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andrea

Tifoso Juventus
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  1. Dagospia FLASH! COSA CI FACEVANO IERI SERA A CENA AL "THE WILDE" A MILANO IL PRESIDENTE DELLA FEDERCALCIO GRAVINA CON IL PRESIDENTE DELL'INTER MAROTTA, IL RESPONSABILE DELL'UFFICIO LEGISLATIVO DELLA FIGC VIGLIONE E L'AVVOCATO DEL CLUB NERAZZURRO ANGELO CAPELLINI? AH, NON SAPERLO MA GLI JUVENTINI SARANNO CONTENTI...
  2. andrea

    Sergio Brio

    «Il Trap mi diceva che i rigori li sapevo tirare meglio di Platini Quante botte e insulti con Pruzzo, ora siamo diventati buoni amici» Sergio Brio: io un picchiatore? Fui espulso solo una volta Venni morso in campo da un cane poliziotto romanista di Luca Bergamin · 20 mar 2025 Sergio Brio, lei è uno dei sei soli giocatori viventi ad avere vinto tutte le massime competizioni per squadre calcistiche di club. E adesso, a 67 anni di età, è tornato sui banchi di scuola. Perché? «Dopo la carriera di calciatore professionista, quella di allenatore e venti anni da commentatore televisivo, mi sono messo a studiare per diventare mental coach. Mi sono accorto, infatti, di essere portato per coniugare i concetti di leadership, spogliatoio, aiuto reciproco alla vita aziendale. Io non ci penso proprio a fare il pensionato, sono uno che non molla mai. Non mi reggevo più in piedi e ho scelto di farmi mettere due protesi alle cartilagini delle ginocchia contemporaneamente, nel corso di una sola operazione». Arti usurati? Non era lei quello che nella Juventus, insieme con Claudio Gentile, dava le botte? «Le botte negli anni Ottanta e Novanta si davano e prendevano, era un calcio più fisico e più tecnico di quello odierno. Potrebbe sembrare un paradosso ma è così». Brio, quale rapporto avrebbe avuto con la Var, la Video assistant referee? «Avrei cambiato il metodo di marcare e comunque con il libero dietro lo stopper, non eri mai l’ultimo uomo prima del portiere, mentre adesso si sta tutti in linea. In ogni modo io sono stato espulso una sola volta, contro il Napoli per una presunta gomitata rifilata a Salvatore Bagni. Non lo avevo toccato. Il presidente Boniperti mi disse che ero caduto nel tranello del centrocampista partenopeo». Ci si reclama sempre innocenti, poi invece se ci fosse stata la Var già allora... «L’avvocato Chiusano studiò le immagini televisive, come se avesse una sua Var, fece ricorso ed ebbi una giornata di sconto sulle due di squalifica che mi erano state comminate. Comunque dagli spalti, in cui mi ero seduto dopo l’uscita dal campo, assistetti a una magica rete di Maradona all’incrocio dei pali». A Brio stinco di santo non crede nessuno nemmeno dopo trenta anni. «Non lo ero, però non ero nemmeno un picchiatore. Anche Franco Baresi che passava per un difensore dallo stile perfetto si aiutava con tutti i mezzi possibili per fermare gli attaccanti. La forza fisica è una cosa, la cattiveria un’altra». Le piace il calcio di oggi? «Sinceramente, davanti allo schermo mi addormento, queste partite sono alquanto noiose. Mi viene sempre da ripensare a quando Boniperti sostituì in un colpo solo Capello e Anastasi con Boninsegna e Benetti perché voleva giocatori più coriacei». Altre differenze che fanno pendere la bilancia dalla parte del suo calcio anni Ottanta? «Per noi la società di calcio veniva prima di tutto, la maglia era sacra, i calciatori arrivavano dopo. Adesso prevale un individualismo esasperato». Qual è l’attaccante che a lei invece non perdonava nulla? «Van Basten per me è stato il più grande di tutti. Era bravo sia di destro che di sinistro, non si faceva mai anticipare. Dopo quindici minuti di partita mi dicevo: “Sergio, questo non lo fermerai mai”. Non ero in grado di capire se convenisse spostarlo da un lato all’altro in base al piede meno talentuoso come si faceva di solito». Anche «Spillo» Altobelli la fece ammattire parecchio. «Un’estate ero a Forte dei Marmi con la famiglia. Non esistevano i telefonini, solo un apparecchio fisso nel chiosco dei gelati lontano trecento metri dal mare. Vedo il bagnino venirmi incontro per avvertirmi che Boniperti desiderava parlarmi. In quel tragitto fui attraversato da cattivi pensieri perché il Presidente di solito chiamava solo per comunicarti che ti aveva venduto. Alzai la cornetta e lui mi disse: “Sergio, ho preso Altobelli così non ti segna più davanti agli occhi...”». Anche lei è stato un bomber, ha segnato 24 reti da professionista. «Sono di più se aggiungiamo la Coppa Italia e la finale della Coppa Intercontinentale a Tokyo, in quella gara marcai Borghi destinato al Milan. Mi ricordo ancora il percorso di avvicinamento al dischetto, quelli sono momenti in grado di cambiare una carriera, una vita. Sbagli un rigore e lo rivedi nella testa finché campi». Avere Gaetano Scirea alle spalle voleva dire dormire sonni più tranquilli? «Un giocatore semplicemente perfetto. Un uomo taciturno, serissimo: quando parlava, però, tutti si zittivano. La sua tecnica era finissima. Non venne mai espulso». Scirea-Brio sono stati più forti di Baresi-Costacurta? «Io non posso dirlo. Ho le mie idee in merito...». Lei aveva più tecnica e forza di Billy, almeno questo si può dire? «Idem come sopra. Io ho avuto la fortuna di incrociare il mio destino con quello di Giovanni Trapattoni che, tornando ad esempio alla finale della Coppa Intercontinentale, ebbe il coraggio di dirmi che ero il rigorista più bravo, addirittura più di Michel Platini. Il Trap ti trasmetteva una fiducia pazzesca in te stesso, bastava averlo in panchina e tu davi il doppio». Ci racconti la sua infanzia leccese fiabesca. «I miei genitori erano entrambi parrucchieri, vivevamo di fronte al Convitto Palmieri, dove adesso c’è il museo dedicato a Carmelo Bene. Trascorrevo tutte le ore della giornata a giocare a pallone tra le colonne di quel porticato in stile neoclassico. Per mia fortuna, sopra la nostra casa, abitava il portiere del Lecce che mi raccomandò ai responsabili del settore giovanile, lo stesso in cui si era formato Franco Causio». Anche un telegramma di suo padre le ha segnato la carriera. «A 17 anni mi avevano già ceduto per 400 mila lire al Calimera in Prima Categoria, però papà mandò una lettera per bloccare il trasferimento. Poco dopo mi fecero esordire in serie C, Azeglio Vicini mi convocò nella selezione giovanile, e da lì tutti mi volevano. Soprattutto il Milan era insistente. Ho avuto una botta di fortuna, quell’anno ero ripetente a scuola. Sarei diventato contabile. Invece nell’arco di poche settimane mi ritrovai ad allenarmi con i giocatori che collezionavo nelle figurine». Racconti la firma dei contratti con Boniperti. «In un giorno, durante il ritiro di Villar Perosa, faceva firmare praticamente a tutti un contratto in bianco, nel quale la cifra non era indicata. Si entrava a turno in una stanzetta convertita a ufficio, talmente invasa dal fumo che quasi non riconoscevi il viso del Presidente. E poi lui ci consigliava di sposarci presto ma al tempo stesso raccomandava alle nostri mogli di essere sessualmente morigerate nei nostri confronti. Io feci subito un figlio». Lei è stato l’unico calciatore della storia a venire azzannato da un cane poliziotto a Roma. «Sotto di un gol, pareggiò Platini e poi segnai io. Mentre stavo guadagnando la via degli spogliatoi, Prandelli mi avvisa che Giampiero Galeazzi voleva intervistarmi. Sotto la curva sud allora c’erano gli spogliatoi, con un tendone sopra per proteggere gli atleti dal lancio di oggetti. Mi si avvicina un poliziotto con un cane che portava al collo un fazzoletto giallorosso. Lo vedevo che tirava verso di me, ma il poliziotto lo teneva per il guinzaglio. A un certo punto, lo lascia andare. Io avevo appena fatto a scarpate in campo con Pruzzo e ho dovuto rifilarne anche a quell’animale che nel frattempo mi aveva morsicato facendomi sanguinare. Poi il medico sociale dovette cercare il militare per verificare se avesse fatto l’antirabbica altrimenti avrei dovuto saltare l’imminente match con l’Aston Villa per l’assunzione del vaccino contenente sostanze vietate dall’antidoping». Con Pruzzo siete stati protagonisti di duelli rabbiosi. Era proprio odio il vostro? «Lui era un giocatore che rimproverava anche i suoi compagni se non gli passavano la palla. Prendeva a male parole anche me. Scontri duri, epici. Adesso siamo amici».
