
andrea
Tifoso Juventus-
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Se il Napoli dovesse perdere, giocherebbe l'Inter-2?
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Di Sebastiano Vernazza · 30 apr 2025 C'era un ragazzo che, nel Friuli degli anni Sessanta, sognava di giocare in Serie A: «A 16 anni ero apprendista alla Marzotto, la grande azienda tessile. Dopo un periodo di tirocinio a Valdagno, Vicenza, mi assunsero come operaio nello stabilimento di San Giorgio a Nogaro, in provincia di Udine: facevamo tappeti per camere da letto e per bagni. Guadagnavo 32mila lire al mese, ma lasciavo tutto in famiglia perché funzionava così». Gigi Delneri viene da lontano, dall’Italia del dopoguerra e del boom economico: «Cultura del lavoro e del sacrificio. Giocavo a pallone nell’Aquileia e, quando la Spal mi chiamò per un provino, allo stabilimento chiesi il turno dalle 6 alle 14, perché il test al campo ce l’avevo alle 15.30. E quando mi dissero: “Va bene, vieni a Ferrara”, domandai alla Marzotto un anno di aspettativa: non sapevo come sarebbe andata a finire». ▶Pochi anni prima, la Spal aveva scelto Fabio Capello e Edy Reja, friulani come lei. «Fabio è di Pieris e io ho sposato una ragazza di Pieris, Daria. Conoscevo bene il papà di Fabio, il maestro Guerrino, uomo di grande spessore: ai suoi studenti trasmetteva cultura e insegnava loro la vita tramite lo sport». ▶ A Ferrara lei conobbe Paolo Mazza, leggendario presidente della Spal allora in Serie A. «Un dirigente formidabile, un secondo padre. Aveva una rete capillare di osservatori, specie a Nordest. Manteneva tutti gli impegni: se il giorno degli stipendi cadeva di domenica, anticipava la paga al venerdì. D’inverno voleva che i suoi giocatori indossassero le mutande lunghe di lana, perché temeva il freddo e l’umidità di Ferrara. Ce le forniva lui e ogni tanto controllava: giù i calzoni, e chi non portava i mutandoni veniva multato». ▶ Che giocatore era Delneri? «Ero un centrocampista, un 8 o un 10, leggevo il gioco con due-tre secondi di anticipo. Prima di ricevere la palla, sapevo a chi passarla. Oggi scorgo qualcosa di me in Calhanoglu. Anni fa, ai tempi del mio Chievo, mi immedesimavo in Corini». ▶ Chi è stato il più forte della sua epoca? «Gianni Rivera del Milan, per distacco. Ai tempi le partite non si vedevano in tv, così ogni volta che lo affrontavo lo studiavo per “rubargli” qualcosa. E poi c’era Luis Suarez della Grande Inter, altro numero dieci meraviglioso. Rivera però...». ▶È mai stato sul punto di firmare per una grande squadra? «Nel ‘75 sembrava fatta per me e Giuseppe Pavone dal Foggia all’Inter. Poi l’Inter prese Pavone (futuro ds, ndr) e basta. Un po’ di rimpianto ce l’ho, ma ho giocato lo stesso in Serie A e va bene così». ▶ Delneri allenatore: a chi si è ispirato? «Per la gestione del gruppo e per il concetto di lavoro di squadra, a Massimo Giacomini, che mi ha allenato all’Udinese. Per il resto ad Arrigo Sacchi». ▶Bearzot e Zoff, Capello e Reja, e poi Delneri: in pochi chilometri quadrati di Friuli, tanti giocatori poi allenatori di successo. «Credo che c’entri l’educazione al lavoro e al rispetto. Siamo gente di frontiera e siamo abituati a rispondere “comandi” a chi si rivolge a noi. Ci hanno cresciuti con il senso del dovere». ▶ Il segreto del suo bellissimo Chievo? «Fuorigioco, pressing, un 4-4-2 che era un 4-2-4 perché sulle ali avevamo gente molto offensiva. Abbiamo anticipato delle tendenze, per esempio le aggressioni uno contro uno di cui tanto si parla oggi. Non voglio passare per presuntuoso, ma l’altra sera, contro il Real, ho visto il Barcellona praticare il fuorigioco che noi facevamo al Chievo». ▶ Lei ha fatto bene anche alla Samp, qualificata nel 2010 al playoff Champions, e all’Atalanta. Non è andata come avrebbe voluto nelle grandi piazze: perché? «Perché al Porto, alla Roma e alla Juve non hanno accettato i cambiamenti che avrei voluto imporre. Al Porto, il presidente Pinto