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Ghost Dog

Tifoso Juventus
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  1. MASSACRATI Brutta, vecchia e straniera: la Fifa stronca la Serie A Dati ufficiali impietosi: solo Cipro peggio di noi per età media, 50% di giocatori importati, nessuna fiducia nei baby. Ci restano solo le bandiere come Di Natale di DOMENICO SECONDI (Libero 24-01-2012) Anziana, troppo esterofila e con poca qualità. Il centro studi della Fifa (Cies) fa a pezzi la Serie A e fa riflettere sulle tendenze(chiamateli pure errori) del nostro calcio. Confrontando i dati delle 33 leghe iscritte alla Uefa (500 squadre e oltre 12mila calciatori), l’osservatorio autorizza i critici a definire “ospizio” il nostro campionato. Il Milan torna la squadra più vecchia del Continente (30 anni l’età media) riprendendosi il titolo dalle mani dell’Inter, solo 10ª quest’anno (28,78). Non sono però i nerazzurri i vice-vecchietti italiani, bensì i giocatori della Lazio (29,7 anni di età): seconda piazza alla pari dell’Apoel Nicosia. E c’è anche una quarta formazione nostrana nelle primi 15: il Napoli (12°). Certo, anche all’estero ci si affida ad alcuni senatori (come Giggs e l’ex pensionato Scholes nel Manchester United), ma in questa classifica le uniche altre squadre dei campionati che contano sono il Levante ricco di ex bolliti (gli spagnoli sono settimi) e gli inglesi dello Stoke City (8°). E viene quasi da sorridere guardando ai 20,94 anni medi dei ragazzini dell’University College di Dublino, squadra più giovane del Continente. È inutile infierire sulla scarsa fiducia data ai giovani (solo il 7,4% dei giocatori sono cresciuti nel vivaio della loro squadra), anche perché la Serie A è ovviamente ultima ma in una classifica non onorevole per nessuno (solo 33 club anno almeno il 50% dei giocatori cresciuti in casa). È più interessante quantificare i giocatori “internazionali” nei singoli campionati. Domina la Premier League (in cui il 41% dei calciatori gioca per la propria nazionale), ma stupisce il terzo posto della Russia dietro alla Germania. In due anni i talenti nella Russian Premier League sono cresciuti del 17% a forza di super investimenti sulla scia di Eto’o. E l’Italia? È quinta (25,1%), superata di poco anche dalla Francia. Un dato sconfortante, soprattutto considerando che la Serie A continua a comprare giocatori stranieri (48,7 del totale, +6,7%) a differenza del resto d’Europa (-0,4% e totale a 34,9%). E allora ai tifosi non resta che consolarsi con le loro bandiere protagonisti dell’ultimo turno: l’immortale Totti, il redivivo Rocchi, il sorprendente Calaiò (primo centravanti italiano nella classifica cannonieri) e il bi-capocannoniere Di Natale. Clonateli! ___ L’Italia del calcio? Un Paese per vecchi In Serie A la media dell’età è di 27 anni Il Milan è la più "anziana" d'Europa con un’età media di 30 anni, seguito al secondo posto dalla Lazio e dai ciprioti dell’Apoel Nicosia con 29,7 anni. Al decimo posto l’Inter con 28,78 , e al dodicesimo il Napoli con 28,76 di LUCA PISAPIA (il Fatto Quotidiano.it 25-01-2012) L’Italia è un Paese per vecchi. Anche nel calcio. Lo certifica l’ultima analisi demografica dell’Osservatorio dei calciatori professionisti del Cies (Centro internazionale di studi sportivi) in collaborazione con l’università di Neuchatel, in Svizzera. Dal loro ultimo rapporto Demographic Study 2012, che analizza in dettaglio i 12.410 calciatori professionisti delle oltre 500 squadre che partecipano nella massima serie dei 33 campionati nazionali europei, risulta che la Serie A è il secondo campionato più vecchio di Europa, con una media di 27,54 anni per giocatore. Se la media europea è di 25,82 anni, in questa poco onorevole classifica in testa si trova la First Division di Cipro, dove l’età media dei calciatori è di 28, 23 anni, poi l’Italia e poi via via tutti gli altri 31 campionati europei. Le altre quattro ‘top league’ – ovvero la Premier League inglese, la Liga spagnola, la Ligue 1 francese e la Bundesliga tedesca – si trovano rispettivamente al quarto, all’ottavo, al quindicesimo e al diciannovesimo posto. Dallo studio condotto da Raffaele Poli, Roger Besson e loïc Ravenel, emerge poi come il Milan sia la squadra più vecchia di Europa, con un’età media di 30 anni, seguito al secondo posto dalla Lazio e dai ciprioti dell’Apoel Nicosia con un’età media di 29,7 anni. Al decimo posto troviamo l’Inter con 28,78, e al dodicesimo il Napoli con 28,76. Su oltre cinquecento squadre. Una simile analisi era stata condotta dal Cies anche lo scorso autunno, analizzando le rose delle 32 squadre iscritte alla Champions League, la più importante competizione continentale. Anche allora il Milan era risultato la squadra più vecchia (età media 29,69) seguita da Apoel Nicosia, Inter (28,04), Zenit San Pietroburgo e Napoli (27,66). Mentre le due squadre che hanno vinto tre delle ultime quattro Champions League, Manchester United e Barcellona, si trovavano rispettivamente al 18 posto con 25,58 anni di media e al 22 posto con 25, 22. Anche perché una squadra anziana non è necessariamente esperta. Analizzando infatti la media-presenze dei calciatori in rosa in Champions League il Milan scivola al 2 posto, dietro al Chelsea. Terzo è il Barcellona (nonostante la giovane età media), quarta l’Inter. Il Napoli, quinta in assoluto per età, è la ventisettesima per media presenze e quindi esperienza. Piuttosto mortificante per la Serie A italiana è anche il dato relativo al funzionamento dei settori giovanili, ottenuto analizzando il numero di “club-trained players” presenti in rosa che abbiano giocato anche solo un minuto quest’anno. Secondo i criteri stabiliti dall’Uefa, il club-trained player è un giocatore che, nella fascia di età compresa tra i 15 e i 21 anni, ha giocato per almeno 3 anni nel club di appartenenza. Ovvero sia cresciuto nel settore giovanile della squadra in cui gioca. In questo caso la media europea è di 22,2% di club-trained player per ogni squadra. E l’Italia è ultima in questa classifica con il 7,4%. Prendendo in considerazione solo i cinque campionati più importanti si nota come la Spagna sia prima con il 24,7%, (con in testa le lodevoli realtà basche – Real Sociedad 62.5%, Athletic Bilbao 54.2%, Santander 44% – seguite dal Barcellona di Guardiola, in cui il 42,9% della prima squadra è composto da giocatori provenienti dal settore giovanile). In Francia sono il 22,9%, in Inghilterra il 16,2%, in Germania il 16%. In Italia appunto il 7,4%. Addirittura, secondo questo studio, ben 7 squadre della serie A non hanno in rosa nemmeno un giocatore cresciuto nel settore giovanile che abbia giocato nella stagione 2011/12 . Questi club sono Lazio, Genoa, Palermo, Udinese, Parma Chievo e Novara. Mentre Catania, Siena e Napoli ne hanno uno solo. Per Raffaele Poli – fondatore del Cies Football Observatory e uno degli autori di quest’analisi demografica – quest’ultimo dato deve essere messo in correlazione con il continuo aumento di stranieri nei nostri club. Dal 42% della stagione 2009/10 al 48,7% della stagione 2011/12. Un fenomeno comune solo ai campionati dell’Europa dell’est come Russia, Ucraina, Polonia e Ungheria e alle serie minori delle altre nazioni. Mentre nel resto dei massimi campionati europei la tendenza è quella di diminuire l’acquisto di giocatori stranieri. In Inghilterra, da sempre il campionato con più stranieri in assoluto, si registra una forte diminuzione dal 58,9% di due stagioni fa al 54, 6% della stagione in corso. In conclusione, la serie A italiana è il secondo campionato più anziano d’Europa (il primo se comparato agli altri quattro più importanti). Il numero di calciatori provenienti dai settori giovanili per ogni squadra è in assoluto il più basso d’Europa. E, in controtendenza rispetto al resto d’Europa, e continua ad aumentare l’arrivo di calciatori stranieri. Questo, secondo Raffaele Poli: “E’ un chiaro segno che in Italia è necessario un rinnovamento concertato tra i club, la Lega e la Federazione. Questi dati sottolineano soprattutto la mancanza di una linea comune. In Germania per esempio ci sono stati accordi specifici tra le tre componenti per lavorare sui giovani e per avere così un aumento di manodopera specializzata disponibile per i club e la nazionale”. ___ Il triste primato dei nostri club: trascurano i vivai e fanno il pieno di stranieri Vecchio ed esterofilo il calcio italiano tradisce i vivai Uno studio commissionato dalla Fifa offre una fotografia desolante: siamo l’unica grande lega in cui aumentano gli stranieri e i nostri giovani sono i più trascurati. Il futuro non è in serie A di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 28-01-2012) Il calcio italiano è per «vecchi», soprattutto continua ad essere malato di esterofilia. L’istantanea che esce dallo studio della Fifa sull’Europa del pallone ci consegna un movimento in cui a fronte dell’aumento di giocatori stranieri crolla la quota di ragazzi che riescono a fare il salto dai nostri vivai alla serie A. Nella classifica dell’età media più alta solo il campionato di Cipro ci supera e ben quattro sono i posti occupati dai nostri club fra le quindici società meno giovani. Viaggiare per l’Europa con la carta d’identità di club e giocatori è un’avventura con poche soddisfazioni e molti imbarazzi, sì da condannare il calcio italiano ad uno spread quasi impietoso. A guidarci fra curve, grafici, numeri è lo studio del Centro Internazionale per gli Sport (CIES), un rapporto consegnato in queste ore alla Fifa, massimo organismo del calcio mondiale, e che ha preso in esame ben 500 formazioni e 12 mila 400 calciatori. L’eccezione cipriota non può consolarci. Tra i campionati grandi e medi siamo i matusalemme, con quattro squadre fra le prime 15 del Vecchio Continente - Milan al primo posto, Lazio al secondo, poi Inter al decimo e Napoli al dodicesimo - nella classifica dell’età media più alta. Il resto viene di conseguenza, o quasi: il culto dell’esterofilia (il 49 per cento dei tesserati in serie A viene da oltreconfine) e il mal di pancia verso i giovani (solo il 7,2 per cento di chi gioca in A arriva dal vivaio dei nostri club). L’Italia del calcio è svogliata, o timida, quando si tratta di aprirsi alle scommesse. Una riflessione a cui eravamo abituati da tempo, ma che adesso trova supporto statistico in un dettagliato dossier demografico. «Il nostro - spiega Raffaele Poli, uno dei tre curatori del testo - è un lavoro che deve offrire un valido sostegno alla governance del calcio mondiale. Le più immediate riflessioni che emergono dal dossier? In termini generali, c’è un sistema Russia in notevole crescita in Europa. Se le osservazioni devono invece limitarsi al caso-Italia, colpisce la tendenza sui giocatori che importiamo. Di questo passo diventeremo il meno nazionalista fra i cinque tornei più importanti.. . ». Il trend è presto illustrato: in Italia la percentuale di giocatori stranieri in due anni è aumentata di ben sette punti, mentre in Inghilterra è diminuita di quattro (da 58 per cento a 54), in Germania di quasi cinque (da 49,6 per cento a 44,8), in Francia di due (da 29, 3 a 27,2 per cento) e in Spagna è rimasta immutata (37,5 per cento). «Colpisce poi l’ultimo posto in classifica del campionato italiano in fatto di presenze di giocatori cresciuti nei vivai dei rispettivi club: lo spazio per le novità evidentemente è molto limitato...». Dai numeri del CIES, sede a Neuchâtel, esce un’Europa del pallone dominata dai «piccoli» del Barcellona, club più basso (177,48 cm l’altezza media), e non così sensibile alla crisi economica, visto che la congiuntura non ha frenato la giostra dei trasferimenti. «Undici sono di media i cambi di maglia per club - racconta Poli -, con una maggiore mobilità nelle nazioni meridionali, ovvero più 8% rispetto a un anno fa e più 16% rispetto al 2009». E la Russia? «Paese in forte crescita e non solo per gli arrivi di giocatori del calibro di Eto’o o Criscito. In Russia - continua il curatore del rapporto demografico - il 29% dei calciatori che militano in quel campionato hanno disputato almeno una partita con la maglia delle rispettive nazionali nel 2011: nella stagione 2009-10, la percentuale era ferma all’11%. Il merito di questa ascesa continua è nella solidità di progetti come quello dello Zenit di San Pietroburgo o del Cska Mosca...». Europa in movimento, Italia del pallone ferma. A invertire la rotta dovrebbe provvedere la base, ovvero i club, responsabili di politiche discutibili. Non tutti, ovviamente, ma la gran parte. Basta una considerazione a fotografare l’andazzo: nelle cinque leghe più influenti, solo il Levante per la Spagna e lo Stoke City per l’Inghilterra si guadagnano un posto fra i quindici club con l’età media più alta. Morale: i nostri cugini ricchi se la passano meglio. «Noi senza coraggio l’Europa va altrove» 6 domande a Arrigo Sacchi di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 28-01-2012) Arrigo Sacchi, era informato dei risultati del dossier Fifa sul calcio europeo? «Conoscevo il lavoro, le riflessioni e le analisi sul nostro calcio. . . ». Lei è il responsabile delle nostre nazionali, dall’Under 21 in giù. Quale effetto le fa leggere di un’Italia all’ultimo posto nella classifica dei paesi che in campionato danno spazio ai ragazzi cresciuti nei vivai? «L’effetto è negativo e non può lasciarci indifferenti anche se è da tempo che le dinamiche dei nostri club sono note. Siamo un Paese antico, di gente che ragiona troppo all’antica». Perché manca il coraggio di investire sulle novità, anche se giovani? «Non diamo spazio ai nostri ragazzi proprio perché ci manca coraggio e la voglia di rischiare. Ma, così, siamo in controtendenza rispetto all’Europa». Dalla paura a scommettere sui meno famosi alla corsa sempre più sfrenata per cercare il colpo straniero. Ci manca autostima? «Quasi la metà dei giocatori del nostro campionato arriva dall’estero. Siamo ai primissimi posti in una classifica che, ormai, vede gli altri grandi tornei d’Europa aver imboccato la strada opposta. Avete visto l’Inghilterra? Erano i più esterofili, adesso hanno cambiato strategia. E la Germania? O la Spagna e la Francia? Siamo fuori tempo...». Eppure a livello di nazionali, c’è l’Under 21 di Ciro Ferrara che sta ottenendo risultati ben al di là delle aspettative. . . «Risultati ottimi con un ottimo gruppo di ragazzi. Il materiale umano a disposizione del nostro calcio c’è ed è di notevole livello. Manca tutto il resto». Riusciremo ad invertire la tendenza nel breve periodo? «Non lo so. Oggi i numeri dicono il contrario. Abbiamo club con un’età media alta, ben quattro nelle primissime posizioni: è arrivata l’ora di muoversi con più forza e staccarci dal passato».
