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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
Ghost Dog ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Signora del Dischetto Conte, la Juventus, la sindrome del rigore e le ragioni per cui oggi il “gol de Turone” sarebbe regolare di RIO PALADORO (Il Foglio 17-02-2012) In altri tempi di rigori la Juve ne avrebbe avuti quattro, due in più di quelli che Braschi avrebbe dovuto fischiarle l’altra sera al Tardini. Funzionava così: se il rigore non c’era, l’arbitro glielo dava lo stesso. Se di rigore ce n’era uno, gliene fischiava un secondo, che non si sa mai. In altri tempi, ma non oggi. E ha voglia Antonio Conte a lamentarsi, a dire: “Hanno paura di fischiarci un rigore a favore”. Spiace dovertelo dire, Antonio: non si tratta di paura, ma di perdita di peso. La tua Juve non ne ha più. E’ triste, ma così stanno le cose, fattene una ragione: il Parma ha più peso della Juve. Tommaso Ghirardi conta più di Andrea Agnelli, gli “sgionfini” – i cuscinetti industriali, gli Oriali della meccanica – della Leonessa, la società della presidenza parmense, contano più, molto di più della Fiat e delle sue Cinquecento. A parte il fatto che è logico che sia così – senza cuscinetti nessuna macchina sta in piedi, la loro presenza non si nota ma appena vengono a mancare l’intero apparato va in tilt. Insomma, i cuscinetti stanno alla macchina come un mediano agli undici titolari – c’è da dire che è assurdo che nessuno se ne sia accorto fino a oggi. Prima, ai tempi dell’Avvocato e anche per un po’ dopo, ogni cosa era sbilanciata. L’Italia pensava che l’apparenza contasse più della sostanza: e giù rigori ogni volta che un Ravanelli qualsiasi entrava in area. Pensava che Villar Perosa fosse meglio della campagna emiliana, la Mole Antonelliana più nobile del battistero di Benedetto Antelami. Ma dove? Se esiste una giustizia nel mondo del calcio oggi, molto più di quando hanno accomodato la Juve in B, giustizia è fatta. E viene da pensare a Maurizio Turone, allo scudetto ’80-’81 che lui e la Roma avrebbero meritato sul campo e che invece l’arbitro Paolo Bergamo volle negare loro per un fuorigioco che non c’era. Erano ancora i tempi della tracotanza bianconera e della conseguente sudditanza psicologica degli arbitri e non solo. E poi a Gigi Simoni, quando entrò in campo al Delle Alpi dopo l’incredibile uno-due dell’arbitro Ceccarini che non vide un fallo di Iuliano su Ronaldo e che, sul capovolgimento di fronte, assegnò un rigore alla Juve per fallo di West su Pippo Inzaghi. E Moratti che non capiva. C’era poco da capire e molto da piangere. Pianse anche una vecchia signora svedese, da tempo in Italia, che aveva iniziato a delizie e dolori del tifo calcistico la nipote e i suoi amici. Il suo dolore fu talmente grande, che da esso nacquero dei racconti, opera d’arte unica che la signora decise di non dare alle stampe. Fino al 2009, l’anno in cui i racconti vengono ritrovati dalla nipote, Kristina Map, in un baule. Kristina li traduce dallo svedese, racconti che narrano dell’epica lotta dei giganti interisti contro le forze oscure e indecifrabili del male. E li intitolò in modo bizzarro: “Grissina. Nonna non mi avevi detto che eri un giocatore di hockey”. Similare, nella trasposizione su carta del suo dolore, fu anche Luigi Garlando, giornalista della Ġazzetta dello Sport, che solo per aver titolato un suo libro “Da grande farò il calciatore” merita rispetto. Inarrivabile il suo “Nostra Signora del Dischetto. Peccati d’area e miracoli arbitrali: storia dei rigori dati (e regalati) alla Juve nei campionati a girone unico”, dove “la cronaca documentata del primo furto bianconero” recita così: “La palla rimbalzava sulla gamba di un triestino, ma l’arbitro, forse con l’idea di somministrare un calmante ai protestanti, accordava un rigore a favore della Juve. Il pubblico pretendeva che la punizione fosse calciata fuori, ma Orsi, per evitare qualche eventuale guaio, si affrettava a segnare”. -
Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"
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AL ROYAL COLLEGE OF ART DI LONDRA La lezione di Lapo “Cos’è la creatività” di ANDREA MALAGUTI (LA STAMPA 17-02-2012) Il Royal College for the Art è una specie di tempio dell’intelligenza creativa. È piantato di fianco alla Royal Albert Hall, di fronte ad Hyde Park, ed è l’unica istituzione al mondo interamente post laurea a concedere diplomi di Master of Art. Il rettore è lo storico Sir Christopher Frayling e tra le migliaia di studenti sono passati anche David Hockney e Tracey Emin. La selezione viene fatta sulla genialità. Poi all’interno del Darwin Building i corsi si basano sulla collaborazione. Ingegneri, matematici, pittori, designer, scultori. Li mettono assieme e li fanno lavorare sullo stesso progetto per vedere che cosa viene fuori. Sono cuochi delle idee. Stellati però. Il mondo che immagina se stesso rovesciando la prospettiva. Dove sta la massa? Loro guardano dall’altra parte. E trovano nuove strade. Dale Harrow, preside della School of Design, questo pomeriggio ha deciso di invitare Lapo Elkann a parlare della sua società, Italian Independent, come «testimonianza della creatività del Belpaese». Dagli occhiali alle auto. Il nipote dell’Avvocato, che a Londra ha vissuto i primi 10 anni della sua vita, ai tempi dell’università aveva fatto richiesta per entrare al Royal College. Respinto. «Evidentemente non ero all’altezza». Ma oggi si mette in cattedra allaSenior Common Room,divani e sedie rivestite in pelle dove si accomodano studenti e professori. Sono un centinaio. Lui, Lapo, maglioncino girocollo beige con maniche corte, braccia tatuate, stivaletti di camoscio e pantaloni bianchi a tubo, decide di parlare di 500 e di Ferrari. La democrazia del lusso e il lusso esclusivo. Parte dalla differenza tra fashion e stile - «uno va a cicli, l’altro è per sempre e si trova ad esempio nel dna della Ferrari» - poi punta sulla parola che gli sta più a cuore: contaminazione.Gli pare la chiave di tutto. «Non esiste nessun Paese al mondo al livello dell’Italia dal punto di vista del gusto e dello stile, ma ci manca ancora la fusione delle capacità. Cosa che noi invece facciamo quando personalizziamo una Ferrari. Facciamo prodotti su misura. Senza rinunciare a quello che siamo. Non sempre i ricchi hanno buon gusto». Potreste farlo anche su una Rolls Royce, Lapo? «La Rolls Royce non è il mio tipo di macchina. Al grigio preferisco il rosso». Un’ora di botta e risposta. La vita degli altri, ma anche la sua. «Per imparare devi fare errori. Io ne ho fatti. Di certo non sono perfetto. Ma se non rischi non vivi. E non cambi le cose». Caffè. Strette di mano. «Sono un privilegiato, ma so che solo con il lavoro di squadra raggiungi gli obiettivi. Il mondo è pieno di qualità. Io la cerco. E in Italia ne trovo moltissima». Si appoggia al balcone e si accende una sigaretta. «Questo posto ha qualcosa di speciale». -
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Nel fortino degli arbitri “Non andiamo dietro agli umori dei club” Nicchi e Braschi irritati dalle proteste bianconere di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 17-02-2012) Il termometro dopo la sera di Parma è in tilt: Antonio Conte e la Juve vanno all’attacco in cerca di una qualche difesa, ma il fortino dell’Aia - l’associazione dei nostri fischietti - si mostra insensibile a ogni spiffero. «Non abbiamo una virgola da dire: noi non andiamo, e non andremo mai, dietro agli umori di questo o quel club...», così Marcello Nicchi, gran capo degli arbitri. Nessun tackle o assist. Il mondo dei direttori di gara si chiude in se stesso e guarda già alla prossima tappa di campionato in agenda fin da questa sera a Milano e Firenze. Nicchi e il designatore per la serie A Stefano Braschi fanno fatica a nascondere il fastidio, o meglio l’irritazione, per le uscite del tecnico bianconero. Per la coppia al timone del mondo dei fischietti non c’è alcun disegno dietro alle scelte dei loro ragazzi in campo e, così, è stato anche per l’incrocio del Tardini. Di conseguenza, nessun caso Juve (Mazzoleni, protagonista a Parma, potrebbe, però, esser fermato per una o due giornate). «Non abbiamo niente da dire. Quello che accade è sotto gli occhi di tutti e, ognuno, può giudicare liberamente secondo le proprie convinzioni. . . », sottolinea Nicchi. Appunto: giudicare e pesare quelli che appaiono anche come errori arbitrali, a volte anche solari - e non si pensi soltanto alla sfida di Parma che, poi, difficilmente trovano spiegazione nelle riflessioni di chi designa e manda i direttori di gara sui campi d’Italia. Il fortino dell’Aia resta chiuso. Conte gioca in contropiede e, adesso, le sue parole («Hanno paura a fischiarci i rigori.. . ») sono finite dentro una cartellina nell’ufficio del procuratore federale Stefano Palazzi. Difficile appare, però, l’apertura di un’inchiesta che dovrebbe mettere nel mirino dichiarazioni comunque fin troppo generiche anche alla luce delle ultime decisioni in tema degli investigatori della Figc. Un esempio? Dopo Inter-Napoli, il patron nerazzurro Massimo Moratti chiese davanti alle televisioni la ricusazione dell’arbitro Rocchi per la serata storta del fischietto di Firenze a San Siro. Verdetto? Moratti non è ancora andato a processo (sportivo) dopo quasi cinque mesi dai fatti. Per un caso analogo, Rosella Sensi fu condannata a pagare una sanzione economica a un mese dalla sue accuse: l’ex presidentessa giallorossa chiese la ricusazione del signor Russo dopo un Brescia-Roma. -
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Scommesse L´ex genoano era coi compagni nell´hotel delle mazzette Spunta anche Luca Toni nei verbali della polizia di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 17-02-2012) ROMA - Di "assoluto interesse investigativo". Così gli inquirenti definiscono la presenza di Luca Toni, ex centravanti della Nazionale, Fiorentina, Roma, Juve e Genoa, nell´albergo Tocq di Milano, quello in cui, secondo il procuratore di Cremona, Roberto Di Martino, sarebbe avvenuto, lo scorso 15 maggio, il passaggio di denaro tra il gruppo degli Zingari e i giocatori del Genoa coinvolti nella combine di Lazio-Genoa (4-2) del giorno prima. Toni («ha occupato la stanza numero 408, con check in alle 20,28», scrivono gli agenti) risulta anche «socio dello stabilimento balneare "I figli del sole" di Cervia, del quale sono soci anche Cristiano Doni e Nicola Santoni (già arrestati nell´ambito del calcioscommesse, ndr)». E sarebbe proprio questa "coincidenza" - insieme alla contemporanea presenza di due degli zingari - ad insospettire gli inquirenti. Che infatti attribuiscono alla presenza di Toni (così come a quella di Milanetto e Dainelli), ben altra importanza rispetto a quella di altri giocatori del Genoa, anche loro al Tocq quella sera. «Niente di strano - è sempre stata la posizione del Genoa - quella sera i giocatori erano invitati a un addio al celibato». Ieri intanto è stato scarcerato dal Gip Guido Salvini il portiere del Piacenza Mario Cassano difeso dall´avvocato Francesco Maresca. -
