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CRAZEOLOGY

Tifoso Juventus
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  1. Gianni Agnelli è un mito di costruzione mediatica e di indiscutibile fascino personale, ma di industria non ci ha mai capito nulla. E probabilmente anche di tante altre cose. Basta vedere come il gatto e la volpe se lo sono intortato, aggiustandosi loro e le loro famiglie, e dirottando l'impero verso chi ora lo governa. Finanziariamente poi hanno avuto sicuramente ragione, visto ciò che è diventato exor negli ultimi 25/30 anni, ma come abbiamo visto industrialmente appena aperti i confini e con l'europa unita il mondo Fiat è finito. Se invece di pensare alle mostre d'arte, annoiarsi ogni 2 minuti, e rincorrere le gonnelle, Gianni avesse davvero fatto l'industriale, oggi avremmo un'altra situazione. Cosa avrebbe dovuto essere, e cosa avrebbe davvero potuto essere Gianni Agnelli, in sostanza non lo sapremo mai.
  2. Lo so. Ma l'importante è che si crei una situazione nuova, e che la Juve esca da questa situazione di stallo per diventare e ambire come il Real.
  3. In tribunale a Torino ora sono sicuri: hanno l'inventario completo dei beni dell'Eredità Agnelli. Denaro, reti di istituti bancari e società fiduciarie, una geografia internazionale che va dalla Svizzera alle Isole Vergini Britanniche. Tutto ciò che il notaio svizzero Urs von Grunigen aveva messo nero su bianco. Intestazioni e cifre che vanno di pari passo con il materiale finora trovato dalla Procura della Repubblica, che sarebbe pronta a emettere una serie di rogatorie internazionali. Ma quel che non c'è ha forse un peso ancora maggiore: 138 tonnellate. In lingotti d'oro. Il tesoro più segreto degli Agnelli. […] Il giudice istruttore Nicoletta Aloj scrive che "può ritenersi sufficientemente individuata la documentazione relativa alle operazioni di inventario" dell'eredità di Marella Agnelli Caracciolo da parte di von Grunigen. Lo fa nell'ordinanza con cui, di fatto, dispone l'interrogatorio di John Elkann (mentre i fratelli Lapo e Ginevra dovranno fornire prove documentali) per chiarire l'esatto ammontare dei beni all'estero, transitati da Marella a lui. Si tratta di somme presenti in conti Morgan Stanley & Co. a Londra, New York e in Svizzera; la banca Pictet & Cie di Ginevra; Luxembourg Branch in Lussemburgo, l'Hong Kong Branch; il Singapore Branch, e ancora Credit Suisse di Zurigo, società di asset e finanziarie tra Liechtenstein, ancora Singapore, la Svizzera, ma anche la Nomen Fiduciaria di Torino, Mediobanca a Milano e via discorrendo. E qui parliamo della parte in sede civile della lunga contesa che vede Margherita Agnelli, figlia di Gianni, in guerra con i suoi tre figli Elkann. In sede penale la cosa è leggermente diversa. In Procura - dove gli Elkann sono indagati per truffa aggravata assieme al commercialista, e presidente della Juve, Gianluca Ferrero, per la supposta falsa residenza svizzera della nonna Marella - hanno già recuperato una importante mole di documenti e trovato prove di depositi di denaro tra Liechtestein, Isole Vergini Britanniche e Lussemburgo. Oltre ai famosi preziosi quadri dell'Avvocato, che sarebbero custoditi al Lingotto di Torino, in uffici dell'ex Fca. Per aprire il lucchetto di questi conti, esaminare i passaggi e la provenienza dei fondi - che potrebbero far parte dei famosi fondi neri accumulati da Gianni Agnelli ai tempi della clamorosa falsa Opa Exor -, servono rogatorie internazionali che devono andare a cozzare con il rigido segreto bancario e fiscale di quei