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andrea

Tifoso Juventus
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  1. Praticamente con il Genoa andrebbe in panchina un allenatore esonerato? RIDICOLI!!!
  2. Rossi, il fuoriclasse incompiuto «Quello che sono lo devo a papà» Lo chiamavano Pepito, ha segnato 132 gol e per mille giorni è stato infortunato Di Simone Golia · 20 mar 2025 Rimpianti e addio Mi ha preso Ferguson, mi voleva Guardiola. Sabato saluto il calcio e Firenze con Batistuta e De Rossi Giuseppe Rossi è raffreddato, le figlie gli hanno attaccato un po’ di influenza. In carriera ha segnato 132 gol, 30 le presenze con l’italia e oltre mille i giorni da infortunato. Oggi ha 38 anni, si è ritirato ma sabato, alle 18, giocherà al Franchi di Firenze la sua partita di addio al calcio. Chi ci sarà? «Batistuta e Toldo, Toni e Cassano, poi Grosso, De Rossi, Mario Gomez e non solo. Anche due grandi allenatori come Ranieri e Ferguson». Ferguson? «Mi ha detto subito di sì. Speriamo non faccia come quella volta a Birmingham…». Cioè? «Quarti di Coppa di Lega, 0-0 dopo il primo tempo. All’intervallo mi sgrida. “Devi darti da fare”. Mi sostituisce e dopo 5’ facciamo due gol». Come ci finì al Manchester United? «Un emissario del club si presentò a Parma, avevo 17 anni. Mi chiese di aprire la mano e mi consegnò una spilla con il logo della squadra. Firmai il contratto in un ristorante, con me c’era papà». Dopo ogni gol le braccia al cielo. La dedica era per lui? «Si ammalò nell’inverno del 2009, un tumore. Mamma mi nascose tutto, voleva proteggermi. Ricordo il giorno in cui mi chiamò, crollai a terra. Era inizio febbraio, tornai negli Stati Uniti per salutarlo. Dopo qualche settimana morì. Era il mio eroe». Il primo ricordo insieme? «Lui che torna dal lavoro, sistema i conetti nel giardino della nostra casa di Clifton, nel New Jersey, e io che li dribblo. Tutto quello che sono adesso lo devo a lui». Anche la carriera da calciatore? «A 12 anni lasciai gli Stati Uniti per trasferirmi al Parma. Lui partì con me. Non parlavo bene la lingua, a scuola i ragazzi non erano accoglienti, mi sentivo solo. Piangevo molto, dopo un mese e mezzo venne a trovarci mamma. Ricordo ancora la forza di quell’abbraccio». E papà? «Non volevo fargli vedere le mie difficoltà, ma lui aveva capito tutto. Più avanti mi confessò che aveva tenuto pronte le valigie per un mese e che mi avrebbe voluto bene anche se fossimo tornati in America». Dopo la morte di suo padre segna 35 gol col Villarreal. «Volevo spaccare tutto per realizzare il suo sogno. Guardiola mi voleva al Barcellona, durante la trattativa mi trovavo ad Acquaviva d’isernia, il paese d’origine di mia mamma. Trecento abitanti, il cellulare non prendeva. Giravo per strada con le braccia al cielo in cerca di una tacca. Poi il Barça non trovò l’accordo e prese Sanchez». Fu l’unico treno perso? «Per la Juventus dovevo essere il post Del Piero. Ero in macchina con mio zio, lui che guidava e io dietro che parlavo al telefono con Marotta e Conte. Offrirono quasi 30 milioni ma il Villarreal era appena tornato in Champions e non se la sentì di cedermi». Nel suo momento migliore si rompe il ginocchio per la prima volta. «Infortuni così ti tolgono un anno e io in carriera ne ho avuti cinque. Il dolore è tanto, come il tempo da trascorrere da soli. Il calcio è un mondo falso. Fino al giorno prima mi volevano tutti, poi più nessuno». Oggi gioca la Nazionale. Per lei gioie e dolori. «Nel 2010 Lippi non mi portò al Mondiale. Avevo giocato sempre, qualificazioni e amichevoli. Dopo la morte di papà restai a casa un mese e mezzo e lui non mi ritenne pronto a livello psicologico. Ma è acqua passata, l’ho invitato alla partita di sabato. E poi Prandelli mi tenne fuori da quello del 2014. Non mi vedeva bene fisicamente, però i test dicevano altro». Come ha conosciuto sua moglie Jenna? «A una festa, grazie a un amico. Avevo 25 anni, mi ero fatto male al ginocchio e giravo con la stampella. “Dai, andiamo sulla spiaggia”, mi sollecitò. Zoppicavo, non volevo. Per fortuna alla fine mi ha convinto. L’ho vista lì».
