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9 pointsSpero si legga Qualcuno doveva pur diglielo …
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6 pointsL'IMBOSCATA - Una sola strada per battere Gravina e Ceferin: la Juve vada al Tar e a Strasburgo per bloccare il campionato e congelare lista club per le coppe. Rovella, Transfermarkt e quello che Chinè non potrà mai spiegare 26.05.2023 di Andrea Bosco Il problema non è se la Juventus sarà penalizzata in questo (o nel prossimo campionato) con una marea di punti superiore ai 10 comminati da Giuseppe Chinè. Il problema (se la Juventus non è colpevole, se ha agito correttamente come ha sempre dichiarato) è se vuole vincere o piuttosto voglia solo dare l'impressione di cercare di “vincere“. Se la Juventus vuole davvero difendersi, e davvero vuole “vincere“ allora deve andare al Tar. Deve bloccare il campionato. Deve fare quanto non fece (mal consigliata da Luca Cordero di Montezemolo) nel 2006: andare al Tar. Se la Juventus non ha percezione che è impossibile vincere senza abbattere Gabriele Gravina e la sua federazione, allora meglio sarebbe accettasse le pene, compresa la serie B. E meglio sarebbe dirlo ai tifosi: la Juventus che voi amate non esiste e non esisterà più. Se Elkann e i suoi consiglieri non hanno percezione di questo, significa che vivono sulla Luna. Meglio sarebbe, allora, uscire dalla Borsa, meglio sarebbe vendere ad altri il club, meglio sarebbe dichiarare il “fallimento” di un progetto che non può essere rammendato. Pezo el tacòn del buso, dicono nella mia Laguna. Non c'è pezza possibile. Elkann che è un brillante uomo d'impresa dovrebbe saperlo: quando sei in difficoltà è indispensabile alzare il livello dello scontro: altro che “patteggiamento“. E se vuoi azzoppare Ceferin (che sta ipotizzando di escluderti per due, forse tre stagioni dall'Europa, non solo dalla Champion's, dall'Europa tutta), sempre che non lo facciano il Tribunale di Madrid e l'Alta Corte Europea di Giustizia, alla devi rivolgerti al Tribunale dei Diritti Umani di Strasburgo, là dove la Juventus non si è mai rivolta, benché nel 2006 una relazione del celebre avvocato J.M. Dupont avesse indicato all'allora presidente Cobolli Gigli, quel “foro“ come l'unico in grado di farla uscire dalla melma di un processo farsesco celebrato in poco più di una settimana e per ammissione di uno dei giudici di quel collegio (Sandulli, chi era costui?) “sull'onda del sentire popolare “ . Non ci sono altre strade. Anzi: questo è il momento. Solo pochi nell'opinione pubblica e tra i media stanno sposando la liceità (si fa per dire) dell' azione di Chinè. Addirittura il “nemico“ Mourinho ha inveito contro la Federazione, parlando pubblicamente di “campionato falsato“. Lotito ha lodato la Juve. Di riforma urgente della giustizia sportiva hanno parlato il ministro dello sport Abodi e quello del Coni, Malagò. Dopo le parole i fatti, please: sarebbe ora. Certo che se il maggiore quotidiano del Paese ti spiega che la giustizia sportiva vigente è il massimo dell'equità, allora, “Houston, abbiamo un problema“. Quindi: se non ora, quando? Peccato che ancora una volta l'indignazione stia montando solo “dopo“ che la Juventus è stata “macellata“. Le plusvalenze sono il sesso degli angeli. E Giuseppe Chinè non potrà mai spiegare per quale motivo un Rovella acquistato per tot milioni, oggi ne valga il triplo. Il dottor Chinè oltre che indottrinarsi su Transfermarkt dovrebbe farsi una vera cultura calcistica. Giuseppe Chinè, calabrese di Bovalino, essendo stato capo di gabinetto del governo Draghi deve essere una persona assai competente nel suo mestiere. E forse per questo Gravina lo ha scelto per l'incarico di procuratore federale, dopo aver congedato Giuseppe Pecararo. Mi piacerebbe che spiegasse per quale motivo Giuseppe Chinè “da aggiunto“ a Latina all'epoca del furto di passaporti e patenti in bianco alla Motorizzazione della cittadina laziale, non abbia amai mostrato, sul tema, un “sussulto“. Secondo il compianto ex procuratore federale Porceddu, tra quei passaporti figuravano anche quelli di alcuni calciatori: compreso quello di Alvaro Recoba. Mi ha telefonato l'avvocato Massimo Durante che lodevolmente sta mettendo a punto una piattaforma (tipo la Rousseau) che si chiamerà “Identità bianconera“ , per discutere (non del giocatore brocco o dell'allenatore da cambiare) ma dei mali e dei problemi che affliggono in calcio nostrano. Ho promesso di dare una mano. Spero saremo in tanti. Voglio essere chiaro: se la Juventus risulterà colpevole io che sono prossimo ai 78 anni e che (per caso) ho cominciato a tifarla da quando ne avevo 7, dopo un orrendo Spal – Juventus visto con mio padre a Ferrara: rete di Karl Hansen, la pretenderò “punita“ in tutte le sedi. E non importa se la mia sensazione sia che i numerosi errori prodotti da Andrea Agnelli (e dalla sua dirigenza), assieme agli scudetti e ai cento trofei, abbiano fatto da detonatore al disastro che è sotto agli occhi di tutti. Errori e invidia. Quando vinci troppo come più di uno ha detto “fai male al sistema“. E questo è un paese democratico ma non liberale. Questo è paese che non perdona: il profitto al pari del successo. Chi troppo vince va fermato. Ma non c'è solo la talebana giustizia sportiva. La Juventus ha fatto il Tafazzi. C'è stata