
andrea
Tifoso Juventus-
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L'algoritmo ha scelto lui
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La società non è minimamente interessata al Mondiale Lasciamo il posto al Napoli
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tabella marcia cl Confronto col 2023/2024 e tabella di marcia per la qualificazione in CL
andrea ha risposto al topic di Platini © in Juventus Forum
La stagione della Juve un po' di dati https://x.com/a_crosta/status/1927302255633449216?t=nTylsB-va3RGyhxhSWxjOA&s=19- 345 risposte
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sondaggio Damien Comolli, il direttore generale della Juventus
andrea ha risposto al topic di Maethjü in Juventus Forum
Miglior piazzamento in campionato il sesto posto con il Liverpool https://x.com/ngigneGra/status/1928393304166498414?t=sf-GCthM4INx6yNGlFgnww&s=19 Arrivare quarti sarà un'impresa -
prossimo allenatore Chi vorreste oggi alla guida della Juve
andrea ha risposto al topic di Platini © in Juventus Forum
Voglio vedere quanto tempo ci metteremo a scegliere l'allenatore -
Non e che il PSG è una squadra spagnola?
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Van de Korput https://ilnobilecalcio.it/2021/09/04/van-de-korput-il-suo-cognome-scateno-della-facile-ironia/
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Igor Tudor sarà l'allenatore della Juventus anche per la prossima stagione
andrea ha risposto al topic di Morpheus © in Archivio Calciomercato
Con questa società ectoplasmatica ci serviva Conte Adesso teniamoci Tudor, ma il problema è la società- 3987 risposte
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Igor Tudor sarà l'allenatore della Juventus anche per la prossima stagione
andrea ha risposto al topic di Morpheus © in Archivio Calciomercato
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«L’Heysel? Ho ancora i brividi Così all’alba con De Michelis riportammo a casa gli italiani» Brunetta: pensavo che Gianni fosse morto, poi quel volo con 80 feriti Di Giovanni Viafora · 29 mag 2025 «Mi vengono ancora i brividi. Pensavo fosse un gioco di appuntamenti saltati, divenne l’inizio di un incubo». Renato Brunetta, oggi presidente del Cnel, era a Bruxelles quel 29 maggio 1985, la notte della strage dell’heysel: 39 morti (32 italiani), 600 feriti. Una piaga mai rimarginata. Era con Gianni De Michelis, allora ministro del Lavoro. Professore, cosa facevate là? «Eravamo in città per il semestre europeo di presidenza italiana. Gianni presiedeva la riunione dei ministri del Lavoro. Io ero il suo consigliere economico. Una giornata intensa, poi c’era quella partita come diversivo. Io non sono un grande tifoso, ma sa...». De Michelis andò allo stadio prima di lei? «Sì. Finita la parte formale, toccava a noi sherpa scrivere il documento finale in tre lingue. Gianni mi disse: “Vado, raggiungimi al secondo tempo”. Io restai. Lavoravamo con il bianchetto e la macchina da scrivere. Era un lavoro certosino, ma anche una routine collaudata. Il clima era quello del dovere che si compie, al servizio del proprio Paese». Poi? «Salgo in macchina, la radio trasmette notizie confuse. Vedo gente che corre per strada. Il tassista suggerisce di lasciar perdere. Mi convinco: tanto la partita stava finendo. Ero affamato, andai al ristorante. Dovevamo trovarci tutti lì dopo il match. Una tavolata prenotata in un locale elegante del centro, dovevano esserci nomi importanti: Kissinger, Agnelli, diplomatici, giornalisti. Nessuno però arrivava. Io, nell’attesa, divorai tutti i grissini, da solo». Quando ha capito che non era un semplice ritardo? «Alle 23.30, poi mezzanotte, ancora niente. Torno in albergo, chiedo al portiere com’è finita la partita. E lui: “Ma si vergogni, con quello che è successo!”