVERSO PER L’OMESSA DENUNCIA di EDMONDO PINNA (CorSport 12-05-2012) Le parole del Procuratore capo della Repubblica di Bari, Laudati, e di quello federale, Palazzi, sembrano avere un senso ben preciso. Soprattutto, logico. Domanda: perché un calciatore, che non ha scheletri nell’armadietto e non rischia nulla da un punto di vista penale, dovrebbe presentarsi davanti ad un pm e raccontare di aver visto Tizio e Caio commettere un reato? Per amore della giustizia, è vero. Ma nessuno lo fa. Anzi, il rischio è che nessuno lo farà mai, visto che poi le conseguenze - queste tutte sportive - sarebbero devastanti: almeno tre mesi di squalifica e 15mila euro di multa per non aver detto che Tizio e Caio scommettevano, almeno sei mesi (ma si dà un anno) e 30 mila se il reato al quale si è assistito (e non lo si è denunciato) è l’illecito. Con queste premesse, addio ai pentiti. Ma da ieri la sensazione è che le conseguenze dell’omessa denuncia possano essere molto più leggere. Ecco perché Laudati ha sottolineato come «chi contribuisce all’accertamento della verità deve essere premiato». Al momento, con l’omessa denuncia, chi contribuisce rischia di smettere di fare il calciatore. Altro che vantaggi e premi....
  3. IL NUMERO UNO DEL CONI Petrucci, 28 o 30? «Io rispetto ciò che dice la Figc» di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 12-05-2012) Presidente Petrucci, la 3a stella rivendicata dalla Juve è al centro del dibattito. Ci dica la sua. «Non posso che ribadire quanto ho affermato giovedì a Milano, a margine della presentazione delle divise dell’Italia firmate Armani per Londra 2012. Con tutti i problemi che ha il calcio italiano, quello della stella è davvero l’ultimo. Hoparlato con Agnelli, che reputo una persona molto intelligente, saprà come risolverlo senza creare un conflitto con la Federcalcio e con le regole che sono in vigore». Se metterla, e dove metterla. Dalla maglia, allo stadio. Che ne pensa di quel 30 esibito sulla gigantografia dello scudetto tricolore? «Le regole del calcio sono stabilite dalla Federazione e dalla Lega. Io posso intervenire solo facendo appello al buonsenso. Si tratta di regole chiare, ma non posso e non voglio entrare nel merito di quello che può essere messo o meno su una maglia o dentro a uno stadio». Ma gli scudetti della Juventus sono 28 o 30? «Sono quelli che ha stabilito la Federazione». Per la Federazione sono 28. «Rispetto quello che è stato deciso dalla Figc». Scusi Petrucci, ma perché evita accuratamente e ostinatamente di farlo lei, quel numero 28? «Perché ho buoni rapporti con (quasi) tutti, a cominciare da Andrea Agnelli. E non voglio litigare con nessuno». ------- Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 12-05-2012) TERZA STELLA, ABETE PRONTO AD AGIRE (E C'È QUELL'INCONTRO CON AGNELLI...) Ci voleva quell'impunito di Joseph Blatter per dire le cose come stanno: «Complimenti per il 28esimo scudetto, dopo nove anni siete di nuovo i migliori della serie A: bravi». Così c'è scritto nella lettera inviata dal presidente della Fifa ad Andrea Agnelli, per celebrare la Juventus campione d'Italia «nove anni» dopo l'ultimo scudetto. Quello del 2003. Lo sport italiano, a quanto pare, stenta ad essere altrettanto esplicito. Sembra quasi che il numero 28 sortisca un effetto orticaria. Meglio non pronunciarlo, come dimostra anche la nostra intervista al presidente del Coni Petrucci pubblicata a pagina 10. Certo, bisogna attenersi alle regole. Quelle della Federazione, nel rispetto dei ruoli. Quando si è trattato di codice etico o di bacchettare la Lega di Milano per le proprie stravaganze, però, Petrucci aveva agito con ben altro vigore. Quel numero 28 invece preferisce dribblarlo, e lo spiega pure, perché non vuole litigare con nessuno. Democristianamente, come gli ha di recente ricordato Aurelio De Laurentiis. D'altra parte, da uno che è appena entrato in politica quale sindaco di S. Felice Circeo, è il minimo. E così il numero «30» continua ad aleggiare per l'etere, per gli stadi e chissà mai se si depositerà in versione tre stelle su qualche maglia. Sorta di novello 666, il numero dell'anticristo (vedi Apocalisse di San Giovanni), il 30 turberà il sonno di molti almeno fino a domani pomeriggio, quando allo Juventus Stadium, ospite l'Atalanta, sarà celebrata la festa per il (meritatissimo) titolo di campioni d'Italia 2012. Il presidente della Federcalcio Abete si è calato in uno dei suoi tradizionali silenzi ma stavolta ha qualche buon motivo: vuole vedere che cosa succede e lo farà in diretta, da ospite di Varriale nella trasmissione televisiva Stadiosprint. Pronto, se necessario, a non limitarsi alla celebrazione della straordinaria impresa compiuta da Conte e dai suoi ragazzi. Se il 30 sarà esageratamente ostentato, Abete si riserva di intervenire. Certo, tra un eventuale «rammarico», quello che manifestato dopo lo sfacciato «no» delle società agli stage della Nazionale, e una più virile «indignazione» ce ne passa. Ma Abete questa volta ha tutta l'aria di essere assai agguerrito. Meglio così. C'è un antefatto, infine, che fa sperare in un epilogo senza bisogno di patrie in armi. Tra Abete e Agnelli gli incontri ravvicinati del terzo tipo non si sono limitati in questi ultimi tempi alla telefonata di felicitazioni postscudetto. In precedenza c'era stato anche un rendez-vous segretissimo in via Allegri: due ore di intensi colloqui, perché è chiaro che la Federazione ha bisogno di una Lega di A capace di esibire un certificato di esistenza in vita, attualmente assente. E un domani un consigliere federale come Agnelli sarebbe molto più gradito e utile di quanto finora Milano, tra Cellino, Lotito e il poco presente Beretta, non abbia saputo esprimere. Se son rose, insomma, fioriranno. E se son stracci voleranno. ------- GaSport 12-05-2012 ___ Il caso Lettera del presidente della Federcalcio mondiale. Zeman: «I titoli? Direi 22 o 23» Blatter scrive alla Juve e dribbla la terza stella Il n. 1 Fifa: «Complimenti per il 28° scudetto» di FABIO MONTI (CorSera 12-05-2012) Sulla questione del numero degli scudetti vinti dalla Juventus (30 sul campo, 28 in base alle sentenze della giustizia sportiva, con la revoca dei titoli del 2005 e del 2006), si è espresso il presidente della Fifa, Joseph Blatter. In una lettera al presidente bianconero, Andrea Agnelli, Blatter ha scritto: «È con mio grande piacere porgerLe le congratulazioni per la vittoria del 28° titolo di campione d'Italia. Domenica scorsa, a seguito di una grande prestazione la Juve, squadra dei record, è riuscita ad aggiudicarsi il 28° scudetto. Un grande risultato che, a ragione, ha subito scatenato gioia ed euforia. Perché, dopo nove anni, la Juve si è nuovamente aggiudicata il titolo di miglior squadra italiana di serie A. Per questo risultato storico, porgo i miei complimenti alla presidenza, a tutti i giocatori, agli allenatori, allo staff di supporto e al management. Auguro a tutti, tanto successo e ogni bene! Cordiali saluti. Bravissimo!» Nella lettera, non si fa alcun riferimento alle rivendicazioni della Juve sui due scudetti revocati e sul diritto ad esibire la terza stella; si è soltanto insistito sul numero 28 e sugli anni che sono trascorsi dall'ultimo titolo riconosciuto dalla Figc (nove). La Juve non ha commentato la lettera di Blatter: che abbia gradito il senso, ma non i numeri della lettera, è dimostrato dal fatto che non si è trovata traccia dell'iniziativa del presidente della Fifa sul sito juventino. Se la Fifa è la federazione delle federazioni calcistiche di tutto il mondo, la strategia del club bianconero non cambia: la battaglia per la terza stella continua, anche se la lettera di Blatter può avere un peso politico rilevante. E nel frattempo ha definito il percorso della sfilata in pullman della squadra domenica sera: i campioni raggiungeranno il parco del Valentino, partendo da Porta Susa e alle 22 tutti a casa. Una risposta indiretta al presidente della Fida è arrivata dal popolo della rete. Ed è emersa una proposta: «Rispedire la lettera a Blatter, con la scritta indirizzo sconosciuto, perché non c'è nessuna squadra a Torino che ha vinto 28 scudetti come afferma Blatter». Altri concetti: «Blatter avrebbe fatto meglio a non schierarsi, evitando le beghe italiane, così come fatto da Platini». Della terza stella ha parlato anche Conte, in una lunga intervista a Sky: «Le stelle hanno un valore simbolico, l'importante è entrare nella storia con le vittorie. Questo è il mio primo scudetto da allenatore. Per mentalità, non guardo mai indietro né per pensare alle cose belle, né per pensare a quelle brutte. Penso sempre al presente e a quello che verrà». Di stelle ha parlato anche Zeman: «Gli scudetti della Juve? Io ne conto 22 o 23.. . Ognuno si può mettere quello che vuole; anch'io potrei mettermi due stelline. Gli juventini si sentono così...» Opinioni. L'estate è lunga. ___ Guerre stellari Blatter, complimenti al veleno «Juve brava per il 28° scudetto» Perfido messaggio del presidente Fifa per richiamare all’ordine la Signora e appoggiare Abete. Il sito bianconero lo ignora. Ma anche l’Uefa si adegua di RICCARDO SIGNORI (il Giornale 12-05-2012) E adesso chi lo dice agli juventini che Blatter non la pensa come loro? Seguiranno petizioni, lettere, email, twitterate contro il “dittatore“ della Fifa che, con perfida cortesia, ha recapitato i suoi complimenti per il ventottesimo scudetto. Certo, ventotto e senza bisogno di farsi regalare una calcolatrice. Anzi, 28 ripetuto in modo quasi petulante, e senza dimenticare che «la Juventus non vinceva scudetti da ben nove anni». E qui ci cova Abete (nel senso della conifera presidenziale eletta alla federcalcio): la lettera del presidente Fifa è una sorta di braccio armato giunto in aiuto del numero uno del nostro pallone. Chi vuole intendere, intenda, sottintende Blatter che evidentemente non è dello stesso parere di Platini. Michel, ex cuore e anima Juve, non se l’è sentita di bocciare la testarda guerra iniziata da Andrea Agnelli. «Non sono problemi Uefa, sono problemi italiani», disse poche settimane fa. Però ieri sul sito Uefa è stata celebrata la Juve come squadra record per aver perso nessuna partita ed «aver vinto domenica il 28esimo scudetto». Ventotto: anche in Europa non sanno contare? Per fortuna della Juve il problema (28 o 30?) non porrà problemi alla sua partecipazione alla Champions league. Invece Blatter si è espresso con ditirambica prosa. Leggete un po’ quanto ha scritto ad Agnelli replicando quanto aveva già espresso su twitter lunedì scorso: «É mio grande piacere porgerLe le congratulazioni per la vittoria del ventottesimo titolo di campione d'Italia. Domenica scorsa, a seguito di una grande prestazione, la squadra dei record Juve è riuscita ad aggiudicarsi il ventottesimo scudetto. Un grande risultato che, a ragione, ha subito scatenato gioia ed euforia. Perchè, dopo nove anni, la Juve si è nuovamente aggiudicata il titolo di miglior squadra italiana di serie A. Per questo risultato storico porgo i miei complimenti alla presidenza, a tutti i giocatori, agli allenatori, allo staff di supporto e al management. Auguro a tutti tanto successo e ogni bene! Cordiali saluti, bravissimo!». Bravissimo chi? Gli juventini non gradiranno, ma Blatter ha fatto lezione a tanti, anche in Italia. Perfido e furbo, attento e scrupoloso nel riportare tutti in un ambito di legalità. A prescindere da cosa si pensi circa lo scudetto assegnato all’Inter che ha scatenato tal putiferio. Le teste pensanti bianconere saranno diventate fumanti e si saranno dette: ma come si permette? Sì,un po’ sfacciato. Mai a caso. Ci sarà un giorno che la Juve capirà. Intanto la lettera ha provocato una sorta di alzata di spalle. Il documento non verrà archiviato sul sito bianconero. Le risposte ufficiali arriveranno in modo indiretto. Per esempio, Giorgio Chiellini ha lanciato una t­shirt celebrativa che raffigura lo schema del gioco del tris, in cui per vincere bisogna allineare tre simboli identici. Non a caso, si vince con le tre stelle in diagonale. Domenica è previstala parata finale dei giocatori, sul pullman scoperto, attraverso la città: e le tre stelle si sprecheranno. Alla faccia di chi vorrebbe un minimo rispetto per le regole e le sentenze. Ieri lo ha fatto sapere il giudice Caselli, procuratore capo di Torino, che, vestendo però maglia granata del Toro, rischia soltanto una sventaglia di vaffa! Sportivamente parlando, s’intende. «Possono avere tutte le ragioni di questo mondo ma le sentenze si accettano e le regole vanno rispettate. Dunque non dovrebbero metterla. Anche se questo scudetto è stato proprio meritato dalla Juve: uno scudetto meritocratico, hanno giocato molto bene». Il tormentone non finirà. Ce lo porteremo dietro per tutta l’estate. La Juve si sta divertendo. La federcalcio si sta struggendo nei suoi tormenti silenti. Salvo pensarla come Zeman: «Gli scudetti della Juve? Ne conto 22-23. Anch’io posso mettermi tante stelline...». ------- il tifoso Anche i rossoneri potrebbero adottare il metodo Agnelli Stelle fai da te? Ecco perché il Milan ne avrebbe due Mancano i titoli del ’16 (declassato dalla guerra) e del 2005 (non assegnato) di MARCELLO ZACCHÈ (il Giornale 12-05-2012) La Juventus è arrivata alla terza stella? Allora è anche ora che il Milan aggiunga la sua seconda, maturata già un anno fa. Un merito sportivo valido tanto e forse più di quello dei bianconeri, con la sola differenza che Silvio Berlusconi, con Barbara e Adriano Galliani, per rispetto - e diremmo anche amore - delle regole e consuetudini federali, non hanno mai reclamato. Ora però, se questi sono i tempi moderni dettati dalla Juve di Andrea Agnelli e Antonio Conte, anche per non passare da cornuti e mazziati è il momento di venire allo scoperto. I fatti sono semplici, ma è utile ripassare un po’ di storia. Partiamo dal 2011 e andiamo a ritroso: lo scorso anno, di questi tempi, il Milan di Allegri vinceva il suo ventesimo scudetto, che vale la seconda stella. Ma la statistica dice 18, come è 28 quello di Conte. In verità ne mancano due ai rossoneri. Attenzione: come forse qualcuno sta pensando, qui non si intende riaprire ferite mai rimarginate, che da sole varrebbero titoli di cui il Milan è stato privato da torti di varia natura riconosciuti a livello planetario. Quindi non si vuole perdere tempo, per esempio, con il campionato rubato del ’72-73, complice l’arbitraggio di Lo Bello (Concetto) in Lazio-Milan, (in confronto al quale la direzione del signor Moreno di Italia-Corea del Sud risulta cristallina ed esemplare) che è poi costato il campionato perso a Verona all’ultima giornata (nonostante la richiesta dei rossoneri, appena vittoriosi in coppa Coppe, di rinviare la gara di qualche giorno). Né la vergognosa sceneggiata della monetina di Alemao& Carmando in Atalanta-Napoli del ’90, costata un altro scudetto per mano poi esecutiva di un altro Lo Bello (Rosario) e di un’altra Verona, alla penultima giornata. Ripetiamo, non è questo il punto: il rossonero è popolo avvezzo ad accettarne di ogni, tanto che l’unico gol mai realizzato nella sua vita da Muntari non fa che il solletico ai vecchi milanisti. Qui la questione è un’altra: sportiva e indiscutibile, scolpita nel marmo della storia del calcio. Per questo bisogna ricordare cosa accadde nel 1915, quando in concomitanza dell’entrata in guerra dell’Italia, la Federazione sospese il campionato, a detta di tutti un po’ frettolosamente. Tanto che le grandi squadre di quel tempo, pur prive di molti atleti chiamati al fronte, chiesero e ottennero alla Federazione stessa di organizzare un torneo a gironi per la stagione 1915-16, in tutto e per tutto analogo a quello che l’anno prima si era aggiudicato il Genoa. Battezzato «Coppa Federale», il trofeo fu vinto dal Milan, impostosi nel girone finale all’italiana proprio sulla Juve, battuto 3-1 il Genoa campione nella partita decisiva, giocata al Velodromo Sempione il 30 aprile 1916. E questo è il primo campionato che manca. Il secondo è figlio di Calciopoli: trattasi dello scudetto 2004-05, vinto dalla Juventus, ma poi revocato. Il Milan, quell’anno, arrivò secondo. Dunque: se quel titolo non è più della Juve, è pacifico che vada assegnato al Milan. Anche perché per l’anno successivo, 2005-06, il ragionamento della Federazione è stato esattamente lo stesso: Juve prima, ma retrocessa; Milan (anche quella volta) secondo, ma penalizzato fino al quarto posto in classifica; Inter terza, e per questo proclamata campione d’Italia. A questo punto l’ordinato popolo rossonero attende solo un segnale dai suoi condottieri: che arrivi presto, nunc est bibendum. ___ GaSport 12-05-2012 ___ IL TEMPO 12-05-2012 Questa striscia satirica da IL TEMPO è troppo...