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CALCIOPOLI INFINITA di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 17-02-2012) Che noioso, il vecchio fantasma di Calciopoli. Non spaventa più neppure i bambini, ormai riesce a turbare i sonni solo alla Juve e al suo agitatissimo allenatore. D´accordo, ragazzi, il rigore su Giaccherini c´era: ma pensare che il signor Mazzoleni non l´abbia fischiato perché condizionato da quella brutta, antica, remota, putrida storia di corruzione, è un esercizio di fantasia malata. È buffo che la Juve si lamenti perché nessuno riesce ad andare oltre Calciopoli, realtà immanente, nemesi da tragedia greca, proprio lei che presenta ricorsi a tutti tribunali della galassia un giorno sì e l´altro pure. Proprio lei il cui presidente dichiara ufficialmente che Luciano Moggi era il numero uno. Moggi, quello delle schede telefoniche agli arbitri. Moggi, quello radiato. Come Giraudo. Il club bianconero, in un comunicato, ora chiede "parità di trattamento", non si capisce rispetto a chi. Il trucco di Conte è preistorico: lamentarsi per mettere le mani avanti e poi qualcosa verrà, anche questa è una tecnica alla Moggi, e intanto sta arrivando la sfida al Milan: è proprio il caso di attenderla prendendosi a sberle? Agitando sospetti? Alludendo a complotti? Sarebbe più adulto andare oltre o almeno provarci, magari non proprio mettendoci una pietra sopra ma evitando di tirarsela addosso, quella pietra. Rivendicare non giustizia bensì un risarcimento, ecco il retropensiero bianconero. E vi raccomandiamo il tratto dell´intervento, lo stile, pure questo d´epoca, e qui si ripensa semmai al dottor Giraudo e ai suoi canini scintillanti. Conte e la Juve appaiono sempre sopra le righe, hanno perennemente la bava alla bocca, questo in campo può servire ma a partita conclusa è un po´ esagerato. Anche perché questa ottima stagione bianconera non ha bisogno di aiutini o aiutoni, neppure la Juve di Calciopoli ne avrebbe avuto bisogno, le bastava Ibra anche senza i cellulari svizzeri. È quasi da psicanalisi la lettura ossessiva di ogni mossa arbitrale, segno che il trauma non è superato. Ma chi lo provocò? Chi giocò sporco? Di sicuro, la mezza Italia che non tifa Juve sarà sfinita dal teatrino. Forse vorrebbe dire al giovane, offeso presidente e al suo mordace allenatore: ehi, ma proprio voi parlate di arbitri? -
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Il pallone di Luciano I bianconeri hanno ragione i fischietti sono prevenuti di LUCIANO MOGGI (Libero 17-02-2012) Giusta l’overture al Milan per il modo con cui ha spazzato via l’Arsenal. Fa bene Allegri a non gridare alla qualificazione anticipata. Giusto anche rilevare che il Milan non è risorto d’incanto e senza un motivo, il rientro di un giocatore importante come Boateng, e anche Robinho tornato a standard elevati, hanno esaltato la grande serata di Ibra che, salvo casi rari, c’è sempre ma non può vincere da solo, occorre che ci siano sponde di valore analogo. Ma andiamo all’effetto a distanza tra il largo successo del Milan in Champions e il nuovo pari della Juve contro una “piccola”, boccone amaro per Conte, risultato rimasto tale solo per due rigori negati ai bianconeri che hanno scatenato la rabbiosa reazione dell’allenatore. E restando sul confronto a distanza , prima di altri abbiamo sottolineato la forza del Milan e la sua primogenitura a battersi per il titolo. Il Milan c’è, si è capito contro l’Arsenal, e sarà una lotta sino alla fine con la Juve, il pari di Parma ha mantenuto i rossoneri in testa ma curiosamente visto dalla parte rossonera il dato ha fatto quasi sottacere il secondo jolly in dotazione a Conte, il recupero con il Bologna. Se Parma è un’occasione persa, non solo per i rigori negati, resta l’altra, che non dovrà essere sprecata. Ma il peso di quest’ultima, fissata per il 7 marzo, passerà prima per lo scontro diretto del 25 febbraio, e qui appare evidente il danno che i rinvii per la neve hanno arrecato ai bianconeri. La reazione di Conte agli errori marchiani di Mazzoleni è giusta. Era stato zitto il tecnico quando era sceso in campo Marotta edulcorando la protesta sotto il velo formale di una maggiore attenzione. Di fronte a due rigori negati, l’allenatore bianconero è sbottato con durezza, mettendo da parte ogni fair play, opportuno il richiamo a un dato statistico plateale, la squadra che vive maggiormente d’attacco ha avuto un solo rigore, nessuno ne ha avuti di meno, la classifica sulle più o meno pari rivali dice che il Milan ne ha avuti 6, e 4 Lazio, Udinese, Inter e Napoli, e se anche le piccole hanno avuto più tiri dal dischetto (7 il Catania, 6 il Cesena)questo per Conte è una conferma dell’assunto: rigori a tutti meno che per la Juve, un «segreto di Pulcinella», spiega l’allenatore, un rimando al passato, sbagliare contro la Juve non fa danno agli arbitri, non sbagliare può comportare problemi. E giustamente i siti juventini ricordano le preoccupazioni di Carraro, allora presidente federale, «per carità che non si sbagli a favore della Juve». Erano le stesse battaglie che faceva la triade che poi sono state rese evidenti dalle intercettazioni, quando ad esempio Meani del Milan telefonava all’arbitro, prima di Fiorentina-Milan per dire di non ammonire Nesta perché diffidato in modo da non fargli saltare la gara con la Juve decisiva per il campionato, o quando la Juve fu costretta a giocare nel Mare Magnum di Perugia dove fu espulso Zambrotta per un tuffo in laguna, dall’arbitro Collina che le intercettazioni collocarono come un frequentatore del ristorante di Meani, a mezzanotte, con ingresso da una porta secondaria. E pensare che a quell’epoca una punizione da 30 metri in favore della Juve è adesso un capo di imputazione nel processo di Calciopoli... Appare anche giusta la replica di Lo Monaco, prossimo avversario della Juve col Catania: non vuol essere la vittima sacrificale (probabilmente lo sarà... ). Non poteva mancare la replica del patetico Ranieri che risponde a Conte mettendo in campo quello che è successo in Inter-Novara, non importa se i nerazzurri hanno perduto con l’ultima e la penultima in classifica, non importa che in quattro partite abbiano subito 10 gol. Giusto il detto napoletano: «pure le puci hanno la tosse». -
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Le nuove carte dell’inchiesta di Cremona Il pm non ha più dubbi «Lecce-Lazio combinata» Bari, puntate e rabbia ultrà I giocatori «frenati» dalle ritorsioni dei tifosi di CLAUDIO DEL FRATE & ARIANNA RAVELLI (CorSera 17-02-2012) A che punto sono gli approfondimenti sulle partite di serie A? Siamo ancora alle confidenze riportate di seconda mano? Almeno su Lecce-Lazio no. L'inchiesta sulle scommesse continua (anche se l'avvocato di Alessandro Zamperini, Roberto Ruggiero, si è rivolto alla Cassazione perché secondo lui la Procura di Cremona non è competente) e dalle carte in mano agli investigatori si scoprono nuove storie. Lecce-Lazio: combine certa In un passaggio dei nuovi verbali il pm Di Martino afferma che su Lecce-Lazio (2-4) l'inchiesta ha solide certezze. Il magistrato sta interrogando Zamperini quando mette a verbale questo preambolo: «C'è un elemento che possiamo dare quasi per scontato, perché lo acquisiremo attraverso rogatoria internazionale... Noi sappiamo con certezza che Lecce-Lazio è stata oggetto di una combine; sappiamo quanti soldi sono stati dati e quante scommesse sono state puntate». Il concetto viene ribadito dal pm nella richiesta di rogatoria inviata a Budapest il 2 gennaio: «Sono in corso in Ungheria gli interrogatori di Zoltan Kenesej e Gabor Horvath: quest'ultimo ha collaborato e ha reso dichiarazioni su Lecce-Lazio (. . . ) Horvath avrebbe riferito anche il quantitativo di denaro versato ai giocatori del Lecce». Le dichiarazioni del «pentito» ungherese rilasciate in patria sono molto circostanziate. In particolare «ha indicato come persone coinvolte Lazslo Shultz e Gabor Borgulya», la cui presenza «è stata rinvenuta a Lecce, in occasione della partita». Al telefono con l'Ungheria Sul filone ungherese, c'è una strana coincidenza che emerge dall'analisi delle telefonate degli indagati italiani: tutti (o quasi) chiamano gli stessi numeri ungheresi. Alcune di queste utenze erano in uso a soggetti coinvolti nel giro scommesse (Shultz, Kenesej, Lazar, Strasser), le altre sono sconosciute. Le telefonate (numerose) arrivano da Mauro Bressan, dall'esponente degli «zingari» Almir Gegic, addirittura dal grande capo dell'organizzazione Tan Seet Eng (a Singapore) e anche (tre a testa) da Beppe Signori e Stefano Bettarini. Ilievsky «alla Moggi» Telefoni bollenti. Ad Alessandro Zamperini si contano 100 mila contatti telefonici in meno di tre anni, di cui più di mille verso Mauri. Fin qui, niente di grave. Più sospetto quando l'esponente degli zingari, Ilievsky, in stile Moggi invita il giocatore a usare un telefono «segreto»: «Mi diceva che con questo potevamo parlare (... ) Quindi mi faceva degli squilli sul mio perché voleva che andassi sull'altro telefono. Oppure mi scriveva ‘‘come in''. Ma il telefono che mi ha dato lui aveva programmi particolari. . . e non funzionava mai». Bari tra due fuochi Le intercettazioni tra Antonio Bellavista, ex capitano del Bari, e il factotum Angelo Iacovelli descrivono un ambiente inquinato, con i giocatori presi tra due fuochi: da una parte le tentazioni (o i desideri) di vendere le partite, dall'altra le contestazioni dei tifosi. Il «parigino» citato da Iacovelli è il capo degli ultrà, Alberto Savarese. I tifosi arrabbiati sono un problema per le combine: perdere è rischioso. Iacovelli relaziona sugli umori della piazza: «Oggi è tranquillo, però la caccia è domani». Gli stipendi non pagati invece sono un bell'incentivo. Infatti Bellavista si accerta: «Dicono che là non lo stanno pagando, è vero?». Poi però si sente tranquillo: «Si è convinto anche lui». Secondo gli investigatori questo lui è Andrea Masiello. Fatto che sarebbe confermato da un invito a cena che Bellavista vuole estendere «ad Andrea». Bellavista chiede conferma a Iacovelli sulle decisioni («Cosa ha detto Andrea?»), Angelino non ha certezze («Non ho potuto parlare... Non mi ha dato tanta soddisfazione»), però poi assicura: «È convinto». Resta da capire chi sia il «direttore» che contatta Bellavista. Non è finita: negli interrogatori alla Procura di Bari sia Masiello che Iacovelli hanno riconosciuto in foto tre pregiudicati, esponenti di un giro locale di scommettitori. La lettera anonima I primi giorni di gennaio al quotidiano La nuova Venezia arriva un biglietto di auguri. Dentro, c'è un messaggio inconsueto: «Sono un ex calciatore del Siena. Gervasoni durante la partita Siena-Piacenza ci pagò perché vendessimo la partita (solo nel secondo tempo) 2-3». I conti all'estero Chi sono Ferdinando Della Peruta e Claudio Inchiumarelli? Due nomi nuovi compaiono in una relazione che le autorità della Germania inviano agli inquirenti cremonesi. «Gli investigatori tedeschi hanno suggerito di avviare attività rogatoriali anche con l'Austria dal momento che in quel Paese sarebbero attive domiciliazioni bancarie riconducibili a due soggetti campani, Della Peruta e Inchiumarelli i quali attraverso tali canali veicolerebbero denaro per le scommesse verso i siti asiatici». Altre fonti avevano indicato che nella zona di Napoli c'erano soggetti che raccoglievano denaro per le scommesse «per conto dei cinesi»; e «cinesi» è spesso sinonimo di «asiatico». Si torna a Tan Seet Eng, a Singapore. -
