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Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
LA POLEMICA Caso Lotito, è guerra Coni-Corte federale L’organo di giustizia Figc dà ragione al presidente della Lazio e boccia il Coni. Petrucci s’infuria: «Nostre decisioni intoccabili» di STEFANO CIERI (GaSport 12-01-2012) Lotito, sempre e solo Lotito. Attorno al presidente della Lazio continuano a litigare le massime istituzioni calcistiche e sportive. Una guerra destinata a durare ancora a lungo. Ieri, nuovo importante capitolo della querelle con Coni e Figc in merito alla legittimità della permanenza del presidente laziale all’interno del Consiglio federale. Una permanenza messa in discussione dalla sentenza di condanna di primo grado inflitta a Lotito nel processo-Calciopoli secondo quanto contenuto dall’articolo 22 bis delle Noif. La cui interpretazione (a differenza di ciò che accade per la rappresentanza di un club all’interno della Lega) non è però molto chiara. Per questo il presidente della Figc Giancarlo Abete aveva chiesto un parere consultivo alla Corte di giustizia federale. Corte federale pro Lotito Il risultato, a sorpresa, è stato di un pronunciamento a favore di Lotito. La Corte di Giustizia federale, presieduta da Giancarlo Coraggio, ha infatti deliberato che «le disposizioni allo stato vigenti non consentono di individuare un’ipotesi di sospensione dalla carica di consigliere federale di condanna con sentenza penale non definitiva di primo grado». Ma la Corte federale è andata oltre e, pur non avendo ricevuto alcuna sollecitazione in merito, si è pronunciata anche sulla recente direttiva del Coni (20 dicembre) che introduce una nuova normativa etica in base alla quale sono sospesi dalle cariche di consiglieri tutti i dirigenti condannati (anche solo in 1° grado) per reati sportivi. La Corte federale ha deliberato che questo nuovo provvedimento può riguardare solo il futuro e quindi non è applicabile alla vicenda-Lotito. Coni e Figc non ci stanno La decisione della Corte federale ha mandato su tutte le furie Coni e Figc. Dalla Federcalcio nessun commento ufficiale, ma da via Allegri trasecolano e ritengono «allucinante» la decisione soprattutto per quel che riguarda la quasi «offensiva» invasione di campo sulla direttiva Coni del 20 dicembre, che per inciso è stata redatta da Giulio Napolitano, figlio del Presidente della Repubblica. Federcalcio muta, mentre parla, anzi urla il Coni. Attraverso un comunicato del presidente Gianni Petrucci. Eccolo: «Meraviglia nella maniera più assoluta che un organo consultivo federale abbia esteso un proprio parere a fattispecie giuridiche non richieste e comunque di esclusiva competenza della Giunta Nazionale del Coni». E poi ancora: «Un’interpretazione che va ben al di là delle richieste di merito, diventando una pericolosa invasione di campo e una sgarbata intromissione nelle prerogative dell’Alta Corte di Giustizia presso il Coni, unico organo con funzioni consultive e giurisdizionali al quale il Comitato Olimpico Nazionale Italiano fa riferimento per Statuto. Resta inteso che la direttiva emanata il 20 dicembre è immediatamente esecutiva e le Federazioni sono state già chiamate a recepire al più presto i relativi adeguamenti normativi. I principi etici non prevedono pareri interpretativi ». Prossime puntate La decisione della Corte è stata invece accolta in maniera entusiastica da Lotito (che però ha preferito non commentarla) e pure dal presidente della Lega Beretta: «Siamo soddisfatti: la Corte di giustizia federale ha riconosciuto le buone argomentazioni della Lega A che si è battuta per far valere ragioni di metodo e di sistema generali». Beretta però non ha commentato la dura presa di posizione di Petrucci. Ed ora che succede? Appuntamento al prossimo Consiglio Federale. Lotito ci sarà, forte della pronuncia di ieri della Corte federale. Ma in quella stessa sede il Consiglio sarà chiamato a recepire la direttiva Coni che dovrebbe estrometterlo. Ne vedremo delle belle, c’è da giurarci. -
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CALCIO SCOMMESSE Lecce-Lazio: arriva la pista magiara BISCOTTI UNGHERESI di ANTONIO MASSARI (il Fatto Quotidiano 12-01-2012) Una pista magiara per Lecce-Lazio. L’assist alla Procura di Cremona arriva da un calciatore ungherese con un paio di presenze in Champions League: il difensore Gabor Horvath. È lo Sco della Polizia che il 19 dicembre segnala alla Procura: “Tale Gabor Horvath – scrivono gli investigatori nell’informativa – ha intrapreso un percorso di collaborazione con gli inquirenti”. La collaborazione è riferita agli inquirenti ungheresi che, a loro volta, stanno indagando su un alto numero di partite sospette. I protagonisti dell’inchiesta magiara sono gli stessi sui quali indaga la procura di Cremona: Taan Seet Eng – il capo di Singapore che regge la holding mondiale del calcioscommesse – e il gruppo degli zingari. Horbath ha ammesso ai magistrati ungheresi di appartenere alla stessa organizzazione. E “in tale contesto – prosegue lo Sco – avrebbe fornito indicazioni circa l’alterazione della partita di calcio Lecce-Lazio del campionato 2010 – 2011, giocata a Lecce il 22 maggio 2011”. L’incontro – ultimo della stagione – fu vinto dai biancazzurri per 4-2. IL LECCE festeggiò comunque la salvezza già conquistata, la Lazio mise piede in Europa League e – se il racconto di Horvath fosse vero – più di qualcuno incassò una bella cifra. L’incontro era già nell’elenco delle “partite sospette” e la pista ungherese, con la collaborazione di Horvath, potrebbe fornire un riscontro interessante, rafforzando la collaborazione tra le due procure: la banda di Taan Seet Heng ha agito su uno scenario globale e anche le indagini, ormai, assumono una dimensione internazionale. E un riscontro è arrivato ieri, invece, dall’interrogatorio dell’ex capitano dell’Atalanta Cristiano Doni. Un dettaglio quasi banale che però racconta come, nella pratica, si potevano beffare i tifosi, alterare i risultati, manipolare le scommesse. Il 27 dicembre, Carlo Gervasoni, calciatore del Piacenza aveva parlato di un accordo tra Doni e il portiere piacentino Mario Cassano: “Cassano m’invitò a dire a Doni che, qualora ci fosse stato un rigore a favore dell’Atalanta, lo tirasse centrale, in maniera tale da consentire al portiere di non pararlo buttandosi di lato. Incontrai Doni riportandogli quello che mi aveva detto Cassano. Accadde poi che, in occasione del primo rigore, Doni tirò e scelse una traiettoria centrale. Gli accordi con Gegic erano nel senso che avremmo dovuto perdere con due gol di scarto e il risultato, sia del primo tempo che finale, doveva essere l’1 in favore dell’Atalanta”. Doni aveva già ammesso, nell'interrogatorio davanti al gip Guido Salvini, la sua partecipazione alla combine di Atalanta-Piacenza, conclusasi con la vittoria atalantina, spiegando di aver agito solo per favorire la sua squadra e senza ricavare alcun personale vantaggio. Ieri ha confermato la versione, interrogato dal procuratore capo di Cremona, Roberto di Martino (che ha fatto sapere che presto ci saranno nuovi indagati): “Non sono un corrotto”, ha detto Doni, “non ho mai agito contro l’Atalanta: ho sempre giocato per vincere”. Certe volte, però, vincere era fin troppo facile. Come quando fronteggiò con un rigore il portiere piacentino Cassano: Doni ha confermato di aver calciato al centro, in accordo con l’estremo difensore che scansò il pallone, tuffandosi dall’altro lato. E se l’interrogatorio di Nicola Santoni, ex preparatore atletico del Ravenna, ieri agli inquirenti è apparso “deludente”, altri riscontri sono giunti dagli accertamenti tecnici sull’iPhone di Marco Paoloni, il portiere che – stordendo i suoi stessi compagni di squadra, con un ansiolitico, durante una partita – ha consentito agli inquirenti d’aprire l’intero fascicolo. Gli investigatori hanno scoperto che Paoloni era davvero in contatto con il difensore (l'attaccante, ndt) del Lecce, Daniele Corvia. La scorsa estate, Paoloni aveva sostenuto di aver usato l’avatar di Corvia, spacciandosi per lui su Skype, mentre provava a convincere il clan degli “Zingari” che Inter-Lecce era stata realmente manipolata. La partita, invece, si giocò regolarmente. Oggi si scopre, però, che Corvia e Paoloni erano realmente in contatto e così la posizione del difensore (l'attaccante, ndt) leccese, uscito indenne quest’estate, rischia invece di aggravarsi. -
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L'OPINIONE Scommessopoli, perchè non perdonare i colpevoli? 'Calciopoli non ha avuto il suo Simone Farina, tuttavia molti sapevano la verità, però per convenienza hanno taciuto, per mera convenienza' di SIMONA AIUTI (Italia chiama Italia 11-01-2012) Può sembrare un paradosso o una provocazione far cadere nel dimenticatoio i rei di scommessopoli, ma la cosa ha un senso e un precedente. Tutti gli esponenti del calcio italiano che hanno qualcosa da perdere in Calciopoli, non fanno che invocare l’oblio sull’argomento, e a pensar male forse si fa peccato, ma ci si indovina. La Juve guarda avanti, lo testimonia il momento che sta vivendo, tuttavia Calciopoli prima di esalare l’ultimo respiro deve ancora dare il suo bel colpo di coda e il calcio scommesse deve attendere. Petrucci vorrebbe dimenticare, Moratti che ve lo dico a fare e Auricchio spera che nessuno gli chieda di rendere conto in tribunale del modo disordinato in cui si fecero le indagini. Se sono state fatte male le indagini sul vecchio, perché dovremmo occuparci così in fretta del nuovo? Agnelli è stato molto chiaro sul fatto che continuerà a difendere ciò che è giusto, e comunque la legge non è un meccanismo che si può fermare, e poi perché dovremmo farlo ora? L’indifferenza davanti a qualsiasi indizio o prova riguardo al fatto che forse le cose non andarono come volevano farci credere, la sentenza di Napoli sconcertante non possono restare come un’onta su chi è innocente, quindi poca fretta signori! In queste settimane non si fa che parlare del calcio scommesse, della vergogna, dello scandalo, ma a rigor di logica perché non premiare tutti i presunti colpevoli? Perché dovremmo metterli all’indice e punirli partendo da Doni? Potremmo aspettare un po’ e mandare in prescrizione anche loro, non sarebbe giusto agire così? Non sarebbe equo? Insomma, se non sono stati puniti i colpevoli del 2006, quelli veri intendo, e anzi sono stati premiati, perché non dovremmo perdonare e premiare Doni e gli altri, proponendoli magari per un encomio solenne e ufficiale? Qualcuno ha ricevuto in dono due scudetti o sbaglio? Non so cosa ne pensi il lettore, ma questa è logica e non fa una grinza. Per noi sportivi vale la legge del campo che deve essere uguale per tutti, dunque o si puniscono tutti quelli che lo meritano, o si assolvono tutti. Nessuno ci chiuderà la bocca, non permetteremo che cada l’oblio, per quanto possano invocarlo. Si è cercato di mettere Calciopoli in secondo piano quando è esplosa Scommessopoli, invece nel tribunale sportivo c’è una fila, e gli imputati di oggi devono mettersi in fila dietro ai “prescritti”. Calciopoli non ha avuto il suo Simone Farina, tuttavia molti sapevano la verità, però per convenienza hanno taciuto, per mera convenienza. Se ci vogliono invitare ad un altro tavolo della pace che si presentino con un risarcimento, con i nostri scudetti, con le sanzioni per i colpevoli e allora tratteremo. Abbiamo ancora voglia di andare in tribunale, ma vogliamo sentire tutte le gole profonde e non in incognito ma a viso scoperto, vogliamo sentire interrogati Collina, Baldini, Auricchio e vogliamo che le 170.000 intercettazioni per un lungo periodo occultate, risuonino e facciano tremare di rabbia chi è stato omertoso. Ci interessa e molto come sopra accennato, seguire l’evolversi delle azioni legali intraprese da Andrea Agnelli che chiede moneta sonante. Attendiamo il Tar e prima dell’appello desideriamo leggere le motivazioni della sentenza di Napoli, già sapendo che altri processi legheranno chi vuole l’oblio. Siamo pronti e abbiamo pazienza. -
