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andrea

Tifoso Juventus
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  1. Quote dell'ultima giornata: Atalanta -Torino. 3,40. 3,25. 2,05 Empoli -Roma. 1,90. 3,60. 3,60
  2. andrea

    Allenatore 24/25

    https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/ldquo-max-allegri-lookman-rsquo-atalanta-non-avevano-toccato-395839.htm
  3. Se è vero Ceferin è più maiale di quello che pensavo
  4. https://corrieredibologna-corriere-it.cdn.ampproject.org/v/s/corrieredibologna.corriere.it/notizie/sport/24_maggio_19/la-tifosa-che-guarda-i-gp-di-imola-dalla-terrazza-di-nonna-ci-propongono-1-000-euro-per-salire-ma-e-il-nostro-luogo-sacro-7fccf821-37f4-43df-915f-3979775f5xlk_amp.shtml?amp_gsa=1&amp_js_v=a9&usqp=mq331AQGsAEggAID#amp_tf=Da %1%24s&aoh=17162373327644&csi=0&referrer=https%3A%2F%2Fwww.google.com&ampshare=https%3A%2F%2Fcorrieredibologna.corriere.it%2Fnotizie%2Fsport%2F24_maggio_19%2Fla-tifosa-che-guarda-i-gp-di-imola-dalla-terrazza-di-nonna-ci-propongono-1-000-euro-per-salire-ma-e-il-nostro-luogo-sacro-7fccf821-37f4-43df-915f-3979775f5xlk.shtml
  5. andrea

