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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Picchiarono un tifoso, chiesto il processo per 9 agenti di ILARIA SACCHETTONI (CorSera 20-01-2012) ROMA — L'occhio elettronico della telecamera registrò il pestaggio. E ora Leonardo Mascia, Guido Faggiani, Andrea Serrao, Roberto Marinelli, Andrea Cramerotti, Fabrizio Cola, Leonardo Vinelli, Rossano Bagialemani e Michele Costanzo i poliziotti che picchiarono Stefano Gugliotta il 5 maggio 2010 al termine della partita Roma-Inter («Credevamo fosse un ultrà») rischiano il processo. Il pm Francesco Polino ha chiesto per loro il rinvio a giudizio con l'accusa di lesioni gravi e violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione. «L'azione rientrava pienamente nell'esercizio delle loro funzioni» è il commento di Eugenio Pini, il difensore di 8 dei 9 agenti della Mobile indagati. Mentre Cesare Piraino l'avvocato del ragazzo si dice «soddisfatto» per le indagini. «Il Mascia Leonardo, inizialmente con azione isolata intimava l'alt al ciclomotore condotto da Gugliotta» si legge nel provvedimento del pm. E ancora: «gli altri otto appartenenti alla pubblica sicurezza lo colpivano tutti con calci, pugni e manganellate, una delle quali particolarmente violenta alla testa che gli faceva perdere i sensi». Gugliotta (arrestato per rissa a giugno) all'epoca perse un incisivo, finì in cella e fu scarcerato dopo 6 giorni con le scuse della questura. ___ Conclusa l’inchiesta sugli agenti della Mobile coinvolti nei fatti del 2010 Il ragazzo fermato nei dintorni dello stadio. L’accusa: lesioni aggravate Per il pestaggio di Gugliotta «processate nove poliziotti» Nove poliziotti della questura di Roma rischiano il processo per il pestaggio di Stefano Gugliotta, il ragazzo di 26 anni fermato nel maggio 2010 da un gruppo di agenti vicino allo stadio. L’accusa per tutti lesioni aggravate. di SALVATORE MARIA RIGHI (l'Unità 20-01-2012) Proprio in questi giorni in cui al cinema, con “Acab”, vanno in scena le loro storie, le loro vite quotidiane tra la legge e chi la offende, tra chi scappa e chi gli corre dietro. Tra la luce e il buio. Nove poliziotti della Mobile di Roma rischiano il rinvio a giudizio con l’accusa di aver pestato e terrorizzato, una sera di maggio di due anni fa, un ragazzo di 26 anni che girava in motorino a due passi dallo stadio. Era il 5 maggio, era appena cominciato il secondo di Roma-Inter, finale di Coppa Italia, quando Stefano Gugliotta, in compagnia di un amico, percorreva Via Pinturicchio, a due passi dall’Olimpico. Lo hanno fermato un gruppo di agenti, celerini come quelli del film, come loro accenti romani e modi bruschi: Acab, “All cops are bastards”, senza bisogno di traduzione, per l’acronimo vergato sui muri o tatuato su qualche bicipite, e riecheggiato una volta di più quando Gugliotta è uscito dal carcere e ha raccontato il proprio incubo. Per qualcuno, anzi per molti è stato un miracolato, uno che poteva fare la fine di un altro col suo nome, Stefano Cucchi. Per gli inquirenti, almeno inizialmente, Gugliotta solo un tipo con precedenti per rapina, lesioni e con una patente ritirata per uso di cocaina. Stefano racconta che erano tre-quattro, all’inizio, poi di più, più del doppio. Un approccio ruvido, dopo l’altolà al motorino, qualcosa tipo «che stai a fà?», e poi il primo pugno, contro la bocca spalancata per lo stupore e la paura. A sferrarlo, secondo le indagini condotte dal pm Francesco Polino, l’agente Leonardo Mascia che quella sera era in servizio insieme ai colleghi Guido Faggiani, Andrea Serrao, Roberto Marinelli, Andrea Cramerotti, Fabrizio Cola, Leonardo Vinelli, Rossano Bagialemani e Michele Costanzo. Tutti sotto accusa, nell’udienza del 7 marzo davanti al gup Valerio Savio, per lesioni aggravate che si sono materializzate in quelle «gravi» alla mandibola e «gravissime per lo sfregio permanente al viso». Piuttosto eloquente, e abbastanza inquietante, l’impianto accusatorio che emerge nella ricostruzione di quella sera fatta dal magistrato inquirente. Il pubblico ministero Polino scrive che gli agenti in servizio di ordine pubblico per la partita dell' Olimpico, «in una zona non interessata agli scontri (viale Pinturicchio) e senza che ricorressero esigenze di tutela dell'ordine pubblico o di contrasto di particolare resistenza», intimavano l'alt al ciclomotore guidato dal giovane romano. Leonardo Mascia, quindi, ha aggredito Gugliotta al volto «schiaffi, manate e manganellate ». Successivamente sono intervenuti gli altri 8 colleghi che «colpivano» il giovane «con calci, pugni e manganellate una delle quali particolarmente violenta alla testa che gli faceva perdere i sensi ». Nella ricostruzione dei fatti tracciata dopo le indagini dal pm, si ipotizza che l'azione violenta sia proseguita davanti ad un blindato con un’altra sequenza di pugni e colpi che tra l’altro hanno fatto perdere un dente a Gugliotta, che si è poi presentato davanti alle telecamere, una settimana dopo, con un buco nell’arcata dentaria. La scena si sarebbe poi spostata dentro il veicolo della polizia, dove «Gugliotta veniva fatto sdraiare a terra immobilizzato con un ginocchio e una mano pressata sul collo». Sulla vicenda c’è stato un unanime coro di indignazione e da più parti, l’allora ministro Maroni come il presidente della Provincia Zingaretti e il governatore del Lazio, Renata Polverini, hanno chiesto di far piena luce. Si è impegnato a farlo il capo della polizia, Antonio Manganelli, mentre la procura, su richiesta dell’avvocato di Gugliotta, Cesare Piraiono, ha aperto un’inchiesta affidata - con una scelta significativa - alla questura capitolina, impegnata così a indagare sui propri uomini. -
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Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Il pm: processate Lavezzi per lesioni La lite in via Nevio, udienza preliminare a febbraio di DARIO DEL PORTO (la Repubblica - Napoli 20-01-2012) È pronto a tornare in campo dopo un lungo stop per infortunio. Ma fra pochi giorni l´attaccante del Napoli Ezequiel Lavezzi, idolo dei tifosi del San Paolo, dovrà presentarsi davanti al giudice come imputato del reato di lesioni che gli viene contestato a seguito della lite scoppiata per ragioni di viabilità in via Nevio la notte tra il 14 e il 15 dicembre 2010. Il pm Giuseppe Cimmarotta ha chiesto il rinvio a giudizio del Pocho e dell´amico che si trovava insieme a lui, l´imprenditore del settore della ristorazione Marco Iorio, che in questo procedimento è accusato anche di violenza privata calunnia e si trova in carcere dallo scorso giugno nell´ambito di una diversa indagine, quella sul riciclaggio di denaro in alcuni locali del lungomare. L´udienza preliminare nei confronti di Iorio e Lavezzi è stata fissata per l´8 febbraio. Secondo la ricostruzione del pm Cimmarotta, Iorio e Lavezzi avrebbero picchiato due ragazzi a seguito, scrive la Procura, «delle discussioni intavolate in via Nevio e riconducibili alla presunta collisione tra la Mercedes di Lavezzi e la Meriva» di uno dei ragazzi. Uno dei giovani, Ernesto, di 22 anni, sarebbe stato schiaffeggiato da Iorio mentre Lavezzi, che non era stato convocato per la partita di Europa League Napoli-Steaua a causa di una distorsione alla caviglia, lo avrebbe colpito con calci e pugni. Il Pocho avrebbe poi inferto un cazzotto alla nuca di un altro ragazzo, Luigi, di 21 anni. Ernesto ha riportato lesioni alla faccia e alla spalla giudicate guaribili in una settimana dai sanitari del pronto soccorso dell´ospedale Fatebenefratelli e ha sporto querela subito dopo il fatto con l´assistenza dell´avvocato Giorgio Balsamo. «Non ho aggredito nessuno», ha sempre replicato Lavezzi (difeso dagli avvocati Maurilio Prioreschi e Paolo Rodella) assicurando di essere sceso dalla vettura solo per dirimere la lite e non per menare le mani. Sono ancora aperti i termini per una eventuale remissione di querela che potrebbe chiudere il caso con un accordo tra le parti senza arrivare quindi al possibile processo. Iorio è accusato di calunnia per la denuncia presentata al commissariato di Posillipo dove accusava, falsamente secondo la Procura, i ragazzi che si trovavano sull´altra vettura di minacce e percosse. Per questa ragione il pm Cimmarotta ha chiesto l´archiviazione del fascicolo aperto nei confronti dei quattro giovani. Contro questa decisione hanno presentato opposizione gli avvocati di Iorio, Marco Pietroluongo e Ernesto Palmieri, pertanto il gip ha fissato per questa mattina l´udienza camerale per decidere se accogliere la richiesta di archiviazione, disporre nuove indagini o imporre al pm la formulazione dei capi d´imputazione. -
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Masiello, primo pentito di A oggi dirà tutto su Palermo-Bari A Cremona dai pm, poi andrà anche da Palazzi di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 20-01-2012) Il primo "pentito" della serie A italiana. Il primo a voler collaborare con la magistratura, penale e sportiva. Andrea Masiello, terzino dell´Atalanta, lo scorso anno al Bari («il Thuram bianco» lo chiamava Fabio Capello ai tempi della primavera della Juventus), sarà ascoltato oggi dal procuratore capo di Cremona, Roberto Di Martino. E´ stato il calciatore a volere l´interrogatorio: ha fatto sapere agli inquirenti di voler raccontare tutta la verità su Palermo-Bari del 7 maggio scorso. La gara terminò 2-1 per la squadra di casa. Doveva finire 3-1, poi Miccoli (all´oscuro degli accordi) sbagliò un rigore e saltò la combine. L´accordo era stato preso dagli Zingari con cinque giocatori del Bari, ha raccontato Carlo Gervasoni: Masiello appunto, Parisi (ora al Torino), Rossi (Cesena), il portiere Padelli (Udinese) e Bentivoglio (Samp). Le dichiarazioni di Gervasoni sono state già riscontrate dalla Polizia di Cremona attraverso le celle telefoniche e altri riscontri tecnici. La prova regina è però arrivata da Bari dove il procuratore Antonio Laudati con i carabinieri del reparto operativo hanno in piedi un´inchiesta sul calcioscommesse e sul riciclaggio del denaro mafioso. Cremona e Bari si sono scambiati gli atti. Ed è arrivata la svolta. Bari ha iscritto nel registro degli indagati per frode sportiva un infermiere, tale Angelo Iacovelli. L´uomo (ascoltato in qualità di testimone) ha raccontato di aver fatto da postino tra gli "Zingari" e i calciatori, portando loro 80mila euro a testa (non ha fatto però il nome di Padelli). La scommessa però non si è conclusa per "colpa" di Miccoli: il calciatore del Palermo sbaglia un rigore sul finale e così non si realizza il risultato per cui gli "Zingari" avevano pagato. Per questo Masiello, tramite Iacovelli, avrebbe restituito agli slavi il denaro. Iacovelli non ha confermato il racconto quando si è però presentato come indagato davanti al pm Ciro Angelillis: il suo legale, Piero Nacci Manara (che ora ha rinunciato alla sua difesa, avendo preso quella di Parisi, uno dei calciatori coinvolti nella vicenda) gli ha consigliato di avvalersi della facoltà di non rispondere. Ma gli investigatori avrebbero in mano già tutte le prove per riscontrare la sua prima versione. Forse per questo Masiello - assistito dall´avvocato Salvatore Pino, che segue Doni e ha fatto assolvere dalla giustizia sportiva in estate Manfredini - ha deciso di offrire la sua collaborazione a tutti. Ai pm di Cremona. A quelli di Bari dove sarà ascoltato la prossima settimana. E anche al procuratore della Federcalcio, Stefano Palazzi, sperando in uno sconto di pena. La vicenda Masiello però rischia di provocare un terremoto: per i calciatori, visto che sul tavolo di Palazzi ci sono i 41 nomi di giocatori tirati in ballo da Gervasoni e indagati a Cremona (alcuni di serie A). E soprattutto per le società (Atalanta, Bari, Lecce e Lazio) che rischiano pesanti penalizzazioni. -
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CALCIOPOLI: CONTINUA LA BATTAGLIA DELLA JUVENTUS La Juve porta il Tnas in Tribunale Il lodo impugnato alla Corte d’Appello. Corte dei Conti: aperto fascicolo sul consiglio federale di GUIDO VACIAGO (Tuttosport 20-01-2012) TORINO. La battaglia continua. D’altra parte la calma apparente dell’ultimo mese era sostanzialmente dovuta ai tempi tecnici che richiedono gli scontri legali. E la Juventus è pronta a iniziare il 2012 con un’altra causa nei confronti della giustizia sportiva. Verrà impugnato il lodo del Tnas, quello con cui il collegio del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport si dichiarò incompetente a giudicare la vicenda dello scudetto 2006. Ieri la società bianconera ha fatto richiesta allo stesso Tnas di cinque copie di quel documento, con l’intenzione di portare il caso davanti alla Corte d’Appello di Roma. Una scelta che fa presumere la richiesta di una nullità radicale della decisione del Tnas. Il tutto in linea con quello che ha sempre sostenuto il legale della Juventus Michele Briamonte, architetto della controffensiva legale bianconera, ovvero che il Tnas ha commesso gravi errori nella vicenda, a partire dal non essere entrato nel merito della questione. CAMPO DI BATTAGLIA Insomma, parallelo al “ricorsone” da 440 milioni di euro al Tar, correrà quest’altro appello che amplia il campo di battaglia: non solo giustizia amministrativa, ma anche ordinaria. L’obiettivo è sempre lo stesso: scardinare uno degli atti più incongruenti del caso Calciopoli: l’assegnazione dello scudetto 2006 all’Inter, che in seguito la stessa Figc, nella figura del procuratore federale Stefano Palazzi, ha giudicato colpevole della violazione dell’ex articolo 6, quello che parla di illecito sportivo e per il quale si può anche essere retrocessi. STESSA POSIZIONE Dal maggio del 2010, oltre un anno e mezzo fa, la posizione della Juventus non è mai cambiata, così come la sua richiesta: avere una spiegazione comprensibile e chiara sul perché, di fronte a fattispecie analoghe, la Figc ha giudicato in modo diametralmente opposto e perché il Consiglio Federale del 18 luglio 2011, al quale la Juventus chiedeva la revoca del titolo incriminato alla luce della succitata “relazione Palazzi”, ha scansato ogni responsabilità, dichiarandosi incompetente. TUTTE LE STRADE La giustizia sportiva, finora, non ha dato risposte. E la Juventus procede presso tutte le altre giustizie e tutti i tribunali possibili. Anche la Corte dei Conti che avrebbe aperto, in data 9 gennaio, un fascicolo proprio sul Consiglio Federale e la sua non-decisione del 18 luglio. L’esposto della Juventus, insomma, avrebbe trovato un riscontro e i magistrati della Corte dei Conti vogliono, quanto meno, vederci più chiaro nella vicenda. Il tutto mentre si attendono le motivazioni del processo di Napoli che saranno interessanti sotto molti aspetti. I legali di Luciano Moggi e degli altri condannati dalla giudice Casoria, vogliono capire quali percorsi hanno condotto il collegio giudicante a una sentenza così dura e, soprattutto, leggere le spiegazioni di alcune apparenti clamorose incongruenze che emergono dalla lettura del dispositivo. La Juventus è, invece, interessata ad avere conferma fra le righe della motivazione del fatto che la Casoria non ha giudicato oggettivamente responsabile il club per l’operato di Luciano Moggi, come si potrebbe evincere dal dispositivo che assolve i bianconeri. Con questa conferma in mano (e, magari, con qualche considerazione sui modi delle stesse indagini) il ricorso milionario al Tar sarebbe certamente più solido. Ecco perché l’avvocato Briamonte sta aspettando la prima settimana di febbraio per rafforzare la battaglia su quel fronte, il più clamoroso di tutti per l’entità dei danni richiesti dalla Juventus alla Figc. TAVOLO DELLA PACE Insomma, se qualcuno credeva che con la pronuncia (anzi la non pronuncia) del Tnas, la questione scudetto 2006 fosse finita con il 2011, il nuovo anno si apre con un nuovo e interessante capitolo. Ne dovrà tenere conto Gianni Petrucci che, dopo aver raccolto un sostanziale successo con l’allestimento del primo “tavolo della pace”, stava pensando di mettere in piedi una seconda puntata. ___ CONI.it TNAS: Consegnate le copie autentiche del Lodo Juventus /FIGC e Inter Il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, in merito alla controversia Juventus F.C. SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio e F. C. Internazionale Milano SpA, ha consegnato oggi le cinque copie autentiche del Lodo, depositato dal Collegio arbitrale (Dott. Angelo Grieco, Presidente; Avv. Dario Buzzelli e Avv. Enrico De Giovanni) il 15 novembre 2011, richieste ieri dalla società istante ai fini impugnatori. Roma, 20 gennaio 2012 -