. Lì capii. Rimasi pietrificato. Era tutto il giorno che non toccavo cibo, che non dormivo. In quel momento ho sentito la fatica più grande: quella della coscienza che si sveglia bruscamente». E De Michelis? «Nessuna notizia. Provo a chiamarlo, nulla. Provo l’ambasciata, nulla. Temo il peggio. Era l’epoca in cui non esistevano i cellulari. Verso le tre, tre e mezza, finalmente mi chiama. Anche lui era in ansia: pensava che fossi io il disperso. Ci abbracciammo nell’arresto”. la hall dell’albergo. Era stravolto, aveva gli occhi lucidi e il tono rotto». Che cosa le raccontò? «Che aveva visto tutto. Che si era trovato in mezzo a scene da incubo. Mi disse che a un certo punto, vedendo la polizia belga paralizzata, aveva tentato di dare ordini, indicazioni. Di aiutare. Ma un ufficiale lo minacciò: “O sta zitto o Allora si qualificò. Era Gianni: deciso, intelligente, pronto all’azione. Non ho dubbi che così salvò delle vite. Molti tornarono a casa anche grazie a lui». Nella sua ultima intervista prima di morire, rilasciata proprio al Corriere, Francesco Merloni di Ariston disse che si trovò negli spogliatoi con Boniperti e De Michelis. Boniperti non voleva giocare. «Ci fu un conflitto. La gestione della polizia belga fu becera. La peggiore polizia del mondo. E c’erano carenze spaventose in quello stadio». Come furono le ore dopo? «Durissime. Ci svegliammo all’alba. Gianni organizzò subito un giro negli ospedali. Voleva vedere i feriti italiani, portare conforto. Li ricordo come fosse ora: teste fasciate, occhi persi, corpi senza scarpe. La calca aveva strappato tutto. Alcuni ci guardarono con riconoscenza, altri con dolore muto. Poi Gianni ebbe un’idea illuminante». Quale? «Eravamo arrivati a Bruxelles con un aereo militare, che ci aspettava per il rientro. Disse: usiamolo per riportare a casa i feriti che possono viaggiare. Tanto noi eravamo in tre. Fu tutto organizzato in poche ore. Arrivarono ambulanze, auto. Aiutammo a farli salire. Alcuni piangevano, altri sorridevano. Era commovente. Lo staff di bordo fu eccezionale». Quante persone riusciste a riportare in Italia? «Settanta, forse ottanta. Tutti con garze sulla testa, pattine da aereo ai piedi, occhi lucidi. Sembrava un pellegrinaggio, non un volo. A bordo distribuivo caramelle e parole di conforto. Atterrammo in sequenza a Milano, Torino, Genova, Firenze, Roma. Credo anche Napoli. A ogni scalo, c’erano famiglie ad aspettare». Una scena toccante... Ero il suo sherpa Di notte girammo gli ospedali a portare conforto. I tifosi erano scalzi e con la testa rotta «Indimenticabile. Quando mettevamo piede a terra, c’erano abbracci silenziosi. Il dolore non faceva rumore, ma riempiva tutto. Io ero esausto. E Gianni, invece? Una volta a Roma mi disse: “Ti porto a casa”. Lo ringraziai. Poi gli chiesi: “E tu?”. Rispose sereno: “Ho una cena”. Aveva ancora energie. Un uomo straordinario». Non ne avete mai più parlato? «Mai. Troppo il dolore. Un peso che ognuno ha portato in silenzio. Era successo qualcosa che andava oltre le parole. Una ferita collettiva, ma anche profondamente personale». Che immagine le resta, dopo quarant’anni? «Un misto di buio e umanità. L’orrore e la reazione. La follia e la solidarietà. L’Heysel fu un trauma. Ma quella notte ci furono anche gesti luminosi, generosi, silenziosi. Conservo il dolore di quelle ore. Ma anche l’orgoglio di esserci stato. E di aver fatto, nel mio piccolo, la cosa giusta». Ha più rivisto una partita? «No, mai. Un paio di mesi fa, invece, per la prima volta sono rientrato in uno stadio. L’Olimpico a Roma. Mi ci hanno portato a margine di un evento. Ero io, da solo, nello stadio vuoto. Di una bellezza inimmaginabile».