  3. Senza Champions cambierà tutto Yildiz, Cambiaso e prestiti a rischio Non solo Vlahovic: se fallirà il 4º posto il club dovrà cedere i gioielli Si allontanano Kolo Muani e Conceiçao di Fabiana Della Valle TORINO · 19 mar 2025 L’estate scorsa è stata rivoluzione, con 9 giocatori arrivati alla corte della Signora (a cui se ne sono aggiunti altri 4 a gennaio). La prossima si rischia il bis, più per necessità che per volontà. Tutto dipenderà dal piazzamento finale: nei piani della Juventus a fine stagione basterà aggiungere due-tre giocatori di ottimo livello per aumentare il livello di competitività e tornare a sognare lo scudetto, ma lo scenario è destinato a cambiare drasticamente nel caso in cui la squadra fallisse la qualificazione alla prossima Champions League. In ballo ci sono 60 milioni che sono vitali per il club, anche per impostare la prossima annata. Senza Europa più importante si rischia di andare incontro a un ridimensionamento significativo, con cessioni illustri per sostenere il mercato in entrata e riscatti molto più difficili. Sacrificio Yildiz In cima alla lista dei partenti c’è Dusan Vlahovic: l’attaccante serbo ha il contratto in scadenza nel 2026 e non ha intenzione di rinnovarlo. La Juventus non può permettersi di perderlo a zero e gli ha già fatto capire con i fatti (mettendolo ripetutamente in panchina) che senza prolungamento finirà fuori dal progetto. A maggior ragione senza Champions, con uno stipendio da 12 milioni già difficilmente sostenibile adesso, che diventerebbe impossibile senza gli introiti garantiti dalla competizione più importante. L’attacco è il reparto dove si rischia di cambiare di più, perché senza Coppa Kenan Yildiz diventerebbe ancora più sacrificabile. Il numero 10 turco sta bene a Torino e non vorrebbe andarsene, ma il club potrebbe essere costretto a utilizzarlo per fare cassa, essendo uno dei giocatori con più mercato: Yildiz è arrivato a zero e sarebbe una plusvalenza pura per la Signora, che conta di incassare 70-80 milioni. Infine Arek Milik, ancora ai box dopo l’infortunio estivo: per lui zero minuti finora e un contratto fino al 2026, difficile immaginare che il club punti su di lui. Diversa la situazione di Randal Kolo Muani, che è in prestito: l’idea iniziale di Giuntoli era quella di provare a trattenerlo con un nuovo prestito con riscatto nel 2026, ma senza Champions la Juventus diventerebbe molto meno appetibile per il francese e il club farebbe fatica a impegnarsi per un riscatto da 40-45 milioni. I prestiti Kolo non è il solo in questa situazione: in prestito sono arrivati anche Francisco Conceiçao (dal Porto), Renato Veiga (dal Chelsea) e Pierre Kalulu (dal Milan) e il terzo è quello che ha più possibilità di essere riscattato (cifra fissata a 14 milioni più bonus) a prescindere dal piazzamento finale. La mancata Champions rimetterebbe in discussione anche l’acquisto di Conceiçao, che sembrava cosa fatta: 30 milioni diventerebbero un investimento impegnativo. Quanto all’ultimo arrivato Veiga, dipenderà dal rendimento e dalla richiesta del Chelsea. Cambiaso e i flop Oltre a Yildiz, tra i sacrificabili c’è Andrea Cambiaso, già a gennaio corteggiato dal City, altro giocatore che potrebbe portare nelle casse bianconere un bel gruzzoletto (circa 60 milioni): senza Champions diventerà impossibile trattenerlo. A rischio ci sono anche alcuni acquisti estivi che hanno deluso le aspettative: primo tra tutti Douglas Luiz, acquistato per 50 milioni dall’Aston Villa. La Juventus proverà a trovare acquirenti in Premier, dove ha avuto un rendimento sicuramente migliore. Stagione flop anche per Nico Gonzalez, 33 milioni pagati alla Fiorentina tra prestito e obbligo di riscatto: come Douglas potrebbe partire, mentre Teun Koopmeiners nonostante le tante prestazioni negative è considerato un investimento da proteggere e su cui insistere. Sotto osservazione Lloyd Kelly, arrivato dal Newcastle a gennaio per una ventina di milioni: con i rientri di Bremer e Cabal senza il doppio impegno in difesa non potranno restare tutti.
  4. https://www.ilnapolista.it/2025/03/pigi-battista-entro-in-sciopero-juventus-finche-ci-sara-thiago-motta-giuntoli-e-un-incompetente-deve-andarsene/
  5. https://www.dagospia.com/sport/stampa-elkann-editoriale-tranchant-marco-tardelli-rifila-calcione-thiago-428189
  6. https://www.dagospia.com/sport/elkann-si-e-rotto-balle-giuntoli-motta-pensa-dare-ruolo-dg-chiellini-vuol-428172
  7. "Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?". Ha scelto una famosa citazione di Cicerone il CEO di Tether Paolo Ardoino per commentare la disfatta della Juventus contro la Fiorentina, arrivata questa sera a una settimana di distanza da quella altrettanto rovinosa patita contro l'Atalanta.
