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Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Stavolta in famiglia si sono interessati. Qualcuno è intervenuto nei confronti del giornalista e delle sue esche. -
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IERI UN IMPORTANTE CONSIGLIO FEDERALE: TANTI TEMI CALDI ALL’ORDINE DEL GIORNO Nuovo giro di vite sulla sicurezza B e Lega Pro: stop ai ripescaggi Più prevenzione d’intesa con le società: nessuno vuole assistere a un’altra Genoa-Siena Criteri più severi, così può nascere la riforma dei campionati: torneo cadetto a 20 squadre di ETTORE INTORCIA (CorSport 28-04-2012) ROMA - Un Consiglio Federale dedicato alla programmazione della prossima stagione, con alcune importanti novità che possono rivoluzionare i campionati minori, Serie B e Lega Pro. Ma anche un Consiglio Federale che tiene conto dell’attualità e che prova a dare una risposta immediata agli inquietanti fatti di Genova. Episodi che hanno suggerito ai vertici della Federcalcio di anticipare di un anno la normativa Uefa e di introdurre già dalla prossima stagione una figura nuova, il delegato ai rapporti con la tifoseria. Si sceglie la via del dialogo, per includere e non escludere, come ha spiegato il presidente Abete. Fermo restando che “dialogo” non vuol dire connivenza. Anzi, ai club si chiede di collaborare anche denunciando tutti quegli episodi che sono propedeutici o ricondicibili a fatti di violenza. Con pene più severe per l’omessa denuncia. Dicevamo della programmazione. E’ arrivato l’ok definitivo al blocco dei ripescaggi in Serie B e Lega Pro, una misura che, assieme ai parametri più rigidi per l’iscrizione ai campionati, può determinare la riduzione dei club professionistici attraverso un meccanismo di selezione. L’obiettivo è in prospettiva avere una B a 20 squadre e una Lega Pro con 3 gironi da 20. Tra le novità l’obbligo di versare gli stipendi entro due mesi e non più entro novanta giorni. Punto sul quale la Lega B avrebbe preferito un anno di transizione. Infine, un po’ di date. La Covisoc darà il proprio responso sulle domande per le “Licenze Nazionali” l’11 luglio, l’esito dei ricorsi sarà reso noto il 18 luglio e il giorno dopo il Consiglio Federale formalizzerà le decisioni (resta poi il ricorso all’Alta Corte del Coni). Mercato: accordi preliminari dal 14 al 30 giugno, opzione dal 18 al 20, contro-opzioni dal 21 al 23, finestra estiva dal 1° luglio al 31 agosto. ------- LA SICUREZZA Arriva il delegato alla tifoseria E scatta l’obbligo di denuncia Alle società si chiede di segnalare episodi sospetti, come minacce e pressioni psicologiche nei confronti dei calciatori di ETTORE INTORCIA (CorSport 28-04-2012) ROMA - Gli episodi di Marassi, con Genoa-Siena “ostaggio” di un gruppo di ultrà, hanno lasciato il segno. Così la Figc ha deciso di anticipare di un anno la normativa Uefa e rendere obbligatoria dalla prossima stagione per le società professionistiche la figura del delegato ai rapporti con i tifosi, da individuare e comunicare entro il 31 luglio. Non solo: i club di A, B e Lega Pro dovranno adottare obbligatoriamente un “modello organizzativo” atto a prevenire episodi di violenza negli stadi, un modello che sarà certificato dalla Figc e dalle leghe. E’ uno strumento già adottato in maniera spontanea da alcune società che in questo modo, davanti al giudice sportivo, possono contare su attenuanti ed esimenti, potendo ottenere così sconti importanti dimostrando di aver adottato un rigido protocollo per prevenire episodi violenti riconducibili ai tifosi. «Il Viminale - commenta Abete - apre a una logica di confronto con i tifosi. La figura del delegato non è in contrasto con l’articolo 12, che vieta il mantenimento di gruppi di tifosi, proibendo forme di “scambio”» . BASTA OMERTA’ - Il delegato e il modello organizzativo implicano anche una lotta all’omertà: obbligo di denuncia e sanzioni più severe per i club. «E’ una nuova fattispecie, ci dobbiamo lavorare» , spiega Abete. Che il giro di vite sia stato ispirato dai fatti di Genova è chiaro. « Non si può sentire la frase “tutti li conoscevano” », chiosa il presidente federale. Ma pensa anche ad altro: «Minacce, pressioni psicologiche e anche fisiche che possano determinare un’invasione di campo, per esempio con situazioni legate alle scommesse» . Il riferimento, implicito, è alle minacce ricevute dai giocatori del Bari un anno fa a retrocessione già sancita dai numeri: pressioni da alcuni tifosi per condizionare i risultati delle ultime gare sulle quali gli stessi avevano scommesso. ------- INTRODOTTE LE LICENZE NAZIONALI Iscrizioni: parametri più rigidi Stipendi da versare entro 2 mesi Spaccatura con la Lega di B: Abodi voleva che i nuovi criteri entrassero in vigore a partire dalla stagione 2013-2014 di ETTORE INTORCIA (CorSport 28-04-2012) ROMA - Punto primo: stop ai ripescaggi. L’ipotesi è quella di una B a 20 squadre e di una Lega Pro a 60 squadre, con tre gironi invece degli attuali quattro suddivisi tra Prima e Seconda Divisione (76 club). Ma non sarà una riforma dei campionati imposta dall’alto, la selezione sarà lasciata al “mercato”. Se una o due squadre non saranno in grado di iscriversi alla prossima B, nessuna salirà dalla Prima Divisione. A patto che sia garantito il numero minimo di 20 club nel torneo cadetto. Stesso discorso per la Lega Pro: nessun ripescaggio a meno che l’organico non scenda al di sotto delle 60 società. NUOVI CRITERI - Diventano più severi, però, i parametri da rispettare per le iscrizioni. Per ottenere una “licenza nazionale”, è questo il nuovo sistema adottato, bisognerà essere in regola con il pagamento degli stipendi fino al mese di aprile e non più fino a marzo. Per la B e la Lega Pro, inoltre, varia il rapporto minimo tra produzione/debiti, che sale da 0, 08 a 0, 10. In sostanza: molti club saranno obbligati a sottoscrivere un aumento di capitale, inclusi alcuni che sarebbero in regola con i vecchi parametri. L’altra grande novità è (che) i controlli della Covisoc diventano bimestrali: gli stipendi ai tesserati andranno versati entro 60 giorni e non più entro tre mesi come accade ora. Una garanzia in più per i calciatori, anche se l’Aic auspicava un ricorso massiccio alle fideiussioni a garanzia degli emolumenti. «E’ passata una linea di mediazione visto che le commissioni non sono riuscite a concludere» , spiega il presidente della Lega Pro, Macalli. C’è stata una spaccatura con la Lega di B: l’unico voto contrario è stato quello di Abodi che avrebbe voluto far entrare in vigore questi due criteri dalla stagione 2013-14. A proposito: tra due campionati in A scatterà l’obbligo dell’impianto di riscaldamento per i terreni in erba. ------- IL CALCIOSCOMMESSE L’idea: club meno responsabili con un protocollo anti-combine «Ma la responsabilità oggettiva non si tocca» ribadisce Abete. Per il 7-8 maggio attesi i primi deferimenti di ETTORE INTORCIA (CorSport 28-04-2012) ROMA - Dal 1° luglio le società professionistiche dovranno adeguarsi alla legge 231 che disciplina la responsabilità amministrativa delle società, i modelli di organizzazione, gestione e controllo. E’ una legge dello Stato, i club calcistici si adeguano. Però questa normativa, assieme al meccanismo virtuoso delle attenuanti ed esimenti previsti per gli episodi di violenza negli stadi, apre la strada a un’ipotesi. E cioè che, adottando un protocollo di prevenzione, le società possano beneficiare di attenuanti quando chiamate in causa dalla giustizia sportiva per la condotta dei proprio tesserati. Per esempio come nel caso del calcioscommesse. «Si può lavorare su situazioni che possano differenziare i livelli di responsabilità» , ecco l’apertura di Abete. «E’ noto che la responsabilità oggettiva è un caposaldo della giustizia sportiva, però si può lavorare nella logica già presente nella prevenzione dei fatti violenti» , spiega il numero uno di via Allegri. Ribadendo il solito messaggio ai club che vorrebbero mettere mano alla responsabilità oggettiva tout court: «Le regole non si cambiano in corsa» . L’ATTESA - Ed è in virtù di queste regole e della responsabilità oggettiva che molti club attendono con trepidazione le decisioni di Palazzi. Il procuratore federale ha preannunciato per il 7-8 maggio i deferimenti relativi al primo troncone delle nuove indagini sul calcioscommesse. Deferimenti che saranno ispirati sostanzialmente agli episodi emersi nell’indagine di Cremona e rivelati dai due “pentiti”, Gervasoni e Carobbio. Tra mercoledì e venerdì della prossima settimana potrebbe essere ascoltato Mezzaroma, presidente del Siena: sarebbe l’ultima audizione del primo troncone. Dovesse saltare, tutto sarebbe rinviato alla seconda fase. ------- LA TUTELA DELLA SALUTE Corsi sull’uso del defibrillatore E una commissione scientifica Un testo unico per pro’ e dilettanti disciplinerà i presidi di primo soccorso. Ci saranno test medici più severi di ETTORE INTORCIA (CorSport 28-04-2012) ROMA - Il Consiglio Federale ha anche affrontato il tema della prevenzione dopo la morte di Piermario Morosini, ricordato all’inizio della seduta insieme a Mancini, Chinaglia e Petrini. Il CF, su proposta del presidente Abete, ha nominato una commissione scientifica che sarà coordinata dal prof. Paolo Zeppilli, responsabile del dipartimento di medicina della Figc, da Maurizio Casasco, presidente della FMSI, e dal prof. Vincenzo Castelli. Le leghe e le componenti tecniche indicheranno altri specialisti, scelti tra cardiologi e specialisti della rianimazione. L’obiettivo è potenziare la formazione sull’uso del defibrillatore in tuti i corsi per allenatori ma anche elaborare un testo unico della Figc per campionati professionistici e dilettanti per regolarmentare i presidi sanitari qualificati. «Un testo unico - spiega il presidente Abete - per ottimizzare un livello sanitario che è già di grande qualità» . Si lavorerà anche a controlli più accurati sulla documentazione medica da produrre per ottenere l’idoneità. OGNI CAMPO - Sul tema dei soccorsi dal presidente Macalli arrivano garanzie per tutte le società di Lega Pro. Fermo restando che «tutti gli allenatori faranno un corso per l’utilizzo del defibrillatore» , il numero uno della Lega di Firenze spiega: «Su ogni campo ci sarà un presidio sanitario per il primo soccorso. Con corsie preferenziali per le ambulanze» . Più attrezzature, dunque, ma anche maggiore attenzione alla logistica per evitare pasticciacci brutti come quello di Pescara, con l’ambulanza bloccata da una volante della municipale mentre sul campo i medici cercavano disperatamente di rianimare il povero Morosini. -
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Giovani calciatori africani strappati alle famiglie: la nuova tratta degli schiavi In Europa ci sono circa 2mila giocatori professionisti provenienti dal continente nero, ma sono almeno dieci volte tanto i minorenni prelevati con l'inganno, con la promessa di sfondare come star del pallone e diventati invece manodopera a basso costo nelle mani di criminali e sfruttatori di LUCA PISAPIA (il Fatto Quotidiano.it | 28 aprile 2012) Uno su mille ce la fa. E gli altri? Se sono ragazzini partiti dall’Africa, con il miraggio di diventare calciatori e di emulare le gesta dei loro idoli Drogba ed Eto’o, quando non ce la fanno finiscono male. In Europa ci sono circa 2mila giocatori africani professionisti, mentre sono almeno dieci volte tanto i calciatori minorenni prelevati in Africa con l’inganno, con la promessa di sfondare come star del pallone e diventati invece manodopera a basso costo nelle mani di criminali e sfruttatori. “Una stima al ribasso, perché ovviamente non è possibile un censimento preciso nell’illegalità”, come spiega a ilfattoquotidiano.it l’ex nazionale del Camerun Jean-Claude Mbvoumin che, appesi gli scarpini al chiodo, per combattere la tratta di giovani calciatori africani ha fondato l’associazione Foot Solidaire. “E’ un fenomeno in continua crescita – dice al telefono da Parigi – Piccoli africani poco più che bambini sono adescati da falsi procuratori che chiedono soldi alle loro famiglie in cambio della promessa di un futuro nel calcio. Solo in Francia ne arrivano migliaia ogni anno. Poi, da quando si è aperto il mercato a Est, i numeri stanno salendo sempre più. E’ un problema enorme, moltissime famiglie si indebitano con questi presunti procuratori anche per decine di migliaia di euro, convinte di assicurare un futuro ai loro figli. Ma pagano per la loro rovina”. Quello che succede ai ragazzi una volta in Europa è un’odissea nera, dove spesso la fine del viaggio non coincide con il ritorno a casa. Quando va bene, questi ragazzi non trovano nessuno ad aspettarli nella terra promessa e devono inventarsi il modo di rientrare o, più spesso, di inventarsi una vita nel nuovo paese. Se invece va male, finiscono nelle grinfie delle mafie locali che, d’accordo con falsi procuratori del paese d’origine, li prelevano agli aeroporti e se ne impadroniscono per utilizzarli come manodopera in nero. Un episodio del genere lo racconta a ilfattoquotidiano.it Becky Harvey di Stop The Traffik: “Qualche anno fa 34 ragazzi della Costa D’Avorio partirono con in mano quello che pensavano essere il contratto di una vita con delle società di calcio europee. Si ritrovarono in Mali a lavorare incatenati come schiavi. Sono stati in grado di denunciare l’accaduto solamente perché alcuni di loro sono riusciti a fuggire”. Ad alcuni poi, può andare ancora peggio. E spariscono nel nulla. Kaveh Solhekol, inviato della trasmissione Special Report del canale inglese Sky