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Bienvenus nel calcio globale/1 Inchiesta in più parti sui futuri orizzonti del calcio a partire dal caso Paris Saint Germain Il racconto della trasformazione del Paris Saint Germain da trascurata Cenerentola sportiva di una metropoli poco interessata al calcio a progetto di marketing sportivo globale con sede in una delle città più fancy del pianeta. Una delle migliori case history per fare un punto su quella che sembra essere la naturale evoluzione dello sport più seguito al mondo oltre che per dirimere l’annosa diatriba tra localisti nostalgici che rimpiangono il “calcio solo alla domenica” e globalisti entusiasti che sognano un football modello NBA. di CESARE ALEMANNI (Studio 19-01-2012) Con un cambio di intendimenti piuttosto inatteso, a un certo punto della scorsa estate Leonardo Nascimento de Araùjo o più semplicemente Leonardo ha salutato Milano – la città in cui viveva da quasi 15 anni – e la panchina dell’Inter che occupava da soli pochi mesi ed è salito su un aereo diretto a Parigi dove lo aspettava l’incarico, sontuosamente retribuito, di nuovo Direttore Sportivo del Paris Saint Germain. Era l’episodio grazie al quale saliva alla ribalta delle cronache italiane la notizia che il PSG (squadra ricordata più per la violenza delle sue curve che per i trofei incamerati) si era messo in testa di fare sul serio dopo anni di vacche magre e di coltivare l’idea di portare il Calcio con la C maiuscola in una delle città più iconiche d’Europa; una metropoli che però – escluse le frange del tifo estremo – fino ad allora in Europa rivaleggiava con la sola Berlino per l’indifferenza ostentata di fronte a un pallone. Sono passati sei mesi da quei giorni d’estate, nel frattempo sulla panchina dell’Inter non solo non siede più Leonardo ma nemmeno il suo primo rimpiazzo e per diverse ragioni il PSG è diventato un nome familiare tra chi segue le trattative di calciomercato. Per primo è arrivato il colpo legato a Javier Pastore, giovane talento argentino del Palermo strappato alla concorrenza di Real Madrid, Milan, Barcelona e chissà chi altro per la cifra fuori mercato di 28 milioni di euro, quindi l’acquisto di Menez dalla Roma, poi – due giorni prima di Capodanno – l’annuncio di Carlo Ancelotti come allenatore e, infine, l’inserimento in alcune delle trattative più calde d’ inverno, dal giallo di Pato all’affaire Tevez (notizia dell’altro ieri). Qualche anno fa, quando il PSG tracheggiava nelle parti meno nobili della Ligue 1 (la serie A francese), a Parigi circolava una freddura secondo la quale il vero significato dell’acronimo PSG non era Paris Saint Germain ma Pas Sur de Gagner (trad. Non Certi di Vincere); una battuta che descriveva bene la cifra tecnica di una squadra notevolmente impoverita da anni di gestione al risparmio da parte di un consorzio formato da vari investitori tra cui Colony Capital e Morgan Stanley. Oggi che il PSG si è assicurato il titolo di Champion d’Automne, guida la lega con 3 punti sul Montpellier, ha ottime possibilità di vincere il campionato e punta a essere uno dei contendenti alla prossima Champions League, a Parigi quella freddura la ricordano in pochi ma non per questo tutti Les Parisiens sono completamente soddisfatti della piega presa dal club negli ultimi anni e in particolare a partire dal 31 maggio quando Qatar Investment Authority (QIA) – un fondo sovrano leader mondiale nella produzione e trasporto di Gas Liquido Naturale, con un portafoglio di 50 miliardi di Euro – ha preso possesso del 70% delle azioni societarie proiettando il Paris Saint Germain nel gotha del calcio di nuova generazione, quello in cui investono sceicchi sauditi, imprenditori americani e oligarchi russi. La categoria alla quale già da qualche anno appartengono (con maggiore o minore soddisfazione dei loro tifosi a seconda dei casi) i vari Manchester City, Manchester United, Chelsea etc. Il calcio che è saltato nell’iperspazio del business e dello spettacolo globale, venduto ormai meglio in Cina che in Europa a scapito, secondo alcuni, della dimensione locale del tifo – compimento della rivoluzione imprenditoriale introdotta nella seconda metà degli anni ’80 da Silvio Berlusconi, nei giorni in cui scendeva in elicottero a Milanello dopo aver staccato un assegno da 1, 7 miliardi dell’epoca per il cartellino di Marco Van Basten. ___ Bienvenus nel calcio globale/2 Continua il racconto della trasformazione del Paris Saint Germain da trascurata Cenerentola sportiva di una metropoli poco interessata al calcio a progetto di marketing sportivo globale con sede in una delle città più fancy del pianeta. di CESARE ALEMANNI (Studio 23-01-2012) Secondo alcuni osservatori il termine più adeguato per descrivere i mutamenti in atto intorno al Paris St. Germain non si trova nel linguaggio sportivo bensì in quello urbanistico e quel termine è gentrificazione. Tutto comincia ben prima dell’arrivo dei milionari del Qatar e precisamente intorno alla metà degli anni 2000, circa nel periodo dei disordini sociali che vedono protagoniste le banlieues della città. Disordini che riverberarono anche sulle curve (les virages) del Parc des Princes, lo stadio del PSG situato nel XVI arrondisement, a sud del Bois des Boulognes, dove già da oltre un decennio andava in scena una guerra intestina tra le due curve: la Kop (o Kob) de Boulogne e la Virage Auteuil. Due realtà con un background che più diverso non si può immaginare. La Kop “nasce” infatti a fine anni ’70 prendendo a modello la cultura casual degli hooligan inglesi (Kop come la famosa curva del Liverpool) e senza nascondere l’affiliazione a ideologie di estrema destra da parte di alcuni dei suoi gruppi più influenti (Boulogne Boys, Rangers e Gavroches), mentre la Auteuil viene fondata all’inizio dei ’90 ispirandosi al “Tifo” ultrà italiano e distinguendosi per un approccio più “colorito” e apolitico ma anche – soprattutto dopo il sollevamento delle banlieues – per il sempre maggior numero di “cani sciolti” provenienti dalle cités multietniche. . Al culmine di un clima di scontri sempre più tesi e frequenti, il 28 febbraio 2010, prima di PSG – Olympique Marsiglia, alcuni affiliati alla Kop cercano lo scontro con alcuni elementi della Virage Auteuil: uno de Les Kopistes resta a terra venendo accerchiato da un manipolo di rivali. Viene linciato sul posto e muore due settimane dopo. Diversi media francesi non mancano di sottolineare con la matita blu che la dinamica del pestaggio ha visto coinvolti numerosi individui di colore contro un unico maschio bianco; ignorando quasi completamente anni di provocazioni razziali da parte dei membri della Kop. C’è chi scrive che per quanto provocatori, i Boys (bianchi) della Kop si mantengono comunque fedeli a un “codice d’onore” mentre gli infiltrati (perlopiù neri) nella Auteuil non hanno altro scopo che le pratiche violente. A torto o a ragione si sostiene che il Parc des Princes si sia trasformato in una polveriera dove si sfogano più generali malesseri sociali della capitale francese e che quindi urgono provvedimenti drastici; ne va della stessa sopravvivenza del club dichiara Yama Rade, Segretaria di Stato per gli Affari Sportivi. Si decide l’immediata sospensione della vendita di biglietti per tutte le trasferte fino alla fine della stagione 2009/2010 mentre le tre partite successive alla morte di Yann Lorence – questo il nome del Kopiste deceduto – vengono giocate a porte chiuse e cinque delle maggiori tifoserie delle due curve vengono sciolte “de facto” dalle autorità. Nel frattempo la direzione del PSG lavora a un piano che possa ridare credibilità al club e riportare un clima di serenità allo stadio. La soluzione che viene trovata è di una drasticità inaudita: l’annullamento di tutti gli abbonamenti per entrambe le curve. Un migliaio di membri dell’Auteuil si raduna pacificamente davanti al Parc des Princes, il 15 maggio 2010, per protestare la propria estraneità alla violenza e il proprio dissenso rispetto a una misura così netta. Si accusa la polizia di non essere stata in grado di fare distinzioni tra troublemaker e semplici tifosi. Qualcuno sostiene che la morte di Lorence sia stata usata come pretesto per fare piazza pulita delle fasce più umili del tifo, per fare spazio anche nelle curve a un nuovo target più facoltoso: un pubblico medio-alto borghese con maggiori possibilità di spesa. La verità, secondo Moacir De Sa Pereira un giornalista che ha scritto il pezzo definitivo sull’evoluzione recente delle due virages parigine, è che l’unica colpa commessa dal 90% dei Viragistes è stata quella di «aver acquistato i biglietti più economici di tutto lo stadio». Si estende un paragone con un’uscita molto discussa di Sarkozy, il quale, nel 2005 dopo un grave fatto di violenza avvenuto in una banlieue, si espresse in questi termini: «le terme “nettoyer au Kärcher” est le terme qui s’impose, parce qu’il faut nettoyer cela» («s’impone l’uso del termine Kärcherizzare, perché qui bisogna fare pulizia»). Dove per Kärcher si intende una macchina per le pulizie ad altissima pressione e intensità di lavaggio. Insomma, con la morte di Yann Lorence, si apre così il capitolo chiamato TousPSG, dal nome del “piano” anti-violenza ideato a metà 2010 dai vertici del club parigino, che si rivelerà un tappa fondamentale per i futuri destini del PSG sospesi tra investitori mediorientali, place marketing, gentrificazione sportiva e dinamiche politico-economiche internazionali dalle quali proprio lo stesso Sarkozy (tifoso PSG) non si rivelerà del tutto estraneo. ___ Bienvenus nel calcio globale/3 Continua il racconto della trasformazione del Paris Saint Germain da trascurata Cenerentola sportiva di una metropoli poco interessata al calcio a progetto di marketing sportivo globale con sede in una delle città più fancy del pianeta. di CESARE ALEMANNI (Studio 26-01-2012) Inizio 2011. Una volta ultimata, non senza qualche intoppo, la bonifica delle turbolente curve del Parc Des Princes con l’iniziativa Tous PSG che introduceva, in particolare, una carta chiamata Carte Tous PSG, simile alla “nostra” discussa Tessera del tifoso; a fine 2010 il club parigino tornava a essere un boccone appetibile per nuovi investitori, specie dal momento che Colony Capital, il fondo americano che ne possedeva la maggior parte (95%) delle quote, ormai da tempo manifestava la volontà di diminuire il proprio impegno nella capitalizzazione della società. È a quel punto che entrano in scena Nicholas Sarkozy – nella doppia veste di inquilino dell’Eliseo e di tifoso PSG – e i suoi buoni rapporti con Tamim bin Khalifa Al-Thani, figlio dell’emiro Hamad bin Khalifa Al-Thani e dunque principe ereditario del Qatar, nonché plenipotenziario di alcune delle maggiori holding di Doha. Rapporti avviati a metà anni 2000 e divenuti talmente buoni che nel 2010 Sarkozy ha insignito l’appena 31enne Tamin della carica di Gran Ufficiale della Legione D’Onore e pare che sia stato proprio durante una cena a tre – presenti Tamim, Sarkozy e Platini – che il presidente francese ha convinto quello dell’UEFA a fare pressioni sulla FIFA per assegnare, il 2 dicembre dello stesso anno, l’organizzazione dei mondiali del 2022 al Qatar (nell’organizzazione dei quali, guarda caso, saranno coinvolti numerosi grandi gruppi imprendioriali francesi). Ma ovviamente non è solo il calcio ad alimentare le relazioni tra i due paesi. C’è ben altro, a cominciare dalla guerra in Libia: sostenuta fortemente dalla Francia e appoggiata – unico tra i paesi arabi – dal Qatar tramite il quale i transalpini hanno aperto un canale privilegiato per la vendita di armi ai ribelli. O l’esenzione fiscale sulle rendite immobiliari accordata agli investitori della piccola penisola mediorientale sul suolo francese; un favore prontamente ricambiato con identica facilitazione per le aziende francesi che investono nella offerta di servizi in Qatar (di cui si giova, per esempio, Technip che fornisce le infrastutture per lo sfruttamento del gas naturale di cui il Qatar è il primo produttore mondiale). Quasi un decennio di rapporti privilegiati approdati infine sulle prime pagine dei quotidiani sportivi il 31 maggio 2011, quando viene annunciato l’ingresso del fondo sovrano d’investimenti Qatar Investment Authority nell’assetto societario di un PSG parzialmente epurato dalle violenze sugli spalti ma ancora deficitario sotto il profilo dei risultati. Fuori dalla zona Champions, i parigini sono un fronzolo sportivo a cui – soprattutto dopo che sono stati messi quasi fuori gioco gli estremisti (veri o presunti) del tifo – nella Ville Lumière sembrano affezionati in pochi. Uno dei rari citoyens della capitale con “la grippe” per il calcio e per la squadra locale è proprio il premier, il quale non si fa sfuggire l’occasione di stringere ancora di più i rapporti con Tamim coadiuvandone l’acquisto del pacchetto di maggioranza (il 70%) del PSG, consapevole del fatto che, da tempo, il principe ereditario e la sua famiglia guardano con interesse alla possibilità di investire nel calcio europeo, come testimoniato dalle voci circolate a metà 2010 di una offerta da 1,5 miliardi di sterline per l’acquisto del Manchester United o, ancora di più, dalla sponsorizzazione a partire da questa stagione del Barcelona da parte di Qatar Foundation – organizzazione no-profit fondata nel 1995 direttamente dallo sceicco Hamad; una delle principali agenzie di soft power a disposizione dell’Emirato. Una sponsorizzazione dal valore complessivo di 170 milioni di euro per comparire sulle maglie blaugrana da qui al 2017. Quello sostenuto dalla QIA per aggiudicarsi il 70% del pacchetto societario del PSG è un investimento stimato intorno ai 50 milioni di euro a cui vanno aggiunti ulteriori 19 milioni di euro per appianare debiti pregressi. Fatte le debite proporzioni si tratta tutto sommato di una piccola ciliegina