    Allenatore 24/25

    Thiago Motta e i bianconeri, ultima da rivali Leggiamo insieme la sua tesi di Coverciano di Massimiliano Nerozzi · 20 mag 2024 È un testo di 28 pagine, tra analisi psicologica e tecnica il lavoro finale, la tesi con la quale Thiago Motta ha ottenuto il patentino da allenatore di Serie A. C’è il calcio che gli piace fare, il possesso palla e i maestri, da Klopp a Gasperini passando per Bielsa. L’incipit è «emotivo e sentimentale», con quel pallone che Thiago Motta, fin da piccolo, metteva al centro dell’universo: prima «oggetto regalo», del papà, poi «oggetto strumento», quando il calcio stava diventando cosa seria. È un po’ racconto e un po’ saggio la tesi a Coverciano del tecnico del Bologna (con futuro Juve): «Il valore del pallone — Lo strumento del mestiere nel cuore del gioco». Si parte da lì: «Perdere il pallone diventava una sorta di “crimine” calcistico, individuale e collettivo — scrive Thiago Motta — da riparare nel modo più deciso, sia per strada con gli amici facendo pesare il gioco personale, ma soprattutto in campo, in ambito agonistico, attraverso il gioco di squadra». Lo spiega in 28 pagine, tra analisi psicologica e tecnica. «Con il mio trasferimento al Barcellona — argomenta — gli elementi fondatori vennero ampliati, approfonditi e perfezionati, rinforzando la consapevolezza della centralità del pallone e della sua gestione, singolarmente e collettivamente, come espressione del gioco del calcio». Paese che vai, usanza che trovi: «L’arrivo in Italia mi permise di arricchire, consolidandolo, il mio bagaglio tecnico e tattico, ma stavolta secondo differenti tipologie di filosofia calcistica. E non necessariamente focalizzate sull’oggetto/strumento pallone, bensì sull’occupazione alternativa degli spazi e la conseguente disposizione in campo anche in funzione degli avversari e delle rispettive dottrine di espressione calcistica». È tempo di nuovi maestri, da Gasperini a Mourinho: «Se entrambi richiedevano il controllo del gioco attraverso la verticalizzazione della manovra, il metodo per ottenerlo era diametralmente opposto». Ovvero: José «prediligeva la verticalizzazione tra le linee»; Gasperson, «richiedeva una gestione più elaborata della verticalizzazione». Spunta la Francia, con il Psg di Ancelotti e Blanc, fino all’esordio da allenatore, con l’under 19: quando si trova «nella funzione di trasmissione ai giovani di tali principi fondatori, per una visione globale e stratificata del calcio, ma basata sull’elemento primordiale e naturale, il pallone». Altro concetto fondante è «il pensiero creativo, legato al principio della condivisione e dello scambio di idee, così indispensabili a un gioco di squadra». A proposito, cita Albert Einstein: «Se la logica porta da un punto A a un punto B, l’immaginazione porta dappertutto». L’analisi tecnica parte dal Leeds United di Marcelo Bielsa: «Il possesso palla non deve essere confuso con una sterile, e quindi inutile, serie di passaggi orizzontali, ma deve essere propedeutico a una verticalizzazione più efficace e rapida possibile». È il turno della Germania campione del 2014: «È evidente come nella loro organizzazione tattica sia ben presente il principio nei giocatori “di pensare ad attaccare mentre difendono e di pensare a difendersi mentre attaccano”». Spunta Klopp: «Il contro pressing è una delle migliori giocate. Il miglior momento per vincere il possesso palla avviene quando lo hai appena perso e il tuo avversario è ancora nella fase di orientamento delle linee di passaggio, facendogli così spendere energie inutili nel cercare di mantenere invano la palla». Seguono, i tre comandamenti, «per un calcio dominante»: ebbene, «non avere paura del pallone; volere e ottenere il possesso palla; la fase difensiva deve essere volta al recupero più rapido possibile del pallone».
  6. La sfuriata di Allegri e la moralina della Vecchia Signora Ci si ammutolisce davanti al fulmine sgarbato che viene da un dio degli stadi. La società invoca i valori, ma che scuoletta di buon gusto è quella di liquidare con accanimento un suo leader per una scenataccia umana troppo umana? 20 mag 2024 - Giuliano Ferrara Lo stile Juventus è da sempre una grande cialtronata. Mai come nel caso di Massimiliano Allegri, licenziato perché si comporta in modo “contrario ai valori della società”. Lasciamo stare i risultati dell’allenatore, che tappano la bocca (cinque scudetti eccetera). Il fatto di costume, la saccente lezioncina pedagogica a uno che ha comprensibilmente sbroccato, stufo di essere perculato dalla “società dei valori”, prevale su tutto. I valori sono un travestimento ipocrita della voglia di competere e vincere, dei quattrini per farlo, dei bilanci forzati e della gara non sempre irreprensibile sul mercato dei talenti. Tutti partecipiamo del balletto valoriale, tutti ci ubriachiamo di bibite idealistiche, parametri di eleganza e compostezza, e alla fine questa ipocrisia può anche tracimare in banali regole di buona educazione. Perfetto. Ma conciare per le feste e sottoporre a gogna un uomo che fa una sfuriata, che esprime non ciò in cui dice di credere, i valori, ma quel che è, il suo effettivo valore umorale e carnale di una sera, è un modo di offendere l’amor proprio manifesto di un professionista soffocato dal rancore ambientale, che alla fine esplode e sanziona il tutto minacciando di strappare le orecchie a un giornalista e dando il bando a un collega aziendale, stracciandosi le vesti e turpiloquendo a casaccio nel giorno di una vittoria e dell’addio. La collera richiede rispetto, se non solidarietà. Chi s’infuria fuori dalle righe in genere è visitato dalla necessità, da una smania che può perfino avere dell’elegante, del rivelatore, dell’irreprensibile. Ci si ammutolisce davanti al fulmine sgarbato che viene da un dio degli stadi. Anche questa è una questione di etichetta. La società, invece di invocare valori, avrebbe dovuto per eleganza e compostezza mostrare un lieve imbarazzo e risolvere il contratto senza strepito e condanne morali. La chiamano la Vecchia Signora, è un simbolo popolare della rabbia e della potenza del tifo, del plebiscito delle maggioranze urlanti davanti all’idolo dello scudetto e della coppa, che senso ha invocare l’etichetta di Balmoral, che scuoletta di buon gusto è quella di liquidare con