Sports, racconta la storia terribile di Desmon Dubi, un ragazzo ghanese cui è stato promesso un contratto da professionista con una squadra malese. Una volta all’aeroporto di Kuala Lumpur è stato picchiato dal procuratore che l’ha spedito a Parigi. Ora è terrorizzato, si nasconde a Parigi e non vuole tornare in Ghana, dove la sua famiglia è piena di debiti. Anche perché, spiega Desmon, un suo amico cui è successa la stessa cosa, una volta tornato in patria è stato ammazzato. La compravendita di calciatori minorenni in realtà è vietata. Come da articolo 19 del Regolamento Fifa sullo Status e sul Trasferimento dei Calciatori che recita: “I trasferimenti internazionali dei calciatori sono consentiti solo se il calciatore ha superato il 18 anno di età”. A questo articolo si applicano diverse eccezioni. Se il trasferimento avviene per giocatori che abbiano compiuto i 16 anni e sia all’intero della UE o dell’AEE, per via della sentenza Bosman che ha liberalizzato il mercato del calcio europeo; se i genitori del ragazzo si sono trasferiti nel Paese della nuova società per motivi indipendenti dal calcio; se è in essere un accordo di collaborazione tra le accademie giovanili dei due club (in questo caso la squadra ospite deve impegnarsi a fornire vitto, alloggio e adeguata istruzione). “E proprio in queste eccezioni si infilano questi sedicenti procuratori – spiega Jean-Claude Mbvoumin a ilfattoquotidiano.it – Falsificano i documenti dei ragazzi, oppure fabbricano falsi attestati in cui risulta che i genitori lavorano in Europa. Per la Fifa è impossibile controllare tutto. Spesso poi questi ragazzi giocano in squadre amatoriali, non ufficialmente affiliate alla Fifa, quindi non sono registrati nel TMS (il sistema della Fifa che registra tutti i trasferimenti dei calciatori nda) e sono facilmente spacciati per maggiorenni”. Ma non tutti i procuratori che alimentano il traffico di minorenni dall’Africa all’Europa sono sedicenti o presunti tali. L’inviato di Special Report è riuscito a organizzare un incontro, filmato di nascosto, con Robert N’Kuimy. Procuratore internazionale regolarmente registrato con la FIFA, N’Kuimy si è detto disposto a vendergli una decina di giovani camerunensi a 30mila euro l’uno da trasferire a Cipro. Poi ha aggiunto: “Faccio spesso affari con l’Italia, ho un procuratore italiano di riferimento, anche lui regolarmente affiliato alla Fifa, che mi aiuta”. Tramite il responsabile della sicurezza Chris Eaton, dalla Fifa fanno sapere che “indagini sono in corso”. Ma Jean-Claude Mbvoumin non ci sta: “Non serva a nulla, l’unico modo di contrastare questa nuova forma di schiavismo sarebbe quella di lavorare sul campo. Così dovrebbe fare anche la Fifa, ma le risorse che dedica alla prevenzione sul campo di questo fenomeno sono minime. E più il business del calcio si diffonde verso nuove frontiere, più il problema cresce”. -
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HELP THE AGED An unusual summer looms as several of Europe's blue chip brigade are put out to pasture. by SCOTT JOHNSON (IN BED WITH MARADONA | Friday, April 27, 2012) In a congested summer schedule, that features a European Championships and an Olympics, there is a danger that the departures of some of football’s modern greats may pass largely unnoticed. Titans of the game that will soon be put out to pasture, or have opted to pursue one final lucrative contract before finally hanging up their boots. Raul Gonzalez Blanco would certainly fall under the latter category. Having racked up a record 741 appearances, six La Liga titles and three Champions League titles for Real Madrid, scoring a record 323 goals in the process, Raul has been an overwhelming success since joining Schalke two years ago. A total of 19 goals in 51 games during his maiden Bundesliga campaign has been improved upon this term with 20 goals in 46 outings thus far, in a free role behind the formidable Klaas-Jan Huntelaar. Having scored a mere five goals in his final season at Madrid, critics were quick to write off Raul and a lucrative spell in the United States or Qatar was predicted, he instead opted for the lure of Champions League football in Gelsenkirchen. Keen to extend his current deal, which has been heavily subsidised by Real Madrid, by a further year, Raul recently announced that he will be departing in the summer, aged 35. The likes of USA and Asia have once again been mooted, a suitable barometer for his impact at the club would be Schalke’s plan to retire his No7 shirt indefinitely. Didier Drogba, a relative late starter in footballing terms, is still ploughing his way through opposition defences, having celebrated his 34th birthday last month. He recently surpassed 100 goals for Chelsea and rejected the club’s offer of a one-year extension in November. His agent Thierno Seydi confirmed to The Sun that the Ivorian will: “go where he is offered the most money” and at present, that looks to be the tax free, £130,000-a-week on offer at Shanghai Shenhua, now managed by former team-mate Nicolas Anelka. Having plundered the winner against Barcelona recently, he clearly still has plenty to offer at the highest level, despite his diminishing powers. Alessandro Del Piero is Juventus’ record appearance holder (441) and goal scorer (289) and has been known to rouse the odd child from a coma in his spare time, yet the Turin giants have announced that his 19th campaign will be his last. Club president Andrea Agnelli confirmed the news at a shareholders meeting, announcing: "The unique link between the old Juventus and the new Juve is our captain, Alessandro Del Piero”. Agnelli added: “He wanted to stay with us for one more year, and this will be his last season wearing the black-and-white jersey." Del Piero reacted to the unexpected news by revealing to Vanity Fair that: “Angelli's remarks surprised me. ” Regarding the remainder of his playing career, he added: "I cannot imagine my future, it is a huge change and it scares me a little bit, because it is like leaving your home a second time.” A class act on and off the field, he deserves so much better and there has been a public outcry for a contract extension. Del Piero responded by netting in the Coppa Italia against Milan and the subsequent league game against fierce rivals Juventus, he now his 318 career goals, needing one more to surpass Roberto Baggio. Michael Ballack may have been a comparable influence on German football, but a spiky demeanour has long polarised opinion of the classy midfielder and his fall from grace, at domestic and international level, is in danger of undermining his legacy. As Jogi Low ushered in a new and exciting generation of German talent, the hope was that Ballack would jump before he was pushed, but the offer of an international testimonial was rejected as “Capitano” took exception. His return to Bayer has been a disappointment, with Leverkusen’ CEO, Wolfgang Holzauser, claiming that “Project Ballack” had failed. He is also believed to be unpopular in the dressing room, but many former team mates have spoken out in his defence and his agent has claimed that his client has been “made a scapegoat. ” 36 in September, his future also remains unclear. AC Milan, the footballing equivalent of a glue factory in recent years, have been quietly turning over their playing squad and a raft of senior players are subsequently approaching the end of their current deals this year. The Rossoneri are keen to retain, Massimo Ambrosini, Gennaro Gattuso and Alessandro Nesta, but the likes of Clarence Seedorf, a four-time Champions League winner, and Filippo Inzaghi, second only to Raul regarding goals scored in European competition, remain in limbo. Inzaghi, 38, is believed to be of interest to Atalanta, while Seedorf has been linked with a reunion with Ronaldinho at Flamengo and several Bundesliga clubs. For clubs in need of experience to supplement a youthful squad, or a wealthy backer’s pet project short on showbiz and glamour, there will shortly be a veritable feast of legends to feast upon. Tears will be shed for some, while sighs of relief will be exhaled for others, as some of the game’s true giants encounter the twilight of their illustrious careers. -
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Scudetto Sensi Evasione fiscale, il club sotto processo di GIULIO DE SANTIS (CorSera - Roma 28-04-2012) I bilanci degli anni d'oro della Roma post scudetto tornano sotto la lente d'ingrandimento dei giudici. La Cassazione ha annullato il processo contro la società giallorossa multata di 60mila euro per la presunta commissione di illeciti contabili tra il 2001 ed il 2002. Adesso il procedimento riprenderà in appello, dove la Corte dovrà riguardare i conti della «Magica» per verificare se in quel biennio furono compiuti falsi in bilancio. La sanzione era stata inflitta nel 2007 in primo grado al termine del processo che vedeva imputato Sensi dopo la denuncia del presidente del Bologna nel 2000. Un dibattimento chiuso con la vittoria dell'allora proprietario della società giallorossa, assolto dall'accusa di aver «truccato» i bilanci per l'acquisto del campione giapponese Hidetoshi Nakata, pagato 60 miliardi di lire. I giudici avevano dichiarato prescritto il reato sulle altre operazioni di mercato, compiute in particolare nel settore giovanile. La multa era stata comminata per i reati prescritti. Il difensore della Roma, l'avvocato Bruno Assumma, ha fatto ricorso ottenendo l'annullamento delle sanzione. «Nella sentenza infatti c'era una carenza di motivazioni riguardo al presunto vantaggio ottenuto della società», ha osservato. -
CorSera - Milano 28-04-2012 ___ Il processo All'udienza per la rissa all'Hollywood, scoppiata perché l'ex pilota della Ferrari era accompagnato dall'ex fidanzata dell'altro Irvine, deposizione show contro Moratti di LAURA FUGNOLI (la Repubblica - Milano 28-04-2012) MORATTI jr contro Irvine, due imputati, l'un contro l'altro, e una udienza davanti ai giudici milanesi che siè trasformata in un vero e proprio show. Eddie Irvine, ex pilota della Ferrari, ha ricostruito teatralmente - ad un certo punto è anche salito su una sedia - la rissa avvenuta tra lui e Gabriele Moratti il 20 dicembre 2008 alla discoteca Hollywood, tra botte, gelosie e qualche bicchiere di troppo. «All'improvviso mi sono sentito strattonare alle spalle- ha spiegato Irvine mimando la scena - e mi è arrivata una scarica di pugni alla testa. Allora ho risposto colpendo alla cieca con la mano sinistra, con cui impugnavo un bicchiere di vodka lemon. Ma non mi sono girato perché temevo di essere colpito agli occhi». L'ex pilota di Formula 1 ha dichiarato poi ai giudici di essere tornato in albergo con un orecchio dolorante per le botte subite e di aver ricevuto una telefonata minacciosa da parte di un amico di Moratti presente quella sera all'Hollywood: «Mi disse che mi avrebbe ucciso - ha raccontato impetuosamente Irvine in aula - e so che questa persona aveva una pistola, l'avevo vista!» All'origine del litigio sembra ci sia stato un impeto di gelosia. Irvine, infatti, aveva fatto il suo ingresso nella discoteca di corso Como in compagnia di una ragazza, ex fidanzata di Moratti. Una storia di rivalità amorosa, sfociata nel peggiore dei modi ma con modalità ancora da chiarire. Di fatto dal 2008 a oggi né Irvine né Moratti jr hanno trovato una conciliazione Il figlio di Letizia Moratti, coimputato, ha ascoltato scuotendo la testa e mostrando incredulità. La sua udienza, per replicare al rivale, è fissata il prossimo 29 giugno. Per lui, oltre all'accusa di lesioni gravi, anche quella di minacce aggravate, ma gli avvocati del giovane rampollo non demordono. «Gabriele Moratti ha avvicinato civilmente Irvine- questa la tesi dei suoi legali - ricevendo invece un colpo violentissimo che avrebbe potuto cavargli un occhio». ___ A processo dopo la rissa Irvine balla davanti al giudice per accusare Moratti junior di MASSIMO DE ANGELIS (Libero 28-04-2012) Botte da orbi in discoteca e show danzante di fronte al giudice. Succede anche questo nella rutilante Milano by night, quando i contendenti rispondono ai nomi di Eddie Irvine e Gabriele Moratti. Nel dicembre 2008 memorabile rissa nel privè del club Hollywood tra il driver irlandese e il rampollo meneghino, ovviamente per la contesa di una giovane modella. Dalle parole ai fatti il passo fu breve, con accuse reciproche di lesioni gravi e minacce ripetute. Una scena da Far West tra il drammatico e l’esilarante. Non avendo mai trovato una conciliazione i duellanti si sono dati appuntamento in un’aula del tribunale, con testimoni e body guard al seguito. Spettacolare la deposizione odierna del pilota irlandese, che si mette a ballare sulla sedia davanti al giudice incredulo, cercando di ricreare l’atmosfera della nottata. Poi mima la dinamica della presunta aggressione. Ma entra troppo nella parte e viene ripreso dalle autorità «Signor Irvine non gesticoli, cerchi di spiegare i fatti con le parole, non con le danze». Allora si passa al racconto della singolar tenzone, con la descrizione dell’ambiente, l’approccio con la ragazza ( ex fidanzata di Moratti ), un drink di troppo e l’immediata lite a seguire. L’acciaccato Eddie sostiene di essere stato colpito da due, tre cazzotti del focoso Gabriele, perdendo l’equilibrio in una rovinosa caduta. Risultato finale: forte contusione al timpano, costole doloranti e lividi ovunque. Ora toccherà al figliolo di sciura Letizia, il prossimo 29 giugno, raccontare la sua versione dei fatti, possibilmente senza frizzi e lazzi.