su una torta molto più grande che – per rimanere solo al calcio – comprende, tra l’altro, l’acquisto, maturato a luglio 2011, dei diritti di trasmissione sul territorio francese di tutte le partite della Ligue 1 a partire dal 2012 fino al 2016 (90 milioni di euro a stagione) da parte di Al-Jazeera. Che, per i meno attenti, ha sede in Qatar. ___ Bienvenus nel calcio globale/4 Si conclude qui il racconto della trasformazione del Paris Saint Germain da trascurata Cenerentola sportiva di una metropoli poco interessata al calcio a progetto di marketing sportivo globale con sede in una delle città più fancy del pianeta. di CESARE ALEMANNI (Studio 30-01-2012) Dopo essersi aggiudicata la scorsa estate i diritti esclusivi di trasmissione, fuori dal territorio francese, delle partite di Ligue 1 per una somma di 60 milioni di euro a stagione (validità: 2012 – 2016), pochi giorni fa è arrivata la notizia che Al Jazeera Sport avrebbe finalizzato un ulteriore e più esteso accordo con la Lega Calcio Francese (LFP). Un contratto di cui non si conoscono ancora né i termini economici né la durata ma grazie al quale, a partire dalla prossima stagione, la rete Qatariota diventerà ufficialmente il player numero uno nella trasmissione “Pay-Per-View” del campionato francese anche all’interno dei confini transalpini, avendo acquistato un pacchetto di diritti che “pesa” per un totale di 8 partite su 10 di ogni singola giornata di campionato. Un netto salto di qualità per le strategie di penetrazione nello sport europeo da parte del network diretto da Nasser Al Khelaifi: un passato da tennista di belle speranze e un presente da businessman sportivo costruito anche grazie alle ottime relazioni con l’Emirato che amministra le finanze del Qatar – la famiglia Al-Thani – a partire dallo sceicco Hamad fino al principe Tamim, l’ “uomo” di Sarkozy, colui che più di ogni altro sta sovrintendendo all’ “invasione” dei patrimoni Qatarioti in terra francese, nonché l’uomo che ha messo Nasser Al Khelaifi prima al comando di Al Jazeera Sport e poi sul seggio Presidenziale del PSG. Come si anticipava già nella terza parte di questo pezzo, il calcio e la televisione rappresentano però appena la punta dell’iceberg dell’avventura geopolitica Qatariota in Francia e delle relazione tra i due paesi. Oltre a questo tipo di investimenti molto “visibili”, il piccolo emirato saudita sta infatti penetrando in modi più discreti nel tessuto economico francese, cercando di raccogliere consensi e sentimenti di simpatia. Va letta in tal senso la creazione di un fondo di 50 milioni di euro a disposizione di giovani imprenditori provenienti dalle banlieue parigine. Secondo molti analisti, il Qatar starebbe cercando di creare legami con alleati di un certo peso nel mondo occidentale per far sì che se ce ne fosse bisogno, in caso di rovesci nel turbolento panorama mediorientale, essi sappiano ricompensare queste partnership con importanti favori politici se non addirittura militari. Come dichiarato dall’economista Muhammad Ammar: «Gli investimenti sportivi fanno parte di una chiara strategia dell’Emirato per aumentare il benessere, la stabilità e la sicurezza della nazione». In Francia, però, non tutti guardano con uguale simpatia alle recenti mosse della famiglia Al-Thani. È il caso per esempio di Marine Le Pen – candidata presidenziale per il Front National, il partito di estrema destra fondato nel 1972 dal padre Jean Marie – che ha accusato l’Emirato di voler islamizzare le periferie francesi e di fare il doppio gioco presentandosi come una paese illuminato e moderato quando invece offre supporto a gruppi di estremisti in Medio Oriente e Nord Africa. Per quanto ciò possa dispiacere a Le Pen, a onor del vero va detto che la firma del contratto con Al-Jazeera permette al calcio francese di tornare a respirare dopo i numerosi tentativi fallimentari di rinnovare un accordo esclusivo con Canal+ sulle stesse basi – economicamente molto, troppo generose; sicuramente incompatibili con la Crisi – di quello stipulato nel 2007. Una situazione d’incertezza che stava gettando numerosi club nel caos e nell’incubo di una bancarotta evitata in extremis come confermato dalle dichiarazioni rilasciate pochi giorni prima della chiusura degli accordi dal presidente del Toulouse: «Le trattative non sono ancora finite. Ma per fortuna che sono ancora in piedi altrimenti sarebbe stato un cataclisma per il calcio francese». D’altro canto è ugualmente evidente che, dato l’impegno finanziario promesso da Al-Jazeera, il network arabo e con esso il paese che rappresenta si aspettano una serie di ritorni importanti, non solo dal punto di vista politico, ma anche da quello economico e dell’immagine. Ed è a questo punto che si chiarisce quanto sia stata strategica l’acquisizione del PSG. È infatti chiaro che una squadra che ha sede in una delle città più conosciute, visitate, amate e mondane del pianeta apre a un ventaglio di potenzialità affascinanti. Un Paris Saint Germain vincente e addobbato di grandi nomi in campo ha infatti tutte le carte in regola per diventare uno dei più grandi crack del marketing sportivo globale negli anni a venire e per calamitare maggiore interesse sul calcio francese, valorizzando così l’investimento del network di Doha. Si spiega in questo modo la lunga corte fatta da Leonardo a David Beckham per riportarlo in Europa dagli L.A. Galaxy. Una trattativa sfumata, dice Beckham, per ragioni familiari ma che nessuno, tantomeno i diretti interessati, ha mai nemmeno tentato di mimetizzare come un’operazione di tipo agonistico. Il matrimonio Beckham/PSG era con ogni evidenza un matrimonio basato esclusivamente su mutue complicità di marketing. Anche se è ormai a fine carriera, lo Spice Boy è ancora un brand che si vende bene sui mercati che più interessano alla nuova proprietà del PSG: Cina, Russia e Primo Mondo Arabo. Le operazioni sportive sono state altre: dall’acquisto di Pastore a quello di Sissoko, Menez etc fino alla firma di Ancelotti come allenatore da 6 milioni di euro annui. Eppure, nonostante l’enorme potere d’acquisto e il fascino della città, il PSG (come il Manchester City prima di lui) vive sulla propria pelle il dilemma di essere una società con un portafoglio profondissimo da un lato e una tradizione calcisticamente risibile dall’altro; si vedano in tal senso i rifiuti di Pato e Tevez a trasferirsi a Parigi, la recente insofferenza di Javier Pastore che a giorni alterni dichiara di volere andare a giocare in una grande squadra o il fatto di trovarsi in testa alla Ligue-1 con soli 3 punti di vantaggio sulla seconda dopo aver speso 80 milioni di euro in campagna acquisti contro i 119 messi insieme in totale dalle altre 19 squadre iscritte al torneo. Al momento però queste contrarietà non sembrano preoccupare troppo la nuova presidenza del PSG, convinta che se hai alle spalle abbastanza milioni, nel calcio moderno tutto si possa comprare. Anche il blasone. -
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Il caso Un documento dal Foro Italico chiarisce: «Nelle federazioni solo persone di specchiata moralità» Il Coni non si ferma: fuori i dirigenti condannati art.non firmato (CorSera 19-01-2012) ROMA—Giovanni Morzenti, ex presidente della Fisi, ha parlato di ricandidatura, attraverso il ricorso al Consiglio di Stato; Claudio Lotito, azionista di maggioranza della Lazio e consigliere della Figc, lunedì potrebbe diventare vice presidente della Lega di serie A. Di fronte al caso (non specifico, ma generale) di dirigenti federali condannati in primo grado dalla giustizia ordinaria, che non vogliono farsi da parte, il Coni insiste nella linea dura: nelle federazioni c’è spazio soltanto per persone di indiscussa moralità. È questa la sintesi del comunicato reso pubblico in serata dai vertici dello sport italiano, nel quale si annuncia che il 2 febbraio, giorno nel quale sono stati convocati Giunta e Consiglio nazionale, saranno varate nuove norme relative all’etica da inserire nei codici di giustizia sportiva delle federazioni. Regole che dovranno essere adottate nella prima riunione utile dei consigli federali. Questo il paragrafo più significativo del comunicato: «Il Coni ribadisce con fermezza che non tutto ciò che è lecito è morale e prosegue nell’individuazione di tutti quegli strumenti a tutela dell’etica sportiva, sottolineando ancora una volta che le cariche all’interno delle federazioni e degli organi dipendenti devono essere affidate a persone di specchiata moralità, a tutela dell’immagine dell’intero sport italiano». Il documento di sintesi è stato scritto dopo l’incontro che Petrucci ha avuto con i due vicepresidenti del Coni, Agabio e Pancalli, e con il segretario, Pagnozzi, che hanno analizzato il lavoro fatto dalla commissione dei saggi. La questione morale, che da anni è uno dei punti qualificanti della presidenza di Petrucci, era stata rimessa al centro del dibattito il 20 dicembre, quando, di fronte alle resistenze della Lega di serie A nella difesa di Lotito, condannato dal tribunale di Napoli per frode sportiva (primo grado) , era stato approvato in sede di giunta un codice che prevede la sospensione dei dirigenti condannati anche solo in primo grado e per tutta una serie di reati, tra i quali la frode sportiva, le scommesse, il doping, l’associazione a delinquere, la pedofilia, mafia e aggiotaggio. Il Coni aveva respinto anche il parere consultivo della Corte di giustizia della Federcalcio (presidente Coraggio) che, attraverso un parere ultra petita, non soltanto si era detta favorevole alla permanenza di Lotito nel Consiglio Figc, ma aveva anche negato la validità della delibera di giunta Coni. ___ CALCIOSCOMMESSE Sarebbe il n.1 degli «zingari» Svolta nell’inchiesta Gegic si costituisce di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 19-01-2012) MILANO - L'inchiesta sul calcio scommesse a Cremona è a una svolta: Almir Gegic, colui che è ritenuto dagli inquirenti il capo del gruppo degli «zingari», ha deciso di costituirsi alla polizia italiana. A comunicare la notizia è stato il suo legale, Roberto Vitali che, in un'intervista video pubblicata sul sito del Corriere dello Sport, ha dato l'annuncio atteso da qualche settimana dal pm Di Martino: «Gegic è pronto a rientrare in Italia - ha dichiarato - e a rischiare di fare del carcere pur di difendersi. C'è solo da scegliere tempi e modi. Vuotare il sacco? Questo è un altro discorso.. . Se uno si presenta è evidente che viene per difendersi. E questo non vuol dire vuotare il sacco. Dov'è adesso? Si può dire a casa sua, almeno credo. . . O a casa della moglie o dei genitori... Dove? Diciamo nell'Europa centrale. In Slovacchia? Può essere oppure nei Balcani... Lui latitante? Mai nella vita si consiglia a qualcuno di fare il latitante. Questa può essere solo una scelta della persona». E questa «condizione» è destinata a finire presto anche perché Gegic è stato dipinto in un modo non veritiero, secondo Vitali: «Sembrerebbe quasi un diavolo e invece scorrendo i nomi e le date di nascita degli altri imputati, Gegic risulta essere il più giovane di tutti. E’ quasi impossibile che possa avere un ruolo così importante essendo il ragazzino di turno. Nella prima tranche si era capito che lui potesse accompagnare altri o portare i soldi, mentre con questa nuova ondata di atti le cose cambiano un po'. Valuteremo la situazione con attenzione». Di certo però Gegic è pronto a respingere molte delle accuse emerse anche dall’interrogarorio di Gervasoni: «Ho parlato con il procuratore pubblico di Lugano che segue questa vicenda in Svizzera. Lui ha fatto controlli sulle disponibilità economiche di Gegic e a quanto so non hanno trovato niente di rilevante per lui». Finale significativo e tutto da registrare: «A 31 anni non trova più lavoro in Europa come calciatore, non è tranquillo, ma non è uno che parla a vanvera: se qualcuno ha qualcosa da temere, non deve essere preoccupato da quello che dirà Gegic. Chi non ha nulla da temere, invece, stia tranquillo perché da Gegic non avrà sorprese». CAROBBIO E PALAZZI - Oggi è il giorno di Carobbio che verrà ascoltato dal pm Di Martino, mentre domani a Cremona potrebbe arrivare il procuratore federale Palazzi, desideroso di ricevere nuove carte in vista di imminenti nuovi deferimenti. ___ NORMA ETICA CONI Fuori dai Consigli chi ha avuto condanne penali di MAURIZIO GALDI (GaSport 19-01-2012) ROMA Il Coni va avanti per la sua strada e gli «appunti» della Corte di giustizia federale scivolano via come le dimissioni del suo presidente, Giancarlo Coraggio, all’indomani della dura replica di Petrucci: nelle federazioni c'è spazio solo per persone di specchiata moralità e il 2 febbraio saranno varate dalla Giunta e dal Consiglio Nazionale le nuove norme relative all'etica da inserire nei codici di giustizia sportiva delle singole Federazioni e dovranno essere adottate nella prima riunione utile dei rispettivi Consigli federali. Ieri al Coni Petrucci, Pagnozzi e i vicepresidenti Agabio e Pancalli, hanno deciso «di dare compimento a breve ai percorsi già intrapresi in materia di etica sportiva». Questo significa che la norma dovrà essere immediatamente adottata e che i dirigenti (Lotito per la Figc) saranno immediatamente ritenuti decaduti. ___ CALCIOSCOMMESSE Cuper shock Dalla camorra 200.000 euro in cambio di 4 gare sicure L’accusa della Dda: portati in Spagna nelle mutande Il tecnico: «Soldi di mia suocera, per ristrutturare casa» di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 19-01-2012) Sembra un film, ma è realtà. La scena è questa: un paio di affiliati della camorra si mettono nei calzini e nelle mutande 200 mila euro, poi vanno in Spagna e incontrano Hector Cuper, l’ex allenatore di Inter e Parma. Per la Procura in una stanzetta avviene lo scambio: il tecnico incassa i soldi, gli uomini un foglietto. Sopra ci sarebbero i risultati finali di 4 partite: due del campionato spagnolo, due di quello argentino. Gare, ovviamente, da giocare. La preziosa informazione arriva in Campania dove il clan D’Alessandro la utilizza per scommesse che dovrebbero fruttare milioni di euro sul circuito straniero. Dovrebbero, perché qualcosa va storto: un match finisce in modo diverso. La nostra storia inizia da qui. La genesi I guai per il tecnico nascono da un’intercettazione di due presunti camorristi. Litigano, accusandosi reciprocamente di aver «barato» sulle dritte avute da Cuper. E allora uno di loro va fino a Santander e affronta l’allenatore. Lo insulta e lominaccia. E registra ogni parola. In Italia lo attendono le forze dell’ordine. Tutto sequestrato. L’ascolto del file è micidiale. Questa volta sono i magistrati a partire per la Spagna. Il successivo interrogatorio è definito dagli inquirenti «penoso». Quello conosciuto come l’hombre vertical sbiascica giustificazioni, nega, mainchiodato dalle intercettazioni prova una improbabile retromarcia e ammette. «Sì, dei napoletani mi hanno portato dei soldi. Erano di mia suocera (vive in Argentina, ndi) e servivano a restaurare una casa...». Scusa che ha la stessa consistenza della farina. E infatti i magistrati lo incalzano, Cuper sfinito sospira: «Non so che dirvi. . . ». Basta e avanza per formalizzare l’accusa probabile, compresa quella di riciclaggio. L’inchiesta