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Tanto è un gioco di LUIGI GARLANDO (GaSport 17-02-2012) Pressing ai poteri forti Ma sono poi così forti? Urliamo: «Arbitro occhiali!», senza sospetti. O mostrateci i burattinai Oggi, se non pressi alto, non sei nessuno. Lo fanno gli splendidi cacciatori di Guardiola. Conte lo ha insegnato bene alla sua imbattibile Juve. Il guaio è che, per deformazione tattica, poi si rischia di pressare rabbiosamente tutto. Anche gli arbitri. Prendete De Laurentiis, che quest'estate pressò altissimo, addirittura il giorno dei calendari. Smoccolò contro il Palazzo e fuggì in motorino perché il suo Napoli, mal tutelato, avrebbe affrontato il Milan dopo la prima di Champions. L'altro giorno Mazzarri spiegava che, dopo un impegno di coppa, preferisce una grande piuttosto che una piccola, temendo cali di tensione. Pressate pure alto, signori, ma mettetevi d'accordo. Pressò altissimo anche Conte, che dopo la prima di campionato (Juve-Parma 4-1), lamentò un rigore non dato: «Non vorrei che nella testa di qualcuno ci fosse ancora Calciopoli». Mezzo campionato dopo, ancora lamentele di rigore e allusioni a Calciopoli. Ranieri gli risponde: «Se gli arbitri hanno paura a dare rigori alla Juve, con noi hanno terrore». Anche qui: mettetevi d'accordo. La metà dei Bar Sport è convinta che questo scudetto andrà «necessariamente» alla Juve per ricompensa di quello revocato. L'altra metà sospetta che la Juve non lo vincerà, perché vittima dell'onda lunga dello scandalo. Tutti d'accordo su un punto, quindi: esistono poteri forti in grado di condizionare gli eventi. Ecco, ci spiegate quali sono? La Lega forse, che ha un presidente dimissionario da marzo? La Federcalcio che fatica a strappare ai club gli stage per la sua Nazionale? Il calcio in generale, paralizzato dai veti incrociati, che ha scioperato per il contratto collettivo, di cui nessuno parla più e nessuno firma? Dopo il no olimpico di Monti, ha senso affiancare il concetto di «potere forte» allo sport italiano? Con tutto il rispetto per Braschi e Nicchi e per il loro carisma, difficile sospettarli potenti manovratori occulti. Allora? In attesa di risposte, diciamo la nostra. Alla Juve mancano dei rigori, come ad altre, ma nessuno le impedirà di vincere, se lo avrà meritato. A cavallo dei campionati '92-93 e '93-94, il Milan di Capello restò senza rigori per 39 partite e intascò i due scudetti. Storicamente sono le piccole a lamentare disparità di trattamento. Gli arbitri sbagliano, come i centravanti, come gli idraulici, come tutti. Urlare «arbitro, occhiali!» basta e avanza. Evitiamo i sospetti a salve, che sono contagiosi. Abbassiamo il pressing. La Juve però la pensa diversamente. Ieri sera ha pubblicato sul suo sito una nota in cui «ribadisce e sostiene» le posizioni di Conte, Nedved e Pirlo. Ai tre usciti in pressing a caldo, si è aggiunta compatta tutta la dirigenza, con tacchetti ancora più affilati, perché il riferimento esplicito della nota alla «giustizie ordinaria» e all'auspicata «parità di trattamento, che sta perseguendo e perseguirà in ogni sede», trapianta la contingenza del Tardini nello scenario più ampio della battaglia legale juventina e getta un ponte scivoloso tra i presunti torti subiti nel 2006 e gli errori di Mazzoleni. A un contesto già esasperato, che tutti (a parole) s'impegnano a rasserenare, farebbe bene un pressing più basso e sereno. In fondo, Mourinho, dopo ogni azione, ricompattava l'Inter in difesa e vinse tutto. -
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L’INTERVISTA PARLA IL CAPO DELLO SPORT Petrucci contrattacca Il no olimpico è alle spalle «Ora Abete cambi il calcio» «Credo che Monti avesse deciso da tempo di bocciare Roma 202O Codice etico, scommesse, presidenza: basta con questa Lega di A» di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 17-02-2012) Presidente Petrucci, a tre giorni dal k.o. di Monti si sente come un pugile suonato? «No. Ma sono ancora molto, molto dispiaciuto». Ritiene di essere stato preso in giro? «No, ma non mi è piaciuto sapere tutto l'ultimo giorno. A Monti l'ho detto». Monti ha deciso martedì scorso, il 12 gennaio quando vi ha ricevuto per la prima volta, o il 16 novembre quando si è insediato? «La data esatta non la so, ma sono convinto che è sempre stato contrario. E che non ha certo deciso martedì». Guardandosi indietro, pensa di avere commesso qualche errore? «No». Gliene suggeriamo tre noi. Primo, non avere percepito subito che Monti non aveva niente a che fare con Berlusconi, Letta, Prodi, Veltroni, tutti uomini dei Governi che lo hanno preceduto e che avevano un feeling dichiarato con lo sport... «Il fatto di amare o meno lo sport non credo conti molto. Per la prima volta era stato fatto uno studio di fattibilità, a cura di qualcuno che è pure collega di Monti. Lui ha fatto solo il suo calcolo economico finanziario. E poi, quale fosse la percezione immediata, non potevano mica ritirarci. Eravamo i favoriti». Secondo: forse questa volta Gianni Letta non era il cavallo giusto. . . «Non posso pensare sussistano queste logiche. Letta è e rimane la persona a noi più cara». Terzo: il pressing finale, la «macchina da guerra» del consenso cresciuta nell'ultima settimana, forse un boomerang. «Mi rifiuto di credere che Monti possa avere deciso per il no perché irritato. E poi irritato di cosa? Che i colossi dello sport, dell'arte e della cultura fossero favorevoli a Roma 2020? Siamo in democrazia, per fortuna». Non c'è Grande Evento che non cominci con un costo e non finisca con quel costo moltiplicato per due, per tre, per dieci. Può avere pesato? «E' possibile. E proprio per questo siamo stufi di "pagare pegno", come ho scritto anche nella lettera aperta inviata allo Sport italiano. Il Coni con la pista di bob di Torino 2006 costruita nel posto sbagliato e con le piscine sorte come funghi intorno a Roma 2009 non c'entra nulla». Teme danni collaterali, al Cio e in politica interna? «No, nessuna ripercussione. Rogge mi ha scritto e ha telefonato a Pescante, certo è dispiaciuto quanto noi. Quanto alla politica interna, siamo talmente forti come Coni che nessuno può strumentalizzare questo "no". A chi intendesse farlo risponderemmo punto per punto». Il finanziamento del Coni è sceso per il 2012 a 408 milioni di euro. E a fine anno sarà Monti a decidere quanto riservarvi per il 2013. Paura di ulteriori tagli? «Assolutamente no. Anzi penso che dopo questo diniego si possa finalmente portare avanti il discorso a noi caro del finanziamento automatico. Sarebbe la prova che questo Governo tiene davvero in considerazione lo sport. Per noi la certezza delle entrate è una necessità, e a sostegno di questo stiamo preparando un documento, una sorta di libro bianco le cui linee guida saranno presentate a Gnudi la prossima settimana. Il ministro dello sport mi ha chiamato mercoledì dandomi la propria disponibilità, andrò a trovarlo insieme al segretario generale Pagnozzi. Ma ora basta con Olimpiadi e dintorni. Giriamo pagina e guardiamo ai problemi di casa nostra». Ovvero? «La situazione del calcio di Serie A è diventata insopportabile. Il rispetto dell'autonomia è una cosa, ma quando l'immagine che ne deriva crea nocumento all'intero sport italiano, il Coni non può tollerarlo e restare con le mani in mano. Abete governa un mondo fatto di 15mila società, di quattro Leghe, tre delle quali si comportano rispettando le regole. Quella di A fa il contrario e la situazione non può più andare avanti in questo modo. Glielo ho detto, questa ingovernabilità deve finire». Cos'è in particolare che non le va giù? «Non è possibile che il Coni, unico Ente che può deliberare sullo sport, faccia regole chiare, e una successiva assemblea di Lega con mezzi surrettizi fa partecipare persone che incorrono nei divieti del codice etico recentemente varato. Non è possibile che da mesi mi si risponde che il presidente c'è, quando poi le società non finiscono di contarsi, da una parte e dell'altra, su una successione che ha avuto inizio più di un anno fa. Non è possibile che a fronte di un codice etico del Coni la Lega non abbia mai sentito la necessità, il dovere di aprire un dibattito su un tema scottante come quello delle scommesse, il cui esito finale non sarà certo edificante». Lotito è solo la parte di un problema, o il problema? «Parte. Sulla base delle nuove norme del codice etico è già sospeso dalla carica di consigliere federale, ma in Lega fanno finta di non saperlo. Un membro del Consiglio Nazionale del Coni (Sturani, ndr) ha votato la norma e il giorno dopo si è autosospeso. Gli fa onore, è questione di diversa statura». Scommesse, teme il peggio? «Non posso anticipare inchieste e sentenze, ma so che si sta parlando di responsabilità oggettiva, cercando di metterla in discussione: beh, si sappia che nessuno deve anche solo pensare di poterla togliere. La responsabilità oggettiva è il caposaldo dell'ordinamento sportivo. Su questo il mio parere non potrà mai cambiare». Altre doglianze? «Non ho gradito che le Leghe si siano riunite per un accordo sulla mutualità che riguarda anche il Coni senza degnarci della minima attenzione. Tutto sotto l'egida della Lega di A: un ente serio non si permetterebbe mai di trattare con tanto pressappochismo il Coni». Ma Abete in materia non si era fatto garante dei vostri diritti? «Mi ha scritto garantendo della bontà dell'operazione per il Coni. Che tuttavia dell'accordo non è stato informato nè prima nè durante nè dopo». Quanti soldi ballano? «Si potrebbe trattare anche di qualche milione di euro». Lei ha sempre protetto Abete. Si fida ancora di lui? «Mi fido e sarò al suo fianco per gli interventi che mi auguro faccia al più presto nei confronti di tutto ciò che ho denunciato». A proposito di fiducia, che cosa pensa di tutti quei politici che erano con lei e che un minuto dopo il «no» di Monti a Roma 2020 hanno cambiato sponda? «Ci sono rimasto molto male. L'ho vissuta come una mancanza di rispetto nei confronti dello sport italiano». Ancora convinto a fine mandato di volersi dare alla politica? «Mai affermato di voler entrare in politica. Sono altri che lo dicono. E oggi, mi creda, non muoio dalla voglia». -