  2. 24 01 2012 Le tre dimensioni del pallone sgonfiato Il campionato di Serie A si muove su tre dimensioni e mezza: la mezza è quella del calciomercato che si lega a quella del campo, con i primi verdetti. La Juve campione d’inverno e imbattuta (quando perde, se perde, e con chi? E la Coppa Italia è fatta per quello oppure per far proseguire la striscia?), con una serqua di punti più dell’anno scorso e l’impressione che possa tenere fino in fondo: non vi sembra che con Conte in panchina abbia trovato una stamina trapattoniana (che è un po’ come l’amalgama che un presidente anni fa voleva acquistare, a proposito di campagne mercantili...). Il Milan in pista ovunque, affidato soprattutto a Ibrahimovic e a una rosa tecnicamente comparabile solo a quella dell’Inter, ma con dirigenti più capaci: Galliani farà pur sorridere in chiave famiglia Addams, ma come competenza se li divora. L’Udinese nella parte della provinciale di lusso perché in “ambiente protetto”. L’Inter che ha rappattumato la stagione e potrebbe recuperare ancora specie con il miraggio della Champions: ha un tecnico serio e callipigio, tradotto “con una buona sorte” che fa impallidire a volte persino la memoria gluteica del miglior Sacchi Arrigo. IN PIÙ STA riscuotendo dagli arbitri (cfr. la Lazio... ) quanto aveva rimesso nei periodi di crisi iniziale, constatazione che mi fa pensare non a una “cupola dei fischietti” né ora né con Moggi, ma a un pastiche tra la sudditanza, la cura per la carriera e il cane che mozzica o’ stracciato: quando stai su, e fai parte dei club di potere, te ne avvantaggi, quando sei stracciato l’arbitro maramaldeggia in libertà sapendo che prima o poi le cose torneranno nel modo più realistico. Dietro, una Lazio di eccellente stampo per un’ora punita ingiustamente a San Siro, la Roma dell’erma Totti che ormai potrebbe segnare anche dal Gianicolo senza cambiarsi, il Napoli in sofferenza perché ha vissuto la Champions come una “dose” e ora è in paradossale astinenza di motivazioni, quindi tutto il serpentone della Serie A con il Parma del soldato Morrone che esce nell’intervallo per andare dal figlioletto in ospedale umanizzando la bieca Rotondocrazia, e la Fiorentina che continuando così stropiccerà sia i foulard che l’immagine dei Della Valle, a colpi di Corvino. Forse che sono i tifosi a essere colpevoli di come sono stati spesi i soldi dei Brothers di Casette d’Ete, affluente dell’Arno? E allora un po’ di raziocinio. Il raziocinio che ci rimanda alle altre due dimensioni attuali del pallone. QUELLA delle Procure e quella della politica, sportiva e non. La dimensione delle Procure è fastidiosa per il tifoso, che fa i conti con essa quando proprio non può farne a meno o quando la sua squadra va talmente male da farlo precipitare in un “Muoia Sansone con tutte le altre squadre” poco edificante. Ma qui siamo a una stretta decisiva: vanno avanti Cremona, Napoli, Bari e forse anche altre in un loro campionato di indagini che riguarda le scommesse e le partite truccate, magari con ampio dispiegamento di associazioni delinquenziali. Vi ricordate la periodica preoccupazione che emergeva dai primi interrogatori, sintetizzabile mesi fa in degli allarmati “ma non c’entrano partite di A, vero? ”. Adesso staremo a vedere. Di sicuro la classe dirigente del pallone, cfr. la Fedecalcio, la Lega di A e naturalmente il Coni che tutto supervede, e la classe politica più generale che si preoccupa di come va il Paese dei Forconi e delle liberalizzazioni, dovrebbero vigilare per almeno due ordini palesi di motivi: 1) Che il calcio maggiore funzioni dipende da come lo fanno funzionare loro, lo guidano, lo controllano ecc. Se finisce in dosi industriali nelle Procure non possono chiamarsene fuori, ci andranno di mezzo per forza. 2) Con il Paese che si perde i pezzi, la ricreazione/distrazione connessa al pallone per le masse resta e lievita ancora di più come indispensabile. Se qualche rappresentanza di lavoratori in crisi vuol profittare del palcoscenico di A per manifestare il proprio dramma e tale palcoscenico si perde i pezzi, finisce tutto a schifio. Il problema è che pur non guadagnando spazio sui mezzi di comunicazione perché tutto ciò “rovina il brand rotondolatrico”, tra Coni e Federcalcio i rapporti sono oggi pessimi e il caso Lotito ne è la patente dimostrazione. E IMPAZZISCE come una maionese acida l’assemblea di A, dalla quale ieri sono scappati uno Zamparini e un Cellino dicendo il peggio di tale arengo che ha ancora il suo capo formale nel collega Beretta, più versato in economia aziendale e confindustriale che in beghe pallonare. L’impressione purtroppo ultrafondata è quella di un pasticcio che si trascina e che in qualche modo sopravviveva a se stesso quando le cose non erano così malate come sono oggi. Svolgere il ruolo di termostato popolare a tale livello presenta dei rischi a qualunque temperatura sociale, è vero, ma quando aumenta il calore un po’ dovunque forse la perizia o l’imperizia manageriale o dirigenziale fa la differenza. La franchigia di Buffon, Ibra e Milito (che assomiglia tanto sottoporta a Sergio Rubini...), insomma, regge ancora e impedisce di vedere nella nebbia come sia ridotto davvero il calcio in Italia, specie d’inverno. . . ma la pressione della realtà, che sia giudiziaria, politica o le due cose insieme, si farà sentire sempre di più, è un teorema. E allora a qualcuno verrà in mente che ci vorrebbe magari un Monti anche per la Repubblica Sferica: ma quello dove lo troviamo?
  3. Comunicato sindacale (GaSport 24-01-2012) Ieri la Rcs ha comunicato alle rappresentanze sindacali giornalistiche e poligrafiche di Corriere della Sera e Ġazzetta dello Sport decisioni che, al netto della crisi generale e di settore, sono il frutto di politiche e gestioni dissennate. E a pagarne le conseguenze sono, ancora una volta, i lavoratori e il diritto dei lettori a ricevere un'informazione di qualità. Entro febbraio sarà sospesa la pubblicazione di City e i suoi giornalisti e poligrafici saranno messi in mobilità. Oltre a esprimere tutta la solidarietà ai colleghi interessati, è stato chiesto all'Azienda di garantire loro un diritto di prelazione sulle prossime assunzioni. Rcs ha inoltre annunciato formalmente di voler «valorizzare» il patrimonio immobiliare dell'area Solferino-San Marco. Ne consegue, ha detto l'Azienda, il «trasloco» della redazione milanese della Ġazzetta e di tutta la componente poligrafica negli edifici di via Rizzoli. Solo la redazione del Corriere potrebbe continuare ad occupare la parte storica dell'edificio, quella che affaccia su via Solferino; mentre l'altra componente indispensabile alla realizzazione del giornale verrebbe spostata senza tenere in minimo conto il depauperamento qualitativo che ne deriverebbe. Un giornale è una squadra che deve giocare di concerto, fianco a fianco, in tempi strettissimi, per poter dare al lettore la migliore informazione possibile. Dopo il recente rientro in via Rizzoli degli uffici di RCS MediaGroup, trasloco costato qualche milione di euro a fronte di un attivo di bilancio consolidato di 7 milioni per il 2010, ora dunque sarebbe la volta della redazione della Ġazzetta dello Sport e della totalità dei poligrafici in modo da liberare e mettere potenzialmente in vendita, al miglior offerente, tutte le aree San Marco e Balzan. Ricordiamo che, su tutto il complesso, gravano 75 milioni di euro di ammortamenti per oneri di ristrutturazione. Da detrarre da una possibile vendita. Inoltre il complesso è stato ristrutturato senza prevedere in alcun modo un possibile spezzatino immobiliare. Giornalisti e poligrafici vengono da anni di pesanti tagli costati centinaia di posti di lavoro nelle due popolazioni. Tali sacrifici sono stati il nostro contributo per creare risorse per investimenti editoriali e tecnologici anche sui nuovi media, in vista di un rilancio e un nuovo sviluppo. Oggi assistiamo invece, da parte aziendale, a un ennesimo tentativo di «fare cassa» rapidamente senza curarsi dei danni organizzativi ed economici non calcolabili nel medio periodo, e affossando forse definitivamente ogni velleità di ripresa del gruppo. I motivi di queste scelte appaiono, purtroppo, evidenti. L'investimento in Spagna nel gruppo editoriale Recoletos è stato un flop di dimensioni colossali: indebitamento con il sistema bancario di un miliardo di euro, crollo del fatturato in pochi anni e un valore contabile che oggi supera di poco la metà dell'investimento iniziale. Ora siamo davanti a un bivio: o una ricapitalizzazione da parte degli azionisti — gli stessi che nel 2007 hanno votato all'unanimità per l'investimento in Spagna — o la vendita dei gioielli di famiglia. Operazione di corto respiro, forse un maquillage per i conti nel breve periodo ma sicuramente una follia dal punto di vista organizzativo e industriale, con una pesante ricaduta sui conti a medio e lungo termine. E mentre all'esterno si auspica una modernizzazione basata su liberismo, mercato e meritocrazia, all'interno si premia chi ha realizzato politiche che hanno portato verso il baratro. Chiediamo quindi l'immediato abbandono di questo miope e dannoso progetto, dichiarando da subito lo stato di agitazione nei modi e nei tempi che il Cdr del Corriere, il Cdr della Ġazzetta e la RSU dei Quotidiani riterranno più opportuni. Il Cdr Corriere della Sera Il Cdr Ġazzetta dello Sport La RSU Quotidiani ___ LA REDAZIONE rosa, dal centro alla periferia del “Corriere” di GIOVANNA LANTINI (il Fatto Quotidiano 24-01-2012) I manager di Rcs si giocano le ultime carte per la riconferma e scatenano un finimondo. Aria sempre più tesa all'editrice del Corriere della Sera dove l'annuncio di ieri della chiusura di City entro febbraio, è stato subito adombrato dalla comunicazione ai sindacati del trasferimento della redazione della Ġazzetta dello Sport e di tutti i poligrafici nella sede periferica di via Rizzoli, mentre in via Solferino rimarranno solo i giornalisti del Corriere. Il palazzo, costato almeno 36 milioni in restauri, è destinato alla vendita il prima possibile. Il cda in scadenza ha quindi ripreso la strategia abbandonata un anno fa che però non ha nulla di originale: Rcs ai tempi dei Romiti si era già venduta l'immobile, a un fondo partecipato dalla Pirelli Re, per ricomprarselo 3 anni dopo. L'immobile, gravato da ipoteca, a fine 2010 era stato valutato 252 milioni. L'incasso, sommato ai potenziali 200 milioni attesi dalla vendita di Flammarion, è l'ultima chance per fare cassa ed evitare una ricapitalizzazione davanti all'attesa slavina dei conti in Spagna.
  4. laPassione La mia conversione dalla Juve alla Roma Roberto Cotroneo, scrittore, giornalista e critico letterario ha 50 anni. L’ultimo libro, uscito l’anno scorso, s’intitola «E nemmeno un rimpianto. Il segreto di Chet Baker», dedicato a una delle grandi figure del jazz di ROBERTO COTRONEO (GaSport 24-01-2012) C’è una vecchia storia della mia città, di Alessandria, di quando ancora Gianni Rivera indossava la maglia dei grigi. Lui, ragazzino già di grandissimo talento, giocava con una raffinatezza che i tifosi commentavano sprezzanti in questo modo: «accademia». Sono nato in una città calcisticamente così. Gente ruvida, che amava calciatori concreti. E non tipi dai piedi buoni, capaci di dosare un passaggio come fosse una prodezza balistica. Per tutti i miei anni giovanili il mio rapporto con il calcio rimase quello. Maglie grigie prima, bianco e nere dopo; che un po’ fa lo stesso, il bianco con il nero, mescolati, fanno il grigio. Juventino non praticante, insomma: per vicinanza geografica, per simpatie torinesi. E anche un po’ per quel fenomeno letterario, prima ancora che calcistico, che di nome faceva Platini. Capace di giocare come se il pallone obbedisse più alla consecutio temporum piuttosto che alla forza di gravità. Poi ho dimenticato il calcio. La Juventus rimase un ricordo dei miei anni piemontesi. A malapena sapevo come finivano i campionati. Finché non sono arrivato a Roma, 25 anni fa. Roma è tutto meno che grigia. Città esagerata, ironica, sfottente, magica. Maglie giallorosse e due figli romani, appassionati di calcio: entrambi nati con Totti che già indossava la maglia numero 10. Ho ricominciato a guardare le partite con loro e ho scoperto un mondo. Che non era quello della mia infanzia, di quei campi brumosi e un po’ grigi, di quel solido buon senso del calcio, di quel Rivera che era andato al Milan. Grande campione, certo, ma un po’ accademico, ecco. Ma era invece il calcio della Roma, dell’Olimpico, di cieli blu, di un manto erboso che alla luce della città sembra più verde che altrove, dei colpi di tacco di Totti. La fede calcistica spesso ha qualcosa di arcaico. È un’appartenenza tribale prima di essere una scelta sentimentale. Ogni volta che racconto che sono diventato romanista, da juventino latente, vengo guardato dal mondo dei tifosi con un misto di sospetto e una certa accondiscendenza. Cos’è uno che cambia squadra? Uno che di calcio non capisce niente. E invece rivendico l’appartenenza non tribale, ma quella sentimentale. In un certo senso è come innamorarsi. Accadde il 6 maggio 2001 a Torino. Juventus-Roma, campionato dello scudetto: da 2-0 a 2-2. Comincia da lì, e va bene così. In questo calcio di casacche che cambiano e di cinismo imperante si può cambiare seguendo la passione. E pazienza se le tribù primitive del calcio pensano che non si possa fare. Gente senza fantasia: tribali e non passionali. Passionali come Rivera o come Francesco Totti: due che il calcio lo hanno quasi inventato.
