
andrea
Tifoso Juventus-
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Il cambio di regolamento https://x.com/Fabio_Wallys/status/1882783364064653793?t=zrIVB5FMI-cbxU57cAsi_w&s=19
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Dusan Vlahovic: altra stagione al di sotto delle aspettative
andrea ha risposto al topic di dal1982 in Juventus Forum
Gli xG tra gli Under 24 nei maggiori campionati europei -
Dusan Vlahovic: altra stagione al di sotto delle aspettative
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Kolo Muani, l'attaccante francese della Juventus
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
Se questo è un bomber: 11 gol in 54 partite con il Psg -
La mia DEA «Ecco lo stile Atalanta parliamo chiaro ai giocatori Così è stato con De Ketelaere gli abbiamo detto: fidati di noi» Di Daniele Dallera Fabio Finazzi e Riccardo Nisoli · 24 gen 2025 Gasperini È arrivato a Bergamo grazie a Preziosi, le tensioni si superano perché ci vogliamo bene Koopmeiners Ha sbagliato, volevamo restasse. Poi ci ha detto che gli dispiaceva, ma questo non cambia nulla Le 800 partite Vorrei rivivere il 3-0 contro il Liverpool e poter rigiocare l’ultima contro il Napoli Il primo assegno, Antonio Percassi, 71 anni, non lo ha staccato ma lo ha ricevuto dall’Atalanta. Prima di diventarne due volte presidente e di raggiungere martedì sera in Champions, grazie alla goleada (5-0) con lo Sturm Graz vista Barcellona, l’invidiabile record di 800 partite e 350 vittorie, è stato, non ancora ventenne, a libro paga del club: arcigno difensore, tutta la trafila nelle giovanili, esordio in prima squadra. «Era un assegno di 700 mila lire. A me sembrava una cifra pazzesca. Presi il pullman per tornare da Bergamo a Clusone, in Val Seriana, dove sono nato. Ero terrorizzato dalla paura di perderlo. Arrivato a casa mia mamma mi gelò: “Cós’ét facc? L’ét robàt?” (cosa hai fatto? L’hai rubato?). Mi fece piangere. Era spaventata. Non parliamo dei miei fratelli, tipici muratori bergamaschi, sani e forti. Come, arriva qui il ragazzino, l’ultimo della famiglia, con tutti questi soldi? C’è qualcosa che non va…». Eh sì, ma il bello doveva ancora venire. Antonio racconta in Sala Albertini, al Corriere della Sera: ha accettato di ripercorrere, in un’intervista collettiva a tutto campo, questa incredibile storia che lo ha portato alla guida della holding Odissea, 12 mila dipendenti in tutto il mondo, e dell’Atalanta, arrivata a vincere e a farsi ammirare in tutta Europa. Al suo fianco il figlio Luca, amministratore delegato del club. Insieme formano un ticket unico, anche nella governance: socio di maggioranza americano, il gruppo di Stephen Pagliuca, e gestione in piena autonomia rimasta nelle mani dei Percassi. Con tanto di scintillante stadio all’inglese appena ristrutturato a km zero: «Ci hanno lavorato solo aziende bergamasche». Ormai Percassi vuol dire Atalanta, come Armani vuol dire moda: siete una griffe. Interviene Luca: «Tutto è cominciato quando fu ceduto al Cesena. Ha conosciuto Luciano Benetton e, giovanissimo, ha smesso di giocare. Se penso a dove è arrivato… Ha fatto cose straordinarie, papà: dove ora c’è Oriocenter, per dirne una, c’erano solo campi incolti». Antonio sorride divertito: «Siccome non ero un fuoriclasse e mi rompevo le scatole a fare il difensore, perché allora con certi avversari dovevi picchiare anche duramente, decisi di fare l’imprenditore. Benetton mi propose di aprire un negozio. Si chiamava Tomato, fu un successone. Anche perché regalai le magliette con la scritta Tomato a tutti i giocatori dell’Atalanta…». Il suo primo esperimento di marketing. Quanto l’esperienza del calciatore ha aiutato quella dell’imprenditore? «Tantissimo: nel settore giovanile c’erano persone che prima di tutto mi hanno educato, avviato alla vita. È lo stesso metodo che usiamo oggi con i ragazzi. Le famiglie che vengono