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Juve, la terza stella agita Moratti “Vediamo se la Figc cadrà nella provocazione”. Abete: “Farò rispettare le regole”. Che non ci sono di G. BUCCHERI & M.NEROZZI (LA STAMPA 28-04-2012) Come nei cartoni animati, le stelline (della Juve) fanno girare la testa. Rabbia o gioia che sia. «La terza stella alla Juve non sta né in cielo né in terra», sbuffa qualche consigliere federale. «Mi sembra una provocazione», commenta il presidente dell’Inter Massimo Moratti. Giancarlo Abete s’affida nuovamente al codice diplomatico: «Il campionato è ancora aperto - ripete il presidente della Figc - e questa non è una riflessione attuale. Anche perché nessuno ce l’ha posta. E comunque, qualora succedesse, la Federcalcio farà applicare le regole a 360 gradi». Il dubbio, però, è che in questo caso, più del regolamento c’entri la prassi: quella che avviò Umberto Agnelli, papà di Andrea, nel 1958 quando s’inventò la stella per indicare il decimo scudetto bianconero. Intuizione di successo, poi utilizzata ovunque. Nel caso, dunque, come proibirla? Sarebbe un po’ come lo scudetto 2006, irrevocabile secondo il consiglio Figc: non si può vietare una medaglia senza avere il potere di conferirla. Sull’eventuale petto stellato, ufficialmente Agnelli non si è ancora espresso: «È abitudine di casa Juve affrontare i problemi quando si creano», ripete il presidente bianconero. L’«orgoglio gobbo» l’ha però già espresso Pavel Nedved, consigliere di amministrazione del club: «La terza stella? Al cento per cento. Ne abbiamo ventinove, e ventinove più uno fa trenta». Ecco, è il conto degli scudetti, ovviamente, che fa incavolare la concorrenza. Ancora di più se i bianconeri mettono a bilancio quello del 2006, che la giustizia sportiva ha incollato nell’album dell’Inter. Difatti, Moratti non ha preso benissimo l’ipotesi: «Vediamo se la Figc accetta la provocazione, a quel punto liberi tutti, è questione di buon senso», della Juve s’intende. E ancora, aggiunge il numero uno interista uscendo dall’assemblea degli azionisti della Saras: «È una cosa che ha poca logica, per il momento mi sembra solo una provocazione». Su questo, le società restano su opposte trincee, e chissà quanto durerà la disfida. Quegli scudetti, ognuno li rivendica: l’Inter ha quello che gli è stato consegnato, dopo confisca alla Juve, e sente suo pure l’altro (2005), moralmente. Idem il club bianconero, e tutti i giocatori che, in quelle due stagioni, indossarono la maglia della Juve: «Quei titoli li abbiamo vinti sul campo». La società li ha sempre rivendicati, di più da quando s’è issato al comando Agnelli. «Andremo fino in fondo», ha ripetuto, in ogni sede. Nell’attesa, ha stampato quei titoli nell’albo d’oro del bilancio e li ha affissi sulle pareti del nuovo stadio. Perché fosse chiaro, con quelli la Juve aveva aperto la cerimonia di inaugurazione della sua nuova casa, a settembre: presente il conto alla rovescia con i ventinove scudetti? Davanti alle tribune stipate di tifosi, certo, ma dove pure s’accomodavano Abete e Petrucci, e quasi tutto il calcio. Nulla contro le regole, sembra, per guardarla dalla prospettiva della Federazione, anche se verranno altre battute e bisticci. La scelta di appuntarsi una stella dorata ogni dieci scudetti è nulla più di una consuetudine, Sui regolamenti, di Figc e Lega calcio, neppure c’è. L’inventore fu appunto Umberto Agnelli che nel 1958 decise di onorare la conquista del decimo scudetto della Juve con questa scelta grafica. E così si continuò. In altri Paesi, invece, l’uso delle stellette è disciplinato. In Germania, per esempio, dove dal 2004 la Deutsche Fußball Liga, che gestisce i primi due livelli della Bundesliga, inaugurò i «Verdiente Meistervereine», letteralmente il «riconoscimento per squadre vincitrici»: hanno diritto a una, due, tre, quattro stelle, i club che hanno vinto tre, cinque, dieci o venti titoli. Dunque, una scelta ufficiale. Ci fu battaglia anche là: quando la Dinamo Berlino, club di quarta divisione tedesca, chiese alla Federazione di applicare tre stelle sullo stemma, visti i dieci titoli vinti nel campionato dell’allora Germania Est. La federazione non diede nessuna risposta in merito, incompetente diremmo da queste parti, e la Dinamo decise di mettersi lo stesso sul petto le stelle. Seguì dibattito e compromesso: una stella a chi aveva vinto campionati nel torneo al di là del muro. Qui pare restare in piedi quello di Calciopoli. ___ CorSera 28-04-2012 ___ Evitabile invasione di campo di ALVARO MORETTI (TUTTOSPORT 28-04-2012) PIACCIA O NON piaccia all’autoreferenziale presidente dell’Inter, Massimo Moratti, la sua discesa in campo sulla questione della terza stella è un’invasione di campo indebita per una serie di ragioni. La prima, serissima, è quella scaramantica: alla Juve la parola scudetto non la pronunciano ancora, figurarsi se si lasciano scappare qualcosina sull’ipotesi - legittima dal punto di vista regolamentare - di fregiarsi di una terza stella sulla maglia prossima ventura. L’Inter è detentrice dello scudetto 2006 in ragione di una prescrizione sportiva per i fatti relativi alle telefonate del presidente Moratti e dell’allora presidente Facchetti a designatori e un arbitro, tutti pesantemente sottolineati dalla relazione del procuratore federale Palazzi. Poi la Figc nell’assenza di una norma specifica, di un comunicato vero e proprio di assegnazione ha - a maggioranza del consiglio federale - dichiarato una incompetenza da 443 milioni sul quel titolo che solo Moratti sente suo. Se, però, sull’asportazione dello scudetto 2006 esistevano tesi giuridiche indipendenti opposte a quella dell’incompetenza di Abete (quello dell’«etica non si prescrive»), sulla stella esiste un vuoto normativo grosso così: il presidente Figc, ieri, ha detto che - come sempre - osserverà le regole a 360 gradi. Ben detto, come giusto astenersi per prudenza o semplice scaramanzia dall’entrata nell’agone della polemica: la ruota dell’incompetenza gira? -
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LA NUOVA POLEMICA NELLA NORMATIVA SULLE MAGLIE NON SI FA RIFERIMENTO ALLA STELLA MA «TUTTO CIÒ CHE NON È CONSENTITO DEVE INTENDERSI COME VIETATO» Le regole spingono verso il no: parola a Lega e Figc Abete: «La terza stella della Juve? La Federazione è attenta alle regole, le farà rispettare» di MARCO IARIA (GaSport 28-04-2012) Il chiacchiericcio al bar, le mezze frasi della dirigenza, l'ennesima polemica pronta a nascere. Poi arrivano le parole di Giancarlo Abete che, essendo a capo della «Federazione italiana giuoco calcio», a precisa domanda replica nell'unico modo istituzionalmente possibile: «La Figc è attenta al sistema delle regole e le farà rispettare. Se ci arrivasse una richiesta risponderemmo». Ecco, le regole. La diatriba sulla terza stella bianconera, tutta teorica finché non arrivassero scudetto e auspicio ufficiale di Andrea Agnelli, sta generando un po' di confusione. È vero che nel regolamento delle maglie della Lega non v'è traccia della parola «stella». Ma da qui al «liberi tutti» ce ne passa. Basta prendere l'articolo 1 comma 2: «Tutto ciò che non è esplicitamente consentito dal presente regolamento deve intendersi come espressamente vietato». La Lega ha il potere di autorizzare o meno le divise di gioco, e non è solo una questione di sponsor o di slogan politici. La maglia va esaminata scrupolosamente nella sua interezza, con tanto di relazione del fornitore dell'abbigliamento, «che dia ogni più ampia spiegazione su marchi, nomi ed elementi grafici». Consuetudine Certo, la Juventus potrebbe forse usare l'espediente della stella come parte integrante del design della maglia, ma dovrebbe essere qualcosa di estremamente diverso da quei ricami sul petto che tutti i tifosi — e la consuetudine — identificano nella celebrazione di 10 scudetti (per ogni stella). Sin dal '58, da quando l'idea venne in mente a Umberto Agnelli, è sempre servito l'avallo della Figc. E torniamo ad Abete: espedienti o no, mai e poi mai l'organo che sovrintende al calcio italiano potrebbe permettere a una squadra di vestire una divisa in palese contrasto con le sentenze della giustizia sportiva (coi due titoli revocati per Calciopoli, il prossimo scudetto è il 28o e non il 30o). L'Uefa, tra l'altro, aspetta vigile. La Juve giocherà in Champions e Nyon non scherza: le raffigurazioni dei titoli nazionali, o dei suoi multipli (le stelle), devono essere in linea con le disposizioni della federazione locale. ------- L’INCHIESTA PROCURATORI Fallimento Piacenza Nocerino e altri 25: arriveranno le multe Il Fisco potrebbe chiedere ai giocatori l'Irpef non versata. Sentiti dalla Finanza pure Campagnaro e Abate di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 28-04-2012) C'è un aspetto molto curioso nell'inchiesta che sta conducendo la Procura di Piacenza (indagati 21 tra i più importanti agenti dei calciatori, fra le ipotesi di reato l'evasione fiscale) e riguarda direttamente i giocatori che hanno vestito la maglia della squadra emiliana tra il 2006 e il 2009: presto potrebbero vedersi recapitare una cartella esattoriale con delle somme da restituire allo Stato. Nella rete resterebbero impigliati nomi importanti, come Antonio Nocerino e Ignazio Abate (Milan), Hugo Campagnaro (Napoli), Davide Moscardelli (Chievo), Giuseppe Gemiti (Novara), Leonardo Miglionico (Lecce), Daniele Cacia (Padova) e tanti altri (in tutto sono 26). La storia è particolare e merita una spiegazione approfondita perché potrebbe non trattarsi di un caso isolato. Non solo, la «deriva Piacenza» potrebbe consigliare ai giocatori maggiore prudenza nella gestione dei contratti o rinnovi alla voce «parcella procuratore». Così fan tutti Il pm Colonna ha nel mirino la consuetudine di far pagare alla società il compenso dovuto all'agente per l'intermediazione effettuata. L'anomalia, secondo l'accusa, è che gli agenti tutelano gli interessi dei calciatori, ma al momento di mettere nero su bianco sul contratto passano dall'altra parte della barricata, firmando un mandato per conto del club. Una prassi che consente uno scarico fiscale (attraverso l'Iva) che la Polizia Tributaria giudica illegale. La questione è complicata ed è stata affrontata due anni fa a Torino da un'altra procura: in quel caso non furono ravvisati rilievi penali, mentre si arrivò a una transazione sulle tasse (la Juve pagò 7 milioni di euro). Fin qui l'aspetto che riguarda procuratori e società. I calciatori sono «persone informate sui fatti» nell'inchiesta nata dalle macerie del Piacenza. Per questa ragione molti di loro sono stati sentiti dalla Finanza. E qui bisogna aprire una parentesi: all'inizio gli inquirenti avevano girato dei questionari ai giocatori coinvolti, per chiarire il loro rapporto con i procuratori. Insomma, dovevano dare risposte semplici, barrando delle voci già predisposte. Purtroppo quasi tutti hanno avuto un «vuoto di memoria». I questionari erano zeppi di «non so» o «non ricordo». A quel punto sono scattate le convocazioni. Dopo Milan-Barcellona Faccia a faccia le cose sono andate meglio. Nocerino, ad esempio, è stato ascoltato il giorno dopo Milan-Barcellona 0-0. Nelle scorse settimane audizione a Napoli anche per Campagnaro. Le risposte sono state esaustive e serviranno al pm per sostenere la tesi d'accusa (entro luglio saranno interrogati i procuratori). Ma la vicenda, come detto, potrebbe avere una coda spiacevole per i calciatori: se l'Agenzia delle entrate convaliderà la maggiore Ire (ex Irpef) riscontrata dalla Finanza, toccherà a loro pagare le multe che il Piacenza (fallito) non sosterrà, risultando inadempiente. Tecnicamente, infatti, i «sostituiti d'imposta» rispondono del buco creato dal datore di lavoro. Parliamo di cifre non impossibili per chi adesso gioca in A: 4300 euro per Nocerino, 3225 per Abate, 9524 per Campagnaro, 10578 per Moscardelli, 5770 per Gemiti, 6400 per Miglionico, 5160 per Cacia. La multa è rapportata al contratto sottoscritto, ma nonostante si parli di Serie B, c'è qualche conto salato (78 mila euro per Piccolo oggi al Livorno, Cassano finito di recente in carcere per il calcioscommesse dovrebbe ridare oltre 26 mila euro). Ma soprattutto è il principio a mettere in allarme i calciatori: se questa è la linea dello Stato, ogni fallimento li mette a rischio multa se la parcella dei loro procuratori è stata pagata dalla società defunta. Federcalcio, Lega e procuratori sono avvisati. Urge un rimedio. ------- IL CONSIGLIO FEDERALE La svolta di Abete «Omessa denuncia: pene più severe» Calcioscommesse responsabilità oggettiva salva, ma sanzioni ridotte per i club di MAURIZIO GALDI (GaSport 28-04-2012) Licenze Uefa (criteri di iscrizione ai campionati), giro di vite contro la violenza negli stadi, nuove norme per evitare casi-Morosini, blocco dei ripescaggi, sono questi i temi che hanno caratterizzato il Consiglio federale di ieri. Argomenti pesanti che hanno allungato i tempi: oltre cinque ore di dibattito, per lo più concentrato sulle ragioni con le quali la Lega di B, e il suo presidente Andrea Abodi, cercava di convincere della necessità «di programmare». Ma alla fine è suo l'unico voto contrario. Ma di cosa si tratta? Da questa stagione il controllo sul pagamento degli stipendi passa da trimestrale a bimestrale e questo non piace alla B che «ha il settanta per cento dei suoi introiti legato ai diritti tv che vengono pagati ogni tre mesi», spiega Abodi. Vittoria di Macalli Alla fine prevale la linea della Lega Pro e prevale anche nel blocco dei ripescaggi: si faranno ripescaggi fino ad arrivare a 60 squadre (20 in serie B). Un blocco che alla fine ha dovuto accettare anche l'Aic perché la formula dei controlli bimestrali e l'aumento della «capitalizzazione» dei club di B e Lega Pro, alla fine rappresenta una buona garanzia. E Tommasi