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21 minuti fa, Angel_of_war ha scritto:

Questione spinosa.

La quasi totalità dei tifosi non juventini pensa che non dovremmo avere quella coppa e non per rispetto ma semplicemente x toglierci un trofeo e sfotterci meglio.

Loro non capiscono e non gli importa.

Ma a noi si.

Personalmente ho sempre creduto che quella partita non doveva essere giocata. Non dopo quello che era successo.

Ma poiché lo è stata immagino sia giusto rivendicarla.

E quindi esporla.

Senza polemiche fratello. 

Non è  questo il posto adatto.

probabilmemte hai ragione sul fatto che non sia il post adatto se vuoi mi chiarisco in privato

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Joined: 03-Jun-2005
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Non so pensare o parlare di questa tragedia senza gli occhi lucidi... Sarete sempre con noi.

Lodevole l'iniziativa del Liverpool, qualcuno ha notizie sul fronte Juve?

Ps: eterno disprezzo per chi usa i nostri 39 angeli per offenderci e sfotterci.

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4 minuti fa, f_everBiancoNera ha scritto:

In un altro topic @Socrates ha postato un'intervista ad un giocatore, Briaschi.

Sezione il Romanzo Bianconero

 

 

 

Capirete tante cose

;)  Qui -> https://bit.ly/2J9uHSb

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47 minuti fa, anakin112 ha scritto:

probabilmemte hai ragione sul fatto che non sia il post adatto se vuoi mi chiarisco in privato

No, va bene così.

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Joined: 27-Aug-2006
3314 messaggi
9 minuti fa, f_everBiancoNera ha scritto:

In un altro topic @Socrates ha postato un'intervista ad un giocatore, Briaschi.

Sezione il Romanzo Bianconero

 

 

 

Capirete tante cose

Ho visto, grazie.

Avevo già letto interviste che raccontavano più o meno le stesse cose.

Ho visto tutto in tv quella sera, almeno quello che facevano vedere.

Ero giovane ma forse non così tanto da non poter capire.

Forse si poteva non giocare, probabilmente invece hanno fatto bene a farlo.

Ma è anche x questo che quel trofeo è più nostro di molti altri.

Perché è macchiato di sangue ma sangue di 39 angeli che erano li per tifare Juve.

Ed è con orgoglio che va esposto.

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Joined: 27-Jun-2011
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10 minuti fa, f_everBiancoNera ha scritto:

Leggi l'articolo postato nella sezione il romanzo bianconero

ho letto l intervista di briaschi che mi hai suggerito e mi sono documentato abbastanza su quella maledetta sera anche perche' avevo solo 5 anni.  come mi ha fatto notare un altro utente non e' questo il posto x confrontarci.  io cmq di fondo non considero mia quella coppa proprio per rispetto di quelle 39 persone e secondo la mia idea neanche la Juve dovrebbe farlo.

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Joined: 03-Jun-2005
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14 minuti fa, f_everBiancoNera ha scritto:

Vedi nella pagina prima

Oggi hanno dedicato una strada a loro

Grazie,mi era sfuggito

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Joined: 27-Jun-2011
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6 minuti fa, f_everBiancoNera ha scritto:

Vabbè

 

Ognuno la pensa come crede....

 

purtroppo aver ragione o meno non serve a niente in quanto sono morte 39 persone e il calcio con questo c'entra poco

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Joined: 30-Jul-2005
6628 messaggi
Inviato (modificato)
38 minutes ago, cla78 said:

Non so pensare o parlare di questa tragedia senza gli occhi lucidi... Sarete sempre con noi.

Lodevole l'iniziativa del Liverpool, qualcuno ha notizie sul fronte Juve?

Ps: eterno disprezzo per chi usa i nostri 39 angeli per offenderci e sfotterci.

anche la Juve ricorda, di seguito l'articolo pubblicato sul sito ufficiale

 

Heysel, il ricordo è sempre vivo

Sono trascorsi 33 anni da una delle notti più drammatiche della nostra storia
heyselmem01.jpg

Accadde tutto circa un’ora prima di Juventus-Liverpool.

Il 29 maggio 1985Bianconeri e Reds erano quasi pronti a scendere in campo per dare vita a un’emozionante Finale di Coppa dei Campioni, ma poco dopo le 19 successe qualcosa cui trovare un senso è difficile, anzi impossibile, anche oggi, a 33 anni di distanza.

Successe tutto in pochi, pochissimi minuti: l’assalto di una frangia di esagitati hooligans, la folla che si spostò per cercare riparo ma trovò invece il crollo di parte del Settore Z dello stadio: un settore che, in memoria di quella notte di pazzia, non fu mai più ricostruito.