accanimento un suo leader per una scenataccia umana troppo umana? La collera di Allegri aveva il sapore di una rivalsa a lungo rimandata verso un tradimento, che non è un tradimento di valori ma personale, di serietà professionistica, era lo strepito di un uomo sottoposto alla guerra dei sussurri, a certe spietatezze e volgarità d’apparato che sono tipiche delle stagioni di insania e di autolesionismo certo non estranee alla Juve di questi ultimi tempi. Avrebbe potuto e forse dovuto accontentarsi dell’ultima vittoria sull’Atalanta e mettersi il cuore in pace, ma ci sono casi in cui l’orgoglio diventa travolgente e senza far male a nessuno rende lecito prendere tutti a pesci in faccia. Il comportamento di Allegri, la sua baldanza e la sua furia, andrebbe insegnato nelle scuole per far vedere a che punto può arrivare, in certi contesti, l’ira repressa di un generale di brigata fortunato alle prese con una diserzione indiscreta, vile e contundente. Invece siamo alle solite del banalismo etichettaro, non sta bene, non si fa, goditi la vita, non reagire, non avere stomaco, le persone a modo non fanno così, tutti contro Allegri. Ma che restituiscano quei cinque scudetti e quelle coppe invece di frignare e condannare in nome dei valori e della moralina comune uno che hanno semplicemente trattato male e gli ha fatto una omerica scenataccia.
  7. https://www.ilgiornale.it/news/calcio/casa-agnelli-triste-saga-dei-due-cugini-2323609.html
  8. Quando dicevano che Suning poteva comprare la Exor
  9. https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/faida-casa-agnelli-dietro-cacciata-allegri-ndash-rsquo-ex-395306.htm
  10. https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/inter-zhang-game-over-presidente-non-puo-lasciare-cina-sta-395316.htm
  11. Questa mattina Marotta era sereno (Giovanni Capuano)
  12. Ma io lo difendo: era l’ultimo juventino rimasto LUCA BEATRICE · 17 mag 2024 Sono certo che la rimpiangeremo quella giacca lanciata con rabbia, un gesto inventato in un pomeriggio a Carpi poi diventato simbolo, icona. Lo so che ci mancheranno le battute, le incazzature, i salti e le corse davanti alla panchina, perché Massimiliano Allegri ha scritto la storia della Juventus in maniera indelebile, fin dai primi giorni del ritiro abbandonato da Antonio Conte, uno che pur dichiarandosi gobbo nel dna ha servito e servirà ogni tipo di padrone e indietro non lo vorrei neanche dipinto. E ricordo bene le parole di Andrea Agnelli, «Max questo scudetto è tuo», che la squadra la prese tra lo scetticismo di molti e la portò due volte ad appena un passo dal titolo europeo, mentre in tanti storcevano il naso che non si era vinto, cosa dovrebbero dire allora al Paris St. Germain: ci provano ogni anno, spendono miliardi ed è sempre flop. Ad applicare la logica, chi vince non solo resta al suo posto ma la sua posizione si rafforza, non per Massimiliano Allegri, già mandato via dalla Juventus nel 2019, scudettato per la quinta volta consecutiva. Allora fu sacrificato sull’altare del bel gioco, pare che il killer fosse stato Fabio Paratici, Agnelli non fece troppa resistenza e non piaceva neppure a Cristiano Ronaldo, cento gol in tre anni e non un solo bel ricordo della permanenza torinese. Al suo posto Maurizio Sarri, un corpo estraneo fin dalle prime uscite, in panchina si va in giacca e cravatta e con la barba fatta, vale anche per il futuro. Poi arriva Andrea Pirlo, il Maestro, due titoli e un licenziamento che non meritava. Il resto lo conosciamo, il ritorno di Allegri coincide con il bisogno autentico di juventinità, e proprio la giacca lanciata divenne il simbolo proposto sul web per festeggiare il nuovo inizio di un allenatore carismatico capace di farsi rispettare, di un vincente per definizione. E anche stavolta ha vinto. I fatti dicono: Max ha fatto ciò che gli è stato chiesto, si è sempre qualificato per la Champions League, l’anno scorso ce l’hanno tolta per i disastri di altri, ha riportato un trofeo in sede vincendo la Coppa Italia dopo che tutti, ma proprio tutti, avevano magnificato il gioco dell’Atalanta, annichilita in campo e tenuta in partita dal tragico arbitraggio di Maresca con la complicità del var. E non solo, ha valorizzato i giovani attingendo dalla Next Gen per ridurre un monte ingaggi delirante, tenuta in piedi da solo la baracca quando neppure il magazziniere sapeva che fare, svolto il triplice mestiere di allenatore, manager e dirigente, esercitato il ruolo da parafulmine per proteggere giocatori che, ad eccezione del portiere, non avevano mai vinto niente e che quella famosa mentalità è ancora tutta da costruire. Dicono che se guadagni tanti soldi il tuo comportamento deve essere all’altezza ed è vero, in una grande azienda esiste un codice etico e va applicato. Però poi esistono gli uomini e allora ti può partire la brocca, dentro di te si scatena l’inferno dopo che hai sopportato attacchi per mesi e ti sei sentito isolato, hai fatto da parafulmine attirando l’attenzione su di te per lasciare in pace i giocatori, hai dovuto fare a meno di due pezzi importanti che non sono stati sostituiti e ogni santo giorno sentivi ripetere come un mantra l’espressione sciocca e diffamante, AllegriOut, sui social e sui giornali. Eppure, fino all’ultimo momento ho sperato in un cambio di rotta nonostante il destino fosse segnato da tempo - strategia non bellissima a stagione in corso con obiettivi ancora da conquistare - sperando che dalla società arrivasse un altro messaggio, Massimiliano Allegri ancora con noi. E dunque la bellissima vittoria di mercoledì per me ha un mezzo sapore amaro, ed è la stessa sensazione che provai nel giorno dell’addio di Platini, di Del Piero, di Buffon, di Chiellini. Di mestiere juventini. Anche nel congedo, teatrale, eccessivo, sbagliato, autentico, Massimiliano Allegri si è dimostrato uomo di popolo, idolo della curva, per niente incline ai compromessi, il mister la cui immagine sarà per sempre scolpita nella storia di un club che sembra incapace di godersi le vittorie perché si dà tutto e troppo per scontato o per una strana mania di rovinare le giornate di festa. Qui parla il tifoso, lascio ad altri i ragionamenti e le spiegazioni. Grazie Max, grazie, sei uno di noi.
  13. Ma Elkann si è scusato con Gravina?
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