da Costa mi esonerò dopo un mese, in sede, alle tre del mattino. La squadra aveva appena vinto la Champions con Mourinho e a Da Costa non piaceva che volessi lanciare dei giovani come Pepe. Alla Roma, subentrai in un’annata difficile, cominciata con la rinuncia di Prandelli. Alla Juve, ottimo girone di andata e pessimo ritorno per via degli infortuni, su tutti quello di Quagliarella, il nostro goleador. Mi infastidisce che si prenda la mia Juve come pietra di paragone del peggio, io a Torino non ho goduto di certi investimenti economici. Una cosa l’ho capita: chi va alla Juve deve porsi la vittoria come primo obiettivo, il resto viene dopo». Chi è il giocatore più forte che abbia mai allenato? Promemoria: lei ha avuto Totti alla Roma, Cassano alla Samp e Del Piero alla Juve. «Come faccio a scegliere? Parliamo di tre fuoriclasse. Li colloco tutti sullo stesso piano». La risposta diplomatica non vale. «Ribadito che sono stati tre fenomeni, metto Totti davanti: sapeva fare tutto, avrebbe potuto ricoprire qualunque ruolo, se la sarebbe cavata anche in porta. Era completo, strutturato al meglio». Quale “cassanata” può raccontarci? «Guardate che Antonio era ed è un bravo ragazzo. Non si capacitava che gli altri non avessero la sua grandezza tecnica. Faceva tutto facile e per lui tutto era facile, ma per gli altri era difficile. Con me, parcheggiava l’auto a bordo campo, tutto qua». Delneri, a 74 anni si considera in pensione? «In teoria sì. In pratica, non lo so: studio, mi aggiorno. Se mi arrivasse la proposta giusta e importante... Ho ancora un certo fuoco dentro».
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[ Serie A enilive ] BOLOGNA-JUVENTUS 1-1 (9’ Thuram, 54’ Freuler)
andrea ha risposto al topic di PiemonteBianconero in Stagione 2024/2025
Per chi pensasse di andare a fare una gita a Bologna, segnalo che secondo i bookmakers l'1 è il risultato più probabile -
Contro il Verona mancheranno le sovrapposizioni di Inzaghi sulla fascia (dal web)
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https://www.dagospia.com/sport/i-segreti-quel-divino-maranza-lamine-yamal-i-movimenti-433217
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Gli amici di Lissone sul fuorigioco si sarebbero inventati qualcosa
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Nefandezze mediatiche e antijuventinismo vario
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
Decisione presa il Primo Maggio, domani i giornali non escono -
Nefandezze mediatiche e antijuventinismo vario
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
Il turco può riposare in vista del ritorno con il Barcellona -
Nefandezze mediatiche e antijuventinismo vario
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
Squalifiche per l'Inter!!!!!!!!!!!!! La giustizia sportive colpisce duramente!!!!!!! https://www.dagospia.com/sport/inchiesta-curve-inter-milan-inzaghi-calhanoglu-patteggiano-giornata-433137 -
Il Barcellona è ancora favorito per il passaggio del turno Inter 2 Barcellona 1,80
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Voglio vedere chi arbitra la partita di ritorno
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Simpaticissimo il bambino interista del prepartita sul Nove
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Arkadiusz Milik e il recupero che oramai non esiste più
andrea ha risposto al topic di Crimson Ghost in Juventus Forum
https://x.com/GiovaAlbanese/status/1917241807903003063?t=k4EfPjXt0QcCoJm9BMmCzQ&s=19- 948 risposte
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Nefandezze mediatiche e antijuventinismo vario
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
"I suoi amici di Lissone" nemmeno nei peggiori bar di Appiano Gentile -
Mi segno l'avverbio
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Sergio Brio - Calciatore e Vice Allenatore
andrea ha risposto al topic di Socrates in Tutti Gli Uomini Della Signora