a quello puntava. Violenza La novità è che sarà obbligatorio (dal 31 luglio) il modello organizzativo sui problemi della sicurezza. E il presidente federale Giancarlo Abete spiega: «L'obiettivo è rafforzare le sanzioni nei casi di omessa denuncia per contrastare fenomeni di omertà e valorizzare il sistema delle esimenti e delle attenuanti per le società». Ma il presidente ha anche spiegato che non si tratta «di cambiare la responsabilità oggettiva che resta un caposaldo della giustizia sportiva». Rispettando le regole comunque, le sanzioni saranno ridotte. Infine è stata istituita una commissione per migliorare la preparazione e l'uso di presidi come il defibrillatore su tutti i campi, anche quelli dei dilettanti. Coordinatore sarà Paolo Zeppilli con Maurizio Casasco e Vincenzo Castelli. Leghe e componenti tecniche integreranno il gruppo di lavoro con medici e specialisti di cardiologia e pronto soccorso d'emergenza. ------- Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 28-04-2012) CALCIO E IRREGOLARITÀ FINANZIARIE TROPPO DENARO FINISCE ALL'ESTERO Le «irregolarità sul mercato», la «violazione del regolamento sui procuratori», sono questioni che, diciamocelo francamente, tirano poco. Certo, quando ci scappa la supersqualifica del presidente importante (i 10 mesi di Lotito, i 12 di Zamparini) o l'intervento di una Procura della Repubblica (quella di Piacenza) un po' di attenzione e di titoli se li prendono. Ma si fa presto a dimenticare, vuoi mettere con un gol fantasma, un rigore inventato, una domenica di ordinaria follia, un verbale desecretato, una calciopoli o una scommessopoli? Il reato finanziario, sportivo o penale che sia, gode nel calcio di una specie di salvacondotto. Se ne parla e se ne scrive il minimo indispensabile, mentre il mercato, sempre più internazionale e sempre meno domestico, la fa da padrone praticamente tutto l'anno. Ci sono però certi numeri dell'ultima fatica del Procuratore federale Stefano Palazzi, passata giovedì al vaglio della Disciplinare e concretizzatasi soprattutto nelle squalifiche dei presidenti di Lazio e Palermo, che mettono davvero paura. Ventuno società coinvolte, undici di A e dieci di B, otto presidenti, 42 agenti di calciatori, 25 tra funzionari e impiegati amministrativi. Dato ancora più inquietante: i dirigenti di 18 di queste 21 società hanno chiesto di «patteggiare» davanti alla giustizia sportiva. Hanno cioè ammesso le loro responsabilità. Rei confessi e dunque meritevoli di uno sconto. Ci guarderemo bene dall'entrare nel ginepraio delle contestazioni mosse loro, delle procedure disattese, degli errori commessi. Come facciamo volentieri a meno di mettere il naso nelle per ora circoscritte contabilità all'esame della Procura di Piacenza (e presto, vedrete, di tante altre Procure). Ci sono tecnicalità che richiedono ben altre competenze che non la nostra. E tuttavia, basta andarsi a leggere le motivazioni (sono sul sito www. figc. it) relative alle condanne di Lotito e Zamparini, che qui citiamo a puro titolo esemplificativo, per scoprire dettagli su talune operazioni compiute da Lazio e Palermo che, prudentemente, ci limiteremo a definire inquietanti. Giocatori che hanno un costo, e commissioni, naturalmente su estero, che salgono, salgono, salgono, raggiungendo vette inimmaginabili. «Compensi esorbitanti», «pattuizione di compensi di rilevante entità, non in linea con i costi di acquisizione» scrive la Disciplinare. Non saremo certo noi ad emettere ulteriori sentenze. Ma un piccolo ingenuo interrogativo, questo sì, lasciatecelo porre: il calcio italiano, 1000 milioni di euro di diritti televisivi l'anno e conti sempre in profondo rosso, non sarà che disperde un po' troppo denaro in giro per il mondo e con destinazioni spesso, come dire, un po' criptiche? Se qualcuno volesse approfondire, magari un magistrato, è il benvenuto. -
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CONI.it ALTA CORTE DI GIUSTIZIA: Prorogati di 15 giorni i termini per il deposito delle motivazioni legate ai casi di Giraudo, Mazzini e Moggi contro la FIGC L'Alta Corte di Giustizia, visti i ricorsi, discussi all’udienza del 27 marzo 2012, proposti rispettivamente da Innocenzo Mazzini, Luciano Moggi e Antonio Giraudo contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio, rilevato che il dispositivo è stato pubblicato per ciascun ricorso il 4 aprile 2012 e che la complessità dei motivi proposti e dei profili risolti comporta la esigenza di superare il termine di 25 giorni dal deposito del dispositivo in modo da predisporre una adeguata motivazione; visto l’art. 10, comma 5, del Codice dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva dispone la proroga dell’anzidetto termine di altri 15 giorni, decorrenti dalla scadenza del termine di cui alla citata norma del Codice. Roma, 27 aprile 2012 ___ GASPORT 28-04-2012 ___ Moggi, Giraudo, Mazzini radiati Lunga attesa per le motivazioni di ALVARO MORETTI (TUTTOSPORT 28-04-2012) ROMA. Roba da matti: l’Alta (e lenta) Corte di Giustizia presso il Coni ha comunicato con cortese lettera ai tre radiati di Calciopoli, Luciano Moggi Antonio Giraudo e Innocenzo Mazzini che le motivazioni del loro ergastolo sportivo arriveranno ben oltre i 25 giorni richiesti. Altri quindici giorni perché la materia è complessa: l’avevamo capito, visto che il giudizio è durato quasi un anno. I tre dovranno, dunque, attendere metà maggio per avere una risposta definitiva sulla loro vicenda processuale, la più lunga della storia sportiva italiana visto che le motivazioni finali dovrebbero infine giungere a metà maggio, sei anni dopo Calciopoli. Le motivazioni sono essenziali per la scelta dell’iter d’appello fuori dal sistema sportivo: Corte europea dei diritti dell’Uomo, Tar e Tas di Losanna. -
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SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 27-04-2012) Scommesse, arriva stangata Classifiche sconvolte La stangata sta per arrivare: il 7 o 8 maggio il super procuratore Stefano Palazzi e il suo pool manderanno sotto processo (sportivo) almeno una cinquantina di tesserati, oltre a decine di società fra A, B e Lega Pro. I processi sportivi, molto probabilmente, sconvolgeranno le classifiche e qualche società rischia di non partecipare nemmeno alle Coppe europee della prossima stagione. E questa è solo la prima stangata. In A rischiano subito Atalanta, Siena, Lecce, Chievo, Novara e probabilmente anche Genoa e Lazio (a meno che rientrino nella seconda tranche). Il processo comincerà a fine maggio. Le penalizzazione dovranno essere afflittive: incideranno quindi sulle classifiche di questa stagione o sulla prossima. Il secondo processo sarà a luglio, subito dopo gli Europei di Polonia-Ucraina: Palazzi aspetta le carte di Bari e Napoli. Ci saranno altre squadre coinvolte: il Bari, stando a intercettazioni e deposizioni, sembra spacciato (con la responsabilità oggettiva, lo ricordiamo, è previsto l'ultimo posto in classifica) e in serie A non soltanto il Napoli. Alla fine le società di A coinvolte potrebbero essere addirittura 12 o 13. Ma dipende tutto dai tempi, e dalle carte, delle Procure della Repubblica che indagano su questo marcio. Per ora-grazie a Cremona- ci sarà questa prima legnata su un calcio che già ha un sacco di problemi e non gode certo di una buona immagine., Ma di amnistia non se ne parla, ed è giusto così. E nemmeno si può cambiare in corso la responsabilità oggettiva. Palazzi, come in passato, sarà molto severo coi calciatori. Meno con i club. Ma i timori di sconvolgimenti sono tanti e tengono decine di club col fiato in sospeso. Intanto si pensa anche al futuro. Perché il fenomeno delle scommesse è davvero devastante. Si è mossa la serie B, con alcune iniziative lodevoli (ad esempio: "beni congelati a chi scommette") del presidente Andrea Abodi. Si è mossa la Lega Pro. Silenzio dalla Lega di A. Ma non è certo una novità... Ranking Uefa: quest'anno l'Italia è soltanto sesta Ranking Uefa 2012 (dal 2007 alla stagione in corso): 1) Inghilterra 84, 285; 2) Spagna 83,900; 3) Germania 75.019, 4) Italia 59.581. Ci sono due spagnole in finale di Europa Legaue (Atletico Madrid e Bilbao), una inglese (Chelsea) e una tedesca (Bayern) in finale di Champions. Per quanto riguarda la classifica stagionale, l'Italia è addirittura sesta, battuta anche da Portogallo e Olanda. Che brutta fine. Lotito addio consiglio federale: ora che farà la Lega di A? E adesso che fa la Lega di serie A? Dopo l'ultima squalifica Claudio Lotito non potrà più ricoprire-per almeno dieci anni- cariche di Lega e nemmeno potrà essere scelto come consigliere federale (carica a cui temeva moltissimo). Il n1. della Lazio, oltre a due condanne penali, infatti ha accumulato oltre un anno di squalifica (esattamente sedici mesi e mezzo). Una brutta fine per l'ex moralizzatore del calcio. Come lui è messo (male) anche Zamparini, patron del Palermo che dopo la nuova squalifica ora minaccia le dimissioni (non è certo la prima volta...). Il presidente della cosidetta Confindustria del pallone, Maurizio Beretta, è in scadenza da marzo dello scorso anno e mai è stato sostituito, mancano il vicepresidente di Lega e un consigliere. Va trovato un nuovo consigliere federale al posto di Lotito. Cosa aspettano? C'è davvero la volontà di Andrea Agnelli di fare il consigliere federale? Sembrerebbe di no. Ma certo, tutte queste cariche non si possono lasciare vacanti. Pare adesso che ci sia una corrente di pensiero, in Lega, che vorrebbe prorogare Beretta non solo dopo i Giochi di Londra ma addirittura sino a dicembre di quest'anno (visto che non si trova il sostituto). Fosse per il Coni avrebbe già chiesto, da tempo, il commissariamento della Lega maggiore: ma ci sono gli elementi? Commissione medico sportiva istituita dal Coni Il presidente del Coni, Gianni Petrucci, ha informato il Ministro del Turismo e dello Sport, Piero Gnudi, di aver provveduto a istituire "una Commissione di alto rilievo medico-scientifico, al fine di migliorare l'attuale sistema di tutela sanitaria delle attività sportive, compresa la prevenzione sui campi di gara". La Commissione sarà presieduta da Luigi Frati, rettore dell'Università "La Sapienza" di Roma, ed è composta da Enrico Garaci (presidente dell'Istituto Superiore di Sanità), Maurizio Casasco (presidente Federazione Medico Sportiva Italiana, Francesco Fedele (presidente della Società Italiana di Cardiologia), Paolo Albarello (direttore dell'Istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell'Università di Roma "La Sapienza" di Roma), Fabio Pigozzi (presidente della Federazione Internazionale di Medicina dello Sport) e Paolo Zeppilli (direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport del Policlinico Gemelli di Roma). La commissione si insedierà nei prossimi giorni e, in base alla specificità dei singoli casi trattati, sarà integrata - di volta in volta - dal medico responsabile della competente area dell'Istituto di Scienza e Medicina dello Sport del Coni. Un segnale importante dopo le morti sconcertanti e improvvise di alcuni sportivi, fra cui, l'ultimo, Morosini. -
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BUSSOLE di ILVIO DIAMANTI (Repubblica.it 27-04-2012) Il Paese degli ultrà Naturalmente, non tutti i tifosi sono ultrà. Al contrario, rispetto ai tifosi, gli ultrà sono una frazione. Quelli violenti, poi, sono pochi, pochissimi. A Genova: poche decine, al massimo un centinaio. Ma domenica scorsa hanno paralizzato l'intero stadio. Tenuto in ostaggio molte migliaia di persone. Imposto ai giocatori di svestire la maglia del club. La divisa, la bandiera. Davanti al pubblico di tutta Italia. Rilanciati più volte. In ogni rete, a ogni ora, in ogni trasmissione di informazione. Perché lo spettacolo dell'indignazione retrospettiva funziona sempre in Italia. La ricerca dei responsabili. Ma solo dopo l'evento. I giocatori, le società sportive, le federazioni, le forze dell'ordine, gli "altri" tifosi - pavidi. Tutti colpevoli, dunque nessun colpevole. Come tante altre volte, in tante altre occasioni. Difficile dimenticare il derby Roma-Lazio, nel 2004, sospeso a Roma, per volontà dei tifosi, in seguito alla morte di un bimbo, appena fuori dello stadio. Non era vero. Ma tant'è. Impossibile fermare la foll(i)a, quando esplode nei campi di gioco. Invece, era vero il sangue di Gabriele Sandri, tifoso della Lazio, ucciso da un proiettile sparato, in una piazzola di sosta autostradale, da un agente. Ed è vera la selvaggia guerriglia scatenata a Roma, in serata, da centinaia di ultrà. Per celebrare il loro povero compagno. Ma gli episodi simili, piccoli, medi e grandi, sono molti. Troppi. In molti stadi italiani, di ogni area, di ogni serie. Al punto che quando capitano non ci sorprendiamo neppure più. Tanto in Italia non paga mai nessuno. I tifosi violenti condannati, al massimo, a guardare la propria squadra da casa. (Ma non giurerei che non riescano ad aggirare il DASPO.) Le società "costrette" a giocare un paio di partite a porte chiuse. (D'altronde, anche quando sono aperte, gli stadi sono largamente vuoti.) Mentre le federazioni e la Lega sono troppo impegnate ad azzuffarsi per i diritti televisivi per perdere tempo dietro inezie come queste. E i calciatori che si levano la maglia poi tornano in campo, la settimana dopo. Con la stessa maglia. Negli stessi stadi. Davanti allo stesso pubblico. Senza pagare pegno. Gli ultrà. Sono pochi, magari non pochissimi. L'1, 8% si dichiara tale - secondo l'Osservatorio sul tifo di Demos-coop (nell'ultima rilevazione, del settembre 2011). Peraltro, non tutti "violenti", ci mancherebbe. Quelli che minacciano, sparano fumogeni in campo, cantano cori infami, esibiscono striscioni che mescolano razzismo, nazismo e idiozia: sono la minoranza minima di una minoranza. D'altronde, gli ultrà sono infiltrati da frazioni politiche estremiste, a cui interessa conquistare visibilità. Per sé e i propri odiosi messaggi di odio. Viceversa, vi sono ultrà che si infiltrano in manifestazioni violente, a sfondo politico. Così, per tenersi allenati. O perché i due estremismi si congiungono. Il fatto è che il calcio, ormai, tutto è diventato meno che uno sport. È uno spettacolo e un gioco - ma d'azzardo. Un'arena dove si misurano, incontrano e scontrano minoranze. Allo stadio, d'altronde, non ci va quasi più nessuno. Tutti davanti alla TV. A vedere partite il cui risultato è sempre in dubbio. Nel senso che ti resta il dubbio: se l'incontro a cui hai assistito sia reale oppure taroccato. Ma tutto ciò avviene dentro a una società connivente o comunque indifferente. Gli ultrà: sono il 2% ma il 33% li considera utili allo spettacolo (uno spettacolo nello spettacolo, come domenica scorsa). Magari ne condanna le "intemperanze", ma con molta indulgenza. D'altra parte, in Italia, il 50% si dicono tifosi. Tre quarti di essi: caldi e militanti. In gran parte: ritengono gli scandali che da anni investono il calcio fondati. Il 55% dei tifosi, quando gli arbitri sbagliano, pensa alla malafede. Due tifosi su tre, inoltre, considerano "Calciopoli" un caso di giustizia sportiva viziata da molti errori. Oppure palesemente ingiusto. Quanto allo "scandalo scommesse", i due terzi dei tifosi ritiene che abbia coinvolto molti giocatori e molte società. Gran parte dei tifosi, quindi, ritiene l'ambiente del calcio inquinato. In-credibile. Ma ciò non costituisce un argomento sufficiente a squalificarlo. Ad abbandonarlo. Quel che conta, par di capire, è vincere, non partecipare. E se anche il calcio fosse davvero inquinato da scommesse, corruzione, condizionamenti arbitrali, intese tacite, ebbene, in Italia così fan tutti. Dappertutto. In politica, negli affari, nel lavoro. Perché scandalizzarsi? Così è la vita. -