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Petrucci subisce beffe e lazzi dalla Figc quasi come AA e la Juventus da Abete, Palazzi ed il Consiglio Federale. Per chi volesse approfondire sulla guerra in atto tra Coni e Figc. ___ La Corte di Giustizia Federale rinvia il proprio parere in merito all’art. 22bis Noif di EDOARDO REVELLO dal blog "SPORT & LEGGE" 05-12-2011 Mentre la serie A si prepara a sedersi alla tavolo della pace, "apparecchiato" (e fortemente voluto) dal Presidente del CONI Petrucci, la Corte di Giustizia Federale della Figc ha emesso lo scorso giovedì un'ordinanza di rinvio al 9 gennaio 2012 in merito alla richiesta di parere interpretativo relativo all'articolo 22bis delle Noif (Norme organizzative interne federali). In particolare, la Figc aveva interpellato il massimo organo di giustizia endofederale del calcio nostrano al fine di capire se il Presidente della Lazio Lotito potesse continuare a rivestire il proprio ruolo di Consigliere federale. La Corte, dal suo canto, ritenendo opportuni ulteriori accertamenti istruttori, ha richiesto l'invio di tutta la documentazione pertinente, autorizzando anche la presentazione di memorie e la possibile richiesta contestuale di audizione. Ma ripercorriamo adesso le tappe di questa vicenda sempre più intricata, limitandoci ad un'analisi la più tecnica possibile, senza entrare nel merito delle roventi polemiche che hanno riempito le pagine dei giornali nelle scorse settimane. Come è noto, tutto è cominciato a partire dalla pronuncia di primo grado al processo penale di Napoli per i fatti di Calciopoli del 2006. Il Presidente Lotito, infatti, è stato condannato ad un anno e tre mesi di reclusione per il reato di frode sportiva insieme a Lillo Foti (Presidente della Reggina), Andrea Della Valle (Presidente Onorario della Fiorentina) e Sandro Mencucci (Amministratore delegato del club viola), per citare soltanto i più noti. Ne seguivano, quali effetti collaterali, tutta una serie di conseguenze anche sul piano dell'ordinamento sportivo, in base ad alcune norme specifiche delle carte federali. In particolare, in base al sopracitato articolo 22bis comma 3 Noif, "restano sospesi dalla carica di dirigente della società [. . . ] coloro che vengano condannati, ancorché con sentenza non definitiva, per uno dei delitti previsti dalle leggi indicate al comma precedente (tra cui appunto la n. 401/1989 in materia di frode sportiva). La sospensione permane sino a successiva sentenza assolutoria". Si è aperto, allora, un vivace dibattito sulla bontà di tale norma, introdotta nel lontano 1993 (e, quindi, non con il preciso fine di colpire il Presidente Lotito, come qualcuno ha provato a sostenere in un primo momento!!) per garantire l'onorabilità dei soggetti aventi un ruolo attivo nella gestione del nostro calcio. Tra i critici, vi è stato chi ha ritenuto che tale articolo violi il generale principio di innocenza presunta fino al terzo grado di giudizio (sancito dall'art. 27 della Costituzione) e che, in assenza di una successiva sentenza di assoluzione (o al semplice intervenire della prescrizione), la sospensione rischi di tramutarsi, di fatto, in una "radiazione" a tempo indeterminato per i soggetti coinvolti. Ci si è posti, poi, anche un problema di ne bis in idem nei confronti di chi abbia già scontato una precedente inibizione per gli stessi fatti, in seguito alla condanna sportiva del 2006. Dall'altro lato, vi è stato chi non ha mai nutrito alcun dubbio riguardo l'automaticità applicativa della norma (la Figc ha, infatti, provveduto a prendere atto della sospensione attraverso un mero comunicato), in quanto tutte le disposizioni federali, tra cui quindi l'art. 22bis Noif, vengono – e devono essere – accettate dai soggetti che facciano richiesta di tesseramento presso la federazione. E' stato sostenuto, inoltre, come non sia vero che per tale tipo di sanzione, per così dire accessoria, si debba sempre attendere una sentenza passata in giudicato (basti pensare a quanto accade ad intermediari finanziari e funzionari di banca). In generale, infine, sconfinando per un istante nel diritto penale, è espressamente ammessa la possibilità, ex art. 290 c.p.p., di prevedere il divieto temporaneo di esercitare "determinate attività professionali o imprenditoriali" prescindendo, dunque, da una sentenza di condanna. Potrebbe, semmai, discutersi sull'automaticità della sospensione sportiva, a fronte del vaglio del giudice penale che sempre vi deve essere in materia di misure cautelari. A causa di tale incertezza applicativa, la Lega Serie A ha fatto fin da subito quadrato attorno ai dirigenti sospesi, chiedendo (durante un redivivo consiglio direttivo) la modifica della normativa in questione da discutere nel corso del prossimo consiglio federale. Il Coni, dal canto suo, piuttosto seccato in questo periodo affetto da "doping legale", ha auspicato una celere risoluzione della questione, sottolineando, in ogni caso, come qualsiasi modifica delle Noif debba necessariamente passare al vaglio della Giunta nazionale. La questione si infittisce poi, ed è questo il punto nodale che qui si vuole ulteriormente approfondire, con riferimento alla posizione di consigliere federale del presidente biancoceleste. Per tutti questi motivi, e tenuto conto della delicatezza dell'argomento, la Figc ha deciso allora di interpellare la Corte di Giustizia Federale per cercare di dirimere la questione prima del prossimo consiglio di dicembre ed evitare, così, imbarazzi sulla legittimità della presenza di Lotito. Il quadro normativo di riferimento si sposta dal mero art. 22bis Noif, interessando anche lo Statuto Figc e lo Statuto della Lega Serie A. Prima facie, emergerebbe un'apparente differenza di trattamento tra cariche sociali e cariche federali. Una volta analizzato, infatti, l'art. 22bis Noif (che fa riferimento – come detto – anche a sentenze non definitive), l'art. 10.5 Noif recita invece che "non possono ricoprire cariche federali elettive o di nomina coloro che incorrano in delitti non colposi sanzionati con condanna dal giudice penale", confermato dall'articolo 29. 1 dello Statuto Figc che prevede l'ineleggibilità per "coloro che hanno riportato condanne penali passate in giudicato per reati non colposi a pene detentive superiori a un anno". Sembrerebbe, quindi, che per le cariche federali (posizioni, senz'altro, di maggior rilievo nell'organizzazione e nella gestione del nostro calcio) la sospensione operi solo in seguito ad una condanna passato in giudicato, mentre per le cariche sociali sia sufficiente una condanna anche non definitiva. Scorrendo ulteriormente le norme, l'apparente contraddizione sembrerebbe, però, essere colmata da un richiamo indiretto (e su questo dovrà probabilmente concentrarsi l'attenzione della Corte). In base, infatti, all'articolo 9. 12 dello Statuto della Lega di Serie A, "i Consiglieri Federali in rappresentanza della Lega Serie A (tra cui, appunto, Lotito) devono possedere i requisiti previsti [...]dall'art. 22bis Noif". Sembrerebbe essere stata, dunque, la stessa Lega di A ad aver inasprito i criteri di onorabilità previsti per la quota di consiglieri da essa eletti, imponendo l'ulteriore rispetto dell'art. 22bis Noif. A garanzia di tale sistema, parrebbe intervenire infine, l'articolo 29. 1 dello Statuto Figc, il quale, stabilendo che "la perdita dei requisiti funzionali predeterminati nel regolamento di ciascuna Lega [... ]per la nomina a Consigliere federale comporta, su comunicazione della Lega [. . . ] la decadenza dalla carica e la sostituzione del Consigliere decaduto", lascerebbe piena autonomia a ciascuna Lega di prevedere ulteriori requisiti da far rispettare ai propri consiglieri eletti. Alla luce di quanto fin qui detto, la Corte Federale ha deciso di rinviare l'emissione del proprio parere (avente, comunque, carattere non vincolante), preferendo prima acquisire ulteriori informazioni sulla questione. Come conseguenza immediata di tale rinvio, il Presidente Lotito potrà regolarmente presentarsi al consiglio federale di dicembre (dove, quindi, non si parlerà di modifica dell'art. 22bis Noif), poiché la vicenda verrà dunque chiarita soltanto con l'anno nuovo. In particolare, bisognerà capire se la carica federale decada anche in assenza di una sfiducia espressa da parte dalla Lega di A, che, al momento, appare assai improbabile. Tirando le somme, quel che si può fin d'ora affermare è che tra il Coni e Lotito la Corte ha preferito "non mettere il dito"…almeno fino a gennaio! -
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Figc News La Corte di Giustizia federale sul parere interpretativo richiesto dal presidente della Figc Roma 11/01/2012 E’ stata pubblicata oggi dalla Corte di Giustizia Federale-Sezione Consultiva, presieduta da Giancarlo Coraggio, la decisione in merito al parere interpretativo richiesto dal presidente federale in ordine all’articolo 22 bis delle NOIF. Dopo aver preso in esame i vari passaggi, nelle considerazioni conclusive, la Corte osserva quanto segue: 1. Le disposizioni allo stato vigenti non consentono di individuare un’ipotesi di sospensione dalla carica di consigliere federale nell’eventualità di condanna con sentenza penale non definitiva di primo grado, non prevedendo in particolare né le conseguenze da essa derivanti né la procedura a tal fine utilizzabile. 2. Su questo quadro normativo non incide la direttiva adottata dalla Giunta Nazionale del C.O.N.I. con deliberazione n. 450. Tale atto, a prescindere da ogni considerazione circa la competenza dell’organo, non può che riguardare il futuro e ciò per un duplice ordine di considerazioni: - perché è comunque norma sopravvenuta e in quanto tale non applicabile a vicende anteriori; - perché non è “autoesecutiva”, richiedendo un adeguamento normativo degli Statuti federali e delle Leghe. Per consultare il testo integrale del documento ___ CONI.it 11-01-2012 CONI: Dichiarazione del Presidente Petrucci Il Presidente del Comitato Olimpico Nazionale, Giovanni Petrucci, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Meraviglia nella maniera più assoluta che un organo consultivo federale - pur nell’autorevolezza conclamata dei singoli componenti – abbia esteso un proprio parere a fattispecie giuridiche non richieste e comunque di esclusiva competenza della Giunta Nazionale del CONI. In un momento particolare in cui il calcio italiano ha assoluto bisogno di ritrovare rapidamente certezza di comportamenti etici e trasparenti, inspiegabilmente nell’ambito della Federcalcio viene espressa un’interpretazione che va ben al di là delle richieste di merito, diventando una pericolosa invasione di campo e una sgarbata intromissione nelle prerogative dell’Alta Corte di Giustizia presso il CONI, unico organo con funzioni consultive e giurisdizionali al quale il Comitato Olimpico Nazionale Italiano fa riferimento per Statuto. Resta inteso che la direttiva emanata dalla Giunta Nazionale CONI il 20 dicembre scorso, peraltro rafforzativa di quanto già previsto fin dal 2004 nel Codice di Comportamento Sportivo, è immediatamente esecutiva e le Federazioni sono state già chiamate a recepire al più presto i relativi adeguamenti normativi. I principi etici non prevedono pareri interpretativi”. Roma, 11 gennaio 2012 ___ Caro Petrucci, se questo non è doping legale, diccelo tu: commissaria la FIGC. -
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IL CALCIO SI MOBILITA PER CONTRASTARE LE BANDE CRIMINALI UN GIOCATORE CHE DENUNCIA NON BASTA «Match truccati in tutto il mondo» La sfida dell'asse Fifa-Interpol Eaton, capo della task force: «Servirebbero tanti Farina. Sì, lui è un eroe» di FABIO LICARI (GaSport 11-01-2012) «Eroe? Non direi che è una definizione esagerata: Simone Farina ha solo fatto il suo dovere, è vero, ma tanti altri no». Chris Eaton, australiano, baffi d'ordinanza e sorriso come i poliziotti dei telefilm, ex dirigente Interpol, dal 2010 alla Fifa per gestire la sicurezza in Sudafrica, è oggi il capo della task force contro scommesse e corruzione. L'accordo con l'Interpol è stato stipulato un anno fa e avrà una durata decennale. Eaton ha parlato con Farina al Gala, venerdì sarà a Firenze. Spiegherà come combattere le infiltrazioni criminali nel calcio. Con una strategia che somiglia a quella dell'antimafia: pentiti, programma protezione, amnistia. Senza denunce di «eroi» come Farina, infatti, è impresa complicata. «Farina un modello» «Se Simone è un uomo onesto, il gioco delle probabilità fa pensare che tanti non abbiano denunciato. Anche se non hanno partecipato. La grandezza di Simone non è stata solo resistere, è stata denunciare: abbiamo bisogno di altri come lui, ma c'è gente che ha paura. Posso capire. Però, senza denuncia, ci saranno altre vittime. Inoltre Farina ci ha fatto riflettere: se gli hanno offerto 200 mila euro, lui che ne guadagna 60 mila all'anno, quant'è grande il giro delle scommesse? Non deve aver paura: sarà protetto, ma per le organizzazioni criminali non ci sarebbe alcun vantaggio nel fargli qualcosa. E, comunque, non c'è un sistema investigativo migliore, in Europa, di quello italiano. Complimenti». Business criminale «Non pensate che le scommesse siano frutto di due giocatori e due arbitri corrotti. No. Ci sono organizzazioni transcontinentali che investono a lungo termine: miliardi, perché ne possono guadagnare di più. Ci sono programmi per “insegnare” ai giocatori a truccare. Calciatori, arbitri e dirigenti in cerca di denaro facile. E calciatori che si uniscono per trattare con le organizzazioni. Un business criminale. Serve aiuto di autorità di polizia e governative. Coordinamento mondiale, come nell'antiterrorismo dopo l'11 settembre. Sanzioni sportive e penali». Niente tv «E soprattutto servono prevenzione e intelligence e regole sicure nell'organizzazione delle partite: spesso i match sono truccati perché gestiti da fantomatici agenti che, nei contratti, escludono anche la vendita dei diritti tv. Perché le partite devono essere “nascoste”: a uso e consumo degli scommettitori. Il giro d'affari è enorme, sui 500 miliardi all'anno nel mondo per tutte le scommesse, legali e illegali: 15 miliardi circa quelli derivanti da partite manipolate». Pentiti e amnistia «Non è facile combattere: per