Sono passati 33 anni ma è impossibile, ancora oggi, comprendere quello che successe. Capire come in un battito di ciglia una serata di festa si sia trasformata in una delle più immani tragedie della storia dello sport, come una notte di pallone, palpitazione, sorrisi e lacrime, legate però solo al calcio, si sia potuta trasformare in un lungo e straziante pianto.

Lungo come il conteggio delle vittime39: i trentanove angeli dell’Heysel che sono sempre con noi.

 

da

http://www.juventus.com/it/news/news/2018/heysel--il-ricordo---sempre-vivo.php

 

inoltre sempre sul sito della Juve c'è anche un articolo su una piazza a Torino alle vittime dell'Heysel, non pubblico l'intero articolo (roporto solo la foto) altrimenti il topic diventa troppo lungo il link è questo

 

http://www.juventus.com/it/news/news/2018/intitolata-una-piazzetta-in-memoria-delle-vittime-dell-heysel.php

 

 

_J018296.jpg
 
 

 

Modificato da siseneg
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Joined: 11-Mar-2009
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Inviato (modificato)

Mi pare che a Torino sia stata intitolata una via ai caduti dell'Heysel

 

Edit: l'avevo sentito in radio,mi ero perso i post sull'avvenimento

Modificato da Tatanka35

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Joined: 09-Feb-2006
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DeWLu26X4AIydRJ.jpg

 

 

 

In questi trenta e passa anni di tifo, ho sempre difeso, con le unghie e con i denti quel titolo.....

E non perchè, ci siano particolari motivi di vanto per quella serata da tregenda...sia claro.....Semplicemente mi son sempre confrontato, con tifosi, a cui dei morti che perirono interessava relativamente(quante volte avrete sentito: la coppa piena di sangue verconia, er rigore fuori area, il giro di campo, l'esultanza di Platini..etc)perchè, prima, per loro, veniva il fatto che quella gara è stata giocata(su ordine dell'UEFA) e vinta dalla squadra sbagliata.....Avesse vinto i liverpool, tanti di questi pistolotti moralistici che sentite a ogni 3x2, non venivano fatti...Avrebbero, elaborato con le loro "fauci" qualche compatimento peloso, utile a pulirgli la coscienza... ......Dopodichè, non nascondo,che che quei festeggiamenti a Torino, e nelle piazze di tutta Italia(squadra e tifosi presenti, avevano tutto il diritto di reagire come meglio credevano..), restano una macchia indelebile per la nostra tifoseria..E quando ci toccano su quello, non mi sento di dargli tutti i torti.....Ma il titolo è stato vinto e onorato sul campo da calciatori, che hanno segnato un epoca per il calcio mondiale....questo deve essere claro....

 

 

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Joined: 11-Jan-2010
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Il 29/5/2018 alle 07:55 , Ettore Press ha scritto:

Provo ancora un po' di vergogna personale di quella sera, che lo ammetto non mi ha mai fatto stare sereno. Per un attimo ho anteposto la mia voglia di festeggiare alla tragedia, con la scusa puerile che non capivo bene cosa fosse successo. Per fortuna rientrata immediatamente nell'arco di un amen, e non ho fortunatamente messo neanche mezzo piede in strada. Ma solo aver pensato di farlo, non mi rende per niente onore. Mi scuso ancora adesso...

È anche la prima volta che ne parlo, prima o poi dovevo farlo... 

Ettore ,

non siamo noi a dover giudicare . Io ad esempio , ero ragazzo , dopo la partita andai a letto deluso e triste  , per quanto accaduto , per aver visto la Juve vincere la Coppa dei Campioni nella serata più tragica della storia sportiva . Ricordo e mi vergogno di aver sperato si giocasse . E poi tutte le giustificazioni che ci siamo dati , come quella che se avessimo giocato ci sarebbero stati altri incidenti , tutti pensieri che oggi rigetto con forza , perché è chiaro che non si doveva giocare quella sera , è stato un teatro dell'orrore . Come te mi vergogno anche io di aver pensato anche solo per un minuto al calcio e di aver esultato ( anche solo in silenzio senza proferire parola con chi era accanto a me ) al rigore di Platini . 

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Joined: 08-Sep-2006
1012 messaggi

Un abbraccio ai parenti sempre e per sempre.

Perchè noi ricordiamo e abbiamo dolore ma loro sono quelli che hanno sofferto e soffrono in questi giorni.