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La rivoluzione «Meno vincoli all'apertura di agenzie di scommesse» La Corte di Giustizia europea bacchetta l'Italia e mette in discussione il sistema delle concessioni. Strada aperta ai bookmaker stranieri? di MAURIZIO GALDI (GaSport 17-02-2012) L'Italia viola la libertà di scommessa. È la sintesi della sentenza con cui la Corte di Giustizia europea ha condannato l'Italia e il suo sistema di assegnazione delle concessioni da parte dell'Azienda autonoma monopoli di Stato (Aams), che costituisce una violazione degli articoli 43 e 49 dell'Unione europea. La notizia ha già provocato uno tsunami nel mondo delle scommesse. Nonostante le repliche (e le assicurazioni) del ministero dell'Economia, dei Monopoli, di Assosnai e della neonata federazione Sistema gioco Italia, le cose dovranno cambiare. Sotto accusa una sorta di «protezionismo» del sistema italiano delle giocate. Non condannabile La Corte di giustizia specifica chiaramente che nessun tribunale può condannare in una situazione di «incertezza», visto che il ricorso partiva da una richiesta della Cassazione italiana che chiedeva chiarimenti alla Corte sull'interpretazione della legge italiana rispetto a quella europea in materia di libera concorrenza. Alla Cassazione si erano rivolti due titolari di agenzie della Stanley che erano state chiuse dalla Guardia di Finanza. Nella sentenza, inoltre, viene spiegato che nonostante ci siano stati altri bandi per assegnare nuove concessioni, la genesi di tutto fosse il bando del 1999, e le seguenti leggi Bersani e Giorgetti non hanno sanato la «disparità di trattamento» non essendo stata «azzerata» la prima concessione. In pratica, una concorrenza zoppa. Ordine pubblico La legislatura italiana in materia di scommesse è presentata come un sistema a tutela dell'ordine pubblico in quanto serve a evitare il riciclaggio e la frode sportiva. Ma la Corte scrive: «Il settore dei giochi d'azzardo in Italia è stato per lungo tempo caratterizzato da una politica di espansione finalizzata ad aumentare gli introiti fiscali e dunque, in tale contesto, non è possibile invocare alcuna giustificazione fondata sugli obiettivi della limitazione della propensione al gioco dei consumatori o della limitazione dell'offerta di giochi». La normativa sul riciclaggio (come anche emerso dalle inchieste di Ġazzetta sulla Gomorra del calcio) viene spesso elusa e molte agenzie (anche di quelle sottoposte ai controlli di Aams) sono risultate in mano a clan della camorra o della 'ndrangheta: le inchieste della Dda di Napoli e di Reggio Calabria lo dimostrano. Del resto molte delle inchieste sul calcioscommesse (Cremona e Bari soprattutto) si sono avvalse della collaborazione di bookmaker stranieri (Sks365 in particolare) che non hanno concessione italiana. Norme europee La Corte stabilisce dunque che la normativa italiana viola la libera concorrenza e scrive: «È pacifico che una normativa nazionale, come quella controversa nei procedimenti principali, la quale subordini l'esercizio di un'attività economica all'ottenimento di una concessione e preveda varie ipotesi di decadenza della concessione, costituisce un ostacolo alle libertà così garantite dagli articoli 43 e 49». Le nuove norme E mentre in Lussemburgo la Corte decideva, in Italia si pensava un'ulteriore stretta sul gioco presso bookmaker stranieri. Agipronew anticipava: «È previsto un pesante inasprimento delle sanzioni a carico di chi scommette con operatori esteri, fino al 1000 per cento delle somme giocate. Il controllo sarebbe possibile attraverso la tracciabilità sui conti correnti bancari, prevista dalla manovra estiva: banche, poste, operatori finanziari e carte di credito dovranno segnalare ai Monopoli di Stato (previste sanzioni fino a 1,3 milioni di euro per chi non lo farà) chi trasferisce danaro a favore di soggetti non autorizzati dallo Stato. Colpito anche chi semplicemente deposita una somma all'estero, con una multa che può arrivare fino al 200 per cento del denaro spedito a casinò o bookmaker stranieri. La misura rientra in una serie di provvedimenti del Governo che, se approvati, dovrebbero portare nelle casse erariali 500 milioni di euro». Ora è tutto da ripensare. L’IMPATTO ECONOMICO Quella rete parallela che fattura 1,5 miliardi di MARCO IARIA (GaSport 17-02-2012) In Italia la rete «parallela» delle scommesse, quella che non compare nelle statistiche ufficiali ma che vegeta e prolifera, ha un giro d'affari di 1,5 miliardi di euro all'anno. La stima, prudenziale, l'ha fatta la Confindustria durante un'audizione in Commissione Antimafia. Ci sono 1.500-2.000 centri di raccolta sparsi nel territorio, che operano senza concessione nazionale e smistano le bollette delle giocate verso le sedi estere dei bookmaker di riferimento. Pagano le tasse, appunto, fuori confine. La Stanley, da cui è partito il ricorso alla Corte di giustizia europea, è la maggiore tra queste società e si fa forte di una licenza comunitaria. Ha 600 agenzie, concentrate soprattutto al Centro (un centinaio solo a Roma), e vanta un fatturato di 450 milioni. Impatto Se il «sommerso» di questo settore, con la liberalizzazione invocata dall'Europa, venisse fuori, gli introiti per l'Erario sarebbero di 60 milioni, in aggiunta ai 200 che già incassa dai concessionari autorizzati, soggetti a una tassazione del 4%. Non a caso, per spiegare la flessione della raccolta ufficiale nel 2011, al netto della mancanza di grandi eventi e dello scandalo del calcioscommesse, i Monopoli hanno fatto riferimento all'aumento del business parallelo: sempre più clienti si spostano dal circuito tradizionale a quello non autorizzato, che propone un ventaglio di scommesse più variegato e allettante. -
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IL CASO IL GIOCATORE MORÌ NEL NOVEMBRE 1989 Bergamini: secondo i Ris fu omicidio volontario Filtrano le prime indiscrezioni sui test dei carabinieri di Messina Sarebbe smontata la versione dei testimoni oculari di quella sera di FRANCESCO CENITI (GaSport 17-02-2012) L'ultimo assist di Donato. Entro la prossima settimana il Ris di Messina consegnerà al procuratore capo di Castrovillari, Franco Giacomantonio, tutti i risultati dei test effettuati sui reperti vecchi di 22 anni, quanti ne sono passati dalla misteriosa morte di Bergamini, ex centrocampista del Cosenza. Sono gli atti che dovrebbero finalmente ribaltare una «verità» rimasta in piedi nonostante le mille incongruenze: il suicidio. Le indiscrezioni filtrate sul documento del Reparto d'investigazioni scientifiche dei carabinieri, non ammetterebbero dubbi: è stato un omicidio volontario. Non solo, sarebbe smontata parola dopo parola la versione fatta mettere a verbale dai testimoni oculari, a iniziare dall'ex ragazza Isabella Internò, di quel maledetto 18 novembre 1989. Un racconto che, se fossero confermate le anticipazioni, ora potrebbe trasformarsi in un boomerang, fino al rischio incriminazione. L'ora della morte Il Ris ha lavorato su ogni particolare nel tentativo di risolvere il giallo. L'unica indagine svolta in passato aveva ignorato molti aspetti fondamentali, basandosi quasi esclusivamente sui fatti narrati dall'ex ragazza (assieme con il giocatore in quell'ultimo viaggio) e dall'autista del camion sotto il quale Bergamini si sarebbe «gettato a pesce», finendo trascinato per circa 60 metri sulla statale 106 nei pressi di Roseto Capo Spulico. Tutto questo sarebbe accaduto verso le 7 di sera di una giornata piovosa. Particolare non secondario. Perché tra i reperti esaminati dagli specialisti, c'erano l'orologio, una catenina e le scarpe indossate da Donato al momento della morte. I carabinieri hanno condotto delle simulazioni per capire gli effetti sulle cose e sul corpo di una persona «portata a spasso» da un bestione come il Fiat-Iveco 180. Non avendo a disposizione l'originale (sarebbe stato demolito nel 2007), si sono accontentati di un modello identico. Il risultato di questi test spazza via ogni dubbio: se davvero Bergamini fosse stato trascinato per 60 metri, non solo il suo corpo ne sarebbe uscito maciullato, ma anche ogni cosa che aveva addosso avrebbe subito la stessa sorte. E invece scarpe, catenina e orologio sono praticamente nuovi. C'è poi l'ora della morte. I reperti istologici (conservati dopo l'autopsia chiesta dalla famiglia nei mesi successivi al «suicidio») avrebbero indicato una novità rispetto alla solita versione, individuando il decesso intorno alle 18. Ma il fascicolo conterrebbe altri punti a favore dell'accusa, come l'assenza di fango sulle scarpe (il calciatore secondo la Internò avrebbe camminato in una piazzola di sosta piena di pozzanghere prima di suicidarsi) e alcune tracce importanti trovate nella Maserati del giocatore e rimaste intatte nonostante uno strano e accurato lavaggio eseguito il giorno dopo l'incidente. E infine l'analisi delle ferite riportate da Bergamini: sarebbero state causate su un corpo già steso a terra. Tutto questo malloppo, una volta in mano alla procura, sarebbe la base per passare alla fase due dell'inchiesta: acclarato l'omicidio volontario, si potrebbe procedere contro qualcuno. Scenari Non è un caso che i magistrati abbiano nell'attesa del Ris ordinato una fitta attività investigativa. In procura è stato ascoltato pure Michele Padovano (ex Juve e compagno di stanza di Bergamini), ma soprattutto sono stati ricostruiti spostamenti e frequentazioni del giocatore, facendo domande a diverse persone che vivono a Cosenza. È fondamentale per la procura dare un movente all'omicidio. L'ipotesi di un delitto legato alla droga e alla criminalità resta in piedi, ma negli ultimi mesi hanno preso impulso altre strade, compresa quella di una pista passionale (legata quindi in modo chiaro all'ex ragazza, già sentita come persona informata sui fatti). Sembra certa una cosa: la 'ndrangheta avrebbe avallato l'omicidio, fornendo protezioni. Come mai? Una lettera anonima, molto dettagliata e considerata attendibile, arrivata la scorsa estate a Eugenio Gallerani (l'avvocato della famiglia, che da sempre si è battuta per far riaprire il caso) dà qualche risposta. Altre potrebbero arrivare da nuovi testimoni, rimasti nell'ombra (forse per paura) in tutto questo tempo. Gli esami del Ris cancellerebbero 22 anni di menzogne: risalire verso la soluzione del giallo sembra finalmente possibile. -
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Champions League: Unicredit e Luis Figo aiutano i tifosi che non riescono a seguire la propria squadra L'iniziativa si chiama "Ci siamo noi": con il sostegno del campione portoghese Figo e dell’Help Team di UniCredit, la banca ha risolto un dilemma tra vita reale e calcio, aiutando i tifosi a gestire le situazioni in cui le partite della Uefa Champions League e gli interessi della vita quotidiana sembrano essere incompatibili. della redazione di FIRST online 16-02-2012 Stasera c’è la tua squadra del cuore che gioca in Champions League ma tu hai un improrogabile impegno di lavoro? Oppure un irrinunciabile compleanno di qualche parente? O ancora peggio, visto che la massima competizione calcistica dell’Uefa è tornata in campo proprio nel giorno di San Valentino, sei sotto ricatto della fidanzata? “O me, o il calcio”? Bel dilemma, ma da oggi non dovrai più scegliere. Grazie all’iniziativa di Unicredit, sponsor della Uefa Champions League, sarai in grado di non dover necessariamente rinunciare a una delle due alternative. Con il sostegno del campione portoghese Luis Figo e dell’Help Team di UniCredit, la banca ha infatti risolto un dilemma tra vita reale e calcio che apparentemente era senza via d’uscita, attraverso una campagna online nata per aiutare gli appassionati di calcio a gestire situazioni in cui le partite della Uefa Champions League e gli impegni della vita quotidiana si sovrappongono. L’iniziativa si chiama “Ci siamo noi” e attraverso un filo diretto con i tifosi sul sito wewillfixit.it e sulla pagina Facebook di Unicredit Champions prende in esame tutti i problemi pervenuti e li seleziona attraverso un concorso, per poi pubblicare il video del “pronto-intervento” di Figo e del suo team sul canale youtube di Unicredit. e raccontadella storia di due innamorati tedeschi che la sera di San Valentino erano sul punto di entrare in crisi perché la data coincideva con la partitissima Bayer Leverkusen-Barcellona. E in effetti compare proprio l’ex campione dell’Inter, nell’esilarante ruolo di dottor Stranamore in versione calcistica. Non poteva dunque mancare il lieto fine: lei non rinuncerà alla sua serata romantica, e lui andrà allo stadio a vedere la partita. San Valentino vs calcio 1-1. Da oggi fino al 18 aprile sarà possibile presentare i propri "dilemmi" anche in Italia. A maggio sarà poi estratto un fortunato partecipante che oltre a vedersi risolvere l'ancestrale dilemma da Figo and company, vincerà anche un biglietto per la finalissima di Monaco del 19 maggio. Lo scopo della campagna “Ci siamo noi” è quindi aiutare i fans, compresi coloro che appassionati di calcio non sono, a gestire momenti “difficili” in cui le partite della Uefa Champions League e gli interessi della vita quotidiana sembrano essere incompatibili. Sarà la nuova frontiera del calcio (già seguito da miliardi di persone nel mondo che fanno di tutto per non perdersi nulla): vederlo anche quando non si può. -