Le mani del clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia sul calcio straniero è uno dei filoni più interessanti dell’inchiesta napoletana che fa capo alla Direzione distrettuale antimafia (Dda) coordinata da Rosario Cantelmo con i sostituti Pierpaolo Filippelli e Claudio Siragusa. I magistrati da tempo hanno nel mirino i continui affari che la camorra effettua con le scommesse, riciclando vagonate di denaro incassate dal traffico di stupefacenti. Seguendo un’indagine di questo tenore si è arrivati a Cuper. E qui ritorniamo alla «martingala sicura » (scommessa su 4 partite) fornita dal tecnico in cambio dei 200 mila euro e al viaggio in Spagna fatto dal presunto affiliato con un registratore che ha impresso le concitate fasi del faccia a faccia. Un lungo incontro condito da accuse: «Ti sei preso il denaro e ci hai dato una "sola" (fregatura, ndi). Che c.. . . hai fatto? Mi hai messo nei casini». Ed è vero. L’uomo, titolare di un’avviata agenzia di scommesse, per trovare i soldi e poi ripagare le giocate andate a male è stato anche costretto a vendere tutto, agenzia compresa. Cuper ascolta e non reagisce. E’ in chiara difficoltà, prova a interrompere l’uomo,maè subito minacciato. Per gli inquirenti è il caso d’interrogarlo e parte la rogatoria. In Spagna Arriviamo al momento clou. Siamo a fine novembre, gli increduli dirigenti del Santander vedono arrivare gli uomini della Dda: «Dobbiamo sentire Cuper, ecco i documenti». Il tecnico parte male: prova a negare l’evidenza. «Non so di cosa parlate ». L’inquirente gli fa sentire una prima intercettazione e le domande diventano incalzanti. Si arriva alla consegna dei 200 mila euro. La prima risposta è un «non ricordo». La memoria torna dopo pochiminuti: imagistrati lo inchiodano con una telefonata: «Portatemeli, al resto ci penso io». Cuper prova l’ennesima difesa: «Sì, è vero i soldi mi sono arrivati. Li avevano dei napoletani nelle mutande e nei calzini. Ma era denaro dimia suocera, mandati per dei lavori di ristrutturazione di una sua proprietà». Ma perché non ha usato un bonifico, gli chiedono? Silenzio, omeglio: «Hapreferitomandarli attraverso degli amici...». Nelle mutande e nei calzini? Alle contestazioni il volto di Cuper è sempre più terreo. Altro giro, altra scusa. Domanda: come giustifica la sfuriata fatta dal presunto camorrista? Risposta: «Questo tizio mi accusava, ma non sapevo perché. Io pensavo alla gara che dovevamo giocare e lui continuava a parlare. Perché non l’ho cacciato? Non so che cosa dirvi...». Collaborazione in vista? Gli inquirenti non credono a una sola parola detta da Cuper. Sono convinti di avere in mano riscontri evidenti per provare il riciclaggio. E forse l’avvocato italiano di Cuper ha fatto capire la stessa cosa al suo assistito. C’è stata, infatti, nei giorni scorsi una richiesta arrivata alla Dda: il legale ha proposto un nuovo incontro, questa volta a Napoli e senza rogatorie. L’allenatore è disposto a collaborare? Staremo a vedere. Resta da capire la gestione del business internazionale ad opera dei D’Alessandro che si stanno espandendo specie in Romania e in Sudamerica, dove alcuni esponenti avrebbero già preso di mira i club che potrebbero interessare. Magari l’idea era utilizzare Cuper come «consulente». Certo, la carriera del tecnico è a rischio: in Spagna è andato via dal Santander poche ore dopo l’interrogatorio (ufficialmente si parla di dimissioni per scarsi risultati), da fine dicembre ha trovato squadra in Turchia (Orduspor). Vedremo comereagiranno i dirigenti quando sapranno questa storia. E soprattutto: che cosa penseranno i tifosi interisti ripensando al 5 maggio e sapendo che sulla panchina nerazzurra era seduto un uomo che per i magistrati napoletani ha preso 200 mila euro dalla camorra? ___ L’INCHIESTA L’EX GIOCATORE ASCOLTATO DOPO CHE LA SCORSA SETTIMANA ERA TOCCATO AL PRESIDENTE CAMPEDELLI Bettarini e i rapporti con il Chievo A Napoli sentito anche Sartor Nel mirino della Dda i fratelli Cossato e il 3-0 subìto al San Paolo nel maggio 2009 di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 19-01-2012) Dopo Campedelli, Gigi Sartor. La Dda di Napoli continua il suo lavoro sul filone scommesse puntando su Verona. Tanti calciatori, molti indagati, tutti ruotano intorno alla città veneta dalla quale nel 2003 partì l’inchiesta di calcioscommesse che fece da traino a Calciopoli. Gli allorapmdella Dda di Napoli Beatrice e Narducci, sollevarono un velo sul alcune strane vicenda di scommesse seguendo un camorrista a domicilio coatto proprio nella provincia di Verona. Per quella inchiesta dei calciatori furono squalificati. L’indagine Tutto ruota intorno alla figura dei fratelli Cossato e un sospetto Napoli-Chievo 3-0 del maggio 2009. Il loro nome appare nelle indagini di diverse Procure e sicuramente in quella di Napoli sia sul versante della Dda che su quello del pool «reati da stadio» coordinato da Giovani Melillo con i sostituti Ardituro, Capuano,DeSimone e Ranieri. I rapporti tra i Cossato e Silvio Giusti sono molto stretti: hanno giocato nel Chievo e avrebbero contatti con un noto bookmaker austriaco (pare che Giusti per un certo tempo abbia anche lavorato per loro). Attualmente Giusti farebbe anche da «osservatore» per il Chievo («Solo con un rimborso spese e non è tesserato», avrebbe dichiarato lo stesso Campedelli). Infatti Giusti, coinvolto nella bancarotta della Lucchese, avrebbe patteggiato una pena che ne escluderebbe il tesseramento. Rapporti col Chievo Anche a Sartor, arrestato lo scorso 19 dicembre dai magistrati di Cremona, la Dda ha chiesto notizie sul tesseramento di Bettarini, sul ruolo di Giusti (esce dalle intercettazioni tra la segretaria del giudice sportivo Stefania Ginesio e Bettarini). La stessa domanda era stata fatta a Campedelli che aveva fornito una scusa considerata poco credibile («Una parente del d.s. Sartori voleva vedere dal vivo una puntata dell’Isola dei famosi. . . »). Intanto, la Ginesio sembra sia stata per ora sospesa dall’incarico: la Lega di A sta aspettando che un suo legale provveda a trasmettere una memoria sulla sua posizione. -
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L’icona Gianni Agnelli IN BREVE (Studio 19-01-2012) Ieri sera su Rai Cinque è andata in onda una puntata di Icone dedicata interamente alla figura dell’Avvocato Agnelli. A condurla, come sempre, Marco Ferrante (editorialista di Studio oltreché firma di Panorama), che fra l’altro di Agnelli è esperto e biografo e sulla cui saga familiare ha scritto il fortunato libro Mondadori Casa Agnelli. Sull’Avvocato è stato detto tutto e il contrario di tutto, a volte con cognizione di causa, a volte meno. Prendete questi 35 minuti firmati da Ferrante come un ripasso d’autore (imperdibile e pressoché inedita la parte dedicata alla flotta navale personale). http://www.youtube.com/watch?v=6_50QbY3U9c -
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Juventus News.it Agnelli: «E' una Juve più solida» 18 gennaio 2012 La società ha reso noto il risultato dell'aumento di capitale al termine del periodo di offerta in opzione, qui riassunto: - Sottoscritto l’87,4% delle azioni offerte in opzione per un controvalore di circa € 105 milioni - I diritti di opzione non esercitati saranno offerti in Borsa a partire dal 23 gennaio 2012 - Exor S.p.A. ha comunicato che è disponibile a sottoscrivere l’intera quota inoptata, pari a massimi € 15 milioni circa Il Presidente della Juventus Andrea Agnelli ha così commentato: «I dati che mi sono appena stati comunicati, relativi all'operazione di aumento di capitale, ci invitano a proseguire in questo percorso tanto impegnativo quanto stimolante. La sfida per tutti noi è il ritorno ad uno standard competitivo degno della tradizione bianconera, associato ad un equilibrio finanziario ancor più necessario alla luce del contesto macroeconomico». «Il calcio italiano - ha continuato il Presidente - deve tornare ad essere un esempio a livello continentale , ma dovrà farlo grazie ad uno sviluppo compatibile con la congiuntura economica. La fiducia che gli azionisti hanno accordato al management e il supporto decisivo dell'azionista di maggioranza rendono la Juventus di oggi una realtà molto più solida e proiettata verso il futuro». Risultati dell'aumento di capitale al termine del periodo di offerta in opzione -
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Coni.it CONI: Il 2 febbraio riunioni di Giunta e Consiglio Nazionale. Il lavoro dei Saggi e la tutela dell’etica sportiva in primo piano Il Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Giovanni Petrucci, ha incontrato questo pomeriggio al Foro Italico i due vicepresidenti, Riccardo Agabio e Luca Pancalli, unitamente al Segretario Generale, Raffaele Pagnozzi. Nel corso della riunione, dopo aver preso atto dello stato di avanzamento del lavoro realizzato dalla Commissione dei Saggi – giunto alla fase conclusiva –, è stato deciso di dare compimento a breve ai percorsi già intrapresi in materia di etica sportiva. A tal proposito, tenuto anche conto delle indicazione del Comitato Internazionale Olimpico e facendo seguito alla Delibera n. 450 della Giunta Nazionale del 20 dicembre scorso, il CONI ha pertanto deciso di convocare per giovedì 2 febbraio, alle 9.00, la Giunta Nazionale e lo stesso giorno alle 11.30 il Consiglio Nazionale, al fine di integrare i Principi Fondamentali degli Statuti con il “pacchetto” di proposte elaborate dai Saggi. Nelle due riunioni si procederà altresì alla definizione di tutti gli ambiti applicativi della direttiva già emanata che, come è noto, rappresenta una norma cautelare e non sanzionatoria. Le norme saranno inserite nei Codici di Giustizia Sportiva delle singole Federazioni Sportive Nazionali e dovranno essere adottate nella prima riunione utile del rispettivo Consiglio Federale. Il CONI ribadisce con fermezza che non tutto ciò che è lecito è morale e prosegue nell’individuazione di tutti quegli strumenti a tutela dell’etica sportiva sottolineando ancora una volta che le cariche all’interno delle Federazioni e degli Organi da esse dipendenti devono essere affidate a persone di specchiata moralità, a tutela dell’immagine dell’intero sport italiano. Roma, 18 gennaio 2012 -
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CALCIO E POLITICA | IL CASO PARIS SAINT-GERMAIN Una squadra fatta per vincere. Le presidenziali Decine di milioni dal Qatar per comprare il club di Parigi. Altre decine per renderlo vincente. Ma il Psg è solo un tassello di una strategia più complessa che spazia dalla politica internazionale alla televisione. E che potrebbe dare la spinta decisiva nella corsa all'Eliseo. di GIUSEPPE DE BELLIS (PANORAMA | 25 gennaio 2012) A Parigi non c'era calcio e ora c'è più del calcio. Carlo Ancelotti in panchina. Leonardo (al secolo Leonardo Nascimento de Araújo) a fare il mercato, 10 giocatori comprati in un anno, un centinaio di milioni spesi davvero e altrettanti solo sui titoli dei giornali: i nomi di David Beckham, Kaká, Alexandre Pato, Carlos Tevez, trattative, sondaggi, offerte, proposte. Non è solo pallone: dietro al Paris Saint-Germain e ai suoi movimenti di quest'ultimo anno ruota un bel pezzo di potere francese. Questa è una storia che fa dello sport qualcos'altro. C'è una strategia precisa, intorno al Psg: sport, affari, politica, diplomazia, relazioni internazionali. Tutto intrecciato e tutto interconnesso. Perché mai uno sceicco che ha tanta liquidità, Tamim bin Hamad al-Thani avrebbe dovuto investire in un calcio minore come quello francese? Parigi era l'unica capitale d'Europa a non avere una squadra di livello internazionale. Il Paris Saint-Germain è l'unica di una metropoli europea a non essere da Champions league. Qui lo sport c'entra fino a un certo punto. C'entra a parole, c'entra come diversivo. È un cavallo di T***A. Il disegno è chiaro, adesso: il Psg deve diventare un top team per portare Parigi a sedersi al tavolo del potere sportivo europeo. Serve alla città, serve alla Francia, serve all'Eliseo, serve alla rete di rapporti che il presidente Nicolas Sarkozy vuole stringere sempre più. Serve a concretizzare uno scenario che ha come obiettivo quello di portare una coppa al Parco dei principi. Il calcio è un palcoscenico, i soldi permettono di comprare gli attori. Ecco, allora: il Psg era in vendita e a comprarlo, alla fine della scorsa primavera, fu la Qatar sport investment (Qsi), braccio sportivo del fondo sovrano del Qatar fondato nel 2005 dallo sceicco al-Thani, principe ereditario di questo piccolo emirato affacciato sul Golfo con 1, 7 milioni di abitanti. Ricchissimo il suo fondo, ricchissimo il suo paese, ricchissimo lui, che in Francia è di casa: Tamim fu il (primo) leader straniero a essere invitato a Parigi subito dopo l'elezione all'Eliseo di Sarkozy. Leader, neanche capo di stato: a guidare il paese è suo padre, lui sarà il successore perché suo fratello più grande ha rinunciato al trono. Ecco, un erede all'Eliseo prima di Hosni Mubarak, prima di re Abdallah di Giordania, colonne portanti della politica araba di Jacques Chirac. Non fu una scelta casuale né il frutto di un caso. C'è che Sarkozy voleva dimostrare al mondo quali fossero i suoi rapporti privilegiati. Per ribadirlo un anno fa al-Thani fu nominato dall'Eliseo grande ufficiale della Legion d'onore. Non è strano, quindi, che qualche mese dopo sia diventato il proprietario del Psg: 50 milioni di euro in contanti per comprare il 70 per cento del club, altri 85 per la prima campagna acquisti (la metà dei quali spesi per prendere dal Palermo Javier Pastore, acquisto più costoso della storia del calcio francese). L'idea è semplice: inondare di denaro un campionato che finora non aveva grandi risorse e così prendere i migliori per vincere, arrivare in Champions e contare. E Sarkò? Il presidente ha benedetto tutto: tifoso del Paris Saint-Germain e soprattutto interessato a stringere ancora di più la sua alleanza con il Qatar, tanto da sfiorare la crisi di governo quando la ministra dello Sport, Chantal Jouanno, criticò l'ingresso dell'emirato nel club parigino. Le cronache di quei giorni raccontano di un Sarkò infuriato con Jouanno al punto da arrivare a sventolarle in faccia lo spettro delle dimissioni. Libération ha scritto: «Il presidente è il l2° uomo del Psg». II suo ruolo nell'acquisizione è sempre stato negato dall'Eliseo, ma i suoi consiglieri hanno comunque fatto capire che Sarkò non è stato indifferente all'operazione: «Certo che il presidente ha seguito da vicino la trattativa. Anzitutto perché si tratta di uno stato straniero che investe in Francia, e poi perché lui è un tifoso» disse Frank Louvrier, uno dei suoi consiglieri. «Il presidente ha incontrato più volte al-Thani prima che l'accordo fosse concluso. Se ci sono fondi stranieri che possono aiutare lo sport, lui è favorevole». Padrino, insomma. D'altronde, secondo molti Sarkozy sarebbe stato molto attivo anche nei giorni in cui il Qatar cercava di ottenere dalla Fifa l'organizzazione dei Mondiali del 2022. Secondo il mensile Sofoot, il presidente francese si sarebbe speso parecchio per caldeggiare la candidatura del Qatar: a novembre 2010 avrebbe convocato con lo sceicco Tamim anche il presidente dell'Uefa, Michel Platini, per