Dopo la frase sul «turarsi il naso», per la prima volta pronunciata dal leader di un partito parlando del proprio partito, il cosiddetto «voto utile» mostra tutta la sua inconsistenza e si rovescia nel suo contrario.

E non solo perché si è dimostrato che il meno peggio al peggio apre la strada. Non solo per ragioni politiche, anche per ragioni elettorali.

Tutti i sondaggi sbandierati dai principali partiti per suffragare la tesi del «voto utile», infatti, portano a conseguenze logiche del tutto diverse da quelle che ci si aspettava.

Al Nord, con la prevalenza della destra in tutti i collegi dal Monviso alle doline del Carso, l’unico voto utile sarebbe, per chi si augura una politica centrista, il voto a Berlusconi (perché al meno peggio non c’è limite): capite che non è plausibile.

Al Sud, la contrapposizione è tra M5s e destra, tagliando fuori – anche alla luce delle recenti vicende giornalistiche – tutto il ceto politico del Pd, da De Luca in giù. È successo solo qualche mese fa in Sicilia: la strategia del «voto utile» ha premiato i 5stelle.

Solo nelle regioni rosse il criterio ha un qualche residuo significato, ma ovviamente è anche in questo caso parecchio discutibile, grazie alla legge elettorale indecente che il Pd ha voluto a tutti i costi approvare con tutta la destra per danneggiare M5s e la sinistra, con il risultato che sta facendo del male a se stesso, come avevo preconizzato nel mio intervento in aula, irriso dagli strateghi del governo.

Per questo continuiamo a chiedere un voto sincero e libero, perché il sistema è per due terzi proporzionale, e a furia di voto utile si rischia di sprecare i due terzi di un voto che per un terzo sembra essere già assegnato. I sondaggi dicono così: se poi non dovessero essere corretti, avete una ragione in più. Votare per chi preferite, senza turarsi il naso, che ve lo siete già turati abbastanza. Per avere la vostra rappresentanza preferita. E respirare, appunto.