un'indagine ci vogliono minimo tre anni. Queste organizzazioni sono pericolose perché poi reinvestono tutti questi soldi in altre attività criminali: ecco perché gli Stati devono agire. E poi minacciano: abbiamo prove di giocatori uccisi perché non si sono prestati, e di altri suicidati, in Sud Corea, per la vergogna. Da febbraio, e fino al 31 dicembre, partirà il nuovo programma che prevede indagini locali, una linea telefonica mondiale, un sito per denunciare anonimamente quello che si sa, la protezione di pentiti che saranno anche aiutati a reinserirsi nel calcio, un'amnistia per chi collabora. Ce la faremo». L'ORGANIZZAZIONE Società create per falsare anche tornei giovanili e amichevoli di FABIO LICARI (GaSport 11-01-2012) ZURIGO Qualcuno l'hanno beccato. Qualche organizzatore è finito nella rete di Fifa e Interpol nel 2011. E i documenti scoperti hanno allarmato gli investigatori. Tipo quelli di Perumal Wilson: questo tizio, capo di una fantomatica società, si presenta da Singapore a diverse federazioni spiegando, lettera dopo lettera, come preparare partite amichevoli. Con una mail — tutto cifrato, ma il dirigente federale è stato licenziato e sotto inchiesta — Wilson è chiaro: «Sono amichevoli, non complicatemi la vita dicendo che volete vincere. Mi creda: possiamo fare tanti soldi». Tra cancellature e top secret, si capisce che gli arbitri «forniti» sono Fifa e spesso africani, che alcune amichevoli truccate sono in Anatolia (Turchia), che ci vorrebbero tornei e amichevoli anche per nazionali giovanili (che nessuno vede). Emerge un mondo nel quale si può falsificare il logo Fifa, creare una società di comodo e organizzare partite tra nazionali importanti. Partite «inesistenti». La premura di un altro «organizzatore», tale Blapp Johansson, è: «Non ci sarà copertura tv e non saranno venduti diritti tv». Così inventarsi rigori e gol è più facile... UEFA e INTERPOL insieme contro i crimini nel calcio Il presidente UEFA Michel Platini ha incontrato il segretario generale INTERPOL Ronald K Noble per rafforzare la collaborazione reciproca e lo scambio di informazioni. di UEFA News Mercoledì, 11 gennaio 2012, 16.40CET Il presidente UEFA Michel Platini e il segretario generale INTERPOL Ronald K Noble, nel corso di un meeting al quartier generale UEFA tenutosi oggi, hanno identificato un numero di aree di cooperazione tra le due organizzazioni per ridurre i crimini legati al calcio, tra cui le partite truccate e la violenza negli stadi. Il signor Platini e il signor Noble hanno lavorato a un memorandum d'intesa da firmare nel prossimo futuro che dovrà rafforzare la collaborazione reciproca e lo scambio d'informazioni tra le organizzazioni. "Per la UEFA, la lotta in atto contro le partite truccate è uno dei punti più importanti del mio secondo mandato come presidente", ha detto il signor Platini. "Lo dimostrano l'accordo per firmare un memorandum d'intesa con INTERPOL, e con la collaborazione stretta con il loro network e attraverso il nostro sistema per rivelare scommesse fraudolente, con l'obiettivo di inasprire il controllo su coloro che sono coinvolti nel truccare le gare e nelle scommesse illegali sportive". Il segretario generale INTERPOL Ronald K Noble dal canto suo ha sottolineato l'impegno della polizia mondiale per contribuire a reprimere tutte le forme di criminalità che affliggono il calcio, in particolare quella delle partite truccate. "Ovviamente l'aggiustamento delle partite è un problema mondiale, " ha detto. "INTERPOL è piazzata in maniera ideale per aiutare UEFA, FIFA e tutto il calcio professionistico a contrastare il problema a livello globale, ma allo stesso tempo è importante non perdere di vista gli altri tipi di crimini che affliggono lo sport. "A seguito dell'incontro odierno con il Presidente UEFA, Michel Platini, posso dire con fiducia che la collaborazione già esistente tra UEFA e INTERPOL nel combattere il fenomeno delle partite truccate sarà ancora più forte", ha aggiunto il signor Noble. Con l'INTERPOL già pronta a fornire sostegno in vista e durante la fase finale UEFA EURO 2012, attraverso lo schieramento di squadre di sostegno per grandi eventi (IMESTs) ai due paesi ospitanti, Polonia e Ucraina, la cornice è già sistemata per un rapporto più stretto nel combattere ogni forma di criminalità e per proteggere meglio lo sport, oltre ai suoi giocatori, dirigenti e tifosi. Come parte del sostegno garantito da INTERPOL durante UEFA EURO 2012, gli IMESTs garantiti in Polonia e Ucraina faranno da collegamento con con tutte le 190 nazioni membre per facilitare il reale scambio di messaggi e intelligence poliziesca, tra cui le impronte digitali, gli avvisi su persone ricercate e i dati su documenti di viaggio rubati o smarriti e sui veicoli rubati. -
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Sono piccole soddisfazioni, per il momento. ___ l'Editoriale DA DOMANI UNA ĠAZZETTA ANTICRISI di ANDREA MONTI (GaSport 11-01-2012) Cari Lettori, mentre tutti insieme affrontiamo un anno importante e difficile, la Ġazzetta dello Sport ha deciso di reagire alla crisi investendo sulla qualità che, da sempre, è il suo marchio di fabbrica. L’obiettivo è ampliare la copertura e la profondità dell’informazione. Offrirvi ogni giorno qualcosa di più. E, ci auguriamo, di meglio. Semplicemente un giornale di maggior peso e ricchezza che sa anticipare le esigenze di un pubblico esperto e informato. Da domani, la nostra e vostra rosea proporrà alcune novità importanti. Le noterete sin dalla prima pagina, ridisegnata con titoli e spazi che sottolineano la ricchezza e la gerarchia del notiziario. Questo corrisponderà, all’interno, a una maggiore concentrazione di energie e risorse sulle storie e le interviste esclusive, sugli approfondimenti, sulle analisi tecniche dei nostri esperti. Insomma, tutto ciò che una nobile tradizione di giornalismo sportivo è capace di dare e che non trovate in tv, su internet e sugli altri quotidiani. Alla nostra abituale foliazione, l'Editore aggiunge due nuove pagine. La prima sarà dedicata interamente alle opinioni. Autorevoli, indipendenti e, come sempre, non partigiane. Commenti, temi caldi e polemiche che riguardano tutti gli sport, non solo il calcio. La nostra squadra di grandi firme sarà rafforzata dall'ingresso di voci importanti che hanno vissuto e vivono la competizione sportiva ai massimi livelli, da Marcello Lippi all'inimitabile Josefa Idem, a molti altri protagonisti: non li citiamo tutti per brevità e per lasciarvi il gusto di scoprirli leggendo. La pagina delle opinioni sarà arricchita anche dai pareri e dagli orientamenti più significativi che vengono da voi lettori, testimonianza vibrante di quella straordinaria comunità — o social network se preferite — che la Ġazzetta è da oltre cento anni. La seconda pagina aggiuntiva sarà destinata a un vero e proprio blog, intrigante quanto basta, su personaggi, argomenti e indiscrezioni della serie A. Una luce nuova sulla vita dei club che, indipendentemente dalla classifica e dal blasone, meritano attenzione e approfondimento. Insomma, quotidianamente, ogni tifoso sarà sicuro di trovare la propria squadra del cuore rappresentata sulle pagine della testata sportiva più prestigiosa. A questo sforzo si aggiunge la conferma di ET, il settimanale di calcio internazionale del martedì, il rinnovamento di Sportweek previsto per fine febbraio e l'ulteriore potenziamento della nostra presenza su internet, sull'iPad e sui cellulari di ultima generazione. Investimenti importanti per chi guarda al futuro dei grandi giornali come una gara da vincere, non come una sfida segnata. E per chi fa tesoro di ciò che lo sport insegna: quando il gioco si fa duro, i duri danno il meglio. Appuntamento a domani in edicola. E buona lettura. -
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IL CASO Bestemmie impunite, che brutto autogol di MASSIMILIANO CASTELLANI (Avvenire.it 10-01-2012) Bestemmie impunite, che brutto autogol «Non nominare il nome di Dio invano», secondo comandamento. Ma per quei calciatori, credenti e non, dovrebbe almeno valere la norma introdotta dal consiglio federale nel febbraio 2010, la quale sanciva che chi bestemmia in campo deve essere punito con l’espulsione. «Per i trasgressori, sanzioni possibili anche dopo, con l’utilizzo del mezzo televisivo», disse serafico annunciando la “novità”, il presidente della Figc Giancarlo Abete. Invece ieri il giudice sportivo Tosel non ha ritenuto opportuno assumere la prova tv per il difensore brasiliano dell’Inter Maicon che sabato sera, in Inter-Parma, al gol del compagno Faraoni (la rete del 5-0) si è esibito in una plateale quanto gratuita bestemmia che non è sfuggita alle cento telecamere piazzate al Meazza e tanto meno ai telespettatori come noi. Agli interisti, dalla dirigenza alla Curva, chiediamo di rimanere lucidi e di non alzare il solito muro del tifo cieco e di partecipare fin da questo momento alla campagna per mettere al bando i “bestemmiatori di campo”. Non è una battaglia da moralisti per fare di Maicon il capro espiatorio di una tendenza - quella della blasfemia del pallone - purtroppo assai diffusa, ma la necessità di ripulire il calcio, cominciando dai comportamenti dei suoi protagonisti più privilegiati che sarebbero tenuti a dare il massimo esempio di etica e professionalità. È ciò che, solo due mesi fa, chiedeva a gran voce il presidente del Coni Gianni Petrucci, dopo le reiterate imprecazioni al cielo, ascoltate forti e in chiaro nella diretta Sky di Cagliari-Bologna. «Non mi sono piaciute le bestemmie, è una brutta immagine per il calcio. Vorrei vedere se, davanti ai propri figli, queste persone terrebbero lo stesso comportamento. Non si tratta di religione, ma è una questione di educazione e di civiltà», tuonò il numero uno dello sport italiano. Parole sante. Del resto, ricordiamo a tutti i professionisti, che praticano l’ingiuria blasfema, che fino al 1999 la bestemmia veniva addirittura considerata reato dal nostro codice penale e attualmente è comunque un illecito amministrativo. Nel calcio si tratta di un “illecito sportivo”, ma da due anni in qua, nonostante la regola, non viene sanzionata quasi mai. Eppure, nel marzo 2010, al suo esordio, la normativa anti-bestemmia sembrava aver aperto una nuova era con le squalifiche esemplari comminate all’allenatore del Chievo Di Carlo e al calciatore Lanzafame (allora al Parma). In quella stessa giornata in B incappava nella medesima sanzione (poi annullata dietro ricorso) anche il difensore della Triestina Scurto. Irremovibile, invece, la decisione, a giugno 2010, per il bomber del Torino Rolando Bianchi che saltò la finale dei playoff vinta dal Brescia. Figurine Panini di Serie B, ma comunque punite, a differenza di un campione del mondo come Gigi Buffon che dopo un “papera” in uno Juventus-Genoa fu immortalato dalla telecamera mentre sciorinava un rosario di bestemmie indegno di un fuoriclasse come lui. Risultato finale: la trasmissione “Striscia la notizia” per la bravata insigniva il Gigi nazionale con il Tapiro d’oro. L’unico a rimbrottarlo per il pessimo gesto fu il compagno di squadra Nicola Legrottaglie, così Buffon per difendersi pubblicamente sminuì la portata dell’episodio adducendo come giustificazione di aver pronunciato la parola «zio», in quanto «ho uno zio porcellino». Un precedente, che servì da assist all’attaccante della Lazio, Tommaso Rocchi: colto sul fatto emulò Buffon con un poco credibile «cito spesso mio zio...». La maggior parte dei suoi colleghi ormai adottano ad arte l’escamotage del «p***o zio» che al massimo più che offendere la dignità o la memoria del parente stretto, potrebbe sortire solo la rivalsa di un altro illustre campione del mondo, Beppe Bergomi, in arte appunto lo “Zio”. Ma giova ribadirlo, i campioni con la “C” maiuscola la fanno sempre franca quando bestemmiano in campo. È il caso di Ibrahimovic che nell’ultimo turno del 2011, nella partita vinta dal Milan a Cagliari, venne ripreso in flagrante mentre “smoccolava” invano il nome del Signore. Ora, come non è stato punito Ibrahimovic, pena sospetto di “complotto” in vista del derby di domenica, è stato chiuso un occhio anche per Maicon. Una “svista” che la dice lunga sulla contradditorietà nell’applicazione della norma che nel frattempo però ha portato al deferimento (dopo gara persa dagli emiliani all’Olimpico con la Lazio) del dg del Parma, Pietro Leonardi, e alla squalifica dell’allenatore del Siena Giuseppe Sannino, sempre a Cagliari, in una partita di Coppa Italia vinta dalla squadra toscana. «Accetto la squalifica perché ho usato parole inappropriate, ma non la motivazione perché sono certo di non aver pronunciato un’espressione blasfema», disse Sannino che però la giornata di squalifica l’ha incassata lo stesso, mentre è stato appena prosciolto l’arbitro Gianluca Barbiero, deferito per essersi rivolto con espressioni blasfeme a due calciatori del Foggia (Burrai e Laribi Karim), nel match di LegaPro disputato lo scorso 3 aprile dalla formazione pugliese contro il Siracusa. «Non è certo che l’aggettivazione (p***o) ingiuriosa e denigrativa come hanno denunciato i due calciatori», abbia preceduto il nome di Dio, sta scritto nella sentenza che comunque lascia ampio spazio al dubbio e conferma una certezza: il calcio è sempre più omertoso e i suoi protagonisti non ammettono mai le loro responsabilità. E non è affatto vero che “tutto lo sport è paese”. Il coach della Bennet Cantù, Andrea Trinchieri, nella partita contro la Scavolini Pesaro di questa stagione per una bestemmia ha rimediato un fallo tecnico. La sua reazione? «Mi vergogno per quello che ho fatto e per ciò che ho causato – il mea culpa di Trinchieri –. Mi scuso con la società e con le persone credenti, il mio non è stato un comportamento corretto». Meditate uomini di calcio, meditate. . . -