  5. Il caso Tempestosa assemblea dei club di A con la tentata aggressione dell’azionista della Lazio all’a.d. dell’Inter, Paolillo. Beretta rischia la sfiducia Lotito manca il blitz anti-Coni: Preziosi bocciato per 4 voti di FABIO MONTI (CorSera 24-01-2012) MILANO — Il blitz tentato dall'azionista di maggioranza della Lazio, Claudio Lotito, con la sponsorizzazione silenziosa, ma concreta dei vertici della Lega di A, è fallito. Enrico Preziosi, n. 1 del Genoa, non è stato eletto alla carica di vice-presidente, che risulta vacante dal 1° luglio, dopo l'uscita di scena di Rosella Sensi. Servivano 14 voti; ne sono arrivati solo 11. Era stato Lotito a lanciare la candidatura di Preziosi, come un nuovo atto di sfida al Coni. Il presidente del Genoa risulta ineleggibile, in base all'art. 29 dello Statuto («possono essere eletti o nominati alle cariche. . . coloro che non siano stati colpiti negli ultimi dieci anni, salva riabilitazione, da provvedimenti disciplinari sportivi definitivi per inibizione o squalifica complessivamente superiore ad un anno, da parte della Figc...»). Preziosi era stato sospeso per cinque anni nel 2005, per l'illecito di Genoa-Venezia. L'art. 10 delle Noif chiarisce che devono essere equiparati a dirigenti federali «i dirigenti delle Leghe che svolgono uguali funzioni nel rispettivo organismo». L'art. 50 del Regolamento di Lega segnala che «per tutto quanto non previsto dalle presenti norme, trovano applicazione le disposizioni sull'ordinamento interno della Figc». Lotito ha voluto sfidare il Coni, che lo considera decaduto da consigliere federale, dopo la condanna in primo grado a Napoli per frode sportiva. Il presidente Beretta ha spiegato che «il parere dei nostri legali era che Preziosi potesse essere eletto». Resta il fatto che la candidatura non è passata. Che la Lega sia paralizzata dalla contrapposizione fra società è apparso evidente quando Cellino e Zamparini, urlando, hanno abbandonato l'assemblea di Lega. Zamparini aveva chiesto che, prima di votare il vice e un consigliere (al posto di Garrone), l'assemblea si esprimesse sul sistema di governo della Lega ovvero chiarisse (a scrutinio segreto) se Beretta, che occupa un incarico di altissimo livello in Unicredit, dovesse continuare a guidare la Lega almeno fino a settembre. Lotito si è opposto, spiegando che la questione non era all'ordine del giorno e trovando un alleato nel medesimo Beretta. Così Zamparini: «Va ristabilita la legalità all'interno della Lega, abbiamo un presidente che ha dato le dimissioni alcuni mesi fa, ma qui si continua a tirare avanti. Decidano se vogliono un nuovo presidente o se continuare con questa vacatio. Io e Cellino non torneremo in Lega fin quando questa non sarà tornata a funzionare nella giusta maniera e secondo la legge. C'è da vergognarsi, perché esiste un'accozzaglia di gente messa lì che non sa cosa fare. È l'immagine del nostro Paese e dell'inefficienza: se la Lega fosse commissariata comincerebbe a funzionare». Finita la votazione, Lotito ha persino tentato di aggredire l'a.d. dell'Inter, Paolillo, accusato di essere il regista del tentativo di votare la sfiducia a Beretta, che continua a dirsi disponibile alle dimissioni, ma che vuole evitare «una crisi al buio». Una storia che va avanti da mesi, per motivi fin tropo chiari. Ma la prossima assemblea dovrà votare anche sulla governance della Lega. Altrimenti arriva il commissario (art. 9 dello Statuto della Figc). ___ IL CASO VICEPRESIDENZA Preziosi k.o. Inter e Napoli dicono no E il Coni gode di MARCO IARIA (GaSport 24-01-2012) È la Lega delle geometrie variabili, si sa. Ed ecco che, tra i fulmini minacciati dal Coni e gli interessi divergenti, la candidatura a vicepresidente di Enrico Preziosi, sostenuta da Lotito e avallata da Galliani, è evaporata pur in assenza di un'alternativa, almeno ufficiale. Va da sé che, per com'è disegnata dallo statuto la struttura di via Rosellini, la poltrona di numero 2 conta davvero poco: tutto passa dall'assemblea. Però, nei giochi dei pesi e contrappesi politici un qualche significato deve pur avercelo se, nella segretezza dell'urna, per quello che abbiamo potuto ricostruire, Preziosi non ha raccolto i voti, oltre che del Siena, di Napoli e Inter. De Laurentiis e Paolillo hanno fatto capire che, dopo l'uscita di scena della Sensi 7 mesi fa, la vicepresidenza spetta comunque a una big, magari a uno dei due. Conti Nelle tre votazioni Preziosi si è fermato rispettivamente a quota 10, 10 e 11, di fronte al quorum di 14 (i due terzi di 20) che — secondo il regolamento — non è cambiato con le assenze di Fiorentina (per protesta contro lo stallo della sospensione di Della Valle e Mencucci per Calciopoli) e Roma (Fenucci influenzato) e dei rivoltosi Palermo e Cagliari, perché si basa sugli aventi diritto e non sui presenti. Questo significa che, a parte Inter, Siena e Napoli, almeno altre due società si sono opposte. Avrà influito anche la questione dell'ineleggibilità di Preziosi, sollevata preventivamente del Coni, visti il patteggiamento per bancarotta fraudolenta e la squalifica sportiva a 5 anni (più 6 mesi). Lo scontro istituzionale è stato evitato, magari involontariamente, visto che Beretta ha precisato: «I nostri legali ci hanno detto che Preziosi era eleggibile perché la vicepresidenza di Lega non è una carica federale. Comunque non sarebbe stato un atto di sfida al Coni ma un problema di chiavi di lettura». Il presidente del Genoa aveva messo le mani avanti: se c'è qualche disagio, rinuncio tranquillamente. Poi dirà: «Per il momento continueremo a non avere un vicepresidente. Il calcio è comunque salvo». Rinviata, di conseguenza, anche l'elezione di Fenucci a consigliere. Varie Sono state varate le linee guida per avviare la trattativa con l'Aic sulla convenzione promo-pubblicitaria e il d. g. Brunelli ha ricevuto il mandato dall'assemblea a finalizzare l'accordo con Tim per il rinnovo della sponsorizzazione principale. Via libera, infine, all'intesa con Figc e le altre leghe sulla mutualità: la A devolverà 182 milioni al sistema nel biennio 2010-12.
  6. La polemica L’ex giocatore insinua sulle prestazioni del Pescara, il tecnico replica: «Parla proprio lui...» Vialli-Zeman: il doping e i soliti sospetti di ALESSANDRO PASINI (CorSera 24-01-2012) MILANO — Non si sono mai amati, non lo faranno mai. Gianluca Vialli e Zdenek Zeman entrarono in rotta di collisione nel 1998, quando la denuncia del tecnico boemo, allora alla Roma, aprì di fatto l'inchiesta doping che si chiuse nel 2005 con l'assoluzione della Juventus. La fine della vicenda processuale però non ha mai cancellato rancori e vecchi dispetti, che sono riemersi in questi giorni. «Il Pescara gioca bene, vince e corre moltissimo. Chissà come si sentirebbe Zeman se qualcuno cominciasse a sospettare di così tante energie», aveva scritto Vialli (nome di battaglia @glvlondon) su Twitter domenica. Un riferimento alle grandi prestazioni della squadra del boemo, terza in classifica in serie B, con la solita formula tutta attacco e dinamismo che non a caso fa degli abruzzesi il migliore attacco della categoria (50 gol in 23 partite). Vialli, alle prime critiche piovutegli addosso dai tifosi pescaresi su Twitter, ha minimizzato («Twitto quello che mi passa per la testa. E poi una battuta me la potrò permettere, no? A me sono 15 anni che le fanno»), per poi aggiungere: «Comunque mi scuso con i tifosi del Pescara che si sono arrabbiati». L'uscita, ovviamente, non è piaciuta affatto a Zeman, che ha replicato a Vialli: «Credo che la sua sia stata una battuta fuori luogo e sicuramente infelice. A me non tocca più di tanto perché ci sono fatti e cose vere e non vere. Io e i miei ragazzi siamo sereni. Avrei preferito non parlare neanche di questa cosa. C'è però da meravigliarsi che questa battuta l'abbia fatta proprio lui. Io sono tranquillo e non ho nessun tipo di problema. Gli altri non lo so». La vicenda cominciò nell'estate 1998 con la famosa accusa di Zeman: «Il calcio deve uscire dalle farmacie. Ho visto esplosioni muscolari che credevo possibili solo con anni di culturismo. Uno sbalordimento che comincia con Gianluca Vialli e arriva fino ad Alessandro Del Piero». Il procuratore di Torino Raffaele Guariniello aprì l'inchiesta e nel maggio 2000 vennero rinviati a giudizio l'a.d. bianconero Antonio Giraudo e il medico Riccardo Agricola con l'accusa di aver somministrato farmaci dannosi alla salute dei giocatori nel periodo '94/98 (quello di Lippi in panchina, dei 3 scudetti, della Champions e della coppa Intercontinentale). Al processo le testimonianze dei giocatori (tra i quali Del Piero, Baggio, Peruzzi, Zidane, Ferrara, Ravanelli) furono piene di reticenze e vaghezza e in primo grado Agricola fu condannato a 1 anno e 10 mesi. Il 14 dicembre 2005 però, nel processo d'appello, Agricola e Giraudo vennero assolti. ___ Vialli-Zeman, rieccoli Botta e risposta sul doping, 14 anni dopo L'ex juventino: «Il Pescara ha tanta energia...». L'allenatore boemo: «Parla proprio lui» di SEBASTIANO VERNAZZA (GaSport 24-01-2012) Ci risiamo. Vialli contro Zeman, un classico della fine degli anni Novanta. La grande guerra del doping presunto (e mai dimostrato) della prima Juve di Lippi. Il candelotto è stato riacceso via Twitter. Il tweet Su Twitter, Gianluca Vialli - nome in codice «glvlondon» - ha 20.219 persone che lo seguono. Domenica ha «twittato» questa frase: «Il Pescara gioca bene, vince e corre moltissimo. Chissà come si sentirebbe Zeman se qualcuno cominciasse a sospettare di così tanta energia...». Una maligna allusione, che scatena reazioni. Un «follower» chiede se ancora gli rode. E Vialli, senza nascondersi: «E' ovvio che rodo ancora (ma molto meno che in passato)». Un altro è perentorio: «Vergognati». Risposta: «Di che cosa? Non togliermi la possibilità di fare una battuta... A me sono 15 anni che le fanno!». Da Pescara un tweet pesante: «Un'illazione bella e buona. Hai un'intera città contro. Fidati!». Anche a Foggia, dove il Boemo ha lavorato nella scorsa stagione, non l'hanno presa bene: «Siamo neri. Strano senso dell'umorismo». E poi: «Ti devi scusare, Zeman è un uomo libero e onesto». E qui Vialli chiude il discorso: «Non era una affermazione, ma solo una battuta. Comunque mi scuso con i tifosi del Pescara che si sono arrabbiati». Concetto rafforzato ieri durante una telefonata alla giornalaccio rosa: «Ho il massimo rispetto per il lavoro di tutti, per la società Pescara, per i suoi giocatori e per la città. Non ho nulla contro di loro. Era soltanto una battuta. Posso permettermi di farne una ogni 15 anni?». La replica Zdenek Zeman ha risposto a Vialli nel tardo pomeriggio di ieri: «Battuta fuori luogo e infelice, visti i suoi precedenti (di Vialli, ndr). Non mi tocca, si può dire tutto: ci sono cose vere e non vere. Magari uno si può meravigliare che certe cose le dica lui. Io sono rilassato, non ho problemi. I problemi li hanno gli altri. E' una battuta infelice. Io e i miei ragazzi siamo sereni». Le interviste La grande guerra del doping comincia nell'estate del 1998, con due interviste a Zeman. Nella prima, rilasciata al Messaggero alla fine di luglio del '98, il Boemo, all'epoca allenatore della Roma, dice: «Io vorrei che il calcio uscisse dalle farmacie e dagli uffici finanziari e rimanesse soltanto sport e divertimento». Nella seconda, col settimanale L'Espresso ai primi di agosto, Zeman mette il carico da undici: «E' uno sbalordimento che comincia con Gianluca Vialli e arriva fino ad Alessandro Del Piero. Io che ho praticato diversi sport pensavo che certi risultati si potessero ottenere soltanto con il culturismo, dopo anni e anni di lavoro. Sono convinto che il calcio sia tutto un altro tipo di attività. Almeno il mio calcio». E a seguire: «E' sempre più difficile resistere alla tentazione della pillolina magica. Sono certo che molti giocatori di A, forse anche nella stessa Roma, non sappiano rinunciare a certe sostanze». Bum! Si scatena un inferno di reazioni, querele, minacce. A Torino il magistrato Raffaele Guariniello apre un'inchiesta. Il processo Le indagini di Guariniello non finiscono nel nulla. La Juve viene processata per doping e anche Vialli, attaccante bianconero tra il '92 e il '96, è interrogato in aula dal giudice Casalbore: «Alcuni giocatori che sono stati trovati positivi al controllo antidoping hanno dimostrato che hanno assunto sostanze senza esserne consapevoli». Dopo tre gradi di giudizio la Juve è assolta dall'accusa di doping. Rimane sospesa la questione dell'abuso di farmaci: nel magazzino della Juve il professor Gian Martino Benzi, consulente dell'accusa, «censisce» 281 tipi di medicinali («La dotazione di un piccolo o medio ospedale»). Qui, secondo la Cassazione, potrebbe configurarsi il reato di frode sportiva, però la prescrizione chiude la vicenda. ___ La polemica Vialli, provocazione su twitter dieci anni dopo contro Zeman di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 24-01-2012) A volte, la vendetta è un piatto che non si serve freddo, ma surgelato. Dopo oltre dieci anni, riecco una polemica che sa di modernariato, attuale