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Terza stella sì o no? La Juve studia la vendetta Il calcio italiano in trincea Non esistono regole precise. Agnelli potrebbe metterla nel logo della società Federazione attendista. Inter già infuriata per lo scudetto 2006 allo stadio di RICCARDO SIGNORI (Il Giornale 27-04-2012) Tam, tam, il tormentone sale. Nemmeno fosse il Bolero di Ravel. Stella sì? Stella no? Poteva salvarci il Milan, ma forse non ce la farà. Roba da mettersi la mano sugli occhi e non guardarla in ogni caso. Sì, la terza stella che la Juve vorrebbe mettersi sulla maglia. Inutile rappresentare le mozioni del buon senso: gli scudetti sarebbero 28. Gli altri due sono stati strappati (dalla maglia) per sentenza. Agnelli e compagnia di ventura non ci sentono. Ci pensano da tempo. Beppe Marotta lo raccontò in una intervista a Franco Ordine nell’ottobre scorso. Disse testuale: «Sì, metteremmo la terza stella. Sul campo abbiamo contato 29 scudetti e, vincendo, saremmo al 30°». Per il comun denominatore calcistico, un’abitudine, una consuetudine instaurata dai tempi di Umberto Agnelli, papà di Andrea, ogni stella vale 10 scudetti. Si parla di consuetudine, non di regolamento, perchè nelle carte del calcio non c’è traccia di stelle e obblighi conseguenti. L’obbligo deriva solo dal cucire sulla maglia lo scudetto o la coccarda della coppa Italia. Null’altro. Umberto Agnelli si inventò la consuetudine nel 1958, quando il Coni premiò lui, giovane presidente, e la Juve con la stella d’oro per il 10° scudetto: pensò fosse bello metterla anche sulla maglia. Così fu e gli altri (Inter nel 1966 e Milan nel 1979) imitarono. Oggi l’idea della terza stella non è più un omaggio alla conquista, ma solo uno sberleffo ai pasticciacci del pallone, un insulto alle sue regole e alle decisioni seguite a calciopoli. Così la pensan tutti, ad eccezione del mondo Juve. Ormai la storia è nota e un po’ stantia: gli juventini si sentono derubati, defraudati, calpestati nell’onore (ditelo a Moggi e soci) e nei sentimenti. Non hanno gradito l’attribuzione all’Inter di uno scudetto che doveva rimanere senza padrone. E oggi che lo scudetto è a un passo, il tam tam diventa pressante: avranno l’impudenza di farlo o si fermeranno? Per ora stanno tutti appoggiati spalle al muro, nemmeno ci fosse un ladro in casa. Zitti e orecchie tese. “Don Abbondio“ Abete fa intuire l’irritazione della federazione, ma non può dire niente finchè il fattaccio non sia consumato. Il presidente si è limitato a un laconico: «Nel caso ne discuteremo. Per ora non c’è nulla di concreto. Comunque la federazione sarà sempre attenta sul sistema delle regole». Era stato più chiaro Albertini, vicepresidente Figc: «Sarebbe una forzatura senza valore. Una provocazione. Per le sentenze sportive la Juve non ha vinto gli scudetti, così come Ben Johnson non ha vinto l’oro alle Olimpiadi». Tutto, divieto e calar di braghe, passerà dalle mani della Lega che, per regolamento (articolo 10, vedi sotto),deve dare il benestare a disegno e tipo di maglia da utilizzare. A quel punto Beretta potrebbe dire: «Togliete la stella o non approviamo la maglia». Ma la Juve libera di ribattere: «Lo riteniamo un abbellimento stilistico del disegno, niente di più». Oppure, volendo stravincere, la società potrebbe modificare il suo simbolo e aggiungere le tre stelle. Chi potrebbe contestare? Chiaro che pure il Coni non gradirebbe, ma non può intervenire. Tocca alla Lega. E l’Inter masticherebbe amaro, salvo decidere di mettere cinque, sei, sette stelle sulla maglia, facendo saltare il simbolismo delle stelle. Del resto all’Inter si sono già sentiti offesi dal vedere esposto lo scudetto 2006 nello spogliatoio degli ospiti allo Juventus stadium. Moratti ne è stato disgustato, ritenendolo perfino più offensivo di vedere l’eventuale terza stella. Che dire? Gufare Juve? Non vale la pena. Sono passati 50 anni da quando il mondo del calcio poteva pensare di codificare il significato delle stelle. Ala fine restiamo sempre alle stalle. IL REGOLAMENTO Così la Lega può bocciare le divise Dal regolamento delle divise da gioco (articolo 10). 1. Le società sono tenute ad ottenere l’approvazione scritta della lega nazionale Professionisti Serie A prima di indossare le divise in gare di competizioni ufficiali della Lega stessa. 2. ...La Lega comunica l’approvazione o i motivi della mancata approvazione entro 7 giorni dal ricevimento degli indumenti. . . . 4. Il deposito delle divise dovrà sempre essere accompagnato da una relazione dell’azienda fornitrice dell’abbigliamento, che dia ogni più ampia spiegazione sui marchi, nomi, ed elementi grafici ivi presenti..... FAVOREVOLE Furino: «Ci appartiene come quei due scudetti» di DOMENICO LATAGLIATA (Il Giornale 27-04-2012) Otto scudetti vinti (più due volte la coppa Italia e una coppa Uefa) con la maglia della Juventus: nessun calciatore italiano ha mai festeggiato tante volte la vittoria del tricolore indossando una sola maglia. In pratica, una delle stelle sulla maglia bianconera è quasi tutta sua. Beppe 'Furia' Furino, 528 presenze sparse tra il 1969 e il 1984, sa come si fa a diventare campioni d'Italia e come ci si sente dopo. Se la Juventus decidesse di cucirsi al petto la terza stella, lei sarebbe d’accordo? «I due scudetti tolti sono stati vinti sul campo, questa è la premessa ma è anche quello che conta. Io sono un tifoso e a me interessa che la squadra giochi bene e vinca: il resto conta poco». Se però la classifica finale vedesse i bianconeri davanti a tutti, si aprirebbero dibattito e polemiche: terza stella sì o no? «Il nostro calcio si ciba di polemiche, non ci sarebbe nulla di nuovo. Credo che la Juve abbia tutte le ragioni per chiedere la restituzione di quei due scudetti, come certi elementi nuovi hanno dimostrato. E quindi, da tifoso, dico che la terza stella sul petto ci sta». La squadra di quest'anno l'ha sorpresa? «Era sorprendente che quella degli anni scorsi non andasse bene, non quella di quest'anno che è prima in classifica. E' stata brava la società a cambiare tanto e a tornare dove le compete». Ci sono, secondo lei, giocatori che possono simboleggiare questa rinascita? «Buffon su tutti. E l'intero reparto del centrocampo, davvero superiore alla media. Tutti però hanno fatto il loro dovere, altrimenti la Juve non sarebbe dov'è ora». Campionato chiuso? «Per nulla. Si arriverà testa a testa fino all'ultima giornata». --- CONTRARIO Altobelli: «Si mettano solo quelle che meritano» di CLAUDIO DE CARLI (Il Giornale 27-04-2012) Scusi Spillo Altobelli, ma lei quante stelle si metterebbe sulla maglia? «Solo quelle che merito. Mi sembra di ricordare che ce n’era una e una è rimasta». Ma se qualcuno, facciamo un nome a caso, la Juventus, dovesse decidere di mettersene tre anche se non ha raggiunto i trenta scudetti, lei... «Io dico che in un momento così delicato per il calcio italiano, la Juventus dovrebbe avere pazienza e nel frattempo restare coperta». Ma ha ragione a rivendicare i suoi scudetti? «La Juventus ha tutti i diritti del mondo per fare i suoi passi. Ma adesso siamo ancora in ballo o sbaglio?». Una storia infinita... «Sarà anche infinita ma qualcuno glieli ha tolti questi scudetti». Appunto, e non sembra un particolare. «Però io mi domando: se un commissario ha avuto il potere di toglierglieli, come mi spiegate che un presidente non sia in grado di confermare questa decisione o cambiarla?» Si è mai risposto? «Non voglio fare polemiche». Se uno non rispetta una decisione federale, non dà l’idea di fregarsene di tutto il baraccone? «Facciano i loro passi, ne hanno diritto. Ma prima di mettersi la terza stella occorre che ci sia una decisione definitiva». C’è anche in ballo una richiesta di risarcimento di oltre 400 milioni, qualcuno ha ipotizzato che avrà il suo peso nella vicenda... «La giustizia è una cosa seria. Via, non scherziamo». Insomma lei cosa farebbe? «Per fortuna non sono io a dover decidere. E comunque preferirei farlo quando questa storia fosse finita. Aspettano e magari quando arriva il momento di stelle se ne mettono quattro, o cinque. Ma poi. . . Che se la mettano pure questa stella, male che vada gliela toglieranno ». -
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Il Bayern in finale di Champions premia il campionato più virtuoso: stadi belli e sempre pieni, bilanci sani e organizzazione. Mentre Guardiola sta per divorziare dal Barcellona L'Europa che Va Economia e regole anche nel calcio vince il modello tedesco Il club bavarese ha i conti in attivo dal ’79 e l’Allianz Arena ha superato i 180 sold out consecutivi di ANDREA SORRENTINO (la Repubblica 27-04-2012) L´Europa s´è rovesciata, o è impazzita. Ora si concede ai virtuosi, negandosi ai pretendenti più glamour. Disorientamento, vertigini. Perché qui cadono le certezze, e si sa che di certezze si vive. Ad esempio dalle semifinali di Champions abbiamo appreso che non era vero quello che ci stavamo raccontando da mesi, cioè che Barcellona e Real Madrid erano le più forti: il Bayern si è dimostrato migliore del Real, il Chelsea ha confermato che per superare il Barça la condizione necessaria e sufficiente è fermare Messi, oltre che difendersi con ardore e intelligenza. Quanto alla fortuna, è condizione necessarissima in ogni caso, anche quando vincono i favoriti. Altre certezze crollano: Mourinho non addenta nessuno dopo l´eliminazione, anzi fa i complimenti a tutti e aspetta mansueto il rinnovo del contratto fino al 2016. Guardiola invece starebbe per lasciare il Barcellona, anche se Rosell mercoledì mattina gli ha offerto un contratto in bianco: oggi il Pep parlerà alla squadra e scioglierà la riserva, la Catalogna tutta ha i fazzoletti in mano, ma spera nell´happy end a sorpresa. Il calcio spagnolo e i suoi orrendi debiti col Fisco (752 milioni per i club professionistici, ora c´è un piano di rientro fino al 2020) passano per una volta in secondo piano, di fronte alle imprese del Chelsea e del Bayern. Che giocheranno una finale impronosticabile, e con sette squalificati (Terry, Ivanovic, Ramires e Meireles il Chelsea; Luiz Gustavo, Alaba e Badstuber il Bayern), il che abbasserà il livello tecnico e farà lievitare l´imprevedibilità la sera del 19 maggio. Si giocherà all´Allianz Arena, la casa del Bayern, il luogo in cui il club bavarese ha costruito le sue recenti fortune, economiche e non. L´Allianz e il Bayern sono il simbolo di un calcio virtuoso, coi conti a posto e con un campionato che è il più equilibrato d´Europa, di sicuro quello con più pubblico: la media è di oltre 45. 000 spettatori a partita, meglio della Premier (35.000) e non parliamo dell´Italia (23.000). Il top è rappresentato dal Borussia Dortmund, che da due anni riempie il suo monumentale Westfalenstadion: 80500 spettatori di media. Due eventi hanno portato a questi record: il fallimento del gruppo Kirch nel 2002, che ha costretto i club a rivedere i rapporti economici con le tv e a riordinare i bilanci cercando nuove risorse; l´altro è stata l´organizzazione del Mondiale 2006, che ha imposto la ristrutturazione degli stadi o la costruzione di nuovi impianti. Tra cui l´Allianz Arena, che il 7 aprile scorso ha fatto registrare un primato mondiale: per la centoottantesima volta consecutiva c´è stato il tutto esaurito. Il Bayern è il modello per il nuovo fair play finanziario dell´Uefa, anche se per seguirlo interamente bisognerebbe essere tedeschi e avere la tradizione calcistica e manageriale del club bavarese: tanto per dire, è dal 1979 che il Bayern non ha un bilancio negativo, l´unica volta che stava per registrarlo cedette Rummenigge all´Inter (1984) e rimise i conti a posto. Dai diritti televisivi il club ottiene appena 35 milioni all´anno (il Real e il Barcellona incassano oltre 150 milioni, le tre big italiane sfiorano i 100) e il resto dei ricavi (intorno ai 300 milioni l´anno) arrivano dal merchandising e dagli incassi. È un club che attira potentissimi investitori (Adidas, Audi, Allianz e Lufthansa), il 65% della proprietà è azionariato popolare (60 euro all´anno per ogni socio) e si sta aprendo ad altri mercati, soprattutto a quello indiano che è molto vivo: quando nel 2008 il Bayern giocò a Calcutta per celebrare l´addio al calcio di Kahn, c´erano 125.000 spettatori. Alla solidità economica si aggiungono la cura del vivaio, i cui prodotti sono l´ossatura del Bayern, le scelte oculate e competenti sul mercato interno e internazionale (Neuer, Alaba, Luiz Gustavo, Gomez, Robben e Ribery) e le spese sempre tenute sotto controllo: l´acquisto più costoso della storia è stato Gomez, 30 milioni dallo Stoccarda. Quest´anno il Bayern ha raggiunto già a gennaio il pareggio di bilancio e da quel momento è stato tutto guadagno, con la finale di Champions come ciliegina. Ecco perché poi nascono imprese come quelle di Madrid, che hanno fatto dire al presidente Rummenigge: «Non ho mai visto qualcosa di simile in 40 anni di calcio professionistico. Questa serata supera quelle mitiche degli anni Settanta e Ottanta. Abbiamo giocato un calcio di qualità inarrivabile». Il tutto coi conti a posto. Praticamente, vuol dire essere perfetti. O tedeschi. -