paraggi. Le richieste, comunque, starebbero per partire. Il famoso oro, invece, è un discorso a parte. Che Marella Agnelli avesse un patrimonio personale di 5,8 miliardi di euro è cosa documentata anche dai Panama Papers. Non avendo lei redditi tali, a parte il vitalizio milionario riconosciutole dalla figlia, quei miliardi sono l'eredità dell'Avvocato. Ben più di quanto stimato, ai tempi, a Margherita Agnelli, che poi firmò l'accordo successorio, rinunciando a Fiat e incassando un miliardo e duecento milioni di euro. Marella era certo - se non lei, di sicuro tramite i fidati consiglieri di Agnelli Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti - a conoscenza del luogo dove sarebbero custodite quelle tonnellate d'oro dalla storia particolare. E che sarebbero passate nella disponibilità di John Elkann. Quando invece, questo il ragionamento di Margherita, sarebbero dovute essere divise innanzitutto fra madre e figlia. Quell'oro, che ha rappresentato a lungo una leggenda degli Agnelli ma che, con il passare del tempo, trova sempre più elementi di prova, era del Senatore Giovanni Agnelli, il fondatore della Fiat. Lui, che era miliardario all'inizio degli anni 20 (quando fu anche accusato aggiotaggio in Borsa, ma con quei soldi si prese tutta la Fiat) e aveva raggiunto i 40 miliardi di lire alla fine della guerra, aveva cominciato a convertire il proprio denaro in lingotti d'oro da depositare in Svizzera. Alla sua morte, anche quell'oro, come molti altri beni, passò al nipote Gianni Agnelli. A lui disse di disporre di tutti i beni e decidere lui come dividere fra i fratelli e i parenti. Ma il consiglio, anzi forse l'ordine, fu di conservare una riserva segreta, per le sorti dell'azienda. Comprese le 138 tonnellate in oro. Il cui valore, oggi, viene calcolato in 9,2 miliardi di euro. L'oro si troverebbe nei caveau del Free Port di Ginevra, di proprietà della società Ports Francs et Entrepots de Geneve: un enorme deposito di valori, automobili, reperti archeologici, la più grande raccolta di opere d'arte del mondo che non può essere vista e chissà quant'altro. L'indirizzo è il quartiere de La Praille, a Ginevra. Ma Margherita, nonostante i suoi avvocati e i suoi investigatori, non ha mai potuto neppure avvicinarsi. Scrive Gigi Moncalvo che, all'avvocato che insisteva per accedere almeno ai documenti - per capire cosa ci fosse lì dentro nella disponibilità della famiglia Agnelli/Elkann - fu detto di andarsene o avrebbero chiamato la Gendarmeria. Il tesoro del Fondatore, dunque. Quello che Gianni avrebbe potuto dividere fra i fratelli, usare per sostenere la Fiat nei momenti bui - e perché mai, se tanto c'erano i soldi dello Stato fra cassa integrazione e contributi a perdere, il petrolio di Gheddafi e i magheggi di Enrico Cuccia? [...] Che non compaiano in nessun elenco è chiaro. Ma anche la loro esistenza sembra certa. Così come il fatto che Elkann ne abbia la disponibilità. Tentare una rogatoria internazionale per farsi aprire i lucchetti? L'ultima volta ci provò la Procura di Milano con il Port Franc di Chiasso dove avrebbero dovuto esserci i famosi dipinti "scomparsi". Una volta arrivati lì, però, gli investigatori non hanno trovato nulla. Tutto era stato svuotato per tempo. torinocronaca.it PS In effetti troppo spesso, io per primo, ci si dimentica che prima di Gianni Agnelli c'è stato suo nonno. Quella Fiat poi, ossia quella prima della seconda guerra mondiale, non contrastava lo stato fascista, quindi viaggiava bene. E anche il nonno del nonno di JE deve aver imboscato molti fondi... E' possibilissimo.