come un tavolo di fòrmica o un bel divano in finta pelle. Gianluca Vialli versus Zeman. Ricordate quella vecchia e brutta storia di doping sospetto o sospettato? Ricordate il processo alla Juve? Ricordate, soprattutto, Vialli e Zeman? Ecco, loro. L´ex centravanti bianconero, e opinionista televisivo storico, ha dato la prima unghiata al boemo su Twitter, dove si cinguetta di qualunque cosa. Parole avvelenate, scritte con la stessa malizia di quando si trattava di buttare la palla in rete. Queste: «Il Pescara gioca bene, vince e corre moltissimo. Chissà come si sentirebbe Zeman se qualcuno cominciasse a sospettare di così tante energie». Vale a dire: si può correre come forsennati anche senza pastiglie. Oppure, se si sospetta di qualcuno, tanto vale dubitare anche di altri. La memoria, risvegliata di colpo come in piena notte, corre a quella tumultuosa stagione del nostro calcio, quando Zeman si mise contro Moggi e parlò di strane esplosioni fisiche dentro la Juve. Fu la scintilla di un incendio che portò il procuratore Raffaele Guariniello ad aprire il ben noto fascicolo, e condusse la società bianconera in tribunale. Dopo alcuni anni di eclisse, Zeman è tornato d´attualità con il suo mirabolante Pescara, protagonista in B, e qualche nemico di allora prova a ripagarlo con la stessa moneta. Se ne sentiva la mancanza? L´allenatore, ovviamente, ha replicato, con ogni probabilità dopo uno dei suoi lunghi, eloquenti silenzi. «Credo che la sua sia stata una battuta fuori luogo, e sicuramente infelice. A me non tocca più di tanto, perché ci sono fatti, cose vere e non vere. Io e i miei ragazzi siamo sereni. Avrei preferito neanche parlare di questa cosa. C´è però da meravigliarsi che questa battuta l´abbia fatta proprio lui. Io sono tranquillo e non ho nessun tipo di problemi. Gli altri non lo so». Nella sua replica da «senti chi parla», Zeman non ha neppure pronunciato il nome di Vialli, il quale, al contrario, lo aveva nominato eccome. Succede a volte che dalle scarpe - in questo caso, da gioco - ci si tolga qualche proverbiale sassolino, magari delle stesse dimensioni di qualche pillola. Perché, è evidente, certe ferite non smettono mai di sanguinare. Tra sentenza di primo grado e Cassazione, una a favore della Juventus e l´altra contro, quelle vicende non furono mai del tutto chiarite, e un decennio non serve a placare gli animi. Però, ragazzi, se parlassimo di calcio? ___ La buona battuta di Vialli di STEFANO OLIVARI dal blog "Guerin Sportivo.it 24-01-2012" Zdenek Zeman è lo juventino meno amato dai tifosi juventini, oltre che allenatore detestato da mestieranti e ‘uomini di calcio’ nell’accezione peggiore dell’espressione. Per questo la twittata di Gianluca Vialli non sorprende: dallo scherno nei confronti del perdente, quando Zeman passava da un esonero all’altro, ai sospetti verso chi sta facendo bene il passo è brevissimo. La differenza fra Vialli e le truppe cammellate (anche giornalistiche) del mondo moggiano è che Vialli è una persona intelligente, indipendente e senza favori da restituire. Di più: la sua carriera non è legata solo a ‘quella’ Juventus, dove comunque ha alzato il trofeo più importante (la Champions League 1995-96), ma a quasi vent’anni di calcio da protagonista, . Quindi quella che apparentemente è stata solo una battuta velenosa sul Pescara di Zeman (”Il Pescara gioca bene, vince e corre moltissimo. Chissà come si sentirebbe Zeman se qualcuno comuinciasse a sospettare di così tanta energia…”) è in realtà molto di più. Cioè l’indicatore di un risentimento covato per quasi 15 anni, da quell’estate 1998 in cui l’allenatore boemo denunciò l’abuso di sostanze chimiche da parte dei giocatori professionisti, parlando anche della Roma (!!!) al tempo da lui allenata. Oltre che dell’ingrossamento fisico, visibile a occhio nudo, dei vari Vialli e Del Piero. Inutile ricordare l’iter giudiziario seguito a quelle accuse, con la prescrizione (ci mancano i commenti dei web-giuristi della domenica, ammettiamo di averlo scritto apposta) a chiudere la vicenda, più interessante è la verita storica. E qui non si può negare a Vialli il diritto di rispondere colpo su colpo, almeno dal punto vista mediatico: la sua storia di campione solo per un breve periodo ha incrociato le strade di Agricola e Ventrone. Ricordando che la sua Juve è circostritta a due anni (dal 1994 al 1996) e che di fatto era la Juve costruita da Boniperti con l’aggiunta di Lippi in panchina e, per citare solo quelli ‘veri’, di Ferrara, Deschamps e Paulo Sousa in campo. Conclusione? La battuta ci sta e non c’era nemmeno bisogno delle goffe precisazioni (ascoltate a Sky) seguite alle reazioni stizzite arrivate da Pescara, Foggia, Roma, eccetera. Questo è il calcio, da sempre parodia della guerra: non si possono pretendere i complimenti degli avversari.
  7. Moratti, la Juve e le cose da restituire di RIO PALADORO (Il Foglio 24-01-2012) Massimo Moratti ha ragione. La Juve è “ridicola” quando chiede che le venga restituito lo scudetto del 2006. Lo sanno tutti: ovunque giocasse erano favori. Basta ricordare il 15 gennaio 1995. Stadio delle Alpi. Si gioca Juventus-Roma e arbitra il pesarese Stafoggia. Il guardalinee sotto la tribuna è il modenese Manfredini. Poco dopo la mezz’ora del primo tempo il brasiliano Aldair s’incarica di effettuare una rimessa con le mani. Manfredini gli si avvicina e lo spinge (proprio così). La rimessa diviene un assist per Ravanelli che infila facilmente la porta della Roma. Giannini e Mazzone reclamano l’annullamento del gol. Invano, però. Così andavano le cose prima del 2006. E Moratti dovrebbe restituire lo scudetto? Sarebbe ridicolo. Anche perché, subito dopo, toccherebbe a lui restituire tante cose, a cominciare dal 2-1 di Inter-Lazio dell’altro ieri.
  8. Grazie... ma vąffanculo! di MARIO PIROVANO dal Blog di JUVENTINOVERO.COM 23-01-2012 Ci potrebbe pure stare un neologismo per definire i redattori della Gȧzzetta dello Sport che, secondo me, sono una razza mista tra giornalisti e gazzettari: i Gazzalisti. Una categoria a se stante che, volendo, potrebbe anche essere al di sopra dell'Ordine dei Giornalisti (caro Mario Monti, ma sopprimerlo no?) per come e per quello che scrivono. Per abitudine redazionale lasciamo commentare gli "Orrori di stampa" al sito, ci son volte che, però, chi prima arriva meglio alloggia. E allora come non commentare il recente articolo del gazzalista Franco Arturi su Scommessopoli, "Masiello e il pentitismo"? Un elogio con tirata d'orecchie, un grazie preceduto o seguito, a scelta, da un vąffanculo che verrebbe più o meno così: Grazie Masiello, ma vąffanculo. Una confessione nero su rosa dove in giornalaccio rosa finalmente ammettono di far finta di essere garantisti: "Nemmeno a noi piacciono i processi sommari", non fosse che l'ho già scritto prima e cadrei in un'ossessiva ripetizione, quasi quasi un altro vąffanculo ci starebbe tutto. Ma i gazzettari pensano forse che dopo 5 anni e il titolo virtuale di campioni d'inverno gli juventini, o meglio gli juventiniveri, si siano rincoglioniti? Ma davvero Franco Arturi vuole che gli riempia la casella mail delle prime pagine della Gȧzzetta dal 2006 in avanti? Ma davvero pensano di prendere in giro tutti? Forse ai Gazzalisti non piaceranno i processi sommari (certo, certo) però gradiscono, e parecchio, collaborare alle indagini preliminari, in modo da ricavarne notizie in esclusiva da gridare ai quattro venti per vendere qualche migliaio di copie in più, ma soprattutto per giustificare e orientare i processi sommari. Ma dov'era Franco Arturi nel 2006? E nel 2007? Dove era nel 2008, 2009 e 2010? E l'anno scorso che faceva? I graffiti con le bombolette? O si è improvvisamente risvegliato dopo il botto della Costa Concordia per reclamare a gran voce (parole sue, eh) un De Falco anche per il calcio italiano? Ma il cognome Coppola non andava bene come chiacchierone? O non andava bene quello che diceva? E poi si lamentano che non vendono più copie come una volta. Ma perché non provate con le favole per bambini? Ci guadagnereste anche un colore; quando non è rosa, è azzurro!
  9. La polemica Tensione in Lega A presidenti contro Lotito Zamparini e Cellino lasciano la riunione urlando: "Non c'è più legalità, non c'è democrazia. A qualcuno va bene che non ci sia un nuovo presidente" di TIZIANA CAIRATI (Repubblica.it 23-01-2012) MILANO - Tensione in Lega Calcio. Il governo del calcio prima implode, poi esplode. I motivi quelli che si trascinano da tempo. Il primo è il ruolo criptico di Maurizio Beretta dimissionario da maggio ma non ancora sostituito. Un presidente che si divide in corse affannate tra il ruolo in Lega e quello in Unicredit. Carica doubleface che a diversi club di A va bene perché permette in alcuni casi di svicolare tra le righe delle regole scritte. La seconda ragione è Claudio Lotito inviso ad alcuni presidenti, per il suo modo di accentrare su di sé ogni cosa e convogliare come meglio crede alcune decisioni messe al voto durante le assemblee. Tutto grazie all'amicizia con Beretta soprannominato, per l'appunto "Dimmi Claudio". Una delle ultime questioni è quella relativa al contratto nazionale dei calciatori. Il Milan ad esempio nel caso specifico avrebbe voluto l'avvocato Leandro Cantamessa a trattare. Il legale rossonero uno dei maggiori esperti di diritto sportivo si è tirato fuori dall'affaire a causa dell'incompatibilità nella visione della questione. L'altro tema spinoso è l'onnipresente Claudio Lotito che - implicato nel processo di Napoli e per le regole vigenti - non potrebbe rappresentare la società in Lega. Ostruzione che raggira presentandosi in via Rosellini in veste di Consigliere federale. Ruolo che gli permette di presenziare alle assemblee delle società di serie A. ESPLOSIONE IN LEGA - "Non c'è legalità, non c'è democrazia", urlano in coro Maurizio Zamparini e Massimo Cellino mentre abbandonano per protesta la Lega chiama ad eleggere il vice presidente, un consigliere e a gettare le basi per la governance per le attività future. "Va ristabilita la legalità - prosegue Zamparini - abbiamo un presidente che ha dato le dimissioni tempo fa. Qui si continua a tirare avanti, decidano se vogliono un nuovo presidente piuttosto che continuare questa vacatio". Il presidente del Palermo è furibondo: "Non ritengo che in questa Lega ci sia legalità, non ritengo ci sia democrazia. Mi dispiace di essere uno dei fondatori della lega di serie A che non funziona, che non esiste. Io e Cellino ce ne siamo andati e riteniamo di non ritornare fino a quando questa Lega non torna a funzionare nella maniera dovuta secondo la legge". Zamparini prima di salire in macchina ha voluto precisare che la loro posizione non riguarda né l'elezione del vicepresidente (in programma per oggi) né le candidature ventilate di Lotito e Preziosi. "A qualcuno va bene che questa lega sia senza forza, è una situazione incredibile, è come se il Paese fosse senza governo e non viene nominato". PREZIOSI, IO FACCIO ALTRO - "Io non ho chiesto niente - dice Enrico Preziosi prima di entrare all'assemblea in Lega - ringrazio chi ha fatto il mio nome (come vice presidente al posto della Sensi). Non sono un problema, non è che la notte non dormo per una carica. Io faccio un altro mestiere che mi prende molto tempo soprattutto ora che c'è crisi internazionale. La Lega vuole affermare un po' di autonomia, forse è questo il nodo: dare un contributo a cambiare certe leggi obsolete". Il presidente del Genoa ha sottolineato di essere stato "definito bancarottiere, difficile che io possa rappresentare la Lega. Sono stato l'unico a pagare nel calcio, con una squalifica di sette anni. Allora perché sono dentro la Lega? Forse qualcuno pensa che io non sia un bancarottiere, al contrario di un giudice spinto dal movimento popolare a Como. C'è molta ipocrisia".
  10. Zeman a Vialli: «Proprio lui parla di energie sospette» L'ex attaccante della Juve aveva scritto su Twitter: «Chissà come si sentirebbe Zeman se qualcuno cominciasse a sospettare di così tante energie» della redazione Tuttosport.com 23-01-2012 PESCARA - "Chissà come si sentirebbe Zeman se qualcuno cominciasse a sospettare di così tante energie". Firmato Gianluca Vialli su Twitter, in riferimento allo stato di forma formidabile del Pescara allenato dal boemo che vola in serie B. La lingua di Vialli batte sul dente Zeman dopo anni da quelle denunce che portarono al processo per doping alla Juventus: era stato Zeman che aveva parlato di 'esplosioni fisichè. Zeman è apparso piuttosto infastidito dalle parole dell'ex attaccante, avrebbe preferito non replicare, ma poi spinto dai giornalisti ha detto: "Credo che la sua sia stata una battuta fuori luogo, e sicuramente infelice. A me non tocca più di tanto - ha proseguito Zeman - perché ci sono fatti e cose vere e non vere. Io e i miei ragazzi siamo sereni. Avrei preferito neanche parlare di questa cosa. C'è però da meravigliarsi che questa battuta l'abbia fatta proprio lui (riferendosi a Vialli, di cui non pronuncia mai il nome). Io sono tranquillo e non ho nessun tipo di problemi. Gli altri non lo so".