da noi lo sanno e si fidano». Quindi esiste uno stile Atalanta? «Sì. E oggi Luca ne è il principale artefice». Bene Luca, allora ci dica cosa fa quando arriva un calciatore che non capisce lo stile Atalanta. «I principi sono quelli di Zingonia: rispetto e dedizione al lavoro. Vale prima di tutto per i ragazzi, anche se le dinamiche sono sempre più complesse: sono assediati dai procuratori fin da piccoli. Ma vale anche per la prima squadra». Ci faccia un esempio. «Ne faccio uno in positivo: Charles De Ketelaere. Ha avuto un impatto perfetto già dal primo giorno. È arrivato all’alba e fino alle 5 del pomeriggio ha avuto intorno una miriade di agenti e consulenti: ne abbiamo contati 13, una cosa mai vista. Lui stava zitto e ascoltava. Finché gli abbiamo detto: “Charles ti fidi di noi?”. “Sì”. “Allora firma se no non arriviamo mai in fondo”. E lui ha firmato. Ecco, noi abbiamo bisogno di ragazzi così». Con Koopmeiners però non è stato un gran finale… Antonio e Luca, quasi in coro: «Koop ha sbagliato proprio atteggiamento. Pensare che a inizio stagione avevamo l’ambizione di confermare tutti i top. E lui ha scansato perfino la finale di Supercoppa Uefa con il Real. Non c’era bisogno che arrivasse a tanto. Quando abbiamo incontrato la Juve è venuta a dirci che era dispiaciuto. Sì, però gliel’abbiamo detto chiaro: hai sbagliato! È anche un fatto di gratitudine». Gasperini è il miglior interprete dello stile Atalanta? Antonio: «Gli anni parlano per lui, ha battuto tutti i record». Stabiliamo una verità storica: fu veramente sull’orlo dell’esonero il primo anno? «Non era una situazione facile. Perse le prime 4 partite su 5. Aveva contro tutta la città e i tifosi. A un certo punto decisi di parlare alla squadra: “Non azzardatevi a pensare che mandiamo via lui. Lui è qui e continuerà a starci. Vedete di darci retta, altrimenti mandiamo via voi”. Guarda caso vinciamo la partita con il Crotone... E da lì inizia la risalita». Perfetto esempio di sliding doors… «Beh, anche il suo ingaggio fu un po’ particolare. Ci chiama Preziosi e insiste per vederci a cena. Lo portiamo da Vittorio e per tutta la sera non capiamo dove vuole andare a parare. Prima di congedarsi ci dice: ho un allenatore della Madonna da proporvi! Era Gasperini, ancora sotto contratto con il Genoa. Il dubbio ci venne: questo vuole tirarci un pacco. E Pozzo, a cose fatte, ci prendeva in giro: bell’amico Preziosi. Invece lo abbiamo dovuto ringraziare». Ha avuto proposte serie in questi anni? Luca: «La Roma ha avuto ambizioni importanti». E il Napoli? «Mah, è sembrata più un’operazione mediatica». Gasperini, calcisticamente parlando, è un genio, non ci piove. Ma non ha un carattere facile… Ci sono momenti faticosi? Antonio: «Ormai ci conosciamo. Sono situazioni che capitano in una famiglia. Ci vogliamo bene e le superiamo». Luca, sorridendo: «Sì, ma tu hai la fortuna di venire solo il giorno del pre-partita quando è tutto bello, tutto tranquillo…». Antonio, ridendo: «Già e la settimana magari è stata un po’ vivace…». Resterà ancora a lungo. Ma prima o poi dovrete affrontare il «dopo-gasperini». L’idea vi spaventa? Antonio: «No». E Luca chiosa: «In fondo un giorno, è inevitabile, ci sarà anche un dopo-Percassi». Lei è vicepresidente della Lega: com’è il clima? «Io penso che dovremmo puntare a stare più uniti e valorizzare il calcio italiano, secondo solo alla Premier. Tra l’altro possiamo contare sulle eccellenze del Paese più bello del mondo. Sapete che certe squadre, durante il sorteggio Uefa, sperano di venire a Bergamo perché offriamo il catering di Vittorio (tre stelle Michelin, ndr)? Quando è arrivato il Real Florentino Pérez ha detto ad Ancelotti: “Carletto, si mangia da Vittorio”. E lui: “Il miglior ristorante d’italia”. Si è creato una tale empatia con mio papà che Florentino gli ha tenuto la mano stretta tutto il tempo». Mercato di gennaio: se intervenite, in quale reparto? «In attacco, come chiede Gasperini. Ma deve valerne la pena». A fine stagione come farete a trattenere Lookman? «Faremo di tutto. Ma non deve restare controvoglia. In fondo abbiamo sostituito Zapata, Muriel, Gomez...». Presidente, la parola scudetto abbinata alla Dea si può pronunciare? «Io penso che porti pure un po’ sfortuna. Al massimo si può dire: speriamo che…». Certo che 800 partite sono tante: quale, a parte Dublino, vorrebbe rivivere e quale vorrebbe rigiocare? «Vorrei rivivere il 3-0 di Liverpool, una partita fantastica in uno stadio incredibile. Uscendo dal campo i tifosi avversari hanno applaudito a lungo i nostri ragazzi, vi rendete conto? Mi sono detto: ecco, questa è la vera essenza del calcio. La partita che vorrei rigiocare invece è molto recente: il 2-3 con il Napoli. Meritavamo almeno il pareggio. Ma certi errori si pagano… Proprio non mi è andata giù».
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Preso il portoghese Ora assalto a Kelly e rispunta Todibo Domani il difensore del Chelsea farà le visite. Per Thiago un altro centrale: piacciono pure Christensen, Hancko e Danso di Matteo Nava · 24 gen 2025 Un tris infonde una certa fiducia, certo, ma è il poker quello che ti dà la vera spinta per puntare in alto, per essere ambizioso. Dopo Alberto Costa e Randal Kolo Muani - ieri ufficiale -, tra le dita del direttore tecnico ora c’è anche il jolly Renato Veiga, in arrivo dal Chelsea con un prestito secco da 4,5 milioni di euro (ingaggio compreso). Come auspicato in casa Juventus, nella giornata di ieri è andato a buon fine l’affondo decisivo per il terzino-centrale portoghese e nelle prossime ore il 21enne è atteso a Torino: se non ci saranno ritardi, le visite mediche saranno eseguite già prima di Napoli-Juventus di domani (ore 18) e a quel punto dal match successivo Thiago Motta avrà finalmente un uomo in più per dare fiato alla coppia composta da Federico Gatti e Pierre Kalulu. Ormai da settimane e settimane, i due sono costtretti agli straordinari visti i seri infortuni che hanno stroncato le stagioni di Gleison Bremer e Juan Cabal. La mano giusta Il poker, si diceva. Da stratega qual è, il d.t. Giuntoli è ben consapevole che il tempo è un fattore da utilizzare con furbizia e, dopo gli sprint per portare a Torino i primi tre innesti della sessione invernale di calciomercato, ora è il momento di concedersi un profondo respiro mentre si studia lo scenario. La quarta carta vincente che manca ai bianconeri è un altro difensore per ripristinare la necessaria profondità del reparto arretrato, ma con Costa, Kolo Muani e Veiga decade l’urgenza che ha caratterizzato queste prime tre settimane di 2025. Di fatto l’uomo mercato della Signora si prenderà il fine settimana per valutare i candidati alla quarta operazione, proseguirà nei sondaggi e nei contatti e poi la prossima settimana sceglierà su chi stringere. Il nome più caldo resta Lloyd Kelly, che tra tutti è peraltro quello per cui Giuntoli è andato più a fondo nei discorsi con il club che ne detiene il cartellino, il Newcastle. Al momento per il 26enne dei Magpies i bianconeri non possono andare oltre un prestito secco o con diritto di riscatto, ma anche per questa formula ci sono dettagli da definire e cifre da limare. Mentre restano illuminate le strade che portano a Kevin Danso del Lens e a Andreas Christensen del Barcellona, nelle scorse ore è tornato a circolare il nome di Jean-Clair Todibo, tormentone estivo prima dell’arrivo di Kalulu. Fino ad agosto il centrale francese ancora di proprietà del Nizza è stato a lungo corteggiato dai bianconeri fino alla scelta di accasarsi al West Ham United. Dopo cinque mesi la sua esperienza in Premier League non è però ancora davvero decollata - una sola titolarità tra dicembre e gennaio - e così Giuntoli resta vigile. Il gradimento per l’ex Barcellona