andrea
Tifoso Juventus-
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[ E. B. A. T. ] Essere Bianconeri a Torino III
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
"URBANO, UN NOME INCISO NEL DESTINO. QUANTI NUOVI SOGNI ED IMPRESE SUL TUO CAMMINO…” https://www.dagospia.com/media-tv/video-flash-l-italia-suo-trump-cairo-urbanetto-si-scatena-festa-435426 -
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Non è che anche voi la sottovalutate? https://x.com/SerieA/status/1924211148536041633?t=ed9CwyFbWdbHBR98Itrykw&s=19
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Alberto Costa, il nuovo terzino portoghese della Juventus
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Cestino
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Cin Tudor non abbiamo ancora vinto in trasferta
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di G.B. Olivero · 17 mag 2025 Nell’estate del 2012 a Chatillon, sede del ritiro estivo della Juve, fu organizzata una partita serale di calcetto tra lo staff di Antonio Conte e i giornalisti al seguito della squadra. Tra i ricordi più intensi di quell’oretta spensierata, l’evidente divertimento di Massimo Carrera. D’altronde a 44 anni era ancora un calciatore professionista in Serie C2 con la maglia della Pro Vercelli: «Il segreto è la passione. L’ultimo anno vivevo a Bergamo e giocavo a Vercelli: facevo avanti e indietro tutti i giorni e trovavo ancora gli stimoli. Mi piaceva confrontarmi con le nuove generazioni, volevo paragonare la mentalità dei ragazzi con la mia, fatta di sacrificio, lavoro, ambizione. Io non ero un fenomeno, ma ho fatto una grande carriera. Ho visto ragazzi che si accontentavano, che non avevano la luce negli occhi indispensabile per arrivare in alto. E allora parlavo con loro, cercavo di dare l’esempio e di trasmettere qualcosa che li aiutasse. Non avrei mai smesso, ma il fisico ha detto stop». ▶ Massimo, il percorso per arrivare alla Juve è stato lungo? «Lungo e lineare. Ho debuttato a 16 anni con la Pro Sesto in Promozione marcando Pierino Prati, che si divertiva a fine carriera nella Padernese. Poi Russi, Alessandria, Pescara con Catuzzi che mi portò a Bari. In Puglia tre stagioni in B e due in A prima della squadra del mio cuore. La realizzazione del sogno di bambino». ▶Era la Juve della restaurazione, post Montezemolo e Maifredi. Che atmosfera si respirava? «L’atmosfera che ti aspetti: alla Juve si avverte sempre l’obbligo della vittoria. Lì ho capito cosa significa il peso della maglia. Il compitino non te lo puoi permettere, anche negli allenamenti c’era agonismo. Erano gli anni del Milan di Capello, difficile conquistare lo scudetto. Però vincemmo la Coppa Uefa disputando alcune grandi partite». ▶ Con Trapattoni faceva il terzino destro, con Lippi si spostò in centro. Uomo o zona era lo stesso? «Trap mi disse subito: “Tranquillo, giochi con il 2”. Nel calcio di una volta significava che mi sarei dovuto appiccicare all’ala sinistra avversaria. Trapattoni chiedeva poche cose, ma chiare e semplici. Con Lippi passammo alla zona e diventai un centrale. Noi della vecchia guardia eravamo avvantaggiati perché sapevamo difendere a zona ma potevamo usare ciò che avevamo imparato in anni di marcatura a uomo. Per me era tutto abbastanza facile, anche perché una volta si prendeva l’uomo nella zona di riferimento. Adesso ci sono concetti diversi, si marca lo spazio. Non tutte le squadre però: alcune difendono come facevamo noi». ▶ Più sorprendente lo scudetto 1994-95 (vinto in campo) o il 2011-12 (vissuto in panchina con Conte), entrambi arrivati dopo una lunga astinenza? «Il secondo, anche perché i grandi nomi in campo non erano tanti. Antonio fu bravissimo a portare la mentalità vincente e a convincere il gruppo che era possibile strappare lo scudetto