  4. PEREZ VERSO IL CRAC Real nei guai: patron indebitato per nove miliardi di FRANCESCO PERUGINI (Libero 12-05-2012) Un impero lussuoso fondato sui debiti. È l’accusa che il New York Times rivolge al Gruppo A.C.S., la multinazionale delle costruzioni del presidente del Real Madrid, Florentino Perez. Quasi dieci miliardi di esposizione debitoria: questo il macigno che pende sul gruppo, un pilastro dell'economia spagnola. Una cifra che corrisponde quasi al doppio del valore azionario della società. Secondo il quotidiano Usa, l’A. C. S. rischia un catastrofico fallimento che porterebbe un decennio di stagnazione per l’economia iberica. Colpa dell’eccessivo indebitamento del settore privato spagnolo (134% del Pil), vero tallone d’Achille di un’economia pubblica sana (debito pubblico al 70%). Le grandi aziende iberiche hanno costruito la loro crescita sui prestiti bancari, ottenuti a tassi irrisori e usati per grosse acquisizioni di azioni e fondi. Proprio come le sontuose campagne acquisti del Real nelle ultime stagioni. «Il debito del gruppo è fuori controllo », denuncia un altro studioso. Colpa anche dell’ambizione e dell’ossessiva ricerca di visibilità da parte di Perez, attraverso l’economia e il calcio. Con il crollo del valore azionario (40% solo quest’anno), l’A.C.S. rischia di fallire e di trascinare giù con sé l’economia di tutto il Paese ma anche l’impero delle merengues. E con tutti i guai della crisi il popolo spagnolo potrebbe dover pagare pure lo stipendio di Cristiano Ronaldo.
  5. Il Sole 24 ORE 12-05-2012 ___ LA HOLDING DELLA FAMIGLIA AGNELLI ENTRERÀ NEL CAPITALE DI PARIS ORLEANS. CEDUTO L’87% DELLA BRASILIANA BTG PACTUAL Elkann stringe legami con i Rothschild A marzo il valore degli attivi (Nav) di Exor è salito a 7,47 miliardi di LUCA FORNOVO (LA STAMPA 13-05-2012) John Elkann, presidente e amministratore delegato della società d’investimenti Exor, rafforza ancora l’asse delle relazioni con le grandi famiglie del capitalismo internazionale. Dopo l’ingresso nel consiglio di amministrazione di Jay Lee , l’erede del colosso dell’elettronica Samsung, la holding della famiglia Agnelli si prepara a diventare socio dei Rothschild, uno dei più potenti gruppi finanziari in Europa e a livello mondiale. Exor entrerà infatti nel capitale di Paris Orleans, holding della famiglia Rothschild. Nel comunicato sui conti trimestrali, la finanziaria della famiglia Agnelli sottolinea di aver sottoscritto, il 3 aprile, nell’ambito del processo di riorganizzazione di Paris Orleans, un impegno ad acquistare azioni del gruppo fino a un massimo di 25 milioni di euro. L’investimento finale dipenderà dai risultati dell’Opa che verrà lanciata su Paris Orleans dalla controllante Rothschild Concordia. Per quanto riguarda, invece, il bilancio del primo trimestre di Exor, approvato venerdì dal consiglio di amministrazione a Torino, tra i risultati emerge la forte crescita del Nav, il valore netto degli attivi, che è salito a 7,47 miliardi di euro, oltre un miliardo in più (+18,2%) rispetto al 31 dicembre 2011. In netto rialzo nei primi tre mesi dell’anno anche i profitti, grazie al miglioramento dei conti delle principali partecipate, Fiat-Chrysler, Fiat Industrial e Sgs. L’utile balzato a 105,5 milioni di euro è più che raddoppiato rispetto all’analogo periodo del 2011 quando era pari a 44,8 milioni. La variazione positiva ammonta a € 60,7 milioni e deriva dal miglioramento netto dei risultati delle partecipate (+ 41 milioni di euro), dai maggiori dividendi incassati da Sgs (+3,8 milioni) e da altre variazioni nette (+18,3 milioni), parzialmente compensata dal decremento dei proventi (oneri) finanziari netti (-2,4 milioni). Al 31 marzo 2012 il patrimonio netto consolidato attribuibile ai soci della controllante ammonta a circa 6,7 miliardi ed evidenzia un incremento netto di 346,5 milioni rispetto al dato di fine 2011, pari a 6,4 miliardi. Al 31 marzo il saldo della posizione finanziaria netta consolidata del Sistema Holdings è negativo per 363,8 milioni, con una variazione negativa di 38 milioni rispetto al saldo negativo di 325,8 milioni di fine 2011. Exor, che prevede di chiudere l’esercizio 2012, nonostante la difficile congiuntura economica, con un risultato positivo sia della capogruppo sia a livello consolidato, porta avanti la strategia di semplificazione delle partecipazioni. Il 20 aprile Exor, assistita dallo studio legale Paul Hastings, ha dato attuazione all’accordo per la cessione di Alpitour per 225 milioni a Seagull, società controllata da due fondi di private equity facenti capo a Wise e J. Hirsch & Co. Rientra sempre nella strategia di semplificazione, l’annuncio del disinvestimento nella banca d’affari brasiliana Btg Pactual, considerata la Goldman Sachs dell’America Latina. In occasione della sua entrata in Borsa la holding del gruppo Agnelli ha ceduto l’87% dell’investimento, originariamente pari a 19 milioni di euro, con il 20% di ritorno finanziario.
  6. la posta del GUERIN SPORTIVO | GIUGNO 2012 IL GIOCO DEGLI SCUDETTI: È GIUSTO CONSIDERARLI TUTTI UGUALI PER IMPORTANZA? Caro Guerino, ho letto con attenzione lo scoop di Carlo F. Chiesa sul numero scorso. Dunque la Juve dovrebbe avere due scudetti in più. Ma questo mi ha dato lo spunto per un ragionamento più ampio. Non sarebbe più corretto prendere in considerazione l'albo d'oro della sola Serie A, escludendo quindi i campionati antecedenti al 1929? Non riesco a considerare come scudetti quelli assegnati a inizio secolo, che si giocavano in un solo giorno. Niente campionati del Nord e del Sud. Valgano solo i campionati a girone unico. Paolo Santarelli Risponde Giovanni Del Bianco. «Riflessione stimolante, caro Paolo. Gli scudetti vinti in un giorno non hanno lo stesso grado di difficoltà di quelli conquistati dopo 30, 34 o 38 giornate. Ma è anche vero che ciò vale per qualunque sport, anche individuale. Possiamo confrontare una vittoria di oggi a Wimbledon con quella di un secolo fa? No, un albo d'oro è anche evoluzione di una disciplina. È però interessante vedere che cosa salta fuori dal calcolo alternativo dei soli titoli a girone unico. Non ce ne vogliano i tifosi di Genoa e Pro Vercelli: stiamo per svuotargli la bacheca solo virtualmente. Allora scopriamo che dal 1929 a oggi, la Juve ha vinto 26 titoli (e non 28), l'lnter 16 (e non 18), il Milan 15 (e non 18) e quarto non è più il Genoa, che da 9 si ritrova a O, ma il Torino con 6 (e non 7). Seguono il Bologna con 5 (e non 7), la Roma con 3, la Fiorentina, la Lazio e il Napoli con 2, il Cagliari, il Verona e la Samp con 1. Da questa statistica parallela emerge che i bianconeri avrebbero vinto la prima stella nel 1961 (e non nel 1958), la seconda nel 1986 (e non nell'82), i rossoneri l'avrebbero conquistata solo nel 1993 (e non nel '79), i nerazzurri nel 1980 (e non nel '66). Il primo scudetto non è più del Genoa, dunque, ma dell'Ambrosiana-Inter, seguita subito dopo dai cinque successi di fila della grande Juve. Non abbiamo conteggiato la vittoria dei Vigili del Fuoco di La Spezia: era dopo il 1929 ('44), però non è considerata Serie A (ma campionato Alta Italia), e non era a girone unico. Interessante considerare che quella vittoria, se giudicata valida a tutti gli effetti, farebbe venir meno i cinque scudetti consecutivi del Grande Torino. E dato che ci siamo, facciamo anche il gioco inverso: se dovessimo contare solo i campionati prima del girone unico, ci ritroviamo col Genoa a 9, la Pro Vercelli a 7, il Milan a 3, l'Inter, la Juve e il Bologna a 2, il Torino, la Novese e il Casale a 1. In realta, l'albo d'oro che conta di più per i quattrini è quello che si sono inventati in Lega calcio per la ripartizione dei diritti tv, quello del dopoguerra. La scelta è ricaduta su questa opzione perché si è tenuto conto dell'anno di nascita della Lega Nazionale Professionisti (1946). Rimane fuori quindi il campionato 1945-46, che sta "a metà": è post guerra ma si è giocato prima della nascita della Lega calcio. Una decisione, quella di ripartire i diritti tv tenendo conto solo del dopoguerra, che ha favorito, guarda un po', il Milan (i rossoneri diventano così secondi e, rispetto al Girone unico, non perdono nemmeno un titolo, mentre la Juve scende da 26 a 21, l'Inter da 16 a 13, il Torino da 6 a 4, il Bologna da 5 a 1), ma è sicuramente una coincidenza».
  7. CONTE E PIRLO I PILASTRI DELLO SCUDETTO di GIANNI MURA dalla rubrica murales (GUERIN SPORTIVO | GIUGNO 2012) Dicono sia un martello. Lo sarà pure, Antonio Conte, ma non è un fanatico. E lo ha dimostrato. Con un vecchio giochino, se si deve stabilire quanto c'è del tecnico nello scudetto direi il 50%. E, dovendo scegliere un giocatore-simbolo, assegnerei a Pirlo l'altro 50%. È una storia istruttiva. Sembravano fatti per non piacersi, invece dal loro incontro, tutt'altro che uno scontro, è nato qualcosa di solido. Il 4-2-4 tanto amato da Conte non prevedeva un giocatore con le caratteristiche di Pirlo, per cui al Milan non c'era più spazio. Una volta che se l'è trovato in rosa, Conte ha rivisto le sue idee. Rivederle non significa bocciarle, ma semplicemente scegliere l'assetto più conveniente e fruttifero. Per la squadra, per il tecnico, per il giocatore, quindi per la classifica. Secondo Boban, Pirlo è l'unico giocatore in Europa a darti la certezza del gioco. Io ci metterei anche Xavi, ma è questione secondaria. Per appoggiare Pirlo, che peraltro ha ancora una buona mobilità, ecco Marchisio e Vidal, passato da oggetto misterioso a grande recuperatore di palloni. Blindata la difesa (utilissimo Barzagli), ruotato molto in attacco. E allora? Allora, non è facile sistemare progressivamente la squadra senza perdere una partita. Qui sta la grande bravura di Conte: nella continuità di rendimento da settembre a maggio. Poi è chiaro che si può anche incappare in qualche pareggino con le piccole, ma la cartina di tornasole è un'altra: la Juve non è stata messa mai sotto dalle grandi, e un po' alla volta s'è convinta di essere tornata grande a sua volta. Non poteva essere diversamente. Carta canta: i numeri. Campo canta: i risultati. A proposito di grandezza, i numeri non dicono tutto ma qualcosa sì, e su scala europea. Oltre ad aver firmato il più lungo periodo d'imbattibilità stagionale (record della Juve, poi vengono Borussia Dortmund con 26 giornate e Real Madrid con 19), la Juve - al momento in cui scrivo - è ben piazzata (quarta) nella classifica dei tiri in porta a partita e terza, dopo Barcellona e Bayern, in quella del possesso di palla. Che non è un totem; ma qualcosa, che è poi fondamentale, comunica: la voglia di fare la partita e di non subirla. Qui Conte ha lavorato proprio bene, mettendo fascine sotto il fuoco dell'orgoglio d'appartenenza, dicendo a chiunque scendesse in campo «noi siamo la Juve e dobbiamo esserlo sempre ». Normale, obietterete, volete che non conosca la Juve uno che con la sua maglia ha giocato quasi 300 partite? Non tanto normale, direi, perché le situazioni cambiano, come le facce. Qualcuna Conte la conosceva bene, fu lui a passare a Del Piero la fascia da capitano. Qualche altra no. Molte altre no, sul campo e negli uffici, o in tribuna d'onore. Conte aveva fatto un buon lavoro, prima di arrivare, anzi di ritornare alla Juve. Ma vuoi mettere, dicevano gli scettici: un conto è allenare ad Arezzo, a Bari, a Siena, un conto a Torino, con la pressione che c'è, con la voglia di rivincita che c'è. La pressione, che c'era e c'è, sembra durare solo il tempo di giocare la partita e di arrochirgli la voce. Un altro merito è che questa pressione non sembra aver condizionato le teste dei giocatori, tant'è vero che la disciplina di gruppo non è mai venuta meno. Nessuna polemica da parte dei giocatori, nemmeno da quelli tenuti un po' in disparte, nessun gesto sgarbato al momento della sostituzione, nessun focolaio di contestazione: percorso netto, Conte può esserne fiero. Qualcuno del gruppo lo ha ammesso, come Vucinic: «Conte mi ha fatto capire quanto posso correre». E si sa che correre su un campo di calcio, per Vucinic, non è l'attività preferita. Corricchia, corre solo quando è indispensabile, ma spesso fa affidamento sui numeri dati dal talento naturale. La corsa è una componente fondamentale del gioco · di Conte. Il modulo va e viene, a seconda delle circostanze. Ultimamente è stato privilegiato il 3-5-2 già praticato da Napoli e Udinese, 3-5-2 che in Italia ha toccato la punta più alta col Parma di Scala. Basta un attimo per trasformarlo in 5-3-2 per la fase difensiva, importante è disporre di esterni che sanno difendere come attaccare, e Conte li ha avuti: Lichtsteiner (o Caceres) a destra, il molto migliorato De Ceglie (o Chiellini, o Estigarribia) a sinistra. La corsa, dicevo, la velocità. Nell'andare in pressing per recuperare la palla c'è nella Juve qualcosa del Barça. Nell'andare ossessivamente all'attacco all'inizio di ogni tempo c'è molto di Conte. È come picchiare un pugno sul tavolo, far sentire che la presenza non è formale, né decorativa. Come un mantra, Conte per larga parte della stagione ha ripetuto: non dimentichiamo da dove siamo partiti. Poteva sembrare scaramanzia, ma è così che sono arrivati dove sono arrivati. Ovvio che lassù non si arriva solo con la fame arretrata, la voglia di rivincita, le famose motivazioni, parola talmente usata da risultare un guscio vuoto (un po' come progetto e filosofia). Ci si arriva con gioco efficace. Altro punto a favore di Conte: non ha avuto bisogno di molto tempo per trovarlo. Ed è, già adesso, un gioco di valore europeo. In cui tutti arrivano in porta, pensiamo ai gol di Marchisio e Vidal. Qui torna il discorso su Pirlo: quando una squadra sa di poter contare su un tipo così, tutti sono più tranquilli, perché sanno che basta farsi vedere e quello ti sforna palloni col contagiri. L'estate scorsa avevo dedicato la rubrica all'importanza di Pirlo, non occorre aver studiato a Coverciano per rendersene conto. Il Milan può sempre dire di non aver patito la sua partenza, perché è stato in ballo fino all'ultimo, e questo è innegabile. Ma bisogna considerare anche quel valore che Pirlo ha aggiunto alla Juve. Oppure chiedersi, così per gioco, come sarebbe stato, senza Pirlo, il cammino della Juve. Manca la controprova, ma penso che sarebbe stato più faticoso. Top player è un termine molto di moda. La Juve ne ha tre: Buffon, Pirlo e Del Piero. Altri sono ottimi, forse diventeranno top player. Altri sono buoni e comunque utili. Aver vinto lo scudetto con un esiguo numero di top player può essere il fiore all'occhiello di Conte, che ha messo in piedi una squadra vera. E adesso, attrezzarsi per l'Europa.