 

Bisogna sempre ricordare e mai dimenticare anche quando passano gli anni e si diventa anziani,

e l'età fa aumentare l'ansia per queste cose e ti fa venire il magone quando pensi ad Andrea hai sui 10 anni.

 

 

 

 

 

 

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Joined: 06-Apr-2016
3164 messaggi
Inviato (modificato)

Che dire.. c'è sempre tanta tristezza e tanta rabbia per quella tragedia.. è andato tutto storto quella sera..

RIP

Modificato da ilgobboviguardadallalto

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Joined: 18-Oct-2008
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Inviato (modificato)

 

Amen... ricordo benissimo quel giorno, ho "rischiato" di esserci ma essendo ancora un pischello minorenne mancanza di soldi e di permessi mi fecero abbandonare il progetto... e quella è la coppa a cui tengo di più perché rappresenta un miliardo di cose oltre lo sport... 

 

Chiudo ricordando che molti hanno maledetto gli inglesi, e certo questi soggetti erano gente da galera, ma i veri responsabili di tutto questo, UEFA e Belgio  se la sono passata in sordina scaricando le colpe agli altri, senza mai neanche chiedere scusa, e non hanno mai subito la punizione che meritavano... 

 

 

:sventola::sventola::sventola::sventola:

Modificato da gianky99
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Joined: 01-Jun-2005
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Le lezioni che ci può dare ancora l’Heysel

 

  · 24 mag 2025

 

Andrea
Lorentini oggi è un collega, un giornalista sportivo. Figlio di Roberto, una delle vittime dell’Heysel e medaglia d’argento al valore civile per essere morto tentando di salvare un connazionale, e nipote di Otello, il quale fondò l’associazione tra le famiglie delle vittime di Bruxelles per affrontare il processo e ottenere giustizia dopo la strage dell’heysel. Nel 2015 ha rifondato l’associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel per più motivi. Difendere la memoria dei propri cari, troppo spesso offesi e vilipesi negli stadi e sui social media. Portare avanti progetti contro la violenza nello sport in scuole e università. Organizzare convegni, momenti di riflessione, giornate intorno al 29 maggio 1985 e alla strage dell’Heysel.
“Uno spartiacque arrivato troppo presto. Quando ho perso mio padre avevo appena tre anni e quindi sono cresciuto, di fatto, orfano con tutte le conseguenze che ne possono derivare. Anche se avrò una gratitudine eterna per mia mamma e, soprattutto, per i miei nonni paterni, Otello e Liliana, per avere cresciuto me e mio fratello non facendoci pesare questa enorme assenza e garantendoci una vita sostanzialmente serena”.
Perché nel 2015 hai deciso di (ri)fondare l’associazione fra i Familiari delle Vittime dell’heysel?
“Per non disperdere l’eredità di Otello: il suo impegno civico nella lotta contro la violenza nello sport e quello per tenere viva la memoria delle vittime dell’Heysel in ogni sede, anche civile e penale. E sviluppare progetti di educazione civico-sportiva rivolti alle nuove generazioni per riempire di contenuti la memoria”.

C'è un obiettivo non raggiunto cui tenevi particolarmente?
“Una memoria condivisa con la Juventus. Ci abbiamo provato all’inizio del nostro percorso ad aprire un nuovo capitolo. Non ci siamo riusciti pienamente”.
C’è un obiettivo ambizioso che cercherete di raggiungere in tutti i modi?
“L’istituzione di una giornata nazionale contro la violenza nello sport”.
Qual è stato, se c’è stato, il ruolo della Juventus nel processo di erudizione della memoria?
“Come spiegavo prima, negli anni non ha avuto un ruolo proattivo come ci si poteva aspettare. Apprezzo, comunque, il fatto che la nuova società, nel quarantesimo anniversario, inaugurerà alla Continassa, in un luogo aperto al pubblico, un monumento in memoria dei 39 morti dell'Heysel"