al Milan. Pure Lippi aveva fatto un gran lavoro dal punto di vista psicologico: quello era il primo campionato in cui la vittoria fruttava tre punti e noi interpretammo bene la novità proponendo un calcio aggressivo. E poi quello era un gruppo di amici, privo di gelosie». ▶ Il trionfo in Champions fu l’ultimo atto in bianconero. Perché in finale non andò nemmeno in panchina? «Scelta tecnica di Lippi. Mi dispiacque, ma da bordo campo tifai come un pazzo. L’estate precedente, proprio per vincere la Champions, il club aveva acquistato Vierchowod: avevo capito che avrei giocato meno, ma mi ritagliai comunque uno spazio importante. A Roma guardai i rigori piazzandomi dietro alla porta». ▶All’Atalanta è stato un leader. «Sette stagioni stupende. Mi calai in un ruolo nuovo, mi dedicai ai giovani, cercai di farli crescere con l’esempio. Bisogna sempre dare tutto: puoi perdere, ma non devi mai avere rimpianti». Con la Juventus da giocatore e poi da tecnico ▶Com’è stata l’esperienza nello staff di Conte? «Bellissima. È stata la mia gavetta. Ho imparato tanto e non le dico la soddisfazione quando in campo i giocatori replicavano quello che avevamo provato in allenamento». ▶Nel periodo della squalifica di Conte e del suo vice Alessio, lei ha guidato la Juve con un bilancio lusinghiero: 7 vittorie e 2 pareggi, coppe comprese. «Inizialmente sembrava che in panchina dovesse andare Baroni, che era l’allenatore della Primavera della Juve. In un’amichevole a Salerno Antonio mi disse che avrei guidato io la squadra. Fu soddisfatto e così proseguimmo. A volte mi faceva dirigere gli allenamenti, per mettermi a mio agio». ▶Perché lasciò Conte proseguendo da solo? «Antonio doveva andare al Chelsea, ma non poteva portare tutto lo staff. A me arrivò la proposta dello Spartak Mosca per entrare nel team di Alenichev. Conte non aveva ancora certezze sul numero dei collaboratori e allora andai. Ma sarei rimasto tutta la vita con Antonio, anche se a Mosca ho vissuto un’esperienza meravigliosa diventando primo allenatore e vincendo uno scudetto che mancava da sedici anni. Mosca è meravigliosa, lì ho ancora amici che mi invitano. Fu bellissimo vedere la città in festa». ▶Adesso cosa fa? «Gioco a padel, guardo le partite, mi godo la famiglia. Se arrivasse qualcosa di interessante tornerei in panchina. Vorrei costruire il gruppo che alleno, ho sempre preso in corsa squadre create da altri. La passione non si spegnerà mai».
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Inter in silenzio stampa 🤡🤡🤡🤡🤡
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Juventus qualificata per le coppe europee 2025/26
andrea ha risposto al topic di TurinGoeba in Juventus Forum
Siamo tutti in piazza con il bandierone -
[ Serie A enilive ] JUVENTUS - UDINESE 2-0 (61’ Gonzalez, 88’ Vlahovic)
andrea ha risposto al topic di PiemonteBianconero in Stagione 2024/2025
Riusciranno i nostri eroi a vincere a Venezia? -
Si prospetta una bella giornata di M***A
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Teun Koopmeiners, l’oggetto misterioso della Juventus
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Il Bologna ha vinto la Coppa Italia dopo 51 anni: battuto il Milan 1-0
andrea ha risposto al topic di TurinGoeba in Archivio Off Juve
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Formula 1 2025: Lando Norris campione per la prima volta
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Altri Sports
La soluzione https://x.com/RidTheRock/status/1923765600595177731?t=g8uyMR0PvYEns0XW-OELKw&s=19 -