  8. IL SACRIFICIO VINCENTE DEGLI AGNELLI di ROBERTO BECCANTINI dalla rubrica il mitico Beck (GUERIN SPORTIVO | GIUGNO 2012) CONTE CORRENTE Alzi la mano chi. Io no di certo. Quando venne annunciato Antonio Conte, ero scettico: il suo Bari, in Serie B, mi aveva entusiasmato, ma la Juventus era la Juventus, soprattutto questa, calciopolizzata e sepolta sotto due settimi posti. Ebbene sì, i dubbi erano tanti e profondi: riguardavano lui e la rosa che gli avrebbero affidato. Per questo, nella griglia estiva, collocai la Juventus al sesto posto. Gli devo, dunque, uno dei più grossi abbagli della mia carriera. A 43 anni, Antonio è stato una scelta giovane d'età e di testa. Juventino fino al midollo, sanguigno e, quando serve, settario. Ma lucido, sempre: e così molto razionale, e così poco talebano, da non restare prigioniero di quel 4-2-4 con il quale si era speso e aveva fatto campagna "elettorale". Non sempre correggere un sistema di gioco significa rinnegare un'idea. Nel suo caso, sì: come documentano il mercato dei troppi esterni (Elia, Estigarribia, Giaccherini) e il drastico passaggio al triangolo di centrocampo, né previsto né suggerito. Conte ha trasformato un gregge in gruppo, l'ossesso palla in possesso palla e una delle difese più crivellate in un bunker blindato. Come un vampiro, ha succhiato sangue a tutti, ricavandone pressing e passione. Di solito, queste cose si chiamano capolavori. FIAT LUX In principio fu Cristiano Zanetti. Poi Tiago e Almiron. Lampadine. Fino a quando non si passò alle due torce (Sissoko-Felipe Melo) e ai fiammiferi di Aquilani. Improvvisamente, Pirlo. Un lampadario. E tutto cambiò. Non solo alla Juventus: anche, e soprattutto, al Milan. Andrea Pirlo ha tolto e ha dato, ha indebolito e rafforzato. Classe 1979, veniva considerato un regista in disarmo: o così, almeno, filtrava da Milanello. Fine contratto e, quindi, scartato. Bravo Marotta a stargli addosso. Pirlo è il regista che mancava a Conte e che, Allegri dixit, non sarebbe mancato al Milan. Non siamo di fronte a una semplice operazione di mercato, siamo di fronte a un cambio, se mi passate il termine, filosofico. In parole povere: da Pirlo a Van Bommel, da Felipe Melo a Pirlo. Dentro a questi confini è cominciata la rimonta ed è stato formalizzato il passaggio di consegne. Era la Juventus, la squadra del muscolo, non il Milan. Il Milan era scuola, geometria, estetica. Pirlo ha mescolato le carte e prodotto una rivoluzione capace di far cambiare indirizzo persino allo scudetto. Non solo lui. Ma soprattutto lui. Cotto, bollito? Al contrario. Le "vacanze" europee e l'orgoglio ferito l'hanno spinto a una stagione straordinaria. Fiat lux. IN FAMIGLIA Dicono: è stato un caso. Forse, boh, chissà. Ma se davvero lo è stato, complimenti al destino per come coltiva la memoria e cura i dettagli. Torna un Agnelli alla presidenza e la Juventus torna a produrre scudetti, come in passato, quando regnava lo zio di Andrea o comandava suo padre Umberto. È il primo titolo del dopo Calciopoli. Il ventottesimo della collezione (ci sarebbero anche i due "orfanelli" delle sentenze sportive, ma questa è un'altra storia). Dietro ad Andrea c'è Antonio Giraudo: prova ne sia la gestione del caso Del Piero, molto pratica, molto giraudiana. Andrea è presidente dal 19 maggio 2010. Governa un popolo rancoroso perché diviso sul lascito dello scandalo e, a maggior ragione, perché frustrato da ben sei anni di "zeru tituli". John Elkann aveva sbagliato la pedina cruciale (Jean-Claude Blanc), Andrea ha scelto Giuseppe Marotta. L'impatto è stato ruvido, visto lo spazio che si era presa la concorrenza e visto, soprattutto, il rosso del bilancio. Due gli obiettivi: restituire la Juventus alla tradizione, fare chiarezza su Calciopoli. Andrea ha battuto i pugni sul tavolo, sfidato la Federazione, bacchettato l'Inter. E così la Juventus è tornata antipatica perché vincente (o vincente perché antipatica). Ai suoi spasimanti piace così. LA PRIMA PIETRA Con lo stadio di proprietà, la Juventus ha anticipato il futuro. Mai battesimo è stato così simbolico, così dolce. Il Comunale, se non altro, aveva un'anima. Il Delle Alpi no, era una scatola. L'Olimpico, un astuccio: e comunque, sempre a due piazze, Juventus e Toro. Qui sì che, tenendo conto delle abitudini italiane, possiamo parlare di svolta epocale. Mormorano, i maligni, che le condizioni strappate da Antonio Giraudo all'allora sindaco Sergio Chiamparino furono fin troppo "eccezionali" (99 anni di concessione dell'area in cambio di 25 milioni di euro); resta il fatto che la Juventus ha staccato il gruppo. Parafrasando l'antico proverbio cinese, quando il saggio indica lo stadio, lo stolto guarda il mercato. Sapete citarmi il nome di una società che, Juventus esclusa, abbia preferito un mattone a una mezzala? L'arena è la casa, la tana. Scrivi Bernabeu e dici Real. Pensi al Camp Nou e sei attraversato dai dribbling di Leo Messi e dalle pagine che George Orwell dedicò alla Catalogna. Il progetto di Giraudo è stato ripreso e completato da Blanc. I giocatori passano, lo stadio rimane: se mai Andrea Agnelli decidesse di vendere la Juventus, l'acquirente non troverebbe soltanto emozioni, sentimenti, ma anche muri. Juventus Stadium, con tanto di museo. Perché la memoria va allenata, non parcheggiata. IL MIGLIOR GIOCO Non era più la Juventus onnivora dell'era pre-Calciopoli. Era una Juventus magra, tutta pelle e ossa. Per questo, aveva fame: e, di morso in morso, più fame di tutti. Ma l'appetito, da solo, non sarebbe bastato. E nemmeno il carattere, riportato ai livelli della normalità storica. E neppure la "bava alla bocca", recuperata da anni di mediocrità. Ci volevano giocatori all'altezza, serviva un gioco di qualità. La formazione tipo può essere così riassunta (4-3-3): Buffon; Lichtsteiner, Barzagli, Bonucci, Chiellini; Vidal, Pirlo, Marchisio; Pepe, Matri, Vucinic. I nuovi sono quattro. Conte ha praticato scelte nette (Krasic) e affidato le ambizioni al gusto del gioco, non solo ai piaceri della carne (ritmo, aggressività, eccetera). Tre i vantaggi di fondo: la mediocrità del contesto, l'assenza di impegni extra, gli infortuni del Milan. Precisato ciò, ribadisco il concetto: la Juventus ha offerto il miglior calcio del campionato. Campionato nell'ambito del quale ha dato e ribadito l'impressione di essere un piccolo Barcellona, dall'occupazione degli spazi al sequestro degli avversari. La prossima Champions ci fornirà il peso della squadra al netto della modestia collettiva che, senza intaccarne i meriti, ha zavorrato la bilancia e cementato l'imbattibilità. GRAZIE, CAPITANO Per entrare nella storia, bisogna uscire dalla cronaca. Alessandro Del Piero lascia la Juventus dopo vent'anni: era arrivato, cucciolo, nell'estate del 1993, scovato dal naso di Aggradi, che teneva bottega a Padova, e dall'occhio di Boniperti. Gli anni passano, a novembre saranno 38. Andrea Agnelli venne criticato per averne anticipato l'addio. Il capitano ha risposto, dopo il gol alla Lazio, con un'intervista in cui si diceva dispiaciuto per quell'uscita. Avrebbe voluto chiudere la carriera a casa sua, nella Juventus. Nulla (e nessuno, voglio sperare) gli impedirà di tornare. Ale si è preso un ruolo impegnativo: seconda punta. Gli Zanetti e i Giggs giocano a centrocampo, là dove il gol rappresenta un diversivo e non un obbligo: i tifosi non li aspettano al varco con il fucile puntato. Viceversa, per chi gioca all'attacco, il gol è dovere, senza se e senza ma. Nelle gerarchie di Conte, Del Piero era scivolato al quinto (e ultimo) posto. In assenza di controprove, ognuno ha diritto di coccolarsi la sua tesi: 1) con Del Piero meno riserva, molti pareggi sarebbero diventati vittorie; 2) con Del Piero riserva, la Juventus ha vinto lo scudetto. L'importante è che la scelta sia netta. E che, appunto, sia una scelta, e non un taglio. O, peggio, una ripicca.
  9. PAG. 5 Resoconto intermedio di gestione al 31 marzo 2012 FATTI DI RILIEVO DEL TERZO TRIMESTRE DELL’ESERCIZIO 2011/2012 fatti scoperti grazie a KAOS da JUVENTUS.com (Il Club/Investor relations/Pubblicazioni/Bilanci e relazioni 10-05-2012) [...] Deferimento alla Commissione Disciplinare Nazionale Il 22 febbraio 2012 il Procuratore Federale della FIGC ha reso pubblici i deferimenti, tra gli altri, anche nei confronti di alcuni ex amministratori della Società e, in relazione a due soli casi, di Juventus F.C. S. p. A. . I deferimenti hanno ad oggetto l’attività di compravendita di calciatori e i relativi rapporti con procuratori ed agenti. Nei giorni 7 e 9 maggio si sono tenuti dinanzi la Commissione Disciplinare Nazionale della FIGC le udienze relative ai deferimenti. In accordo con la Procura Federale è stato chiesto il patteggiamento per gli ex amministratori e dirigenti. Per la Società è stato chiesto di concordare una sanzione pecuniaria di € 38.000 da devolvere alla Fondazione Crescere Insieme al Sant’Anna Onlus e alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus. Procedimento presso il Tribunale di Napoli Con riferimento al procedimento giudiziario penale innanzi al Tribunale di Napoli che ne è scaturito a carico dell’ex amministratore e direttore generale Luciano Moggi, la Società, a seguito dell’ordinanza del 20 ottobre 2009, aveva assunto il ruolo di responsabile civile e nei suoi confronti le parti civili costituite avevano facoltà di avanzare richiesta di risarcimento del danno. Si segnala che in data 8 novembre 2011 il Tribunale di Napoli ha condannato alla pena di 5 anni e 4 mesi Luciano Moggi, rigettando invece le domande di risarcimento dei danni nei confronti di Juventus in qualità di responsabile civile. Il 6 febbraio 2012 sono state depositate le motivazioni della sentenza nelle quali è confermata l’insussistenza di qualsivoglia forma di responsabilità oggettiva a carico della Società. Sono stati notificati nel mese di aprile i motivi di appello delle società Brescia Calcio, Salernitana Calcio, Victoria 2000 e Lecce. La Società si è costituita l’8 maggio 2012. P.s. Stranamente, il documento pdf del resoconto si compone di 30 pagine scudettate.
  10. BLOOOOG! di FABRIZIO BOCCA (Repubblica.it 11-05-2012) Come farà la Lega di A a premiare la Juve, sotto gli stemmi del club col n.30? Questa la metto giù semplice semplice. Può il presidente della Lega di serie A Maurizio Beretta, o chi per lui, premiare domenica allo Juventus Stadium all’ultimo match di campionato la Juve con il trofeo del campionato di serie A 2011-2012, sotto un trionfo di bandiere con le tre stelle, stemmi appiccicati ovunque dal club stesso con il 30 ben visibile sia nella sede della società che ovviamente nel suo stesso stadio, e magari uno speaker che annuncia “Ecco adesso il presidente della Lega di serie A Maurizio Beretta che consegna alla Juventus il trofeo del suo trentesimo scudetto” quando per l’albo d’oro ufficiale del calcio italiano gli scudetti della Juventus non sono 30 ma 28? Visto che di questa storia si è fatta una Guerra Santa, adesso la Guerra Santa porta a queste conseguenze. Io la risposta ce l’ho ed è molto chiara.