  4. In tribunale a Torino ora sono sicuri: hanno l'inventario completo dei beni dell'Eredità Agnelli. Denaro, reti di istituti bancari e società fiduciarie, una geografia internazionale che va dalla Svizzera alle Isole Vergini Britanniche. Tutto ciò che il notaio svizzero Urs von Grunigen aveva messo nero su bianco. Intestazioni e cifre che vanno di pari passo con il materiale finora trovato dalla Procura della Repubblica, che sarebbe pronta a emettere una serie di rogatorie internazionali. Ma quel che non c'è ha forse un peso ancora maggiore: 138 tonnellate. In lingotti d'oro. Il tesoro più segreto degli Agnelli. […] Il giudice istruttore Nicoletta Aloj scrive che "può ritenersi sufficientemente individuata la documentazione relativa alle operazioni di inventario" dell'eredità di Marella Agnelli Caracciolo da parte di von Grunigen. Lo fa nell'ordinanza con cui, di fatto, dispone l'interrogatorio di John Elkann (mentre i fratelli Lapo e Ginevra dovranno fornire prove documentali) per chiarire l'esatto ammontare dei beni all'estero, transitati da Marella a lui. Si tratta di somme presenti in conti Morgan Stanley & Co. a Londra, New York e in Svizzera; la banca Pictet & Cie di Ginevra; Luxembourg Branch in Lussemburgo, l'Hong Kong Branch; il Singapore Branch, e ancora Credit Suisse di Zurigo, società di asset e finanziarie tra Liechtenstein, ancora Singapore, la Svizzera, ma anche la Nomen Fiduciaria di Torino, Mediobanca a Milano e via discorrendo. E qui parliamo della parte in sede civile della lunga contesa che vede Margherita Agnelli, figlia di Gianni, in guerra con i suoi tre figli Elkann. In sede penale la cosa è leggermente diversa. In Procura - dove gli Elkann sono indagati per truffa aggravata assieme al commercialista, e presidente della Juve, Gianluca Ferrero, per la supposta falsa residenza svizzera della nonna Marella - hanno già recuperato una importante mole di documenti e trovato prove di depositi di denaro tra Liechtestein, Isole Vergini Britanniche e Lussemburgo. Oltre ai famosi preziosi quadri dell'Avvocato, che sarebbero custoditi al Lingotto di Torino, in uffici dell'ex Fca. Per aprire il lucchetto di questi conti, esaminare i passaggi e la provenienza dei fondi - che potrebbero far parte dei famosi fondi neri accumulati da Gianni Agnelli ai tempi della clamorosa falsa Opa Exor -, servono rogatorie internazionali che devono andare a cozzare con il rigido segreto bancario e fiscale di quei paraggi. Le richieste, comunque, starebbero per partire. Il famoso oro, invece, è un discorso a parte. Che Marella Agnelli avesse un patrimonio personale di 5,8 miliardi di euro è cosa documentata anche dai Panama Papers. Non avendo lei redditi tali, a parte il vitalizio milionario riconosciutole dalla figlia, quei miliardi sono l'eredità dell'Avvocato. Ben più di quanto stimato, ai tempi, a Margherita Agnelli, che poi firmò l'accordo successorio, rinunciando a Fiat e incassando un miliardo e duecento milioni di euro. Marella era certo - se non lei, di sicuro tramite i fidati consiglieri di Agnelli Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti - a conoscenza del luogo dove sarebbero custodite quelle tonnellate d'oro dalla storia particolare. E che sarebbero passate nella disponibilità di John Elkann. Quando invece, questo il ragionamento di Margherita, sarebbero dovute essere divise innanzitutto fra madre e figlia. Quell'oro, che ha rappresentato a lungo una leggenda degli Agnelli ma che, con il passare del tempo, trova sempre più elementi di prova, era del Senatore Giovanni Agnelli, il fondatore della Fiat. Lui, che era miliardario all'inizio degli anni 20 (quando fu anche accusato aggiotaggio in Borsa, ma con quei soldi si prese tutta la Fiat) e aveva raggiunto i 40 miliardi di lire alla fine della guerra, aveva cominciato a convertire il proprio denaro in lingotti d'oro da depositare in Svizzera. Alla sua morte, anche quell'oro, come molti altri beni, passò al nipote Gianni Agnelli. A lui disse di disporre di tutti i beni e decidere lui come dividere fra i fratelli e i parenti. Ma il consiglio, anzi forse l'ordine, fu di conservare una riserva segreta, per le sorti dell'azienda. Comprese le 138 tonnellate in oro. Il cui valore, oggi, viene calcolato