  11. Calciopoli, si riparte dalle clamorose falle del processo! dal blog di SIMONA AIUTI 23-01-2012 Un esposto/denuncia è stato depositato da Tiziano Pieri alla Procura della Repubblica di Roma sul metodo delle indagini nel processo di Calciopoli e forse qualcuno è stupito di questo? Dopo tutto, sappiamo che sono migliaia le telefonate scomparse, poi tardivamente ritrovate, che hanno viziato l’esito del processo . L’ex arbitro internazionale chiede che l’Autorità Giudiziaria accerti quali furono i metodi utilizzati, verificando le eventuali condotte penalmente rilevanti relative all’attività nel procedimento e non è poco. A tal proposito non possiamo non ricordare Narducci, di cui credevamo d’aver perso le tracce, e la sua linea di pensiero non si è spostata di un millimetro dall’impostazione iniziale, conseguenza delle informative di Auricchio per noi “strane”, e di lui si sono perse un po’ le tracce. Dunque Narducci ha sorvolato sulle falle dell’indagine. Facciamo notare che Di Laroni ha chiarito che fece tutto a mano, un lavoro amanuense, elaborando le da lui definite “schifezze” fornitegli. E se nella prima parte della sua requisitoria Narducci aveva elevato a rango di supertestimone l’ex arbitro Nucini, nella seconda parte tale ruolo è rivestito da Manfredi Martino. Egli chiarisce la vicenda della Fazi o crede di farlo, dicendo che Fazi venne “fatta fuori” dietro insistenza di Moggi e Giraudo, perché temevano che la signora avesse iniziato a intrattenere contatti con Meani. La cosa curiosa di tutta la vicenda è che poi viene a galla nelle migliaia d’intercettazioni “tralasciate”, che quello che intratteneva rapporti con Meani era proprio Manfredi Martino. Manfredi Martino dice a sua volta che si messaggiavano sempre, e Meani in una delle tante telefonate dimenticate, o anche: “non mollate”, scrive lo stesso Martino in un sms sempre a Meani dopo la sconfitta del Milan contro la Juventus. Interessante è poi la deposizione di Gianfelice Facchetti a Napoli e riguarda un altro mistero di Calciopoli. Sappiamo che la verità potrebbe svelarla solo Giacinto Facchetti, quindi non sapremo mai se egli registrò o meno le confidenze di Nucini, anche se in molti lo sostengono. Dopotutto però le intercettazioni ci sono e possono bastare, forse poco aggiungerebbe sapere qualcosa sulle persone presenti al presunto incontro al Concord. Se c’è un cd o se c’è mai stato, a parer mio non esiste più. Gianfelice Facchetti, in Procura a Napoli ha parlato a ruota libera attingendo ai ricordi e agli appunti del padre non firmati, e quando gli viene chiesto a parer mio in modo banale, se avesse mai appreso dal padre che i colloqui intrattenuti con Danilo Nucini fossero stati registrati all’insaputa dell’arbitro, la risposta è stata negativa. E’ vero però che uscì la notizia contraria sulla stampa e Facchetti senior era ancora in vita e non ci fu né la smentita, né un’azione legale. Quell’articolo lo scrisse Luca Fazzo. L’11 maggio 2006 a pagina 60 di Repubblica erano presenti due articoli su Nucini e Facchetti: che parla diffusamente di questo fantomatico cd sul quale Facchetti avrebbe registrato un colloquio con Nucini. Luca Fazzo nel suo pezzo scrive: “Sta in un cd rom registrato dal presidente dell’Inter Giacinto Facchetti l’ultimo tassello andato ad aggiungersi al gigantesco puzzle delle rivelazioni sul lato oscuro del calcio. Nel cd c’è la registrazione di un colloquio avvenuto un paio di anni fa tra Facchetti e Danilo Nucini, allora arbitro di serie A e B”, poi aggiunge che quel cd-rom è sparito e per noi è certo che nulla del genere sarà mai trovato. Tornando ai giorni nostri, direi che è stato davvero uno strano discorso quello che ha fatto Petrucci, convinto dice lui, che il fenomeno Calciopoli sia stato figlio di un clima di quel determinato periodo, che rappresenta il periodo più oscuro del calcio italiano, ammette che gli organi federali seguirono le logiche condizionate dal momento, bell’ammissione, adottando in qualche caso secondo lui, a senso unico contro la Juve secondo noi, provvedimenti che in circostanze diverse e con analisi più complete e approfondite, avrebbero potuto essere diverse, ma guarda un po’? E noi dovremmo consolarci così? Con un buffetto? E di risarcimento non si parla? Quest’ammissione non basta per noi; dov’è la parte in cui ci comunica le sanzioni per l’Inter e la riabilitazione per la Juve assolta a Napoli? E che dire di Guido Rossi? Uomo vicino all’ambiente interista che infiocchettò due scudetti per chi avrebbe dovuto subire una sentenza ben più severa di quella della Juve! Forse non capiamo, o capiamo troppo bene il modo in cui s’indagò, quando si esclusero indizi di prova per un processo decente. Rileggetevi interrogatori in cui Bergamo all’Ufficio indagini, 8 giugno 2006 dice: “Parlavo con tutti” facendo i nomi, e quel tutti non è il soprannome di Moggi.
  12. SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 23-01-2012) Addio tessera del tifoso Ecco quello che succederà Addio tessera del tifoso. Finalmente una buona notizia: al Viminale stanno pensando a novità importanti per la prossima stagione e dopo aver incontrato i club di B, presto incontreranno anche quelli di A. Non ci sarà più la tessera del tifoso (ora sono oltre 800.000) come è adesso, che per molti, e non a torto, era diventata la tessera del Viminale, e qualche club l'aveva fatta diventare anche la tessera-business (ma una sentenza del Consiglio di Stato ha dato loro torto). Non si chiamerà più tessera del tifoso, e non sarà più abbinata agli abbonamenti, cosa che aveva suscitato non poche proteste. Si sta studiando qualcosa per regolamentare le trasferte (dove ormai vanno in pochi) e soprattutto si vuole fare in modo che ci siano maggiore trasparenza e minori disagi per i tifosi (perbene), a volte costretti ad autentiche peripezie per andare allo stadio. E' soddisfatto, almeno in parte, l'avvocato romano Lorenzo Contucci, difensore (anche) di molti tifosi: "Ma adesso bisogna abolire anche l'articolo 9 della legge Amato. E' assurdo che impedisca ad un tifoso di avere la tessera se ha avuto delle condanne da stadio, anche nel lontano passato. Lo stesso Osservatorio del Viminale ha detto che va abolito. Sarebbe un ulteriore successo, dopo quello sulla privacy e quello del business...". E' assurdo che in curva si possano trovare pluripregiudicati per rapina (ci sono, come no) e non abbia diritti ad avere il biglietto, o la tessera, chi magari ha acceso un fumogeno cinque anni fa. Il ministro Annamaria Cancellieri si è insediata da poco ma ha preso a cuore il problema. Tra l'altro, è una tifosa di calcio. Per essere più precisi, è tifosa della Roma e suo figlio, come dirigente UniCredit, ha avuto un ruolo importante nel passaggio del club dai Sensi agli americani. Nuovo ministro e nuovo anche nuovo responsabile dell'Osservatorio. E' Roberto Sgalla, che già conosce bene il mondo del calcio: "Il tifoso deve percepire lo stadio come un luogo sicuro, dove si va con gli amici per godersi la partita e non si rischia nulla. Noi stiamo lavorando per arrivare a questo". Presto verranno rivelati i dati del girone d'andata: sono tutti estremamente positivi. Meno incidenti, meno feriti, meno arresti e denunce. Risparmio di uomini, mezzi e lacrimogeni. Un passo avanti notevole, anche se ancora molto deve essere fatto. Dal 2007-'08 anche in Italia ci sono gli steward: ne vengono impiegati circa 190.000 in una stagione. Il decreto dell'ex ministro Maroni del 28 luglio 2011 dà maggiori poteri agli steward: potranno anche perquisire gli spettatori con la tecnica del pat-down, già in uso negli areoporti. Ma queste norme non sono ancora in vigore, il Viminale sta mettendo a punto in questi giorni il regolamento. L'obiettivo, come all'estero, è arrivare a stadi dove non si vedono più poliziotti, dove non ci sono barriere. Dove si assiste alla partita in piena sicurezza. Ma non facciamo, per favore, i soliti paragoni (impossibili) col sistema inglese. La verità è che in Inghilterra non ci sono più incidenti negli stadi ma fuori sì, anche se molto sovente vengono nascosti all'opinione pubblica. La verità è che in Inghilterra è stato messo a punto, dopo l'Heysel, un sistema repressivo durissimo e, alzando i prezzi dei biglietti, i tifosi meno abbienti sono stati tenuti lontani dagli stadi (che peraltro sono pieni). In Inghilterra gli impianti sono di proprietà dei club che possono anche stabilire di escludere a vita (sì, avete letto bene: a vita...) chi supera una mini-barriera e invade il campo magari solo per esultare, non per picchiare l'arbitro. In Italia sarebbe possibile? No, per fortuna. Guardiamo in casa nostra, senza ispirarci a un modo di vivere, una mentalità e una legislazione che non ci appartengono. Gli stadi italiani devono essere proprietà dei club ma la legge giace da un paio d'anni alla settima commissione cultura e sport della Camera. Una vergogna per i nostri politici: eppure si ricordano di mandare l'auto blu a ritirare i biglietti (gratuiti, ovviamente) per la tribuna vip... La Juventus ha uno stadio di proprietà, e lì i tifosi si sentono a casa: nessuno d'altronde si sogna di distruggere i bagni a casa propria. Questa è la strada. Bisogna riportare anche il folclore, l'allegria negli stadi: dove sono finite le bandiere? Gli striscioni allegri, goliardici? Il calcio è anche sfottò. Se davvero è finita l'emergenza, allora riapriamo le porte anche al tifo, ricordandoci che ultrà non vuole dire teppista, ma solo un modo di ragionare e amare la propria squadra. Fra gli ultrà ci sono delinquenti come ci sono fra i giornalisti e i poliziotti (di recente alcuni sono stati rinviati a giudizio perché hanno pestato un tifoso..), ma i delinquenti, di qualsiasi genere siano, vanno messi in condizione di non nuocere. La caccia all'ultrà, la repressione, deve finire. Rai, a gonfie vele Novantesimo e Domenica Sportiva Calcio-spezzatino e ascolti tv, ecco le trasmissioni Rai del week end: Stadio Sprint 8,52%, 1.558.000; Novantesimo Minuto 12, 84%, 2. 652. 000; Domenica Sportiva 11,46%, 1.721.000; 5' di recupero (intervistato il ct Prandelli) 16, 18%%, 4.580.000
  13. Paolillo: “Il calcio italiano ha bisogno di nuovi manager”. E l’Inter si scopre vicina ai parametri Uefa di GIOVANNI CAPUANO (Panorama.it 23-01-2012) Quasi 700 milioni di euro bruciati in sei anni da Inter, Milan e Juventus. Numeri da brivido che, inseriti nel contesto europeo in cui i club che partecipano alle coppe hanno accumulato deficit per 2 miliardi di euro solo nell’ultima stagione, collocano il calcio italiano in posizione di difficoltà. Il Fair Play Finanziario serve soprattutto qui, in assenza di leggi che consentono lo sfruttamento pieno di stadi e merchandising e con società che litigano su tutto e faticano a costruire insieme una piattaforma comune per uscire dalla crisi. Da sette mesi la Lega Calcio di serie A è praticamente senza governance. Oggi si proverà a mettere una pezza nominando Preziosi vice per evitare il commissariamento da parte del Coni. Però per la sostituzione del presidente Maurizio Beretta non ci si muoverà prima di giugno e i contrasti tra grandi e piccoli, esplosi nei mesi scorsi sulla divisione della torta dei diritti tv, è un fuoco che cova sotto la cenere e rende difficile il dialogo. “Servono nuove regole e nuovi manager” dice Ernesto Paolillo, amministratore delegato dell’Inter, l’uomo che Moratti invia in Lega ad occuparsi di politica sportiva. E’ lui che si siede al tavolo con gli altri. Con questa situazione difficile fare i passi avanti che servono? “La Lega è ingessata con una guida precaria. L’esempio è l’Inghilterra che ha preso manager esterni e reso la Premier League efficiente. Oggi invece da noi ci si affida spesso a sensazioni” Un manager esterno è anche l’identikit secondo lei del successore di Beretta? “Un manager esterno che inserisca altre figure manageriali. Voglio essere chiaro: oggi ci affidiamo troppo a consulenti esterni per tutto, a partire dalla vendita dei diritti tv, piuttosto che avere queste professionalità all’interno con costi inferiori e benefici per tutti” Intanto continuiamo ad accumulare ritardo: difficile ad esempio pensare che ci sarà presto un altro stadio di proprietà per un club di alto livello dopo lo Juventus Stadium? “Manca la legge sugli stadi che permettere di capire quanto commerciale si può fare intorno all’impianto. Senza è impossibile fare budget. La Juventus è stata brava a non farsi sfuggire l’occasione di uno stadio regalato dal Comune, altrove bisogna acquistare il terreno ed è impossibile muoversi senza sapere qual è il budget” Difficile che la faccia il governo Monti… “Credo che abbia ben altre cose da fare e non è opportuno chiedere che venga messa tra le priorità. Ma prima o poi ci aspettiamo che arrivi” Eppure applicando le norme del Fair Play la situazione delle italiane non è così. Quello che pochi sanno, ad esempio, è che il sistema scritto dall’Uefa consente di non conteggiare tra le spese a bilancio tutti i contratti antecedenti al giugno 2010. Per l’Inter significa, per esempio, non conteggiare i vari Sneijder, Maicon, Julio Cesar e tanti altri… Siete già dentro i parametri Uefa? “Sterilizzandoli siamo vicini ai parametri. Le nostre politiche degli ultimi anni sommati a queste regole ci hanno già portati vicini al rispetto del FFP. E credo che valga per gli altri club italiani. I tifosi devono sapere che i conti si faranno diversamente da come vengono letti sui giornali” L’Inter ha un monte stipendi superiore a 150 milioni di euro. Quanto deve tagliare? “Dobbiamo abbattere il monte stipendi con cessioni, rinnovi che seguano questa logica e inserimento di giovani. Non ci sono altre strade. Abbiamo tre anni per arrivarci e lo faremo, però dobbiamo riuscire ad aumentare le voci dei ricavi oltre a quelli derivanti dai diritti tv come avviene in Italia” Dopo Ibrahimovic, Balotelli ed Eto’o continuerà a valere la regola di una cessione pesante ogni estate? “Non necessariamente. Si lavorerà sui rinnovi di contratto. Arrivando i giovani e partendo gli anziani sta diventando un automatismo” Il Milan ha scelto la strada dei rinnovi solo annuali per gli over 30. Può essere un modello? “Dipende. A volte la precarietà dei contratti porta a rendimenti diversi. Resto convinto che si debba puntare su un gruppo anziano sicuro da affiancare ai giovani” Si corre qualche rischio in meno di mal di pancia a stagione in corso? “No perché la situazione del mondo del calcio è nota anche a giocatori e procuratori. Lo vedono anche loro che il mercato si è ristretto e si adeguano. E’ inevitabile” Quando il Fair Play Finanziario entrerà nelle seconda fase è probabile che Platini non sarà più presidente dell’Uefa ma capo della Fifa. C’è il rischio che il FFP non gli sopravviva? “No. Il momento è troppo delicato e servono interventi. Lo voglio ripetere: la strada che abbiamo intrapreso è irreversibile. Nessun ripensamento”.