  11. Così gli arrestati progettavano le ritorsioni contro i calciatori e i cronisti che avevano denunciato lo scandalo "Mettiamo una bomba a Repubblica magari finiamo tutti in galera ma almeno quello lo uccidiamo" Le intercettazioni: "Gillet? Lo vado a picchiare a Bologna" di FRANCESCA RUSSI (la Repubblica 11-05-2012) BARI - Guai a criticare i tre capi ultrà. Così i leader della curva nord dello stadio San Nicola meditavano la vendetta. «Bordello, bombe, mazzate». Contro i giornalisti che avevano osato commentare, e in particolare i cronisti di "Repubblica" Giuliano Foschini e Marco Mensurati, autori degli articoli sullo scandalo del calcioscommesse. «La carica di violenza e intimidazione che contraddistingue la condotta dei tre indagati - scrive il gip del tribunale di Bari Giovanni Abbattista nell´ordinanza di custodia cautelare - appare direttamente orientata nei confronti di alcuni giornalisti come Enzo Magistà, direttore responsabile dei servizi di informazione giornalistica dell´emittente televisiva privata "Telenorba" di Conversano e Giuliano Foschini, redattore della sede di Bari del quotidiano "La Repubblica" e delle rispettive testate in quanto ritenuti responsabili di aver censurato, nell´esercizio delle proprie funzioni professionali e in un Paese tuttora ispirato al principio costituzionale della libertà di stampa, l´operato dei tre capi ultras nei loro commenti e articoli». LE MINACCE A REPUBBLICA A provare quelle che il gip definisce "intenzioni sinistre e bellicose" ci sono le conversazioni telefoniche. È in un´intercettazione del 3 aprile scorso che Roberto Sblendorio e Raffaele Loiacono affrontano la questione "giornalisti". Dice Sblendorio: «Magistà si è tolto la titina (lo sfizio, ndr) , ci sta buttando la mêrda in faccia, quegli ultrà che si accordavano le partite... oh, Lello in altri tempi avremmo spaccato tutte cose, bombe a Repubblica, mazzate a Magistà avessimo dato... in altri tempi avremmo fatto il bordello... cioè secondo me io tu ed Alberto ci dobbiamo vedere... quello che dice quello, dormite e statevi buoni... oh, vuoi sentire? Che ĉazzo me ne frega a me, perché mi devo stare zitto... io non c´entro niente in mezzo a questa cosa perché mi devo stare zitto... io non mi voglio stare più zitto basta, io non me le sono vendute le partite del Bari... il derby non me lo sono venduto!». Sblendorio «non usa mezzi termini - riporta il gip - neppure sul conto di Foschini». Nella stessa conversazione telefonica dice a Loiacono: «Foschini chi è? Conosci Foschini? bh, bh, bh, bh, bh. . . lo mandiamo all´ospedale... che dobbiamo fare Lello, che ne dobbiamo fare... ma almeno tu sai che vai in galera e alla persona l´hai uccisa.. . "perché sei andato in galera?" Ho menato ai giornalisti, ho menato a tutti quanti». Poi si va a Repubblica: «Che cos´è a voi?... come abbiamo fatto in passato. . . io a Foschini lo sarei andato a prendere a corso Vittorio Emanuele, gli metterei i c. . . in bocca al ĉornuto. . . hai capito il ragionamento?». LA SPEDIZIONE PUNITIVA CONTRO GILLET I tre capi ultrà hanno giurato vendetta anche all´ex capitano del Bari, il portiere Jean Francois Gillet in questa stagione al Bologna, che li ha accusati davanti ai magistrati baresi. «Io voglio parlare con Gillet, io devo andare a Bologna - dice Sblendorio al telefono - devo fare qualche cosa "ma tu perché hai fatto una cosa del genere?... ma chi ti ha contattato a te... a te sono venuto a chiedere? Uè infamone e ĉornuto, quando mai, quando mai.. . ». E ancora. «Quando hanno preso gli schiaffi, neanche a lui - riferito a Gillet - abbiamo messo in mezzo... se sapevo gli davo mazzate pure a lui quel figlio di...». L´OMERTÀ SULLE PARTITE VENDUTE C´è poi un´altra conversazione telefonica inserita tra le pagine del provvedimento. Proverebbe, secondo il gip, l´atteggiamento "omertoso". Gli ultrà hanno un «bagaglio conoscitivo scottante» che riguarda proprio l´inchiesta sul calcioscommesse. È l´8 aprile. Savarese parla al telefono con Sblendorio. Se io mi metto a dire le cose della serie B di due anni fa a Laudati gli viene il mal di testa. Deve prendersi un momendol di quelli brutti. Si, perché le voci di queste cose stavano dalle ultime partite di serie B. Cioè il giorno di San Nicola che vendevamo le magliette, c´era gente che diceva "Alberto, lo sai che Bari-Treviso è così..." - No, che cosa dici, il Bari deve vincere, noi dobbiamo festeggiare. Il Bari ha perso con il Treviso in casa, e la gente mi diceva "Alberto, che così deve andare a finire". Ouh, è andata a finire così». "GLI ULTRÀ SONO PERICOLOSI" I tre capi ultrà sono soggetti "pericolosi". «Non si limitano a porre in essere condotte minacciose e violente nei confronti dei calciatori del Bari per indurli a perdere alcuni incontri di calcio in modo da consentire ai predetti di lucrare la relativa vincita pecuniaria in sede di scommesse su eventi calcistici, ma tramano manifestazioni di pura violenza nei confronti degli ultrà del Foggia, con i quali sono pronti ad instaurare una "guerra"». IL TERRORE NEGLI SPOGLIATOI Riescono così ad instaurare negli spogliatoi dello stadio un "clima di terrore". A seguito delle minacce infatti la squadra era sprofondata in uno «stato d´animo di ulteriore angoscia e turbamento». La conseguenza è «la tenuta agonistica non irresistibile e "remissiva" dei calciatori in occasione di detti incontri (terminati con la sconfitta del Bari), disputati sotto il peso psicologico della coazione dei capi-ultrà». Non irrilevante - a giudizio del magistrato - è «il perdurante difetto di adeguata "protezione" istituzionale o societaria dei calciatori e la loro sensazione di impotenza dinanzi agli eventi».
  12. Parla Petrucci Dall’Italia che piace (quella olimpica) all’Italia che scotta «Le tre stelle? Con tutti i guai che ha il calcio...» «Il calcioscommesse non condizionerà la nazionale. Faremo piazza pulita» di RICCARDO SIGNORI (il Giornale 11-05-2012) Giorgio Armani ha provveduto di persona a dare gli ultimi tocchi al vestire degli atleti. Poi tutti in passerella a mostrare che Italia sarà, almeno nella moda. Ieri casa Armani era casa Italia, con il presidente del Coni Petrucci e il patron stilista idealmente a braccetto a spingere l’Italia che piace verso le Olimpiadi. Italia senza distinzione di sport e campioni. Ed eccoli gli azzurri vestiti d’un bianco e di un blu scuro elegante, stile anni ’70: da Paolo Croce (volley) a Anzhelika Szavrayuk (ginnastica ritmica). L’inno di Mameli inciso a caratteri d’oro all’interno della tuta, l’inizio di “Fratelli d’Italia“ sul colletto. «Sono state le due idee che mi hanno prodotto emozione e gioia, non è retorica ma realismo. Del resto chi viene dal basket ha qualcosa in più», ha sintetizzato il presidente, ammiccando alla passione di Armani. Appunto basket che, insieme al calcio, non ci sarà ai Giochi, lasciando grande rimpianto nel Coni. Ma questa è l’Italia che piace. Destinata a soffrire per acchiappare medaglie. Quella che fa dire a Andrea Cassarà, campione del fioretto: «Speriamo di cantarlo quest’inno». Oppure a Valentina Vezzali, pluricampionessa e ideale portabandiera, con un pizzico di civetteria: «Noi del fioretto abbiamo vinto tanto e l’inno lo conosciamo bene. Servirà per chi non è abituato». Poi c’è l’Italia che ti mette nell’imbarazzo. Leggi calcio e non sbagli mai. Anche ieri. Tutti a godersi l’aria pura dell’azzurro speranza, ma discorsi inzuppati nei pasticci pallonari. Petrucci si è lasciato mettere al muro, ha preso atto e rilanciato di spada e fioretto. Certo toccherebbe alla federcalcio metterci mano. «Ma se non la mettono loro.... ». Perchè dovrebbe metterla lui, il sottinteso. Il Coni assiste e intreccia le dita. Le tre stelle juventine che campeggiano sullo stadio, sulle bandiere, magari finiranno sulle maglie, rischiano di essere l’ennesimo veleno che traverserà il pallone. E allora... Spallucce. O realismo. «Ma vi pare che con tutti i problemi del calcio, e con quelli che avrà, stiamo a parlare delle tre stelle?». Replica comoda per togliersi dall’impaccio. Petrucci ha un debole per l’Agnellino. «Andrea è un ragazzo intelligente. Se ho capito, troverà modo di mettere la terza stella in modo che non si possa dirgli niente». Appunto nello stemma societario. Certo, il mondo del calcio è maestro nel far trionfare furbate e mezzucci. E Moggi ci ha spiegato che Agnelli è un suo allievo. Eppoi, c’è di peggio. Calcioscommesse e tutto quanto ne seguirà. Ormai una tradizione, non più un’eccezione. Ogni 5-6 anni... «Statisticamente purtroppo è vero», ammette Petrucci. «Oggi perdiamo un campione come Nesta e mi dispiace: Nesta è bravo e corretto. Un esempio. Gli dico: bravo e grazie. Però è vero che il calcio ha bisogno di riforme. Ma è importante che il nostro sport punisca chi lo tradisce. E state tranquilli: nulla, nessun processo condizionerà la nazionale. Palazzi vada avanti, senza problemi. Noi siamo i soliti: se fa una cosa, non va bene. Se non la fa, non va bene lo stesso. É importante, invece, fare piazza pulita. E si farà». Sì, certo ci vorrebbe il fuoco della fiaccola olimpica per bruciare il bubbone di questa Italia. Invece il fuoco sul tripode di Londra servirà solo a distrarci. Poi chissà che i simboli richiamati ieri dal presidente del Coni («i nostri azzurri garantiranno etica, correttezza, niente scommesse e niente doping») un giorno vengano scritti anche sulle maglie del calcio. Con stelle o senza.
  13. Terza stella Figc pronta ad agire se la Juve alza i toni La festa di domenica sarà un passaggio significativo: dubbia la presenza di Abete all’inaugurazione del museo di MARCO IARIA (GaSport 11-05-2012) Mentre guelfi e ghibellini si azzannano e perfino i giuristi scendono in campo per discettare se la terza stella s'a da fare oppure no, c’è qualcuno che se la gode: gli strateghi del marketing. Perché mai il lancio di una maglia di calcio è stato accompagnato da un’attesa così spasmodica. In attesa di scoprire in cosa consista la «bella sorpresa» annunciata da Andrea Agnelli per le nuove divise di gioco della Juventus, c’è un appuntamento da mettere in agenda nell’estenuante telenovela sui trenta scudetti che, in realtà, sono ventotto. Ed è la cerimonia di premiazione di domenica allo stadio, già sold out. Sono attesi effetti «pirotecnici», prevedibile epilogo del crescendo di questi giorni: dalle parole del post-vittoria dei dirigenti alla bandiera e il vessillo inneggianti ai trenta titoli esposti nella sede sociale e allo stadio. Di fronte a queste espressioni di dissenso nei confronti delle sentenze di Calciopoli (la revoca di due scudetti, uno dei quali finito all’Inter a tavolino), la Federazione resta silente perché non ci sono ancora gli estremi per un deferimento. Silente sìma non a tempo indeterminato, è ilmessaggio che filtra da via Allegri. Facoltà La Figc potrà incidere sulla maglia, perché è scritto nei regolamenti che le squadre debbano chiedere l’autorizzazione alla Lega e, se vogliono fregiarsi di una stella per ogni dieci scudetti vinti, direttamente agli uffici federali. Peraltro, il passaggio da Roma va fatto anche per avere l’ok per le coppe europee: l’Uefa, infatti, si attiene alle prescrizioni delle federazioni locali. Gli strumenti formali ci sono, ancor più se ci si ricordasse delle delibere del 1958 del consiglio federale e del direttivo di Lega, che certificarono per la prima volta—proprio su richiesta di Umberto Agnelli—il distintivo per la celebrazione dei dieci scudetti. Ma prima della maglia ci sono altri passaggi che, a livello istituzionale, pesano molto. Innanzitutto la festa di domenica. Se la Juventus continuerà ad alzare i toni, può darsi che Giancarlo Abete prenda posizione, andando oltre il salomonico «rispetteremo le regole». Il presidente della Figc è stato invitato all’inaugurazione del museo bianconero, in programma mercoledì: qualora la situazione precipitasse, potrebbe decidere di disertare l’evento. Perché non ha alcuna intenzione di ripetere la «serataccia » del battesimo dello stadio, quando a sorpresa si ritrovò all’interno di un impianto tappezzato di ventinove scudetti (compresi quelli tolti nel 2006) e, per educazione, fece finta di niente. E la Lega? Domenica le celebrazioni saranno divise in due parti. La solennità della premiazione ufficiale, col presidente Maurizio Beretta a consegnare la coppa scudetto alla squadra, e l’entusiasmo disinibito della festa per i tifosi. Nel primo caso, verrà evitato qualsiasi riferimento al battage sul 30° titolo. Poi, largo alle danze. ------- GLI ALTRI CASI Marsiglia, Legia e quei titoli strappati I francesi contano anche i campionati del 1929 e 1993 di GIULIO DI FEO (GaSport 11-05-2012) A volte i campionati fanno vedere le stelle, altre no ma lasciano comunque un bel mal di testa. La Juve ne mette sulle bandiere due che la Figc le ha tolto, ma non è l'unico caso di campionati revocati e rimpianti. In Francia, per esempio, il Marsiglia in bacheca ne espone 11 invece dei 9 da albo d'oro. Uno è quello del 1929, ma era il campionato amatori delle regioni, non riconosciuto. L'altro è roba più fresca, quello del 1993, revocato in seguito al processo per corruzione della gara con il Valenciennes e non assegnato: sul sito c'è un asterisco che rimanda al provvedimento, ma in bacheca lo contano. Sullo stemma l'Olympique ha una stella, ma è per la Champions vinta col Milan 6 giorni dopo la gara dello scandalo: l'hanno messa nel 1996, alla fine del calvario che li ha portati prima in B e poi al tracollo. Contestati In Italia il Bologna un paio di anni fa chiese la revisione del titolo del 1927: prima del derby Allemandi della Juve sarebbe stato corrotto da un dirigente del Torino, che aveva il fiato degli emiliani sul collo. Anche qui, scudetto granata, poi revocato e mai assegnato. Un romanzo l'ultima giornata del 1993 in Polonia: Legia e LKS Lodz prime a pari punti, decide la differenza reti. Guarda caso, segnano a raffica contro team che avevano già dato (Wisla-Legia 0-6 e LKS-Olimpia 7-1). Chi c'era la descrive comica: gol di qua, due minuti dopo gol di là. Ma i tifosi del Wisla e la stampa s'incavolano, la Federazione apre un'inchiesta e, spalle al muro, annulla le due gare. E per mandare una squadra in Coppa Campioni, dichiara vincitore il Lech Poznan, terzo, mentre il Wisla scioglie i contratti coi presunti corrotti e poi va in B (niente punti di penalità, non c'era un regolamento che li prevedeva) e quelli del Legia ancora reclamano un campionato per loro vinto e scippato. Fu salvo, invece il titolo belga dello Standard nel 1983 nonostante la scoperta, poco dopo, che la gara col Waterschei fu comprata: stangata ai protagonisti, ma coppa mantenuta e niente retrocessione per prescrizione sopravvenuta. In Yugoslavia nel 1986 il Partizan fu costretto a rigiocare una partita sospetta con lo Zeljeznicar: perse 3-0 (prima aveva stravinto) e titolo alla Stella Rossa. Per un anno solo, il ricorso restituì il maltolto l'anno dopo. Pure sulle stelle storie tese. Ai Mondiali ne andrebbe una per ogni coppa, l'Uruguay conta pure le Olimpiadi e ne ha 4. La Dynamo Berlino invece chiese alla federazione di far valere i 10 campionati vinti a Est del muro. E pure in Francia, il Nantes se ne mette 8, ognuna per ogni titolo. Finché non passano i confini dello stemma, nessuno obietta. ------- Ma c’era bisogno delle polemiche sulla terza stella? Lo scudetto conquistato con merito era l’ occasione per tagliare i ponti col