Sergio Brio L’ex stopper bianconero racconta: «Ogni settimana era una lotta contro un campione. Ero duro ma sempre leale. Eppure stavo per finire al Calimera, in Prima categoria» Di G.B. Olivero · 27 apr 2025 Stopper. Non centrale, non braccetto, non marcatore. Semplicemente e meravigliosamente stopper. Parola che profuma del calcio di una volta, quello in cui il 5 si appiccicava al 9 e il 2 all’11. Parola che racconta una missione: fermare, in qualunque modo, gli attaccanti. Sergio Brio è stato un grande stopper: «Erano anni bellissimi, in Italia giocavano punte incredibili. Van Basten, Rummenigge, Giordano, Careca, Altobelli e tanti altri: oggi farebbero tutti 3035 gol a campionato. Ogni volta era una faticaccia, non potevi distrarti. E appena riconquistavi la palla dovevi anche saperla gestire: altro che scarponi, gli stopper bravi avevano anche una discreta tecnica». Brio, oggi ambassador della Juve, ha vinto tutte le coppe internazionali (ci sono riusciti in sei) senza mai giocare in azzurro («Ma non è un cruccio. La mia Nazionale è sempre stata la Juve»). Quando parla, ti trasmette una sana nostalgia e anche la gioia di essere stato protagonista di un’epoca forse irripetibile. ▶ Eppure tutto ha rischiato di finire prestissimo, giusto? «Nel 1974 il Lecce mi portò in ritiro con la prima squadra e al ritorno mi vendette per 400.000 lire al Calimera, in Prima categoria. Mio padre, che non sapeva nulla di calcio, mandò un telegramma per rifiutare il trasferimento. Pochi giorni dopo esordii in prima squadra e Vicini mi convocò a Coverciano con la Juniores. Si interessarono la Fiorentina e soprattutto il Milan, ma Boniperti fu più veloce e mi acquistò per 80 milioni. In due settimane dal Calimera alla Juve. Andai in prestito per tre anni alla Pistoiese, ma poi iniziò la mia storia in bianconero». ▶Si fece amare dai tifosi con un gol da centravanti in finale di Coppa Italia nel 1979. «A Napoli contro il Palermo. Eravamo sotto 1-0 fin dal 1’ e Trapattoni mi inserì nella ripresa per fare la punta sfruttando fisicità e colpo di testa. Sulle scalette del sottopassaggio incontrai Boniperti che mi disse: “Spacca tutto, dobbiamo vincere a ogni costo”. Pareggiai a pochi minuti dalla fine e nei supplementari Causio segnò il gol decisivo. All’inizio io ero la riserva di Morini, ma non c’era rivalità: anzi, Francesco mi aiutò tantissimo e oggi mi manca molto. Lo studiavo per imparare». ▶Cosa combinò per far arrabbiare quel cane all’Olimpico nel 1983? «Ahahah... Sfida scudetto, Roma in vantaggio con gol di Falcao, pareggia Platini con una punizione magnifica e nel finale io segno di testa su cross di Michel. Vedo che Galeazzi mi sta cercando per intervistarmi, gli vado incontro e parliamo mentre un poliziotto si avvicina con un cane che aveva il fazzoletto giallorosso al collo. Il cane tira, il poliziotto lo molla e così vengo morso alla coscia. Devo tirargli un calcio per allontanarlo. Nello spogliatoio il dottor La Neve mi medica e poi va a cercare il poliziotto per chiedergli se il cane avesse fatto il vaccino contro la rabbia. L’agente si scusa e garantisce sul vaccino. E La Neve, al volo: “Domani muore il cane, perché Brio non è vaccinato”». ▶Quella Juve era tra le due-tre più forti di sempre. Ma arrivò seconda in campionato e perse la finale di Coppa Campioni. Perché? «Difficile da capire, davvero. Il rimpianto è Atene, quel gol di Magath. Fu una serataccia. Se avessimo battuto l’Amburgo, sono convinto che avremmo vinto due Coppe Campioni di fila. Il gruppo era fortissimo, non a caso nel giro di pochi anni conquistammo tutti i trofei internazionali». ▶ A proposito: lei tirò il primo rigore a Tokyo, nella finale di Coppa Intercontinentale del 1985 contro l’Argentinos Juniors. Come mai? «In allenamento segnavo spesso. Sapevo che, nel caso, sarei stato il primo. La partita era stata durissima. Prima di incamminarmi verso il dischetto incrocio Trapattoni. “Come stai, Sergio?”