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Stop ai narcos: tredici arresti Il capo era un leader dei «Fedayn» Svelato anche il retroscena del rapimento di un socio avvenuto in Spagna di ELENA ROMANAZZI (Il Mattino 10-01-2012) Tredici arresti, più di 51 chili di cocaina purissima sequestrata di ingente valore, soldi contanti e sei orologi rolex. È questo il bilancio di una maxi operazione portata a termine dalla Guardia di Finanza. Una indagine, denominata «ultras», per il coinvolgimento di Massimiliano Amato, detto o’ bandito, un tempo a capo del gruppo «Fedayn Eam Napoli», avviata nel 2005 che ha sgominato una complessa organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di stupefacenti tra Campania, Sud America e Spagna. In manette tredici dei 18 destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli su richiesta dalla Dda partenopea. E tra questi i capobanda, i fratelli Giuseppe e Fabio Sabatino (di San Giorgio a Cremano) che avevano contatti diretti con i fornitori spagnoli. La guardia di finanza ha intercettato e sequestrato due carichi di sostanze stupefacenti pronti ad essere immessi sul mercato nazionale che hanno scatenato una rottura nei rapporti tra fornitore spagnolo e acquirenti napoletani. Bisogna tornare indietro nel tempo per comprendere l’operazione e come è stata smantellata l’organizzazione. Il 7 aprile del 2006 vicino al casello autostradale A1 di Caianiello veniva fermato un autoarticolato con targa italiana che trasportava detersivi. Nascosto all’interno di un doppiofondo creato nella porta posteriore del semi-rimorchio i finanzieri sequestravano ben 18 chili di cocaina e arrestavano i due corrieri italiani. A pochi mesi di distanza, il primo giugno 2006, sempre ad un casello autostradale è stato intercettato un secondo carico (di) cocaina (32 chili) occultato all’interno della cabina di guida della motrice di un autoarticolato che trasportava alimentari. Il doppio sequestro ha messo a serio rischio la vita dei due fratelli Sabatino. Senza droga non ci potevano essere gli introiti e dunque la partita pur essendo stata ritirata non era stata pagata. Ma in Spagna pretendevano i soldi. A fare pressioni Miguel Gutierrez Carmona e Javir Josè Luque Benites. I Sabatino tentano una mediazione. Il 5 agosto del 2006 Fabio Sabatino, detto Geppetto, va in Spagna dove viene sequestrato e chiuso in un camion per il trasporto di cavalli fermo in un capannone vicino a Toledo. Giuseppe Sabatino lo raggiunge e porta con sé la somma di 200mila euro come acconto per saldare il debito (la droga acquistata costava 1 milione e 200 mila euro). Un sequestro di persona (non denunciato) ma seguito passo passo dal coordinamento del ministero dell’Interno e direzione centrale servizi antidroga con le autorità spagnole. Fabio Sabatino riesce a liberarsi. E la polizia spagnola fa scattare le manette ai polsi a ben otto narcotrafficanti, guidati da Marquez Reina Josè Maunel di Siviglia, noto trafficante dell’Andalusia. La banda di narcotrafficanti - come si legge dalla corposa ordinanza di custodia cautelare - utilizza diversi stratagemmi per sfuggire alle maglie delle forze di polizia. Il gruppo guidato dai Sabatino del quale fa parte l’ex capo degli ultras napoletani, Massimiliano Amato, parla attraverso dei codici complessi. La parola droga non viene mai pronunciata. Quando si deve acquistare la merce si parla di «ragazze», di «case» di «macchine». Quando, invece, si deve vendere, il linguaggio cambia. In una intercettazione Giuseppe Sabatino e Gennaro Esposito prendono così gli accordi per la vendita: «Senti -dice il primo- me ne sto andando a ballare, ieri pomeriggio mi hanno chiamato ed io ho prenotato nove posti (a indicare il quantitativo di merce) a tavola... ». Per eludere i controlli e sfuggire alle intercettazioni sono state moltissime le sim utilizzate. Gli affiliati (i reati sono associazione a delinquere finalizzata allo spaccio internazionale di stupefacenti) invece di fornire i numeri indicavano delle lettere dell’alfabeto. Massimiliano Amato si reca personalmente in Spagna ed è parte attiva dell’organizzazione. Quando tratta al telefono parla del «mono» che in spagnolo significa scimmia. Il personaggio in questione è un uomo di punta dell’organizzazione madrilena che ha contatti anche con il Sud America. -
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Farina di Brecht di MASSIMO GRAMELLINI (LA STAMPA 10-01-2012) Simone Farina è un calciatore di serie B che ha rinunciato a duecentomila euro per truccare una partita, denunciando il tentativo di corruzione alla magistratura. Un cittadino esemplare, si sarebbe scritto una volta. Ma adesso a fare il proprio dovere si diventa direttamente eroi. L’eterno presidente del calcio mondiale Joseph Blatter lo ha nominato ieri ambasciatore del fair play, che è come se Lady Gaga assegnasse i certificati di castità alle Orsoline. Intendiamoci. Nessuna intenzione di sminuire la portata dell’evento. In questa fase di convalescenza dal bunga bunga la nostra immagine internazionale necessita di una lucidata e nulla può smacchiarla in profondità meglio di un esempio di serietà e pulizia. Eppure c’è qualcosa di stonato. Non in Farina, che sembra anzi il più imbarazzato di tutti. Ma in coloro che lo esaltano come un essere sovrumano, con ciò ammettendo implicitamente che i comportamenti onesti non rappresentano più la normalità, ma l’eccezione. Di questo passo cominceremo a premiare il politico che non ruba, lo sportivo che non si dopa, l’impiegato che non si mette in mutua per andare a fare la spesa, il cassiere del bar che strimpella sinfonie di scontrini, l’automobilista che si arresta davanti alle strisce, il genitore che dà ragione all’insegnante invece che al pargolo, il banchiere che presta soldi a un giovane promettente invece che a un altro banchiere. «Sventurato il popolo che ha bisogno di eroi», sosteneva Brecht. E non conosceva ancora Blatter. -
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Farsa Barça Blatter dà tutti i Palloni d’oro ai suoi e quelli di carta agli inglesi Suggerimenti per nuovi premi di JACK O’MALLEY (Il Foglio 10-01-2012) Londra. La serata delle premiazioni per il Pallone d’oro è così surrealmente brutta nella forma che anche Rai Due si rifiuterebbe di metterla in palinsesto. Karembeu è vestito come un personaggio di Tim Burton, Gullit è pronto per “Ballando con le stelle”, Ronaldo è l’involucro di se stesso, Shakira ha deciso di indossare gli avanzi di scena di una Valeria Marini ai tempi del Bagaglino. Parlare poi della sostanza di questa riunione del Club Bilderberg del calcio è, come si dice, un lavoro sporco ma qualcuno lo deve pur fare. In sintesi: Messi vince il Pallone d’oro (dopo uno show da varietà non lo si poteva che dare a un intrattenitore da varietà), Guardiola il premio per il migliore allenatore, Neymar per il gol più bello, Ferguson vince la Mortadella d’argento, Rooney il premio spogliatoio. La farsa messa in piedi dal direttorio ispano-svizzero è disegnata apposta per esaltare anche i barellieri del Barcellona e tutti i giocatori che si sono guadagnati fama e onore in quella finzione che è la Liga; l’Inghilterra è umiliata dal premio Blatter dato a Ferguson e dalla rovesciata impareggiabile di Rooney contro il City battuta da un bel gol di Neymar contro la selezione dei ballerini di Samba di Belo Horizonte. Il Giappone vince il premio Fair Play grazie al terremoto, e a ritirarlo vanno due figuranti in abiti tradizionali (il prossimo anno pare che lo vincerà l’Italia: andranno a ritirarlo Pulcinella e Pantalone). Sono indeciso se l’acme del trash si è raggiunto con Ronaldo o con James Blunt che fa un playback che non si vedeva dai tempi del Festivalbar. Alla Fifa vorrei suggerire altri premi da istituire in vista del prossimo anno: il premio sagoma cartonata, che di diritto va al Real Madrid in contumacia, il premio per l’allenatore più emozionante da assegnare comunque a Guardiola per fare un dispetto a Mourinho, il premio per il miglior accento inglese che Blatter potrebbe tranquillamente dare a se stesso. Se si volesse poi ancora prendere in giro Ferguson, ecco qualche trofeo da consegnargli: quello per le gote più rubizze del mondo, il catetere d’oro e il chewingum d’argento. E il premio sobrietà da assegnare naturalmente agli adepti dell’Unicef del Barcellona ex aequo, volendo, con il vostro presidente del Consiglio, Mario Monti, già in lizza per il “premier più eletto dell’anno”. -
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Uno ics due Antropologia del calcio scommesse. Vittime, carnefici, sprovincializzazione del tifo: un reportage psicologico di ALBERTO PICCININI (Studio 23-12-2011) Mai pronunciata, se appassionati di calcio, l’espressione “risultato bugiardo”? E la frase: “abbiamo perso, però abbiamo giocato bene” (qui il plurale tifoso tradisce tuttavia una certa delusione)? La verità è che fino all’avvento delle scommesse legali, on line e no, il numero di gol segnato in una partita di calcio – il dato aritmetico, almeno – non voleva dire quasi niente. Gianni Brera, nella preistoria, sosteneva che lo 0-0 era il risultato della partita perfetta. Altri, in opposizione al comandamento del “primo, non prenderle” coniarono la filosofia del “segnare un gol più dell’avversario”. E giù fino al concetto di calcio-spettacolo emerso negli anni ’80 e ’90, non a caso ai tempi del Mondiale americano: siccome gli americani erano poco avvezzi al pareggio e alle reti inviolate, Il calcio-spettacolo (“neo-calcio”, diranno i sociologi) sarà quello nel quale si segnano tanti gol. E per questo si cambiano le regole: vietato il passaggio indietro al portiere, espulsione del difensore (e calcio di rigore) per fallo da ultimo uomo, fuorigioco modificato per aiutare il più possibile gli attaccanti. Eccetera. Una cosa è certa: il vecchio Totocalcio, finché è rimasto in vita, ha continuato a considerare certe speculazioni sul numero dei gol segnati in una partita come una barocca stranezza. Uno, ics, due. La prendo alla lontana, provando a scavare quel c’è sotto il linguaggio arcano delle scommesse, quell’under/over 2,5 per esempio, col quale di recente abbiamo familiarizzato, perché ciò che è in ballo qui è talmente profondo da riguardare non il crimine, non la corruzione, ma la narrazione del calcio, oramai secolare. Prendiamo l’ultimo Calciopoli, di qualsiasi cosa si sia trattato. L’idea che una o più squadre ricche siano potenti e dunque forti, potendo blandire arbitri e guardialinee, addomesticando al limite opinionisti e moviolisti, non è così lontana da come le cose sarebbero andate lo stesso senza combine di nessun genere. Calciopoli, voglio dire, non cambia il racconto del calcio. “Last bet” invece, l’ultima delle molte inchieste giudiziarie sui casi di partite aggiustate dal mondo delle scommesse illegali asiatiche, ha in sé dell’altro. E questo nonostante anche i boss delle scommesse stiano bene attenti a non turbare in superficie il racconto. Anche negli ultimi casi di partite truccate è la squadra forte che vince sulla più debole; le partite prese di mira, poi, sono laterali, contano poco “ai fini della classifica”; spesso appartengono a campionati minori, poveri, poco seguiti, fuori dai riflettori. Tanto fuori che, nel 2008, in Danimarca si è scoperto che le scommesse asiatiche si erano dirette su un torneo per ragazzi, la Tivoli Cup, che si giocava nei parchi davanti a un pubblico di poche dozzine di persone. Poche dozzine di persone e alcuni dei personaggi chiave di questa vicenda: i belchinezen. I belchinezen, termine coniato dalla polizia olandese che li ha beccati la prima volta sulle tribune semivuote della Serie B di quel paese, sono i “cinesi che telefonano”. Sono ragazzi che guadagnano qualcosa trasmettendo in tempo reale via telefono o laptop l’andamento delle partite interessanti per i grandi siti di scommesse asiatiche. Oppure per i boss, che è quasi la stessa cosa, se è vero che il 90% delle scommesse giocate laggiù ricadono nell’illegalità. Un annuncio apparso su internet tempo fa spiegava le caratteristiche richieste a un belchinezen:«Lavoro: Assistere alle partite di calcio e trasmettere informazioni live. Richieste. Comprensione elementare delle regole del calcio, nessun background professionale necessario, meglio se si ha una macchina». Non è tutto. L’autore di quell’annuncio, Yang Zhen Zing, 25 anni, cinese residente a Newcastle, è stato torturato e assassinato nel 2009 assieme alla sua fidanzata e al suo