non è svanito in metà stagione, ma in questo momento - ovviamente - sarebbe un’opzione percorribile esclusivamente in prestito. Da valutare però anche le sue condizioni fisiche, con il club inglese che oggi lo sottoporrà a esami strumentali per valutarne lo stiramento. Fattore C Ovviamente sulle strategie di mercato della Juventus continua ad aleggiare l’ombra del Manchester City, intenzionato a portare in Inghilterra Andrea Cambiaso per soddisfare le richieste di Josep “Pep” Guardiola. Anche per questo motivo è logico un momento di respiro prima del quarto colpo, perché un tesoro - ben più che tesoretto - per il terzino darebbe risorse nuove per il colpo previsto e per l’eventuale sostituto dell’azzurro. Dalla Premier League si parla di un’offerta da 65 milioni di euro e la Juventus valuta il suo jolly 80 milioni, ma qualsiasi sfumatura di aroma tra i due estremi avrebbe comunque l’intenso e seducente profumo delle abbondanti sterline d’oltremanica. A una settimana dal mese di febbraio la rivoluzione bianconera è ancora nel pieno della sua espressione, con i tifosi impazienti di vederne la sua forma definitiva e, ovviamente, anche i frutti. Che magari non abbiano il sapore dei pareggi: ma per questa missione, sabato, Motta dovrà fare a meno sia di Veiga che del famigerato quarto colpo.
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Napoli, secondo scudetto in tre anni
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Archivio Off Juve
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[ UFFICIALE ] Thiago Motta esonerato dalla Juventus
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in L'Archivio Di Tifosibianconeri.com
Annamo bene! https://x.com/CalcioDatato/status/1882384022619169052?t=g5Ff00S0H85gXwZBbbNZIw&s=19 -
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Solo Liverpool e Real possono fermare l'Inter
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Giuntoli, doppia missione: Kelly e Veiga di Fabiana Della Valle INVIATA A BRUGES (BELGIO) · 22 gen 2025 Missione difensore, anzi due. Cristiano Giuntoli è impegnatissimo sul mercato in questi giorni, tanto che ha raggiunto la squadra a Bruges solo per la partita. L’obiettivo è portare a Torino due giocatori entro la fine della sessione. Le trattative proseguono serrate con l’Inghilterra per Lloyd Kelly del Newcastle e Renato Veiga del Chelsea. Giuntoli è stato a Londra per cercare di sbloccare la situazione, ci sono stati passi avanti per l’inglese ma manca l’accordo sulla cifra. Kelly ha il vantaggio di poter giocare sia terzino che centrale, il Newcastle ha aperto al prestito con diritto ma i bianconeri non vogliono superare una certa cifra. Chelsea su Douglas Si tratta anche con il Chelsea per il portoghese e nei discorsi è emerso il nome di Douglas Luiz, che gli inglesi vorrebbero in affitto mentre Giuntoli punta a monetizzare. Non è escluso che i difensori possano arrivare entrambi se per uno dei due si riuscirà a strappare un prestito. Resta in corsa Kevin Danso del Lens. Nel frattempo i bianconeri attendono che si sblocchi la questione Kolo Muani. «Credo che tutto si risolverà a breve - ha detto Giuntoli - stanno facendo gli ultimi documenti, domani al massimo dovremmo esserci». Poi sulle possibili cessioni di Vlahovic e Douglas Luiz: «Non vogliamo fare mercato in uscita, ma implementare la rosa. Per la difesa punteremo su ragazzi che potranno dare una grande ma no. Abbiamo cominciato un percorso, cambiando tanti giocatori, e siamo convinti di tornare competitivi a breve». Danilo al Flamengo Mancano ancora gli ultimi dettagli per la risoluzione contrattuale di Danilo. L’ex capitano, corteggiato dal Napoli, ha scelto la sua destinazione: dopo l’avventura in bianconero tornerà in Brasile per ragioni affettive (non voleva indossare un’altra maglia in Italia): in pole c’è il Flamengo anche se il Santos è in corsa.