in 9,2 miliardi di euro. L'oro si troverebbe nei caveau del Free Port di Ginevra, di proprietà della società Ports Francs et Entrepots de Geneve: un enorme deposito di valori, automobili, reperti archeologici, la più grande raccolta di opere d'arte del mondo che non può essere vista e chissà quant'altro. L'indirizzo è il quartiere de La Praille, a Ginevra. Ma Margherita, nonostante i suoi avvocati e i suoi investigatori, non ha mai potuto neppure avvicinarsi. Scrive Gigi Moncalvo che, all'avvocato che insisteva per accedere almeno ai documenti - per capire cosa ci fosse lì dentro nella disponibilità della famiglia Agnelli/Elkann - fu detto di andarsene o avrebbero chiamato la Gendarmeria. Il tesoro del Fondatore, dunque. Quello che Gianni avrebbe potuto dividere fra i fratelli, usare per sostenere la Fiat nei momenti bui - e perché mai, se tanto c'erano i soldi dello Stato fra cassa integrazione e contributi a perdere, il petrolio di Gheddafi e i magheggi di Enrico Cuccia? [...] Che non compaiano in nessun elenco è chiaro. Ma anche la loro esistenza sembra certa. Così come il fatto che Elkann ne abbia la disponibilità. Tentare una rogatoria internazionale per farsi aprire i lucchetti? L'ultima volta ci provò la Procura di Milano con il Port Franc di Chiasso dove avrebbero dovuto esserci i famosi dipinti "scomparsi". Una volta arrivati lì, però, gli investigatori non hanno trovato nulla. Tutto era stato svuotato per tempo. torinocronaca.it PS In effetti troppo spesso, io per primo, ci si dimentica che prima di Gianni Agnelli c'è stato suo nonno. Quella Fiat poi, ossia quella prima della seconda guerra mondiale, non contrastava lo stato fascista, quindi viaggiava bene. E anche il nonno del nonno di JE deve aver imboscato molti fondi... E' possibilissimo.
  5. Abbassando ancora di più la qualità del servizio. Distrutti.
  6. il 90° minuto di Valenti mi mette tanta nostalgia, era sacro ai suoi tempi, almeno per me. Una cosa seria. Ma quel mondo è morto tanto tempo fa e non ritornerà più, quindi meglio che nessuno ne tenga artificiosamente in vita il cadavere. Viva la sepoltura. Era ora.
  7. Estratto dell’articolo di Lorenzo Giarelli e Lorenzo Vendemiale per “il Fatto Quotidiano” Aumenti a due zeri del prezzo degli abbonamenti, redazione quasi dimezzata, opinionisti in fuga. Dazn ha un problema e, di riflesso, tutto il calcio italiano non ci fa una gran figura. Nel giorno in cui l’azienda presenta in pompa magna la nuova stagione, l’assemblea dei giornalisti denuncia un piano di 14 esuberi su 32 giornalisti. Un taglio quasi del 50 per cento che segue la rinuncia a diversi talent (Stefano Borghi e Marco Cattaneo, per esempio, anche se l’azienda vuole un nuovo big ). […] Il triennio 2021-2024, il primo da protagonista, è stato un bagno di sangue: gli abbonamenti non sono decollati, Tim – partner e forse vero regista dell’operazione – si è tirata indietro, centinaia di milioni persi. L’azienda a quel punto aveva due strade: ritirarsi, o rilanciare. Ha scelto la seconda, aggiudicandosi i diritti della Serie A addirittura fino al 2029, per 700 milioni a stagione. Ma stavolta i conti dovranno per forza tornare. Per raggiungere almeno il pareggio, da una parte l’Ott sta proseguendo nella politica di aumento dei prezzi (fino a 120 euro in più l’anno, e i tifosi ringraziano) insieme alla lotta alla pirateria. Dall’altra però ha deciso di sfrondare la struttura interna, che probabilmente era stata sovradimensionata nella precedente gestione. Alla redazione questo taglio non sta bene, anche perché da mesi il tavolo sindacale con Fnsi e Associazione lombarda giornalisti non fa progressi. Perciò l’assemblea dei giornalisti ha proclamato lo stato di agitazione[…] Una simile smobilitazione alimenta anche le voci di una crisi di Dazn, che aprirebbe scenari apocalittici per tutto il pallone italiano. Anche se l’acquisto dei diritti fino al 2029 (anche in Francia) conferma l’impegno. Semmai, la domanda è come l’Ott conti di migliorare il prodotto calcio rinunciando a metà redazione. […]
  8. LA RAI HA DECISO DI NON COMPRARE PIÙ I DIRITTI DELLE PARTITE DI SERIE A PER “90° MINUTO”. FINISCE COSÌ IL PROGRAMMA STORICO DI PAOLO VALENTI E MAURIZIO BARENDSON, ORA CONDOTTO DA PAOLA FERRARI.