gatto. Secondo la ricostruzione della polizia Yang aveva pestato i piedi all’organizzazione per la quale curava il reclutamento. Non è neppure un mistero il fatto che grazie al ritardo (circa un minuto) nella trasmissione via satellite delle partite inglesi in Cina, le informazioni live del belchinezen hanno una certa importanza per chi scommette a partita in corso. Non è un gioco per signorine. Ecco. Mettiamola così: ci sono due racconti del calcio. Quello che abbiamo conosciuto fin qui ha il suo apice nella tv via satellite, nelle telecronache, nell’idea di spettacolo venuta alla luce negli anni ’80 e ’90. Il calcio delle scommesse, al contrario, ha sempre più il suo linguaggio e i suoi codici, spesso tristemente anti-spettacolari, simili a certe cronache scritte delle corse di cavalli che appaiono ancora sugli schermi di certe ricevitorie. Perché c’è chi scommette sul calcio paraguagio e su quello finlandese, pure con una certa preparazione su quel che accade laggiù, ma non certo per improvvisa sprovincializzazione del tifo, anzi. E scommettere è divertente, ci mancherebbe. Ma le scommesse sul calcio hanno prodotto nei tifosi un comportamento del tutto schizofrenico. Chi tifa per una squadra raramente scommetterà pro o contro la sua squadra, e quando lo fa preferirà tacerlo anche agli amici. Da qui, il vero punto debole psicologico al quale si attacca la mostruosa piovra multinazionale dei boss delle scommesse, attaccata alle umane debolezze di noi tifosi, prima che alle altrettanto umane disponibilità di calciatori di poco nome e scarso futuro. L’architettura transnazionale degli ultimi scandali ha un aspetto indubbiamente affascinante, e spiega molte cose. Il cervello è in Asia, dove si calcola – in maniera approssimativa – che: a) il 90% delle scommesse sia illegale, gestito direttamente cioè da cartelli malavitosi b) che il giro d’affari di queste scommesse tocchi i 450 miliardi di dollari (dati 2006), una cifra che decuplica i bilanci non di un solo campionato di calcio europeo, ma di tutti i campionati europei messi assieme. I quadri dell’organizzazione sono nell’Est Europa (i famosi “zingari”, quelli in tribuna d’onore con le mazzette di denaro in tasca), e hanno alleati nelle organizzazione criminali storiche (camorra ecc.). Gli anelli deboli sono – infine – giocatori di scarso nome, ex giocatori, addetti ai lavori, nei paesi presi di mira: Germania, Italia, Turchia, Croazia, Grecia, i più importanti sui quali fin qui s’è indagato. Talvolta sono anch’essi scommettitori. Altre volte vengono presi nella rete perchè tutto sommato conviene, e i rischi sono minimi. «Non tutti i calciatori sono delle star – ha spiegato una volta il giornalista inglese Declan Hill, che più di tutti è andato al cuore della questione nel libro-inchiesta Calciomafia (Rizzoli) – Oltre i 26 anni, superata la metà della carriera, un calciatore normale diventa facile preda di chi voglia organizzare una combine. Ha moglie e figli, un futuro incerto». Come dargli torto? Fateci caso: la diffusione del fenomeno dei campionati aggiustati dalla immensa disponibilità di denaro dei grandi boss delle scommesse segue esattamente la linee dei tentacoli della loro organizzazione. Prima sono stati vampirizzati i campionati asiatici (si stimava ad esempio che nel campionato malese il 70% delle partite fosse aggiustato, e il 10% dei calciatori sudcoreani avessero accettato proposte in questo senso). Poi i campionati dell’Est Europa, quelli decaduti e derelitti. Quindi i tornei minori, le nazionali africane poverissime. Infine il grande salto, il piatto forte: i grandi campionati europei. Tornando alla cronaca, e tenendo a mente le reazioni rispetto all’ultimo scandalo scommesse (sì, il clamoroso “Fantozzi è lei?”pronunciato al telefono da Cristiano Doni, e la sua successiva fuga in mutande dietro la Porsche in garage), l’impressione è che si reagisca a quel che accade con la stessa schizofrenia degli scommettitori-tifosi. Incredulità, sottovalutazione delle questioni in gioco, parlar d’altro. «È questa componente psicologica – ha osservato una volta Declan Hill – che rende la corruzione nel calcio una specie di crimine perfetto». Ricordate? Jorge Luis Borges, in un famosissimo racconto scritto cinquant’anni fa, aveva immaginato di scoprire che il calcio ormai si giocasse in uno studio televisivo, come un balletto nel quale tutto era già previsto in anticipo. Dicevano che c’era del moralismo in quel racconto, c’era il gusto del paradosso, cose così. Dicevano che Borges odiava il calcio. Sarà. Ma ci siamo quasi arrivati. -
10 01 2012 Reti a raffica Quante scommesse? Impazza sul web (...) il video del portiere del Napoli, Morgan De Sanctis, che scuote amareggiato la testa: ha preso un gol dal Lecce, un mese fa, sabato 3 dicembre scorso, al San Paolo? Macché, è il suo compagno “matador”, Edinson Cavani, l’uruguagio che “lavora per la squadra ” ma segna anche parecchio, ad aver realizzato la quarta rete (4-1, poi 4-2 finale). Capirete che di questi tempi grami e sospetti, a base di scommesse globalizzate e di Procure all’opera, compresa quella di Napoli, non c’è molto da stare tranquilli: magari ci si sbaglia tutti, ma i dubbi vengono. E pensare che nell’ultima giornata spezzettata di campionato, a inaugurare l’anno che è già venuto, gol a zeffunno, moltissimi rigori, anche giocate di fino per il palato dell’intenditore magari tifoso avversario (cfr. gli applausi palermitani al medesimo “matador” di cui sopra, un ex in grande spolvero a Palermo). MA IL CLIMA è cambiato, e il video su De Sanctis la dice lunghissima. L’ombra della presa in giro si spande sul campionato e obnubila le solite polemiche rituali fino a minimizzarle: che volete che ce ne freghi di un rigore in più o in meno concesso al Milan contro l’Atalanta per una (forse) furbata di Pato su cui abbocca il fischietto Rizzoli, se il vero rischio è che i contorni della recita si estendano sempre di più? Detto altrimenti, forse l’Atalanta ha altri motivi di preoccupazione dopo i “Doni di Natale”. E c’è qualcosa di più incisivo in tv della pur galoppante polemica sulla rete Mediaset criptata tra i commentatori della trasmissione, che si schierano “contro” il rigore dato al Milan, e il tecnico campione d’Italia, Allegri, che invece difende la giustezza della decisione arbitrale e prende addirittura cappello, come se la proprietà di quel canale fosse – che so – di Moratti: intendiamoci, era interessante per il genere “calcio parlato e radiografato alla moviola” la domanda di Allegri: “Non sarebbe stato fischiato un fallo simile pro Pato a metà campo? E dunque...”. APPENA meno interessante della domanda rovesciata: “All’Atalanta sarebbe stato fischiato contro il Milan di oggi un rigore di questo tipo?”. Ma appunto, siamo sempre a vecchissime inezie di fronte alla crisi di credibilità che il fenomeno scommesse sta provocando e temo non cesserà tanto presto di provocare, un po’ come il catch di Roland Barthes in Miti d’oggi negli anni ’50 o il più recente wrestling: una recita, magari ben fatta, ma pur sempre una recita, non agonismo ma “protagonismo scenico”. Se non è chiaro, prendete la scena più gustosa della domenica: i rigori di Totti, la conferma che il dopo Mutu è Jovetic, la predominanza in qualunque ruolo e zona di campo di Ibra, la dimensione “contesca” dell’imbattibilità juventina, ecc. ? Macché: dopo Palermo-Napoli, posticipata a domenica sera e la sconfitta pesantuccia in casa di Miccoli e soci, ecco sulla medesima rete digitale “allegra” di prima un fenomenale spot. Si vede come di consueto lo stesso Miccoli in smoking che gioca in un casinò virtuale con tanto di roulette e dice con straordinaria passione: “È bello vincere in casa!”. Ma come, hanno appena preso tre gol dal Napoli, ed è “bello vincere in casa?”. E invece prenderne tre com’è? Imbarazzante? È ovvio che quest’ultima contraddizione, che ancora non molesta la digestione dei tifosi capaci evidentemente di “tenere distinti” i due Miccoli, sembra piuttosto “culturale”, un epifenomeno del mercato televisivo che strapazza l’immaginario: niente a che vedere in senso stretto con le scommesse, i dubbi, le partite truccate e insomma il repertorio sempre più invasivo di cui ho già parlato e che da anni continuo a focalizzare (a proposito, aspetto un Buffon che venga in tv a dire senza sorridere: vi giuro che non ho mai scommesso né fatto scommettere per me un euro sul calcio… diciamo negli ultimi tre mesi, tieh…). Però la cosa sta diventando “ambientale”: è tutto un habitat che dà al vocabolo “gioco” molto più un significato d’azzardo che ludico, espropriando il pallone delle sue fenomenali e per il momento inarrivabili caratteristiche emotive. SIAMO ALLA frutta, e le riprove arrivano da decisioni come quelle di Sepp Blatter, presidente Fifa, la Federcalcio mondiale, che ieri ha premiato Messi col pallone d’oro e Simone Farina, il meritorio “Robespierre” del Gubbio, con quello della lealtà. Punto primo: con tutto quello che ha combinato Blatter, è lui che premia Farina? E qualcuno sui media lo nota? La presa per i fondelli giunge a livelli imprevedibili. Punto secondo: premiamo l’incorruttibilità, certo non una dote primaria nella biografia del medesimo Blatter, elevando a eccezionale un comportamento direi normale? Forse non si misura fino in fondo l’abisso sul quale siamo almeno affacciati se non ancora precipitati stando a simile dimostrazione retorica ingannevole e depistante. È sempre Miccoli che gioca al casinò, travestito da Blatter che premia Farina, con De Sanctis sullo sfondo che scuote la testa. P.S. Giuro che discetterei più volentieri del prossimo derby di Milano, e di quello di mercato in corso tra i due club per Carlitos Tevez, un Robinho meno elegante e più incisivo. Oppure della mano ferma di Luis Enrique, che sembra lontano anni luce dall’americanismo del sor Pallotta. O della “normalità” professionale, rassicurante persino quando perde figuriamoci quando vince, di Delio Rossi (ma dunque perché nella pausa natalizia ha fatto un mazzo atletico così alla Fiorentina, come si è visto a Novara, se anche prima “c’era un buon tecnico”?), ecc. ecc. Come si fa a continuare a far finta di niente? Eh sì, “è bello vincere in casa”, meno credo finire in gattabuia. . .
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Nessuna novità: Guariniello resta in corsa ma da outsider. Pignatone e Roberti favoriti. ___ Dopo Lepore, il domino delle Procure Pignatone tra i 20 magistrati in corsa Lo scenario Il capo dell’ufficio requirente di Reggio Calabria in bilico tra la Capitale e Napoli art.non firmato (Il Mattino 09-12-2011) Napoli e Roma destinate a viaggiare in parallelo. Se entro la prima metà di gennaio, il Csm dovrà provvedere a chiudere il caso della presidenza del Tribunale di Roma (in testa, c’è la candidatura di Alemi), più complessa sembra essere invece la partita per la guida delle due Procure. C’è un candidato comune - Pignatone - che sembra essere orientato a puntare sulla capitale. Per Napoli, dove dallo scorso dicembre svolge il ruolo di procuratore vicario l’aggiunto Sandro Pennasilico, la partita è aperta. Sono più di venti le domande arrivate alla prima commissione del Csm per puntare alla Procura del Centro direzionale. Ci sono il procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello, i procuratori Giovanni Colangelo (Potenza), Pignatone (Reggio Calabria), Franco Roberti (Salerno), Corrado Lembo (Santa Maria Capua Vetere), Paolo Mancuso (Nola). Hanno presentato domanda anche gli aggiunti che per anni hanno affiancato il procuratore Lepore: è il caso dello stesso procuratore vocario Pennasilico, di Rosario Cantelmo, di Cafiero De Raho, Aldo De Chiara, Francesco Greco. Nomi che si ritrovano anche nella delicata partita aperta per la Procura di Torre Annunziata, dove dal prossimo aprile lascerà per raggiunti limiti d’età il capo dei pm Diego Marmo. Per l’ufficio inquirente oplontino, hanno presentato domanda l’aggiunto Aldo De Chiara (ecologia), Alfredo Greco, già procuratore a Vallo della Lucania, Eva Troiano, giudice a Salerno, il procuratore di Sala Consilina Amato Barile, il vicario della Procura di Napoli Pennasilico, il sostituto procuratore generale di Salerno Antonella Giannelli, gli aggiunti partenopei Cantelmo, (che coordina il pool anticamorra anche nell’area vesuviana) e Francesco Greco, che a Napoli guida il pool reati contro la pubblica amministrazione. Non passano inosservate le richieste dell’attuale numero due della Procura di Torre Annunziata, Raffaele Marino, il procuratore di Ariano Irpino, Luciano D’Emmanuele, l’aggiunto napoletano Federico Cafiero de Raho, capo del pool anticasalesi. Puntano su Torre Annunziata anche Maria Antonietta Troncone, procuratore aggiunto a Nola, Erminio Rinaldi, procuratore aggiunto a Salerno, Luigi Gay, procuratore aggiunto a Santa Maria Capua Vetere, Maurizio Stanziola, sostituto pg a Napoli, il procuratore di Sant’Angelo dei Lombardi Antonio Guerriero, Laura Triassi, pm a Potenza, Amedeo Sessa, pm a Nocera inferiore, il procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi, il pm di Bari Elisabetta Pugliese e il pm di Salerno Maurizio Cardea.