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Nico González, la Juventus cerca un acquirente per la cessione
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
Mi ha ricordato Pacione contro il Barcellona- 1433 risposte
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Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta
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E' morto il noto critico d'arte Luca Beatrice https://x.com/mirkonicolino/status/1881742931629142508?t=32130YXNE3HHrKrzl-ZonA&s=19 -
Napoli, secondo scudetto in tre anni
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Archivio Off Juve
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Nefandezze mediatiche e antijuventinismo vario
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
"Il Napoli vince a Bergamo e ipoteca mezzo scudetto e che cosa fa la giornalaccio rosa? Se ne esce con il titolo "DIAVOLO CHE JUVE"! Manco fosse Tuttosport. Urbano Cairo non si smentisce mai: dopo avere trasformato quel che resta del Torino nell'agnello sacrificale della Juventus, nelle vesti di editore è riuscito nell'impresa di trasformare quel che resta della giornalaccio rosa (un tempo la bibbia dello sportivo) in "Hurrà Juve". -
[ Serie A enilive ] JUVENTUS - MILAN 2-0 (59’ Mbangula, 64’ Weah)
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Stagione 2024/2025
https://x.com/andarsofian/status/1880979985290420540?t=-qJGXlSdu_GJDT9TYNVxRw&s=19- 1174 risposte
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Napoli, secondo scudetto in tre anni
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Archivio Off Juve
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LA JUVE FRENA PER TOMORI E CAMBIA OBIETTIVO Il milanista non è convinto, ai bianconeri vengono dubbi Si tratta col Newcastle per il jolly mancino. C’è pure Veiga di Fabiana Della Valle TORINO · 20 gen 2025 Motta a colloquio con Thuram La notte ha portato consiglio e anche qualche nome nuovo per il mercato della Juventus. Dopo la convincente vittoria sul Milan, importante per la classifica ma anche per il morale in un momento molto caldo della stagione bianconera, Cristiano Giuntoli è tornato a concentrarsi sullo shopping invernale, con l’obiettivo di regalare a Thiago Motta due difensori prima della fine della sessione: uno più esperto e l’altro più di prospettiva. Le quotazioni di Fikayo Tomori, il candidato forte degli ultimi giorni, sono date in netto ribasso. La trattativa con il Milan è in una fase di stallo per i tentennamenti del giocatore ma anche perché nel frattempo si è acceso l’interesse per Lloyd Kelly, jolly 26enne del Newcastle. Il difensore è in uscita dal club inglese ed è stato offerto alla Signora, che sta valutando la fattibilità dell’operazione. Resta in corsa anche Kevin Danso del Lens, così come piace Renato Veiga del Chelsea. Dietrofront Tomori Lo scenario è cambiato nelle ultime ore per diversi motivi. Tutto sembrava avviato verso la chiusura dell’affare Tomori, con il Milan disposto a cederlo per una cifra vicina ai 30 milioni e i bianconeri propensi ad accontentarlo, ma la Juventus ha frenato, facendo sapere di non essere più convinta come prima. Il motivo? Prima di tutto la volontà del giocatore, che ha comunicato a entrambi i club di non essere intenzionato a cambiare maglia. Così anche l’interesse di Madama nei confronti del centrale del Diavolo si è raffreddato, anche perché la prova offerta dal milanista all’Allianz Stadium non è stata delle più convincenti. A spingere la Juventus a mollare definitivamente la presa è stata una chiacchierata tra il giocatore e il tecnico bianconero, fatta per sondare le sue intenzioni. Tomori ha ribadito il suo legame con il Milan e la volontà di restare in rossonero, cosa che aveva già fatto con la sua dirigenza, e la Juventus ha scelto di non insistere: Motta vuole solo giocatori convinti