  8. Anche La Stampa scarica Motta https://www.dagospia.com/sport/thiago-motta-avrebbe-dovuto-dimettersi-come-fece-lippi-stampa-elkann-428065
  9. Momblano dice che l'idea di Giuntoli per il prossimo anno è Pioli
  10. https://x.com/JuventuSenegal/status/1898911746900848956?t=o3yLktCR3LhmkAKohxGqpw&s=19
  11. IL POST MOTTA? UNA SIGNORA... ON FIRE TRA GASP E CONTE Thiago sa che potrebbe non bastargli il 4°posto per la conferma: l’emiliano ha giocato nella Juve di Platini e guidato il Milan allo scudetto Di Filippo Cornacchia TORINO · 13 mar 2025 In pole position L’ex rossonero è un armonizzatore e ha nostalgia dell’Italia, può lasciare l’Arabia grazie a una clausola Il passato nella Juventus di Michel Platini e lo scudetto vinto nel 2022 alla guida di un Milan giovane e tutt’altro che favorito. Una Signora “on fire” è molto più che un’idea per il futuro. Stefano Pioli parte da più lontano di tutti, dall’Arabia Saudita, ma sembra tentare ogni giorno di più. La corsa alla sempre più probabile successione di Thiago Motta, a cui potrebbe non bastare il quarto posto per la conferma, sta diventando una sorta di “Gran premio juventino”. Tra i trofei di Antonio Conte, vincente tanto da capitano quanto in panchina, e il dna di Gian Piero Gasperini, cresciuto nel vivaio bianconero e poi maestro delle giovanili, salgono le quotazioni del tecnico di Parma, che nel suo curriculum può vantare anche la staffetta con Gaetano Scirea nella finale di Coppa Intercontinentale del 1985. Pioli, attualmente impegnato con l’AlNassr di Cristiano Ronaldo, conosce la Juventus e l’ha vissuta da dentro, ritagliandosi spazi qua e là (57 presenze in 3 stagioni) tra i campioni degli anni ottanta. Conoscere l’ambiente è tutt’altro che un dettaglio, anzi, ma siccome si parla di allenatori – e non di guide per il J Museum – ovviamente sono anche altri i motivi alla base della candidatura di Pioli. L’ex difensore ha esperienza nei grandi club (ha allenato Inter e Milan) e in questi anni ha saputo ottenere il massimo tanto dai talenti (basti pensare ai primi Leao a Theo) quanto dalle star alle prese con gli ultimi balli: da Ibrahimovic e Giroud al Milan fino a CR7 in Arabia. Pratico e pragmatico, ma allo stesso tempo moderno. E soprattutto carismatico e già vincente in panchina. Al Milan sono diversi i giocatori che lo hanno rimpianto negli ultimi mesi. Un po’ normalizzatore e un po’ armonizzatore degli spogliatoi in cui ha lavorato. Nostalgia dell’Italia Pioli è ripartito dall’Arabia perché l’offerta economica era di quelle irrinunciabili e perché sentiva l’esigenza di una avventura all’estero prima di poter vivere una nuova esperienza su una panchina italiana diversa da quella rossonera. «Voglio portare l’Al-Nassr alle Final 4 di Champions – ha raccontato alla giornalaccio rosa a gennaio - e provare ad alzare la coppa. Ci siamo posti l’obbiettivo di tornare a vincere dopo un po’ di tempo. Abbiamo gettato le basi, se l’anno prossimo vincerò, resterò. Altrimenti, vedremo. Sono entrato nell’anno dei 60, ma mi sento un ragazzo...». Dopo un avvio sprint in campionato, adesso l’Al-Nassr è quarto in classifica, dieci punti sotto l’Al-Ittihad di Karim Benzema. Alla distanza dalla vetta si somma quella per l’Italia: la nostalgia è sempre più forte. In Arabia vorrebbero trattenerlo, ma fin dal primo giorno sono consapevoli della situazione: il contratto prevede una clausola di uscita a favore dell’emiliano. E l’ex milanista, a differenza di Conte (ora al Napoli) e Gasperini (Atalanta), allenando all’estero non avrebbe nemmeno bisogno di una deroga per guidare la Juventus già a partire dal Mondiale per Club di giugno-luglio. L’Arabia sarà rappresentata dall’Al-Hilal — e non dall’Al Nassr di CR7 – ma Pioli in caso di ribaltone potrebbe trovarsi comunque negli Usa. Conte e Gasp Tutto (o quasi) dipenderà dal finale di Thiago Motta, concentrato sulla Fiorentina e sulla corsa Champions ma ben consapevole che eliminazioni (Psv e Supercoppa) e umiliazioni (Empoli e Atalanta) potrebbero pesare anche più del quarto posto, e da eventuali sorpassi o controsorpassi degli altri candidati. Soprattutto Conte e Gasperini, tuttora in corsa.
  12. andrea