  9. Quando arrivò da noi, preso dall'Inter, in molti a Torino pensavano che lo avrebbero migliorato. A Milano non capiscono nulla, noi gli insegneremo anche a fare la fase difensiva, sarà una bomba. Così lo hanno messo sotto alla Continassa, ma lui, a quanto mi disse già all'epoca qualcuno che bazzicava il mondo Juve in quegli anni, non aveva nessuna voglia di imparare. Mi sembra che in una intervista di qualche anno dopo forse ha anche confermato lui stesso di non aver usato al meglio l'esperienza con noi per poter crescere. Disse che su alcune cose aveva sbagliato, o qualcosa del genere. Se ne fregava. Svogliato. Rilassato e sereno sulle sue capacità offensive. Alla Juve dopo un po' hanno capito che era una causa persa, e alla prima buona occasione lo hanno venduto. Anche un carattere difficile sul groppone, pare. Il fatto di rivolere uno così tra noi, (anche io ci sto pensando seriamente, sia ben chiaro, da quando è uscita l'indiscrezione), è fisiologicamente prevedibile, perché di fatto stiamo vivendo un momento di ricostruzione a basso costo. Se lo paghi poco (come se i soldi li mettessimo noi ), in effetti sulla carta sembra un'operazione intelligente. Ma probabilmente non lo è. In bradigaaaaaaa...... noi tifosi siamo disperati.
  10. I conti sono ufficiali. In Ferrari al momento c'è ciccia. https://it.motor1.com/news/706944/bilancio-conti-2023-consegne-ferrari/#:~:text=Nuova scossa al conto economico,1%2C257 miliardi (%2B34%).
  11. Diciamo che la Juve è un vuoto a perdere, mentre la Ferrari è un'azienda che produce e fattura. Questa dicotomia nella sua testa è bella chiara. La Ferrari sarà sempre tutelata e gestita in funzione del mito che è, perché porta soldi nella cassa del gruppo. Secondo me lui sinceramente vorrebbe farla tornare a vincere con continuità, perché più brilla e più vende. Che poi non ci riesce è un altro discorso. In quel caso quindi è un tifo molto interessato. La Juve è un serio problema, solo un costo, soprattutto gestita alla c**** di cane come han sempre fatto, che però porta una visibilità capillare mondiale che fa paura. Il problema è che si tratta di un'entità divisiva, la tiene ma non gli interessa, e soprattutto non gli interessa che cominci a fare soldi con una buona gestione, perché sarebbero cmq pochi soldi, ma chi la gestisce avrebbe una visibilità positiva enorme. Soprattutto se un parente, non se ne parla. Ed è un bel jolly da giocarsi su altri tavoli. I costi sono alti, ma per lui sono decisamente molto sostenibili anche quando le cose vanno male, e sono variabili (basta ogni tanto rallentare e svendere un po', senza porsi alti obbiettivi sportivi, come stanno facendo adesso). Siamo prigionieri di questo personaggio qua.