passato di UMBERTO ZAPELLONI (GaSport 11-05-2012) La Juventus sulla carta non era la miglior squadra in campo, ma ha vinto perché ha giocato meglio. Non capita sempre, ma ogni tanto capita. Ha giocato così bene che in diverse occasioni anche chi indossava altri colori sociali è stato rapito da quello che Conte è riuscito a mettere in campo con intelligenza, applicazione, perseveranza. Impossibile non ammirare una squadra così, una squadra proiettata nel futuro, ma con rispetto (almeno in campo) per un passato chiamato Del Piero. Questa Juve può cancellare in un colpo solo tutto quell’alone di antipatia che la squadra bianconera si era attirata addosso in passato, quando l’arroganza dei suoi dirigenti aveva infranto ogni regola. Giovane come il suo presidente, grintosa come il suo allenatore, saggia come il suo giocatore simbolo. Una Juventus fatta apposta per svoltare con il passato. Invece... Invece ecco apparire sul balcone della sede e sui muri dello Stadio lo scudettone con il numero 30 e le tre stelle. Ma che bisogno c’era? Che necessità c’è di dare voce ai tifosi più intolleranti e intransigenti che non vogliono accettare i verdetti della giustizia sportiva? «La terza stella? È nel nostro cuore perché sul campo abbiamo vinto gli scudetti, ma bisogna rispettare le sentenze », ha detto Alessandro Del Piero uno che la Juve ce l’ha nell’anima e sulla pelle e che per la Juve ha accettato pure la Serie B. La risposta più saggia tra quelle ascoltate in giorni in cui anche una persona come Luca di Montezemolo, che si è sempre battuto per la legalità, è arrivato a dire: «Certo che metterei la terza stella, nello sport contano i risultati sul campo», dimenticandosi che proprio lui ha sempre contrastato duramente chi cercava di ingannare in F.1. Tutti commenti legittimati dalla mancata presa di posizione di Federazione e Lega che aspettano l’evoluzione della festa di domenica, prima di uscire allo scoperto. Sperando che poi non capiti come il giorno dell’inaugurazione dello stadio quando, di fronte all’esposizione dei 29 scudetti nello spogliatoio, si scelse la linea indispettita, ma morbida, consentendo così gli show di questi giorni. Uno scudetto vinto con merito, cancellando alla fine anche le recriminazioni milaniste sul gol di Muntari, avrebbe dovuto proiettare la Juve nel futuro, non farla ricadere nel passato. Guardate la rosa bianconera, il progetto tecnico, quello societario, lo stadio di proprietà: questa è una realtà che in Italia con l’arrivo di un bomber vero e di un paio di rinforzi strategici per reggere al doppio impegno, può aprire un ciclo. Può arrivare alla terza stella prima che Milan e Inter conquistino la seconda. Perché spargere veleno sui festeggiamenti con la simbologia del 30? Perché non rispettare le sentenze della giustizia sportiva (tutti i gradi) e quello che recita l’Albo d’oro del nostro campionato? «Noi accetteremo i 28 scudetti quando anche l’Inter se ne sarà tolto uno», ha scritto un tifoso illuminato come Sandro Veronesi. Una tesi che può anche essere condivisibile e cancellerebbe pure gli scempi sportivi firmati dal commissario Guido Rossi (ex consigliere nerazzurro), ma che, dopo i tentennamenti federali, non è più percorribile. Se ci sono delle regole vanno rispettate. Soprattutto da chi aspira a entrare in Consiglio Federale. E’ vero che esporre bandiere e striscioni non infrange nessuna regola. Ma se non si approfitta dell’ondata di simpatia che ha raccolto questa Juventus sul campo, si corre il rischio di non riuscire più a tagliare i ponti con un passato che qualche guaio lo ha procurato. ------- GaSport 11-05-2012 Il nostro Giulio Cesare-Sermonti potrebbe commentare E nun ce vonno sta'
  14. COLLOQUIO CON MARADONA «Ridatemi Napoli» A un quarto di secolo dal primo scudetto nel Golfo, Moggi incontra Diego a Dubai: «Insegno calcio, ma sogno l’Italia. Ho perso 18 anni d’amore» di LUCIANO MOGGI (Libero 11-05-2012) Metti un giorno a Dubai con Maradona, un invito dello sceicco, un incontro annunciato e caloroso. Con Diego non ci eravamo mai persi di vista, un rapporto sempre francoecordiale, fin da quando ero il direttore generale del Napoli. L’avevo rivisto a Torino, quando ero alla Juve, in quella occasione mi propose giocatori argentini, era accalorato nel farlo, difendeva le sue valutazioni, ma sul punto non ci incontrammo. Lo rividi con piacere a Napoli nel giorno dell’addio di Ferrara al calcio giocato, la sua presenza cambiò faccia all’evento, sembrava la partita del “suo” addio, Ciro però l’aveva messo in conto, gli bastava sapere e si sapesse che Diego era tornato a Napoli solo per lui. A Dubai Diego sta da re. Vive in un complesso faraonico, tra piante, fontane e cascate d’acqua, c’è da dribblarle per non cadere, il complesso sta su un’isola artificiale, la Jumeirah Palm. Tutto è grandioso e studiato, anche i particolari. Quando Diego rientra nella sua suite, non c’è il suono sommesso del piano bar ma quello dell’arpa alla quale attende una giovane donna. Mi accoglie in questo paradiso, mi pare quello di sempre, ha voglia di fare e di farsi sentire come una volta, come se gli anni non fossero passati. Rivela un suo progetto, dedicato ai ragazzi di 14 e 16 anni. «Ecco soprattutto per loro vorrei lasciare un segno». Il calcio degli emirati arabi è appena agli inizi, però gli piace la gente che non lo assilla. Ci tiene a dire “qui sto bene e vorrei restarci”. Credo che sappia che è arrivato a Dubai soprattutto per motivi di immagine. Chi più di Maradona poteva infatti attirare l’attenzione sulle nascenti ambizioni dell’ Al Wash e del suo presidente Marwan? La Società è giovane, il presidente ammira il calcio europeo e vorrebbe prenderlo a modello, e semmai copiarlo, come fece il Giappone che ha poi mandato suoi giocatori in Italia. Lo sceicco lo vuol fare, non so se lo farà ancora con Maradona, Diego ci vuol stare, sicuramente fino al 2013 secondo contratto. «Al di sopra di tutto - dice - metto sempre il Boca, ribadisco che ci andrei anche a piedi. Ma penso anche al Napoli, anzi penso molto alla città cui sono rimasto attaccato e ai suoi tifosi. So di averli fatti felici, so che mi sono stati vicini quando ho attraversato momenti difficili, so che nessuno mi ha mai dimenticato ». Ha ragione Diego, a Napoli nessuno lo ha dimenticato, sulle mura di alcune case campeggia la scritta “il sole risorgerà ancora”, il sole per i napoletani è Maradona. «Il mio problema - continua - è che voglio tornare a Napoli libero da qualunque incombenza e senza che qualcuno mi tolga orologi o orecchini. Debbo risolvere quella questione del fisco, che mi fa rabbia e mi intristisce. Io evasore? Neanche per idea. Ho preso di petto la questione, ed ho fiducia nel mio avvocato. Questa vicenda mi sembra un incubo». La questione è affrontata proprio in questi giorni, Diego potrebbe anche presentarsi di persona accanto ai suoi difensori. Per chi non lo sapesse la cosa nacque quando l’esattore dell’agenzia delle Entrate bussò alla casa che era stata di Maradona e non lo trovò, non era più in Italia, l’accertatore stampigliò sulla missiva “sloggiato e sconosciuto”. Siniscalchi, uno dei suoi primi avvocati, bollò la burocratica espressione, «Maradona sconosciuto? Ma si può?». «Mi hanno tolto 18 anni di amore dei napoletani», ribadisce, gli hanno sottratto anche occasioni di lavoro in Italia, aggiungo io, Diego si mise in gara a “Ballando con le stelle”, d’improvviso dovette smettere, il fisco esigeva per legge gli introiti del contratto. Diego è nell’età in cui ti prende anche la nostalgia, ed è sincero quando dice che vorrebbe venirsi a prendere un caffè a Piazza Plebiscito, assieme a Bagni, Bruscolotti, Giordano, Renica, alcuni dei compagni con cui visse i suoi sette anni napoletani. «Sarebbe molto bello camminare nei luoghi che sono rimasti impressi nella mia memoria ». Gli dico che la ressa per vederlo sarebbe quella di sempre. Non esiste nella storia del Napoli chi abbia saputo trasmettere alla città e al suo popolo più passioni ed emozioni di quelle che ha dato Maradona. Stento anche a trovare casi di medesima intensità nella storia del calcio, e non è a dire che ciò accade perché la gente di Napoli vive normalmente in eccesso le proprie emozioni. È vero, i napoletani gli hanno perdonato tutto, e ciò non è stato sempre un bene, tutti a gara nel blandirlo, ad esempio la mia posizione diversa era in minoranza. Si può discutere Maradona, ci si può infilare ancora una volta nella stucchevole domanda se sia stato più grande lui o Pelè, ma se dici a Diego che qualcuno discute ancora su questo tema, reagisce come morso da una tarantola. I raffronti tra diverse epoche non si dovrebbero mai fare, se qualcuno però vuole sapere il mio parere non ho dubbi, il più grande è stato Diego. Ieri è stato il 25° anniversario del primo scudetto del Napoli. Seguirono il secondo, la Coppa Uefa, la Supercoppa italiana e la Coppa Italia, vinta nello stesso anno del primo scudetto. Imprese tutte grandi, ma al primo amore si resta sempre attaccati di più, così come l’amore per Diego, che resta sconfinato per i napoletani. E quando gli dico che Napoli potrà essere ancora nel suo destino, il sorriso che gli apre la bocca dimostra quanto e da quanto tempo ci pensa.
  15. Ti devo linkare la Gazza P.s. Se vuoi dare un'occhiata agli articoli di giornale del periodo (febbraio 2012) puoi consultare questo topic dalla pagina 132.
  16. Un po’ Agnelli e molto Giraudo di STEFANO OLIVARI dal blog GUERIN SPORTIVO 10-05-2012 Andrea Agnelli dovrebbe iscrivere la Juventus al campionato francese o a quello svizzero, se ritiene che la FIGC sia nemica della Juventus. Se non lo ritiene, o comunque se vuole partecipare ai suoi tornei, dovrebbe rispettarne le sue sentenze. Anche a quelle che ritiene ingiuste, perché non è che una sentenza sia per definizione giusta. In tutta questa carnevalata della terza stella, iniziata con lo stadio, che prevedibilmente aprirà rivendicazioni di ogni tipo da parte di altri (se l’albo d’oro non va in prescrizione si potrebbero riaprire almeno metà dei campionati alla luce di rivelazioni ‘successive’), sfugge la logica di un comportamento che solletica solo il moggismo più becero e va addirittura contro il sentimento dei giocatori bianconeri. Anche di ‘quelli che c’erano’, come Buffon e Del Piero, che al riguardo sono stati chiari: ‘Quei due scudetti li sentiamo nostri, ma adesso pensiamo al presente’. Visto che Agnelli è solo arrogante, di quell’arroganza che deriva da un secolo di Fiat padrona reale d’Italia (prima di essere schiantata da chi produce macchine migliori), ma certamente non stupido, sa che il regolamento riguardo alle maglie impedisce chiaramente qualsiasi soluzione grafica che non sia esplicitamente ammessa, con la Lega di Beretta (scattano le risate) che dovrebbe fare da controllore. Insomma, visto che il prodotto Juve non deve essere venduto perché ha già i suoi acquirenti, non si può parlare nemmeno di marketing. Abbiamo ascoltato il radiato Luciano Moggi a Radio 24 sostenere che con Agnelli si sente regolarmente, ma ci è sembrato un penoso voler mettere il cappello su uno scudetto in cui lui non c’entra nemmeno per interposto dirigente. In questo agitarsi senza un vero perché di Agnelli non vediamo la furbizia che è propria di Moggi, ma piuttosto la cattiveria dell’altro grande radiato della situazione, Antonio Giraudo, lui sì rimasto vicino (non ufficialmente) al figlio del suo vecchio capo, attraverso consigli e strategie. Quale è il senso di tutto questo? Il solito: minacciare cento per ottenere venti, magari su altri tavoli. Per adesso ci guadagnano i rivenditori di merchandising taroccato, ma quando ci sarà da fare politica sportiva vera allora queste minacce, seguite prevedibilmente da un gesto distensivo in cui Agnelli reciterà la parte del magnanimo, torneranno buone.
  17. Sono 30, non uno di meno di ANTONIO CORSA (uccellinodidelpiero.com 10-05-2012) Sapete cosa mi fa più sorridere dei soloni moralisti che in questi giorni si stanno riempendo la bocca sulla terza stella giustamente e orgogliosamente rivendicata dalla Juventus? Che ne fanno ormai un fatto di forma e non più di sostanza. E a me, che sono all’antica, piace la sostanza. Dice: ci sono delle sentenze sportive che vanno rispettate. Per questo, gli Scudetti sarebbero 28 e dovremmo adeguarci. Chi lo dice non prova neanche più ad entrare nel merito, rivendicando partite truccate o comportamenti illeciti: nonostante ci abbiano provato subito dopo la condanna di Moggi a Napoli, le sentenze sono scritte in un italiano davvero troppo comprensibile per stravolgerle, e dicono chiaramente che il campionato 2004/05 non fu alterato, mentre quello successivo non fu oggetto d’indagine. Ora va di moda il rispetto delle regole, la forma. “Le sentenze si accettano”, “voltiamo pagina”, eccetera. Quello che questa gente non ha capito, però, e anche in questo caso il Presidente (sempre sia lodato) Andrea Agnelli si è espresso in un italiano fin troppo chiaro per poterlo stravolgere, è che il punto è la disparità di trattamento, giudicata da questa dirigenza intollerabile. Non ne parlano i giornalisti, di questo, perché fa male e non saprebbero che dire (ovvero ci sarebbe tanto da dire, ma si troverebbero in difficoltà a farlo). Chi non riconosce la legittimità della terza stella e dei 30 Scudetti vinti sul campo, infatti, per coerenza – ed è in questo la sfida della Juventus – dovrebbe essere in prima linea anche per un’altra battaglia, ovvero quella per far togliere uno scudetto dal palmares dell’Inter e, in un mondo perfetto, anche di una Champions League da quello del Milan. Entrambi i trofei sono infatti nelle rispettive bacheche esclusivamente tramite scorciatoie e raggiri: il cartonato dei nerazzurri, lo sanno tutti e nessuno mai lo ricorda, è lì solo perchè chi di dovere ha aspettato talmente tanto a dare risposta ad un esposto presentato dalla Juventus (e anche qui: era scritto in un italiano semplice..), che ha fatto scattare la prescrizione. Su di esso non c’è alcuna sentenza sportiva, ma etica sì (oltre ad una dettagliata relazione di Palazzi). Eppure gli stessi che si scandalizzano per la terza stella e per un club che teoricamente prenderebbe in giro le istituzioni rivendicando qualcosa (per loro) non suo, non hanno lo stesso atteggiamento con l’Inter. O col Milan, che ha potuto partecipare (e vincere) una Champions solo per un buco normativo di un’incazzatissima UEFA che, per capire la situazione, ha creato una regola che in gergo dovrebbe prendere il nome proprio dal Milan, ovvero il divieto di far partecipare a competizioni europee squadre che siano state condannate dalla giustizia sportiva. Sappiamo tutti come andò nel 2006 e perchè alla fine la squalifica fu ridotta di quel giusto per far iscrivere il Milan alla Coppa, non c’è bisogno di ricordarlo. Eppure nessuno ha mai messo in dubbio la “moralità” di quella vittoria. Non in Italia, almeno (all’estero, come detto, l’hanno fatto eccome). Molto più facile mettere due sţronzate in fila contro di noi, miste a retorica e ad un moralismo da quattro soldi. “Vende” pure di più. Ed è per questo che, se questo è il nostro Paese e soprattutto se queste sono le nostre istituzioni, a maggior ragione è giusto delegittimarli ed esporli ad una figura di melma mondiale. Sono trenta, non uno in meno. Se ne sono capaci, che ci provassero, a togliercele. Stavolta non ci sarà alcun passo indietro.