Pagare per giocare? «Si sa da anni» Il servizio tv delle Iene su Salvatore Bagni non sorprende gli esperti piacentini: «La colpa è dell’ambizione dei genitori» Redazione Online 15 maggio 2025 Ha scatenato un putiferio il servizio della trasmissione di Italia 1 “Le Iene” con protagonista Salvatore Bagni. Stando alle riprese, pare proprio che l’ex calciatore, oggi consulente di molte società sportive, avesse promesso di poter piazzare un giocatore mai visto in una squadra professionistica, dietro il pagamento di 30mila euro per sé e 20mila per la società o un suo dirigente. A Piacenza, tra gli addetti ai lavori, c’è indignazione, ma non sorpresa. Addirittura a Daniele Moretti, ex gloria del Piacenza in Serie A e attuale responsabile dell’Academy di Quarto che porta il suo nome, scappa un sorriso amaro: « Non ce lo dovevano certo dire Le Iene - commenta - purtroppo sono cose che succedono da sempre, naturalmente in quelle realtà che lavorano in un certo modo. I dirigenti che accettano soldi sbagliano, ma la vera colpa di quei genitori che cercano scorciatoie che non vanno bene per portare i figli qualche anno in una Primavera o in una realtà di un certo livello. Chiuse quelle stagioni, dovrebbero però acquistare delle intere società per farli arrivare in alto o restare almeno in Serie C…». Pulmini e sponsor Pratiche squallide, che proprio nei settori giovanile sembrano trovare terreno fertile. E non c’è bisogno di una busta contenente denaro (quello delle Iene peraltro era chiaramente finto...), anzi. Il papà di un ragazzo tuttora in attività, passato da una Primavera professionistica (non piacentina), svela altri metodi a quanto pare in voga da anni per aiutare la carriera del proprio “campione”: «Alla fine di una stagione - dice chiedendo di restare anonimo per non coinvolgere il figlio - abbiamo scoperto che per le trasferte della squadra erano stati utilizzati pulmini pagati di tasca proprio da un genitore. È stato inevitabile fare il collegamento con il fatto che questo ragazzo fosse quasi sempre titolare nonostante le prestazioni non propriamente esaltanti». Ma anche nel calcio provinciale, non mancano gli esempi negativi: « Non nascondiamoci dietro un dito - aggiunge - ci sono genitori che con la propria ditta fanno da sponsor alla società in cui gioca il figlio. Niente di male, anzi, in molti casi sono soldi che servono per garantire il proseguimento dell’attività. Ma purtroppo a volte c’è dietro dell’altro e la meritocrazia passa in secondo piano. Credo sia frustrante per tutti, in primis per i giovani coinvolti».
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«Per giocare basta pagare»: Bagni nella trappola delle Iene L’ex calciatore promette di portare un ragazzo alla Vis Pesaro e si fa dare 30 mila euro. Ma viene smascherato Di Monica Scozzafava · 15 mag 2025 Imbarazzo e anche un fortissimo disagio. Salvatore Bagni non è riuscito a dissimulare la vergogna, davanti alle telecamere delle Iene che lo hanno appena smascherato (ha preso 30 mila euro per assicurare l’ingresso in una squadra di C a un ragazzino) dice cose all’apparenza senza senso, resta incredulo verso se stesso: si è fidato e gli è andata male. Si infila in auto, bermuda blu e camicia azzurra, e prende letteralmente il largo. Il giorno dopo è quello degli avvocati, del telefono spento o che squilla a vuoto. Ore di riflessione, valutazioni, alla ricerca di una strategia che possa avere una credibilità. Il filmato mandato in onda martedì sera sulle reti Mediaset è squalificante, il «guerriero» promette una spiegazione, appena l’eco mediatico si sarà spento. Guerriero era il suo soprannome quando giocava a calcio (Bagni ha vinto uno scudetto col Napoli, ha giocato con Maradona e conta 300 partite in serie A) un modo di essere che ha mantenuto negli anni. Un combattente per necessità, anche a seguito di vicende personali terribili: ha perso suo figlio Raffaele in un incidente stradale, aveva appena 3 anni. Cosa ha fatto Bagni? L’inchiesta delle Iene è chiara: l’ex mediano gestisce con il figlio Gianluca