    EL PENTAPLETE

    🤔 https://x.com/TimelineCR7/status/1899957876028055732?t=xUGDqBQhclbNIC7bBc1DOQ&s=19
  13. andrea

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    Masterclass di c**o ancelottiano
  14. andrea

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    Ci vuole il proverbiale c**o ancelottiano per passare il turno
  15. andrea

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    Quote passaggio turno Inter 2,25 Bayern 1,65
  16. di FABIO CAPELLO MERCATO SBAGLIATO E GIOCO LENTO MOTTA, CHE SPINE 12 mar 2025 Il tecnico si ostina nel tipo di calcio che ha in testa senza avere gli uomini giusti per farlo In questo momento sulla bocca di tutti ci sono le scelte di Thiago Motta. Normale, dopo la clamorosa batosta subita dalla Juve contro l’Atalanta. Ma la prima domanda che io mi pongo è questa: chi ha deciso di mandare via senza troppi complimenti prima Federico Chiesa e poi Danilo? È stata una scelta solo del tecnico, oppure dietro c’è la mano della società? Se è stato esclusivamente Motta, le sue responsabilità sono ancora maggiori perché quelli erano due giocatori importanti, anche dal punto di vista della leadership. Per me il primo errore è stato lì, nelle scelte fatte sul mercato. In campo, poi, la Juve ha fatto vedere fino a qui un gioco lento, prevedibile: vero che la squadra fa molto possesso, ma senza rendersi pericolosa nella metà campo avversaria. Un altro errore è stata la gestione di Dusan Vlahovic. Tra lui e Motta non è mai scattato il feeling, quella scintilla che avrebbe fatto bene alla squadra e che al tempo stesso avrebbe permesso di valorizzare un ottimo finalizzatore come il serbo. A inizio stagione ha provato a utilizzarlo con continuità, ma ultimamente ha abbandonato questa strada. Evidentemente il serbo è un attaccante non adatto al gioco di Motta. Lo stesso allenatore probabilmente avrebbe preferito un giocatore tipo Zirkzee in grado di far girare la squadra, come faceva al Bologna, ma nella rosa della Juve una pedina con queste caratteristiche non c’è. Vlahovic adesso sembra un corpo estraneo, si è visto chiaramente domenica scorsa che non è contento. Ripeto, la sua gestione è stata sbagliata. Ma non ha nulla a che vedere con i problemi che ho avuto io all’inizio con Dejan Savicevic ai tempi del Milan: lì parlavamo di un genio, qui di un giocatore bravo in area di rigore... Un’altra spina nella stagione di Motta sono stati i giocatori arrivati dal mercato. Io mi rifiuto di credere che Koopmeiners sia quello che abbiamo visto in questi mesi in bianconero. All’Atalanta era tutt’altro tipo di giocatore, non posso pensare che sia sceso così tanto di livello. A Bergamo era un giocatore forte, concreto, bravissimo negli inserimenti, qui invece è quasi irriconoscibile: evidentemente anche a lui il gioco lento di Motta non si addice. E poi non dimentichiamo un altro acquisto a peso d’oro come quello di Douglas Luiz, che non riesce a far girare la palla come sa. Insomma, la squadra mi sembra in confusione, vedo poca libertà nei movimenti. Il problema è che l’allenatore ha in testa un tipo di gioco, senza avere i giocatori per farlo. Forse ci vuole un po’ più di flessibilità. Allenare la Juve significa soprattutto fare punti, lì giustamente si guarda la classifica e senza il quarto posto sarebbe una stagione fallimentare, come del resto lo sarebbe per il Milan. Quello che non capisco è perché molti nostri club non puntino a costruire uno zoccolo duro italiano. È molto importante. Invece la visione di certe società è di guardare all’estero. Vedi degli stranieri pagati tanto dal rendimento scadente. Io ho la sensazione che nella testa dei giocatori della Juve ci sia molto scoramento, ma non c’entrano i fischi del pubblico, nelle grandi società è così, l’ho vissuto anche io al Milan. Però non è tutto da buttare: fino a una settimana fa pensare allo scudetto non era così folle e di tempo per far vedere ancora qualcosa di buono ce n’è . Poi si tireranno le somme. Se tutti, ma proprio tutti, remano dalla stessa parte, è giusto dare altro tempo a Motta. Altrimenti, meglio separarsi.
  17. andrea