chiedergli di superare le sue diffidenze. Smentite le pressioni, ovviamente. Mai smentito l'incontro, però. Si videro tutti e tre, a Parigi. Mister Qatar da un lato, mister calcio europeo dall'altro, Sarkozy in mezzo. E a distanza di pochi giorni da quell'appuntamento il Qatar ottenne l'assegnazione del mondiale. Coincidenze... Come il resto, per esempio il fatto che molti gruppi imprenditoriali francesi (da Alcatel a Le Meridien, ad Accor, quello di Sofitel e Novotel) saranno coinvolti nel grande business legato all'organizzazione del primo mondiale arabo. O come i rapporti sempre più stretti fra Doha e Parigi. In Libia, nella guerra di Sarkò, per esempio, il Qatar è stato l'unico paese arabo coinvolto. I suoi aerei partivano per i raid con quelli della Nato. E che aerei erano? Mirage, ovviamente, francesi. Affari e diplomazia, quindi. Come sempre, come per il più importante settore dell'economia qatariota: il gas. Le infrastrutture per lo sfruttamento degli immensi giacimenti naturali sono in mano a due società, una è giapponese, l'altra è la francese Technip. Nodi su nodi. Con il calcio a fare da ponte. Il Paris Saint-Germain è quindi un dettaglio di una partita molto più ampia. Un dettaglio importante: è la squadra che conta più tifosi celebri in Francia. I salotti parigini sono entusiasti della nuova proprietà araba: è ricca, è illuminata, è detestata dal Front national di Marine Le Pen, quindi per la proprietà transitiva dev'essere amata per forza persino dalla Parigi radical chic. Quella che non ama per niente Sarkò ma che vive con terrore l'avanzare nel sud del paese della destra più dura incarnata da Le Pen. Soprattutto, comunque, i nuovi padroni del Psg piacciono perché investono: il contratto con cui hanno portato a Parigi Ancelotti poche settimane fa ne è la prova. L'assalto fallito al milanista Pato ne è un'altra. A volte non importa riuscire, basta essere protagonisti. E quest'anno il Paris Saint-Germain lo è: si trascina un pezzo di Francia, tutto il Qatar e l'intreccio che ne consegue. Dietro la squadra c'è un mondo, riguarda anche la tv. L'asta per i diritti del campionato di Ligue 1, la serie A francese, se li è aggiudicati quest'anno Al-Jazeera, emittente del Qatar, un network sempre più forte a livello planetario. Altri 90 milioni di euro sganciati per prendersi un altro pezzo di Francia. Novanta milioni per un campionato che vale meno adesso, ma che in prospettiva dovrebbe essere molto più prezioso. Un investimento sicuro. Garantito, dice qualcuno. Da chi? -
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Caso Sion: un singolo club è in grado di far tremare il mondo del calcio e l’intero sistema della giustizia sportiva di EDOARDO REVELLO dal blog "SPORT & LEGGE" 12-01-2012 Che il presidente del club elvetico Christian Constantin fosse un personaggio alquanto vulcanico e determinato già lo si sapeva. Che questi si sarebbe opposto in ogni modo ed in ogni sede contro l’esclusione dall’attuale edizione dell’Europa League lo si poteva facilmente intuire. Che un giudice ordinario svizzero potesse decidere di dargli ragione in primo grado non era, invece, così scontato prevederlo. Mentre il calcio nostrano era impegnato in estenuanti battaglie per accordi collettivi, ripartizione dei proventi dei diritti tv, revoche di scudetti e tavoli della pace, il mondo del pallone a livello internazionale teneva il fiato sospeso seguendo l’intricata vicenda del caso Sion. Tutto ha inizio nella primavera del 2009, quando la Dispute Resolution Chamber della FIFA (organo di giustizia sportiva competente per le controversie contrattuali di stampo internazionale) condanna il club svizzero per aver forzato un giocatore (il portiere egiziano El-Hadary) a risolvere unilateralmente il proprio contratto con il club di appartenenza (Al-Ahly). In base, infatti, all’art. 17. 4 delle FIFA “Regulations on the Status and Transfer of Players” (RSTP) viene imposto al club elvetico il divieto di tesserare nuovi giocatori per due finestre di mercato sia a livello nazionale che internazionale. Successivamente, nell’estate 2011, il Sion acquista sei giocatori ed inizia a schierarli regolarmente sia nel proprio campionato nazionale che per lo spareggio di Europa League contro il Celtic di Glasgow. Il club scozzese, sconfitto sul campo, fa ricorso alla UEFA eccependo il fatto che il Sion avesse schierato giocatori che non avrebbe potuto tesserare in base alla squalifica FIFA. Da qui nasce l’intera vicenda con sviluppi non soltanto sul piano sportivo ma anche, e soprattutto, sul piano della giustizia ordinaria. In primo luogo in sede UEFA, la Commissione Disciplinare prima e la Commissione di Appello poi danno ragione al Celtic decretando la sconfitta a tavolino del Sion ed il conseguente passaggio del turno per il club scozzese. Il club svizzero, però, ritenendo fortemente ingiusta tale pronuncia, decide di violare la clausola compromissoria (architrave dell’intero sistema sportivo, in base alla quale tutte le controversie relative a questioni disciplinari dovrebbero trovare negli organi di giustizia sportiva la loro sede naturale di risoluzione) e di rivolgersi direttamente ai giudici ordinari svizzeri. Scelta che, in origine, non si rivela poi così azzardata in quanto il Tribunale Cantonale di Vaud il 5 ottobre 2011 emette una prima importante pronuncia in suo favore: in attesa, infatti, di giungere ad una decisione finale viene ordinato alla UEFA, quale misura provvisoria, di reintegrare immediatamente il club nella competizione (pena mille franchi di multa per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento). Il mondo del pallone viene travolto da questa decisione, considerata in violazione delle normative sportive internazionali e del principio di autonomia tra l’ordinamento statale e quello sportivo. La 53 Federazioni affiliate alla UEFA scendono subito in campo a sostegno di una pronta conclusione dell’intera vicenda all’interno dei confini della giustizia sportiva, ovvero attraverso una pronuncia del TAS di Losanna. Lo stesso Tribunale di Vaud, riconoscendo la competenza del TAS a dirimere la questione, concede alle parti 60 giorni di tempo per avviare le procedure in tal senso. La UEFA, dal suo canto, ribadisce di aver agito correttamente nel pieno rispetto delle proprie normative, così come conosciute ed approvate da tutti i club partecipanti alle sue competizioni. L’essersi rivolti ad un giudice ordinario costituirebbe una grave violazione dell’intero sistema sportivo che riconosce il TAS come l’unico e decisivo organo deputato a dirimere le questioni disciplinari relative alle manifestazioni UEFA (Europa League e Champions League). Nel frattempo, nelle more del giudizio, così come richiesto dal Tribunale di Vaud, la UEFA presenta tutta una serie di documenti per illustrare le varie opzioni di reintegro del Sion in Europa League. Essendo ovviamente in corso la competizione, tutti gli scenari proposti non possono che avere un forte impatto sugli altri club in gara. L’intero assetto della giustizia sportiva rischia, in pratica, di venire stravolto dall’intervento di un giudice ordinario: il mondo del pallone resta con il fiato sospeso per alcune settimane, sin quando, dalla seconda metà di novembre, l’ago della bilancia torna a pendere a favore della UEFA. Un primo duro colpo alle tesi sostenute dal Sion viene, infatti, sferrato il 18 novembre, quando la Corte del Canton Vallese ribalta le sentenze di primo (3 agosto) e secondo grado (27 settembre) del tribunale civile di Martigny e St. Maurice che avevano permesso al club elvetico di schierare, con effetto immediato, i sei giocatori tesserati in estate nelle partite del campionato svizzero. Pur trattandosi di una decisione avente valore soltanto sul piano nazionale (erano, infatti, stati aditi giudici locali anche con riferimento al campionato elvetico), non può sfuggire come sia stata riconosciuta, per la prima volta anche da un giudice ordinario, la validità del divieto di agire sul mercato inflitto dalla FIFA nel 2009. Successivamente, il 15 dicembre il TAS conferma la decisione della UEFA di escludere il Sion dall’Europa League, essendo stata correttamente applicata la normativa in materia. Contestualmente, le misure provvisorie adottate dal Tribunale di Vaud il 5 ottobre, che tanto scalpore avevano suscitato, devono essere annullate (CAS 2011/O/2574 UEFA vs. Olympique des Alpes SA/FC Sion). Nonostante l’importante punto fermo stabilito con tale lodo arbitrale, la vicenda non può dirsi ancora conclusa. Due giorni dopo, infatti, la FIFA ordina alla Federcalcio svizzera (ASF) di intervenire in maniera decisa contro il Sion, alla luce della sopracitata decisione del TAS. In particolare, veniva chiesto alla Federazione di rendere effettivo, entro il 13 gennaio 2012, il divieto imposto al Sion di intervenire sul mercato, ovvero annullando le gare o decretando le sconfitte a tavolino in tutte le partite in cui la società elvetica aveva schierato i sei giocatori in questione. Se la ASF non avesse risolto la situazione entro tale scadenza, sarebbe automaticamente scattata la sospensione dei club e della nazionale nelle competizioni di stampo internazionale (con il Basilea che rischiava, così, l’esclusione dagli ottavi di Champions League e la nazionale a rischio per le qualificazioni ai Mondiali del 2014). Di fronte alle pesanti conseguenze paventate (e nonostante la richiesta del Sion di agire nei confronti della FIFA presso il TAS contro quello che veniva considerato come un illegittimo ultimatum), la ASF ha deciso di infliggere ben 36 punti di penalizzazione al club, relegando così la squadra all’ultimo posto della Super League svizzera. Tirando le somme dell’intera vicenda, pare dunque che il Sion esca sconfitto da questa lunga querelle autunnale sia sul piano domestico che su quello continentale. In realtà, sono ancora pendenti alcuni procedimenti penali e questa stessa ultima penalizzazione potrà essere impugnata in sede sportiva. Tenuto conto della risaputa combattività del Presidente Constantin, non sono da escludersi ulteriori futuri colpi di scena, visto peraltro che è tutt’ora pendente presso la Commissione Europea un ricorso dei 6 giocatori coinvolti (per la presunta violazione di alcune norme di diritto comunitario) assistiti dall’Avvocato Dupont…il legale di un certo Marc Bosman!! -
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Tommasi e l’omofobia nel calcio di GABRIELLA GREISON dal blog su "il Fatto Quotidiano.it" 18-01-2012 E’ successo stanotte. Tipo all’una. Damiano Tommasi (l’ex calciatore, l’attuale presidente dell’Assocalciatori) mi ha cercata su Facebook, e mi ha scritto un messaggio. In risposta al mio post uscito sia su Cadoinpiedi.it, sia sul mio blog personale, Greison Anatomy. Era un post, il mio, in cui commentavo le sue parole, , durante un’intervista radiofonica (diceva: “L’omosessualitànel calcio è ancora un tabù e anche il coming out è sconsigliabile. C’è una convivenza tra colleghi, diversa da ogni altra professione. Esprimere la propria preferenza sessuale è difficile in tutti gli ambiti, ancor di più per un calciatore che vive nello spogliatoio, e condivide anche la sua intimità, con altri. Nel nostro mondo si potrebbe creare imbarazzo; uno sport dove ci si spoglia, potrebbe diventare una difficoltà in più, nella vita di tutti i giorni”). Vi allego, per dovere di replica, la sua risposta di stanotte. E poi ci riflettiamo sopra. “Mi permetto questa intrusione solo perché si è chiacchierato molto sui lanci d’agenzia di qualche settimana fa. Solo oggi ho letto lo ‘stupore’ nell’articolo su cadoinpiedi. Questo link riporta (a pag. 7) un piccolo cenno di chiarimento. Forse basterebbe ascoltare la chiacchierata con Klaus Davi ma non tutti (credo pochi) hanno tempo e modo di ascoltarsi le interviste su youtube. Detto questo, effettivamente credo che abbiate sopravvalutato Tommasi, basta in fondo che un calciatore (ex) risponda leggermente fuori dalle canoniche interviste per pensarlo ‘intellettuale‘. Ma questo fa parte dello show businness e ormai ci ho fatto il callo cercando di conviverci ma sforzandomi di non crederci troppo! Buona lettura e…. . ascolto. Con stima (davvero). Damiano" Ecco, beh, la sua risposta mi ha fatto venire alcune considerazioni. Intanto, è bella. Ok. E scritta bene. E mi è piaciuto il gesto. E ci vuole coraggio. Ok, ok, ok. Insomma, l’ho molto apprezzata. Poi, ho pensato che Tommasi ha una giusta considerazione di sé (se non prendiamo sul serio quella terza persona usata, a un certo punto, durante l’intercalare… (terza persona, come faceva Maradona, e che concedo solo a Maradona)), e questo non è da sottovalutare. Nel senso: non si sente intellettuale, e dice che basta che un calciatore risponda fuori dalle righe consuete per farlo credere, ed è molto vero. Siamo così abituati alle risposte fotocopia date dai calciatori, piene di luoghi comuni e banalità, che un riferimento ad un libro letto, oppure una citazione cinematografica, ci fa subito strabuzzare gli occhi dall’entusiasmo, e seguire con spasmodica ammirazione il campione di turno. Però, poi, Tommasi mi chiede di andare a risentire l’audio di quella trasmissione, in cui diceva le cose che ci avevano tanto scioccato, e allora ripenso alle stesse cose che già avevo pensato (perché la trasmissione, sì, l’avevo sentita….e nel mio vecchio post, era pure riportato il link). Lui continua ad essere stupito del nostro stupore. e io continuo a pensare che le sue parole confermano e rafforzano il tabù esistente sui calciatori omosessuali; incentivano e ufficializzano la discriminazione. Ma, detto questo, mi linka pure una pagina tratta dalla rivista “il Calciatore”, distribuita alle squadre di calcio dall’Assocalciatori, e non ci trovo nessun elemento nuovo, o di illuminata sapienza (ma forse mi ha allegato una parte sbagliata… e seppur sia andata sul sito originario, per cercare quella pagina 7, consigliata con un “buona lettura”, non ho trovato niente, sob!, mannaggia, peccato). Però, se rileggo i commenti scesi a cascata, quelli dei lettori, dopo l’uscita del mio primo post, beh, sì, qualcosa in più inizio a chiedermi anch’io. E cioè: in Italia, siamo veramente così anni luce indietro su questo argomento? Perché in altri settori, tipo la musica, il cinema, la discriminazione non è così alta? Perché il calcio porta – ancora – con sé tutto questo machismo? Perché se un calciatore è omosessuale, non lo sappiamo? -