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LA CIUDAD ITALIANA ESTÁ A MERCED DE LA CAMORRA El GTA Nápoles que espera a Eduardo Vargas El club al que llegará el ex goleador de la Universidad de Chile es la más reciente víctima del poder la mafia local, la camorra, que no tiene ningún empacho en ejecutar a gente en la calle o en dejar la ciudad convertida en un vertedero ardiente. Bienvenido Edu a Grand Theft Auto: Nápoles. di SEBASTIÁN ALBURQUERQUE (The Clinic online 06-01-2012) art.scoperto grazie a Ciro Pellegrino (LINKIESTA 08-01-2012) La misión es simple: el jefe de la mafia local manda a sus matones a destrozar el Holywood Casino. Caminando, con Ak-47 y uzis en las manos, se abren paso por el local, disparando y botando los tragamonedas. No importa la gente que a esa hora se encontraba apostando, como tampoco importan las familias que jugaban bowling cuando rocían la pista de gasolina y le prenden fuego. Con el mismo paso con que llegaron, se van. Misión cumplida. Pero no es una etapa de algún GTA. Es una muestra de lo que pasa en Napoles, ciudad que alberga al futuro club de Edu Vargas. Actualmente el Napoli FC marcha en el 6° lugar del calcio. Su buena perfomance lo mantiene vivo en la tabla de posiciones y aunque lejos de poder pelear el scudetto, sus jugadores destacan a tal punto que su máxima estrella, el uruguayo Edison Cavani, ha sonado para reforzar el Barcelona. Pero el buen momento del club es apenas una pequeña alegría para los habitantes de Nápoles. La ciudad es controlada por la mafia y eso se respira en las calles. Y a veces ese olor es el de la basura agolpada e incendidada. En junio del 2011, un gallito entre la alcaldía y la camorra, la mafia local, dejó a la ciudad por semanas tapizada en basura. La camorra, que controlaba las empresas de recolección de desperdicios, para mostrarle al recientemente electo alcalde quién mandaba, no recogió los desperdicios y las bolsas se amontonaron en las calles. No está claro si fueron los vecinos tratando de controlar los olores o la misma mafia empeorando la situación, pero la basura comenzó a ser incendiada. La noche de Nápoles se iluminaba con pañales ardiendo. Como la Roma de Nerón, pero sin ningún emperador de espectador. Camorra Fútbol Club Aunque el Napoli FC sea la alegría local, el club no es inmune a las rabietas de la camorra. Apenas en diciembre del pasado año, varios jugadores sufrieron robos y escarmientos. Edison Cavani sufrió el robo de su casa, asaltaron a la novia del argentino Ezequiel Lavezzi y a la esposa del eslovaco Marek Hamsik le robaron su auto. A Salvatore Arónica, defensa del equipo, lo asaltaron a punta de pistola y obligaron a entregar su vehíc**o. Pero quizás la peor historia se la lleve el apoderado de Cavani, Claudio Anellucci. Su auto fue interceptado por una scooter con dos hombres abordo, uno de los cuales rompió el vidrio del copiloto con la culata de su revólver y encañonó el vientre de su esposa embarazada. La ola de ataques al Napoli FC se debería a que su presidente, Aurelio De Laurentiis, le cagó el negocio a la camorra en la reventa de entradas al vender estas por internet. El vínculo entre el club napolitano y la mafia local podría ser más fuerte. El delantero argentino Ezequiel Lavezzi ha reconocido que se relacionaba con Antonio Lo Russo, hijo del jefe Salvatore, mandamás del clan del mismo nombre, pero que no sabía que era mafioso. “Yo lo conocía como uno de los capos de los barrabrava del Napoli, vino incluso algunas veces a mi casa, no me pareció nada extraño porque también en Argentina resulta habitual que los jugadores traten con estos personajes”, declaró Lavezzi. “Antonio se activó para impedir que el Nápoli me vendiese, ya que habían comenzado a circular noticias sobre mi inminente transferencia”, recordó el delantero argentino cuando fue interrogado por la fiscalía napolitana. Asesinatos en la calle La policía napolitana, desesperada por no encontrar pistas, hace público el video. Un hombre llega a un local, se da unas vueltas, y ejecuta con un disparo en la nuca a un hombre que fumaba afuera. Lo remata de un tiro en el suelo. El cadáver queda ahí en la vereda, pero la gente le hace el quite. No fue un caso aislado. Petru Birlandeanedu paseaba por el centro de la ciudad con su esposa cuando se vio en medio de un tiroteo entre bandas rivales. Herido, buscó ayuda en el metro. La gente huyó. Finalmente su esposa se queda sola, llorando sobre su cuerpo, pidiendo ayuda. Las calles de Nápoles parecen sacadas de un Grand Theft Auto. La camorra se alza como una institución más fuerte que el Estado. Y Eduardo Vargas confía en el Napoli FC para forjar su futuro en el fútbol. En el mejor de los casos, sólo cosechará goles. -
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La sfilata degli onesti mette Fifa di TONY DAMASCELLI (Il Giornale.it 08-01-2012) Sepp Blatter è un uomo astuto. Quando sente puzza di bruciato non chiama i pompieri ma prende in mano il turibolo e riesce a confondere con l'incenso gli astanti. Ha convocato come ospite a Zurigo, per la consegna del Pallone d'oro mondiale, Simone Farina, il ragazzo del Gubbio che ha respinto le offerte di denaro sporco per combinare una partita, con lui Fabio Pisacane che lo stesso aveva fatto ma con minore enfasi dei media. Ha invitato, anche, Chantal Borgonovo, la moglie di Stefano, un simbolo diverso del calcio, la malattia, la sofferenza, la disperazione. Il presepe di Blatter è completo, quasi. La Fifa, improvvisamente, si autocelebra, accarezzando gli atleti che stanno vivendo un momento particolare. La normalità diventa eccezione, Farina e Pisacane rappresentano quello che qualunque uomo di sport dovrebbe essere, leale, onesto, coerente ma il loro atto, di rifiuto alla corruzione, diventa uno scoop, di buon utilizzo per il governo del calcio mondiale, è il momento delle opere buone, degli applausi, della santificazione dei papa. Sepp Blatter si è però dimenticato di invitare lord Triesman, il deputato inglese, ex presidente della Football Association, che ha denunciato alcuni dirigenti del football internazionale, con nomi e cognomi. Costoro hanno, o avrebbero, tentato di corrompere la federcalcio inglese per appoggiare la candidatura di Londra all'organizzazione della coppa del mondo poi assegnata al Qatar, la cifra promessa avrebbe superato i tre milioni di sterline. Blatter avrebbe potuto invitare, per l'occasione, mister Jack Warner, presidente della confederazione dell'America del Nord e Centrale e, tra l'altro «padrone» del calcio di Trinidad e Tobago; quindi il signor Nicolas Leoz, presidente della confederazione sudamericana e, per finire, Ricardo Texeira gran capo della federcalcio brasiliana e, in contemporanea, anche della federazione thailandese. Sono, sarebbero i tre moschettieri, i dirigenti protagonisti del tentativo di corruzione denunciata dagli inglesi: «Non posso rispondere di tutti i membri della mia organizzazione e non posso sapere se sono angeli o demoni» ha detto Blatter, calciando il pallone in corner. Manca la prova tv, che a Blatter non garba particolarmente, ma ci sarebbero tutte le voci e le testimonianze necessarie all'indagine. Tuttavia il Pallone d'oro non può prestarsi a nessun sospetto anche se, lo ricordo ai contemporanei, la Fifa si è appropriata di una manifestazione che era francese ed europea per allestire un teatro esclusivo. Simone e Fabio, con Chantal, lo devono sapere. -
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Il premier Monti «Mi occupai di calcio nel 2001 Da allora mi piace meno» di FEDERICO PISTONE (CorSera 07-01-2012) MILANO — Il pallone e il premier? Un rapporto difficile. «Il calcio mi appassiona un po' meno da quando nel 2001 me ne sono occupato come commissario europeo», ha confessato ieri Mario Monti a margine di un convegno a Parigi. In quell'epoca, mentre era alla guida della commissione Antitrust della Ue, l'attuale presidente del Consiglio si occupò del delicato tema del trasferimento dei calciatori stranieri. La commissione ritenne che le regole in vigore fossero restrittive del regime della libera concorrenza e impedissero l'accesso alla professione a persone in possesso delle competenze idonee. Non solo: Monti considerò pure «arbitraria e sproporzionata» la regola secondo cui, in caso di trasferimento di un giocatore prima della scadenza del suo contratto, la nuova squadra non avrebbe dovuto pagare nulla alla vecchia come compensazione. Nel febbraio 2001 Monti annunciò l'intesa con Fifa e Uefa, articolata in cinque punti: istituzione di periodi fissi per i trasferimenti; durata minima e massima dei contratti, rispettivamente due e cinque anni; creazione di un «meccanismo di solidarietà»; costituzione di un foro arbitrale «efficace e obiettivo», purché non impedisca i ricorsi a tribunali nazionali; introduzione del principio di compensazione ai club per i costi sostenuti nella formazione dei calciatori. Restarono ancora tre punti da risolvere: la rescissione unilaterale dei contratti, la tutela dei giovani calciatori e le modalità di calcolo delle compensazioni da versare ai club per la formazione. L'indagine della commissione fu ufficialmente chiusa nel giugno 2002. Dopo oltre due anni, Ue e Fifa si accordarono sulle nuove norme e limitarono a tre anni la «blindatura» dei contratti attraverso sanzioni. -
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RITMO E CHIAREZZA DEI GIUDICI SPORTIVI di ANTONIO GHIRELLI (CorSport 07-01-2012) Il calcio mondiale e, in particolare, quello italiano stanno vivendo una paradossale contraddizione: per un verso, le competizioni nazionali, continentali e mondiali suscitano enorme interesse, producendo spettacoli di straordinaria bellezza e mobilitando anche paesi finora esclusi dal tradizionale palcoscenico del calcio-spettacolo; ma per altro verso questo sport si sta misurando con una minaccia imprevista ed inquietante. E' lo stesso, dilagante successo delle trasmissioni, che per i club producono i famosi diritti televisivi, ad alimentare la minaccia di una cospirazione senza volto, costituita da trafficanti e produttori di carburante, da un lato, e per l’altro da gruppi mafiosi, che puntano ad assicurarsi il controllo delle scommesse sui risultati delle competizioni, o addirittura sulla gestione e sui proventi dei grandi club. Ovviamente, l’ingresso di nuovi e sia pure potenti finanziatori può creare problemi e suggerire riforme, ma non costituisce un dramma, come accade invece, senza ombra di dubbio, per il mondo delle scommesse. Il cui controllo è una deviazione di tipo mafioso molto particolare, perché può risolversi: a) in un’alterazione del normale rapporto agonistico; b) nella creazione, in caso di scoperta del meccanismo clandestino, di un fattore che sconvolge un intero torneo. La spiegazione del fascino che il gioco ha conquistato in tutto il mondo sta nell’incertezza del pronostico, nella imprevedibilità di ogni azione, nell’incontrollabilità di ogni singolo contatto tra il giocatore e il pallone. Se preordiniamo a nostro vantaggio l’esito dell’intervento o addirittura dell’intera partita, abbiamo annientato la bellezza della competizione, la sua stessa essenza democratica (e mi scuso se sembra che stia esagerando). I casi clamorosi degli ultimi anni, l’inchiesta su Calciopoli, le vicende giudiziarie, il ritiro di uno scudetto alla Juventus e il contrasto tra la società bianconera e l’Inter hanno dimostrato ancora una volta quanto sia essenziale la lealtà del rapporto agonistico e quale strascico polemico lasci un verdetto di condanna. Ma hanno dimostrato ancora una volta anche un’altra verità: che specialmente nel nostro paese, per mille ragioni che qui sarebbe difficile spiegare, il ritmo e la chiarezza della giustizia sportiva non si ritrovano nel tempo della giustizia normale. La logica democratica a cui si ispirano le nostre istituzioni, combinata con una tradizione giuridica illustre ed una prassi procedurale estremamente minuziosa, dilata sensibilmente la durata del giudizio, rifuggendo da ogni accelerazione che compromette i diritti della difesa e le indagini dell’inquirente. Ma quello che è un vanto per il giudice normale, pure talora discutibile, diventa un difetto impredonabile per quello sportivo, più vicino all’arbitro che al magistrato. C’è tra i due giudizi molta differenza, che i club, le leghe, la stessa stampa tecnica affrontano sempre con disagio, perché hanno troppa fretta di arrivare all’essenziale, e se questo può essere comprensibile in casi marginali, poco importanti, diventa inaccettabile in quelli gravi. Proprio alla luce di questa considerazione l’ipotesi di un’organizzazione più o meno estesa che operi al servizio delle scommesse sui risultati di uno o più campionati, prospetta un pericolo molto serio per la regolarità dei tornei di calcio-spettacolo e pone quindi alle due magistrature, e ai poteri statali e sportivi, il problema non facile di trovare una soluzione che eviti il contrasto tra le due procedure. Non sarà facile ma bisogna provare tenendo conto della passione e dei sentimenti popolari che circondano, in tutto il mondo, il gioco. -