e motivati e il club preferisce investire su chi crede nel progetto piuttosto che attendere e provare a convincere chi tentenna. Il jolly inglese In più c’è stato l’inserimento di Kelly, che intriga di più Motta perché può fare sia il centrale sia il terzino. Fisico ed esperienza, il difensore mancino del Newcastle può fare al caso della Signora, che deve sostituire gli infortunati di lungo corso Bremer e Cabal. Il Newcastle lo ha messo sul mercato ma punta a venderlo, la Juventus è disposta a mettere sul piatto un prestito con diritto/obbligo di riscatto ma a cifre più basse rispetto a quelle richieste dal club inglese (intorno ai 30 milioni). Giuntoli lo seguiva già ai tempi del Napoli ed è pronto a imbastire una trattativa con gli inglesi. Kelly è inglese e pur essendo extra Ue può essere tesserato dalla Signora, perché il regolamento consente l’acquisto di un solo calciatore britannico oltre ai due extracomunitari. Tra Danso e Veiga Nel frattempo l’uomo mercato di Madama lavora anche su altri fronti: tra i papabili c’è Danso, difensore austriaco che in estate è stato vicinissimo a giocare in Serie A: il suo trasferimento alla Roma è infatti saltato dopo le visite mediche. Anche in questo caso si parte da un prestito che può trasformarsi in un’acquisizione a titolo definitivo in estate. Occhio anche al portoghese Veiga, più giovane (21 anni) ma con grande margine di crescita. Il Chelsea ha aperto a una cessione ma su di lui ci sono pure diversi club stranieri. I giovani di prospettiva Non uno, ma due difensori: è quello che serve alla Juventus in questa sessione di mercato per rinfoltire la rosa e allungare la panchina, soprattutto in vista dei tanti impegni che attendono i bianconeri in questa stagione (con la coda del Mondiale per club tra giugno e luglio). Per questo si stanno valutando anche giovani che militano già nel campionato italiano da poter prendere in prestito. Operazioni last minute e low cost su cui Giuntoli e i suoi collaboratori stanno lavorando con costanza contestualmente a tutto il resto. Tra quelli che hanno attirato l’attenzione del club bianconero c’è Saba Goglichidze, 20 anni, georgiano dell’Empoli di piede destro che in questa stagione ha collezionato 18 presenze in Serie A. Le stesse di Diego Coppola (più una in Coppa Italia), 21 anni, difensore del Verona che nelle ultime due stagioni ha giocato con una certa continuità. Un altro profilo che piace è quello di Thomas Kristensen, 23 anni, danese dell’Udinese forte in marcatura e nel gioco aereo.
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«Divenni l’eroe della Ddr, ma scappai oltre il Muro Per la maglia di Tardelli rischiai di essere cacciato» Il calciatore che segnò alla Germania Ovest: la libertà è tornata in pericolo Di Walter Veltroni · 25 nov 2024 ” Destino In squadra c’erano spie, ne sono certo. La Stasi controllava tutto. Io lì non potevo più stare, sarei impazzito. La fuga? Fu indescrivibile Tutto accadde al settantasettesimo. Fin lì c’era stato un equilibrio perfetto, si profilava uno zero a zero che avrebbe fatto tirare un sospiro di sollievo ai residui sostenitori della Ostpolitik, quella strategia di relazioni tra le due Germanie di cui Willy Brandt era stato fine e coraggioso tessitore. Scherzando si potrebbe sostenere che Brandt, intuendo nettamente cosa sarebbe avvenuto un mese mezzo dopo, il 22 giugno del 1974, decise di dare le dimissioni il 6 maggio. Non fu in realtà lo scandalo Guillaume, il suo collaboratore che si scoprì essere una spia della Stasi, a decretare la fine del cancellierato di Brandt, ma la previsione del gol di Jürgen Sparwasser, centrocampista offensivo della Ddr, con il quale la Germania Est prevalse su quella dell’ovest in una partita che, pur essendo ambedue le squadre qualificate al girone successivo dei Mondiali del 1974, aveva però assunto palesi significati