  12. - Come sai, non sei qua per vincere. - Lo so, è difficile il primo anno, stiamo costruendo eh... - Non ci siamo capiti. Il progetto per me, è che qualunque cosa succeda in campo, (perdere o vincere è indifferente), durante o alla fine del torneo ci sia quel sano momento di sodomia. - Non ho capito. In che senso? - Nel senso che o vinciamo e svendiamo i titoli a qualche amico nerazzurro, o perdiamo e lasciamo vincere altri, possibilmente i nerazzurri. - Ma io quindi cosa devo fare? - Tranquillo, fai pure quello che ti va. Fai quello che ti viene. A tutto il resto ci penso io. - E se... - Non ci sono se. Rilassati, divertiti, e goditi lo stipendio. - Non so, io.... - Devo ancora decidere sul tipo di sodomia da accettare questa volta (giudici, arbitri, var, altro....). Ma c'è tempo... - Ma allora.... - Ci sono poche regole che dovrai rispettare. - .... - Zitto e non protestare mai con nessuno. Non alzare la voce. Di fatto sei pagato per risultare un gobbo, quindi ladro, dopato, imbroglione. Se in campo ti fregano la partita in modo palese con l'aiuto di arbitro, var, o altro, davanti alle telecamere dovrai dire che va tutto bene. Che noi siamo la Juve, che abbiamo lo stile juve, che le polemiche non ci toccano, che guardiamo avanti, ecc. - .... - Non fare quella faccia perplessa. Anzi, ti faccio io una domanda.... - .... Che domanda?... - Ti piace la frutta? - Si.... - E il colore giallo ti piace? - Beh... si.... - Bene, sono contento. Adesso si che sei uno dei nostri!
  13. Funziona solo una cosa, sia in Europa che in Italia: la giustizia vera. Magistrati, arresti spettacolari e manette. Ci sarebbe un fuggi fuggi generale, e tanta tanta gente pronta a vuotare il sacco per uno sconto di pena. Purtroppo la magistratura massonica che ci ritroviamo non muoverà un dito. E in Svizzera idem. Per arrestare Blatter si è dovuta impicciare l'FBI, sennò stava ancora lì.
  14. Buone notizie. Continua la lenta diminuzione del numero di copie cartacee vendute di molti giornali. In calo La Stampa, Repubblica, e Corriere della M***A. La Juve non c'entra, è più un fatto di tempi che cambiano, ma io godo lo stesso. Penso però che sia anche un discorso di prezzo della copia, e di credibilità della testata. Il Fatto Quotidiano infatti tiene bene e anzi, aumenta le copie vendute. Segno che ha saputo conquistarsi un suo pubblico. Al di là della qualità, evidentemente sparare contro tutti frutta. La gente è più pronta a credere alle sparate di Travaglio, che ai giornaloni imbroglioni del potere.
  15. Capisco tutto, ma 20 no. Non esiste. Per quella cifra me lo tengo. Che tanto a 20 non lo compri un altro della stessa caratura.
  16. Una volta dopo una mazzata c'era gente che piangeva in campo, e poi restava triste per giorni. Baggio, Baresi, Zoff, Serena, ecc. Anche Ronaldo, ecc. Adesso invece, fin dal giorno dopo, il tempo di arrivare sul luogo prescelto, e comincia la festa. Inoltre, senza manco accendere il cervello, senza neanche lasciare il tempo al popolo italico bananaro anti-Juventino di digerire la figuraccia, si pubblica tutto. Perché io valgo. Ciò i soldi, sono giovane, ciò il fisico, sono alla moda, ciò il tatuaggio nuovo, ciò la tinta in testa nuova, ciò la stra-vacanza, ciò la gnocca vicino, e tu no.
  17. Certo. E' tutta una menata. Ci stanno prendendo per il deretano da mò. Ma le aziende seguono il mercato, ed è normale che si preparino per vendere. La differenza tra un'azienda e una grande azienda, è che la prima segue il mercato, la seconda lo genera .