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IL CASO SCOMMESSE Oltre 50 inchieste nelle Federazioni Lo ha rivelato il capo della sicurezza Fifa: «Mai avuto così tante indagini. Centinaia i giocatori in carcere». E in Italia il 70% delle puntate avviene su bookmaker clandestini di SIMONE DI STEFANO (Tuttosport 07-01-2012) ROMA. Non c’è solo Cremona e l’Italia a indagare sul Calcioscommesse. Sono più di 50 le inchieste in corso: «Circa un quarto delle federazioni associate alla Fifa», spiega a Fifa. com Chris Eaton , capo della sicurezza Fifa, aggiungendo che «non abbiamo mai avuto così tante indagini nazionali in corso contemporaneamente, con centinaia di giocatori in carcere e amministratori sotto inchiesta». In Italia il dato è allarmante: «Il 70% delle scommesse sportive in Italia viene ancora effettuato su bookmakers non regolamentati o non registrati». Insomma, una volta c’era il picchetto clandestino, oggi si gioca sui siti non registrati, a zero controlli e quote più alte. Ogni anno le scommesse arrivano a generare tra i 300 e i 500 miliardi di euro, il calcio la fa da padrone: «In Italia - precisa Eaton - si registrano scommesse per 4, 2 miliardi di euro l’anno, e di queste il 92% è sul calcio. Di questa cifra però, solo il 30% passa dai canali autorizzati, il restante 70% di flussi di scommesse è indirizzato su bookmaker non regolamentati o non registrati, e di conseguenza il gioco d’azzardo sul calcio, che in Italia, complessivamente, muove circa 12 miliardi l’anno». La Fifa sta incoraggiando i governi ad adottare misure comuni: «Solo così il problema - dice Eaton - può essere definitivamente sconfitto. Nell’ultimo anno abbiamo sviluppato un sistema investigativo per supportare polizia e altri organi investigativi nell’ambito delle indagini su combine. Sappiamo che casi di partite truccate e infiltrazioni criminali possono verificarsi anche in match di qualificazione controllati dalla Fifa, e più del 90% delle scommesse sportive del Sudest asiatico è legato al calcio, in particolare a match di livello internazionale». Intanto ieri è tornata in scena la Serie B, pesantemente chiamata in causa dalle rivelazioni di Gervasoni . Al Menti di Vicenza gli ultras di casa hanno esposto l’eloquente striscione: «Partite truccate, scommesse illegali. E poi siamo noi i veri criminali». Tutt’altro tenore al Barbetti di Gubbio, dove si festeggiava Simone Farina , “eroe” di casa che grazie alla sua denuncia in Figc ha permesso alla procura di Cremona di aprire un nuovo filone d’indagine su Scommessopoli. Per Farina un lungo applauso e lo striscione «Simone sei il nostro orgoglio» esposto all’ingresso in campo di Gubbio e Bari. Simone ha salutato i suoi tifosi, poi l’emozione ha ceduto il passo alla concentrazione per la partita. -
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La storia La toccante biografia sul portiere tedesco suicidatosi a 32 anni: «Non sono attrezzato per il calcio. La paura mi paralizza» Enke, il campione fragile che non sopportava il proprio talento di PAOLO TOMASELLI (CorSera 06-01-2012) È un pugno allo stomaco. Ma serve ad aprire un po' gli occhi. Perché di questa storia era davvero nota solo l'ultima pagina. Quella del suicidio di Robert Enke, portiere 32enne dell'Hannover 96 e della Germania, il 10 novembre 2009. Tutto il resto lo racconta un libro («A life too short», «Una vita troppo corta») da poco tradotto in inglese. L'autore, il tedesco Ronald Reng, stava lavorando sulla biografia del portiere da anni. Con l'aiuto di Teresa, la coraggiosa moglie del ragazzo prodigio della Germania dell'Est malato di depressione da anni, il racconto diventa un viaggio intimo e struggente (mai morboso però) tra le pagine inedite del diario di Enke e tra i tanti retroscena della vita e della carriera di un giocatore che a 22 anni disse no prima a Ferguson e poi a Mourinho, per scontrarsi poi con Van Gaal al Barcellona. La domanda che resta senza risposta è soprattutto una: perché Enke si è ucciso? Ma l'altro grande interrogativo va oltre i misteri di una malattia profonda quanto incompresa come la depressione: se Robert non fosse stato un atleta di vertice avrebbe raggiunto il punto di rottura? Quello che emerge sembra abbastanza chiaro: si è sottolineato quanto la morte della figlia Lara di 2 anni abbia inciso sulla malattia di Enke. Però nel percorso che va da Jena (professionista a 17 anni) fino alla lotta per la maglia da titolare al Mondiale 2010, è evidente quanto siano soprattutto le pressioni del calcio di alto livello a destabilizzare la mente di Robert. Dopo l'esplosione nel derelitto Borussia Mönchengladbach, «Enkus» finisce al Benfica, ma il giorno in cui firma il contratto per la squadra allenata dal connazionale Heynckes si chiude in albergo terrorizzato e chiede di andarsene. Rimarrà e vivrà i tre anni più belli della sua carriera al termine dei quali lo vuole il Manchester United. Mourinho, che lo aveva allenato al Benfica, lo chiama al Porto, ma lui finisce al Barcellona, anche se Van Gaal «non sapeva chi fossi». Il tecnico olandese a sorpresa lancia il baby Valdes. E Robert si brucia prendendo tre gol contro una squadra di terza serie in Coppa del Re: Franck De Boer lo insulta in campo e lo incolpa davanti ai microfoni. È l'inizio della fine. Il prestito al Fenerbahçe dura 15 giorni perché questa volta Enke esce (a fatica) dall'hotel dopo la presentazione ma alla prima sconfitta chiede la rescissione del contratto, entra in terapia per depressione e scrive cose così (12 agosto 2003): «Nella mia testa non sono attrezzato per il calcio. Sono paralizzato dalla paura». Ma Robert, oltre che un uomo fragile e sensibile (capace di scrivere un poema di 104 versi per Teresa) era anche un bravo portiere, potente di gambe e dalle mani enormi: riparte da Tenerife in B, poi ad Hannover ritrova il suo stato di grazia. Gioca le sue migliori partite nei due anni sofferti della figlia (nata con una grave malformazione cardiaca: Robert è con lei in clinica quando muore in seguito a un'operazione all'orecchio), diventa capitano, trova la nazionale da titolare, adotta la piccola Leila. Tutto sembra tornato alla «normalità». Un infortunio prima della sfida chiave con la Russia però lo riporta dentro la depressione. Gli psicofarmaci, gli acciacchi camuffati, la forza che almeno tra i pali resta sempre con lui, non bastano, perché questa volta rimettersi in cura significherebbe mollare il calcio e il sogno del Mondiale. L'unica soluzione allora diventa quella di aspettare un treno, seduto in auto tra i binari, lasciando una lettera di scuse. -
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LA BOTTEGA di Sergio Neri (CorSport 06-01-2012) IL LAMENTO DI PETRUCCI E IL FIGLIO DI GHEDDAFI E va bene, quell’episodio di Osvaldo richiamato con punizione per il diverbio fors’anche un po’ manesco con Lamela, è ormai lontano. Acqua passata, tutto sommato risolto bene. I due si sono parlati in divertita armonia e si sono passati la palla col gusto di creare il gioco che serve alla squadra. Però ripensandoci bene, quella punizione inflitta a Osvaldo, che in un primo momento era sembrata esagerata e inopportuna, è stata invece opportunissima e tempestiva. Non tanto per dare una lezione a Osvaldo il quale forse da solo si è subito reso conto d’aver commesso un errore ma per aver imposto all’attenzione dei ragazzi il rispetto delle regole. Il grido di dolore espresso dal presidente del Coni al sorgere della bruttissima storia delle partite taroccate a beneficio delle scommesse, è stato una reazione giusta anche se fragile, purtroppo, di fronte al dilagare di un permissivismo, non solo nel calcio, che ha indotto la nostra società a credere che tutto sia lecito, normale, scontato e che un certo richiamo al rigore nel rispetto delle regole sia solo l’esercizio di un moralismo degno d’essere irriso. Il rispetto degli altri? Un principio da vecchie zie suggerito da regole che nei nostri giorni sono diventate comiche. E la disciplina che lo sport invoca e impone (imporrebbe) ai suoi campioni? Non è su questi principi di assoluto rispetto delle regole che si basa la costruzione di una squadra e la gestione del suo comportamento sul campo? Niente. Non c’è dubbio che quella rete delinquenziale che si è creata intorno alle partite e che ha trovato molti atleti disponibili per la tessitura del losco canovaccio è nata anche perché tutti i cordoni della lealtà si sono allentati e quelli del doveroso rispetto del prossimo e delle regole d’una società civile e seria si sono spezzati. Qualche anno fa giocava in Italia il figlio di Gheddafi. Giocava per modo di dire ma intanto in tre squadre di serie A aveva trovato un posto con regolare contratto. A Udine faceva parte, naturalmente, del gruppo ma sentite un po’ con quale rispetto delle regole. Era circondato da quindici persone che alloggiavano con lui in un albergo a quattro stelle. Un appartamento era a disposizione del suo cane che dormiva sul letto matrimoniale mentre il guardiano del cane dormiva sul tappeto. Aveva un paio di lussuose automobili. Pretendeva litri e litri di latte per il bagno della bellissima moglie. E spesso col suo aereo personale parcheggiato a Ronchi dei Legionari, l’aeroporto di Udine, se ne scappava a Parigi portando con sé tre o quattro giocatori per assistere a uno spettacolino notturno d’un locale di spogliarelli a Parigi. Tornavano la mattina e pare giustificassero il ritardo con provvisori raffreddori. Questo è un caso limite. Anche se l’apparato di una grande squadra, l’Udinese, lo ha subìto e per qualche tempo tollerato. Però la dice lunga su quel genere di tolleranza che pian piano ha creato nel nostro Paese, e non solo nello sport, uno stato di inquietante offesa delle regole. Dalle regole infrante nasce la corruzione e dalla corruzione nasce tutto il resto. Quella rete di loschi intrecci delle scommesse su partite taroccate è la prova di una realtà contro la quale Petrucci ha fatto bene a puntare il dito. Ma non basta. Resterà un grido nel deserto se non ci convinceremo tutti che il rispetto delle regole è il punto di partenza d’una società civile e se non diremo ai responsabili di tutti gli sport i quali governano il grande movimento dei ragazzi, che può essere proprio lo sport ad insegnare i fondamentali della disciplina da praticare sul campo e da esportare nella vita. -
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CALCIO INFETTO LE INCHIESTE Combine e scommesse: tre Procure in pressing Cremona a rischio stop Da febbraio il pm Di Martino sarà a lungo impegnato nell'Appello per piazza della Loggia di MAURIZIO GALDI & ROBERTO PELUCCHI (GaSport 06-01-2012) «E' venuta a galla soltanto una parte del marcio». Basta girare per i corridoi delle Procure che stanno indagando sul calcio per raccogliere mezze frasi che non possono lasciare tranquillo il movimento. Non più quattro sfigati, come qualcuno ironizzava a giugno. E probabilmente non soltanto squadre e giocatori di secondo piano invischiati. Ci sono tre Procure della Repubblica che stanno indagando una quarta, a Bologna, avrebbe aperto un fascicolo per frode sportiva e scommesse illegali, mentre la Procura federale finora ha ricevuto una minima parte della documentazione necessaria per partire con il secondo processo sportivo. A Cremona Gli interrogatori riprenderanno mercoledì con Doni e Santoni, poi dovrà tornare Carobbio. Ma il lavoro subirà un'interruzione a febbraio, perché il pm Di Martino sarà impegnato per qualche mese nel processo di appello per la strage di piazza della Loggia. La Procura di Cremona è piccola, con gravi problemi di organico e Di Martino non ha un sostituto. L'inchiesta sul calcioscommesse rischia quindi di subire un brusco stop se non arriveranno rinforzi. A Napoli Le inchieste sono due. La prima riguarda la Direzione distrettuale antimafia Dda che fa capo al procuratore Cantelmo con i sostituti Filippelli e Siragusa. La Dda concentra il suo lavoro sulle penetrazioni camorristiche nel mondo delle scommesse, ma come filone parallelo sta verificando giocate anomale nei massimi campionati italiani e stranieri. Per questo Filippelli e Cantelmo hanno sentito diversi presidenti di squadre italiane Lotito due volte e allenatori italiani e stranieri Malesani e Cuper. Inoltre, per le intercettazioni con Bettarini già indagato in un procedimento a Napoli per il calcioscommesse del 2003 mercoledì è stata sentita la segretaria del giudice sportivo Stefania Ginesio. L'altro filone napoletano fa capo al pool «reati da stadio» coordinato dal procuratore aggiunto Melillo. L'inchiesta parte dall'esame di Parma-Napoli per la presenza a bordo campo del figlio di un boss. Il lavoro ha evidenziato che alcune persone avrebbero tentato anche di far pressioni su alcuni calciatori. Nell'ambito di questa linea è stato intercettato e iscritto nel registro degli indagati l'ex portiere Matteo Gianello. Dal suo interrogatorio del 15 giugno sarebbero emerse ipotesi investigative che porterebbero a pensare che qualcuno potrebbe aver tentato di influenzare i calciatori del Napoli. Per questo sono state ascoltate le telefonate di Paolo Cannavaro e Mascara. Lo stesso pool sta investigando sulle operazioni finanziarie legate a Iorio, titolare di una catena di pizzerie di cui il fratello di Cannavaro, Fabio, è socio con il 15%. Iorio è indagato perché sarebbe riciclatore per i clan. A Bari L'indagine è partita dalla denuncia di Sks365 su Bari-Livorno. I carabinieri stanno indagando per conto del procuratore capo Laudati. Emergerebbero intercettazioni nelle quali i clan avrebbero contattato alcuni calciatori del Bari non sarebbero ancora indagati per alterare alcuni risultati sui quali ci sarebbero state notevoli giocate soprattutto nell'area toscana dove i carabinieri avrebbero individuato tra gli scommettitori persone vicine ai clan baresi. All'inchiesta barese si legherebbe anche un'analogo lavoro condotto dalla Procura di Lecce sempre nell'ambito del riciclaggio di denaro sporco da parte di clan. -
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A FEBBRAIO IL VADEMECUM Mai dire fairplay È l’anno zero della rivoluzione di Platini. Ma solo i club italiani sembrano prenderla sul serio. Il City chiede tempo alla Uefa, il Psg spende in allegria, gli spagnoli eludono. Furbi loro o poveri noi? di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 06-01-2012) Fairplay finanziario, ma non per tutti. La parola magica agitata per la prima volta dal gran capo dell’Uefa Michel Platini nel settembre del 2009 rischia di trasformarsi se non in terreno di duello, quantomeno di sospetti o veti incrociati. C’è una truppa di club, quelli italiani, che all’equilibrio fra costi e ricavi sta dedicando energie, ma ci sono altre società, inglesi e spagnole su tutti, che al traguardo del pareggio di bilancio fissato da Platini per il 2018 e dintorni sembrano dare un valore diverso considerando anche gli sforzi sul mercato di queste ore. Così accade che, numeri alla mano (o meglio perdite), il Manchester City dello sceicco Mansour, fra un investimento milionario e l’altro, trovi il tempo di inviare una lettera d’intenti all’Uefa: la nostra intenzione è quella di metterci in regola con i vostri parametri, ma non ce la faremo fin dalla prima fase (i primi bilanci sotto la lente di ingrandimento di Platini saranno quelli di quest’anno fino al 2014), questo sarebbe il contenuto nella missiva. City con la giustificazione in mano, dunque. E club spagnoli, Real Madrid e Barcellona, con l’assist della normativa civilistica da sfruttare: se, infatti, è vero che il fairplay finanziario prevede l’aumento di capitale come regola guida per immettere nuovi fondi nelle squadre, è altrettanto vero che la legge in Spagna considera i versamenti dei soci delle società cooperative (e Real Madrid e Barcellona lo sono) come ricavi e non appunto come aumenti di capitale. Entro febbraio l’Europa del pallone conoscerà il vademecum della Commissione degli otto saggi (c’è l’italiano Umberto Lago) che conterrà il graduale dosaggio delle sanzioni: i buoni propositi parlano di un primo cartellino rosso accompagnato da pene economiche fino all’esclusione dalle stesse competizioni europee per i più disobbedienti. Sarà vero? I club italiani si augurano di sì ora che la figura del mecenate è cancellata e sul mercato le società tricolori tirano il fiato. Chiedono fermezza, i nostri dirigenti di vertice. Una mano dura che, per alcuni (vedi l’ad dell’Inter Ernesto Paolillo) , potrebbe tradursi nel vietare l’utilizzo oltre confine di quei giocatori acquistati in regime di deregulation. Non tutti i costi verranno pesati dall’Uefa, non quelli per i settori giovanili o gli stadi. Ma nemmeno tutti i ricavi saranno considerati virtuosi: avranno l’ok quelli da sponsorizzazioni, biglietteria, web, diritti tv. «I club italiani hanno preso seriamente il fairplay finanziario. Quello che accade altrove è sotto gli occhi di tutti... », così Michele Uva, direttore del Centro studi della Figc che tiene sotto osservazione il panorama internazionale. Da Barcellona, arriva l’idea innovativa del presidente Rossel: «Il nostro obiettivo è chiedere ad ogni cinese un solo euro all’anno per l’abbonamento web. Guadagneremmo 1 miliardo e 600 milioni di euro: sai quanti campioni potremmo acquistare senza rompere l’equilibrio entrate-uscite del fairplay finanziario». -