un’agenzia. Scopre e vende giocatori in tutto il mondo. Viaggiano tanto, sempre pronti a far le valigie e partire. L’inviato delle Iene Luca Sgarbi si è finto il fratello di un ragazzo che ha il sogno di sfondare nel mondo del calcio. Contatta Bagni, chiede come fare a valorizzarlo. Lui, schietto, spiega: «Vediamo calciatori in tutto il mondo, se siamo noi a cercarli li paghiamo. Ma se invece sono i ragazzi a contattarci ci devono pagare». Chiede quale sia il livello di questo ragazzino, incontra nella sua villa di Cesenatico il fantomatico fratello e gli garantisce la squadra. Sarebbe la Vis Pesaro, serie C. C’è un prezzo: 30 mila euro, più 20 mila al direttore sportivo che poi «è mio amico e lo farà giocare titolare». Affare fatto, l’appuntamento successivo è nel parcheggio del centro sportivo della squadra, l’inviato delle Iene prima gli consegna i soldi e poi lo smaschera. La scena è desolante, nulla di quel che accade rende giustizia alla storia professionale — calcistica e non — di Bagni che finge indifferenza, è evidentemente imbarazzato e va via. Il servizio nella puntata di martedì delle Iene ha scatenato un terremoto («per giocare basta pagare», le parole di Bagni sono inequivocabili), la Vis Pesaro ha tutelato la sua immagine con la sospensione del d.s. Michele Menga. Bagni ha interrotto le comunicazioni, lo spettacolo offerto in tv non è edificante per il calcio e per la sua credibilità. I filmati finiranno sotto la lente della Procura.
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Di G.B. Olivero · 14 mag 2025 Non basta correre, bisogna saperlo fare. Ed è importante capire i tempi, le situazioni, gli ambienti, il peso e la specificità delle maglie. Stephan Lichtsteiner è partito da Adligenswil, 5.000 abitanti vicino a Lucerna, ed è diventato lo straniero più scudettato della Serie A. «Ho vinto sette campionati e molti trofei, ma ho anche perso tanto: due finali di Champions con la Juve, una di Europa League con l’Arsenal. Lo sport è così. Da giovane coltivavo i miei sogni, ma mi allenavo duramente per realizzarli mentre prendevo il diploma assicurandomi un eventuale impiego in banca, se con il calcio non fosse andata bene». Invece è andata molto bene, su e giù per la fascia, difendendo e attaccando, in quattro dei cinque campionati più importanti (alla collezione manca solo la Liga), con tanti momenti a cui ripensare anche se Licht non è tipo da stare seduto sul divano a farsi coccolare dai ricordi: «Ho allenato nel settore giovanile e adesso sono sulla panchina del Wettswil-Bonstetten, quarta divisione. Voglio maturare con calma, devo capire se sono capace di fare questo lavoro». ▶ Quando ha capito di essere un bravo giocatore? «Quando alla Lazio Delio Rossi e Reja mi hanno aiutato a migliorare la fase difensiva. Mi aveva scelto Walter Sabatini, fu una bella esperienza. Nel 2009 vincemmo la Coppa Italia ai rigori contro la Sampdoria. Parità dopo i primi cinque tiri. Io calciai il sesto: me la sentivo, mi piace la pressione positiva. E segnai». ▶Arrivò alla Juve nell’estate del 2011, il momento della svolta. Quanto erano massacranti gli allenamenti con Conte? «Molto. Però non è quella la cosa che più mi resta nella mente. Conte ti mandava in campo sapendo tutto: cosa avrebbero fatto gli avversari, cosa sarebbe successo, come reagire a ogni situazione tattica. Avevamo sempre qualcosa in più. Giocare con la Juve è completamente diverso e Conte te lo faceva capire. Ci diceva sempre che per restare nella storia bisogna vincere. Il primo anno all’inizio credeva solo lui di poter fare qualcosa di grande. Noi ci fidammo di Antonio, gli andammo dietro, riuscimmo a reggere lo stress mentale e negli ultimi due mesi eravamo convintissimi di farcela». ▶ Il suo nome resterà per sempre nella storia dello