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L’inchiesta del Consiglio d’Europa su Sepp Blatter Il ragionamento da cui è partito il Consiglio d'Europa è semplice: come può un uomo che ha incarichi ufficiali nella Federazione Internazionale di Calcio da 37 anni consecutivi continuare a dire che non sa nulla dei tanti scandali che si sono succeduti? di EDUARDO LUBRANO (il Journal.it 24-04-2012) Se ne sono accorti anche finalmente anche al Consiglio europeo: Sepp Blatter, presidente della Federazione Internazionale di Calcio, non poteva non sapere dei casi di corruzione che hanno coinvolto alcuni funzionari della Fifa, di cui uno ancora in carica, sin dagli anni ’70. Questa la conclusione a cui è giunto un rapporto reso pubblico ieri dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Il documento va a integrare il testo intitolato «Buon governo e etica dello sport» che i membri della stessa Assemblea, riuniti in settimana a Strasburgo in sessione plenaria, voteranno domani. Il rapporto si basa in larga misura su una testimonianza resa all’Assemblea parlamentare dal procuratore svizzero Thomas Hildbrand, che si è occupato del caso delle tangenti versate dalla società Ismm/Isl ad alcuni funzionari della Fifa per assicurarsi i diritti televisivi di una serie di partite, tra cui quelle dei Mondiali. Nel documento, in cui è riportato il testo dell’audizione del procuratore, viene osservato che avendo Sepp Blatter ricoperto una serie di incarichi ufficiali nella Fifa dal 1975, «è difficile immaginare che non fosse al corrente dei casi di corruzione» e che quindi è «incredibile che non abbia fatto niente per rendere pubbliche le informazioni in possesso della Fifa, o che non abbia intrapreso alcuna azione, interna o attraverso la magistratura, per rivalersi su chi aveva danneggiato economicamente la Federazione internazionale del calcio» incassando soldi che le sarebbero spettati. Il rapporto contiene inoltre una richiesta perentoria alla Fifa perché apra un’inchiesta per determinare se Joseph Blatter abbia utilizzato la propria posizione all’interno dell’organismo per farsi eleggere presidente. «Abbiamo il diritto di conoscere la verità, il cui accertamento può preoccupare solo chi abbia qualcosa da nascondere», si legge nel testo redatto dal parlamentare francese Francois Rochebloine. -
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IL MALE di Vauro e Vincino 26-04-2012 ___ Il Male in edicola con le finte prime pagine del Corriere dello Sport e di Tuttosport Secondo la rivista satirica di Vauro e Vincino, da oggi nelle edicole col primo "falso" numero, l’allenatore della Juve è stato arrestato e la Lazio retrocessa in serie C di Redazione il Fatto Quotidiano | 26 aprile 2012 Il Male, la rivista satirica diretta da Vauro e Vincino, ha ideato il primo falso che da oggi è in tutte le edicole con due finte prime pagine del Corriere dello Sport e di Tuttosport. Secondo la rivista l’allenatore della Juve Antonio Conte arrestato e la Lazio retrocessa in serie C. E si tratterebbe solo alcune delle clamorose conseguenze della nuova bufera che ha investito nelle ultime ore il campionato calcistico italiano. Un nuovo terremoto che riapre lo scandalo del calcio scommesse. Il finto scoop è sulle prime pagine dei due quotidiani sportivi ideati dalla redazione del Male che pubblicano un dossier esclusivo sulla nuova Calciopoli. Tutta la serie A è sotto choc, e dalle prime indiscrezioni ci sono molti nomi celebri coinvolti. Una doccia gelata per i tifosi e l’ennesima macchia di disonore per l’Italia. Duecentosessantasei partite di serie A della stagione 2010/2011 e centonovantuno di quella in corso sono risultate truccate. Federcalcio e Coni che si affrettano a invalidare i due ultimi campionati e hanno chiuso anticipatamente la stagione calcistica. In tutt’Italia, sono stati operati centinaia di arresti. I calciatori sono stati prelevati dai carabinieri direttamente sui campi d’allenamento. Numerose le reazioni del mondo economico e imprenditoriale alla clamorosa notizia. Il presidente della Juventus Andrea Agnelli è il più arrabbiato: “Va bene toglierci altri cinque scudetti, ma non accetto che il nostro nuovo simbolo sia la zebra con le manette alle zampe e il braccialetto elettronico al collo”. Marchionne, secco: “Mi porto la Juve a Detroit”. Moratti soddisfatto: “Era l’anno giusto per annullare il campionato. Spero l’annullino pure in Spagna così mi riprendo Mourinho”. Per Diego Della Valle invece “bisogna costruire un nuovo modello di calcio a misura umana: stadi a forma di scarpa Tod’s, ad esempio”. Silvio Berlusconi rifiuta qualsiasi coinvolgimento: “Quei bonifici che facevo a arbitri e giocatori avversari per me erano un dovere morale. Si tratta di persone in difficoltà che non potevo abbandonare”. Anche per quanto riguarda le compagini capitoline la sentenza è pesante: la Lazio, una delle squadre più implicate a detta degli “zingari”, è data per sicura in serie C. La Roma, in bilico tra la A e la B, per ripianare i debiti dovrà vendere tutta la rosa. La prossima stagione schiererà la Primavera e un pugno di vecchie glorie, come Pruzzo e Giannini. Un secondo “falso” per il Male, che nelle settimane scorse ha lanciato anche il ‘suo’ finto candidato sindaco alle amministrative di Palermo. -
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La Figc squalifica Lotito e Zamparini Dieci mesi al presidente della Lazio per operazioni di mercato legate agli acquisti di Zarate e Cruz. 12 mesi al collega del Palermo, per la trattativa Pastore della redazione LA STAMPA.it 26-04-2012 La Commissione disciplinare della Federcalcio ha squalificato per 10 mesi il presidente della Lazio, Claudio Lotito, per operazioni di mercato legate agli acquisti di Zarate e Cruz. Sanzionata la violazione del regolamento degli agenti dei calciatori. Per motivazioni analoghe, a proposito dell’acquisto di Pastore, è stato squalificato per 12 mesi il presidente del Palermo, Maurizio Zamparini. Inoltre 80 mila euro di ammenda sono stati comminati ad entrambi i club, Lazio e Palermo. Per consultare il testo integrale del deferimento clicca qui ___ Figc, inibizione e multe per Zamparini e Lotito: violato regolamento procuratori La Commissione disciplinare della federazione ha inflitto un anno al presidente del Palermo, dieci mesi per quello della Lazio. Entrambe le società dovranno pagare un ammenda da 80 mila euro. Prosciolto Walter Sabatini, attuale direttore sportivo della Roma e all'epoca dei fatti ds del Palermo perchè estraneo ai fatti di Redazione il Fatto Quotidiano | 26 aprile 2012 Un anno di inibizione al presidente del Palermo Maurizio Zamparini, dieci mesi al numero uno della Lazio Claudio Lotito e 80 mila euro di ammenda a entrambi i club. Queste le condanne inflitte nel primo grado di giudizio dalla Commissione disciplinare nazionale della Federazione italiana gioco calcio (Figc), per violazione del regolamento in merito agli agenti dei calciatori. E’ stato invece prosciolto Walter Sabatini, attuale direttore sportivo della Roma e all’epoca dei fatti ds del Palermo, in quanto “ritenuto estraneo agli addebiti contestatigli, asseritamente consistiti nel conferimento e nella sottoscrizione dell’incarico al signor Simonian (agente di Pastore, ndr), fatto invece imputabile al solo signor Zamparini”. A Lotito sono contestate le operazioni effettuate per l’acquisto dei calciatori Cruz e Zarate. Per quanto riguarda il trasferimento di Mauro Zarate, secondo i giudici sportivi la società si è avvalsa dell’opera di un soggetto non autorizzato, la società olandese Van Dijk, nell’attività di ricerca e segnalazione di calciatori sia sul territorio italiano che all’estero ai fini del tesseramento e della cessione di calciatori. L’incarico però è riservato a soggetti con il titolo di direttore sportivo e quindi la squadra è stata punita “per responsabilità diretta in relazione alla condotta antiregolamentare ascritta al proprio presidente e legale rappresentante”. Mentre per Julio Cruz sono contestati i rapporti con la società Pluriel Limited, a cui ha pagato una commissione di oltre 2 milioni di euro, senza conferirle mandato ufficiale come da regolamento Figc. Il presidente dei rosanero è stato squalificato per operazioni di mercato legate agli acquisti di alcuni giocatori, fra cui Afriyie Acquah e Javier Pastore; quest’ultimo è stato venduto l’anno scorso al Paris Saint Germain. Zamparini è stato punito per una serie di irregolarità: si va dall’utilizzo di una società esterna per la visione di giocatori, funzione da regolamento esercitabile solo da un direttore sportivo, al non aver conferito mandato agli agenti di giocatori su modulo Figc, come nel caso di Pastore. Il presidente del Palermo ha commentato la notizia: “Allora squalificheranno tutte le società di Serie A e B e il campionato se lo farà Abete. Intanto non sono cose di cui mi sono occupato io, ma il mio amministratore delegato e il mio segretario, noi presidenti mettiamo solo le firme – ha spiegato Zamparini – In ogni caso nessuno ha fatto alcuna porcheria, abbiamo agito come fanno tutte le società da almeno 10 anni, quindi adesso mi aspetto che squalifichino tutti i presidenti e che squalifichino il calcio”. -
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TUTTOSPORT 26-04-2012 -
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SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 25-04-2012) Lo scempio di Marassi le colpe di questura e calcio C'è da rimanere sconcertati, e al Viminale aspettano e sperano ancora: ma sinora non c'è stato nemmeno un arresto a Genova, dopo la vergogna di Marassi. Solo una quindicina di Daspo che secondo il questore, Massimo Mazza, potrebbero arrivare a venti, o poco più. A Roma, al Ministero degli Interni, e anche nei Palazzi dello sport, si aspettavano qualche arresto e un centinaio di Daspo, si aspettavano che venisse applicata la legge sulla flagranza differita. Niente. Non è successo niente. Il capo della Procura genovese assicura che, in fondo, ci sono cose più gravi: ha ragione, i delitti impuniti sono tanti ( e non solo a Genova). Ma a Marassi, domenica, forse qualche reato è stato commesso, o no?. Gli steward (che sono equiparati a incaricati di pubblico servizio) spazzati via come fuscelli, costretti a consegnare le chiavi che servono per entrare nel settore dei distinti. E' reato poi scavalcare da un settore all'altro, è reato minacciare i calciatori (volevano che si togliessero anche i pantaloncini, "in mutande, in mutande..."), è reato lanciare fumogeni (previsto anche l'arresto) e/o interrompere la partita. Tutta "robetta" secondo alcune Procure, compresa quella di Genova, che considerano minori i reati da stadio (ma non lo sono, in qualche caso). La questura di Genova è considerata un "vulnus", o una "pietra da inciampo": solo lì d'altronde, ultimamente, ci sono stati problemi alla stadio (e fuori). Scarsa capacità nel gestire l'ordine pubblico, con un vicequestore in campo nella gara col Siena che veniva da Venezia, dove al massimo protestano quattro gondolieri. Scarsa capacità nell'impedire ai calciatori di "trattare" con certi personaggi (ma non confondiamo ultrà con i violenti, sono cose diverse). Sono stati commessi errori gravi e ci aspettava, almeno dopo, una risposta adeguata che non c'è stata e chissà mai se ci sarà. A giugno, probabile un ribaltone alla questura genovese. Ma intanto il danno è stato fatto. Una pessima pagina è stata scritta. Non pretendiamo che i calciatori siano degli eroi: che ci stavano a fare i poliziotti? Se erano solo venti a delinquere, come dice il questore Mazza, perché non sono stati fatti allontanare? Giusto scongiurare l'assalto agli spogliatoi o fuori da Marassi, giusto evitare feriti e lanci di lacrimogeni, ma all'interno di Marassi quella polizia che guardava senza intervenire ha fatto davvero una pessima impressione. Le responsabilità comunque non sono solo della questura genovese (a questo penserà il capo della polizia, Antonio Manganelli). Anche il mondo del calcio deve interrogarsi. Le norme ci sono, basta applicarle. Venerdì in consiglio federale se ne parlerà. Non servono leggi speciali. Serve una rivisitazione globale, attenta, del fenomeno-stadi. Il centro della curva, a Marassi, era stato riservato dal Genoa proprio a "quei" tifosi lì, che non volevano la tessera del tifoso, e che hanno minacciato i giocatori, obbligandoli a togliersi la maglia. Così come a Napoli molti ultrà delle curve non hanno voluto mai fare la tessera e De Laurentiis si è battuto perché fossero a Roma, il 20 maggio, alla finale di Coppa Italia. Il Viminale lamenta l'assenza totale della Lega di Serie A: non è certo una novità. Ma a fine stagione bisognerà decidere che fare di questa tessera del tifoso, che vogliono trasformare in fidelity card: ma in questo caso dovrebbero occuparsene i club, che invece spesso e volentieri la vivono come una costrizione di cui farebbero volentieri a meno e che cercano di "bypassare" per venire incontro a certi tifosi. I rapporti a rischio fra club e tifoseria organizzata sono vietati: ma chi controlla? Al Viminale c'è la convinzione che esistano ancora sacche di collusione fra i club e i violenti: ma chi deve indagare? Palazzi? Non esageriamo, con tutto quello che ha da fare e coi mezzi che ha a disposizione. Ora la Figc farà un'inchiesta sullo scempio delle maglie: Preziosi l'ha accettato e rischia di pagare con un'altra inibizione (a proposito, la Figc si è guardata bene dallo spiegare perché lui si è salvato dalla radiazione.. . ). Ma vogliamo punire i calciatori? Per favore. Siamo seri. Qui bisogna rimettere mano a tutto, una "assunzione di responsabilità" come sostiene Abete. Giusto, presidente: che cominci subito la Figc, ma in fretta. Anche perché qui sta per arrivare una slavina (un'altra) sul calcio italiano, i (primi) deferimenti per il calcio scommesse. Palazzi e il suo pool stanno lavorando a pieno ritmo, e il 2 o 3 maggio conosceremo quanti tesserati (una cinquantina?) e quante società di A, B e Lega Pro andranno sotto processo. Intanto domani, giovedì 26 aprile, l'assemblea di Lega di B discuterà sul tema, "politiche di integrità per l'etica sportiva". Bravo Andrea Abodi, presidente attivo e con voglia di costruire. I codici etici sono sì importanti, ma non bastano più: certi calciatori vanno toccati nel portafoglio... -