  14. Vicepresidenza Preziosi in pole ma il Coni fa paura di MARCO IARIA (GaSport 23-01-2012) I rilievi del Coni sulla ventilata elezione di Enrico Preziosi a vicepresidente della Lega (oggi alle 12 l’assemblea) non sono passati inosservati. Più di un club ritiene che non valga la pena aprire un altro fronte di scontro con la massima istituzione sportiva, che considera il patron del Genoa ineleggibile per due motivi: il patteggiamento a 23 mesi per bancarotta fraudolenta e la passata squalifica di 5 anni (più 6 mesi). Preziosi è disposto a fare un passo indietro per evitare fratture interne. Ma la Lega è convinta che non ci siano ostacoli normativi alla sua elezione e, magari, potrebbe sfruttare l’occasione per riaffermare la sua autonomia. Come alternative circolano i nomi di De Laurentiis e Zamparini. Fenucci (Roma) è invece sicuro di un posto da consigliere. Non è escluso che, alla fine, si decida di rinviare le elezioni. ___ Calcio scommesse Sconto ai pentiti: squalifica di un solo anno di FULVIO BIANCHI (la Repubblica 23-01-2012) ROMA - I pentiti del pallone avranno un consistente sconto di pena: un solo anno di squalifica, anziché tre (o più) in caso di illecito. Applicando le nuove norme, varate dopo lo scandalo di Calciopoli, la Federcalcio adesso sta pensando di fissare un tetto, in modo da poter premiare chi collabora alle inchieste e rompe così il muro di omertà, elemento considerato decisivo nella lotta alla piaga delle scomesse. La decisione è stata presa dopo l´ultimo caso, quello dell´ex giocatore del Bari Andrea Masiello, ora all´Atalanta, che venerdì ha raccontato ai magistrati, e presto lo farà anche a Stefano Palazzi, come erano state vendute lo scorso anno ben nove partite di serie A. Masiello va tutelato, e per questo, se continuerà nella sua linea di collaborazione, avrà soltanto un anno di squalifica dalla giustizia sportiva. Pugno duro, anzi durissimo, invece, con chi insiste nel negare: per loro è prevista anche la radiazione. La nuova linea della Figc, con il presidente Giancarlo Abete particolarmente colpito dal nuovo caso del Calcioscommesse, viene messa a punto in attesa che il procuratore Palazzi possa iniziare, a pieno regime, la sua attività istruttoria. Palazzi aspetta ancora una convocazione dalla Procura della Repubblica di Cremona, per poter avere il via libera: c´è stato un (piccolo) ritardo sui piani previsti ma la prossima settimana il procuratore Figc andrà dal pm Di Martino. L´indagine della Federazione durerà più di un mese, perché vanno sentiti almeno una quarantina di tesserati, e i processi (sportivi) potrebbero iniziare, se tutto va bene, intorno ad aprile. Non si sa ancora se le eventuali sanzioni verranno scontate in questa stagione o nella prossima: ma c´è il rischio che i campionati, dalla serie A alla Lega Pro, possano subire un terremoto proprio nelle battute conclusive. Meglio sarebbe - e questa è la tesi sostenuta da alcune Leghe - penalizzare i club dalla prossima annata. Per molti calciatori, invece, è prevista la radiazione. A meno che si pentano. Sono ancora in tempo.
  15. DE MAGISTRIS ti voglio bene Secondo un sondaggio è il sindaco più amato d’Italia. Napoli è più pulita. In strada si vedono i vigili. La campagna sulla legalità ha dato dei risultati. Ma di gaffe ne ha fatte tante di EMILIANO FITTIPALDI & GIANFRANCESCO TURANO (l’Espresso | 26 gennaio 2012) [...] Ma per adesso il sindaco più amato del Paese sembra voler restare solo al comando. Mal visto dal Pd, dai seguaci di Antonio Di Pietro, oltre che da una parte dei movimenti che lo hanno sostenuto, i consigli li accetta solo dal fratello Claudio, plenipotenziario all’organizzazione degli eventi culturali, dalla portavoce Marzia Bonacci, trentenne romana considerata la pasionaria di Palazzo San Giacomo, e dal capogabinetto Attilio Auricchio, l’ex carabiniere che si occupò di Calciopoli. [...] Non intendo riportare tutto il pezzo. Dico solo - e non smentisco - che sembra confezionato così come il piccolo centro di Storybrooke in "Once Upon A Time".
  16. SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 22-01-2012) Londra, boicottato il Team Gb No di Scozia, Galles e N. Irlanda Boicottaggio ai Giochi di Londra: le Federazioni calcistiche di Scozia, Irlanda del Nord e Galles non vogliono dare i loro calciatori al "Team GB", che comprende anche l'Inghilterra. Il ct, Stuart Pearce, inglese ed ex ct dell'Uunder 21, ha espresso già tutta la sua "tristezza", perché vorrebbe poter contare sui calciatori migliori. Come noto, a livello di Mondiali ed Europei di calcio ogni Nazione (Inghilterra, Galles, Nord Irlanda e Scozia) ha la sua squadra. Non è così invece per i Giochi Olimpici dove partecipa il Team Gb (Great Britain). Il portavoce della Federazione di Scozia, Steward Regan, ha spiegato che se i calciatori scozzesi partecipassero ai Giochi, ci sarebbe una violenta reazione da parte di tifosi. "Ogni Nazione fa parte a sé, calcisticamente, e basta guardare l'Ifab, l'International Board: lì ognuno di noi ha il suo voto, non siamo mica uniti. Ed così da 125 anni". Ma il ct Pearce insiste: "La situazione è triste, la Fifa ha già garantito che non ci sono problemi di indipendenza se gli atleti di Scozia, Inghilterra e c. scendono in campo per la stessa Nazionale". La Fa (Football Association) ha contattato 191 giocatori, chiedendo loro la disponibilità "olimpica". David Beckham, hanno garantito il suo entusiasmo a far parte della Nazionale "unita" dei Paesi britannici. "Sarebbe un onore per me fare il capitano", ha detto l'ex milanista, ora tornato ai LA Galaxy. Come lui anche Ryan Giggs e Garet Bale non vedono l'ora di scendere in campo a Londra. Preziosi, Lotito e il rischio di andare al Tar... Assemblea di Lega di A, domani a Milano: da sciogliere il nodo del vicepresidente. Secondo Coni e Figc, Enrico Preziosi, n. 1 del Genoa, non è eleggibile. Secondo la Lega sì. Vedremo che faranno. Preziosi è stato abile (e fortunato) perché è sfuggito alla mannaia della radiazione, pur avendo accumulato 5 anni e sei mesi di squalifica. Moggi, Giraudo e Mazzini, invece, sono stati radiati e aspettano di sapere cosa deciderà l'Alta corte di giustizia presso il Coni che ha chiesto ancora tempo, perché prima vuole avere le motivazioni della sentenza di Napoli (riguarda Moggi e Mazzini). Motivazioni che arriveranno solo a febbraio. Intanto, "balla" ancora la vicenda-Lotito: il 2 febbraio il Coni varerà, sentiti i Saggi, un provvedimento di sospensione cautelare per tutti quelli condannati in primo grado (quindi anche Morzenti, ex n.1 della Federsci) per vari reati penali. Il provvedimento, licenziato da Giunta e Consiglio Nazionale del Coni, dovrà essere poi ratificato dalle varie Federazioni sportive. La Figc lo farà nel suo primo consiglio federale dell'anno (e ultimo per Lotito?), intorno al 10 di febbraio. Il patron della Lazio comunque è pronto a dare battaglia, in tutte le sedi, perché contesta (soprattutto) la retroattività e il fatto che non si attenda il giudizio definitivo. Ma non è una norma, bensì una sospensione cautelare. La parola ai giuristi. I Saggi del Coni, per la verità, hanno le idee molto chiare. Ma non si esclude che questa vicenda possa finire prima poi in tribunale (al Tar?). Lega di B e Pro aspettano ancora i soldi. Che fa Beretta? Riunione segreta la scorsa settimana: si è parlato della suddivisione dei diritti tv. Presente Giancarlo Abete, n. 1 della Federcalcio, e tutti i presidenti delle Leghe (Beretta era collegato in videoconferenza). L'accordo c'è ma il problema è che la Lega di A tarda a pagare quello che è stato stabilito alla Lega di B (circa 60 milioni per il 2012), alla Lega Pro, a quella Dilettanti e pure (una particina) al Coni. Coni e Dilettanti aspettano, Lega di B e Pro non possono perché di quei soldi hanno assoluto bisogno, altrimenti qualche club rischia di essere penalizzato per ritardato pagamento degli stipendi. Il placet della Figc c'è, ci sono ancora problemi burocratici che vanno risolti per sbloccare la situazione. Se ne parlerà domani l'assemblea della Lega di A? Il rischio è che qualche club, con l'acqua alla gola, possa ricorrere in tribunale con un'azione di responsabilità. Aveva ragione Giovanni Petrucci quando parlava del "doping legale" nel calcio: quanto lavoro per gli avvocati...
  17. Si può notare ancora una volta da questo faccia a faccia virtuale di Vialli con P.Condò. Da Twitter 22-01-2012
  18. FANGO / SUL PALLONE “VOGLIO PENSARE CHE FOSSE TUTTO REGOLARE” Allenava il Bari nella scorsa stagione, quella delle gare finite nell’inchiesta del calcioscommesse. E ora Giampiero Ventura è triste per il vero sconfitto: lo sport di MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 22-01-2012) Sono triste, deluso e disgustato. Sono cresciuto con le rovesciate di Gigi Riva negli occhi e 40 anni dopo, mi ritrovo davanti a un panorama degradato in cui scommesse, partite combinate e giocatori corrotti dominano lo scenario. Mi dispiace. Conosco centinaia di calciatori seri che si sbattono. Persone serie, pulite. Non fanno notizia. Per poche mele marce, si giudica tutto l’albero”. Giampiero Ventura, 64 anni, professore. Insegna calcio a Torino, in serie B. È cresciuto vicino alle acciaierie e sa che quando il fumo è nero, ci si scotta. L’anno scorso era a Bari. La squadra di Andrea Masiello, il gruppo sotto la lente della locale procura per le ultime nove gare di un campionato concluso dietro la curva della retrocessione. Risultati strani, zingari felici con le tasche piene, strani movimenti bancari. Ventura non c’era più, ma conosceva bene ambiente e figurine. Dimissioni a febbraio: “Rinunciando allo stipendio” e amaro finale di partita in mano a Bortolo Mutti, oggi a Palermo. Nel Pullman che da Padova lo riporta in Piemonte (1-1 a Cittadella), la versione del signor Ventura somiglia a quella di Barney. Diretta. Sincera. Senza filtri. Ventura a Bari si accorse di qualcosa? Non ho percepito nulla. Se avessi avvertito stranezze, mi sarei ribellato. Intavolare considerazioni, riflessioni e commenti è inutile. Ci vogliono regole e punizioni severe. Quanto? Se scremate le millanterie e verificate le ritrattazioni, alcune gare risultassero alterate, per chi si è reso protagonista delle combine, ci vorrebbe l’immediata radiazione. Duro. Amo il calcio e lo voglio salvaguardare. Non tre mesi, sei mesi o un anno di squalifica. L’oblìo definitivo ci vuole. Basta mezze soluzioni, perdonismi grotteschi e amnistie. Gli stadi si svuotano e non è un caso. Stupito? Lo stupore è un lusso. Di che cosa mi dovrei sorprendere? Nel marzo dell’ 80, vidi gli eroi nazionali del pallone caricati sulle camionette della Polizia a bordo campo. La storia si ripete, in peggio. Differenze? Allora la truffa era pionieristica, oggi basta un clic sul computer per far girare decine di milioni. Ma i fatti contestati erano gravi, oggi come allora. Hanno legalizzato le scommesse e non credo si sia rivelata una buona idea. Se venisse confermato l’impianto accusatorio, si sentirebbe tradito? Non io, ma lo sport. Il condizionale è d’obbligo, ma la questione, mi creda, non è personale. Bisogna parlare ai ragazzi, andare nelle scuole. Creare dall’interno anticorpi utili a rigenerare il sistema. A volte non è sufficiente. Il sindacato dei calciatori alternativo all’Aic sindacati aveva come socio fondatore Cristiano Doni. Mi pare abbia detto tutto lei. In che stato è il calcio italiano? Soffre. Anche se le responsabilità, nel caso specifico, mi pare divergano. Combinare una partita non ha la stesso peso di omettere una denuncia senza dimenticare che Farina del Gubbio si è comportato bene. Uno dei giocatori sulle prime pagine per lo scandalo è Padelli. Oggi a Udine, ieri riserva del portiere Gillet a Bari. Il suo attuale tecnico Guidolin ha detto di averlo guardato negli occhi e di essersi fidato. Nel suo Bari c’era Parisi, adesso a Torino. Ha chiesto spiegazioni? Certo. E ho ricevuto le stesse garanzie. Se dubitassi di Parisi, non giocherebbe più. Il clima a Bari non era dei migliori. Venivamo da una stagione fantastica e partimmo bene anche l’anno dopo. Poi iniziarono a piovere gli infortuni. Almiron, Barreto, gente fondamentale. Iniziammo a giocare con ragazzi che oggi sono sparsi tra la C 2 e i dilettanti. Arrivarono le sconfitte. I rapporti interni si guastarono e preferii metterci la faccia. Su quel che è successo dopo so poco e preferisco credere che sia stato tutto regolare. Dopo il suo addio Ghezzal, Raggi e qualche altro giocatore parlarono pubblicamente male di lei. I nomi a me non interessano. Ma certi argomenti sono così squallidi che mi intimano di stare a chilometri di distanza da gente simile. Le storie d’amore finiscono, ma è nel commiato che si vede la dignità. Sono di un’altra pasta, io. Le cose mi piace dirle in faccia. Ha rimpianti? Forse ho sbagliato. Davo correttezza, avrei dovuto pretendere la stessa moneta. Se venisse dimostrato che alcuni giocatori del Bari non davano tutto sul campo? Gliel’ho detto. Tristezza e delusione. Gli stringerebbe la mano? È una questione secondaria. Il loro dramma sarà potersi guardare allo specchio. Mi sembra un problema più serio. Ultima cosa Ventura. Lei metterebbe la mano sul fuoco sul comportamento corretto dell’intera rosa del Bari dello scorso anno? Il fuoco brucia davvero? Ustiona. Oggi come oggi è impossibile. Credo nella buonafede, ma solo fino a prova contraria. Posso farle io una domanda? Dica Ventura. È sicuro di aver chiamato l’interlocutore giusto? Forse dovrebbe domandare ad altri.