  18. E' proprio Calciopoli il vero scandalo? di ANGELO RIBELLE (JUVENTINOVERO.COM 10-05-2012) Forse, focalizzandosi col faro puntato solo sulla Grande Farsa, e analizzandone i singoli frames, a qualcuno può sfuggire cosa essa sia davvero e come invece venga esibita al volgo. Perché dal 2006 ad oggi la parola scandalo più associata al calcio è ‘Calciopoli’, quasi un sinonimo; e c’è di più: non di rado, quando si parla di situazioni scabrose che toccano l’attuale mondo del pallone, spunta, a mo’ di illustrazione, c’entri o non c’entri, la foto di Moggi: radiato dalla Figc, ma non dall’immaginario collettivo e dalla memoria dell’occhio e della mente di chi ha come mission quella di orientare l’opinione pubblica. E questo mondo mediatico (non dell’informazione, che è ben altro, e che presuppone obiettività e non spirito di evangelizzazione) amplifica e nasconde la realtà, a suo insindacabile giudizio: in ossequio al sentimento popolare, demonizza alcune vicende e ne seppellisce altre. Perché… chi nomina più Passaportopoli? Chi parla più del passaporto di Recoba o di quello di Veron? La differenza con Calciopoli sta nel fatto che quello scandalo non partorì deferimenti e 'condanne esemplari' per alcuna delle società coinvolte, ma solo un primo aborto giuridico, per usare le parole con cui De Biase (uno dei partorienti, in compagnia, tanto per fare un nome, di Sandulli) avrebbe poi bollato proprio la sentenza su Calciopoli; perché si arrivò, grazie alle pressioni di chi già allora certo non dormiva, ad un cambiamento delle regole in corsa: e così, en passant, la Roma poté tesserare Nakata, che avrebbe giustiziato lo scudetto bianconero, tingendolo di giallorosso. E Bilanciopoli cosa sarà mai? Il fratellino di Plusvalenzopoli e di Marchiopoli, il cui dna è reperibile nella Legge Salvacalcio del 2003, che ha consentito ai soliti noti (Milan, Inter, Roma, Lazio) di continuare nelle loro gestioni economicamente dissennate (cui si contrapponeva il rigore della Triade). E tutto finì nel nulla perché mica si poteva usare il pugno di ferro: “Non possiamo dimenticare che abbiamo bisogno sia di Inter che di Milan, perché in un modo o nell’altro continuano a mettere dei soldi”, disse Matarrese; ed è proprio il modo che ci inquieta. E così via, di scandalo in scandalo. Due esempi, che anch’essi hanno come loro alimento fondamentale quello straordinario veicolo che è il danaro (che è il grande assente di Calciopoli), sono saliti alla ribalta proprio di recente: ma in realtà allignano da tempo nel mondo di questo calcio. Parliamo di Scommessopoli, col suo carico di partite vendute, di scommesse, di ‘zingari’, di pentiti: ci lavorano tre Procure della Repubblica (Cremona, Bari e Napoli) e il Procuratore Federale Palazzi; che dovrà star bene attento a distinguere il grano dal loglio: infatti, tenendo conto delle peculiarità della giustizia sportiva che pone l’onere della prova a carico dell’accusato, occorreranno cautela e riscontri prima di prendere per oro colato le parole di chi, nel tentativo di alleggerire le proprie posizioni (sul fronte sportivo e giudiziario), dice di vuotare il sacco. E poi c’è l’altro scandalo, ancora tutto da scoprire, sui procuratori, per una storia gigantesca di evasione fiscale che vedrebbe anche la connivenza delle società calcistiche, che iscrivevano i costi sostenuti e derivanti dalle prestazioni professionali rese dagli agenti dei calciatori nella voce ‘Diritti pluriennali dei calciatori professionisti’, eludendo cosi le imposte sul valore aggiunto e sui redditi: così affermano la Guardia di Finanza e la Procura di Piacenza, che indagavano sul fallimento del Piacenza calcio. E tutto ciò è solo la punta dell’iceberg rappresentato da un calcio malato: un calcio in balìa degli ultras (lo dicono i fatti di Genoa in primis, ma anche a Roma la situazione non è rosea); un calcio preda del denaro (altro che la maglia…) e perciò succube di chi gliene dà (pay tv, tanto per stare nella legalità); un calcio in cui a decidere il migliore non è più il campo (troppo spesso di patate) ma il vento mediatico che segue, orienta e spinge il sentimento popolare; un calcio dove Lega e Figc giocano a nascondino, continuano a decidere di non decidere nulla: poi magari, quando meno te l’aspetti, ricacciano fuori la testolina per far valere un’autorità che è in realtà solo un guscio vuoto, perché priva di qualsiasi contenuto di autorevolezza; il che non fa altro che aumentare il disordine e la litigiosità di un mondo che sta perdendo sempre più la sua credibilità. Anche perché, proprio con Farsopoli, ha dimenticato la giustizia, che altro non è che la trasposizione, sul piano del diritto, dell’equità, intesa come parità di trattamento: l'altra grande assente di Farsopoli. E, dunque, è proprio Calciopoli il vero scandalo? O non è invece la coperta, corta in verità, che viene tirata fuori ogniqualvolta si vogliono coprire inefficienze e scandali veri? Secondo me è la coperta...
  19. Sono davvero impazziti: la rosea crisi di fiducia e di vendite è tangibile. Vogliamo un' AntiĠazzetta, comunque.
  20. ilCommento di FRANCO ARTURI (GaSport 10-05-2012) IL MOSTRO ANTICALCIO DA UNO SCANDALO ALL'ALTRO RISCHIAMO DI PRODURRE UN MOSTRO: L'ANTICALCIO Non chiamatelo scandalo di Serie B, ha più l'aria di una retata. Genererà un maxi-processo per 83 deferiti fra tesserati e società, più del doppio degli accusati di calciopoli. Ci vorrà il corrispettivo di un'aula-bunker per tenerli dentro tutti, insieme ai loro avvocati. Ed è solo il primo troncone: fra qualche settimana parleremo in toto di molta Serie A. Come vedete, la terminologia che siamo costretti ad usare richiama altri momenti lugubri della vita nazionale. Si materializza oggi un atto d'accusa storico nei confronti del calcio italiano che produce purtroppo molta spazzatura oltre che scudetti, gol e belle giocate. C'è solo l'imbarazzo della scelta negli ultimi anni: dal doping vero a quello amministrativo, dai bilanci taroccati ai passaporti falsi, dalle violenze degli ultrà a Calciopoli. Siamo stanchi, molto stanchi di tutta questa merce avariata. Questa volta, come nei precedenti degli anni 80, la categoria alla sbarra è soprattutto quella dei calciatori. E così, dopo aver spesso inquisito e condannato dirigenti, società e tifosi, abbiamo fatto un miserevole bingo. Non serve altro per capire qual è il male di questo ambiente e da dove ripartire. Non desideriamo addentrarci nella materia processuale vera e propria: chi rischia che cosa lo potete leggere nelle attente ricostruzioni all'interno. Le dolorose ed inevitabili condanne in arrivo non costituiscono il punto politico del problema, anche se risultano per le tifoserie l'unica questione di cui discutere. Riassumiamo. 1 Nel calcio italiano la questione morale è grande come l'iceberg che ha squarciato il Titanic. La disaffezione è tangibile e parte da una crisi di credibilità generale. Sulla sponda etica bisogna lavorare in modo molto più attivo e intraprendente che non su stadi, bilanci, diritti televisivi, beghe da cortile assortite. La mancata comprensione del potere tossico di queste aggressioni alle regole è il peccato mortale della classe dirigente del calcio. 2 La giustizia sportiva lavora ormai da anni al traino di quella ordinaria. Le sue sono rivisitazioni e interpretazioni su carte fornite dalle Procure della Repubblica. Non c'è importante malefatta dell'intero sport italiano nell'ultima fase che non abbia questa genesi. Segno dei tempi, probabilmente inevitabile: solo i magistrati ordinari hanno un reale potere inquisitorio e soprattutto investigativo. Ma questo non sminuisce per nulla il lavoro dei magistrati e delle istituzioni sportive, semmai li richiama a rigore, coraggio e soprattutto tempestività. Non sempre li abbiamo avuti. 3 L'ambiente è malato di faziosità in modo esagerato. Non c'è tifoseria che rinunci al preventivo «giù le mani da». Le sentenze, se negative, vengono respinte nella vulgata particolare: il revisionismo e il negazionismo anche dell'evidenza prevalgono ciecamente su tutto, impedendo di scrivere una storia condivisa. Il marcio, se c'è, è sempre degli altri. Connivenze e complicità sono purtroppo la norma. La conclusione è implacabilmente semplice: bisogna difendere il bene comune, cioè lo sport più amato dagli italiani. Partendo dal presidio delle regole, dai comportamenti virtuosi, dai simboli della pulizia. La crisi della nostra società produce l'antipolitica. Il grande rischio è che traslocando da uno scandalo all'altro stia per nascere un mostro: l'anticalcio. E' questo che vogliamo? ___ L'INTERVISTA PACO D’ONOFRIO, ESPERTO DI DIRITTO SPORTIVO «Penalità l’anno prossimo. Quanti pasticci in Figc...» di FRANCESCO PERUGINI (Libero 10-05-2012) Un giro di riscaldamento per prepararsi al gran ballo. È questa l’impressione che ricava l’avvocato Paco D’Onofrio dai primi deferimenti per lo scandalo Scommessopoli. «I veri guai arriveranno dal secondo filone», dice il difensore – tra gli altri – di Beppe Signori nel primo processo. Non ci saranno retrocessioni a tavolino? «Nessuna società è stata deferita per responsabilità diretta, quindi i giudici dovrebbero solo infliggere delle penalizzazioni». Le pene saranno scontate sulle attuali classifiche? «In teoria potrebbe essere anche così, ma tempi sono ristrettissimi. L’illecito permette di dimezzare i tempi, ma se le sentenze non arriveranno per il 30 giugno i punti saranno tolti nella prossima stagione». Per il criterio dell’«afflittività», però, nessuna squadra può essere sicura dei risultati ottenuti finora. «Quello è un criterio molto relativo. Ad esempio il Milan nel 2006 scivolò dal secondo al quarto posto con la possibilità di giocare la Champions League. Che afflittività sarebbe?» Come si regolerà la Corte per le squadre coinvolte in playoff e playout? «Anche per queste situazioni delicate, penso che tutte le pene slitterano alla prossima stagione». Palazzi ha lavorato male? «No, ma è tipico dei maxi-deferimenti equiparare situazioni molto diverse e fare degli errori ». Quali sono le situazioni più strane? «Di sicuro c’è quella del Rimini 1912, deferito per Rimini-AlbinoLeffe del 2008. Ma quella era un’altra società, poi fallita, e l’attuale squadra non ha nemmeno usufruito del Lodo Petrucci. E poi c’è la Samp che paga per fatti precedenti all’acquisto di Bertani». Che estate sarà? «Molto calda, perché insieme a questo filone parte anche un altro troncone sugli agenti. E poi il secondo filone sulle scommesse: un processo talmente importante che, secondo me, dovrebbe partire al più presto». E invece non succederà? «Ho il sospetto che Palazzi non abbia ancora tutte le carte in mano. Potrebbe anche essere che Bari e Napoli non gli abbiano ancora spedito nulla. E quando le procure non parlano, c’è da preoccuparsi». ___ L’INTERVISTA La sentenza di Stagliano «Classifiche da riscrivere e calciatori daradiare» di STEFANO CARINA (Il Messaggero 10-05-2012) ROMA – Mario Stagliano, avvocato ed ex vice capo della procura indagini della Figc, è uno dei massimi esperti in materia di giustizia sportiva. Prime sensazioni dopo i deferimenti? «È evidente che l’impianto accusatorio dovrà reggere davanti alla commissione disciplinare. Ma qualora accadesse, ci saranno delle condanne particolarmente severe sia per i club che per i tesserati. Questo perché a quest’ultimi vengono addebitati più fatti, quasi sempre il conseguimento del risultato. E le società che sono chiamate a rispondere per responsabilità oggettiva, lo devono fare per il comportamento di più tesserati che hanno queste aggravanti. Temo che le classifiche verranno riscritte e molti calciatori stanno per disputare le loro ultime partite della carriera». Quando verranno attuate le sanzioni? «La giustizia sportiva deve attenersi al principio dell’afflittività: se ci saranno dei club ai quali applicando dei punti di penalizzazione in questo campionato ne trarranno uno svantaggio, la pena va immediatamente comminata. Mi spiego meglio. Se una società di B è ottava in classifica e le viene assegnata una sanzione che la fa finire in zona playout, la giustizia sportiva dovrebbe applicare la penalità in questo campionato. Diverso il discorso per quei club che lo scorso anno avevano conquistato la promozione, ad esempio il Novara, e che essendo retrocessi verranno chiamati a scontare la penalizzazione il prossimo anno». Ma questo criterio come si concilia con inizio di playoff e play out di e B? «Credo che la commissione disciplinare riuscirà ad emettere i primi provvedimenti prima del loro inizio». E il secondo grado di giudizio? Non verrà preso in considerazione? «La Lega ha il potere di far slittare l’inizio di playoff e playout». Dalle parole di Abodi l’impressione che se ne ricava è l’opposta. «Sarà la commissione disciplinare a decidere il criterio. Ma se le pene saranno comminate in questo torneo e la Lega deciderà di far disputare lo stesso playout e playoff, l’eventuale club danneggiato si rivolgerà alla Corte di giustizia, al Tnas e poi al Tar, con il risultato pressoché scritto. . . ». Avendo letto alcune imputazioni nei confronti dei club di serie B, cosa bisogna attendersi per il secondo filone di deferimenti che riguarderà le società di serie A? «Le motivazioni con le quali è stato dato credito alle parole di Gervasoni, mi fanno ritenere che rischino tantissimo».