Stadium, grazie a quel primo gol al Parma che mostrò la speciale connessione con Pirlo. «Vero, ma io preferisco restare nella storia per i sette scudetti. Quel gol, comunque, fu importante perché nelle amichevoli estive qualcosa non funzionava e vincere al debutto ci diede fiducia. Con Andrea c’era questo feeling speciale: se scattavo con i tempi giusti, la palla arrivava. Era una cosa naturale, non la provavamo nemmeno tanto in allenamento. E non c’era bisogno che gliela chiamassi, perché Andrea aveva occhi dappertutto». ▶ Quale scudetto si è goduto di più? «Sembrerà banale, ma sono davvero tutti uguali. Certe volte è sembrato che per noi fosse facile, ma non lo è mai perché mentalmente senti di dover vincere per forza. Nel 2015-16 la rimonta fu incredibile: dopo il gol di Cuadrado nel derby cominciò una serie lunghissima di vittorie consecutive. Non fu mica una cosa normale. L’ultimo scudetto, cioè quello del 2017-18, è stato il più sofferto: noi siamo stati bravi, ma non perfetti e il Napoli ci stava addosso. Me lo sono goduto, anche se sapevo che sarei andato via». ▶ Tre momenti meno felici. La finale di Berlino? «Eravamo vicinissimi, dopo il pareggio di Morata potevamo passare in vantaggio. Il pizzico di fortuna che a volte avevamo in campionato non l’abbiamo mai avuto in Europa. Ma non bisogna cercare alibi, piuttosto capire contro chi abbiamo perso le finali: il Barcellona di Messi, Suarez e Neymar, il Real Madrid di Ronaldo. Con tutto il rispetto per altre squadre, non è la stessa cosa». ▶ Il problema al cuore? «Non ho avuto paura. Mi hanno spiegato la situazione, ero in ottime mani e non ho mai temuto di dover smettere». ▶ Le due esclusioni dalla lista Champions? «Scelte tecniche di Allegri, ma in entrambi i casi a gennaio sono rientrato. C’ero rimasto male, ma nella vita le cose negative succedono. Bisogna reagire». ▶Ha mai visto Buffon arrabbiato come al Bernabeu dopo quel famoso rigore? «No, mai. Ma il rammarico dobbiamo averlo per lo 0-3 dell’andata: eravamo forti, non doveva succedere. Poi, certo, resta quella decisione sbagliata dell’arbitro, ma fa parte del calcio. Non era giusto, però si deve accettare». ▶ Perché disse no all’Inter? «Per serietà: amo la Juve e quindi non potevo giocare nell’Inter. Adesso soffro da tifoso, ma presto torneremo a vincere». ▶ Il “4 e a casa” a Lamela durante Juve-Roma? «Non sapevo del gesto simile fatto da Totti anni prima. Lamela continuava a parlare e a insultare, eravamo 4-0 per noi, gli ho fatto presente che era meglio smetterla...». ▶ Cosa le resta dentro degli anni alla Juve? «La mentalità: devi dare il massimo, vinci, ti godi il momento e ricominci subito a dare il massimo inseguendo un’altra vittoria. Ci sono giocatori fatti per la Juve e altri, pur bravi, che non sono fatti per la Juve. Nel primo gruppo ci sono quelli che riescono a gestire lo stress, che hanno la lucidità di andare oltre il momento o il risultato, che sanno lanciare i messaggi giusti ai compagni, che capiscono cosa significa davvero indossare quella maglia, che imparano da chi c’era prima di loro e poi insegnano a chi arriva».
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Calciomercato 2025/26 - Notizie sulle trattative?
andrea ha risposto al topic di Morpheus © in Calciomercato Juventus
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Il Bologna ha vinto la Coppa Italia dopo 51 anni: battuto il Milan 1-0
andrea ha risposto al topic di TurinGoeba in Archivio Off Juve
Delicatissimo -
Formula 1 2025: Lando Norris campione per la prima volta
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Altri Sports
https://x.com/robertofunoat/status/1922659570540798211?t=yUpKPGwzNKmHTeFTPX94EQ&s=19 -
Porta pure sfiga https://x.com/Fabio_Wallys/status/1922623265756856578?t=y-AX8TVN4XU7J2BSPUVgEA&s=19