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Il caso Iscrizione a rischio per la prossima stagione: coinvolti anche Lugano, Chiasso e Bellinzona La crisi sgonfia il calcio nel Canton Ticino di FABIO MONTI (CorSera - Milano 25-04-2012) MILANO — Pensare che il calcio in Svizzera possa avere seri problemi economici è come immaginare che il presidente della repubblica di uno degli Stati europei annunci di essere monarchico. Eppure anche il pallone elvetico deve fare i conti con bilanci sempre più difficili da far quadrare. Soprattutto nel Canton Ticino. Perché la crisi non risparmia nessuno. Lunedì la Commissione licenze della Federcalcio svizzera ha rifiutato a 11 club l'iscrizione al prossimo campionato: quattro di prima divisione (Young Boys, Servette, Sion e Zurigo); sette di seconda e fra questi, con Bienne, Etoile Carouge, Kriens e Winterthur, ci sono anche Bellinzona, Chiasso e Lugano. Il verdetto è appellabile, con la decisione finale che verrà presa il 25 maggio. In Svizzera è in atto un giro di vite, per evitare quanto è accaduto negli ultimi mesi con il Servette (situazione disperata, mancano cinque milioni) e il Neuchatel Xamax, club con proprietà cecena, che ha accumulato otto milioni di franchi di debiti (6,6 milioni di euro) e al quale è già stata ritirata la licenza a gennaio. Il presidente della Commissione delle licenze, che opera all'interno della Federcalcio svizzera, Bernhard Welten, ha spiegato: «Ora non è più possibile per l'azionista di maggioranza di un club firmare un semplice foglio, nel quale dichiara che è pronto a ripianare eventuali debiti. Servono solide garanzie bancarie. Così chi mette i soldi non può farsi da parte in caso di debiti». La situazione dei tre club ticinesi è seria, perché in Svizzera sono abituati al rispetto dei regolamenti, ma non drammatica. Mancano alcuni requisiti infrastrutturali e finanziari, ma mettersi in regola non è un'impresa impossibile. Angelo Renzetti, presidente del Lugano, squadra allenata da Francesco Moriero, ex Inter, ha assicurato che la questione finanziaria verrà risolta nei tempi previsti. E dello stesso parere è il presidente del Bellinzona, Gabriele Giulini, già consigliere di amministrazione dell'Inter, che ha garantito che «il ricorso ci darà ragione», così come è fiducioso il presidente del Chiasso, Davide Lurati, mentre il Locarno può vantarsi di essere l'unico club del Ticino già in regola. Per quanto rigido, meglio il sistema svizzero rispetto a quello italiano, con le continue penalizzazioni soprattutto in Lega Pro, per stipendi non corrisposti nei tempi previsti e irregolarità amministrative. Sanzioni che rischiano soltanto di falsare i campionati, aggravando i problemi economici di club già inguaiati. La serietà degli svizzeri resta anche un esempio di rispetto del valore sportivo dei campionati. -
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Calcioscommesse Convocazione in arrivo, mentre slitta quella del presidente del Siena Mezzaroma Conte in Figc, la partita più difficile di ARIANNA RAVELLI (CorSera 25-04-2012) MILANO — Lo scudetto potrebbe non essere l'impresa più dura di Antonio Conte. La sua Juve avanza sicura come l'Invincibile Armata, e — scaramanzie a parte — il più sembra fatto. Ma — stando a quanto filtra da Roma — sarà molto difficile che al tecnico bianconero venga risparmiato il fastidio di una convocazione davanti alla Procura federale. Per la verità è lo stesso Conte ad aver auspicato una convocazione, proprio per poter chiarire. Come si sa, è stato il suo ex giocatore al Siena Filippo Carobbio a fare il nome di Conte nell'audizione del 29 febbraio. E poi l'ha ripetuto davanti al pm di Cremona Roberto Di Martino: in ambienti investigativi il coinvolgimento di Conte è stato confermato. Pur non essendo un «pentito» vero e proprio (la sua verità arriva a puntate), Carobbio si è però rivelato abbastanza collaborativo e in Procura lo ritengono attendibile. L'ex del Siena ha raccontato che l'allenatore sapeva di una combine, probabilmente quella di Novara-Siena (2-2, del 1° maggio 2011). Il giocatore parla di un accordo tra le squadre, in cui non sono girati soldi, anche se, sempre secondo il centrocampista, i capi degli slavi Gegic e Ilievski avevano inizialmente mostrato un interesse per un pareggio con over, il risultato che poi si è realizzato. Un racconto che vale poco per la Procura di Cremona, che — in assenza di scambi di denaro — non ravvisa nessuno reato, ma che può valere molto per Stefano Palazzi. L'omessa denuncia — nel caso venisse confermata — di recente è stata punita con un anno di squalifica. Quel che è certo è che per racconti molto meno dettagliati, la convocazione di Palazzi è scattata in automatico. E quindi è logico pensare che arriverà anche in questo caso. Anche perché essere sentiti per chiarire la propria posizione non significa che si andrà incontro a un deferimento. In Figc si fa solo presente che, fino a oggi, in calendario erano già stati inseriti moltissimi nomi, come dimostrano le venti audizioni di domani. Il presidente del Siena Massimo Mezzaroma ha dovuto rinviare l'appuntamento, però saranno ascoltati Juri Tamburini e Armando Perna, i due calciatori del Modena, che, secondo l'altro «pentito» Gervasoni, avrebbero preso soldi dal presidente. Sotto la lente di nuovo il derby Bari-Lecce (sarà sentito Vives), e il Chievo, attraverso l'ex Federico Cossato. -
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Tutti i debiti della Spagna semifinalista in Europa Guardare i debiti dei club iberici e chiedersi che fine abbia fatto il fair play finanziario di FRANCESCO CAREMANI (IL FOGLIO.it 24-04-2012) La Spagna, campione d’Europa e del Mondo in carica, non ha mai avuto cinque squadre nelle semifinali di coppa. Il calcio spagnolo potrebbe così fare cappotto con due finali tutte iberiche, certificando una vera e propria dittatura nel football continentale. Nella storia delle coppe europee l’Italia e la Spagna sono le due nazioni con più epiloghi casalinghi, cinque a testa. Segue l’Inghilterra con due, Germania e Portogallo con una. A ben guardare le cifre del debito che i club della Liga BBVA hanno nei confronti del fisco il record che, tra oggi e giovedì sarà messo alla prova, è pagato a caro prezzo: 489 milioni di euro; 752 quello di tutti i club professionisti spagnoli, più altri 60 dovuti alla previdenza sociale. Un rappresentante di Izquierda Unida ha interpellato il primo ministro Mariano Rajoy: “Il calcio è considerato lo sport nazionale, ma questo non giustifica che i club non paghino le tasse come tutti i normali cittadini”. D’altra parte, in un paese investito dalla crisi economica, che conta 4, 7 milioni di disoccupati, il debito del calcio professionistico diventa inaccettabile, quasi un insulto alla società spagnola. Decisamente più duro il commento di Julio Senn, esperto di diritto fiscale e socio della Senn Ferrero Sports & Entertainment, con sedi a Madrid e Pechino: “E' una situazione fuori controllo, con le società che hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità a colpi di prestiti e ricatti alle comunità autonome”, in una nazione in cui Barcellona e Athletic Bilbao, per esempio, rappresentano qualcosa che va molto oltre il calcio. Atletico Madrid e Valencia (4-2 all’andata per i biancorossi in Europa League) sono i portabandiera di questo manifesto debitorio, con 300 milioni di euro di debiti totali i primi e 400 i secondi, perché non dobbiamo dimenticare che quasi tutti i club spagnoli sono esposti verso le banche e questo crea un link pericoloso legato alla crisi economica nazionale e globale. L’Espanyol con 160 milioni ha dovuto vendere i diritti di quattro suoi giocatori (Alvaro, Moreno, Amat e Marquez) a un fondo d’investimento britannico: 4 milioni di euro per calmare i creditori. Qualche mese fa il gruppo bancario Bankia aveva proposto di utilizzare i cartellini di Cristiano Ronaldo e Kakà come garanzia verso la Bce per ottenere un prestito necessario a finanziare il fondo d’investimento Madrid Activos Corporativos V: 773 milioni di euro in obbligazioni per sostenere alcune aziende, tra cui lo stesso Real e l’impresa di costruzioni del presidente Florentino Perez. Il sistema bancario spagnolo, al quale le squadre sono legate mani e piedi, è esposto per 400 miliardi di euro verso il settore del real estate e sopravvive solo grazie al denaro della Bce: secondo uno studio di Danske Bank la crisi immobiliare in Spagna ha creato, dal settembre 2009 a oggi, un calo pari al 10 per cento del Pil. Intanto, Barcellona e Real Madrid (più volte abbiamo sottolineato il potere logorante che la diarchia sportiva ed economica ha su tutto il movimento nazionale) hanno fatto sapere che loro al fisco non devono niente, confidando di continuare a ripianare i propri debiti verso privati grazie ai ricavi che con, rispettivamente, 450.7 milioni e 479. 5 ne fanno i due club più ricchi al mondo. Mentre Miguel Cardenal, segretario di Stato allo Sport del governo Rajoy, ha fatto sapere: “Il piano di rimborso su dieci anni del debito verso il fisco è già stato negoziato e firmato, sarà operativo a partire dalla fine della stagione”. L’Atletico Madrid nell’ultima campagna acquisti ha speso 69.5 milioni, di cui 40 per l’attaccante colombiano Falcao, incassandone quasi 88.5 con le cessioni di Aguero, De Gea, Forlan, Elias e altri. Il Valencia ne ha incassati 32.9 (cedendo Mata al Chelsea) ma ne ha spesi 34. Il Real Madrid ha registrato un passivo di 46.8 milioni, di cui 30 per Fabio Coentrao; il Barcellona invece solo 12. 25, spendendone 60 per Sanchez e Fabregas. Alla vigilia delle sfide di ritorno tutto può ancora succedere, anche che le squadre spagnole non vincano niente. Splendori e miserie di un calcio sull’orlo del baratro e lontano anni luce dal fair play finanziario. -
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MARKETTA di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 24-04-2012) La nuova sfida di Petrucci sindaco di San Felice Circeo Cento chilometri da Roma, novemila abitanti: San Felice Circeo è una meta importante di vacanza, e non solo per i romani. Ed è anche particolarmente ambita dagli speculatori, proprio perché incastonata in un autentico gioiello che si chiama Parco Nazionale del Circeo. Giovanni Petrucci detto Gianni ha deciso con entusiasmo quando l'amico Pierferdinando Casini, leader dell'Udc, gli ha proposto di candidarsi a sindaco di San Felice. Il n. 1 dello sport italiano scenderà in campo per le elezioni amministrative del 6 e 7 maggio. La sua lista si chiama "Gianni Petrucci sindaco". Dovrà vedersela con altri due candidati: Emiliano Ciotti, appoggiato dalla destra, e Giuseppe Schiboni, portato dal Pdl. Una bella sfida per Petrucci. La voglia di aprire un nuovo percorso di vita e di lavoro. Sì, perché fare il sindaco a San Felice, realtà complessa, è un autentico lavoro. E così Petrucci ha deciso di scendere in politica, e chissà se questo è solo il primo passo: il prossimo anno, come noto, scade il suo mandato al Coni, e non è più ricandidabile. In carica dal 29 gennaio 1999, chiude quindi con le Olimpiadi di Londra. Con l'obiettivo dichiarato di tenere l'Italia nel G10 mondiale: e se le proiezioni ci danno 32 medaglie olimpiche, beh, credo che Petrucci firmerebbe subito. E' una battaglia sempre più dura d'altronde restare ai vertici mondiali, e lasciarsi alle spalle Nazioni più "portate" allo sport di noi, e magari più ricche e anche più organizzate. Ha aperto un (piccolo) spiraglio allo sport nella scuola, Petrucci, ma scontiamo ancora il ritardo rispetto ad altri Paesi. E la crisi ha portato consistenti tagli anche allo sport. Ultimamente il n. 1 dello sport italiano si è fatto anche paladino di una battaglia a favore dell'etica, cosa che non guasta mai visto come è ridotto il nostro calcio. San Felice Circeo potrebbe essere il primo passo verso una carriera politica (magari al Senato, sempre con l'Udc), ma sarà molto difficile che Petrucci lasci del tutto il mondo dello sport, il suo mondo. Lo aspetta la carica di presidente della Federbasket. Anche se da qui a maggio 2013, chissà, potrebbero esserci delle sorprese. Per intanto, ecco la sfida a sindaco di San Felice (e chi è interessato a leggere il suo programma elettorale lo trova sul sito www. comune. sanfelicecirceo. it). -