storici. Riviviamo con le parole di Günter Grass l’impresa di Sparwasser in quel settantasettesimo minuto allo stadio di Amburgo che ammutolì: «Accalappiò il pallone con la sua testa, se lo portò sui suoi piedi, corse di fronte al tenace Vogts e, lasciandosi persino Höttges dietro, lo piantò alle spalle di Maier in rete». Diventò subito eroe nazionale, mito del socialismo realizzato, icona, con la foto del gol, di generazioni severamente educate ai valori del socialismo. Eppure anche lui, l’eroe di Amburgo, nel 1988 decide di mandare tutto all’aria. Aria che era diventata, anzi era sempre stata, irrespirabile. In un Paese in cui c’era una spia ogni cinquantanove cittadini, in cui tutto era sotto l’asfissiante controllo della Stasi, Jürgen Sparwasser decise di fuggire, con sua moglie, approfittando di una partita di Vecchie Glorie che si svolgeva a Ovest. Non fu il solo. Prima di lui Lutz Eigendorf, altro giocatore di fama. Ma per Eigendorf il destino fu diverso. Dopo la fuga, sua moglie fu raggiunta da un uomo che piano piano si infilò nella vita della donna fino a convincerla a rompere il matrimonio. Era un agente della Stasi. Il regime agonizzante non perdonò a Eigendorf un’intervista televisiva critica verso l’est rilasciata proprio davanti al Muro. Si dice che durante una cena fu drogato, messo in macchina e mandato a sbattere contro un palo. Basta andare a Berlino, al Museo della Stasi, per rendersi conto che allora queste pratiche, in nome del comunismo, erano abituali. Sparwasser, lei allora aveva tredici anni. Come fu vissuta la costruzione del Muro? «Fu uno choc, nessuno si aspettava che nel cuore della città fosse eretto un muro di separazione. Il sentimento che regnava all’epoca era di grande ansia. Ci sono stati casi inconcepibili. Cittadini che quel giorno erano andati a lavorare e che non poterono rientrare nella loro casa. Famiglie spezzate letteralmente in due, persone che non poterono rivedere i loro cari per molto tempo. Sentivate la pressione della Stasi? «Il sentimento era quello di un ossessivo, permanente controllo. Sapevamo che membri della Stasi o dei servizi sovietici esercitavano una osservazione costante, bisognava stare attenti a tutto quello che si faceva. Si potevano subire attacchi costruiti ad arte da parte dei membri dell’apparato. L’ossessione del regime era evitare tentativi di fuga a Ovest: era facile essere fermati e costretti a lunghi interrogatori e la catastrofe era se si veniva arrestati. Potevi sparire nel nulla». Ma c’erano spie anche nelle squadre in cui lei ha militato? «Di sicuro ce n’erano, ma non mi interessava. Lo so per certo, ma non ho mai voluto sapere chi fossero. Anche oggi, quando ci ritroviamo, non ne parliamo. E io non voglio sapere chi tra i miei compagni, quelli con cui mi allenavo e giocavo, con cui ho condiviso vittorie e sconfitte, avesse firmato un atto di appartenenza alla Stasi». Sua figlia allora era incinta e dovette restare dall’altra parte... «Sì, venne più volte interrogata e la minacciarono di toglierle la casa in cui viveva. Ha subìto il controllo telefonico e i pedinamenti. La pressione su di lei era forte. Per questo io, dopo la fuga, non ho mai espresso pubblicamente critiche al regime dell’est. Avevo paura per lei. Questo credo l’abbia protetta da rischi di ritorsione. Altri familiari di persone fuggite hanno subìto conseguenze molto pesanti». Lo scambio della sua maglia con Marco Tardelli scatenò un inferno... «Eravamo nel 1977. Una direttiva del regime stabiliva che era vietato scambiarsi le maglie con i giocatori che rappresentavano squadre provenienti dal regime capitalistico. Così avevano deciso. Ma io Marco Tardelli lo conoscevo già e quando lui mi ha chiesto la maglia io non potevo certo dirgli che non potevo dargliela per una circolare governativa. Così l’ho scambiata e tengo la sua con me. Vista la scena, da