  3. In attacco servono gol Osimhen resta il sogno della nuova Signora Vlahovic verso l’addio, Kolo Muani in bilico Il nigeriano ha già dato la sua disponibilità di Matteo Nava · 21 mar 2025 L’ingaggio Victor guadagna 17,5 milioni lordi, ma i bianconeri possono sfruttare il Decreto Crescita Strada in salita Nessun contatto tra Juve e Napoli, che preferirebbe cedere l’attaccante a un club estero Verona, Empoli, Atalanta, Fiorentina: nelle ultime quattro partite, il piatto degli attaccanti piange. Dal gol decisivo di Dusan Vlahovic a Cagliari dello scorso 23 febbraio, quasi un mese fa, la Juventus non è più riuscita a segnare una rete con le punte. Nei quattro impegni citati il serbo e Randal Kolo Muani hanno sommato ben 450 minuti – 113’ il primo e 337’ il secondo -, ma nessuno dei due ha esultato. Se è vero che la pausa per le nazionali è il momento perfetto per liberarsi dalle tossine e pensare con calma al ritorno della Serie A, allo stesso modo i tre giorni di riposo concessi ai calciatori da oggi a domenica lasciano anche spazio alla dirigenza per fare un bilancio, che nel reparto offensivo è a dir poco negativo. E prelude a una possibile rivoluzione nel prossimo futuro. Un taglio col passato A oggi i centravanti nella rosa di Thiago Motta sono tre, ma per semplicità di analisi si può escludere Arkadiusz Milik che ancora non ha esordito in stagione per l’infinito problema al ginocchio sinistro – operato due volte nel 2024 – e con il quale verrà probabilmente trovato un accordo per una separazione in estate, anticipata rispetto alla scadenza del contratto nel 2026. Ne restano due, quindi, che però nel 20252026 potrebbero essere entrambi altrove costringendo il direttore tecnico Cristiano Giuntoli a una doppia caccia ai sostituti. Anche Vlahovic è in scadenza nel 2026 e dal 1° luglio comincerà a guadagnare 12 milioni di euro netti annui (24 lordi), quanto nessuno in Serie A: una cifra insostenibile per la Signora che – alla luce del suo rifiuto a un rinnovo a cifre ridotte – lo porterà a una cessione in estate. Kolo Muani è invece sia legato al futuro di Motta, che a gennaio lo ha convinto ad accettare il prestito, sia alla qualificazione in Champions League dei bianconeri: senza il pass per la massima competizione europea, la Juventus sarebbe molto meno appetibile per il francese e lo stesso club avrebbe un budget notevolmente minore per intavolare una trattativa con il Paris Saint-Germain. In questo scenario, è logico che in casa bianconera si sia già proiettati all’attacco che sarà. V come Victor Il reparto avanzato della Juventus va quindi rifatto e il grande obiettivo del d.t. Giuntoli è Victor Osimhen, la punta di diamante dello scudetto del Napoli nel 2022-2023. Considerando che il nazionale nigeriano guadagna 17,5 milioni di euro lordi all’anno e che è blindato da una clausola rescissoria da 75 milioni di euro, valida solo per l’estero, l’operazione non è facile. Il più grande fattore di ottimismo per l’uomo mercato bianconero è aver già incassato una sorta di disponibilità di massima del calciatore nigeriano che gradirebbe Torino come destinazione, mentre le criticità sono legate soprattutto al fatto che saranno tanti i club in corsa, con il Psg in prima fila. Al momento non c’è alcuna trattativa tra Juventus e Napoli e sarà tutt’altro che semplice convincere Aurelio De Laurentiis a cedere Osimhen ai rivali bianconeri, ma nel calciomercato può sempre accadere di tutto e il d.t. bianconero Giuntoli non ha intenzione di rinunciare al suo sogno senza provarci. Anche lo stipendio del centravanti attualmente in prestito al Galatasaray è pesante, ma il 26enne di Lagos beneficia ancora degli effetti del Decreto Crescita e quindi il suo ingaggio rappresenta un nodo secondario, non insormontabile.