  19. L'intervista Il presidente (dimissionario) delle società interviene sui problemi del calcio, prospettando alcune soluzioni «La Lega non è schiava della tv Stadi nuovi e cambiare la serie A» Beretta: «Litighiamo? Ovvio, visto che qui ci sono i soldi» di DANIELE DALLERA (CorSera 22-01-2012) MILANO — La Lega calcio di serie A cerca un nuovo presidente, visto che Maurizio Beretta, impegnato in un ruolo prestigioso nel mondo bancario, potrebbe passare nelle prossime settimane dal pensiero all'azione e far diventare esecutive le dimissioni presentate mesi fa, ma congelate da quel dì. Congelate per un semplice motivo, rivelato anche da Adriano Galliani: non riusciamo a trovare un presidente che vada bene per tutti i presidenti. È così, fatto un nome, partono i veti incrociati. E Maurizio Beretta, abilissimo nell'arte diplomatica, diventa uomo fondamentale. Domani c'è un'assemblea delicata di Lega, non c'è dubbio che si parlerà anche di questo, ma non usciranno novità clamorose. Per ora, siamo noi a far parlare Maurizio Beretta. Allora, presidente, come la mettiamo con queste sue dimissioni: questione di giorni e diventeranno esecutive? «Le società sanno da mesi qual è la mia situazione e conoscono la mia disponibilità, davvero piena, a favorire il passaggio di consegne». Quando? «Quando mi verrà chiesto dall'assemblea di Lega, l'organismo decisionale in assoluto. E credo che sia interesse di tutti fare in modo che tale passaggio avvenga senza generare instabilità, tensioni e inutili vuoti di gestione». Questa è una vecchia formula dialettica molto usata in politica per restare al potere... «Il potere, in base allo statuto della Lega, è nelle mani dell'assemblea». Un'assemblea sempre più litigiosa. «Non mi stupisco che al suo interno la Lega discuta, anche animatamente. Ma alla fine le posizioni trovano sempre un'intesa, un percorso comune. E spiego perché non mi sorprendo di accese discussioni che possono nascere: non si dimentichi che la Lega, in base alla Legge Melandri, è quell'organismo istituzionale-economico che produce, gestisce e distribuisce il 70 per cento delle risorse economiche del calcio di serie A. Ovvio che di fronte a risorse economiche così ingenti, si impegni del tempo in discussioni, magari accese, ma sicuramente fruttuose per tutto il movimento». Una Lega calcio succube della televisione, generosa quanto a milioni di euro spesi per i diritti, ma poco sensibile agli sportivi che vanno allo stadio. Un'accusa pesante, presidente. «Le tv hanno interesse quanto la Lega che si giochi in stadi funzionali e accoglienti. In ogni caso in questi anni il numero complessivo degli appassionati che seguono il calcio in serie A è aumentato in maniera considerevole. Nelle prime 18 giornate, rispetto alla stessa fase della scorsa stagione, le presenze negli stadi sono aumentate del 4, 5 per cento. Nello stesso periodo è notevolmente cresciuta la platea televisiva: le prime 18 giornate sono state viste da oltre 163 milioni di persone, pari ad una media oltre i 9 milioni telespettatori a giornata». Vede, presidente che le stesse cifre indicano un rispettoso inchino alla tv: la Lega di serie A lavora soprattutto per la televisione. . . «Certo, la tv è fondamentale per la fruizione del calcio e le cifre stesse spiegano ben altro: la crescita netta del numero complessivo dei fruitori di calcio in diretta, senza che questo porti a un travaso di gente dallo stadio al salotto tv». Anche la Coppa Italia spiega qualcosa: a San Siro un migliaio di spettatori, alle 21, al freddo. Altrove stessa musica. . . «In un'attività così intensa, quelle di queste settimane sono finestre obbligate da dedicare alle Coppe nazionali di tutta Europa. Hanno giocato anche altrove, per esempio in Spagna, a Madrid, dove anche là, non si godeva di temperature più miti. Giocare al pomeriggio? Forse avremmo avuto qualche grado in più, ma quanto a presenze allo stadio saremmo rimasti a numeri piccoli. In compenso non avremmo avuto ascolti tv così alti. Queste partite sono state seguite da un numero che varia da 2, 7 a 4 milioni circa di telespettatori. Questi ascolti sono un successo per tutto il calcio italiano. E, mi creda, il calendario non ha ampi margini di flessibilità». A proposito di stadi, siamo messi davvero male. Vecchi, poco accoglienti, cari e... meglio fermarsi qui. «Concordo, gli impianti attuali sono obsoleti e poco funzionali. Basta vedere quale effetto ha avuto sui tifosi il nuovo stadio della Juventus. Questo ci fa capire che è urgente l'approvazione di una legge che consenta di realizzare nuovi stadi a costo zero per la collettività, di essere proprietari e di farli vivere 7 giorni su 7. Dobbiamo creare una nuova generazione di stadi che agevoli la vita sportiva degli appassionati». Negli altri Paesi sono stati più svegli e sensibili su questo fronte. «La Lega si batte per stadi di proprietà da quando è nata. In altri Paesi, una nuova generazione di impianti è stata realizzata. In Inghilterra soprattutto hanno creato questa nuova generazione di stadi. Hanno trovato risorse pubbliche, per esempio una fetta finanziaria molto importante proveniente dal monte scommesse, travasate in mani private. E gli stadi sono davvero belli, al servizio del tifoso e dello spettacolo». Quando metterete mano alla riforma della serie A: troppe 20 squadre. «È noto che non possiamo essere noi a dettare i tempi delle riforme. Quello calcistico è un sistema di vasi comunicanti, che contempla promozioni e retrocessioni tra le diverse categorie». Siamo allo scarico delle responsabilità. «Ma no, dalla verità non si può scappare. Che è questa: una riforma dei campionati non può che essere una riforma di sistema che con le regole in vigore richiede il consenso di un numero ampio di protagonisti interessati: tutte le Leghe, dalla serie A alla Lega Pro, passando per quella di serie B, i club, la Federazione naturalmente, l'Associazione calciatori, le televisioni e non dimentichiamoci i tifosi. Servono livelli di consenso molto alti. Detto questo, non c'è dubbio che l'attuale assetto dell'area professionistica (119 squadre tra serie A, B e Pro) debba essere ripensato». Il rapporto con il sindacato calciatori: è sempre teso? «No, lo sciopero di inizio campionato resta una scelta incomprensibile, ma superato con l'accordo collettivo. Difatti, i rapporti sono costruttivi». Innegabile che con il Coni di Petrucci il rapporto sia tormentato. «A livello personale tra me e Petrucci c'è un rapporto di profondo rispetto. Non c'è dubbio, però, che quando la Lega ha il bisogno di far sentire la propria voce, anche a livello istituzionale, per nuove proposte, per cambiare certe regole secondo noi superate, può e deve farlo». Si riferisce all'articolo 22 bis delle Noif (le norme interne alla Federcalcio) che prevede la sospensione dalla carica di quel consigliere che ha ricevuto una condanna in primo grado? «Pensiamo che sia una battaglia lecita, perché troviamo ingiusto che un dirigente debba sospendere l'attività, fondamentale per la sua società, quando altri giudizi possono intervenire cambiando completamente la sentenza di primo grado. In ogni attività si aspetta il grado di giudizio definitivo prima di sospendere ruoli e cariche professionali, con il pericolo di danneggiare l'attività stessa delle società. Oggi partecipare all'attività di Lega è fondamentale per ogni club». E su questo aspetto etico Petrucci e Beretta continueranno a discutere.
  20. CALCIOSCOMMESSE Il portiere del Piacenza, Cassano, si difende «Con Doni nessun accordo». E denuncia «Hanno minacciato anche mia figlia» di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 22-01-2012) Mario Cassano racconta il suo calvario. Il portiere lombardo da giugno è finito nella vicenda del calcio scommesse principalmente per la partita Atalanta-Piacenza 3-0 e, soprattutto dopo la confessione di Gervasoni, la sua vita è cambiata. In attesa di essere ascoltato a Cremona, Cassano ha voluto professare la sua innocenza senza nascondere le minacce ricevute da lui e dalla figlia, intimidazioni per le quali ha presentato una denuncia tramite il suo legale, l’avvocato Maresca. Cassano, che effetto le fa essere coinvolto in questa vicenda? «Ho sempre vissuto con l'amore per il calcio tramandatomi da mio padre e non avrei mai immaginato di finire sulle prime pagine dei giornali per questioni non inerenti al calcio giocato». I suoi familiari come stanno vivendo il suo coinvolgimento nell’inchiesta sulle scommesse? «Non è facile rendersi conto della situazione che stiamo passando la mia famiglia e io. Sto ricevendo continue minacce che sono arrivate a “toccare” anche mia figlia di due anni. I miei genitori naturalmente sono molto preoccupati e rattristati». Cosa ha pensato dopo aver letto l’interrogatorio di Gervasoni che la accusa? «Sinceramente ad oggi non ho una spiegazione plausibile per tutte le cose che sto leggendo da giugno e che creano innumerevoli difficoltà alla mia vita professionale». Doni ha parlato di un accordo tra voi in campo. Lei gli avrebbe detto di calciare il primo rigore al centro... «Non ho mai parlato con Doni e non l'ho mai conosciuto, se non da avversario. Sfido chiunque a incolpare un portiere per aver subito gol su rigore, come sta succedendo a me, se non ci fosse quest'inchiesta». Pensa di essere ascoltato presto dagli inquirenti a Cremona? «Spero il prima possibile». Che idea si è fatto di questa inchiesta? «Si tratta di una vicenda probabilmente più grande del previsto e, visti i continui sviluppi, non si sa dove porterà». Lei che rapporto ha con le scommesse? «Non sono mai entrato in una ricevitoria o in un posto dove si scommette. L'unica scommessa che ricordo, e che tra l'altro ho vinto, è stata quella sul sesso di mia figlia prima della sua nascita». Quanto è cambiata la sua vita dopo il coinvolgimento nell’inchiesta di Cremona? «Il rapporto con parte della tifoseria del Piacenza era già incrinato. Pur avendo bellissimi ricordi degli anni fin qui trascorsi nel Piacenza, bastava un piccolo episodio per far mugugnare una parte dei tifosi. La scorsa estate poi si è aggiunto un ulteriore pretesto (la prima trance del calcio scommesse ndr) per poter infierire liberamente su di me. Grazie a un incontro organizzato grazie ai continui sforzi e alla grandissima stima dimostratami da Marco e Davide Reboli (i capi della curva del Piacenza, ndr), la situazione era tornata abbastanza alla normalità, ma le ultime dichiarazioni riportate sui giornali hanno incrementato la tensione fino ad arrivare alle minacce verso me e i miei familiari. In questo momento per me è impossibile restare a Piacenza». Sta pensando alla risoluzione del contratto? «Domanda difficile a cui rispondere. . . La mia volontà non è quella di lasciare i compagni e l'allenatore a campionato in corso e soprattutto con questa difficile situazione di classifica. Parlerò con il Piacenza nei prossimi giorni per capire il da farsi». Chi le è stato più vicino? «Molte persone che mi conoscono da tanto tempo mi hanno manifestato grande solidarietà e mi hanno chiamato per tirarmi su di morale. La telefonata che mi ha fatto più piacere? Oltre a quella di Costantino Nicoletti (procuratore, ndr), che mi è stato sempre vicino come un fratello, dico quella di Ruggero Radice». Adesso cosa sogna per la sua vita e la sua carriera? «Unicamente a causa di alcune dichiarazioni tutte da dimostrare, mi ritrovo paralizzato e impotente. In questo momento vorrei soltanto che tutto si risolvesse nel minor tempo possibile per poter ricominciare la mia carriera e ritrovare un po' di quella serenità che ormai mi manca da giugno».
  21. IL NODO DELLA VICEPRESIDENZA Preziosi è un caso Coni: ineleggibile Ma per la Lega lo è Domani assemblea: i rumors scatenano un altro scontro? di MARCO IARIA (GaSport 22-01-2012) Vuoi vedere che tra la Lega e l'asse istituzionale (Coni e Figc) scoppia un altro bel casotto? Domani c'è l'assemblea dei club di A, convocata per eleggere vice presidente e un consigliere, rimasti vacanti per 7 mesi dopo l'addio di Sensi e Garrone. Beh, come la giornalaccio rosa ha scritto ieri, la maggioranza — con la regia del sempre più influente Lotito — ha intenzione di eleggere a n. 2 di Beretta Enrico Preziosi, oltre che di riassegnare alla Roma (nella persona dell'a.d. Fenucci) una poltrona nell'esecutivo. L'indiscrezione ha destato grande stupore nei palazzi del Coni, da cui informalmente si fa sapere che il patron del Genoa sarebbe ineleggibile per due motivi: innanzitutto la condanna passata in giudicato per bancarotta fraudolenta (fallimento del Como nel 2004), col patteggiamento a 23 mesi; e poi i 5 anni di squalifica, con proposta di radiazione («sanata» grazie alla conciliazione con la Figc), per la combine col Venezia, più i 6 mesi presi per aver fatto mercato con Moratti quand'era sospeso. Interpretazioni Tutto in nome, secondo il Coni, dell'articolo 29 dello statuto della Federcalcio, che detta requisiti e incompatibilità delle cariche federali: non può essere eletto chi sia stato colpito negli ultimi 10 anni da squalifiche sportive superiori a un anno e chi abbia riportato condanne penali definitive per reati non colposi a pene superiori a 1 anno. Ma la Lega è convinta che l'articolo 29 non si riferisca ai membri del suo «governo», tant'è che il regolamento di Lega rimanda a quella norma solo per le elezioni dei consiglieri federali e non dice invece nulla sulle cariche interne a essa. Certo, può darsi che per motivi di opportunità qualche club spinga per un'alternativa a Preziosi. Magari, però, accadrà il contrario e l'assemblea di domani si trasformerà nell'ennesima prova di forza.