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Le lezioni che ci può dare ancora l’Heysel · 24 mag 2025 Andrea Lorentini oggi è un collega, un giornalista sportivo. Figlio di Roberto, una delle vittime dell’Heysel e medaglia d’argento al valore civile per essere morto tentando di salvare un connazionale, e nipote di Otello, il quale fondò l’associazione tra le famiglie delle vittime di Bruxelles per affrontare il processo e ottenere giustizia dopo la strage dell’heysel. Nel 2015 ha rifondato l’associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel per più motivi. Difendere la memoria dei propri cari, troppo spesso offesi e vilipesi negli stadi e sui social media. Portare avanti progetti contro la violenza nello sport in scuole e università. Organizzare convegni, momenti di riflessione, giornate intorno al 29 maggio 1985 e alla strage dell’Heysel. “Uno spartiacque arrivato troppo presto. Quando ho perso mio padre avevo appena tre anni e quindi sono cresciuto, di fatto, orfano con tutte le conseguenze che ne possono derivare. Anche se avrò una gratitudine eterna per mia mamma e, soprattutto, per i miei nonni paterni, Otello e Liliana, per avere cresciuto me e mio fratello non facendoci pesare questa enorme assenza e garantendoci una vita sostanzialmente serena”. Perché nel 2015 hai deciso di (ri)fondare l’associazione fra i Familiari delle Vittime dell’heysel? “Per non disperdere l’eredità di Otello: il suo impegno civico nella lotta contro la violenza nello sport e quello per tenere viva la memoria delle vittime dell’Heysel in ogni sede, anche civile e penale. E sviluppare progetti di educazione civico-sportiva rivolti alle nuove generazioni per riempire di contenuti la memoria”. C'è un obiettivo non raggiunto cui tenevi particolarmente? “Una memoria condivisa con la Juventus. Ci abbiamo provato all’inizio del nostro percorso ad aprire un nuovo capitolo. Non ci siamo riusciti pienamente”. C’è un obiettivo ambizioso che cercherete di raggiungere in tutti i modi? “L’istituzione di una giornata nazionale contro la violenza nello sport”. Qual è stato, se c’è stato, il ruolo della Juventus nel processo di erudizione della memoria? “Come spiegavo prima, negli anni non ha avuto un ruolo proattivo come ci si poteva aspettare. Apprezzo, comunque, il fatto che la nuova società, nel quarantesimo anniversario, inaugurerà alla Continassa, in un luogo aperto al pubblico, un monumento in memoria dei 39 morti dell'Heysel" E la Figc? “Nell’ultimo decennio è stata presente. Nel 2015 abbiamo ritirato insieme all’associazione la maglia numero 39 della Nazionale con una cerimonia proprio allo stadio Heysel, oggi re Baldovino. Un gesto simbolico, ma di grande significato per testimoniare come quella triste pagina debba elevarsi a tragedia di un intero Paese. Nel 2024 quando gli azzurri sono tornati a giocare a Bruxelles hanno reso nuovamente omaggio alle vittime. Aggiungo che la maglia numero 39 è esposta al Museo del Calcio di Coverciano con il quale abbiamo attivato una fattiva collaborazione e per la quale ringrazio profondamente il presidente Matteo Marani, molto attento e sensibile alla memoria”. In quale preciso momento hai capito che (ri)fondare l’associazione fra i Familiari delle Vittime dell’heysel è stato fondamentale per raccogliere l’eredità della memoria? “Quando hanno iniziato a riconoscere l’associazione come un’entità istituzionale”. Gli inglesi, i tifosi del Liverpool in particolare, hanno sempre avuto un atteggiamento ambiguo su quello che è successo il 29 maggio 1985, dicendosi responsabili ma non colpevoli, cosa ne pensi? “Penso che sia un modo ipocrita di raccontare le cose. La responsabilità non è solo la loro, ma da condividere con Uefa e Belgio, però gli assassini