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Scalciopoli di IVAN ZAZZARONI dal blog Il calcio è un cartone animato per adulti (Deejay.it 16-02-2012 19.02) Antonio Conte si ribella al calcio che conosce meglio, quello in cui s’è formato e che talvolta ha anche subìto (Arezzo, Bari, Bergamo, Siena, la provincia). Un calcio di poteri forti e fortini, rapporti falsi e rapporti veri, e anche vendette, nel quale la federazione condizionava – direttamente, quando serviva – i designatori e gli arbitri – solo i meno onesti e i più fragili -. Un calcio diverso da questo, però. Conte sa bene che il nemico pubblico della sua Juve è da mesi Giancarlo Abete, la Figc: ascolta, legge, vede e trae le conclusioni. Non gli può essere sfuggito che Agnelli e i suoi avvocati hanno promosso azioni pesantissime contro via Allegri (dopo-Calciopoli) richiedendo danni per oltre 440 milioni. E ricorda l’irritazione del suo giovane presidente di fronte all’incompetenza dichiarata dal numero uno federale e, in seguito, all’intervento del Coni, di Petrucci, ovviamente preoccupatissimo per la piega che aveva assunto la vicenda. Conte sa anche che le motivazioni della sentenza di Napoli hanno fatto segnare un punto e anche due a favore della linea Briamonte. E che, aggiungo, il no del Governo a Roma 2020 ha indebolito politicamente, almeno per il momento, il capo dello sport italiano, santo protettore di tutte le federazioni. Insomma, Conte teme che qualche arbitro più realista del re voglia in qualche modo maltrattare la Juve-nemica della Figc con l’unico mezzo di cui dispone: il fischietto. PS. La Figc di Calciopoli era anche così. Intercettazione. Carraro: “Mi raccomando che non aiuti la Juventus, per carità di Dio, che è una partita delicatissima in un momento delicatissimo della Lega ecc… Per carità di Dio che non aiuti la Juventus, che faccia la partita onesta, ma che non faccia errori a favore della Juventus”. ___ versione modificata dallo stesso Zazzaroni dopo la nota della società Juventus ___ A. AGNELLI di IVAN ZAZZARONI dal blog Il calcio è un cartone animato per adulti (Deejay.it 16-02-2012 19.59) Antonio Conte si ribella al calcio che conosce meglio, quello in cui s’è formato e che talvolta ha anche subìto (Arezzo, Bari, Bergamo, Siena, la provincia). Un calcio di poteri forti e fortini, rapporti falsi e rapporti veri, e anche vendette, nel quale la federazione condizionava – direttamente, quando serviva – i designatori e gli arbitri – solo i meno onesti e i più fragili -. Un calcio diverso da questo, però. Conte sa bene che il nemico pubblico della sua Juve è da mesi Giancarlo Abete, la Figc: ascolta, legge, vede e trae le conclusioni. Non gli può essere sfuggito che Agnelli e i suoi avvocati hanno promosso azioni pesantissime contro via Allegri (dopo-Calciopoli) richiedendo danni per oltre 440 milioni. E ricorda l’irritazione del suo giovane presidente di fronte all’incompetenza dichiarata dal numero uno federale e, in seguito, all’intervento del Coni, di Petrucci, ovviamente preoccupatissimo per la piega che aveva assunto la vicenda. Conte sa anche che le motivazioni della sentenza di Napoli hanno fatto segnare un punto e anche due a favore della linea Briamonte. E che, aggiungo, il no del Governo a Roma 2020 ha indebolito politicamente, almeno per il momento, il capo dello sport italiano, santo protettore di tutte le federazioni. Insomma, Conte teme che qualche arbitro più realista del re voglia in qualche modo maltrattare la Juve-nemica della Figc con l’unico mezzo di cui dispone: il fischietto. PS. La Figc di Calciopoli era anche così. Intercettazione. Carraro: “Mi raccomando che non aiuti la Juventus, per carità di Dio, che è una partita delicatissima in un momento delicatissimo della Lega ecc… Per carità di Dio che non aiuti la Juventus, che faccia la partita onesta, ma che non faccia errori a favore della Juventus”. PS 2. So per certo che Andrea Agnelli non ha gradito l’esternazione di Conte: per la “politica” c’è Marotta. Ma a Marotta la parte del cattivo non riesce proprio. -
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Repubblica.it News 16-02-2012 CALCIO, CASO SION: ECA SOSPENDE IL CLUB SVIZZERO L'associazione europea dei club (Eca) ha sospeso con effetto immediato il Sion per essersi rivolto alla giustizia ordinaria, disconoscendo il ruolo del Tas di Losanna come ultimo grado nelle controversie sportive. Il club è stato penalizzato di 36 punti dalla Asf ed escluso dall'Europa League dalla Uefa per avere schierato 6 giocatori tesserati in modo illegittimo secondo la Fifa. L'Eca, che raggruppa oltre 200 club europei, ha annunciato che la sospensione sarà effettiva "fino a nuovo avviso". -
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Juventus News Nota della società 16 febbraio 2012 Juventus Football Club ribadisce e sostiene quanto dichiarato dall'allenatore Antonio Conte, dal consigliere Pavel Nedved e da Andrea Pirlo al termine dell'incontro. La società si augura che la parità di trattamento, che sta perseguendo e perseguirà in ogni sede, venga applicata sempre in conformità con le regole del giuoco del calcio e della giustizia sportiva e ordinaria. -
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Calcio e camorra / L'accusa choc del pm: «Rapporti tra giocatori del Napoli e ultrà per influenzare il rinnovo dei contratti» Retata all'alba, eseguiti undici arresti nel gruppo dei Bronx Il pm Melillo: Lavezzi ha testimoniato sulla sua conoscenza con Antonio Lo Russo, figlio dell'ex capo clan di Miano della redazione IL MATTINO.it 16-02-2012 NAPOLI - «Alcuni calciatori del Napoli mantengono i contatti con i gruppi di ultrà anche perché ritengono che questi ultimi possano influire sulle scelte della società al momento del rinnovo del contratto» Lo ha detto il procuratore aggiunto di Napoli, Giovanni Melillo, nel corso della conferenza stampa organizzata per illustrare l'operazione che ha portato oggi alla notifica di 11 misure cautelari nei confronti di tifosi violenti. Il caso Lavezzi. Melillo ha citato in particolare Ezequiel Lavezzi e alcune dichiarazioni del calciatore rese nell'ambito di un'altra inchiesta e confluite poi nell'ordinanza cautelare eseguita oggi. Il verbale di Lavezzi è quello nel quale il Pocho parlava della sua conoscenza con Antonio Lo Russo, il figlio dell'ex capo clan di Miano, Salvatore, oggi collaboratore di giustizia. Il caso Santacroce. Fabiano Santacroce, ex calciatore del Napoli, ora nel Parma, era legato da vincoli di amicizia con Francesco Fuccia, ritenuto il capo degli ultrà arrestati oggi con l'accusa di avere provocato tafferugli in occasione di diversi incontri del Napoli. (Sentito anche Santacroce: «Ospite del capo ultrà ai domiciliari») Arresti tra i Bronx. La Polizia di Stato della Questura di Napoli ha eseguito 11 misure cautelari, emesse dal gip nei confronti di appartenenti al gruppo di tifosi ultrà del Napoli dei cosiddetti 'Bronx'. Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di un'indeterminata serie di delitti in occasione di manifestazioni calcistiche nazionali ed estere. Le ordinanze di custodia cautelare, alcune in carcere altre agli arresti domiciliari, sono state emesse su richiesta del procuratore aggiunto Giovanni Melillo e dei pm Antonello Ardituro, Danilo De Simone e Vincenzo Ranieri. Riguardano ultrà frequentatori abituali della curva A dello stadio San Paolo. Indagini durate due anni. Le indagini che hanno portato all'arresto di 11 tifosi ultrà del Napoli sono state coordinate dal gruppo specializzato in reati sportivi di magistrati della Procura della Repubblica di Napoli e sono state condotte per oltre due anni dalla sezione Investigativa della Digos, con attività di osservazione e servizi tecnici di intercettazione telefonica ed ambientale. Gli scontri. Gli indagati hanno preso parte ai gravi atti di violenza commessi a Napoli il 9 maggio 2010, in occasione della gara Napoli-Atalanta, a seguito dei quali rimasero feriti 13 agenti della polizia di Stato; a Udine il 7 febbraio 2010, in occasione dell' incontro Udinese-Napoli, a Bucarest (Romania) il 30 settembre 2010, in occasione della gara di Europa League Steaua-Napoli, e ancora, a Napoli, il 21 ottobre 2010, in occasione della gara Napoli-Liverpool, anch'essa valida per la stessa competizione internazionale. In quest' ultima occasione furono aggrediti e feriti, in diverse circostanze, sette turisti inglesi e cinque agenti della Polizia di Stato. I tatuaggi. Già il 16 novembre 2010, su ordine degli magistrati della Procura della Repubblica che hanno coordinato le indagini, la Digos aveva eseguito ispezioni personali e perquisizioni nei confronti di 57 appartenenti ai gruppi di ultrà, verificando, per ognuno di essi, la presenza sul corpo dei tatuaggi che ne contraddistinguevano l'organicità al gruppo. Sequestri. Nel corso di quella operazione, furono sequestrati in numerose abitazioni ingenti quantitativi di oggetti contundenti e capi di abbigliamento utili per il "travisamento", tutto materiale utilizzato dagli indagati nell'esecuzione di aggressioni pianificate alle tifoserie di squadre avversarie ed alle forze dell'ordine. ■ Il pm: tutti i gruppi ultrà ostili alla società Calcio Napoli ■ Altri calciatori azzurri in contatto con ultrà ma più prudenti di Santacroce ■ Tatuaggi per gli ultras: quando uscivano dal gruppo costretti a cancellarli ■ Capoultrà legato ai Mazzarella: gli scontri venivano decisi a casa sua ■ Sentito anche Santacroce: «Ospite del capo ultrà ai domiciliari» -