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Il tariffario senza vergogna del calcio italiano di GIOVANNI CAPUANO dal blog "Calcinfaccia" 18-01-2012 Il derby di Milano ci permette di aggiornare il tariffario della vergogna del calcio italiano, quel bollettino di multe e sanzioni che accompagna il martedì dei tifosi cercando di dare un peso all'inciviltà che regna nei nostri impianti. Il povero Tosel, obbligato a equilibrismi impensabili per districarsi tra cori razzisti, striscioni idioti e petardi che sembrano bombe, tutte le settimane si misura con comportamenti che - nella maggior parte - appartengono solo ai nostri salotti. Il rischio, però, è che alla fine perda di vista alcuni principi fondamentali. Lui e chi sui campi di calcio è deputato a osservare cosa succede fuori dal terreno di gioco e non solo dentro. E' il caso del derby di San Siro in cui gli ultras dell'Inter hanno fatto sfoggio di inciviltà allietando i presenti lungo tutto il corso della partita con striscioni dedicati a Gattuso e Cassano e alle rispettive malattie. Una mancanza di educazione, stile e umanità che sarebbe incommentabile se ci trovassimo di fronte alla vita normale, quella di tutti i giorni, in cui in ufficio o in fabbrica si spera che qualcuno intervenga se il vicino di posto prende di mira un collega in difficoltà. Sappiamo che qualche volta non avviene, ma quando accade il fatto è giustamente additato come incivile. Allo stadio, invece, si può senza che a nessuno venga in mente di dire nulla. Non si hanno notizie di scuse ufficiali o anche solo private da parte dell'Inter ai due giocatori (e nemmeno a Ibrahimovic apostrofato come 'zingaro' per tutta la partita). Del resto come biasimare i dirigenti e giocatori interisti se il fatto - ampiamente ripreso e fotografato dalle centinaia di operatori dell'informazione presenti allo stadio - è passato inosservato anche a quarto uomo, commissari della Lega e, infine, al povero Tosel. Ecco, dunque, aggiornato il tariffario della vergogna del calcio italiano. Prendere per il c**o un uomo per la sua condizione di quasi cecità o perché ha seriamente temuto di dover trascorrere il resto della vita da malato cardiaco per il giudice sportivo italiano non costa nulla. Zero virgola zero. Nemmeno un centesimo. Così Tosel si è risparmiato di dover usare la solita formuletta sulla "fattiva collaborazione del club a fini preventivi e di vigilanza" che di solito accompagna la sanzione attenuandone la colpa per i dirigenti, come se gli ultras vivessero nella loro splendida impunità senza godere di appoggi e complicità ai massimi livelli. Meglio così. Meglio dimenticare tutto convinti che davanti allo sconcio non si potesse davvero fare nulla. -
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Il caso Sul prato ghiacciato di San Siro previste anche due gare di Coppa Italia nello spazio di 24 ore (oggi e domani) con inizio alle 21: ordine della tv La Lega di A non sa che a gennaio fa freddo: 21 notturne in 19 giorni di FABIO MONTI (CorSera 18-01-2012) MILANO — Impegnati nella difesa a oltranza di Lotito, condannato dal tribunale di Napoli e in corsa per la vicepresidenza, occupati nella lotta contro Coni e Figc nel salvaguardare i doppi incarichi e in telefonate tutt'altro che istituzionali, i vertici della Lega hanno dimenticato che a gennaio di solito fa freddo. E che, dopo un inverno insolitamente mite, si è verificato negli ultimi giorni un naturale abbassamento delle temperature. Soltanto così si può spiegare il fatto che Milan e Inter siano costrette a giocare stasera e domani, a distanza di 24 ore, sullo stesso campo (ghiacciato) , gli ottavi di Coppa Italia alle 21, con il rischio di supplementari e rigori prossimi alla mezzanotte. E ancora: dal 7 al 22 gennaio, sono state previste cinque partite a San Siro: Inter-Parma, Milan-Inter, le due gare degli ottavi di Coppa Italia e Inter-Lazio. Che si punti sul derby in notturna ci può stare; il resto è un palese attacco al buon senso, così come il calendario, che prevede da oggi al 5 febbraio ventuno partite in notturna, e di queste 19 al Nord, tra Bergamo, Milano, Torino (quattro in dieci giorni per la Juve) o Novara. L'aspetto più sconcertante è che questa sfida al buonsenso si trascina da anni. Il 20 dicembre 2009, Inter-Lazio era stata giocata di notte con 9° sottozero. Ma più la Lega viene criticata e più chi la guida insiste nel piegarsi ai diktat delle tv che detengono un potere assoluto, visto che la vendita dei diritti consente ai club di sopravvivere. L'Assocalciatori aveva tentato di opporsi, poi ha accettato la situazione, non si sa se per la forza della controparte o se perché tutti tengono famiglia. E la 21ª giornata sarà in notturna (31 gennaio-2 febbraio). Il derby di Milano garantisce l'esaurito di giorno e di notte e per questo non fa testo. Ma è evidente che una simile programmazione notturna garantisce stadi mezzi vuoti (lo si nota anche in tv), al di là delle trionfali statistiche del Centro studi della Lega e del caso specifico dello Juventus stadium, che è sempre esaurito. Siccome il traguardo finale è quello di svuotare gli stadi per riempire i salotti, così le tv pagheranno ancora di più, ci sono ottime possibilità di riuscire nell'impresa. E in alternativa chi va allo stadio di notte a gennaio può sempre sperare di ammalarsi. Quello che è sorprendente è che i club non pensano ai rischi legati agli infortuni dei giocatori, che dovrebbe essere l'obiettivo primario, non solo per salvaguardare la salute dei propri tesserati, ma anche per un semplice calcolo economico. I paragoni con quanto avviene in Inghilterra appaiono del tutto impropri: gli stadi della Premier League sono il meglio che si possa immaginare e si gioca una sola partita nel weekend (la gara del «Monday night»). La programmazione di campionato e Coppa Italia, invece, corrisponde esattamente al criterio con il quale viene guidata la Lega. In attesa del commissario. -
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La manovra Ora i calciatori pagano volentieri la super Irpef "Siamo privilegiati, mai cercato sconti" di ENRICO CURRÒ (la Repubblica 18-01-2012) MILANO - Nell´agosto scorso, quando con la loro protesta rinviarono la prima giornata di campionato, furono additati al pubblico ludibrio come una tra le più odiose caste dell´Italia prigioniera degli egoismi: i ricchi calciatori viziati, che scioperavano per non pagare il contributo di solidarietà, misura estiva studiata dal governo Berlusconi per i redditi superiori ai trecentomila euro. Poi la manovra del governo Monti l´ha trasformata in legge e adesso gli stipendi di dicembre degli eroi del pallone hanno smascherato la bugia: i calciatori la tassa la pagano sul serio, né hanno mai avuto intenzione di evadere la nuova gabella. «Ho sempre pensato che sia giusto così: chi è un privilegiato deve pagare di più, a maggior ragione in un momento di crisi come questo». Morgan De Sanctis, 33 anni, portiere del Napoli, è nella rosa della Nazionale, ma parla anche da sindacalista: è consigliere dell´Aic, l´Associazione italiana calciatori, che bloccò il campionato in agosto. «Non abbiamo mai rifiutato di pagare le tasse e ora sarà chiaro che quelle accuse alla nostra categoria erano demagogiche». I calciatori di serie A, serie B e Lega Pro - o almeno quelli che giocano nei club puntuali con gli stipendi (non molti, in verità) - hanno trovato la trattenuta nella busta paga del mese di dicembre, ricevuta a gennaio. Si tratta, secondo legge, del 3% lordo, l´1,71 netto. Da un esempio concreto si può evincere che il prelievo non cambia certo la vita di un atleta professionista dall´ingaggio elevato. Per fare un esempio, un calciatore di livello medio-alto di serie A, che guadagni un milione lordo all´anno, ha pagato una tassa di solidarietà di 12 mila euro netti. «L´anno scorso solo il 45% dei calciatori di serie A superava la soglia dei trecentomila euro lordi. In serie B poco più del 10%. E in Lega Pro i fortunati si contano sulla punta delle dita», ricorda il presidente dell´Aic, Damiano Tommasi. Esiste, a margine, la questione di alcuni big, pagati dai loro club con un contratto al netto, anziché al lordo: in teoria sarebbero stati i loro presidenti, che avevano stipulato questo tipo di accordo nella speranza di un abbassamento delle aliquote fiscali, a doversi accollare la tassa di solidarietà. Nell´agosto scorso, quando la tassa era ancora un´ipotesi allo studio, la Lega di serie A rifiutò infatti di firmare con l´Aic il rinnovo del contratto collettivo. Ora le prime buste paga del 2012 mettono fine all´equivoco. -
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UEFA annuncia media day sul fair play finanziario La relazione di riferimento sulle licenze per club UEFA per l'anno finanziario 2010 verrà presentata il 25 gennaio durante il media day sul Fair Play finanziario UEFA a Nyon. di UEFA News Martedì, 17 gennaio 2012, 16.26CET Il secondo Media Day sul Fair Play finanziario UEFA, che include anche il lancio della relazione di riferimento sulle licenze per club UEFA per l'anno finanziario 2010, si terrà presso la Casa del Calcio Europeo di Nyon, mercoledì 25 gennaio. Il media day verrà aperto dal Segretario Generale UEFA, Gianni Infantino, e comprenderà presentazioni da parte di vari esperti UEFA sul fair play finanziario. I club europei, rappresentati da Jean-Michel Aulas (Olympique Lyonnais) e da Ernesto Paolillo (FC Internazionale Milano) dell'Associazione Club Europei (ECA), saranno anche loro presenti e parleranno. Verrà presentata un'analisi degli ultimi trend nel calcio europeo per club presa dalla relazione di riferimento sulle licenze per club UEFA per l'anno finanziario 2010, e che sottolinea lo stato di salute dei club europei in base alle cifre del 2010. Verranno anche presentati aspetti fondamentali e principi del fair play finanziario. Per chiudere ci sarà anche una presentazione degli aspetti legali delle nuove regole, tra cui la sua applicazione in base alle attuali leggi dell'Unione Europea (UE). Il Media Day sul Fair Play finanziario sarà preceduto da una conferenza stampa che seguirà la fine della riunione del Comitato Esecutivo del 24/25 gennaio. Il programma con gli orari approssimativi (che potrebbero cambiare in giornata) possono essere consultati qui sotto. I media interessati sono invitati ad inviare richiesta di partecipazione all'email media@uefa.ch scrivendo nell'oggetto “FFP Day 2012” entro mezzogiorno di lunedì 23 gennaio. Ai media accreditati verranno fornite facilitazioni oltre a pranzo e caffè. Media Day Fair Play finanziario UEFA 2012 - Mercoledì 25 gennaio 11.30-12.00 (approx.) Conferenza stampa post-Comitato Esecutivo UEFA 12.00-12.05 Introduzione del Media Day FPF 2012 12.05-12.30 Discorso di apertura sul Fair Play finanziario e sulla relazione di riferimento sulle licenze per club UEFA per l'anno finanziario 2010 – Segretario Generale UEFA, Gianni Infantino 12.30-13.00 Sessione domande e risposte - con Gianni Infantino e due rappresentanti dei club, Jean-Michel Aulas (Olympique Lyonnais) e Ernesto Paolillo (FC Internazionale) 13.00-14.30 Pausa pranzo 14.30-15.00 Presentazione della relazione di riferimento sulle licenze per club UEFA per l'anno finanziario 2010 15.00-15.30 Presentazione del regolamento del Fair Play finanziario UEFA 15.30-15.45 Pausa caffè 15.45-16.15 Presentazione della conformità del Fair Play finanziario UEFA con leggi UE 16.15 partenza dal quartier generale UEFA -
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L’intervista Il presidente della Figc a Napoli: in sette per la lotta scudetto Abete: «Caso De Sanctis? Niente caccia alle streghe» di PINO TAORMINA (Il Mattino 17-01-2012) Giancarlo Abete, il presidente della Figc, ieri a Napoli per il convegno di presentazione del master per manager sportivi organizzato dall’Università Telematica Pegaso, scende in campo in prima persona per mettere al riparo il pallone che rotola pericolosamente ai margini dell’ennesima bufera sul calcio scommesse. «Io penso solo al campionato. La vittoria dell’Inter lo ha riaperto. Ci sono sette squadre che possono vincerlo. E c’è anche il Napoli». Tra incarichi diversi, lei è nel mondo del calcio dal 1988. È preoccupato per quest’ultimo scandalo? «Seguiamo le indagini con attenzione, e con senso di responsabilità e prudenza. Siamo pronti a colpire i protagonisti con fermezza, come abbiamo già fatto questa estate. Ma non si tratta di un fenomeno italiano, non a caso la centrale operativa è in Asia: è un fenomeno internazionale che preoccupa tutti, Blatter compreso. Ed è un fenomeno che vede coinvolta la malavita organizzata». Ha visto il video che coinvolgerebbe De Sanctis? «Certo, vuole sapere quello che penso?». Ovvio. «Credo che non si debba scatenare una caccia alle streghe e che non si debba, in questo periodo, passare al setaccio le immagini per trovare situazione che, in momenti normali, passerebbero inosservate». Questo non è, però, un momento normale. «È vero, ma i gesti di un giocatore non possono scatenare un processo mediatico. Il ruolo della stampa è fondamentale, in queste circostanze». In che senso? «Prendiamo Farina: il suo merito maggiore è stato quello di rispettare le istituzioni calcistiche mettendole immediatamente al corrente del tentativo di combine. Farina è stato giustamente premiato dalla Fifa per la sua onestà. Ma Fabio Pisacane, pochi mesi prima, è stato protagonista dello stesso gesto, anche lui ha denunciato un tentativo di illecito. Solo che i due episodi hanno avuto disparità di trattamento». Il risultato del derby riapre il campionato? «I risultati di domenica hanno rimesso tutto in discussione. Anche Napoli e Roma possono rientrare nella lotta per lo scudetto». Si diverte a guardare il Napoli? «È una delle squadre che gioca il calcio più spettacolare. Ma ce ne sono anche altre, per fortuna, in Italia». Condivide la politica di fairplay finanziario adottata da De Laurentiis? «Il Napoli è un modello che combina alla perfezione una sana strategia finanziaria con dei risultati sportivi eccellenti. I risultati in Champions sono motivo d’orgoglio: è un esempio di società virtuosa». La Nazionale manca dal San Paolo da più di 5 anni? «Colpa dei lavori allo stadio. Prometto, tornerà il prima possibile». -
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CALCIOSCOMMESSE Giocatori corrotti e gare Lo «zingaro» può svelare il sistema delle combine Il gip interroga Trajkovski: è la prima volta in Italia per uno della banda criminale di FRANCESCO CENITI (GaSport 17-01-2012) Entrano in scena gli Zingari. Sono passati più di 7 mesi da quando è partita la nuova inchiesta sul calcioscommesse: da subito fu chiaro che la corruzione dei giocatori, a differenza degli scandali precedenti, questa volta varcava i confini nazionali. Leggendo l’ordinanza della procura di Cremona, si scoprì l’esistenza di una banda che girava per i ritiri delle squadre italiane con valigie piene di soldi in contanti (da riciclare) con un solo scopo: comprare giocatori e alterare le partite di A, B e Lega Pro. Per tutto questo tempo, però, gli «Zingari» erano rimasti dei personaggi virtuali, sfuggendo alla cattura. Con il blitz del 19 dicembre (che aveva portato anche all’arresto di Cristiano Doni) le cose sono cambiate: un paio di membri del clan sono stati catturati all’estero. E mentre continua la caccia all’uomo al capo della banda (Almir Gegic), dal pomeriggio molte risposte potranno arrivare dall’interrogatorio di garanzia previsto davanti al gip Salvini di Rade Trajkovski. L’avvocato di Bressan Bisognerà vedere se il macedone deciderà di collaborare con gli inquirenti: ha scelto di farsi difendere dall’avvocato Vitali di Como(legale dell’ex giocatore Bressan, arrestato a giugno e considerato dall’accusa come uno dei contatti che Gegic aveva in Italia). Per i magistrati Trajkovski avrebbe avuto il compito di reclutare e corrompere i calciatori disponibili a favorire la manipolazione di incontri. Non è un caso che il macedone si trovava, ad esempio, nello stesso albergo che ospitava il Piacenza nell’occasione della gara contro l’Atalanta, match combinato come poi è stato confermato dal pentito Gervasoni e dallo stesso Doni. Un modus operandi che Trajkovski aveva da almeno due anni e quindi se decidesse di parlare potrebbe mettere nei guai numerosi calciatori e squadre al momento rimaste fuori dalla bufera. Staremo a vedere. Giovedì mattina, intanto, è previsto l’interrogatorio del pm Di Martino al calciatore Filippo Carobbio. Abete «Il problema scommesse non è solo italiano, ma riguarda tutto il mondo del calcio». Giancarlo Abete, presidente della Figc, è ritornato a parlare dell’inchiesta di Cremona. Abete ha ricordato come la giustizia sportiva ora entra «in una nuova fase: può operare solo sulla base dei documenti messi a disposizione dalla giustizia ordinaria tenendo presente che le prescrizioni nel calcio sono state allungate a otto anni. I tempi della giustizia sportiva devono essere quindi più rapidi, ma sempre tenendo presente il vincolo della documentazione. Comunque, la vicenda va affrontata con senso di responsabilità e prudenza, ma senza caccia alle streghe». Pisacane Intanto anche per Fabio Pisacane, ventiseienne difensore centrale della Ternana (Prima Divisione girone A) che molto prima di Simone Farina aveva rifiutato e denunciato un tentativo di combine per poi dichiarare alla giornalaccio rosa di essere stato «lasciato solo», arriva una sorta di risarcimento: sarà nominato a Napoli ambasciatore della Fifa, riceverà a Roma il premio «Andrea Fortunato» ed è stato invitato al Gran Galà del Calcio, lunedì prossimo a Milano. -