materiali sono stati gli hooligans. Più colpevoli di così è difficile immaginarli”. Perché si confonde spesso la strage dell’Heysel con il tifo calcistico e a chi fa comodo? “Perché c’è poca conoscenza dei fatti e il pensiero comune e maggioritario è che le vittime fossero tutti tifosi juventini. Fa comodo a chi vuole usare l’Heysel come contrapposizione”. Da quali fake news devi difendere ciclicamente la memoria dell’Heysel? “Da quelle che parlano di vittime originate da scontri tra tifosi quando invece la dinamica di quello che è accaduto nel settore Z è fin troppo chiara”. Al di là dell’Heysel qual è l’eredità personale che ti ha trasmesso nonno Otello? “Il suo gesto di estremo altruismo è l’esempio più alto che potesse lasciarmi” “La speranza che la memoria trasmessa alle nuove generazioni serva per una convivenza civile migliore”.
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sondaggio Un eventuale ritorno di Antonio Conte alla Juventus come lo prendereste?
andrea ha risposto al topic di TurinGoeba in Cestino
Juve, Milan, Inter, Napoli: chi resterà con il cerino in mano?- 2465 risposte
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sondaggio Damien Comolli, il direttore generale della Juventus
andrea ha risposto al topic di Maethjü in Juventus Forum
Algoritmo e colpi Un uomo RedBird in bianconero F.d.v. · 28 mag 2025 Ottimizzazione del budget destinato al mercato, riduzione del monte ingaggi, valorizzazione dei giovani e incremento del brand. Così, secondo Damien Comolli, ex allenatore con un passato (fugacissimo) da giocatore ora presidente del Tolosa, ha costruito la sua carriera da manager puntando forti sui numeri. E con quelli evidentemente ha fatto breccia nella testa di John Elkann, che vorrebbe portarlo alla Juventus per riuscire finalmente a coniugare sostenibilità e competitività, lo slogan degli ultimi anni. «La mia ossessione è trovare un vantaggio competitivo sul mercato, che si ottiene usando i numeri quando reclutiamo giocatori e allenatori»: è la sintesi del Comolli-pensiero, nato a Beziers, nel sud della Francia, 52 anni fa. Al Tolosa, di cui è presidente dal 2020, ha conquistato una Ligue 2, una promozione e uno storico successo in Coppa di Francia (2023). Medaglie che l’estate scorsa lo hanno avvicinato al Milan come amministratore delegato, complice anche il legame con Gerry Cardinale, proprietario di RedBird, società che possiede rossoneri e Tolosa. Algoritmo e plusvalenze Comolli ha un’esperienza trentennale nel mondo del pallone, dove ha fatto un po’ di tutto: dagli inizi nel settore giovanile del Monaco (prima giocatore e poi allenatore) ai ruoli di osservatore e di direttore sportivo fino alla scalata manageriale con cui ha raggiunto la presidenza. All’Arsenal, oltre ad aver contribuito a tre titoli nazionali, ha impreziosito la rosa con giocatori come Kolo Touré ed Eboué. Al Tottenham ha portato Luka Modric mentre al Liverpool ha regalato Luis Suarez e Jordan Henderson. In quel periodo iniziò a introdurre l’uso delle statistiche nella scelta dei giocatori da acquistare. Una sorta di precursore del “Moneyball” nel calcio, l’algoritmo reso celebre dall’omonimo film ambientato nel baseball. Con Moneyball numeri, dati, caratteristiche individuali e storia dei giocatori vengono utilizzati per avere un modello di previsione che serve a stabilire chi siano i più adatti in base alle esigenze della squadra. Comolli negli anni ha realizzato ricche plusvalenze importanti attraverso le cessioni (da Elmas al Napoli a Muriqi alla Lazio) ed è diventato un guru dell’algoritmo, acquistando a poco e rivendendo a tanto. Il Tolosa non è la Juventus, dove tutto sarà più difficile, ma le sfide sono il suo pane. -
Calciomercato 2025/26 - Notizie sulle trattative?