  4. https://x.com/f_bamba/status/1902695984917782863?t=GFlZdPPFXlCBf58aJfnPsw&s=19
  5. https://www.dagospia.com/media-tv/la-kings-league-e-orrore-aldo-grasso-stronca-torneo-calcio-creato-da-428465
  6. Dagospia FLASH! COSA CI FACEVANO IERI SERA A CENA AL "THE WILDE" A MILANO IL PRESIDENTE DELLA FEDERCALCIO GRAVINA CON IL PRESIDENTE DELL'INTER MAROTTA, IL RESPONSABILE DELL'UFFICIO LEGISLATIVO DELLA FIGC VIGLIONE E L'AVVOCATO DEL CLUB NERAZZURRO ANGELO CAPELLINI? AH, NON SAPERLO MA GLI JUVENTINI SARANNO CONTENTI...
  7. Dagospia FLASH! COSA CI FACEVANO IERI SERA A CENA AL "THE WILDE" A MILANO IL PRESIDENTE DELLA FEDERCALCIO GRAVINA CON IL PRESIDENTE DELL'INTER MAROTTA, IL RESPONSABILE DELL'UFFICIO LEGISLATIVO DELLA FIGC VIGLIONE E L'AVVOCATO DEL CLUB NERAZZURRO ANGELO CAPELLINI? AH, NON SAPERLO MA GLI JUVENTINI SARANNO CONTENTI...
  8. andrea

    Sergio Brio

    «Il Trap mi diceva che i rigori li sapevo tirare meglio di Platini Quante botte e insulti con Pruzzo, ora siamo diventati buoni amici» Sergio Brio: io un picchiatore? Fui espulso solo una volta Venni morso in campo da un cane poliziotto romanista di Luca Bergamin · 20 mar 2025 Sergio Brio, lei è uno dei sei soli giocatori viventi ad avere vinto tutte le massime competizioni per squadre calcistiche di club. E adesso, a 67 anni di età, è tornato sui banchi di scuola. Perché? «Dopo la carriera di calciatore professionista, quella di allenatore e venti anni da commentatore televisivo, mi sono messo a studiare per diventare mental coach. Mi sono accorto, infatti, di essere portato per coniugare i concetti di leadership, spogliatoio, aiuto reciproco alla vita aziendale. Io non ci penso proprio a fare il pensionato, sono uno che non molla mai. Non mi reggevo più in piedi e ho scelto di farmi mettere due protesi alle cartilagini delle ginocchia contemporaneamente, nel corso di una sola operazione». Arti usurati? Non era lei quello che nella Juventus, insieme con Claudio Gentile, dava le botte? «Le botte negli anni Ottanta e Novanta si davano e prendevano, era un calcio più fisico e più tecnico di quello odierno. Potrebbe sembrare un paradosso ma è così». Brio, quale rapporto avrebbe avuto con la Var, la Video assistant referee? «Avrei cambiato il metodo di marcare e comunque con il libero dietro lo stopper, non eri mai l’ultimo uomo prima del portiere, mentre adesso si sta tutti in linea. In ogni modo io sono stato espulso una sola volta, contro il Napoli per una presunta gomitata rifilata a Salvatore Bagni. Non lo avevo toccato. Il presidente Boniperti mi disse che ero caduto nel tranello del centrocampista partenopeo». Ci si reclama sempre innocenti, poi invece se ci fosse stata la Var già allora... «L’avvocato Chiusano studiò le immagini televisive, come se avesse una sua Var, fece ricorso ed ebbi una giornata di sconto sulle due di squalifica che mi erano state comminate. Comunque dagli spalti, in cui mi ero seduto dopo l’uscita dal campo, assistetti a una magica rete di Maradona all’incrocio dei pali». A Brio stinco di santo non crede nessuno nemmeno dopo trenta anni. «Non lo ero, però non ero nemmeno un picchiatore. Anche Franco Baresi che passava per un difensore dallo stile perfetto si aiutava con tutti i mezzi possibili per fermare gli attaccanti. La forza fisica è una cosa, la cattiveria un’altra». Le piace il calcio di oggi? «Sinceramente, davanti