24 04 2012 Sul campo di Genova il pallone getta la maglia Il piano è inclinato, e si rotola, nel calcio come nel sistema-Paese che lo comprende e certe volte viene addirittura evidenziato nelle sue brutture dal mondo del pallone. Così adesso siamo agli ultras che sospendono, impongono, negoziano, concedono... Siamo a calciatori umiliati, come il capitano Marco Rossi che aveva raccolto le maglie dei compagni a mo’ di trofeo per i teppisti appollaiati sul tunnel fittizio che porta dal campo agli spogliatoi del Ferraris, e a calciatori definiti dai media “coraggiosi” come Peppe Sculli, “l’uomo solo che ha fermato i prepotenti”, mostrandoci le terga e la sua maglia n. 81 mentre confabulava con quello che sembrava il boss degli ultras. Siamo al presidente del Genoa, Enrico Preziosi, che alle telecamere a misfatto avvenuto si dice “stufo” ma che aveva concordato con Rossi e gli altri la “resa della maglia”. Perché? Per non rischiare il punto di penalizzazione se la partita fosse stata interrotta per motivi di ordine pubblico, dopo la gran gazzarra, i petardi, le minacce. Siamo al Questore di Genova che aveva solo una dozzina di uomini in campo, nel più grottesco pomeriggio della stagione almeno finora... che a posteriori si dichiara contrario a questa resa e quindi in disaccordo con Preziosi, Rossi ecc. Siamo ai vertici dello sport e della rotondocrazia italiana, con Petrucci dominus del Coni che grida al “sacrilegio”, Abete che ulula “vergogna”, l’ex calciatore Albertini inspiegabilmente vicepresidente federale che invoca a sorpresa la “tolleranza zero”. Poi tutto il Genoa in ritiro con il quarto allenatore dell’anno, De Canio, dopo il doppio Malesani e Marino, visto che già domani deve rigiocare. Ora, poiché di energie emotive c’è stato gran dispiegamento in buona o in cattiva fede che sia, tanto da non dover aggiungere altra indignazione retorica (cfr. che “indegni” era il grido di battaglia degli ultras contro i genoani in divisa. . . ), propongo alcune banalissime osservazioni. È VERO, non è neppure la prima volta che ultras si ergono a manipolatori della realtà e a timonieri della nave pallonara: è successo a Roma, nella primavera 2004, in un derby Roma-Lazio in cui i capi-bastone del tifo parlamentarono con i due capitani in campo per far sospendere la partita, dal momento che voci dal fuori-stadio davano per morto un ragazzo investito da una camionetta della polizia, voci poi risultate fortunatamente false. È vero, anche a Marassi, nello stadio a fianco al carcere omonimo, si ha ormai una lunga tradizione di violenze e segnatamente ricordo l’omicidio Spagnolo del 1995 per cui venne fermato il campionato con modalità analoghe a quelle purtroppo ripetutesi per Morosini soltanto una settimana fa, e ancora i “mostri” di Italia-Serbia, ottobre 2010, con quei minuti interminabili allo stadio e in tv in cui ci si interrogava su come avessimo fatto a far diventare un luogo ludico di ricreazione quella sorta di Colosseo almeno sugli spalti, trasferendo il concetto di “franchigia” dalla ricreazione del tifoso all’enclave di illegalità “sotto gli occhi di tutti”. DICO QUESTO perché si rischia di inanellare anche l’episodio “maglie” nella stessa catena, pronti a misurarci con il prossimo, possibilmente un po’ peggio per un’ulteriore spolverata di indignazione, perché la notizia è la notizia. Ma un esame appena più freddo della vicenda ci dice altre cose. Intanto, tutti sapevano che Genoa-Siena era tremendamente a rischio, vista la classifica del Genoa, i suoi ultimi due mesi, il ribollire mai nascosto della tifoseria. In termini di ordine pubblico (a maggior ragione ricordando gli episodi summenzionati) perché non ci si è mossi di conseguenza? Chi l’ha impedito al questore, alla Digos ecc.? Come fanno a entrare allo stadio tutti i “botti” che abbiamo sentito? Preziosi dice che non vuol più dipendere da “questi pochi delinquenti”, che si chiede se non sia ora di “lasciare il calcio”. Perché allora ha permesso che i giocatori si togliessero le maglie per non mettere a rischio di penalizzazione la squadra? Se questo calcio così non va, e si è ostaggi vistosissimi dei delinquenti, meglio smettere, non vi pare? Oppure quel punticino faceva in quell’ignobile baraonda la differenza tra il giusto e l’ingiusto, l’onore e l’umiliazione ecc.? Dunque la faccenda non torna. Come non torna neppure l’atteggiamento dei giocatori. Per Rossi sembra essere valsa la paura: ma dove? In campo, la sera, in città, nei giorni successivi? Quindi “terrorismo pallonaro” al cubo? Per Sculli basta riguardare il montaggio delle immagini tv per capire che tra l’ultras e il giocatore c’era diciamo una certa quale affabilità, non sembrando esattamente su due fronti opposti: quindi invito a confrontare la patina di “coraggio” mediaticamente attribuitagli con una ricerca su Internet sulla sua biografia, parentele, frequentazioni ecc. Forse aiuta a capire l’habitat in cui maturano certe situazioni limite. Volendo, la medesima ricerchina si può fare per Preziosi, anche leggendo Fuori gioco, di Gianfrancesco Turano, edizioni Chiarelettere, mirato sui capataz del pallone. Quanto alle istituzioni, la domanda è ancora più banale: a Monti e a Gnudi, il ministro competente, il calcio sta bene così? E PETRUCCI, Abete e company in odore di diventare “bad” anche in questo settore ancora così popolare, davvero sono sorpresi della piega presa a Genova? Mi si può obiettare che Petrucci, grande tifoso laziale malgrado l’avversione per Lotito ricambiata industrialmente dal latinista, magari non era a Marassi ma all’Olimpico, per Lazio-Lecce: ebbene, li ha sentiti i berci contro i giocatori leccesi, in cui si mischiavano offese generiche a offese antisemite? Perché come da regolamento non è stata interrotta la partita, proprio lungo il percorso che poi porta a Genova? Risposta: perché in realtà parafrasando Totò “i serbi serbono”, anche i nostri, nella gigantesca recita interessata della contemporaneità.
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I giochi proibiti dello sport e gli allenatori che «non vedono» «Un campione di Serie A presto rivelerà: io gay» Cecchi Paone sfida il bullismo machista del calcio italiano «Con Prandelli qualcosa cambierà, altri tecnici sono omofobi» di SERENA GENTILE (GaSport 24-04-2012) Sono storie così terribili che mentre leggi hai bisogno di tornare indietro a cercare senza trovare conforto nel tempo che fu. E invece scopri che è successo l'altro ieri. Può essere che Gottfried von Cramm, tennista, venga arrestato, processato, umiliato e cacciato da Wimbledon perché omosessuale? È il 1938 e te la prendi con Hitler e le sue atrocità. Può essere che si stupri in gruppo e si uccida una donna, Eudy Simelane, perché nera, calciatrice, attivista lesbica? È il 2008. Ieri. Leggendo «Il campione innamorato» di Alessandro Cecchi Paone, sull'omosessualità e l'omofobia, cerchi gossip e trovi umanità. E una sofferenza che fa rabbia. Qui non si tratta di pari opportunità o differenziali retributivi, ma di pura discriminazione per motivi sessuali. Spogliatoio e carezze Eppure con quel racconto dello spogliatoio tutto coccole, qualcuno manderà lui velocemente a quel paese. «Lo spogliatoio è una camerata, è lì che si fa gruppo. C'è intimità, complicità. E poi, il maschio tocca i genitali di un altro regolarmente e lo fa per vari motivi: per sfotterlo, per misurarsi» dice e sa che da domani in Serie A sarà più temuto del procuratore Federale Palazzi e delle sue inchieste. Che in tanti pagherebbero per non essere in questo libro. Che correranno a leggerlo, ma non lo ammetteranno mai. «Lo so, sono terrorizzati. Del resto mi temevano anche prima. Una volta incontrai Vieri in strada, mi fece i complimenti per il coraggio che avevo avuto a raccontarmi. Ma a cena con me non ci sarebbe mai venuto. I calciatori devono essere machos. Eppure sono anche gay». Vuole espugnare il calcio, ma il calcio è inespugnabile. «Il costume del Paese è condizionato dal pallone e il nostro ancora oggi nega, nasconde. È pericolosissimo per tutti gli attaccanti di provincia, dell'oratorio: il 30% dei suicidi, tra adolescenti, è per problemi a sfondo sessuale. Prima di Prandelli, sensibile e intelligente, sembrava impossibile ipotizzare la presenza di un omosessuale nel calcio». È vero, Lippi non ne ha mai incontrati e Moggi non ne ha mai voluti. «E invece uno li ha allenati e l'altro comprati». Lippi ha anche detto che «un gay farebbe fatica in uno spogliatoio di calcio, per come sono fatti i calciatori». Scimmie Ma come sono fatti? Cecchi Paone una risposta ce l'ha: «In Italia presidenti e allenatori non hanno il coraggio di dirsi omofobi, quali sono, fanno muro negando l'esistenza del terzo sesso o sconsigliando il coming out per non turbare i compagni. Siamo ancora figli della cultura clerico-fascista che ci ha insegnato che i gay sono malati, matti, perversi e pericolosi». Sono più pericolosi i tifosi, a dire il vero, «le scimmie dietro le grate», per citarlo. Ma se un arbitro è cõrnuto per un calcio d'angolo negato, cosa può succedere a un calciatore gay? «Quello che è successo a Guti, gli hanno urlato maricòn frõcio sino a quando non ha lasciato la Spagna. Ma c'è anche un arbitro e ne parlo nel libro che ha accettato di diventare finocchio piuttosto che cõrnuto. E c'è uno sfondo sessuale anche in quello che hanno fatto i genoani domenica: togliere la maglia ai calciatori che l'hanno disonorata è anche esporli al rischio di umiliazione sessuale. Ci vuole coraggio, lo so: io l'ho fatto in tv e non è stato facile, in uno stadio è ancora peggio». La linguetta di Mou Ma va fatto. «Prandelli dice che i tempi sono maturi. Io aggiungo: lo farà un grandissimo della Serie A, a fine carriera. Farà da parafulmine, aiuterà tutti gli altri». Doveva farlo uno di Lega Pro, suo ex fidanzato. «Era giovane, aveva 26 anni, e molto dolce. Mi diceva, "sei stato il primo e forse sarai l'ultimo". Aveva paura di essere etichettato, era del Sud. Ma quando lo farà quel campione, lo farà anche lui. I ragazzi sotto i 30 anni vivono una sessualità dinamica, sono regolarmente bisessuali. E non è giusto doverlo negare». Certe volte basterebbe dirlo diversamente. Se Mourinho alla parola omosessuale avesse risposto «no» invece di «mai!», Cecchi Paone non si sarebbe vendicato raccontando la linguetta che il bel Mou faceva pensando a Nedved e tutti i suoi significati secondo il linguaggio del corpo. «È talmente ridicolo ormai il negazionismo... Sono gli allenatori/padroni a organizzare la copertura. Nascondono i gay e pure i crimini veri, le scommesse ad esempio. Mio nipote ha 12 anni, ed è disorientato: non può credere che i suoi miti siano capaci di vendersi una partita». E invece lo sono. «Ma se persino Platini, un signore come lui, figlio della Francia liberté, egalité, fraternité fa l'ingenuo... Che delusione. E poi, cosa gli costava dire: i gay nel calcio ci sono e nessuno li tocchi». Ci vorrebbero più Piccinini, la naturalezza che azzittisce: «Le lesbiche nel volley esistono e non danno fastidio». Amen. Servirebbe normalità e forse non più Olimpiadi gay, così autodiscriminanti. «In Canada sì. Noi siamo a zero: senza leggi». Noi siamo ancora al non vedo e non sento. E Cecchi Paone lancia la sfida: «Vorrei che mi invitassero nello spogliatoio del Milan per regalare a tutti il libro con dedica e dimostrare che non turbo. Buttassero a terra pure tutti i saponi.. . ». -
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PUGNI e Caresse L’urlo dei destini Crudeli di ANDREA SCANZI (il Fatto Quotidiano 24-04-2012) C’È UN UOMO nella tormenta, è milanista ma non è Allegri. Risponde al nome di Tiziano Crudeli. Professione “tifoso rossonero”, anche se nella stagione ’88/’89 arrotondava lo stipendio come cronista nerazzurro a Radio Peter Flowers. Ha giocato nelle giovanili del Milan, da piccolo tifava Forlì. Deve la piccola fama a Gialappa’s, Biscardi, Chiambretti. Più ancora, alle esultanze a Diretta Stadio (Italia 7 Gold). Su Youtube spopolano. Oltre a dimostrare che la teoria evolutiva è oltremodo fallace, Diretta Stadio è un brainstorming illuminato, al cui confronto un colloquio tra Lupi e Ghedini pare per contrasto un simposio. In tal consesso, certo aulico, il prode Crudeli è il capitano fiero. Il guitto lanciato a bomba contro se stesso. L’urlo in cerca di una sciocchezza. Il volto, tra il dadaista e il paonazzo, è sempre sgomento. Quando esulta piange, quando perde piange: più che un giornalista, una statuetta votiva di Civitavecchia (o di Milanello). All’apice della gioia, Crudeli si trasfigura: le parole si ripetono (“Goooool, goooool!”) , i cognomi vivono di vita propria (“Il Paperino l’ha messa!”, “E brava la mia fochina!”, “Bo-aaaaa- teng!”). Dotato di un tocco magico al cui confronto Cassandra era maestra in liete novelle, Crudeli è un quadro di Munch dipinto da Martufello. Ha dichiarato che il sogno più grande della sua vita è vedere Cristiano Ronaldo in rossonero, asserzione che dà la misura di una vitalità ormonale verosimilmente catacombale. Vive di Milan e per il Milan, quindi vive male. Domenica, dopo il pareggio con il Bologna, ha assistito a Juventus-Roma con approccio da martire. A ogni rete bianconera minacciava di abbandonare lo studio, quasi che i gol di Vidal e Del Piero fossero la versione 2. 0 dei lampioni di Marsiglia. Alla fine, stremato, ha fissato implorante la telecamera. Occhi lucidi, voce rauca. La mano lisciava nervosamente il baffo generoso. Straziato e straziante. Destini Crudeli. O forse solo ridicoli.