  21. Juventus, terza stella o no? Montezemolo ha detto sì, Agnelli promette una sorpresa. La terza stella sulla maglia della Juventus è il caso sportivo del momento: nel campionato 2012/2013 i bianconeri vestiranno la terza stella, o si accontenteranno dei 28 scudetti che la giustizia sportiva gli riconosce? Ecco quando le stelle fanno la differenza di ALESSANDRO SCARANO (GQ.com 09-05-2012) La vicenda è nota ai più, ma conviene comunque ricapitolarla. Agli inizi degli anni Zero, e poi di nuovo verso metà, la Juventus era la squadra da battere. Vestirono bianconero in quei campionati Inzaghi e Ibra, Viera e Trezeguet. La allenarono Lippi e Capello, e anche Ancellotti. Capitan Del Piero ai tempi passava ancora sotto lo pseudonimo di Pinturicchio; dopo un infortunio occorso all'apice della sua carriera, quando se la giocava faccia a faccia con Ronaldo (quello originale), non era più lo stesso: con le sue esitazioni sotto porta, le resurrezioni abbozzate, i lunghi digiuni e le rivalse a suon di gol, forniva un gran materiale ai vari Tosatti della domenica sera; e comunque da qualche parte nel mondo c'era sempre un Signor Nessuno aveva segnato un gol "alladelpiero". C'erano altri Agnelli e altre facce in giro. Anche lo stadio era diverso. Dal 2001 al 2006 la Juve portò a casa quattro scudetti: dopo l'epifania europea di fine millennio, la Vecchia Signora si sfogava in campionato, aggiungeva scudetti a una collezione che già in Italia non ha tuttora eguali. Poi arrivò il Moggi-gate e il sognò finì. I bianconeri da campioni diventarono cattivi, e la Juve, che veniva da un filotto di due campionati vinti, si vide annullati gli scudetti e spedita in Serie B. Dove ovviamente fece sfracelli e Del Piero infilò più gol che mai, ma questa è un'altra storia. Quello che ci interessa qui è una faccenda di semplicissima matematica. Allora, i numeri sono questi: 27, il numero di scudetti che la giustizia sportiva riconosceva alla Juve quando il campionato è iniziato; 29, il numero di scudetti che, rubati o meno, la Juventus e i suoi tifosi hanno vinto e festeggiato (con tutto il tipico codazzo di maschi in mutande urlanti, tifosi che tirano fuori i lenzuoli per portarli in processione facendo macello con i clacson delle loro Fiat e spruzzi di champagne a più non posso, perché tanto il calcio non conosce la crisi, neanche se sei stato in Serie B). Questi 29, ovviamente, sempre al netto del campionato 2011/2012. Ed è proprio quest'annata a porre la pietra dello scandalo. Perché per la giustizia sportiva la Juve, conquistato lo scudetto, sale a quota 28, e tanti saluti. Ma per la giustizia dei tifosi, che i tifosi stessi non riconoscono come propria ma attribuiscono alla Divinità, il conto fa 30. E come si sa, ogni dieci scudetti si mette una stella sulla maglia. Quella stella che per i tifosi l'anno prossimo s'ha da mettere sulla maglia, la giustizia sportiva invece non l'ammette proprio. Sarebbe come ammettere un furto; d'altra parte i tifosi gli scudetti li hanno visti vincere, erano lì allo stadio o si sono pagati la pay-tv, per loro sono veri, verissimi e concreti: come fare a spiegargli che hanno visto un fantasma? Sembra una tipica storia italiana: tutti fanno i furbi e i conti non tornano. Andrea Agnelli, presidente Juventino, promette una sorpresa; Montezemolo rivendica la terza stella. Chiellini se la sente nel cuore, ha dichiarato. Insomma, tutti gli sguardi sono rivolti a questioni celesti, alla stella della discordia, e chissà intanto a bordo di quale campo sguazzano i piedi. ------- Lo scudetto con tre stelle: ecco cosa dicono Baudo, Tacconi, Beccantini e Veronesi di OMAR SCHILLACI (GQ.com 09-05-2012) Non si sa se sia questa la sorpresa annunciata dal Presidente della Juventus Agnelli o se abbia in serbo qualcosa di ancora più clamoroso per i propri tifosi, ma da questa mattina Torino ha potuto ammirare le prime tracce della caparbietà bianconera. Allo Juventus Stadium una gru ha trasportato un enorme scudetto con tre stelle, montato sulla vetrata della tribuna d'onore. Se il presidente della FIGC Abete o quello della Federazione Beretta domenica dovessero essere ospiti di Agnelli dovranno passare e ammirare l'installazione. Anche nella sede di Corso Galileo Ferraris è stata esposta una bandiera con uno scudetto, tre stelle e, nel caso a qualcuno il concetto non fosse ancora chiaro, un numero 30 a prova di miopi. Novità anche al centro sportivo di Vinovo. Il difensore De Ceglie si è presentato a bordo della sua Jeep con il cofano tricolore e le tre stelle d'ordinanza, una scommessa persa con i tifosi dicono. Mentre i giocatori in campo sono stati accolti da una composizione floreale a forma di scudetto. Niente stelle. Forse il giardiniere non era juventino. LA REAZIONE DEI TIFOSI Esiste uno juventino che rifiuta la terza stella? Nella sabauda casa bianconera no. Per ordini aziendali, certo. Ma anche perché non esiste giocatore che rinnegherebbe le proprie vittorie (vedi Vieira e Ibra che pur lontani non hanno mai rinunciato a rivendicare quegli scudetti "vinti sul campo). Si può ipotizzare che gli ultimi arrivati come Borriello, gli stranieri come Vidal o ex cuori rossoneri come Pirlo non ci perdano il sonno sulla questione. Ma per il resto fa fede la posizione di Chiellini o Buffon, che l'ex portiere bianconero Stefano Tacconi ripete come una poesia imparata a memoria: «nel cuore sono 30 scudetti. Tifosi e giocatori sentono di averne vinti 30 sul campo. Io ne ho vinti 30». Per trovare posizioni diverse tocca uscire da Torino e disturbare Pippo Baudo, fresco di visita in casa Jovanotti: «io sono superiore a questa polemica. La Juve un piccolo rimprovero deve pur muoverselo sulla gestione Moggi. Ostinarsi sulle tre stelle mi sembra quindi inutile, metterle sulla maglia mi sembra un gesto da provinciale. Ha più valore lo scudetto che abbiamo vinto quest'anno da imbattuti». Meno netto il giornalista e juventinologo Roberto Beccantini: «il mondo bianconero dovrebbe essere talmente forte da dire: non mettiamola. Le sentenze vanno rispettate, ma dobbiamo anche ricordare che le motivazioni della sentenza gettano non pochi dubbi sulle decisioni sportive. La terza stella ha un valore profondamente simbolico, soprattutto per il tifoso. Io credo che anche l'interista o il milanista a parti invertite rivendichebbero le stesse vittorie. Ricordiamoci che siamo il Paese del gol di Turone, fatti degli Anni 80 che continuano a tormentare il tifoso del nuovo millennio». E il tifoso del nuovo millennio è tormentato. Come nel caso di Sandro Veronesi: «la terza stella non è fondamentale in sè. Io però chiedo coerenza. Se la Federazione decidesse di comportarsi in una maniera degna allora non sarebbe un problema, ma dato che ciurla nel manico allora non si può impedire a 14 milioni di tifosi di fare e pensare quello che vogliono. Dal punto di vista della giustizia sportiva c'è stata un'anomalia. Vorrei capire come è andata veramente, perché sembra che non se ne possa più parlare. Vorrei capire perché una parte delle intercettazioni, guarda caso quelle che riguardavano l'Inter, non sono state prese in considerazione. Se si fa chiarezza e si riporta equità allora sono disponibile a rinunciare alla terza stella. Altrimenti me la tengo stretta».
  22. Corriere.it 09-05-2012 commento scoperto grazie a Gulag
  23. Il commento JUVE, STELLE E ETICA di EMANUELE GAMBA (la Repubblica SERA 09-05-2012) http://k003.kiwi6.com/hotlink/4690e8p4d2/2012_05_09_rsera_e_gamba_juve_stelle_e_etica.mp3 ------- La Juventus non si ferma più sullo stadio lo scudetto n.30 Moggi pesante contro Moratti: "La terza stella la inchioderei sulla sua fronte" di EMANUELE GAMBA (la Repubblica 10-05-2012) La Juventus ha ormai perso ogni freno inibitorio e si sta circondando di stelle (tre) e scudetti (trenta), ignorando l´albo d´oro ufficiale della serie A. Da ieri mattina, sul balcone al secondo piano della sede di corso Galileo Ferraris sventola una bandiera con un grande tricolore e il numero trenta al centro, sopra lo stemma del club e sotto tre stellone dorate. «Se vi capita di passare da quelle parti, alzate lo sguardo al cielo. E ammiratela. Sventola la bandiera più bella», hanno scritto i bianconeri sul sito ufficiale. Nel frattempo, una squadra di operai ha montato sulla copertura esterna dello Juventus Stadium il medesimo simbolo (ma senza lo stemma bianconero con la zebra), con i medesimi numeri. Il terzino sinistro Paolo De Ceglie è andato persino oltre: si è presentato a Vinovo (dove gli uomini di Conte sono tornati al lavoro festeggiati da seicento persone) a bordo del Suv aziendale riverniciato di verde, bianco e rosso. E con tre stelle stampate sul cofano. I tifosi, naturalmente, sono andati in brodo di giuggiole. Tre e trenta sono i numeri attorno ai quali orbiterà la festa di domenica pomeriggio, in occasione della partita dell´Atalanta, quando la Juventus riceverà da Maurizio Beretta la coppa dello scudetto, che per la Lega calcio è tuttavia il ventottesimo. Dopo la gara, i giocatori, Conte e i dirigenti sfileranno per la città a bordo di un pullman scoperto: è previsto un bagno di folla memorabile e stavolta sarà imponente anche il servizio d´ordine per evitare che si replichi ciò che è successo domenica sera, quando è stato danneggiato lo storico Palazzo Madama e distrutto il Toro store di piazza Castello: dopo aver sfasciato le vetrine, alcuni tifosi hanno defecato nel negozio. Lo stadio è già esaurito, sarà il ventunesimo sold out stagionale Coppa Italia compresa. Un ulteriore impulso alle celebrazioni arriverà la settimana prossima, perché giovedì verrà inaugurato il museo bianconero: in questi giorni i lavori fervono perché si sta aggiornando l´esposizione con l´ultimo scudetto. Il trentesimo. Dopo la finale di Coppa, verrà anche svelata la maglia che la Juve vestirà, anche in Europa, nella prossima stagione, che avrà richiami piuttosto espliciti alla numerologia di questi giorni. Tra i più felici, di questi tempi, c´è Luciano Moggi, che ormai va a ruota libera: «La terza stella? Fosse per me la metterei sulla testa di Moratti. La inchioderei sulla sua fronte. Come quelli che fanno la prova del chiodo», ha detto alla Zanzara, su Radio 24. «Andrea Agnelli lo sento spesso, anche dopo lo scudetto. Il mestiere da dirigente l´ha imparato da me e da Giraudo, siamo stati i suoi maestri». ___ IL COMMENTO Le vittorie vere e il negazionismo di MARCO BUCCIANTINI (l'Unità 10-05-2012) Da ieri all’ingresso della tribuna dello Juventus Stadium e sulla bandiera affacciata al balcone della sede della società è conclamata una disobbedienza alla legge: lo scudetto numero 30, con le tre stelle. Non è così: la Juventus ha vinto 28 scudetti. I due che rivendica sono quelli revocati dalla Federazione in seguito allo scandalo di Calciopoli. «Sul campo, li abbiamo vinti»: questo l’argomento di Andrea Agnelli e di tutto l’ambiente bianconero. Sul campo - secondo il primo grado di giustizia penale e tutti i gradi di giustizia sportiva - succedeva che «un’associazione a delinquere» (reato attribuito ai due massimi dirigenti della Juventus) condizionava lo svolgersi di tutte le partite necessarie a favorire il cammino della squadra bianconera. Un sistema che trovò complicità nei vertici della categoria degli arbitri, in alcuni fischietti, e che prese nella rete anche altre società con i loro dirigenti, spesso costretti a pagare una sorta di pizzo per non essere bastonati. Un sistema che forse era inutile, tanta era la forza di quella Juventus piena di campioni, ma che Moggi e Giraudo (radiati) misero in piedi e resero operativo, falsando campionati interi, a tutti i livelli. Questo fu Calciopoli, una piaga sociale che dimostrò la fragilità e la permeabilità di uno spaccato così importante emotivamente ed economicamente per l’intero Paese. Bisognerebbe rivendicare le verità storiche e non sobillare quelle fanatiche e scismatiche. La Juventus invece marca con le sue leggi il proprio territorio, come uno sceriffo del far west. L’ultimo campionato gli avrebbe attribuito un compito più nobile: essere la più convincente espressione di una comunità vasta, quella del calcio, che già troppe volte si sente “mondo a parte”. Perseguito, e anche per capitalizzare quest’ultimo meritato, bellissimo scudetto, la Juventus - tutta - farebbe meglio a pubblicizzare il rispetto delle regole, non la loro dissociante negazione. ___ SFIDA CONTINUA Bandiera e scudetto con il «30» Tre stelle alla Juve: male necessario per farla smettere? Nuovo stemma su sede e stadio (che già espone gli altri 29) Novara e Casale non hanno vinto 10 campionati. Eppure... di MARIO CELI (il Giornale 10-05-2012) «Dica 30...3». Ai tifosi della Juventus viene benissimo rispondere, è la cosa più facile del mondo: 30 come gli scudetti vinti sul campo secondo il presidente Andrea Agnelli e qualche milione di bianconeri, 3 come le stelle che il club vuole cucire sulle maglie nella prossima stagione, una ogni dieci scudetti vinti. E, affinché non ci siano dubbi, la Juve si è portata avanti: fuori dalla sede del club è stata esposta la bandiera con lo scudetto, sulla quale campeggia il numero 30 e la tanto discussa terza stella. Iniziativa promossa anche dal sito web della società: «Se vi capita di passare dalle parti di corso Galileo Ferraris, a Torino, quando arrivate vicino al numero civico 32, alzate lo sguardo al cielo -si legge- . E ammiratela. Da questa mattina, sventola la bandiera più bella». Lo stemma tricolore con il numero 30 e la terza stella è stato esposto anche nell’altra «casa» bianconera, all’ingresso dello Juventus Stadium, in vista della grande festa di domenica pomeriggio per la sfida contro l’Atalanta, ultima giornata di campionato. Una provocazione? Non più dei 29 scudetti che già fanno mostra di sé nel corridoio che dagli spogliatoi porta al campo di gioco dello Juventus Stadium. Ventinove stemmi davanti ai quali sono sfilate tutte le squadre ospiti (soltanto l’Inter diede cenni di nervosismo). E 29+1 fa 30. Non più provocatorio di Ibrahimovic quando dice di aver vinto nove scudetti in cinque squadre diverse. Perché due di quegli scudetti li ha festeggiati con addosso la maglia della Juventus e sono proprio quelli «abbattuti» da calciopoli. Non più provocatorio, forse suo malgrado, di Giancarlo «Ponziopilato» Abete, presidente di una Federazione Giuoco Calcio che nel luglio del 2011 decide di non decidere sul ricorso contro lo scudetto 2006 assegnato a tavolino all’Inter. «Sindrome di incompetenza» ritenuta irrispettosa dai vertici bianconeri. Quindi si va avanti con le stelle, assolutamente tre. Un modo per riaffermare la richiesta di giustizia, dopo la scoperta tardiva del filone di intercettazioni che riguardava anche l’Inter, finito però, come si sa, in prescrizione. Perché in tutta questa storia, almeno due domande hanno risposte chiare. Se il procuratore Palazzi, nel 2006, fosse stato a conoscenza di quanto emerso successivamente al processo di Napoli, avrebbe deferito anche l’Inter? Sì. E si sarebbe mai potuto assegnare all’Inter lo scudetto revocato alla Juve? No. Per questo la Juventus reclama quei due scudetti vinti sul campo e tolti dalla Federcalcio «per slealtà sportiva e illecito strutturale», come affermano le sentenze passate in giudicato. E se la Juve non vuole rinunciare agli scudetti vinti sul campo, l’Inter non ha alcuna intenzione di restituire il suo scudetto non vinto ma assegnatole dal commissario federale Guido Rossi, suo ex consigliere d’amministrazione. Tornare a 17 sarebbe inaccettabile. Posizioni da sei anni inconciliabili soprattutto a causa di una Federcalcio incapace di imporre il rispetto di regole, invocate a volte anche a sproposito e in alcuni casi inesistenti (come quelle che regolano le divise delle squadre di Serie A e non citano la parola «stella» e la relativa tradizione). Ed è un guaio che il calcio italiano non abbia organi di governo, né federali né di Lega, capaci di reggere e tenere la direzione politica e amministrativa di un settore che, indotto incluso, è la quinta industria del Paese. E amministrare giustizia senza vendette o peloso buonismo. In fondo, concedere la terza stella alla Juve potrebbe essere il male minore purché la si finisca con questa stucchevole guerra santa da una parte e dall’altra. Potrebbe essere un compromesso accettabile, quello delle tre stelle sulla maglia. Ad esempio, Novara e Casale hanno una stella nel loro stemma. Ma non si sognano di affermare di aver vinto 10 scudetti.