allo schermo mi addormento, queste partite sono alquanto noiose. Mi viene sempre da ripensare a quando Boniperti sostituì in un colpo solo Capello e Anastasi con Boninsegna e Benetti perché voleva giocatori più coriacei». Altre differenze che fanno pendere la bilancia dalla parte del suo calcio anni Ottanta? «Per noi la società di calcio veniva prima di tutto, la maglia era sacra, i calciatori arrivavano dopo. Adesso prevale un individualismo esasperato». Qual è l’attaccante che a lei invece non perdonava nulla? «Van Basten per me è stato il più grande di tutti. Era bravo sia di destro che di sinistro, non si faceva mai anticipare. Dopo quindici minuti di partita mi dicevo: “Sergio, questo non lo fermerai mai”. Non ero in grado di capire se convenisse spostarlo da un lato all’altro in base al piede meno talentuoso come si faceva di solito». Anche «Spillo» Altobelli la fece ammattire parecchio. «Un’estate ero a Forte dei Marmi con la famiglia. Non esistevano i telefonini, solo un apparecchio fisso nel chiosco dei gelati lontano trecento metri dal mare. Vedo il bagnino venirmi incontro per avvertirmi che Boniperti desiderava parlarmi. In quel tragitto fui attraversato da cattivi pensieri perché il Presidente di solito chiamava solo per comunicarti che ti aveva venduto. Alzai la cornetta e lui mi disse: “Sergio, ho preso Altobelli così non ti segna più davanti agli occhi...”». Anche lei è stato un bomber, ha segnato 24 reti da professionista. «Sono di più se aggiungiamo la Coppa Italia e la finale della Coppa Intercontinentale a Tokyo, in quella gara marcai Borghi destinato al Milan. Mi ricordo ancora il percorso di avvicinamento al dischetto, quelli sono momenti in grado di cambiare una carriera, una vita. Sbagli un rigore e lo rivedi nella testa finché campi». Avere Gaetano Scirea alle spalle voleva dire dormire sonni più tranquilli? «Un giocatore semplicemente perfetto. Un uomo taciturno, serissimo: quando parlava, però, tutti si zittivano. La sua tecnica era finissima. Non venne mai espulso». Scirea-Brio sono stati più forti di Baresi-Costacurta? «Io non posso dirlo. Ho le mie idee in merito...». Lei aveva più tecnica e forza di Billy, almeno questo si può dire? «Idem come sopra. Io ho avuto la fortuna di incrociare il mio destino con quello di Giovanni Trapattoni che, tornando ad esempio alla finale della Coppa Intercontinentale, ebbe il coraggio di dirmi che ero il rigorista più bravo, addirittura più di Michel Platini. Il Trap ti trasmetteva una fiducia pazzesca in te stesso, bastava averlo in panchina e tu davi il doppio». Ci racconti la sua infanzia leccese fiabesca. «I miei genitori erano entrambi parrucchieri, vivevamo di fronte al Convitto Palmieri, dove adesso c’è il museo dedicato a Carmelo Bene. Trascorrevo tutte le ore della giornata a giocare a pallone tra le colonne di quel porticato in stile neoclassico. Per mia fortuna, sopra la nostra casa, abitava il portiere del Lecce che mi raccomandò ai responsabili del settore giovanile, lo stesso in cui si era formato Franco Causio». Anche un telegramma di suo padre le ha segnato la carriera. «A 17 anni mi avevano già ceduto per 400 mila lire al Calimera in Prima Categoria, però papà mandò una lettera per bloccare il trasferimento. Poco dopo mi fecero esordire in serie C, Azeglio Vicini mi convocò nella selezione giovanile, e da lì tutti