  22. leOpinioni SI’, AL CALCIO SERVONO I PENTITI SCOMMESSE: «TUTELARE» I PENTITI SE SI VUOLE ROMPERE L'OMERTA' di FRANCO ARTURI (GaSport 22-01-2012) Un metaforico e poderoso calcio nel di dietro ma poi anche un grazie e una pacca sulla spalla. Li indirizziamo ad Andrea Masiello, difensore egregio, per averci tolto le poche illusioni che potevamo ancora nutrire, mettendo a fuoco molte partite manipolate quand'era al Bari. Anche la Serie A è infettata dal virus mortale delle scommesse. Abbiamo bisogno di tutti i pentiti che hanno da raccontare verità sporche. Non cerchiamo di trasformare Masiello (nella foto Rastelli) in un eroe positivo: è giusto sottolineare anche la convenienza personale di una scelta che potrebbe salvargli il molto che resta della sua carriera. Ma in questioni che mimano, come successe in Calciopoli, le tortuose lotte alla criminalità organizzata, la giustizia sportiva può uscirne solo sfruttando il desiderio di parlare di queste persone. E' uno scambio non cinico, ma realistico: o così o non muoviamo passi importanti. La priorità del calcio italiano non è la legge sugli stadi ma la questione morale. Lo sosteniamo da anni e l'opinione si rafforza uno scandalo dopo l'altro. La perdita di credibilità etica del sistema è molto più dannosa di un deludente accordo televisivo: entra nella testa della gente come un gas tossico. E produce distacco e disaffezione, cioè anche danni economici. L'unico modo conosciuto per guarire da queste patologie sociali (perché questa è la malattia del calcio italiano) è una dose massiccia di verità. Il livello di omertà in questo ambiente è impressionante. Vorremmo sentirlo confermare dal presidente Abete una buona volta. Vedremo, per esempio, se il nostro Masiello sarà emarginato per la sua scelta; se suoi compagni vigliacchi e cialtroni troveranno facilmente squadra e lui avrà difficoltà. Vedremo se la Federazione lo «proteggerà» come deve fare lo Stato con i pentiti veri. Vedremo se i richiami della Uefa su questa materia saranno seguiti. Per ora non ci pare di vedere una straordinaria mobilitazione. Al contrario, quando si parla di questi argomenti in pubblico la parola d'ordine di quasi tutti gli addetti ai lavori è l'invito a «non generalizzare», vale a dire di minimizzare. Nemmeno a noi piacciono i processi sommari e abbiamo sotto gli occhi un'infinità di storie umane di passione e di lealtà. Ma proprio per questo è il momento di sapere fino a dove si estende la materia necrotizzata. Si sente l'esigenza di un De Falco anche qui, cioè di qualcuno che si assuma la responsabilità di urlare lo sdegno di un Paese e qualche ordine eccezionale. Una sanatoria di qualche mese per chi vuota il sacco? Un richiamo all'ordine per quei dirigenti e quegli allenatori che vivono accanto al calcio malato e non se ne accorgono? Una serie di interventi simbolici per portare al centro lo sport e il fair play? Le proposte potrebbero essere tante, ma l'essenziale è che il calcio diventi protagonista di questa battaglia e non spettatore sballottato da una Procura all'altra. Ad ogni passaggio in tribunale l'emorragia di interesse si aggrava. E' una questione vitale.
  23. SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 21-01-2012) Londra, Giochi ad alto rischio fra missili, sottomarini e l'Fbi... Missili terra-aria, la portaelicotteri Hms Ocean e alcuni sottomarini dislocati lungo il Tamigi, oltre 21.000 poliziotti e soldati, di cui 9. 000 richiamati dall'Afganhistan, lungo le vie della città: l'Olimpiade di Londra (27 luglio-12 agosto) sarà la più blindata della storia dei Giochi. Per la sicurezza la cifra è salita a seicento milioni di sterline. Massimo controllo, come detto, lungo le vie d'accesso acquatiche ma anche dello spazio aereo. Le esercitazioni sono in corso, appena qualche giorno fa se ne è svolta spettacolare lungo il Tamigi. Anche se l'organizzazione ha mostrato una pericolosa falla: il dossier riservato, con i piani dettagliati di difesa dei siti olimpici, i numeri di telefoni degli ufficiali coinvolti e i giorni previsti per le esercitazioni è stato dimenticato da un poliziotto nella carrozza numero sei del treno diretto a Dartford. La cartellina di colore scuro stata ritrovata da un pendolare che l'ha subito portata al Sun: il dossier poi è stato riconsegnato a Scotland Yard, dove non hanno potuto fare a meno di ammettere che la vicenda è stata "imbarazzante" (figuriamoci se fosse successo in Italia...). E forse perché si fidano poco degli inglesi, ecco che gli Stati Uniti hanno deciso di mandare a Londra circa 1. 000 agenti per la protezione della delegazione (oltre 600 persone) e dei tantissimi tifosi a stelle e strisce che arriveranno per i Giochi. Una cifra consistente, che ha turbato non poco il governo inglese, che ha affidato alla Sas (Special Air Service) il controllo delle operazioni e ha istituito una sede dei servizi segreti a due passi dal Villaggio Olimpico. Cinquecento saranno gli agenti del Federal Bureau of Investigation (Fbi), la maggiore polizia giudiziaria degli Usa che si occupa anche di terrorismo. Gli altri agenti made in Usa invece saranno del Secret Service e del Diplomatic Security Service. Il Secret Service si occupa soprattutto della protezione del presidente e degli ex presidenti degli Usa, della protezione dei capi di Stato stranieri in visita negli Stati Uniti. Il Diplomatic Security Service (Dss) ha il compito della protezione di ambasciate e consolati Usa, oltre che del Segretario di Stato. Ma si occupa anche di controspionaggio e dell'arresto di latitanti Usa fuggiti all'estero. Altre Nazioni (come Israele, ad esempio) avranno loro agenti a Londra. L'Italia non ha ancora deciso: il problema è all'esame del Viminale e della Farnesina. Circa 20.000 saranno i tifosi italiani che, almeno per ora, hanno trovati i preziosissimi biglietti (6,6 milioni in tutto, con richieste che superano i 20 milioni), più la maxi-delegazione del Coni composta da circa 300 atleti e oltre un centinaio fra tecnici, dirigenti, medici, eccetera. Di sicuro ci sarà un funzionario di collegamento, anche con l'Ambasciata italiana a Londra che già dispone di suoi agenti di "intelligence". Non si sa ancora quanti poliziotti saranno inviati dall'Italia. Preziosi non può essere eletto vicepresidente della Lega A: ecco perché Lunedì la Lega di serie A deve eleggere il vicepresidente e un consigliere. Se per il consigliere non ci dovrebbero essere problemi (toccherà a Fenucci, a.d. della nuova Roma), ecco che chi aveva pensato di votare Enrico Preziosi, patron del Genoa, come vice di Lega dovrà stare bene attento, e magari ricredersi. Le norme infatti non lo consentono: l'articolo 29 dello statuto Figc spiega chiaramente, alla voce "requisiti e incompatibilità" che chi ha avuto un'inibizione superiore ad un anno non può "essere eletto o nominato". Preziosi è stato inibito per 5 anni e sei mesi, più a livello penale ha patteggiato una condanna per bancarotta fraudolenta di 23 mesi, oltre ad essere stato condannato in appello a 4 mesi per frode sportiva (il caso della famosa valigetta di Genoa-Venezia). Quindi, non è eleggibile. Qualcuno aveva pensato anche a Claudio Lotito, che a livello sportivo ha avuto solo sei mesi e mezzo: ma in base alle norme etiche del Coni, che saranno definite il prossimo 2 febbraio, non potrà più fare parte del consiglio federale della Figc. Conviene eleggerlo vicepresidente della Lega? Insomma, un bel caos. L'unica cosa certa è che Maurizio Beretta resterà al suo posto (pur essendo dimissionario dal marzo dell'anno scorso) sino a fine mandato: poi i venti presidenti di A litigheranno, come da tradizione, per trovare il suo erede. Ma la Rai può rinunciare a Novantesimo Minuto? Venerdì 27 gennaio, ore 12: la Lega di serie A aprirà le buste con le offerte di Rai e Mediaset per i diritti tv del campionato (gli highlights). La Rai deciderà fra mercoledì e giovedì, quando è previsto il cda, che tipo di offerta fare: sicuramente sarà al ribasso. C'è la speranza di poter spacchettare, cercando di salvare una trasmissione storica come Novantesimo Minuto. Per la Domenica Sportiva pare non ci siano problemi. Ma la Rai, come servizio pubblico, può permettersi di rinunciare di dare i gol, gratis, la domenica pomeriggio? Il direttore di Rai Sport., Eugenio De Paoli, si sta battendo con tutte sue forze, ma il destino delle trasmissioni Rai è nelle mani del direttore generale, Lorenza Lei. Ci sono stati, ultimamente, tagli consistenti, anche sugli opinionisti. Rai Sport comunque ha preso in gestione una trasmissione come la Giostra del gol, che in Italia non si vede ma che all'estero è un appuntamento fisso per tutti gli italiani sparsi nel mondo, dagli Usa all'Australia. Una trasmissione che ha qualcosa come 50-60 milioni di potenziali ascoltatori, una cifra impressionante che dovrebbe interessare anche la Sipra. A proposito di concessionarie pubblicitarie, a Mediaset è proprio Publitalia che spinge per prendere i diritti in chiaro del calcio, in modo da avere maggiori spazi di manovra dopo un inizio dell'anno al ribasso. Non si sa ancora che tipo di offerta potrà fare Mediaset perché, a parte Publitalia che spinge, ci sono anche dirigenti che preferirebbero puntare sul digitale pay, che ha dato buoni ascolti ma non eccezionali introiti. Ci siamo, comunque. Presto si saprà se la Rai perderà un altro pezzo dello sua storia. . .
  24. Tifosi in coma, poliziotti sotto accusa di MAURIZIO MARTUCCI dal blog su "il Fatto Quotidiano.it 21-01-2012" Intrecci calcistici da stato comatoso. Storie di stadio, cadute libere, colluttazioni, pubblica sicurezza e versioni contrastanti. Con reparti di neuro rianimazione sullo sfondo, al posto di tackle e centravanti di sfondamento. E’ successo giovedì sera prima di Inter-Genoa, Coppa Italia 2012. Come in un Bologna-Roma, Serie A 2001. Oggi un’ambulanza a sirene spiegate fuori il Meazza in San Siro. Ieri barellieri del pronto soccorso sulle gradinate felsinee del Dall’Ara. Massimilano Moro (38 anni, tifoso genoano) e Alessandro Spoletini (all’epoca 31 anni, tifoso romanista) li accomuna il destino: a undici anni di distanza, entrambi in sonno profondo. Tutti e due intubati su un letto d’ospedale. Trasferta da codice rosso, a sirene spiegate. Famiglie assetate di verità, per l’accertamento di eventuali responsabilità. Si, ma di chi? Non di ultrà di opposta fazione. Ma di agenti della Polizia di Stato. “E’ giusto capire se è successo qualcosa di anomalo”, dice sua sorella, Veronica Moro, mentre il cognato: “Per noi quello che è successo è inspiegabile. Siamo arrivati a Milano per assistere alla partita e a una serata di festa. Non ci saremmo mai aspettati che finisse così”, mentre l’avvocato di famiglia Riccardo Lamonaca vuole “capire come mai Massimo si trova in queste condizioni”. La versione della Digos milanese è però netta. Non concede coni d’ombra. Racconta che Moro, positivo al test degli oppiacei e con tasso alcolemico elevato, dopo essersi fatto beccare alticcio da uno steward all’ingresso dello stadio, è stato accompagnato al posto di Polizia. E qui “ha perso il controllo: ha tentato di scappare - spiega il dirigente Bruno Megale – ed è caduto assieme a un agente che lo stava bloccando da dietro, picchiando la testa contro lo stipite della porta e provocandosi un taglio sulla fronte”. Al Policlinico di Milano il tifoso del grifone è in prognosi riservata, con importanti complicazioni polmonari causate dal fatto che “ha probabilmente ingerito del vomito. La Tac ha escluso lesioni o emorragie interne infracervicali”. Al poliziotto con cui s’è avvinghiato, hanno refertato 4 giorni di prognosi. Alessandro Spoletini restò invece più di un mese in coma all’Ospedale Maggiore. Si risvegliò dall’incubo, seguendo una lenta riabilitazione motoria. La sua vicenda portò la Procura di Bologna a rinviare a giudizio un agente di Polizia, accusato di lesioni per un goffo sgambetto al tifoso giallorosso, precipitato rovinosamente sulle gradinate, su cui impattò violentemente la testa. Ma ieri per Spoletini, come oggi per Moro, montò l’accusa di ubriachezza, quasi a concorso di colpa. “Stavo con lui – smentì il cugino Mauro – non è vero che eravamo ubriachi.” “Noi non abbiamo picchiato proprio nessuno. Certe accuse sono assurde. Il ragazzo stava scendendo le scale zigzagando – disse Sergio Bracco, allora Capo gabinetto della Questura bolognese – schivando altra gente, è inciampato da solo ed ha battuto il cranio contro un gradino”. Contrapposta fu però la tesi di testi oculari, che per giorni tempestarono radio romane e redazioni di giornale con telefonate e ricostruzioni circostanziate: “Ho visto uno dei poliziotti che colpiva con una manganellata questo ragazzo, il quale cercava di scappare. Quattro o cinque poliziotti l’hanno rincorso e uno di loro gli ha fatto lo sgambetto per farlo cadere: in quel momento ha battuto la testa”. A due anni dai fatti, il caso giudiziario del romanista Spoletini finì con l’assoluzione dell’agente rinviato a giudizio. Massimiliano Moro è ancora alle prime 48 ore di terapia intensiva, ma clinicamente fuori pericolo di vita. La Procura meneghina ha aperto un fascicolo, senza iscrivere alcun agente tra gli indagati. Anzi, il supporter genoano è in stato di fermo, in attesa di convalida. Piantonato in corsia, dovrà rispondere di resistenza a pubblico ufficiale.
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