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Calcioscommesse Minacce, trucchi e Atalanta-Piacenza comprata da clan diversi La partita che fu venduta due volte Le nuove carte dell’inchiesta di Cremona Atalanta-Piacenza doppio trucco Gegic: «Gli zingari non esistono» di CLAUDIO DEL FRATE & ARIANNA RAVELLI (CorSera 16-02-2012) Calcioscommesse: tutto cominciò nel 2008 in un centro commerciale di Seriate (Bergamo) con l'incontro tra Gritti, portiere del Bellinzona, e Carobbio, giocatore dell'AlbinoLeffe. Dalle carte dell'inchiesta di Cremona si scopre che quella chiacchierata tra amici si è poi allargata e si è presto trasformata in un incubo. Non solo: risulta anche che Atalanta-Piacenza fu comprata due volte da clan diversi. Ci sono un posto, una data e un incontro all'origine del calcioscommesse. Tutto comincia quando il portiere del Bellinzona Matteo Gritti si trova con Filippo Carobbio, all'epoca all'AlbinoLeffe, in un centro commerciale di Seriate: siamo nel 2008. Il peccato originale È il primo episodio rivelato dalle nuove carte dell'inchiesta di Cremona. Lo narra Carobbio nell'interrogatorio: «Quando giocavo per l'AlbinoLeffe sono stato contattato da Matteo Gritti. Questi aveva giocato con me nell'AlbinoLeffe. Ci incontrammo una prima volta all'Iper di Seriate e fu allora che mi riferì che c'era un gruppo di persone, straniere, che avevano un'ampia disponibilità economica che intendevano investire per vincere le scommesse, da effettuarsi sui siti asiatici, corrompendo i giocatori. Gritti mi spiegò che il denaro sarebbe stato consegnato ai calciatori prima della partita». Sul momento non si fa niente, l'AlbinoLeffe è in corsa per la A. Ma Carobbio presenta Gritti a Carlo Gervasoni. E da qui il contagio si espande al calcio italiano. «Tre o quattro mesi dopo, all'inizio del campionato 2008-2009, Gervasoni, che evidentemente nel frattempo aveva continuato ad avere rapporti con Gritti, mi rappresentò che ci sarebbe stata un'occasione conviviale a Mendrisio. Erano presenti, oltre a me e Gervasoni, Gritti e altre 4-5 persone, tra le quali Gegic e Bressan». Si forma il nucleo base dello scandalo scommesse. Gritti finisce per «inguaiare» anche Andrea Conti, figlio di Bruno, che gioca nel Bellinzona: gli inquirenti hanno deciso «un supplemento di indagine» anche su di lui. L'incontro Vitiello-Drascek Carobbio al gip Guido Salvini e al pm Roberto Di Martino racconta molto altro. A partire dalla prima partita che ha «taroccato»: «Pisa-AlbinoLeffe del 7 marzo 2009 (...) Finimmo per aderire all'accordo io e Gervasoni con Ruopolo e Conteh. In seguito venne coinvolto anche Caremi. Gervasoni ci consegnò 15 mila euro a testa». Carobbio va a Siena e i rapporti continuano. Con un episodio finora rimasto sconosciuto: «In occasione di Siena-Novara (1 maggio 2011, 2-2) (...) ci furono dei contatti tra i giocatori in quanto il pareggio sarebbe stato un risultato proficuo per le squadre. Ci fu un contatto tra Vitiello del Siena e Drascek del Novara che avvenne nella hall dell'albergo che ospitava noi del Siena. Io li ho visti parlare». L'«uomo nero» Tutti i protagonisti dello scandalo puntano il dito contro Almir Gegic, ritenuto il più attivo nel clan degli zingari assieme a Hristian Ilievskj. Gegic è ufficialmente latitante da giugno ma lui è sempre stato a Chiasso, dove risiede; tanto che agli atti c'è un interrogatorio del 2 settembre proprio sul calcioscommesse condotto dal procuratore di Lugano Nicola Corti. È la prima volta che emergono nell'inchiesta dichiarazioni dell'«uomo nero». «A Cremona — afferma Gegic — a più riprese ho espresso la mia piena disponibilità a essere sentito per fare chiarezza. Sono un calciatore, il calcio mi ha dato tanto (...) e non rovinerei di certo la mia reputazione con certe storie». Quando il magistrato lo interpella sui continui versamenti di migliaia di euro sul suo conto corrente, risponde: «Io e i miei familiari siamo capaci di vivere con un'austerità che forse non è così usuale per gli svizzeri. Ci accontentiamo di poco». Sulle scommesse dice: «Gioco al massimo 100-200 euro. Non sono né membro né capo di un fantomatico clan degli zingari, un'invenzione degli italiani (. . . ) Mi è capitato di raccogliere soldi di amici per scommettere assieme su partite, ma escludo di aver ricevuto o versato soldi per truccarle. L'11 marzo 2011 ho portato i miei soldi, quelli del Brix (Mauro Bressan) e di Ivan Tisci in Italia. Dovevo incontrare in quell'area di parcheggio autostradale qualcuno che li avrebbe fatti avere a Bellavista affinché venisse piazzata la scommessa». La mafia del Balcani Ma un appunto dello Sco allegato agli atti dice che «Gegic è legato a Sancarkli Habdo, esponente della mafia turca, già presidente dell'Istanbulspor, squadra in cui Gegic ha militato». Lo zingaro di Chiasso viene poi ritenuto da un rapporto della polizia tedesca in contatto con esponenti di un clan balcanico di cui fa parte «il noto boss della mafia del Montenegro Branislav Micuninovic ricercato in campo internazionale». Tutti su Atalanta-Piacenza L'uomo che più ha aiutato l'inchiesta, con le sue rivelazioni, è stato Carlo Gervasoni: in costante contatto con Gegic, il difensore vende tutte le partite che può, al Mantova, al Piacenza, alla Cremonese, tanto da stimare di aver guadagnato «100 mila euro dagli zingari». Che avevano una buona abitudine: a differenza di molte società, loro «pagavano sempre». Gervasoni rivela una curiosità: Atalanta-Piacenza (la partita dell'accordo con Doni) è stata venduta due volte. La prima agli zingari e la seconda a un'altra organizzazione che faceva riferimento al calciatore Cesare Rickler e ai fratelli Cossato. «Rickler mi disse che c'era la possibilità di prendere dei soldi per perdere la partita, io gli dissi di no. Poi con il fatto che me lo chiedevano anche Gegic e compagnia. . . Lui venne con i fratelli Cossato. Praticamente abbiamo venduto la stessa cosa a due gruppi». Solo che i soldi (80 mila euro) arrivano solo da Gegic perché i fratelli Cossato dicono che «i conti sono bloccati». Gervasoni, invece, nega di essersi auto-avvelenato durante Cremonese-Paganese, episodio che ha dato il via all'inchiesta. Come si sa, dopo aver bevuto l'acqua contaminata, si sentì male alla guida: «Devo ringraziare il Signore che guidavo una macchina un po' grossa... La gente che mi ha soccorso mi chiedeva se ero matto o ubriaco, perché zigzagavo. Non avrei mai potuto avvelenare i miei compagni». «Siamo tutti morti» Per gli zingari, l'uomo del salto di qualità, che avrebbe dovuto portare dritto alla serie A è Alessandro Zamperini, «miglior amico di Stefano Mauri» che può vantare un ampio carnet di contatti. «Zampa» — che è in difficoltà economiche perché «per via di una mezza truffa devo pagare 13 mila euro di rate al mese per la Porsche» — racconta il modus operandi di Ilievski, interessato in particolare «ai giocatori delle squadre che non pagavano gli stipendi». Lo «zingaro» — che gli manda sms con «come in» per indicargli di passare sull'altro telefono — in un'occasione gli fa pressione in questo modo: «Tu devi pensare che qui siamo tutti morti, siamo tutti morti, qua c'ammazzano tutti. Io sono un uomo morto». Zamperini ha paura. Gli viene chiesto conto anche di Lecce-Lazio e il pm Di Martino si lascia scappare: «Abbiamo le prove che è certamente combinata». I messaggi di Angelino Con gli sviluppi più recenti dell'inchiesta gli inquirenti hanno ripescato dalle intercettazioni una conversazione tra Bellavista e Angelo Iacovelli, factotum del Bari. I due parlano dei tentativi di contattare i giocatori della squadra pugliese e in particolare Masiello: «Anto' questi ci stanno pigliando a pesci in faccia» dice Angelino lamentandosi del fatto che dai calciatori non arrivano impegni precisi. Il factotum poi allude: «Si sono mossi i pezzi grossi...», Chi sono? Mistero, nella conversazione vengono definiti «il parigino» e «il direttore». Più inquietante è una annotazione della polizia: «Come riferito da Masiello, Iacovelli contattava il calciatore trasferitosi a Bergamo e lo redarguiva a proseguire il silenzio con precise frasi intimidatorie». -
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laRovesciata di ROBERTO BECCANTINI (GaSport 16-02-2012) Guida in 10 punti degli italianismi che fanno moda Dagli impianti obsoleti, alla tolleranza zero, ai vivai. Per la serie parole, non fatti Per la serie «Parole, non fatti», ecco il breviario degli italianismi più in voga. 1. I nostri impianti sono obsoleti (e i nostri dirigenti?), servono stadi di proprietà. Ritornello, «Stato, facci una legge». Resiste in cima al podio dagli anni Novanta e dalla colate di cemento armato, armatissimo, che imprigionarono le notti magiche. Aperta parentesi: quanto scommettiamo che prima o poi si accuserà la Juventus di aver costruito il suo e non i ritardatari per non aver costruito il loro? Chiusa parentesi. 2. Si gioca troppo. Per la cronaca, la serie A passò a diciotto squadre nel 1988 e a venti nel 2004. Rammento che, per conquistare la Champions del 2003, il Milan di Carlo Ancelotti disputò qualcosa come diciannove partite, dai preliminari alla finale. I calendari sono così intasati che gli ottavi di Champions sono stati spalmati, rubando date, la Coppa Intercontinentale è diventata il Mondiale per club e la fase finale degli Europei, dall'edizione 2016 in avanti, coinvolgerà ventiquattro nazioni, contro le sedici attuali. Però si gioca troppo. 3. Bisogna investire sui giovani, bisogna lavorare sui vivai. Un altro disco di successo. Salvo lasciar partire Mario Balotelli per Manchester e Giuseppe Rossi per Villarreal. In tempi di pace, il modello Barcellona; in tempi di guerra, il modello inglese. E, a giorni alterni, tavole rotonde, dibattiti, processi. 4. Tolleranza zero. Spunta ogni tanto, in base agli eccessi - in campo, in tribuna - che decidiamo di combattere con eccessi di segno opposto. Le leggi ci sono, basterebbe osservarle, applicarle. Troppo banale. A noi piacciono i codici etici, molto codici e poco etici. 5. Tolleranza mille. Traduzione: fischiare di meno, assecondare lo spirito del gioco (?). Marcello Nicchi e Stefano Braschi l'hanno scelto come mantra. Morale: mancano molti «secondi gialli», anche perché le spalle dei commentatori tv sono ex giocatori, e il microfono batte dove l'ammonizione duole. 6. «Ah, il fisco spagnolo» è il ritornello che più stimolava la vena canora di Adriano Galliani. «Ah, il decreto spalma-debiti » replicavano, puntuali, i menestrelli di Madrid e dintorni. 7. Voce solista: perché non separiamo il ranking della Champions League da quello della Europa League? Coro: in modo da recuperare più in fretta il posto perduto in Champions. Anche queste, parole e musica di Galliani. All' Uefa preferiscono il dolce stil vecchio. 8. Moviola in campo. A essere sinceri, ha perso posizioni e smarrito fascino: sono arrivati i giudici di porta, Blatter ha garantito che ricorrerà alla tecnologia per debellare i gol fantasma. Ciò premesso, con la moviola in campo - e la soluzione «in diretta» dei casi più scabrosi - molti di noi finirebbero in mezzo a una strada. 9. Fair play finanziario. Lo intona spesso Massimo Moratti, ma che c'azzecca con gli acquisti di Forlan-Zarate e la cessione di Thiago Motta? 10. Responsabilità oggettiva. Dal Totonero del 1980, sempre in classifica. Ci sono «bande » che la preferirebbero soggettiva. Brusìo dal fondo: e te credo! -
Il presidente del collegio giudicante della Corte di Appello di Napoli, Maurizio Stanziola (relatrice Silvana Gentile, a latere Teresa Annunziata), ha fissato le udienze per l'appello di Antonio Giraudo, Tullio Lanese, Tiziano Pieri e Paolo Dondarini. La prima è il 21 marzo, seguiranno il 3, l'11 e il 18 aprile 2012. In quest'ultima udienza si arriverà a sentenza. A sostenere l'accusa per la Procura generale ci sarà Gerardo Arcese, marito di Teresa Casoria, presidente del Collegio della Nona sezione penale che ha condannato Luciano Moggi e gli altri imputati nel primo grado di Calciopoli.