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Calcio e fiscalità SPAGNA: FIESTA FINITA ADDIO «LEGGE BECKHAM» SI TORNA TUTTI UGUALI di FILIPPO MARIA RICCI (GaSport 17-01-2012) L’alibi fiscale non c’è più. Nell’eterno duello di mercato tra Serie A e Liga, nel 2004 un intervento del governo di destra di José Maria Aznar aveva cambiato le regole della sfida a favore dei club del proprio Paese approvando, con l’idea di attrarre grandi professionisti in arrivo dall’estero, una legge che riduceva per 6 anni dal 46 al 24% l’aliquota fiscale degli stranieri contrattati in Spagna. Si pensava di dare una mano alle grandi imprese, finirono col beneficiarne soprattutto le squadre di calcio che videro ridotta quasi del 50% la pressione fiscale sui contratti dei calciatori presi all’estero. E infatti il provvedimento prese immediatamente il nome popolare di «Ley Beckham», perché lo Spice Boy fu uno dei primi ad arrivare, con grande beneficio del Real Madrid. Per i club spagnoli si trattava di un vantaggio notevole sulla concorrenza, e infatti dall’Italia in questi anni si è spesso protestato: al momento di prendere uno straniero, rispetto ai club spagnoli i nostri club dovevano pagare il doppio delle tasse. La Liga è cresciuta, le casse della Spagna hanno rinunciato a milioni e milioni di euro. E con l’avanzare della crisi la misura è parsa prima inadeguata poi insensata, tanto che nel 2009 il governo socialista di José Luis Rodriguez Zapatero ha ceduto alle pressioni in arrivo dalla sua sinistra e l’ha abolita: dal 1° gennaio 2010 i contratti superiori ai 600.000 euro l’anno non hanno più goduto del trattamento fiscale agevolato. Ora il nuovo premier, il Popolare Mariano Rajoy, è andato oltre alzando fino al 52% l’aliquota dei contratti superiori ai 300.000 euro. Cosa che vale anche per i rinnovi dei calciatori già in Spagna: ecco perché la trattativa tra Abidal e il Barça è ferma, e quando toccherà a Cristiano Ronaldo, che oggi prende 9 milioni netti con un’aliquota del 24%, vorrà più soldi e il Madrid sarà costretto a pagare tasse del 52% sul nuovo ingaggio, ci sarà da ridere. Serie A e Liga a livello fiscale lottano di nuovo ad armi pari. Ora a fare la differenza saranno solo l’abilità sul mercato e il prestigio del club. -
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AVEVA CHIESTO 25 MILA EURO «ALTRIMENTI PUBBLICO UNA FOTO COMPROMETTENTE» Cinque anni a Corona per il ricatto a Trezeguet La sentenza d’appello aggrava la condanna di primo grado di MASSIMILIANO PEGGIO (LA STAMPA - Torino 17-01-2012) Mentre i giudici della corte d’appello sono ancora in camera di consiglio a decidere sull’estorsione a David Trezeguet, il telefono dell’avvocato Giuseppe Lucibello squilla con una leggera vibrazione. «Ciao Fabrizio, come stai? No, non hanno ancora deciso. Sì, il procuratore generale ha chiesto cinque anni. Dai, non preoccuparti, per ora. Vediamo come va a finire». Malissimo. La telefonata di Fabrizio Corona, il re del gossip, arriva pochi prima delle 17. Dieci minuti più tardi, i giudici di secondo grado si presentano in aula ed emettono la sentenza. Condanna a 5 anni di reclusione, multa e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Con questa decisione la corte d’appello di Torino, presieduta da Brunella Rosso, ha aggravato la sentenza di primo grado, in cui Corona era stato condannato a tre anni e quattro mesi. Si tratta del caso Trezeguet. L’ex calciatore bianconero aveva consegnato nel maggio del 2006 25 mila euro per ritirare delle fotografie che lo ritraevano con un’amica. Secondo l’accusa, l’atleta fu messo nell’angolo da Corona e da un suo fotografo. «Per evitare lo scandalo che avrebbe avuto in Italia e in Francia la pubblicazione del servizio fotografico, essendo Trezeguet sposato e con un figlio, in fase di separazione, il calciatore fu indotto a pagare l’ingiusto profitto». Estorsione, insomma. In primo grado a Corona furono riconosciute le attenuanti generiche. Quindi riduzione di pena. Ma ieri l’agguerrito procuratore generale Vittorio Corsi, ha cercato di convincere la corte d’Appello dell’errore di «indulgenza» commesso dai giudici di primo grado. «Ma vi ricordate di Corona, quando lanciava banconote dall’auto? È stato un errore concedergli le attenuanti». Cinque anni. Amareggiato il suo legale. «A Milano, per due casi analoghi, Fabrizio è stato assolto. La giustizia non è uguale in tutti i tribunali». I giudici torinesi hanno inoltre, fatto propria la sentenza della Corte di Cassazione del 20 ottobre scorso, che ha sancito, per una vicenda riguardante lo stesso Corona, il principio secondo il quale le fotografie scattate all’insaputa degli interessati possono essere usate dagli organi di informazione se sono di interesse pubblico ma, in caso contrario, non possono essere vendute né archiviate facendo pressione sui soggetti fotografati. -
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Giustizia L'intervista Lepore: «La politica sceglie i pm di inchieste famose» «C'è chi approfitta dei processi per finire in tv o sui giornali, e invece di essere punito dal Csm viene chiamato dai partiti» di GIANLUCA ABATE (Corriere del Mezzogiorno 17-01-2012) ROMA — Giovandomenico Lepore, ha ascoltato l'appello del presidente della Cassazione? Dice che servono magistrati più preparati e autonomi. «Ha perfettamente ragione». Pensa che quelli di oggi siano poco competenti? «Le nuove leve mi fanno ben sperare. Ma gli altri. . . ». Gli altri? «Be', basti pensare che non si riescono a coprire tutti i posti messi a concorso. E anche quelli che passano non è che siano proprio dei geni». Condivide anche l'invito ad essere più super partes? «Certo. Chi ha fatto il magistrato è cresciuto nel culto dell'autonomia, come può poi accettare di entrare in politica e sottostare alle sue regole?». C'è chi lo fa. «Sì, ma chi? Si tratta, nel 99% dei casi, di magistrati che hanno cavalcato l'onda di un grande successo, la ribalta mediatica. C'è chi approfitta della notorietà di un processo per finire in tv o sui giornali. E che invece di essere punito va in politica». I suoi (ex) colleghi non la prenderanno molto bene. «Ma la colpa è proprio della politica, che sceglie i magistrati famosi. Perché nessun pm o giudice di provincia è mai stato chiamato?». Perché? «Semplice, perché non è mai finito sui giornali, dunque non era un nome famoso da presentare agli elettori». Giovandomenico Lepore, ex procuratore di Napoli in pensione da un mese, sabato era seduto nell'aula «Pessina» della facoltà di Giurisprudenza durante la presentazione del libro di Luigi Labruna. E ha ascoltato il primo presidente della Cassazione, Ernesto Lupo, sottolineare i due paradossi della magistratura. Il primo, tecnico, fa riferimento all'abbassamento del «livello minimale» di preparazione, proprio quando per effetto della complessità sociale sarebbe necessaria la massima capacità tecnica. Il secondo, professionale, è relativo alla circostanza che, proprio quando è chiamata a manifestare il massimo grado di indipendenza, la magistratura risulta invece molto più coinvolta nell'azione politica, e cresce il numero dei suoi esponenti eletti o chiamati ad esperienze amministrative. Lepore, cos'è quello del presidente della Cassazione: un rimprovero, un invito, un allarme eccessivo? «Eccessivo certamente no. È, piuttosto, la presa d'atto di una situazione». Davvero i magistrati sono così impreparati? «Oddìo, mo' torniamo agli asinelli e agli stalloni citati da Vincenzo Galgano in un'intervista rilasciata a lei?». Può iniziare dai puledri... «Ecco, quelli sono le ultime leve. Ho la sensazione che siano migliorati, e questo mi conforta». Addirittura? «Abbiamo avuto un periodo di magistrati non all'altezza, in cui c'erano più posti a disposizione che promossi». La colpa? «Una preparazione universitaria del tutto insufficiente. Escono da lì pieni di teoria, ma gli mancano due qualità fondamentali per un magistrato». La prima? «La pratica. Ma quella, al limite, possono farla con il tirocinio». La seconda? «Il buonsenso. E quello, se non l'hai imparato, nessuno te lo insegna più». Rimedi? «Ora stanno varando scuole, accademie. Vediamo se porterà benefici». I nuovi magistrati dovranno imparare anche a star lontano dalle tentazioni della politica? «Il presidente della Cassazione segnala un paradosso reale: i magistrati devono essere super partes, però poi certi alla fine parteggiano per una parte politica, qualunque essa sia». Una spiegazione ce l'ha? «Si deve ritenere che o sono stati fulminati dall'impegno politico nel corso della loro esistenza oppure, circostanza che non si può escludere, che abbiano fatto politica mentre svolgevano le funzioni di magistrato». Le sembra normale? «Scusi, ma se nel Csm esistono correnti che sono espressione delle idee politiche di questo Paese, di che vi meravigliate? Non chiamate Mi la corrente di destra ed Md quella di sinistra?». Altri nemici in vista: vorrebbe l'abolizione delle correnti? «Vorrei che il magistrato manifestasse le sue idee solo quando vota, non aderendo a correnti o, peggio, entrando in politica». Guardi che nell'ultimo anno lei è stato accusato di «politicizzazione» e «spettacolarizzazione delle inchieste». Marco Pannella su «Radio radicale» l'ha attaccata aspramente... «Neppure gli rispondo. E poi attenzione a distinguere tra capo e pm. Il procuratore è l'unico che risponde di ciò che fa l'ufficio, ma spesso si verificano casi in cui un soggetto che fa un'inchiesta eclatante vuole che il suo nome esca sul giornale o cerca spazi in televisione. La vetrina attira molti». Scusi, ma non è il capo che deve controllare? «Sì, e sono previste pure sanzioni». E allora? «E allora quelle sanzioni si riducono a poco. Basta premettere nella dichiarazione o nell'intervista che si parla in generale: sui giornali o in tv ci finisci lo stesso, davanti al Csm no». È sufficiente fare un'inchiesta da copertina per assicurarsi un futuro in politica? «È il meccanismo di selezione della politica che è perverso. I partiti scelgono i magistrati solo in base alla fama e alla risonanza mediatica della loro attività. Chissà perché la stragrande maggioranza viene da uffici grandi, come Roma, Napoli e Milano, o particolarmente esposti». Prevede che un pm di provincia non lo eleggeranno mai? «Ha meno occasioni di diventare famoso. Pensiamo ai magistrati bravi: Giancarlo Caselli e Luciano Violante sarebbero stati mai cooptati se fossero stati ignoti e non avessero combattuto mafia e terrorismo? E Giuseppe Narducci perché ha fatto notizia? Perché era il pm di Calciopoli: avesse seguito le inchieste sui furti d'auto, magari non l'avrebbero considerato». Quindi lei che è stato procuratore della Repubblica potrebbe. . . «Potrei. Ma non voglio». È il suo no ufficiale ai partiti? «L'ho sempre detto: mai in politica. Certo che se però mi nominassero senatore a vita...». -
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La manifestazione All’inaugurazione del corso in management sportivo i vertici di Coni e Figc. Alla cerimonia presenti anche Nicchi e Pancalli Abete al master della Pegaso: «Bilanci, bravo De Laurentiis» di DINO MANGANIELLO (Corriere del Mezzogiorno 17-01-2012) NAPOLI – L'Università telematica Pegaso ha riunito, ieri a Napoli, i vertici del mondo del calcio e del Coni per l'inaugurazione del «Master in Management delle imprese sportive». A fare gli onori di casa, il presidente dell'Università, Danilo Iervolino, con il Rettore Giovanni Di Giandomenico e il preside della facoltà di Giurisprudenza, Francesco Fimmanò. Il simbolico taglio del nastro è toccato al presidente della Corte Costituzionale, Alfonso Quaranta, presente alla manifestazione inaugurale con Giancarlo Abete, presidente Federcalcio, il vicepresidente del Coni, Luca Pancalli e il presidente dell'Aia Marcello Nicchi. Proprio Abete che nel corso della cerimonia ha regalato una maglia della Nazionale al presidente Quaranta, si è soffermato sul futuro del Napoli. «I risultati di domenica scorsa hanno ridotto i distacchi e riaperto la corsa — ha detto Abete — anche perché le squadre immediatamente dietro alle prime stanno marciando. I risultati raggiunti da De Laurentiis meritano un grandissimo apprezzamento. La squadra azzurra è tornata protagonista in campionato e sta facendo grandi cose in Champions, ma soprattutto questi risultati sono arrivati operando all'interno delle compatibilità economiche. Oggi per garantire continuità bisogna avere il controllo dei conti, dei costi, e adottare una politica compatibile con le proprie risorse». Il presidente federale ha anche affrontato il caso calcioscommesse e il video che ritrae De Sanctis durante la partita col Lecce finito al centro di una polemica. «Non entro nel dettaglio — insiste Abete — ma più in generale non ci deve essere un clima da caccia alle streghe. Bisogna piuttosto stare attenti a gestire con cautela e professionalità la comunicazione». La chiosa ha un sapore un po' acre: «La Nazionale a Napoli? Manca da 5 anni e mezzo, è vero. Noi volevamo giocare qui con la Spagna (lo scorso 10 agosto, ndr), ma il Napoli come sapete ci avvisò che c'erano dei lavori da effettuare allo stadio. Ora che i lavori sono finiti ci sono di nuovo le condizioni per far tornare la Nazionale», sono le parole di Giancarlo Abete. Che lancia, all'inaugurazione del master promosso da Pegaso, la promessa di portare presto l'Italia a Napoli. -