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    La moviola della giornalaccio rosa Calha: è rigore Beelen-Taremi: ni Thuram ammonito Di Matteo Dalla Vite · 12 mar 2025 Al 6’, Read rischia il giallo su Mkhitaryan: Kruzliak lascia correre. Al 17’, dubbio braccio in area di Smal: deviazione con la coscia destra. Al 22’, Acerbi a terra in piena area ma la trattenuta di maglia con Hancko è vicendevole: niente. Al 38’ Calhanoglu calcia il tendine sinistro di Moder, serve il Var ed è la prima svista dell’arbitro: rigore netto. Al 45’, scambio di persona nel giallo: è Smal e non Read. Al 47’ fallo netto di Hugo Bueno su Frattesi, il direttore di gara non dà vantaggio, ferma e non ammonisce. Scelte bizzarre. Al 4’ st, c’è il contatto fra Beelen e Taremi, non “step on foot” ma colpo con la gamba nello slancio: rigore molto leggero ma il contatto esiste. Al 18’, giusto il giallo per Asllani. Al 22’, rigore dato e poi tolto con l’intervento del var: Beelen non fa fallo su Thuram che poi va verso il difendente; Marcus, giallo per simulazione. GLI ARBITRI 5 KRUZLIAK (Arbitro) Fra rigore non visto, rigore dato e tolto, scambio di persona e vantaggio (all’Inter) non assegnato, una serata confusa e raddrizzata un po’ dal Var. 5,5 HANCKO 5,5 POZOR (A)
  18. Intervista a Evelina Christillin Torniamo a Uefa e Fifa. Nella scelta di dimettersi alla scadenza, ha avuto un ruolo la famiglia Agnelli? «Non lo nego. La vicenda della Superlega è stata molto dolorosa per me». Lapo Elkann le diede dell’ingrata: «È grottesca, senz’anima e senza dignità, un’arrampicatrice sociale». «Quella frase ha scatenato reazioni molto aggressive da parte dei tifosi. Per tre mesi mi sono dovuta far scortare. Non potevo più mettere piede allo stadio. Ci sono rimasta male: io Lapo l’ho tenuto in braccio appena nato; andavo a prenderlo al catechismo russo, a Parigi, facendolo uscire prima di nascosto per comprargli un gelato». John lo sente? «No, però viviamo vicini. Se ci incrociamo ci salutiamo». È poi tornata allo stadio? «No, però sono tornata a vedere la Juve, a Bruges. In privatissimo, con quattro amici. Abbiamo una chat che si chiama Super Gobbi, dove ci sono pure Stefano Bonaccini e Andrea Gnassi, ex presidente della Commissione Turismo dell’Emilia Romagna».
  19. andrea

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    Quest'anno vincono le *****e
  20. andrea

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    Non c'era un rigore su Salah nel secondo tempo?
  21. andrea

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    https://x.com/dafiumicino/status/1899569876454306204?t=OV7HjISidyNVi_tTWz1jYA&s=19
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