E la Figc?
“Nell’ultimo decennio è stata presente. Nel 2015 abbiamo ritirato insieme all’associazione la maglia numero 39 della Nazionale con una cerimonia proprio allo stadio Heysel, oggi re Baldovino. Un gesto simbolico, ma di grande significato per testimoniare come quella triste pagina debba elevarsi a tragedia di un intero Paese. Nel 2024 quando gli azzurri sono tornati a giocare a Bruxelles hanno reso nuovamente omaggio alle vittime. Aggiungo che la maglia numero 39 è esposta al Museo del Calcio di Coverciano con il quale abbiamo attivato una fattiva collaborazione e per la quale ringrazio profondamente il presidente Matteo Marani, molto attento e sensibile alla memoria”.
In quale preciso momento hai capito che (ri)fondare l’associazione fra i Familiari delle Vittime dell’heysel è stato fondamentale per raccogliere l’eredità della memoria? “Quando hanno iniziato a riconoscere l’associazione come un’entità istituzionale”.
Gli inglesi, i tifosi del Liverpool in particolare, hanno sempre avuto un atteggiamento ambiguo su quello che è successo il 29 maggio 1985, dicendosi responsabili ma non colpevoli, cosa ne pensi?
“Penso che sia un modo ipocrita di raccontare le cose. La responsabilità non è solo la loro, ma da condividere con Uefa e Belgio, però gli assassini materiali sono stati gli hooligans. Più colpevoli di così è difficile immaginarli”.
Perché si confonde spesso la strage dell’Heysel con il tifo calcistico e a chi fa comodo?
“Perché c’è poca conoscenza dei fatti e il pensiero comune e maggioritario è che le vittime fossero tutti tifosi juventini. Fa comodo a chi vuole usare l’Heysel come contrapposizione”.
Da quali fake news devi difendere ciclicamente la memoria dell’Heysel?
“Da quelle che parlano di vittime originate da scontri tra tifosi quando invece la dinamica di quello che è accaduto nel settore Z è fin troppo chiara”.
Al di là dell’Heysel qual è l’eredità personale che ti ha trasmesso nonno Otello?
“Il suo gesto di estremo altruismo è l’esempio più alto che potesse lasciarmi”
“La speranza che la memoria trasmessa alle nuove generazioni serva per una convivenza civile migliore”.

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«L’Heysel? Ho ancora i brividi Così all’alba con De Michelis riportammo a casa gli italiani»
Brunetta: pensavo che Gianni fosse morto, poi quel volo con 80 feriti


Di Gio­vanni Via­fora · 29 mag 2025

 