mi volevano. Soprattutto il Milan era insistente. Ho avuto una botta di fortuna, quell’anno ero ripetente a scuola. Sarei diventato contabile. Invece nell’arco di poche settimane mi ritrovai ad allenarmi con i giocatori che collezionavo nelle figurine». Racconti la firma dei contratti con Boniperti. «In un giorno, durante il ritiro di Villar Perosa, faceva firmare praticamente a tutti un contratto in bianco, nel quale la cifra non era indicata. Si entrava a turno in una stanzetta convertita a ufficio, talmente invasa dal fumo che quasi non riconoscevi il viso del Presidente. E poi lui ci consigliava di sposarci presto ma al tempo stesso raccomandava alle nostri mogli di essere sessualmente morigerate nei nostri confronti. Io feci subito un figlio». Lei è stato l’unico calciatore della storia a venire azzannato da un cane poliziotto a Roma. «Sotto di un gol, pareggiò Platini e poi segnai io. Mentre stavo guadagnando la via degli spogliatoi, Prandelli mi avvisa che Giampiero Galeazzi voleva intervistarmi. Sotto la curva sud allora c’erano gli spogliatoi, con un tendone sopra per proteggere gli atleti dal lancio di oggetti. Mi si avvicina un poliziotto con un cane che portava al collo un fazzoletto giallorosso. Lo vedevo che tirava verso di me, ma il poliziotto lo teneva per il guinzaglio. A un certo punto, lo lascia andare. Io avevo appena fatto a scarpate in campo con Pruzzo e ho dovuto rifilarne anche a quell’animale che nel frattempo mi aveva morsicato facendomi sanguinare. Poi il medico sociale dovette cercare il militare per verificare se avesse fatto l’antirabbica altrimenti avrei dovuto saltare l’imminente match con l’Aston Villa per l’assunzione del vaccino contenente sostanze vietate dall’antidoping». Con Pruzzo siete stati protagonisti di duelli rabbiosi. Era proprio odio il vostro? «Lui era un giocatore che rimproverava anche i suoi compagni se non gli passavano la palla. Prendeva a male parole anche me. Scontri duri, epici. Adesso siamo amici».
  9. Senza Champions cambierà tutto Yildiz, Cambiaso e prestiti a rischio Non solo Vlahovic: se fallirà il 4º posto il club dovrà cedere i gioielli Si allontanano Kolo Muani e Conceiçao di Fabiana Della Valle TORINO · 19 mar 2025 L’estate scorsa è stata rivoluzione, con 9 giocatori arrivati alla corte della Signora (a cui se ne sono aggiunti altri 4 a gennaio). La prossima si rischia il bis, più per necessità che per volontà. Tutto dipenderà dal piazzamento finale: nei piani della Juventus a fine stagione basterà aggiungere due-tre giocatori di ottimo livello per aumentare il livello di competitività e tornare a sognare lo scudetto, ma lo scenario è destinato a cambiare drasticamente nel caso in cui la squadra fallisse la qualificazione alla prossima Champions League. In ballo ci sono 60 milioni che sono vitali per il club, anche per impostare la prossima annata. Senza Europa più importante si rischia di andare incontro a un ridimensionamento significativo, con cessioni illustri per sostenere il mercato in entrata e riscatti molto più difficili. Sacrificio Yildiz In cima alla lista dei partenti c’è Dusan Vlahovic: l’attaccante serbo ha il contratto in scadenza nel 2026 e non ha intenzione di rinnovarlo. La Juventus non può permettersi di perderlo a zero e gli ha già fatto capire con i fatti (mettendolo ripetutamente in panchina) che senza prolungamento