  18. Ferrari è innovazione, o almeno dovrebbe esserlo. Quindi di base sto con JE e il cda. Avere una sezione dell'azienda dedicata all'elettrico mi sembra molto lungimirante. Perché il mondo cambia e bisogna essere il più preparati possibile a qualunque terremoto commerciale. Ovvio che il rombo di un motore fa la differenza quando si guarda a quella categoria di autovetture. Lo so. E' normale. Per ciò che riguarda le emozioni che riguardano il guidare l'elettrica rispetto a quella tradizionale, sono frasi commerciali, che JE ha detto tanto per dire qualcosa. Non ci capisce nulla, credo. La sfida in realtà risiede proprio lì: se per legge i combustibili per auto diventassero illegali all'improvviso, ferrari sarebbe in grado di produrre una vera ferrari, con tutti i crismi, con la stessa idea di base, con la stessa filosofia storica, o si chiude la baracca? Va detto però che i veicoli ovviamente sono completamente diversi di base, come accelerazione, come guidabilità generale, ecc, ma anche l'elettrico di livello teoricamente può essere una bestia, un vero missile. Occhio a sottovalutare le prestazioni. L'auto elettrica è ancora all'alba. Quello che a me lascia davvero perplesso invece è che nessuno dei grandi costruttori abbia un serio progetto idrogeno. L'unico gruppo che ci sta lavorando seriamente e con tutte le forze forse è solo Toyota. Non perché sia la risoluzione di tutti i mali, visto quello che costa produrre idrogeno anche livello di inquinamento. Ma sostanzialmente perché non sappiamo che direzione prenderà in futuro di lungo periodo l'automotive in generale. Anche lì sarebbe bene essere preparati e provare a tirare fuori dal proprio lavoro dei brevetti. Tutto lì. Detto questo, l'interista resta il solito impresentabile di sempre.
  19. John porta bene. Respiratori Philips difettosi, parte da Torino la class action: ecco chi può aderire Durante il Covid i dispositivi erano stati consegnati ma poi ritirati dal commercio per il sospetto che uno dei materiali usati, una schiuma fonoassorbente, potesse frantumarsi in microparticelle cancerogene se sottoposta a pressione o calore LUDOVICA LOPETTI 04 Luglio 2024 https://www.lastampa.it/torino/2024/07/04/news/class_action_respiratori_philips_difettosi_covid_19-14447310/ Crazeology vi aveva già dato un'opinione personale dei prodotti della Philips, vero? Ecco.
  20. Da qui a novembre c'è tempo. Starà pensando che... Laggente dimentica, Euro 2024 sarà un fatto lontano, il nuovo campionato sarà in pieno svolgimento, tutti saranno distratti, e lui secondo me si ricandiderà. Tanto o lui o uno come lui. Se ne riparla alla prossima mancata qualificazione ai mondiali. Più stanno lì, tutti quanti, più la situazione si aggrava. A me fa piacere aver visto in questi giorni il sentimento popolare al contrario e meritato. Spero continuino così, o anche peggio. Perché col sentimento popolare, l'unica speranza che abbiamo, si possono speronare diverse situazioni. Detto questo, noi purtroppo in casa nostra abbiamo un problemone.