«Mi ven­gono ancora i bri­vidi. Pen­savo fosse un gioco di appun­ta­menti sal­tati, divenne l’ini­zio di un incubo». Renato Bru­netta, oggi pre­si­dente del Cnel, era a Bru­xel­les quel 29 mag­gio 1985, la notte della strage dell’hey­sel: 39 morti (32 ita­liani), 600 feriti. Una piaga mai rimar­gi­nata. Era con Gianni De Miche­lis, allora mini­stro del Lavoro. Pro­fes­sore, cosa face­vate là? «Era­vamo in città per il seme­stre euro­peo di pre­si­denza ita­liana. Gianni pre­sie­deva la riu­nione dei mini­stri del Lavoro. Io ero il suo con­si­gliere eco­no­mico. Una gior­nata intensa, poi c’era quella par­tita come diver­sivo. Io non sono un grande tifoso, ma sa...».
De Miche­lis andò allo sta­dio prima di lei?
«Sì. Finita la parte for­male, toc­cava a noi sherpa scri­vere il docu­mento finale in tre lin­gue. Gianni mi disse: “Vado, rag­giun­gimi al secondo tempo”. Io restai. Lavo­ra­vamo con il bian­chetto e la mac­china da scri­vere. Era un lavoro cer­to­sino, ma anche una rou­tine col­lau­data. Il clima era quello del dovere che si com­pie, al ser­vi­zio del pro­prio Paese».
Poi?
«Salgo in mac­china, la radio tra­smette noti­zie con­fuse. Vedo gente che corre per strada. Il tas­si­sta sug­ge­ri­sce di lasciar per­dere. Mi con­vinco: tanto la par­tita stava finendo. Ero affa­mato, andai al risto­rante. Dove­vamo tro­varci tutti lì dopo il match. Una tavo­lata pre­no­tata in un locale ele­gante del cen­tro, dove­vano esserci nomi impor­tanti: Kis­sin­ger, Agnelli, diplo­ma­tici, gior­na­li­sti. Nes­suno però arri­vava. Io, nell’attesa, divo­rai tutti i gris­sini, da solo».
Quando ha capito che non era un semplice ritardo?
«Alle 23.30, poi mez­za­notte, ancora niente. Torno in albergo, chiedo al por­tiere com’è finita la par­tita. E lui: “Ma si ver­go­gni, con quello che è suc­cesso!”. Lì capii. Rimasi pie­tri­fi­cato. Era tutto il giorno che non toc­cavo cibo, che non dor­mivo. In quel momento ho sen­tito la fatica più grande: quella della coscienza che si sve­glia bru­sca­mente».
E De Michelis?
«Nes­suna noti­zia. Provo a chia­marlo, nulla. Provo l’amba­sciata, nulla. Temo il peg­gio. Era l’epoca in cui non esi­ste­vano i cel­lu­lari. Verso le tre, tre e mezza, final­mente mi chiama. Anche lui era in ansia: pen­sava che fossi io il disperso. Ci abbrac­ciammo nell’arre­sto”. la hall dell’albergo. Era stra­volto, aveva gli occhi lucidi e il tono rotto».
Che cosa le raccontò?
«Che aveva visto tutto. Che si era tro­vato in mezzo a scene da incubo. Mi disse che a un certo punto, vedendo la poli­zia belga para­liz­zata, aveva ten­tato di dare ordini, indi­ca­zioni. Di aiu­tare. Ma un uffi­ciale lo minacciò: “O sta zitto o Allora si qua­li­ficò. Era Gianni: deciso, intel­li­gente, pronto all’azione. Non ho dubbi che così salvò delle vite. Molti tor­na­rono a casa anche gra­zie a lui».
Nella sua ultima intervista prima di morire, rilasciata proprio al Corriere, Francesco Merloni di Ariston disse che si trovò negli spogliatoi con Boniperti e De Michelis. Boniperti non voleva giocare.
«Ci fu un con­flitto. La gestione della poli­zia belga fu becera. La peg­giore poli­zia del mondo. E c’erano carenze spa­ven­tose in quello sta­dio».
Come furono le ore dopo?
«Duris­sime. Ci sve­gliammo all’alba. Gianni orga­nizzò subito un giro negli ospe­dali. Voleva vedere i feriti ita­liani, por­tare con­forto. Li ricordo come fosse ora: teste fasciate, occhi persi, corpi senza scarpe. La calca aveva strap­pato tutto. Alcuni ci guar­da­rono con rico­no­scenza, altri con dolore muto. Poi Gianni ebbe un’idea illu­mi­nante».
Quale?
«Era­vamo arri­vati a Bru­xel­les con un aereo mili­tare, che ci aspet­tava per il rien­tro. Disse: usia­molo per ripor­tare a casa i feriti che pos­sono viag­giare. Tanto noi era­vamo in tre. Fu tutto orga­niz­zato in poche ore. Arri­va­rono ambu­lanze, auto. Aiu­tammo a farli salire. Alcuni pian­ge­vano, altri sor­ri­de­vano. Era com­mo­vente. Lo staff di bordo fu ecce­zio­nale».
Quante persone riusciste a riportare in Italia?
«Set­tanta, forse ottanta. Tutti con garze sulla testa, pat­tine da aereo ai piedi, occhi lucidi. Sem­brava un pel­le­gri­nag­gio, non un volo. A bordo distri­buivo cara­melle e parole di con­forto. Atter­rammo in sequenza a Milano, Torino, Genova, Firenze, Roma. Credo anche Napoli. A ogni scalo, c’erano fami­glie ad aspet­tare».
Una scena toc­cante...
Ero il suo sherpa Di notte girammo gli ospedali a portare conforto. I tifosi erano scalzi e con la testa rotta
«Indi­men­ti­ca­bile. Quando met­te­vamo piede a terra, c’erano abbracci silen­ziosi. Il dolore non faceva rumore, ma riem­piva tutto. Io ero esau­sto. E Gianni, invece? Una volta a Roma mi disse: “Ti porto a casa”. Lo rin­gra­ziai. Poi gli chiesi: “E tu?”. Rispose sereno: “Ho una cena”. Aveva ancora ener­gie. Un uomo straor­di­na­rio».
Non ne avete mai più parlato?
«Mai. Troppo il dolore. Un peso che ognuno ha por­tato in silen­zio. Era suc­cesso qual­cosa che andava oltre le parole. Una ferita col­let­tiva, ma anche pro­fon­da­mente per­so­nale».
Che immagine le resta, dopo quarant’anni?
«Un misto di buio e uma­nità. L’orrore e la rea­zione. La fol­lia e la soli­da­rietà. L’Hey­sel fu un trauma. Ma quella notte ci furono anche gesti lumi­nosi, gene­rosi, silen­ziosi. Con­servo il dolore di quelle ore. Ma anche l’orgo­glio di esserci stato. E di aver fatto, nel mio pic­colo, la cosa giu­sta».
Ha più rivisto una partita?
«No, mai. Un paio di mesi fa, invece, per la prima volta sono rien­trato in uno sta­dio. L’Olim­pico a Roma. Mi ci hanno por­tato a mar­gine di un evento. Ero io, da solo, nello sta­dio vuoto. Di una bel­lezza inim­ma­gi­na­bile».


 

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