finirà fuori dal progetto. A maggior ragione senza Champions, con uno stipendio da 12 milioni già difficilmente sostenibile adesso, che diventerebbe impossibile senza gli introiti garantiti dalla competizione più importante. L’attacco è il reparto dove si rischia di cambiare di più, perché senza Coppa Kenan Yildiz diventerebbe ancora più sacrificabile. Il numero 10 turco sta bene a Torino e non vorrebbe andarsene, ma il club potrebbe essere costretto a utilizzarlo per fare cassa, essendo uno dei giocatori con più mercato: Yildiz è arrivato a zero e sarebbe una plusvalenza pura per la Signora, che conta di incassare 70-80 milioni. Infine Arek Milik, ancora ai box dopo l’infortunio estivo: per lui zero minuti finora e un contratto fino al 2026, difficile immaginare che il club punti su di lui. Diversa la situazione di Randal Kolo Muani, che è in prestito: l’idea iniziale di Giuntoli era quella di provare a trattenerlo con un nuovo prestito con riscatto nel 2026, ma senza Champions la Juventus diventerebbe molto meno appetibile per il francese e il club farebbe fatica a impegnarsi per un riscatto da 40-45 milioni. I prestiti Kolo non è il solo in questa situazione: in prestito sono arrivati anche Francisco Conceiçao (dal Porto), Renato Veiga (dal Chelsea) e Pierre Kalulu (dal Milan) e il terzo è quello che ha più possibilità di essere riscattato (cifra fissata a 14 milioni più bonus) a prescindere dal piazzamento finale. La mancata Champions rimetterebbe in discussione anche l’acquisto di Conceiçao, che sembrava cosa fatta: 30 milioni diventerebbero un investimento impegnativo. Quanto all’ultimo arrivato Veiga, dipenderà dal rendimento e dalla richiesta del Chelsea. Cambiaso e i flop Oltre a Yildiz, tra i sacrificabili c’è Andrea Cambiaso, già a gennaio corteggiato dal City, altro giocatore che potrebbe portare nelle casse bianconere un bel gruzzoletto (circa 60 milioni): senza Champions diventerà impossibile trattenerlo. A rischio ci sono anche alcuni acquisti estivi che hanno deluso le aspettative: primo tra tutti Douglas Luiz, acquistato per 50 milioni dall’Aston Villa. La Juventus proverà a trovare acquirenti in Premier, dove ha avuto un rendimento sicuramente migliore. Stagione flop anche per Nico Gonzalez, 33 milioni pagati alla Fiorentina tra prestito e obbligo di riscatto: come Douglas potrebbe partire, mentre Teun Koopmeiners nonostante le tante prestazioni negative è considerato un investimento da proteggere e su cui insistere. Sotto osservazione Lloyd Kelly, arrivato dal Newcastle a gennaio per una ventina di milioni: con i rientri di Bremer e Cabal senza il doppio impegno in difesa non potranno restare tutti.
  10. https://www.ilnapolista.it/2025/03/pigi-battista-entro-in-sciopero-juventus-finche-ci-sara-thiago-motta-giuntoli-e-un-incompetente-deve-andarsene/
  11. https://www.dagospia.com/sport/stampa-elkann-editoriale-tranchant-marco-tardelli-rifila-calcione-thiago-428189
  12. https://www.dagospia.com/sport/elkann-si-e-rotto-balle-giuntoli-motta-pensa-dare-ruolo-dg-chiellini-vuol-428172
  13. "Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?". Ha scelto una famosa citazione di Cicerone il CEO di Tether Paolo Ardoino per commentare la disfatta della Juventus contro la Fiorentina, arrivata questa sera a una settimana di distanza da quella altrettanto rovinosa patita contro l'Atalanta.