andrea ha risposto al topic di Morpheus © in Calciomercato Juventus
Caccia a Gyokeres, c’è anche la Juve È la prima alternativa al pallino Osimhen Capocannoniere in Portogallo le ultime due stagioni La punta del Napoli è reduce dai 36 gol con il Galatasaray, quella dello Sporting ha chiuso a 54 reti I bianconeri si vogliono regalare un grande bomber per il dopo Vlahovic grazie ai soldi garantiti dalla Champions Di Filippo Cornacchia · 28 mag 2025 La Signora si vuole regalare un grande bomber con i soldi della Champions. Alla Continassa, forti degli almeno 60 milioni di premi Uefa garantiti, iniziano la fase 2 della “caccia” con progetti ambiziosi. Per il post Dusan Vlahovic, che non rinnova (contratto in scadenza nel 2026) e finirà sul mercato, ci sono due attaccanti seriali che stuzzicano più di altri. Accanto al pallino Victor Osimhen, da mesi corteggiato dal dt Cristiano Giuntoli, sale di posizione – e gradimento – Viktor Gyokeres. Il nigeriano del Napoli è reduce dai 36 gol segnati nel prestito al Galatasaray e lo svedese ha chiuso la stagione con lo Sporting da campione di Portogallo e con ben 54 reti in 52 presenze tra campionato e Coppe. La concorrenza è altrettanto numerosa e ricca: dai club inglesi a quelli arabi. La Juventus non si illude, ma intanto si è iscritta alla corsa per i due 26enni e ha cominciato a muovere i primi passi. Intreccio Osimhen E in cima alla lista bianconera dall’inverno. Quando alla Continassa hanno capito che Vlahovic non avrebbe prolungato il contratto al ribasso, Giuntoli si è messo in testa di riabbracciare il bomber con cui aveva festeggiato lo scudetto a Napoli. Dopo un primo sondaggio a gennaio, i contatti sono proseguiti in maniera positiva. Tanto che in tempi non sospetti la Juventus ha incassato una disponibilità di massima da parte della punta africana, rientrata al Napoli ma non per restarci. La clausola da 75 milioni vale soltanto per l’estero e Aurelio De Laurentiis non è tipo da sconti, soprattutto alla Juventus. A maggior ragione se Antonio Conte dovesse lasciare i campioni d’Italia per tornare ad allenare i bianconeri. Il Napoli non esclude nulla, ma confida di monetizzare Osimhen in Inghilterra o in Arabia. I bianconeri sono consapevoli del rischio, ma per il momento non mollano la presa sul nigeriano. Piuttosto provano a tenersi aperta una via altrettanto lussuosa. L’incrocio Osimhen-Gyokeres è una sorta di film già visto. La scorsa estate lo svedese era uno dei nomi più apprezzati da Antonio Conte per il post Osimhen a Napoli. Alla Continassa sono andati oltre il semplice sondaggio per Gyokeres e sulla carta l’operazione non sarebbe tanto più costosa di quella per il nigeriano. Che numeri I numeri Gyokeres ha una clausola da 100 milioni, ma per strapparlo allo Sporting potrebbero bastarne una settantina. E lo stipendio? Osimhen guadagna 11 milioni netti, ma può ancora usufruire degli sgravi fiscali del Decreto Crescita. Gyokeres guadagna molto meno e potrebbe accontentarsi di un salario più basso di quello del nigeriano, che comunque complessivamente cioè al lordo costerebbe meno di Vlahovic (12 milioni netti, circa 24 lordi). Il principale ostacolo, nel caso del goleador dello Sporting, è rappresentato dalla concorrenza. L’Arsenal ha intenzione di investire pesantemente in attacco e ai primi posti della lista ha due nomi: Gyokeres e Benjamin Sesko del Lipsia. In attesa di capire gli sviluppi sul fronte Osimhen e Gyokeres, i bianconeri continuano a monitorare anche lo svincolato di lusso Jonathan David (ex Lilla), su quale però è segnalato in chiusura il Napoli scudettato. -
sondaggio Un eventuale ritorno di Antonio Conte alla Juventus come lo prendereste?