  21. Tutti gli uomini di Gravina: così non lascia, ma raddoppia IL PRESIDENTE FIGC CONTROLLA IL SISTEMA CALCIO - Allenatori, calciatori Dilettanti, Lega Pro e arbitri: i vertici sono “suoi”. E ora anticipa l’assemblea per blindare la riconferma Gabriele Gravina non lascia, raddoppia. Invece di chiedere scusa e farsi da parte per i disastri della nazionale sotto la sua gestione, il n.1 della Figc anticipa l’assemblea federale al 4 novembre. Eccola, la risposta dei vertici al fallimento nazionale: auto-confermarsi alla guida del calcio italiano. Le urne erano previste tra marzo e gennaio 2025, la forzatura (che manda nel caos le componenti chiamate a votare prima) ha un intento smaccato: togliere tempo all’opposizione per organizzare un’alternativa, oltre che mettere a tacere le voci su un possibile commissariamento (inutile, se si voterà presto). Così Gravina potrà dire che resta presidente perché il pallone gli ha rinnovato la fiducia. O al limite piazzare un candidato gradito, eventualità ad oggi comunque remota. Ma come, invece di cacciarlo dopo una simile figuraccia lo rieleggono? Alla domanda che qualsiasi tifoso si pone in queste ore – ovvero come mai nel mondo del pallone nessuno abbia avuto la dignità (inutile aspettarsela dal diretto interessato) di alzarsi e chiedere le dimissioni – la risposta è semplice: i vertici del calcio italiano sono tutti o alleati o piazzati da Gravina, se non proprio, in certi casi, a libro paga della Figc. Per non parlare dei principali quotidiani sportivi e non, inondati di pubblicità dalla Federazione. Nei suoi sei anni alla guida della FederCalcio, Gravina ha occupato militarmente i posti di potere, liquidando gli avversari. (...) Anche le componenti tecniche sono in mano sua. Fra i calciatori c’è Umberto Calcagno, che ha raccolto l’eredità di Damiano Tommasi (grazie all’aiuto di Gravina, che ha convinto Tardelli a ritirarsi dalla corsa con un incarico ben pagato in Federazione), ed è suo vicepresidente in Figc. Gli allenatori sono ancora guidati dal vecchio Renzo Ulivieri, che è pure direttore della prestigiosa scuola federale di Coverciano. E che infatti ha minimizzato: “Le colpe sono di tutti”, il modo migliore per dire che non sono di nessuno. Infine gli arbitri, dove, cacciato Trentalange in seguito allo scandalo del procuratore D’Onofrio (da cui però è uscito scagionato), Gravina può contare su Pacifici, e ha provato a cambiare le regole per far eleggere un suo uomo. Intanto, ha ottenuto la conferma biennale del fidato Gianluca Rocchi come designatore, ruolo temutissimo dai patron di Serie A. Soltanto in Lega Calcio, il regno di Lotito, resiste il dissenso, insieme alla piccola Serie B di Mauro Balata. I presidenti però sono divisi. Infatti la prima mossa di Gravina è stata quella di nominare una pseudo commissione per la valorizzazione dei giovani, dove ci saranno Marotta (Inter), Giuntoli (Juventus), Sartori (Bologna), Marino (Atalanta), tanto per consolidare il favore delle big. Insomma, Gravina ha la certezza di partire da una base tra il 70 e l’80% dei consensi. Percentuali bulgare, contro cui diventa difficile anche solo pensare a un’alternativa (chi accetta di candidarsi rischiando una figuraccia?). È questa la vera ragione per cui rimane imperterrito al suo posto. Non a caso, nell’imbarazzante conferenza stampa post Svizzera si è affrettato a chiarire che “la politica non può chiedere le dimissioni”. Sa bene che dentro al mondo del pallone nessuno lo farà. L’unico ribaltone che teme può venire dall’esterno. Ma fin qui dai partiti si sono alzate voci deboli e sparute, Amato dei 5 stelle, anche Fratelli d’Italia con Comba che però è un deputato minore, le solite innocue sparate di Salvini. L’onda che nel 2018 portò al commissariamento della Figc oggi non sembra montare. Anche perché il ministro Abodi tentenna come suo solito. E Malagò, che all’epoca fece il diavolo a quattro contro Tavecchio, non dice una parola su Gravina, che giusto pochi giorni fa ha pubblicamente sposato la sua causa per la riconferma al Coni. L’unica vera incognita rimane l’inchiesta giudiziaria (è ancora indagato per la storia delle presunte mazzette attraverso la vendita di libri antichi), un’eventuale richiesta di rinvio a giudizio cambierebbe tutto. Ma oggi Gravina si sente invincibile. Se sopravvive non ad una, ma a due apocalissi nazionali, che governi pure in eterno. https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2024/07/02/tutti-gli-uomini-di-gravina-cosi-non-lascia-ma-raddoppia/7608217/
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