  14. Anche La Stampa scarica Motta https://www.dagospia.com/sport/thiago-motta-avrebbe-dovuto-dimettersi-come-fece-lippi-stampa-elkann-428065
  15. Momblano dice che l'idea di Giuntoli per il prossimo anno è Pioli
  16. https://x.com/JuventuSenegal/status/1898911746900848956?t=o3yLktCR3LhmkAKohxGqpw&s=19
  17. IL POST MOTTA? UNA SIGNORA... ON FIRE TRA GASP E CONTE Thiago sa che potrebbe non bastargli il 4°posto per la conferma: l’emiliano ha giocato nella Juve di Platini e guidato il Milan allo scudetto Di Filippo Cornacchia TORINO · 13 mar 2025 In pole position L’ex rossonero è un armonizzatore e ha nostalgia dell’Italia, può lasciare l’Arabia grazie a una clausola Il passato nella Juventus di Michel Platini e lo scudetto vinto nel 2022 alla guida di un Milan giovane e tutt’altro che favorito. Una Signora “on fire” è molto più che un’idea per il futuro. Stefano Pioli parte da più lontano di tutti, dall’Arabia Saudita, ma sembra tentare ogni giorno di più. La corsa alla sempre più probabile successione di Thiago Motta, a cui potrebbe non bastare il quarto posto per la conferma, sta diventando una sorta di “Gran premio juventino”. Tra i trofei di Antonio Conte, vincente tanto da capitano quanto in panchina, e il dna di Gian Piero Gasperini, cresciuto nel vivaio bianconero e poi maestro delle giovanili, salgono le quotazioni del tecnico di Parma, che nel suo curriculum può vantare anche la staffetta con Gaetano Scirea nella finale di Coppa Intercontinentale del 1985. Pioli, attualmente impegnato con l’AlNassr di Cristiano Ronaldo, conosce la Juventus e l’ha vissuta da dentro, ritagliandosi spazi qua e là (57 presenze in 3 stagioni) tra i campioni degli anni ottanta. Conoscere l’ambiente è tutt’altro che un dettaglio, anzi, ma siccome si parla di allenatori – e non di guide per il J Museum – ovviamente sono anche altri i motivi alla base della candidatura di Pioli. L’ex difensore ha esperienza nei grandi club (ha allenato Inter e Milan) e in questi anni ha saputo ottenere il massimo tanto dai talenti (basti pensare ai primi Leao a Theo) quanto dalle star alle prese con gli ultimi balli: da Ibrahimovic e Giroud al Milan fino a CR7 in Arabia. Pratico e pragmatico, ma allo stesso tempo moderno. E soprattutto carismatico e già vincente in panchina. Al Milan sono diversi i giocatori che lo hanno rimpianto negli ultimi mesi. Un po’ normalizzatore e un po’ armonizzatore degli spogliatoi in cui ha lavorato. Nostalgia dell’Italia Pioli è ripartito dall’Arabia perché l’offerta economica era di quelle irrinunciabili e perché sentiva l’esigenza di una avventura all’estero prima di poter vivere una nuova esperienza su una panchina italiana diversa da quella rossonera. «Voglio portare l’Al-Nassr alle Final 4 di Champions – ha raccontato alla giornalaccio rosa a gennaio - e provare ad alzare la coppa. Ci siamo posti l’obbiettivo di tornare a vincere dopo un po’ di tempo. Abbiamo gettato le basi, se l’anno prossimo vincerò, resterò. Altrimenti, vedremo. Sono entrato nell’anno dei 60, ma mi sento un ragazzo...». Dopo un avvio sprint in campionato, adesso l’Al-Nassr è quarto in classifica, dieci punti sotto l’Al-Ittihad di Karim Benzema. Alla distanza dalla vetta si somma quella per l’Italia: la nostalgia è sempre più forte. In Arabia vorrebbero trattenerlo, ma fin dal primo giorno sono consapevoli della situazione: il contratto prevede una clausola di uscita a favore dell’emiliano. E l’ex milanista, a differenza di Conte (ora al Napoli) e Gasperini (Atalanta), allenando all’estero non avrebbe nemmeno bisogno di una deroga per guidare la Juventus già a partire dal Mondiale per Club di giugno-luglio. L’Arabia sarà rappresentata dall’Al-Hilal — e non dall’Al Nassr di CR7 – ma Pioli in caso di ribaltone potrebbe trovarsi comunque negli Usa. Conte e Gasp Tutto (o quasi) dipenderà dal finale di Thiago Motta, concentrato sulla Fiorentina e sulla corsa Champions ma ben consapevole che eliminazioni (Psv e Supercoppa) e umiliazioni (Empoli e Atalanta) potrebbero pesare anche più del quarto posto, e da eventuali sorpassi o controsorpassi degli altri candidati. Soprattutto Conte e Gasperini, tuttora in corsa.
  18. andrea

    EL PENTAPLETE

    🤔 https://x.com/TimelineCR7/status/1899957876028055732?t=xUGDqBQhclbNIC7bBc1DOQ&s=19
  19. andrea

    EL PENTAPLETE

    Masterclass di c**o ancelottiano
  20. andrea

    EL PENTAPLETE

    Ci vuole il proverbiale c**o ancelottiano per passare il turno
  21. andrea

    EL PENTAPLETE

    Quote passaggio turno Inter 2,25 Bayern 1,65
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