  24. Dossier calcio: le solite scommesse Seria A influenzata dalle sentenze, serie B da rivoluzionare Ma i tifosi sembrano ormai abituati a certe porcherie. E la Federcalcio... Un momentaccio, come al solito di GIAN PAOLO ORMEZZANO (FamigliaCristiana.it 09-05-2012) I primi deferimenti per la vicenda chiamata Scommettopoli non hanno riservato sorprese, e questo è il brutto: perché dice di una ormai acclarata mitridatizzazione generale. Siamo ormai abituati a condire il pane calcistico (e i suoi circensi), di cui pare non si possa fare a meno, con i veleni, che non ci fanno più effetto alcuno: né un mal di pancia né un mal di cuore né un mal di testa. E non basta: la quantità di reati e di rei, la prima tranche di 61 tesserati, in larghissima maggioranza giocatori (ma attenzione, il termine ormai potrebbe passare a indicare specificamente i calciatori che sono giocatori nel senso di giocate non calcistiche, che sono insomma scommettitori), e di 22 società, da quelle della serie A - che però starà nella prossima infornata di deferimenti – a quelle dei dilettanti, la quantità dicevamo di rei potrebbe creare due tipi di reazione, entrambe immorali: 1) troppi da condannare, il “tutti colpevoli dunque nessun colpevole” fa parte ormai del rituale nostrano e sacro della politica, dunque le pene non dovranno e potranno essere tali da azzerare un movimento; 2) in ogni caso, quando la senape viene spalmata su troppo pane se ne perde il gusto, e in questo caso anche l’eventuale auspicabile sua funzione lassativa. La Federcalcio, alla quale le impuntature anzi le provocazioni della neoscudettata Juventus (trenta stelle esposte dovunque, a Torino) per dire suoi gli scudetti del 2005 e 2006, toltile da Calciopoli potrebbero addirittura far comodo come diversivo, dosa i tempi ed i modi dei rinvii a giudizio quindi dei processi quindi delle sentenze. Anche se verrà adottato il pugno di stagnola al posto di quello di ferro, la serie B risulterà sconvolta, e patirà anche un bel po’ della serie A, e ci saranno graduatorie di club da ridefinire, quando non addirittura un calciomercato da rassicurare. Meglio aspettare fine del campionato dei cadetti nel senso di regular season (27 maggio), meglio non aspettare l’inizio dei playoff e dei playout (inizio di giugno). E però bisogna anche pensare al campionato europeo, che comincia l’8 giugno, dunque non turbare troppo la serie A che fornisce i vitellini azzurri. Poi meglio aspettare che finisca il campionato stesso, se lo si vince può scattare una provvida amnistia generale, è già accaduto, e sarebbe il trullalleru-trullallà. Aspettare ma non troppo, perché bisogna pure stilare i calendari della stagione 2012-13. E gran fortuna è che la Nazionale azzurrina non si sia qualificata per i Giochi olimpici di Londra, sennò ci sarebbero state altre complicazioni, tanto più che Ferrara pesca per essa nella sciagurata serie B. Insomma, tanti giochetti di modi e tempi per bypassare senza danni letali anche questo momentaccio: quando sarebbe più semplice e onesto ammettere che il calcio è imprescindibile, e amen, bisogna comunque adorarlo e mai odorarlo. Tanto ormai internet permette, già scritto ma da ri-ri-riscrivere, a un maori neozelandese di scommettere puntando soldi siberiani in una ricevitoria di Parigi su quel che accade in un incontro fra due squadre della Patagonia. E allora? Sentenze dure, se possibile, per bloccare un poco i truffatori attuali e scoraggiare un poco i loro succedanei: la razza è immortale, e prospera quando c’è tanto denaro. Poi speranza (vaga) in un dimensionamento del calcio, a forza di conati di vomito, così che calino gli interessi e dunque si riduca la sporcizia legata di fisso al troppo denaro. E poi sempre l’assunto personale di battersi per l’onestà: non per sconfiggere lo scommettitore maori, perché lui o chi per lui vincerà sempre, visto che il male esisterà sempre nei suoi più riusciti travestimenti, ma per non sconfiggere noi stessi con l’autorenderci indegni di guardarci allo specchio. ------- Arriva lo tsunami, sentenze entro fine maggio di ELISA CHIARI (FamigliaCristiana.it 09-05-2012) Attorno alla Juventus cresce il dibattito sulla "terza stella": mettere o non mettere il sigillo del 30° scudetto sulla maglia dei campioni d'Italia, che rivendicano anche gli scudetti resi fantasmatici dalle sanzioni di Calciopoli? Sono passati sei anni, lo strascico accende ancora gli animi e un altro tsunami si abbatte, come allora a campionato ancora caldo, come allora a ridosso di una grande manifestazione calcistica internazionale, sul pallone sgonfiato. Il responso dei primi deferimenti notificati a calciatori e società, coinvolte per responsabilità oggettiva, dal procuratore sportivo Palazzi porta a un lungo elenco, che finirà per rivoluzionare la Serie B. C'è di mezzo anche la A con Atalanta, Novara e Siena, promosse nella stagione 2010/2011, e chiamate in causa per responsabilità oggettiva a causa del coivolgimento di coinvolgimento di Cristiano Doni, Cristian Bertani e Filippo Carobbio, per le partite truccate quando erano in B. I provvedimenti sono figli della prima parte dell'inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Cremona sul calcioscommesse, che ha messo nel mirino 33 partite di cui 29 in B (stagioni diverse); due di Tim Cup (Chievo-Novara della scorsa stagione e Cesena-Gubbio di quest'anno, la partita della denuncia di Farina); due di Coppa Italia Lega pro, 2010/2011 (Monza-Cremonese e Pisa-Monza). Si tratta ovviamente dell'esito dell'indagine, non ancora della sentenza di primo grado, che si calcola potrebbe arrivare, prima dell'inizio dei play-off e dei play-out, cioè entro la fine di maggio, dato che il playoff cominciano il 30. Coinvolte 22 società (dalla Serie A ai Dilettanti) e 61 tesserati, di cui 52 calciatori in attività. Facile prevedere che l'effetto della giustizia sportiva sarà nell'immediato capace di rimettere in gioco la classifica del campionato cadetto. Se infatti la giustizia ordinaria farà il suo corso con i suoi tempi, (Sono aperte altre indagini aperte a Napoli e Bari e Cremona ha concluso solo la prima tranche d'inchiesta, mentre un secondo filone sta andando avanti e finirà per coinvolgere i club di A citati da Gervasoni e Carobbio), la giustizia sportiva deve fare in fretta perché incide sui calendari. E deve punire. La sanzione sportiva ha infatti sempre carattere afflittivo. Tra i nomi dei deferiti, si trovano in una posizione particolarmente delicata Cristiano Doni, Mario Cassano, Cristian Bertani, Alessandro Zamperini, Filippo Carobbio e Luigi Sartor. Per loro si parla di «associazione fra loro, in numero di tre o superiore a tre, e con altri soggetti, fra cui quelli già deferiti con provvedimento del 25 luglio 2011 e giudicati responsabili dagli Organi giudicanti della Figc, al fine di commettere una serie indeterminata di illeciti disciplinari, fra i quali illeciti sportivi» Di seguito la lista dei nomi dei 61 tesserati, tra cui 4 dirigenti o collaboratori di società e 3 iscritti all'Albo dei tecnici: Paolo Domenico Acerbis, Andrea Alberti, Mirko Bellodi, Cristian Bertani, Davide Caremi, Filippo Carobbio, Mario Cassano, Edoardo Catinali, Marco Cellini, Roberto Colacone, Alberto Comazzi, Luigi Consonni, Kewullay Conteh, Achille Coser, Federico Cossato, Filippo Cristante, Andrea De Falco, Franco De Falco, Alfonso De Lucia, Cristiano Doni, Nicola Ferrari, Riccardo Fissore, Luca Fiuzzi, Alberto Maria Fontana, Ruben Garlini, Carlo Gervasoni, Andrea Iaconi, Vincenzo Iacopino, Vincenzo Italiano, Thomas Hervé Job, Inacio José Joelson, Tomas Locatelli, Giuseppe Magalini, Salvatore Mastronunzio, Vittorio Micolucci, Nicola Mora, Antonio Narciso, Maurizio Nassi, Gianluca Nicco, Marco Paoloni, Gianfranco Parlato, Dario Passoni, Alex Pederzoli, Alessandro Pellicori, Mirco Poloni, Cesare Gianfranco Rickler, Gianni Rosati, Francesco Ruopolo, Nicola Santoni, Vincenzo Santoruvo, Maurizio Sarri, Luigi Sartor, Alessandro Sbaffo, Mattia Serafini, Rijat Shala, Mirko Stefani, Juri Tamburini, Marco Turati, Daniele Vantaggiato, Nicola Ventola, Alessandro Zamperini. E le 22 società: AlbinoLeffe, Ancona, Ascoli, Atalanta, Avesa, Cremonese, Pescara, Empoli, Frosinone, Grosseto, Livorno, Modena, Monza, Novara, Padova, Piacenza, Ravenna, Reggina, Rimini, Sampdoria, Siena, Spezia. E siamo solo all'inizio. ------- Le violazioni contestate di ELISA CHIARI (FamigliaCristiana.it 09-05-2012) A rischio di sembrare pedanti, vale la pena, anche per capire di che cosa si parla, di mettere i paletti sulle violazioni contestate ai deferiti negli atti fimati dal procuratore della Figc Stefano Palazzi, nell'ambito del primo troncone dell'inchiesta sul calcio scommesse. Le ragioni del rinvio a giudizio ruotano soprattutto intorno alla violazione degli articoli 7 e 9 del Codice di giustizia sportiva. All'articolo 7 in cui al comma 1 si legge: Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo. Lo stesso articolo prevede la possibilità che sia accertata e contestata la responsabilità oggettiva della società cui appartengono le persone che si sono rese responsabili di illecito sportivo e l'obbligo di denuncia per le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara, che siano venuti a conoscenza di persone che abbiano compiuto o stiano per compiere illeciti sportivi. L'articolo 9 punisce in particolare l'associazione finalizzata alla commissione di illeciti, che si verifica quando: tre o più soggetti tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali si associano allo scopo di commettere illeciti, con sanzione aggravata nei confronti di coloro che promuovono, costituiscono o gestiscono l’associazione, nonché per i dirigenti federali e gli associati all’Associazione italiana arbitri. Nel provvedimento di Palazzi si citano però anche l'articolo 1 e l'articolo 6. Il primo riguarda la violazione dei doveri e degli obblighi generali, compresi lealtà, correttezza e probità: Le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva. Il 6 riguarda invece il divieto di scommesse: Ai soggetti dell’ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai tesserati delle società appartenenti al settore professionistico è fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, anche presso i soggetti autorizzati a riceverle, o di agevolare scommesse di altri con atti univocamente funzionali alla effettuazione delle stesse, che abbiano ad oggetto i risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della FIFA, della UEFA e della FIGC. Ad alcuni (come Acerbis, Doni, Gervasoni, Carobbio, Conteh, Ruopolo) è contestata l'aggravante di cui al comma 6 dell'articolo 7 prevista nel caso di pluralità di illeciti compiuti.
  25. Scudetto alla Juve ma il Milan sul sito: “Noi, la squadra migliore” di GIOVANNI CAPUANO (panorama.it Sport 09-05-2012) Non fosse per i rapporti eccellenti che intercorrono tra Galliani e Agnelli verrebbe quasi da pensare che in via Turati non abbiano ancora digerito lo scudetto della Juventus. Prima l’infinita polemica sul gol fantasma di Muntari e gli errori arbitrali, poi le punzecchiature sui calendari e la contemporaneità delle partite e la guerra delle bandiere. Adesso un comunicato ufficiale in cui il Milan rivendica con orgoglio di essere stata la miglior squadra italiana della stagione in Europa e non solo. Titolo ambiguo (”Italia-Europa: Milan primo”) e ricostruzione puntuale dei risultati ottenuti negli ultimi dieci mesi a partire dalla vittoria di Pechino nella finale della Supercoppa italiana contro l’Inter (”primo titolo della stagione”). Il secondo posto in campionato e il sorpasso subito dalla Juventus vengono così come cancellati: “Nel 2011-2012, il Milan ha lottato testa a testa per lo Scudetto fino alla fine del Campionato, ottenendo la qualificazione diretta alla Champions League 2012-2013" scrive il sito ufficiale. E ancora: “Nel 2011-2012, il Milan è stato a lungo in testa al Campionato nonostante la squadra fosse menomata dalle assenze, per tutta la stagione, di Cassano, Gattuso e Pato; per mezza stagione di Boateng; nella fase finale e decisiva della stagione di Thiago Silva“. Infine l’affondo europeo: “Nel 2011-2012, il Milan è entrato fra le prime 8 squadre d’Europa in Champions League. Ed è la settima volta, da quando esiste la UEFA Champions League con la formula allargata a più squadre di ogni Paese, che il Milan è la miglior squadra italiana in Champions League e quindi nell’intero panorama europeo”. Segue elenco delle sette occasioni in cui i rossoneri hanno conquistato la palma di migliori in Europa a partire dal 2001 e con in bella evidenza le stagioni chiuse con la conquista della Champions League nel 2003 e 2007. Il messaggio tra le righe è chiaro: la Juventus ha vinto lo scudetto (e Galliani si è complimentato direttamente con Andrea Agnelli) però… Il Milan fatica ad unirsi al coro unanime dei consensi di chi in questi giorni ha detto e scritto che mai titolo fu più meritato. In via Turati la pensano diversamente. Forse è solo effetto di quella bandiera bianconera che per qualche ora ha sventolato a pochi metri dalla sede storica della società prima di essere rimossa. O, forse, solo l’ennesimo effetto del mal di pancia che attraversa tutto il mondo rossonero convinto di aver gettato al vento un campionato che si poteva vincere. Berlusconi lo ha detto senza troppi giri di parole. Ora è tutto nero su bianco in una nota ufficiale pubblicata direttamente sul sito a futura memoria.
×
×
  • Crea Nuovo...