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Calciosospetti alla napoletana Tre giocatori nel mirino, diverse partite sotto la lente degli inquirenti e il sospetto di infiltrazioni della camorra e delle triadi cinesi. È questo il quadro dell'inchiesta della procura campana. Che potrebbe connettersi con quella di Cremona. di GIACOMO AMADORI E GIANLUCA FERRARIS (Panorama | 11 gennaio 2012) Il 2011 è stato per il calcio italiano un annus horribilis, almeno dal punto di vista giudiziario: sono arrivate le condanne per Calciopoli e ha preso il via l'inchiesta sul calcioscommesse. Il 2012, però, potrebbe essere perfino peggiore. Infatti se l'indagine della Procura di Cremona sulle partite combinate (a dicembre 17 persone sono finite in cella, tra cui sei calciatori) ha già messo sotto osservazione diversi incontri di serie A che coinvolgerebbero anche squadre di rango come Lazio e Genoa (vedere l'articolo successivo: "Troppe scommesse su Lazio-Genoa"), il vero botto potrebbe giungere dal lavoro, sino a oggi sono traccia, di un'altra procura, quella di Napoli, la stessa che nel 2006 ha scoperchiato Calciopoli. Qui da mesi sono aperti almeno tre fascicoli che contengono riferimenti più o meno diretti a incontri truccati e possibili collegamenti con la camorra. Investigazioni che all'inizio di giugno hanno portato negli uffici della procura l'ex portiere della squadra partenopea Matteo Gianello, accusato di frode sportiva. Classe 1976, Gianello ha militato nel Napoli dal 2004 al 2011, dalla C alla A, nonostante le origini veronesi tanto invise agli ultrà azzurri. II suo avvocato Vincenzo Siniscalchi spiega a Panorama che il verbale è stato segretato e che comunque si è parlato di più squadre e più campionati. Gianello resta indagato, ma la sua vicenda non trova grande spazio sui quotidiani. Forse perché gli inquirenti procedono con discrezione per non agitare un ambiente e una tifoseria particolarmente sensibili ed eccitati per le gesta in Champions league dei loro beniamini, mai così in auge dai tempi di Diego Armando Maradona. Eppure, per quanto risulta a Panorama, a inizio estate i magistrati hanno chiesto di intercettare le utenze telefoniche di Gianello, insieme con quelle di due altri ex compagni di squadra: l'attaccante Giuseppe Mascara, 32 anni, siciliano di Caltagirone, e il capitano Paolo Cannavaro, napoletano doc. Perché gli investigatori sarebbero interessati alle conversazioni dei tre? La risposta non è semplice. In procura il fascicolo del pool «reati da stadio» (formato da Antonello Arditum, Vìncenzo Ranieri, Danilo De Simone e Paolo Sirleo, coordinati dal procuratore aggiunto Giovanni Melillo) resta blindato e l'unica certezza è che nel mirino ci sarebbero diverse pratiche degli azzurri. Di tre di queste si è parlato anche sui giornali: Napoli-Parma e Sampdoria-Napoli del campionato 2009-2010, e Lecce-Napoli del torneo 2010-2011. Ma secondo quanto ricostruito da Panorama nei mesi scorsi gli inquirenti avrebbero esaminato con attenzione pure le immagini di Milan-Napoli del 28 febbraio scorso. Il big match (la posta in gioco era il primato in classifica) finì 3-0 per i rossoneri, dopo che il primo tempo era terminato 0-0, nonostante gli attacchi milanisti. Gianello quel giorno non giocò. Cannavaro e Mascara, acquistato dal Catania meno di un mese prima, sì. Ģazzetta e Corriere dello sport promossero con lo stesso voto in pagella il primo (6,5) e bocciarono il secondo (5), alla pari degli altri colleghi di reparto. Gianello e il suo avvocato negano di avere risposto a domande su quella partita, mentre l'entourage di Mascara reagisce con sorpresa, escludendo avvisi giudiziari o convocazioni del calciatore in procura. Forse perché gli investigatori in questi mesi non hanno trovato riscontri ai loro sospetti. Per quanto riguarda Cannavaro, sarebbe stato intercettato (senza essere indagato) solo per capire come lo spogliatoio reagisse alle proposte esterne di combine. La voce di Cannavaro, insieme a quella del fratello Fabio, capitano della Nazionale campione del mondo nel 2006, era già finita nelle bobine degli inquirenti nella primavera del 2010, mentre parlava al telefono con il suo agente Enrico Fede (il cui cellulare era sotto controllo). Un paio di mesi dopo quelle intercettazioni terminarono senza riscontrare illeciti penali. Prima di spegnere i registratori e trasmettere i faldoni all'ufficio indagini della Federcalcio, però, gli investigatori fecero in tempo ad annotare un ultimo sms, definito «ambiguo», che arrivò sul telefonino di Fedele: «Chiedere indirizzo portiere per invio prosciutti». Fra le partite sotto esame, la più nota è Napoli-Parma del 10 aprile 2010. Quel giorno era a bordo campo Antonio Lo Russo, rampollo dell'omonimo clan di Secondigliano che controlla il totonero sin dai tempi di Maradona. Secondo una fonte confidenziale dei carabinieri, durante l'intervallo di quella partita, con il Napoli in vantaggio, alcuni personaggi legati ai Lo Russo puntarono forte, e contro ogni logica, sulla vittoria emiliana. Che in effetti giunse nella ripresa: 3-2. Il giovane è anche stato di recente ospite a casa del fuoriclasse argentino Ezequiel Lavezzi, attaccante della squadra partenopea. Che, quando le foto dei due insieme sono finite sui giornali, ha mostrato tutto il suo stupore: «Pensavo fosse solo un capotifoso». I nomi di Fabio Cannavaro, Lavezzi e dell'attaccante del Manchester City Mario Balotelli sono entrati (senza conseguenze penali) anche in un'altra inchiesta della procura napoletana, quella dei pm Sergio Amato ed Enrica Parascandolo, per i loro rapporti con l'imprenditore Marco Iorio, arrestato nel giugno 2011 con l'accusa di riciclare il denaro della camorra. Iorio chiese a Cannavaro, suo amico e socio, di intestarsi fittiziamente il 15 per cento delle quote di una società. Cannavaro accettò, come ha ammesso lui stesso con i magistrati, ma ha assicurato di averlo fatto in buona fede, convinto che Iorio avesse problemi di rapporti familiari. Hanno testimoniato in procura, a settembre 2011, pure Lavezzi, frequentatore abituale del ristorante e della casa dell'imprenditore (dove durante una perquisizione gli inquirenti ritroveranno le custodie di 10 orologi di proprietà dell'attaccante), e Balotelli, che proprio a Iorio si rivolse nel giugno 2010 per provare il brivido di una gita a Scampia. Amicizie pericolose che, però, non hanno evitato ai giocatori del Napoli e ai loro parenti e agenti di essere bersagliati negli ultimi mesi da numerosi furti e rapine. Nel frattempo la Dda di Napoli sta approfondendo anche i collegamenti fra le partite truccate e il clan D'Alessandro. Il fascicolo ha molti punti di contatto con quello cremonese: quattro delle partite considerate sospette dai magistrati lombardi, per esempio, hanno registrato volumi anomali di giocate nelle agenzie di scommesse campane. E l'asse Cremona-Napoli torna anche nella deposizione di Marjio Crtvak. Scommettitore croato di 46 anni, Crtvak dalla sua cella di Norimberga (dove sconta una condanna a 5 anni per avere truccato numerosi match di Bundesliga) ha dichiarato agli inquirenti che in Italia il grosso delle puntate e delle vincite sugli incontri combinati passa per la piazza partenopea, dove «il gioco nero è in mano ai cinesi». Con il placet dei boss. Le questure delle due città avrebbero già messo nel mirino alcuni immigrati affiliati a una triade della provincia di Zhejiang. Napoli è davvero milionaria per tutti, chioserebbe Eduardo. ___ Troppe scommesse su Lazio-Genoa Sembrava la classica partita di fine stagione, invece ora Lazio-Genoa del 14 maggio 2011 è al centro delle indagini della Procura di Cremona. Gli inquirenti, attraverso l'esame delle puntate, stanno cercando riscontri alle parole di Carlo Gervasoni, difensore del Piacenza, sulla sfida tra romani e liguri. Gervasoni dichiara che il giorno dell'incontro un altro indagato, Alessandro Zamperini, «mise gli slavi (il gruppo che organizzava le combine, ndr) in contatto con Stefano Mauri (capitano della Lazio, ndr) e con Omar Milanetto (vicecapitano del Genoa, ndr) che poi informò altri compagni». Zamperini nega e i calciatori respingono le accuse. «L'obiettivo fu raggiunto» fa mettere a verbale Gervasoni «in quanto le scommesse erano sull'1-1 dopo 45 minuti». In effetti la partita finì 4-2, ma durante il primo tempo, dopo un gol a testa nel giro di 6 minuti, le squadre giochicchiarono attirandosi i fischi dell'Olimpico. Un andamento che molti avevano previsto: «Quel sabato, poco prima dell'inizio, si presentarono da me una decina di clienti abituali» ricorda il titolare di una ricevitoria di Fiumicino. «Puntarono circa 1.000 euro a testa sul risultato esatto del primo tempo. Capii che qualcosa non tornava». Il colpo di scena arriva quando un bookmaker austriaco, SkySport365, trasmette alla Guardia di finanza italiana un rapporto sull'accaduto, che combacia con la testimonianza racccolta da Panorama. «A 3 ore dall'evento» si legge nell'esposto «rileviamo una richiesta enorme di gioco sulla modalità "primo tempo X, secondo tempo 1" oltre che sul risultato all'intervallo e sull'over finale. Vista la conclamata anomalia siamo costretti (...) a inibire tale possibilità di gioco (...). Tutte le giocate arrivano dalla zona di Roma e dintorni». A Cremona sperano che, tra chi ha riscosso le vincite, qualcuno abbia voglia di ricostruire come è arrivata la dritta giusta. -
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Napoli, giocatori intercettati Indagato il portiere Gianello Tra le 4 partite nel mirino c'è lo 0-3 col Milan. Controllati Mascara e Cannavaro per capire come reagivano a pressioni camorristiche di MAURIZIO GALDI (GaSport 05-12-2011) Si solleva il velo sul nome che aleggiava da tempo su Napoli: Matteo Gianello (ex portiere del Napoli e da novembre al Sarego in serie D) è iscritto nel registro degli indagati per frode sportiva. Dal 15 giugno è stato più volte sentito dal pool «reati da stadio» della Procura di Napoli coordinato da Giovanni Melillo. Sul suo nome in questi mesi è cresciuto l'interesse, si è parlato di superpentito, di informazioni importantissime da lui fornite. Tant'è che Melillo ha mal digerito le anticipazioni di ieri e le rivelazioni di oggi uscite sul settimanale Panorama. L'inchiesta procedeva a fari spenti: il capitano Paolo Cannavaro e l'attaccante Giuseppe Mascara (entrambi del Napoli) sarebbero anche stati intercettati, ma non indagati, per capire come reagivano a presunte pressioni per favorire alcuni risultati (e non sarebbero i soli ascoltati). Tutto era partito dalla presenza del figlio di un presunto camorrista a bordo campo al San Paolo in occasione di Napoli-Parma. Da quelle immagini la voglia di vedere quante persone non autorizzate si trovavano a bordo campo in casa e in trasferta: come si riusciva a ottenere i pass di servizio? Questo uno dei filoni d'inchiesta, poi da questo e dalle indagini si arriva al mondo delle scommesse e alla possibilità che qualcuno possa tentare di convincere i propri compagni ad «ammorbidirsi». Napoli e Cremona Melillo in autunno aveva avuto diversi incontri con il procuratore di Cremona Di Martino. Molti i punti in comune delle due inchieste e molti i nomi che le due Procure avevano nel mirino. Dall'interrogatorio di Gervasoni a Cremona, ad esempio, emergono i nomi di Michele e Federico Cossato (secondo l'ex del Piacenza legati a un bookmaker austriaco), Melillo già li aveva iscritti nel registro degli indagati. Ma soprattutto molte delle partite che Cremona ritiene «interessanti» sarebbero finite nel mirino anche di Napoli. È sull'esame dei flussi di giocate che le cose devono ancora essere approfondite. Cremona ha segnalato alcune giocate fatte nell'area napoletana e ora il lavoro della squadra mobile di Napoli deve accertare se quelle erano scommesse su gare di Serie A o minori. Sotto la lente 4 match dello scorso campionato dei partenopei: Napoli-Parma, Sampdoria-Napoli, Lecce-Napoli e Milan-Napoli anche se per il momento non ci sarebbero elementi di rilevanza penale. L'attenzione, comunque, potrebbe far scattare l'apertura di un fascicolo da parte della Procura federale che già aveva avuto segnalazioni da Cremona per alcune gare del Napoli. Per qualcuno potrebbe scattare anche l'omessa denuncia. Le altre inchieste Ma sulle scommesse a Napoli lavora anche la Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Rosario Cantelmo, che indaga sul clan D'Alessandro di Castellammare di Stabia. E proprio ieri gli aggiunti Filippelli e Siragusa hanno sentito in Procura la segretaria del giudice sportivo Stefania Ginesio già intercettata a Cremona in alcune telefonate con Bettarini. E sempre la Dda, ma questa volta di Bari, sta lavorando su alcune gare del Bari della scorsa stagione. Anche in questo caso sarebbero stati clan della malavita organizzata a fare pressioni per riciclare denaro proveniente da attività illecite. Su questo filone si devono registrare contatti con la Procura di Lecce che da tempo indaga sul ruolo di bookmaker stranieri presenti sul territorio.