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Si sono rivisti in aula per la rissa all´Hollywood Moratti contro Irvine tutta colpa di un sms di EMILIO RANDACIO (la Repubblica - Milano 31-01-2012) Si sono rivisti, forzatamente, in un´aula di tribunale. Tre anni dopo una rissa scatenata nel privè della discoteca Hollywood. L´ex pilota della Ferrari, Eddie Irvine, e il figlio dell´ex sindaco, Gabriele Moratti. Tutti e due imputati, ma anche parte lesa, per una lite scatenata nella notte del 20 dicembre 2008. Su come andarono i fatti, il processo cerca, molto a fatica, di fare luce. Ieri, di fronte ai molti «non ricordo», di diversi testimoni, il giudice Marco Formentin è dovuto intervenire più volte ricordando che nelle deposizioni c´è l´obbligo di dire la verità. Un dato, al momento, sembra pacifico: il figlio di Letizia Moratti si sarebbe indispettito per un sms che l´ex amico Irvine manda all´ex fidanzata Monica. Sul resto, le versioni divergono. Irvine, insieme all´avvocato Marco Baroncini, giura di essere stato colpito per primo, mentre era di spalle, e di aver avuto la rottura di un timpano. Lesioni, ma anche minacce. Nel cuore della notte, l´ex ferrarista riceve una telefonata dal guardaspalle di Moratti junior che gli giura che gliela farà pagare. Dall´altra parte, il rampollo di casa Moratti (difeso dagli avvocati Vincenzo Saponara e Vinicio Nardo), garantisce di essere stato colpito all´Hollywood per primo con un bicchiere in testa. I primi testimoni della rissa non hanno aiutato molto a chiarire le idee. Solo un amico di entrambi gli imputati ha giurato che il primo a colpire sia stato Moratti. Il 27 aprile, oltre agli ultimi testimoni, verranno ascoltate le ricostruzioni dei diretti interessati.
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UEFA, UN CALCIO ALLA FINANZA CREATIVA Dopo il fair play dei bilanci «no» ai calciatori con il cartellino proprietà di terzi. Sanzioni fino all’esclusione dalle competizioni. I casi di Tevez e Neymar di PIPPO RUSSO (l'Unità 15-02-2012) In Italia la notizia è transitata rapida e quasi inosservata, come spesso succede per le cose serie che riguardano il calcio. Lo scorso primo febbraio, giorno successivo alla chiusura della sessione invernale di calciomercato, l’Uefa ha preso posizione contro la sempre più diffusa pratica delle third party ownership. Si tratta di quella formula per cui la proprietà dei cartellini di calciatori non è dei club che hanno un regolare contratto in essere con l’atleta, o dell’atleta stesso quando non ha un contratto in essere con un club, ma di «terze parti»: agenti, fondi d’investimento, speculatori privati. Secondo l’annuncio fatto una settimana fa, i calciatori che si trovano in questo status potrebbero essere messi al bando dalle competizioni internazionali organizzate dall’Uefa. Una misura radicale, la cui realizzazione incontrerebbe ovvie e durissime resistenze. Ma per adesso conta la presa di posizione da parte del governo europeo del calcio rispetto a un tema sul quale la Fifa, dopo un’iniziale mobilitazione che nel 2007 portò a modificare i regolamenti nella parte che riguarda lo status del calciatore, ha scelto di abbandonare il campo. IL SOTTOBOSCO A lanciare il messaggio per conto dell’Uefa è stato Gianni Infantino, segretario generale della confederazione nonché ascoltato consigliere di Michel Platini. In carica nel ruolo dal 2009, Infantino (svizzero d’origine italiana) è stato in precedenza direttore della Divisione affari legali Uefa dopo aver ricoperto il ruolo di segretario generale del Cies (Centro internazionale di studi sullo sport) di Neuchatel. Fra le altre cose, è lui l’architetto del Fair Play Finanziario, la nuova disciplina di bilancio che legherà al contenimento del deficit la partecipazione dei club alle coppe europee. Dunque, su un fronte tra i più caldi del calcio globale l’Uefa ha deciso di fare sul serio. Dichiarando guerra a un sottobosco crescente di pratiche dalla dubbia liceità, e dalle ricadute sociali e sportive negative. Perché questa formula proprietaria, prevedendo che uomini siano proprietari di altri uomini, somiglia molto allo schiavismo. E perché l’esistenza di organizzazioni proprietarie di più calciatori sparsi in club diversi è una seria minaccia per la regolarità dei campionati e per la tenuta economica delle società. E non è certo per dispetto che, parlando di questo tema, salta sempre fuori l’esempio di Carlos Tevez. L’attaccante argentino che i giornali italiani compiacenti hanno dato vicinissimo al Milan nella scorsa sessione di calciomercato, quando in realtà il Manchester City non ha nemmeno preso in considerazione le proposte di Galliani. Il quale si faceva forte dei rapporti con Kia Joorabchian, ufficialmente “agente” dell’argentino. In realtà, la natura del rapporto fra Joorabchian e tutti i calciatori posti sotto il suo controllo è opaca (oltre Tevez, anche l’altro argentino Mascherano, oggi al Barcellona). Ciò che non ha portato Galliani a farsi scrupoli nel trattare col personaggio, e successivamente nell’affidargli una “consulenza” per concludere il trasferimento di Taiwo al Queens Park Rangers. Se l’annuncio di Infantino fosse già regola, il geom. avrebbe da dare parecchie spiegazioni. Lo stesso agente fu accusato di manovrare in proprio anche al tempo del passaggio di Tevez al City, proveniente dal West Ham: anche lo United era sull’attaccante, ma Joorabchian trattava “a blocchi” con le dirigenze, e decise di fare ostracismo con i Red Devils, che - si disse - non lo facilitavano su altre trattative. Un altro pezzo da novanta dei prossimi mercati, il brasiliano Neymar, ha il cartellino - e il destino - in mano a un pool di proprietari: solo una parte è del club di appartenenza (il Santos). Il resto è diviso fra sponsor e una società creata apposta per gestire i calciatori: fra gli azionisti c’è anche Ronaldo, il vecchio campione che ad ogni occasione non fa che ripetere: «Il futuro è Neymar». Ma il futuro di chi? -
L’incarico Lepore dice sì alla Ader Plastic «È una squadra giovane e vincente» L’ex procuratore di Napoli accetta la proposta di Scudieri Presiderà l’autorità di vigilanza di GIUSEPPE CRIMALDI (IL MATTINO 15-02-2012) È l’uomo giusto al posto giusto. Un magistrato di rango, Giovandomenico Lepore - ex procuratore di Napoli - è da ieri il nuovo presidente dell’organismo di vigilanza della «Adler Plastic spa», uno dei «gioielli» di famiglia che fanno parte delle imprese del napoletano Paolo Scudieri. Una sorpresa. Dopo le voci che si erano rincorse - sempre smentite dall’interessato - e che lo davano un giorno al vertice del Teatro Mercadante e l’altro in corsa per un seggio al Parlamento, lui, «Mimì» (come affettuosamente lo chiamano gli amici) Lepore ha spiazzato tutti, decidendo di sparigliare. «Alla fine - dice al «Mattino» - ho preso questa decisione, che mi pare quella più appropriata, la più giusta». Fare squadra, offrendo il proprio contributo ai vertici di aziende che rappresentano uno dei fiori all’occhiello di questo povero, vilipeso Mezzogiorno d’Italia: «Per dare il mio contributo - aggiunge l’ex procuratore - e per far parte di una squadra vincente». A Lepore toccherà un ruolo delicato. Certo, non gli toccheranno gli stessi fascicoli scottanti che negli ultimi anni gli sono passati sulla scrivania, da quelli contro le camorre di Napoli e del Casertano a quelli sui politici coinvolti in imbarazzanti vicende giudiziarie (e paragiudiziarie). Ma il suo sarà pur sempre un impegno di livello: dovrà vigilare sulla corretta applicazione del «modello di organizzazione, gestione e controllo», una specie di codice interno approvato dal consiglio di amministrazione dell’azienda capitanata da Scudieri, come peraltro prevede la legge. E dire che del presidente Giovandomenico Lepore c’era - non tanto tempo fa - chi si divertiva a dipingerlo come persona dalle scarse attitudini organizzative. Oggi questa nuova nomina smentisce quelle cassandre. Ci fu persino un caso, quello sollevato proprio nei giorni in cui il Consiglio superiore della magistratura vagliava le candidature presentate per la nomina a nuovo procuratore del capoluogo campano: a cominciare dall’ex ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli, che di Lepore fu fiero oppositore negli anni difficili che seguirono al vuoto lasciato in Procura da Agostino Cordova: «Non ha le doti di managerialità necessarie per guidare un ufficio di Procura come quello di Napoli», ebbe modo di dire l’allora Guardasigilli. I fatti hanno dimostrato il contrario; e, soprattutto, una grande dote da parte del magistrato: la capacità di tenere unito un Ufficio che è la Procura più grande e più produttiva d’Italia. Ma torniamo al nuovo incarico. Una bella sfida per l’ex numero uno dell’ufficio inquirente napoletano. Se la vedrà, da domani, con norme e regolamenti, con quel «codice etico» voluto dal giovane, intraprendente imprenditore che ama le corse di rally e che pilota personalmente - e con fierezza - la sua 500 Abarth. È un vincente, Scudieri. Parla poco e fa ottima impresa con il suo Gruppo Adler, non solo in Italia, ma anche all’estero (in particolare in Asia, e di questi tempi esportare il made in Italy da quelle parti rappresenta non solo atto di coraggio, ma anche di fede. . . ). «Scuderi - spiega Lepore - lo conobbi ad un convegno, e per me fu subito una sorpresa. Poi ci perdemmo di vista. Qualche settimana fa, avevo appena lasciato l’incarico in Procura, un amico mi chiese di seguirlo: andammo alla convention che Scudieri aveva organizzatocon i suoi dipendenti, a Napoli. Rimasi subito colpito dalle sue capacità di gestire il personale umano». Insomma, se non amore, fu sicuramente fascinazione al primo colpo tra i due. «Ciò che più mi colpì - insiste Lepore - fu che aveva dipendenti e operai tutti giovani. E tutti entusiasti e orgogliosi di lavorare per lui». Nel suo lavoro ora l’ex procuratore sarà affiancato da tre avvocati, anche loro tutti giovani e pieni di voglia di fare. «Insomma - conclude - credo di avere accettato una gran bella sfida». «L'organismo di vigilanza - fanno sapere dalla «Adler» - è collocato al pari del vertice aziendale e la scelta di nominare il dottor Lepore alla presidenza di tale organismo è coerente con i requisiti di autonomia, indipendenza, professionalità che il decreto legge prevede per tale delicata funzione». Adler - fondata nel 1956 da Achille Scudieri, padre dell’attuale amministratore delegato - ha sede a Ottaviano: è ormai un gruppo leader nel settore che progetta, sviluppa e industrializza componenti e sistemi per l’industria del trasporto. Conta oggi 58 stabilimenti in 18 Paesi, sette siti di ricerca e Sviluppo per un fatturato annuo di 820 milioni di euro.