andrea ha risposto al topic di TurinGoeba in Cestino
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sondaggio Un eventuale ritorno di Antonio Conte alla Juventus come lo prendereste?
andrea ha risposto al topic di TurinGoeba in Cestino
Andiamo verso un Conte Bis Prima i poi Conte se andrà di nuovo, che vinca o no Secondo voi in futuro ci sarà un Conte Ter?- 2465 risposte
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Ricarica dall’Europa Juve, la Champions porta 80-90 milioni Il progetto continua di Marco Iaria · 27 mag 2025 Il pass porta una boccata d’ossigeno alla Signora E tre riscatti fruttano 27 milioni di plusvalenze La Juventus tira un sospiro di sollievo. Per lo spirito e per il portafoglio. La qualificazione alla Champions era la condizione irrinunciabile per il prosieguo del business plan 2024-27 che punta a raggiungere l’utile di bilancio entro il 30 giugno 2027. Il beneficio economico, che comprende i premi Uefa, il botteghino e i bonus degli sponsor, si può quantificare in 80-90 milioni, ridotti a circa 60 in caso di partecipazione all’Europa League. Occhio, non si tratta di risorse aggiuntive perché i bianconeri hanno già goduto quest’anno di un tale livello di entrate, un filo più basso per il mancato accesso agli ottavi che è l’altra assunzione sportiva del piano industriale. L’esito del campionato, però, fa sì che quei ricavi non evaporino. Sarebbe stato un grave danno per i conti della Juve. L’esercizio 2025-26, quindi, potrà ancora fare perno su un fatturato caratteristico superiore ai 400 milioni, incrementato dai nuovi accordi di jersey sponsorship: 25-30 milioni tra Jeep e Visit Detroit. Quanto al bilancio di questa stagione, sempre domenica la Juve si è ritrovata un bel regalo: la qualificazione in Conference della Fiorentina ha fatto scattare il riscatto di Fagioli, fissato a 13,5 milioni. Grazie anche agli altri due riscatti definiti dalla classifica finale della Serie A (Rovella e Pellegrini da parte della Lazio), il club torinese potrà registrare plusvalenze aggiuntive per 27 milioni. Mercato La certezza della Champions chiarisce anche la portata della prossima campagna trasferimenti. Le cessioni non mancheranno, perché il player trading resta una leva da utilizzare per la sostenibilità economico-finanziaria. Basti pensare che nel 2024-25, comprese le tre operazioni citate prima, i proventi da calciomercato ammontano a un centinaio di milioni. Ma non saranno necessari sacrifici pesanti. E si potrà continuare a investire in modo prospettico, a patto di rispettare lo “squad cost ratio” (il rapporto tra costi della rosa e fatturato, fissato al 70% dall’Uefa per l’anno solare 2025). La stellina Yildiz era stata già blindata da John Elkann con la manovra varata dopo l’esonero di Thiago Motta. A fine marzo l’azionista di maggioranza Exor ha versato 15 milioni, con un’eventuale integrazione fino a 110 milioni, nell’ambito di un aumento di capitale riservato a investitori istituzionali/qualificati, da determinare alla fine dell’estate, «al fine di tenere in considerazione, in particolare, l’impatto delle performance sportive in Serie A e nella Fifa Club World Cup, oltre che della campagna trasferimenti estiva». Patrimonio La prima variabile si è risolta in senso positivo. Con la partecipazione alla Champions 2025-26, in linea teorica, potrebbero non servire altre risorse nell’immediato, a meno che le operazioni di mercato e il cammino al Mondiale per club siano inferiori alle previsioni (gli amministratori si aspettano almeno il superamento del girone nella competizione che scatterà a metà giugno negli Stati Uniti). Va detto, comunque, che il cda ha la facoltà di valutare rafforzamenti patrimoniali anche non “necessari”, ma molto prudenziali e volti, per esempio, a ridurre in modo strutturale l’indebitamento, accelerando il processo già previsto dal piano. Insomma, l’aumento di capitale (tecnicamente un Abb) dovrebbe esserci, anche se di importo inferiore al massimale. Exor si è detta disponibile a coprire integralmente la ricapitalizzazione, ma verranno consultati anche i soci di minoranza qualificata, cioè il fondo Lindsell e la società di criptovalute Tether per sondare una loro adesione.