Berlino fu chiamato subito il capodelegazione. Minacciarono di cacciarmi dalla squadra e di togliermi il permesso di andare all’estero. Poi non se ne è fatto nulla. Non volevano capire che lo sport è lo sport e la politica ne dovrebbe star fuori». Ha mai incontrato Honecker? «No, mai. Credo che le autorità nazionali non si sarebbero mai aspettate che vincessimo quella partita. Al ritorno ci fu grande risonanza del mio gol, divenni un eroe nazionale. Ho avuto però, insieme, fama e problemi. Molte persone erano contro il regime e quel gol era diventato un simbolo della propaganda del partito. Compagni o avversari con i quali giocavo me lo rimproveravano. Ma non era colpa mia. Io avevo solo segnato un gol. Avevo fatto il mio dovere di giocatore, di sportivo». Che fine hanno fatto, nella fuga, i suoi cimeli sportivi? «Qualche maglia l’ho portata con me, per non perdere la memoria. Ma io sono partito non dovendo far capire che sarei fuggito, quindi avendo solo l’essenziale. Ho lasciato una casa, un’auto, la leggendaria Trabant, tutto quello che avevo. Con mia moglie, quando decidemmo di andare via, ci dicemmo proprio questo: che la nostra vita ricominciava da zero. E così è stato». Ci descrive la paura del giorno in cui è fuggito? «È indescrivibile quello che ho provato quel giorno. Sono decisioni dalle quali dipende il destino tuo e di tutta la tua famiglia. Se avessi scelto di restare sarei impazzito. Feci quello che ritenni giusto. Il rischio fu altissimo, ma ero talmente disperato per il nostro futuro e per le prospettive del paese, che alla fine mi risolsi a fare quello che era più difficile, ma più giusto. Sono stati giorni angosciosi, pieni di paure. Ma non avevamo altra possibilità. E questo era il dramma collettivo di quel popolo». Come seppe della caduta del Muro? «In quei tempi allenavo i giovani dell’Eintracht Francoforte. Al termine di una sessione, stavo tornando a casa, sentii alla radio quello che stava accadendo. Ho fermato la macchina per ascoltare quegli eventi che si succedevano con una velocità impressionante. Tanto il Muro era venuto su in breve tempo, tanto in poche ore fu buttato giù per restituire a tutti noi la libertà perduta». Cosa significa per lei la parola libertà? «Libertà è una parola della quale noi, nella Ddr, non conoscevamo il significato, non l’avevamo mai incontrata. La libertà è il piacere di vivere la propria vita, di poter scegliere che strada imboccare, che libri leggere, che pensieri pensare. La libertà è la bellezza di vivere insieme e insieme cercare la felicità. Oggi provo grande paura nel vedere che in molte parti del mondo è tornata la guerra, che tanti esseri umani conoscono l’orrore dei bombardamenti e delle distruzioni. Spero che la diplomazia, e non la forza, riesca a trovare la via per ricostruire la pace. Lo dobbiamo alle nuove generazioni». Come si spiega che in Germania oggi crescono movimenti neonazisti? «L’AFD sta conquistando molto consenso nei lander dell’est ma si sta estendendo anche a Ovest. Questi movimenti proliferano per l’insoddisfazione a livello sociale e per il diffondersi dell’antipolitica. Queste posizioni sono un pericolo, tanto più in vista delle prossime elezioni. Mi auguro che la politica democratica riporti un senso di normalità che è l’antidoto alla politica delle grida e della rabbia».
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Napoli, secondo scudetto in tre anni
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Archivio Off Juve
Ormai è più napoletano di San Gennaro -
https://x.com/DataMB_/status/1880696135666311467?t=ugvZhXgUeYDqewyrbqfXag&s=19
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[ Serie A enilive ] JUVENTUS - MILAN 2-0 (59’ Mbangula, 64’ Weah)
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Stagione 2024/2025
Scandaloso anche che nessuno abbia contrastato Theo Hernandez- 1174 risposte