. “Sono stanco mister”. “Ma come sei stanco? Tu sei il miglior rigorista della Juve. Di solito tira Michel perché ci tiene e perché i tifosi se lo aspettano, ma io farei battere sempre te. E se adesso incroci di forza, segni sicuro”. Grande Trap, mi tranquillizzò. Feci gol e vincemmo. Avevo un grande rapporto con lui. Quando andò all’Inter, un giorno mi chiamò: “Vengo a cena da te”. Si presentò e mi disse: “L’anno prossimo sposto Ferri a destra, Mandorlini a sinistra e tu stopper”. Ma gli dissi no: ero troppo legato alla Juve e a Boniperti che mi aveva aspettato quando mi ero fatto male seriamente nel 1980. All’Inter mi avrebbero dato il doppio. Anni dopo diventai vice di Trapattoni alla Juve e vincemmo la Coppa Uefa nel 1993». ▶Ha giocato con Platini e allenato Baggio e il primo Del Piero. In quale ordine li mettiamo? «Tutti e tre sul piedistallo. Se proprio devo scegliere: Michel, Alessandro, Roberto». ▶ Brio era duro o cattivo? «Certamente duro, cattivo il giusto, leale sempre. Ero molto forte fisicamente e questo mi aiutava. Il centravanti deve avere un po’ di paura dello stopper, fa parte del gioco. Il mio amico Di Gennaro mi ha raccontato che Elkjaer non dormiva la notte prima di affrontare me. E il danese mica era uno piccolo». Gentile-Brio-Scirea o Barzagli-Bonucci-Chiellini? «Non si possono paragonare epoche diverse. Due belle difese, però eh... E Chiellini è stato il mio erede. Prima di lui ho molto apprezzato Kohler e Ferrara». ▶ Sergio, cosa succede alla Juve di oggi? «Serve pazienza. A volte i tifosi non ce l’hanno perché sono abituati bene. Ma il progetto c’è e si deve insistere. C’era la necessità di abbattere il costo degli stipendi, qualche difficoltà è naturale. E’ solo questione di tempo: la Juve tornerà a vincere e l’attuale dirigenza sta facendo un gran lavoro per ridurre l’attesa». -
Altra intervista a Sergio Brio L’ex stopper bianconero racconta: «Ogni settimana era una lotta contro un campione. Ero duro ma sempre leale. Eppure stavo per finire al Calimera, in Prima categoria» Di G.B. Olivero · 27 apr 2025 Stopper. Non centrale, non braccetto, non marcatore. Semplicemente e meravigliosamente stopper. Parola che profuma del calcio di una volta, quello in cui il 5 si appiccicava al 9 e il 2 all’11. Parola che racconta una missione: fermare, in qualunque modo, gli attaccanti. Sergio Brio è stato un grande stopper: «Erano anni bellissimi, in Italia giocavano punte incredibili. Van Basten, Rummenigge, Giordano, Careca, Altobelli e tanti altri: oggi farebbero tutti 30-35 gol a campionato. Ogni volta era una faticaccia, non potevi distrarti. E appena riconquistavi la palla dovevi anche saperla gestire: altro che scarponi, gli stopper bravi avevano anche una discreta tecnica». Brio, oggi ambassador della Juve, ha vinto tutte le coppe internazionali (ci sono riusciti in sei) senza mai giocare in azzurro («Ma non è un cruccio. La mia Nazionale è sempre stata la Juve»). Quando parla, ti trasmette una sana nostalgia e anche la gioia di essere stato protagonista di un’epoca forse irripetibile. ▶ Eppure tutto ha rischiato di finire prestissimo, giusto? «Nel 1974 il Lecce mi portò in ritiro con la prima squadra e al ritorno mi vendette per 400.000 lire al Calimera, in Prima categoria. Mio padre, che non sapeva nulla di calcio, mandò un telegramma per rifiutare il trasferimento. Pochi giorni dopo esordii in prima squadra e Vicini mi convocò a Coverciano con la Juniores. Si interessarono la Fiorentina e soprattutto il Milan, ma Boniperti fu più veloce e mi acquistò per 80 milioni. In due settimane dal Calimera alla Juve. Andai in prestito per tre anni alla Pistoiese, ma poi iniziò la mia storia in bianconero». ▶Si fece amare dai tifosi con un gol da centravanti in finale di Coppa Italia nel 1979. «A Napoli contro il Palermo. Eravamo sotto 1-0 fin dal 1’ e Trapattoni mi inserì nella ripresa per fare la punta sfruttando fisicità e colpo di testa. Sulle scalette del sottopassaggio incontrai Boniperti che mi disse: “Spacca tutto, dobbiamo vincere a ogni costo”. Pareggiai a pochi minuti dalla fine e nei supplementari Causio segnò il gol decisivo. All’inizio io ero la riserva di Morini, ma non c’era rivalità: anzi, Francesco mi aiutò tantissimo e oggi mi manca molto. Lo studiavo per imparare». ▶Cosa combinò per far arrabbiare quel cane all’Olimpico nel 1983? «Ahahah... Sfida scudetto, Roma in vantaggio con gol di Falcao, pareggia Platini con una punizione magnifica e nel finale io segno di testa su cross di Michel. Vedo che Galeazzi mi sta cercando per intervistarmi, gli vado incontro e parliamo mentre un poliziotto si avvicina con un cane che aveva il fazzoletto giallorosso al collo. Il cane tira, il poliziotto lo molla e così vengo morso alla coscia. Devo tirargli un calcio per allontanarlo. Nello spogliatoio il dottor La Neve mi medica e poi va a cercare il poliziotto per chiedergli se il cane avesse fatto il vaccino contro la rabbia. L’agente si scusa e garantisce sul vaccino. E La Neve, al volo: “Domani muore il cane, perché Brio non è vaccinato”». ▶Quella Juve era tra le due-tre più forti di sempre. Ma arrivò seconda in campionato e perse la finale di Coppa Campioni. Perché? «Difficile da capire, davvero. Il rimpianto è Atene, quel gol di Magath. Fu una serataccia. Se avessimo battuto l’Amburgo, sono convinto che avremmo vinto due Coppe Campioni di fila. Il gruppo era fortissimo, non a caso nel giro di pochi anni conquistammo tutti i trofei internazionali». ▶ A proposito: lei tirò il primo rigore a Tokyo, nella finale di Coppa Intercontinentale del 1985 contro l’Argentinos Juniors. Come mai? «In allenamento segnavo spesso. Sapevo che, nel caso, sarei stato il primo. La partita era stata durissima. Prima di incamminarmi verso il dischetto incrocio Trapattoni. “Come stai, Sergio?”. “Sono stanco mister”. “Ma come sei stanco? Tu sei il miglior rigorista della Juve. Di solito tira Michel perché ci tiene e perché i tifosi se lo aspettano, ma io farei battere sempre te. E se adesso incroci di forza, segni sicuro”. Grande Trap, mi tranquillizzò. Feci gol e vincemmo. Avevo un grande rapporto con lui. Quando andò all’Inter, un giorno mi chiamò: “Vengo a cena da te”. Si presentò e mi disse: “L’anno prossimo sposto Ferri a destra, Mandorlini a sinistra e tu stopper”. Ma gli dissi no: ero troppo legato alla Juve e a Boniperti che mi aveva aspettato quando mi ero fatto male seriamente nel 1980. All’Inter mi avrebbero dato il doppio. Anni dopo diventai vice di Trapattoni alla Juve e vincemmo la Coppa Uefa nel 1993». ▶Ha giocato con Platini e allenato Baggio e il primo Del Piero. In quale ordine li mettiamo? «Tutti e tre sul piedistallo. Se proprio devo scegliere: Michel, Alessandro, Roberto». ▶ Brio era duro o cattivo? «Certamente duro, cattivo il giusto, leale sempre. Ero molto forte fisicamente e questo mi aiutava. Il centravanti deve avere un po’ di paura dello stopper, fa parte del gioco. Il mio amico Di Gennaro mi ha raccontato che Elkjaer non dormiva la notte prima di affrontare me. E il danese mica era uno piccolo». Gentile-Brio-Scirea o Barzagli-Bonucci-Chiellini? «Non si possono paragonare epoche diverse. Due belle difese, però eh... E Chiellini è stato il mio erede. Prima di lui ho molto apprezzato Kohler e Ferrara». ▶ Sergio, cosa succede alla Juve di oggi? «Serve pazienza. A volte i tifosi non ce l’hanno perché sono abituati bene. Ma il progetto c’è e si deve insistere. C’era la necessità di abbattere il costo degli stipendi, qualche difficoltà è naturale. E’ solo questione di tempo: la Juve tornerà a vincere e l’attuale dirigenza sta facendo un gran lavoro per ridurre l’attesa».
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[ Serie A enilive ] BOLOGNA-JUVENTUS 1-1 (9’ Thuram, 54’ Freuler)
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Domenica 1 fisso -
[ Serie A enilive ] JUVENTUS-MONZA 2-0 (11' Gonzalez, 33' Kolo Muani)
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