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Perché il divorzio tra Conte e Adl deve essere benedetto dal Papa
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Di G.B. Olivero · 24 mag 2025 Si finisce sempre lì, su quel dischetto. Dici Liam Brady e pensi al rigore di Catanzaro, la seconda stella della Juve libera di brillare grazie al tiro glaciale di un campione consapevole di dover lasciare posto e maglia a un fuoriclasse, Michel Platini. Si finisce sempre lì e non è giusto, perché Brady è stato molto altro: regista raffinato dal sinistro morbido e affilato, uomo-squadra, autore della rete decisiva per l’unica vittoria dell’Irlanda contro il Brasile. Ma lui stesso, sorridente e gentile, sa che quel dischetto è il pianeta attorno al quale è girata la sua carriera: «Certo, se ne parla ancora adesso. Ma mi lasci dire una cosa: non sono contento di essere ricordato soprattutto per quel rigore. Nella Juve ho fatto tante belle cose, conquistammo due scudetti, segnai in due derby vinti, il secondo dei quali in rimonta da 0-2 a 4-2 con una doppietta di Scirea: Gaetano, persona stupenda e giocatore immenso. Mi viene in mente una partita fantastica contro l’Inter campione d’Italia: 2-1, segnai e poi feci l’assist a Gaetano. Ricordi meravigliosi. E poi... io quel rigore di Catanzaro nemmeno dovevo tirarlo». ▶Scusi? «Le racconto tutto. Ci giochiamo il campionato punto a punto con la Fiorentina. A quattro giornate dalla fine battiamo l’Inter grazie a un mio rigore. Il mercoledì seguente mi telefona un agente inglese e mi avvisa che la Juve ha già preso Platini. Dopo l’allenamento parlo con Trapattoni che mi assicura di non sapere nulla, ma capisco che non mi ha detto la verità perché è in difficoltà. Un’ora e mezza dopo, ricevo una telefonata dalla sede dove vengo convocato da Boniperti che mi spiega cosa sta succedendo. Penso che la società avrebbe voluto tenere tutto segreto fino a fine stagione, ma le voci girano sempre». ▶Quale fu la sua reazione? «Dico al presidente che non avrei più giocato: eravamo campioni in carica e in corsa per il bis, pensavo di meritare la conferma. Torno a casa e racconto tutto a mia moglie, compresa la decisione di non disputare gli ultimi tre incontri. Sono lei e Boniperti a farmi ragionare, a convincermi. Mi fanno capire che l’uomo è più importante del calciatore, che chiudere con un altro scudetto mi avrebbe regalato una gioia immensa: una soddisfazione così forte che mi sarebbe rimasta dentro per tutta la vita. Avevano ragione. Il giorno dopo comunico a Trapattoni la mia disponibilità e lui risponde che mi farà giocare ma preferisce che io non tiri eventuali rigori. A me va bene, anche perché la responsabilità sarebbe grande. Nella partita seguente ci sarebbe stato il rientro di Paolo Rossi dopo la lunga squalifica e anche altri compagni avrebbero potuto calciare dal dischetto». ▶Poi, però, a Catanzaro... «Tutto molto naturale. Marocchino crossa, Rossi prende il palo di testa, Fanna tira, un difensore (Celestini, ndr) salva sulla linea con la mano e la palla, mentre l’arbitro fischia il rigore, rimbalzando arriva direttamente