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Illeciti nei campionati giovanili? Tutto vero di GIANLUCA GRASSI dal blog "Guerin Sportivo.it" 16-01-2012 «Andremo a controllare anche parecchie partite del settore giovanile». L’inciso del presidente Mario Macalli pronunciato a margine del convegno dove, alla presenza del capo sicurezza Fifa Chris Eaton, è stata presentata l’attività intrapresa dalla Lega Pro contro gli illeciti (con partite di campionato monitorate da SportRadar, società specializzata che si occupa di smascherare frodi sportive), è passato sotto silenzio o quasi. Archiviato dai media come l’ennesima provocazione di un dirigente che ama dire quel che pensa senza troppi giri di parole e che ci ha abituati a una dialettica forte, ad effetto, volutamente condita da una vis polemica iscritta nel suo dna. Macalli ha messo però il dito in una piaga molto più diffusa (e quindi grave) di quanto si possa pensare. Non credo infatti che il presidente si riferisse tanto a un ipotetico giro di scommesse (come tutti sanno i campionati giovanili non sono “quotati” nel circuito delle agenzie legali ed è piuttosto difficile, anche se non impossibile, pensare a un’organizzazione clandestina messa in piedi ad hoc per lucrare su questi tornei), quanto piuttosto alla possibilità che certi risultati vengano alterati per soddisfare i piccoli-grandi interessi che circolano nel calcio giovanile. Per lo più sconosciuti al grande pubblico. Perché tanta sicurezza in merito? Perché due anni fa sono stato coinvolto in prima persona in una vicenda del genere. In breve. Gli Allievi regionali della società in cui ero responsabile del settore giovanile, terzi in classifica e ormai senza possibilità di accedere alla fase finale, giocano l’ultima di campionato in casa di una squadra che lotta per salvarsi. Per capirci: il regolamento di allora prevedeva che solo le prime otto classificate (su quattordici) di ogni girone conservassero il posto nei regionali la stagione successiva. E i nostri avversari erano lì, in bilico fra ottava e nona piazza. Sapete cosa vuol dire per un club avere squadre giovanili a livello regionale? Significa essere la società di riferimento della propria zona, significa trovare più facilmente sponsor, significa attrarre più famiglie e contare quindi più iscritti (e di conseguenza più quote: dai 300 ai 400 euro all’anno per ogni bambino che frequenta la Scuola Calcio) rispetto alle concorrenti che limitano la propria attività all’ambito provinciale, significa mettere in mostra i propri talenti a livello superiore e magari sperare di piazzarne un paio nei professionisti (con incasso del relativo premio di preparazione previsto dalle carte federali). Tradotto: tre punti a fine stagione possono valere, stando scarsi, dai 20 ai 30 mila euro. Oro puro, a livello dilettantistico. A metà settimana, la telefonata a un nostro dirigente che mi riporta la proposta “amichevole”. Buttata lì come se niente fosse: «Ci chiedono di farli vincere, tanto a noi non cambia niente». Vado su tutte le furie. Non voglio neppure sapere quale sarebbe la contropartita (un giocatore per la prima squadra, pare) e ribatto: «Siamo matti? E chi lo dice al nostro allenatore, uno che non ci sta a perdere neanche a biliardino? E i ragazzi? Che esempio gli diamo? Io non dico proprio niente a nessuno. Andiamo e ce la giochiamo. Come sempre». Così è stato. Gara dominata ma stregata. Perdiamo uno a zero dopo aver fallito almeno quattro o cinque clamorose palle-gol. Ci proviamo fino alla fine, pazienza. Loro sono salvi. Ma soprattutto è salva la nostra dignità. Mia, dei ragazzi, dell’allenatore. Il calcio dovrebbe essere questo. Dovrebbe, ma sappiamo che troppo spesso non lo è. Ecco perché Macalli pone un problema serio. E soprattutto reale. ___ Partite combinate, la Fifa vara la tolleranza zero: radiazione per chi non collabora con i magistrati di GIOVANNI CAPUANO dal blog "Calcinfaccia" 16-01-2012 Senza aver ancora superato lo choc per il moltiplicarsi delle inchieste sul fenomeno delle partite truccate in nome delle scommesse, la Fifa cerca di dare una risposta alla richiesta di tolleranza zero. Non solo il manifesto della presenza di Simone Farina alla cerimonia di consegna del Pallone d'Oro a Messi (e Blatter ha telefonato anche a Pisacane che aveva lamentato scarsa attenzione al suo caso), ma una vera e propria rivoluzione che nei progetti del massimo organismo del calcio mondiale dovrà contribuire a estirpare la malapianta. Chi verrà pescato potrà salvarsi solo collaborando con la magistratura sportiva e non. Altrimenti tolleranza zero e radiazione dal mondo del calcio. “Il primo febbraio partirà un progetto Fifa per tutelare i giovani atleti che, entrati in contatto con gruppi criminali - rischiano di perdersi nelle maglie della corruzione" ha annunciato Chris Eaton, responsabile della sicurezza Fifa intervistato da Agipronews: "L’idea che abbiamo è di riabilitarli ma solo se collaborano con le autorità. In caso contrario, nessuna agevolazione e squalifica a vita”. L'inchiesta di Cremona preoccupa molto i vertici del calcio mondiale soprattutto per l'ampiezza di quanto non ancora emerso dalle carte dell'indagine penale: “Prevenzione, leggi speciali, un’azione risoluta, io credo che l’Italia dovrebbe darsi delle regole simili a quelle messe in campo per sconfiggere il terrorismo, soltanto così si può salvare il calcio” ha spiegato Eaton che promuove gli investigatori di Cremona e il sistema di scommesse legali italiano: "Non esiste altrove un sistema in cui si può verificare in tempo reale ogni singola giocata. Avremmo bisogno di piattaforme dello stesso genere ovunque e vorrei avere tanti Luca Turchi (il dirigente dei Monopoli di Stato che gestisce con il suo ufficio il Robocop che controlla i flussi di gioco) sparsi per il mondo, con gli stessi mezzi a disposizione”. Resta, però, la difficoltà di una guerra in cui gli interessi sono così elevati da rendere quasi impossibile riuscire a creare sistemi di deterrenza adeguati. Basta scorrere le cifre del business per capire quale è il mostro che ci troviamo di fronte: “I due bookmaker asiatici più noti incassano quattro miliardi di dollari a settimana operando legalmente a Singapore ma alimentando le combine nel resto del mondo" è la rivelazione di Eaton. A questo si aggiunge il dato del mercato illegale che è stimato in circa il doppio, quindi altri 8 miliardi di dollari settimanali. Riduttivo sperare che ci sia sempre un Simone Farina che con la sua denuncia permetta di scoprire i bari e far saltare il banco. La Fifa chiede aiuto alla politica perché venga creata una rete di investigazione internazionale in grado di mettere insieme i dati provenienti da tutto il mondo contrastando il fenomeno con leggi uniche: "Abbiamo un grande bisogno di agire subito. Senza dimenticare che il mercato del gioco non regolato va considerato il peggior nemico dell’integrità degli eventi sportivi - ha concluso Eaton -. Il calcio per la prima volta nella sua storia deve reagire ed evitare di perdere il proprio bene più prezioso, messo in pericolo dall’avvento di Internet, che diffonde informazioni e possibilità di scommesse “live” in tempo reale in tutto il mondo”. -
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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 16-01-2012) Rai-Mediaset, scontro finale per i diritti del campionato Rai-Mediaset al duello finale per i diritti (in chiaro) del campionato dal 20p12 al 2015: domani la Lega di serie A convoca tutte le emittenti che hanno espresso un interesse ad una trattativa privata per un primo incontro. I dirigenti di Lega poi passeranno alla fase successiva, quando chi è davvero interessato deve fare un'offerta in busta chiusa. Verrà stabilita anche una data entro la quale l'assemblea di Lega, ricevute le offerte, dovrà valutarle. La Rai dal 2012 non avrà più la Champions League (a pagamento su Sky, gratis su Mediaset) e, almeno per ora, non ha nemmeno i diritti delle Olimpiadi di Sochi 2014 e Rio 2016. La decisione se fare un'offerta, e che tipo di offerta, per i diritti del campionato compete al direttore generale della Rai, Lorenza Lei, e poi deve essere ratificata dal cda. In un'assemblea dei redattori di Rai Sport è stato deciso un pacchetto di tre giorni di "agitazioni", contro la politica dell'azienda. La Rai non ha accettato la richiesta dalle Lega (25 milioni di euro a stagione), perché ritenuta troppo alta. Che fa adesso? Un'offerta al ribasso, o preferisce ritirarsi dalla contesa? La Rai rischia di perdere trasmissioni importanti come Stadio Sprint e soprattutto Novantesimo Minuto, un autentico cult in passato. Il servizio pubblico salverebbe solo la Giostra del Gol, vista da decine di milioni di italiani in tutto il mondo. Di recente è passata a Rai Sport: Andrea Fusco conduce la serie A, Amedeo Goria la B, taglianti (per motivi economici) gli opinionisti Cucci e De Laurentiis. Dovrebbe salvarsi dalla scure del cda Rai anche la Domenica Sportiva, altra trasmissione storica del servizio pubblico, affidata anche quest'anno alla conduttrice Paola Ferrari. Ma la Rai, senza più diritti, non potrebbe più dare i gol in chiaro, nel primo pomeriggio della domenica. Mediaset sinora aveva puntato soprattutto sul digitale terrestre a pagamento, ma ha manifestato alla Lega un interesse anche per il chiaro. L'interesse, pare, è soprattutto della concessionaria pubblicitaria, Publitalia. Si vedrà adesso chi vincerà il braccio di ferro fra Rai e Mediaset. Per quanto riguarda i diritti radiofonici, invece, c'è una sola offerta, quella della Rai: "Tutto il calcio minuto per minuto", trasmissione storica e insostituibile, per fortuna è salvo. I diritti minori del digitale pay interessano invece Centro Europa e Pangea. A febbraio inoltre la Lega di A farà il bando d'asta per i diritti tv della Coppa Italia: e anche qui la Rai rischia molto, visto l'interesse di Mediaset, che ha già trasmesso alcune partite all'estero, Sky e forse anche de La7. Calcio-caos: Lotito vicepresidente Lega, ma gli conviene? Lunedì 23 gennaio, assemblea a Milano della Lega di serie A: tra le varie cose, c'è anche da nominare il vicepresidente (del presidente, con Maurizio Beretta dimissionario dal marzo scorso, ovviamente non si parla.. . ). Secondo alcune voci, potrebbe essere eletto Claudio Lotito che fra i venti presidenti gode di un largo consenso. Ma in questo caso, come vicepresidente di Lega, potrebbe ancora fare parte del consiglio federale? Non si sa con certezza, le norme non sono chiare. Il caos è totale: la sentenza della Cgf (corte giustizia federale) della Figc ha complicato le cose: la norma etica del Coni, che proibisce ai condannati in primo grado di fare parte degli organismi istituzionali, non può essere retroattiva secondo la Cgf, accusata da Giovanni Petrucci di grave ingerenza. Lotito quindi secondo i giudici della Federcalcio può ancora fare parte del consiglio federale. Ora la Figc, come le altre Federazioni sportive, dovrà ratificare automaticamente questa norma decisa all'unanimità dalla Giunta Coni (di cui fa parte anche Giancarlo Abete). E se non lo fa, rischia di essere commissariata: ma non succederà di sicuro, Abete è in totale sintonia con Petrucci e sta cercando solo una via d'uscita dopo il caos creato dalla Cgf. Non si sa ancora quando si terrà il prossimo consiglio federale: forse ai primi di febbraio. Ma queste norme vanno rese più chiare, per evitare polemiche inutili e scontri feroci fra Leghe, Coni e Figc. Derby record su Sky, bene anche Mediaset Premium Record assoluto di ascolti per il derby Milan-Inter su Sky: un'audience media record di 2.916.186 spettatori complessivi (9,68% di share). Si tratta del miglior risultato di sempre per un match di Serie A su Sky: il derby, infatti, ha superato il record di Inter-Milan del 15 febbraio 2009, visto allora da 2.886.762 spettatori medi complessivi. Ottimo ascolto domenica anche per Mediaset Premium: 5,70 % di share, 1. 717. 000 spettatori. Inizio modulo Carraro e "Roma 2020:"Ora tocca a Parlamento e Monti" "Il ministro dello sport, Piero Gnudi, credo abbia detto una cosa sacrosanta: tutti sognano di poter partecipare alla sfida per organizzare le Olimpiadi a Roma, nel 2020, e io sono tra questi, ma bisogna capire se ce lo possiamo permettere. Il prof. Monti avendo ricevuto un dossier dettagliato e articolato lo vorrà leggere attentamente, non si limiterà ad una sintesi". Franco Carraro, membro del Cio (dal 1982) e coordinatore della commissione Fortis sulla compatibilità economica per le Olimpiadi di Roma 2020, parla a 'La Politica nel Pallone su Gr Parlamento' delle candidatura della capitale per i Giochi. "Credo che il sì del governo sia condizionato da due dati di fatto: primo, constatare che il desiderio del Parlamento italiano sia quello di partecipare a questa competizione per porre seriamente la candidatura di Roma. E secondo, Monti dirà sì, solo quando avrà la certezza che questo sì non venga interpretato dagli organismi di rating e dalla finanza internazionale, come una contraddizione ai proclami e alle disposizioni e le leggi che il governo con Parlamento ha varato, di assoluta austerità'", spiega ancora Carraro. -
Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"
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L'inchiesta Eredità Agnelli, interrogato Marco Boroli Il sostituto procuratore Eugenio Fusco ha convocato il vicepresidente vicario del gruppo De Agostini per interrogarlo sulla vicenda dell'eredità Agnelli. Il capitolo apre nuove piste per ricostruire eventuali tesori esteri celati nell'ambito della spartizione patrimoniale tra i membri della famiglia di WALTER GALBIATI (la Repubblica.it - ECONOMIA & Finanza 13-01-2012) MILANO - Marco Boroli, uno degli esponenti della famiglia che controlla il gruppo De Agostini, è stato convocato in procura di Milano per chiarire alcuni aspetti legati all'eredità di Giovanni Agnelli. L'inchiesta è condotta dal sostituto procuratore Eugenio Fusco e ha già portato alla condanna a 14 mesi (pena sospesa) per l'avvocato Emanuele Gamna, l'ex legale di Margherita Agnelli de Pahlen, per evasione fiscale e truffa ai danni dello Stato. Da tempo Margherita Agnelli, indagata per concorso in tentata estorsione col suo legale Charles Poncet, sostiene di essere stata truffata nella spartizione degli averi dell'Avvocato. Secondo la sua ricostruzione, con la regia di Franzo Grande Steven e di Gianluigi Gabetti, le risorse offshore dell'eredità sarebbero state dirottate verso il futuro erede di Gianni Agnelli, che poi diventò il figlio di Margherita, John Elkann. In particolare, la procura sta indagando sull'Opa Exor Group, l'operazione finanziaria da 2. 600 miliardi di lire che nel 1998 coinvolse l'accomandita "Giovanni Agnelli & C Sapaz" ed "Exor Group". Nella diatriba i legali Charles Poncet ed Emanuele Gamna sono entrati in quanto il primo avrebbe tentato di estorcere al secondo una dichiarazione scritta in cui metteva nero su bianco di aver frodato Margherita. Il pressing su Gamna era stato possibile perché Poncet era a conscenza di una parcella da 10 milioni di euro incassata in nero da Gamna. Ora sulla vicenda fa il suo ingresso la famiglia Boroli. In particolare. Marco Boroli che, dopo aver lavorato alla ristrutturazione delle consociate di De Agostini operanti in Francia e Svizzera e aver ricoperto le cariche di vertice dell'azienda di famiglia, del '99 diventa vice presdiende della holding capogruppo De Agostini.