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Il personaggio Il pm Perquisizioni in bici e versi di poesie Lo stile Guariniello di MARCO IMARISIO (CorSera 15-02-2012) TORINO — E i francesi che ci studiano di sicuro non perdono tempo. Sulla scrivania del suo ufficio c'e l'intestazione nuova di zecca del congresso che si terrà a Parigi il prossimo 25 febbraio. Le «nouvelles frontières» del processo penale dopo il caso Thyssen si sono subito allargate fino a comprendere anche la sentenza Eternit. «Ormai siamo delle attrazioni internazionali...». La fenomenologia di Raffaele Guariniello è di difficile comprensione anche per i suoi colleghi, figurarsi per i profani. Ma non può comunque prescindere dalla sua robusta dose di autoironia, che impone di usare con cautela le sue parole. Adesso che ha vinto due processi di importanza capitale con metodi di indagine che stanno diventando oggetto di studio all'estero, nessuno gli rinfaccia più lo spirito di iniziativa che lo ha portato ad occuparsi di tutto. Non è certo il caso di scherzare su cose tremendamente serie, ma se le morti da amianto sono un punto di arrivo nelle indagini sulla malattie professionale, pochi ricordano che il suo primo intervento in questo campo riguardò un caso di dermatite. A volte gli basta un articolo di giornale per aprire un fascicolo. L'inchiesta sul doping nel mondo del calcio cominciò così, con la famosa intervista di Zdenek Zeman. Ma è bastato anche meno, la segnalazione di un amico, un intervento ascoltato ad un convegno, o le sentenze della Cassazione che ogni due mesi va a spulciarsi di persona. Lavora molto, e per questo non transige sulle distanze. Quando il tribunale di Torino si spostò nella nuova sede, cambiò casa anche lui per essere più vicino all'ufficio. Guariniello non passa inosservato. La sua prima inchiesta fu una cosuccia da nulla come la perquisizione negli uffici della Fiat, anno di grazia 1971, alla ricerca del reparto che schedava i lavoratori. I mezzi erano quel che erano e il giovane Guariniello si presentò a cavallo di una bicicletta guidata da un vigile urbano. La ricerca si stava rivelando infruttuosa, quando un impiegato si assentò adducendo una improvvisa necessità fisiologica. Lo seguì fino all'ultimo piano. Trovò quel che cercava, 354. 077 schede su vita privata e orientamenti politici dei dipendenti presenti e passati. L'inchiesta fu poi trasferita per legittima suspicione. «Avete visto che lo so fare anch'io?». Era l'agosto del 2002, la procura di Torino era un deserto quando risuonò il suo grido. Aveva appena risolto il suo primo e unico caso di cronaca nera, una ragazza uccisa dal suo fidanzato. Ha sempre sofferto per la maggiore considerazione della quale godono i colleghi che si occupano di delitti e criminalità. Ci legge una mancanza di rispetto per i temi dei quali si occupa, quell'urlo fu una rivincita professionale. Il contraltare della sua fama, legata a indagini clamorose, da addebitare al succitato spirito d'iniziativa e al fatto che in Italia nessuno fa certe inchieste, è la critica sulle inchieste non andate in porto. «Ma io processo i problemi, non le persone» è la sua filosofia dichiarata. «Se i problemi si risolvono, buon per tutti». Nel 1994, dopo l'alluvione in Piemonte, indagò cinquanta sindaci accusandoli di un «delitto di pericolo» per non aver preso precauzioni contro l'esondazione. Furono costretti a costruire gli argini, e la pratica venne archiviata. «Posso mettere a verbale che lei è un rompicoglioni?». La frase, che ha avuto un certo successo, fu pronunciata da Lorenzo Necci, ex amministratore delegato delle Ferrovie, che nel 1998 versò allo Stato un cospicuo obolo per uscire dall'indagine sui treni all'amianto. L'anno seguente indagò gli amministratori delegati delle nove multinazionali del petrolio: troppo benzene nei carburanti. L'indagine era nata dalla denuncia del titolare di un distributore. La legge venne cambiata in corsa. Nel 2002 toccò ai vertici della Bayer, per via di un farmaco considerato nocivo. Nulla di fatto, ma sugli scaffali quella medicina non c'è più. La poesia è la sua grande passione, e lui ha i modi del viaggiatore cerimonioso dell'amato Giorgio Caproni. Ma la tenacia con la quale difende il suo lavoro non ha nulla di lirico. «Guardi che io di processi ne ho persi pochi». A chi gli obietta la sorte della celebre inchiesta sul doping della Juventus, squadra della quale è tifoso, ribatte estraendo alla velocità della luce da un cassetto la sentenza della Cassazione che dichiara prescritto il reato. Si accomodino pure i francesi a studiare il fenomeno Guariniello. Con una sola avvertenza: nel bene e nel male si tratta di un prodotto difficilmente esportabile.
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Vista campionato Calcio cafone, l’Italia svetta Ma lo dicono i soliti tedeschi Da Materazzi a Gattuso, da Ibra a Balotelli. Nella hit di «Sportbild» un terzo dei maleducati gioca o giocava da noi di TONY DAMASCELLI (il Giornale 15-02-2012) Campioni si nasce ma cafoni si diventa. Almeno stando a una speciale lista messa assieme dalla redazione di «Sportbild», terra di Germania, gente che ormai decide le sorti finanzariopoliticosportive del resto d'Europa. Dunquedopo i palloni d'oro e world fifa player ecco il trofeo, senza coppe e medaglie, per i villani del football, gente straconosciuta, strapagata, stramaleducata stando almeno ai criteri di «Sportbild» ma, potrei dire, ad alcune conferme arrivate dai campi di gioco. Non c'è da stare allegri per la Patria italiana, nell'elenco dei quindici screanzati figurano alcuni attori del nostro campionato, gente che fu e che ancora è. Comunque la classifica, relativa non soltanto al gioco violento ma alla buona educazione, è guidata da quel gentiluomo di Pepe, non Simone, onesto lavoratore della Juventus, ma Kepler Levaran Lima Ferreira, tutta questa araldica per un dipendente di Mourinho, guarda un po' le combinazioni del calcio e della vita. Breve riassunto: Pepe tre anni fa si beccò dieci giornate di squalifica per avere scalciato Casquero mentre costui era a terra, preso a pugni Albin arrivato in soccorso del compagno ammaccato e insultato arbitro e assistenti di Real Madrid-Getafe. Il curriculum del portoghese segnala anche un pestone volontario sulle mani di Messi e altre facezie da bullo stralunato. Ho citato Mourinho? Nella lista c'è posto anche per lo special one che, forse ne soffrirà, non è primo ma soltanto quinto anche se unico allenatore presente. Prima di JM, alle spalle di Pepe, una vecchia gloria nostrana, conosciuta e riconoscibile nel mondo: Marco Materazzi, una garanzia del fair play non finanziario. Segue Ibrahimovic che riesce nell'impresa di battere il volgare razzista Luis Suarez del Liverpool, l'uruguagio vergogna del grande club inglese, protagonista di una serie di atti squallidi nei confronti di Evra. Poteva restare fuori dall'elenco Mario Balotelli? Giammai, è alle spalle del suo docente Mourinho, quello che un giorno ammise che è difficile dialogare con un tipo che ha un solo neurone. Il City di Mancini presenta una splendida coppia, con superMario c'è anche de Jong, capace di entrate al limite della lobotomia sull'avversario. I tedeschi della «Sportbild» cercano di rimediare mettendo in coda anche un cittadino del paese loro, Jermaine Jones che, in verità, ha tradito la Germania scegliendo la nazionalità statunitense. Poi si mette male per l'immagine del Milan, in elenco una triade, Gennaro Gattuso, Van Bommel e Prince Boateng, direi che gli ultimi due vantano un illustre passato non nel nostro campionato, anzi dell'olandese si ricordano fotogrammi superbi, quando decise di espellere lui l'arbitro, durante Bayern Monaco-Amburgo, aggiungendo anche il gesto dell'ombrello, ripetuto al Bernabeu di Madrid e rivolto ai tifosi spagnoli, dopo il gol del 3 a 2 al Real, un signore, insomma. Risulta un altro tedesco, Maik Franz, difensore oggi dell'Hertha di Berlino. I tifosi lo chiamano Iron Maik, quando giocava con il Karlsruhe venne alle mani con Mario Gomez che lo accusò di gioco violento, la stessa etichetta gli fu attribuita da quelli del Werder Brema per avere calciato sulla faccia Avidic. Franz decise allora di dare in beneficenza 500 euro per ogni cartellino giallo: nella prima stagione 11, nella successiva 13, il totale supera i diecimila euro, un benefattore. Sorpresa per gli ultimi tre posti, Arnautovic, la ciofeca che è passata dall'Inter, detto il piccolo Ibra (ha imparato bene) e definito da Balotelli («se c'è uno stupido è lui»), quindi il brasilero Marcelo del Real Madrid e Wiese del Werder Brema. La mia classifica storica prevede Stiles (Inghilterra), Goikoetxea (Spagna), Vinnie Jones (Inghilterra), Lionel Sanchez (Cile), Pasquale Bruno (Italia), Materazzi (Italia), Omar Sivori (Argentina), Passarella (Argentina), Montero (Uruguay), Melo (Brasile), Benetti (Italia). Per evitare rogne, chiedo scusa agli altri. È un gioco, o no? -
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Nel calcio romano il re è nudo. Non ditelo a nessuno di GIANFRANCESCO TURANO dal blog "RAGÙ DI CAPRA" (l'Espresso.it 14-02-2012) Giovedì 9 febbraio verso le sette di una serata gelida, si presenta il libro “Fuorigioco” alla libreria Melbookstore in via Nazionale a Roma. C’è poca gente, come spesso alle presentazioni: una trentina di sedie occupate. Il libro parla di calcio e potere. Insieme all’autore ci sono due giornalisti a parlare del libro: Malcom Pagani del Fatto, nel ruolo della giovane promessa, e Sergio Rizzo del Corriere della sera, pluri-Pallone d’Oro con La Casta. Fra i presenti – dire pubblico sarebbe eccessivo – c’è Mauro Baldissoni, avvocato e consigliere dell’As Roma. Il suo ruolo? Regista. La trattativa fra Unicredit e la cordata americana di Dibenedetto e Pallotta l’ha imbastita, seguita e propiziata lui. Sul finire della chiacchierata, Baldissoni prende la parola e esprime le sue opinioni sul libro. In parte lo elogia e in parte lo critica. La critica è rivolta agli aspetti in cui “Fuorigioco” tratta dei rapporti politici in Italia di Dibenedetto. Secondo Baldissoni, questi legami non solo non esistono ma è stato Dibenedetto a subire le insistenze dei politici locali desiderosi di incontrare il nuovo presidente romanista. Nomi? Tanto per essere bipartisan, Zingaretti e Polverini. Di suo, Dibenedetto si sarebbe limitato a vedere Alemanno, per trattare le questioni del nuovo stadio. Il consigliere-avvocato parla dell’approccio americano alla gestione e degli sforzi che la nuova Roma sta facendo per cambiare rotta. Cita il lavoro di scrematura degli accattoni (il termine è mio, non di Baldissoni) che, domenica dopo domenica, chiedono biglietti gratis in tribuna autorità (leggi qui). Gente mai vista né conosciuta che non ha neppure l’educazione di presentarsi ma manda fax del seguente tenore: “pregasi mettere a disposizione l’abituale dotazione di biglietti”. Per carità di patria, Baldissoni non fa nomi (l’articolo dell’Espresso invece sì). Poi c’è un passaggio su Lotito, catapultato al vertice della Lazio su pressioni della politica e della finanza. Pensa che novità. Nel libro se ne scrive diffusamente. Baldissoni parla come se fosse a cena tra amici. Invece, qualcuno dei cronisti presenti fa una registrazione ambientale e le parole del consigliere finiscono sulle radio romane, a partire dalle emittenti nostalgiche della gestione Sensi. Perché il calcio a Roma è anche questo: passione spinta fino alla faziosità. Parte il delirio, se non proprio il linciaggio mediatico. Protestano Lotito, Polverini, persino Alemanno, reduce dai clamorosi trionfi della campagna anti-neve. Che avrebbe detto di così grave Baldissoni? Quello che tutti sanno. Che il calcio di serie A è una continua lotta di potere giocata senza esclusione di colpi bassi e senza timore della prova tv. Che i presidenti non ragionano con la logica del business ordinario e, spesso, neppure con la logica del tifo. Che i padroni del vapore usano i club per acquisire prestigio e fama. Insomma, ha detto quello che chiunque sa ma che non bisogna dire mai se si sta all’interno del sistema. Alla presentazione di “Fuorigioco” c’ero anch’io. Mi è sembrato il minimo visto che ho scritto il libro. E, visto che i colleghi presenti avranno intercettato anche me, metto poche parole a disposizione di eventuali censori. Nello sport più bello del mondo, come insegna il calcioscommesse, regna un’omertà che Cosa Nostra neppure si sogna. Non mi aspetto smentite. Da Cosa Nostra, voglio dire.