nelle mie mani. L’assist del destino. Fanna esulta, Tardelli e Scirea lo abbracciano, Rossi viene verso di me e mi fa l’occhiolino. Io devo solo battere. Un avversario (Braglia, ndr )fa un paio di buche nel terreno attorno al dischetto, ma non mi disturba: penso solo a segnare. Quel gol regala alla Juve il 20° scudetto». ▶E a lei l’amore perenne del popolo bianconero. «Ho fatto solo il mio lavoro. Avevo un grande feeling con il club e con i tifosi. Quello è stato il modo migliore per suggellarlo per sempre». ▶Che rapporto aveva con Agnelli e Boniperti? «L’Avvocato (testuale, ndr) lo incontrai poche volte. Con Boniperti, invece, avevo frequenti contatti: era un presidente meraviglioso. Ci parlava sempre prima delle partite. Capiva la mentalità dei giocatori e mi spiegò bene cosa significasse stare nella Juve». ▶Prima della Juve c’era stato l’Arsenal. «Lasciai casa a 16 anni per provare a diventare un professionista. A 17 anni debuttai nell’Arsenal anni debuttai in prima squadra. Ero lontano dalla mia famiglia, ma stavo bene. Ricordo la semifinale contro la Juve in Coppa delle Coppe nel 1979-80: ad Highbury era finita 1-1, a Torino con lo 0-0 sarebbero passati i bianconeri. Negli ultimi minuti il nostro allenatore inserì un attaccante 18enne, Paul Vaessen, per cercare il gol della qualificazione e proprio lui segnò di testa all’87’. Poi perdemmo la finale con il Valencia ai rigori: sbagliò Kempes per loro, sbagliai io e alla fine vinsero gli spagnoli. L’Arsenal giocò meglio, il Valencia pensò solo a difendersi, ma poi si prese la coppa. Il dispiacere fu enorme anche perché quella per me fu l’unica occasione per vincere un trofeo europeo. Quelle sfide con la Juve indirizzarono probabilmente il mio futuro, perché fu quasi un esame: io giocai molto bene. Erano le settimane in cui il club stava cercando uno straniero da comprare dopo l’apertura delle frontiere. Io facevo parte della lista, ma non credo che fossi il preferito: ce n’erano tanti altri che provarono a prendere prima di me, senza riuscirci. Come Platini. E così nell’estate del 1980 arrivai io». Dopo la Juve ci furono Sampdoria, Inter e Ascoli. «A Genova ho conosciuto un altro grande presidente come Paolo Mantovani e tanti amici. Lasciai la Samp per l’Inter solo perché volevo respirare di nuovo l’atmosfera di un grande club. Ad Ascoli sono stato bene ma... era un’altra cosa». Adesso cosa fa? «Mi godo la famiglia e gioco a golf tre o quattro volte alla settimana. Ma si fidi: ero più bravo a calcio. Dribbling, visione di gioco, passaggi precisi, tiri da fuori. Però Platini era migliore di me: la Juve non sbagliò quella scelta».
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Se vince la Champions non potrà fare di meglio Se la perde lo massacreranno
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A me sembra il Mundialito https://it.m.wikipedia.org/wiki/Mundialito_per_club
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Nefandezze mediatiche e antijuventinismo vario
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
Il Toro con la Roma si è scansato, a proposito di parti invertite