anche l'arroganza. I sogni mostruosamente proibiti di espansione e di vittoria. L'idea che un campione (Ronaldo) per quanto eccelso potesse bastare a vincere in Europa. Gli errori di mercato e gli errori (bilancio in rosso) di gestione. L'incapacità di costruire una stabile “difesa“ mediatica contro i reiterati attacchi del sistema. Se non hai una vera strategia, se ritieni inattaccabile la torre di cristallo nella quale vivi, quotidianamente respiri nell'iperuranio: in una “non“ realtà. E allora congedi i Marotta. E allora ti fai più nemici che amici. E allora non coltivi la politica. Che in un paese come l'Italia conta anche per l'assunzione di una donna delle pulizie. Il club Juventus dopo la morte di Gianni e Umberto Agnelli ha vissuto di ricordi, con l'idea di plasmare il presente e il futuro con sistemi “nuovi“. Andrea Agnelli ebbe le intuizioni Marotta e Conte. Ma poi l'ego smisurato alla fine prevalse e l'uomo dei 9 scudetti consecutivi, non sarà (purtroppo per lui) rammentato per questo non replicabile palmares ma per aver distrutto la società della quale oltre che ex presidente è anche tifoso fin da bambino. “Si vis pacem, para bellum“ recita un proverbio latino: se vuoi la pace preparati alla guerra . La Juventus non l'ha fatto. E' andata contro chi le spara missili con le spade di legno. E tanto per rammentare: pendono ancora due ricorsi (non rammento più in quali fori) relativi a Calciopoli e alla richiesta di togliere dalla bacheca dell'Inter lo “scudetto di cartone“. Tempo perso . Forse è tardi per recuperare. Ma se ancora esistono margini di recupero questi si chiamano Tar (la cosa più temuta dal sistema, non a caso quella parola è vietata tra i commentatori della carta stampata , quelli televisivi e quelli radiofonici) e Corte di Strasburgo. Il Tar può bloccare il campionato. Può impedire la ratifica della classifica. Può impedire la consegna della medesima all'Uefa per l'iscrizione ai vari tornei. Tradotto: se vai al Tar puoi distruggere il Palazzo. Se non ci va troverai sempre un Petrucci ex presidente del Coni, attuale presidente della Federazione Basket che la riforma della giustizia sportiva non la vuole. Lui ama gli inutili “tavoli della pace“. Quelli che fanno fare bella figura a lui e non servono ad una mazza. Pare che i tifosi abbiano in mente una eclatante forma di protesta contro la Federazione. Di qualsiasi cosa si tratti il mio auspicio è che sia fatta in forma pacifica. Questa Federazione neppure vale il disprezzo. Figuriamoci la (eventuale) violenza. Altri commentatori vi racconteranno del futuro di Allegri, di quello di Vlahovic, Rabiot e Di Maria. Qualcuno vi spiegherà che la Juventus vincendo le prossime due gare potrebbe ancora arrivare in Champion's. Qualcuno (Evelina, ma cosa ti è saltato in mente?) vi racconterà che la “vendetta“ di Ceferin (con quella faccia da Kgb, quell'espressione da Stasi che ha lui, satrapo del Potere) sarà implacabile. E qualcuno parlerà anche di Juventus – Milan che una volta era un match di cartello. Oggi solo l'appendice dell'infamia accaduta lunedì scorso: l'annuncio della penalizzazione alla Juve di 10 punti mentre la squadra usciva dallo spogliatoio prima di Empoli-Juve. Vai Chinè, che vai forte. Chinè, l'uomo che è riuscito, a smentire se stesso: 9 punti di penalizzazione nel primo processo. Poi 15 senza fare un plisset per l'afflittività: (pensa che persino il correttore automatico segnala in rosso trattarsi di cazzata) di Torquemada Torsello. Ora 10. Che gente questi federali! Del resto ci fu un presidente (federale, federale) che (avvolto in Aristotele e Platone ) “decise di non decidere“. Questi sono. E non cambieranno.
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5 pointsnon me ne frega niente di quanti punti ci danno o per quanti anni ci escludono, io in sto sistema mafioso non ci voglio più stare. L'unica mia speranza per continuare a seguire il calcio è la Superlega, quindi avanti a caxxo duro contro tutto e tutti.
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5 pointsSiccome per la questione superlega la uefa non può punire la Juve, sfrutta una situazione che non ha niente a che fare per fargliela pagare comunque. Non so se mi indigna di più quello che sta facendo la UEFA o come viene raccontata questa situazione, perché sostanzialmente stanno descrivendo un vergognoso ricatto, ma lo stanno raccontando come se fosse una cosa normalissima.
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5 pointsCiò che scrive Bosco è esattamente ciò che pensa la stragrande maggioranza dei tifosi juventini. Perché è la pura e semplice realtà dei fatti. Chi pensa cose diverse ha, ormai è assodato, dei seri problemi di comprendonio o di voler bene davvero alla Juve. Non ci sono altre possibilità. Tertium non datur.
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4 pointsSi ma gli anni sono stati 10 non 9.
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3 pointsMettiamoci comodi, pop corn e poltrona! Inoltre è impensabile che l'operazione SuperLega fosse portata avanti da AA senza il benestare di JE; non dimentichiamo che nel CDA aveva messo lui Arrivabene
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3 pointsMi chiedo cosa abbiano in comune Ceferin, la Evelina e i tifosi bianconeri che non fanno altro che ripetere ad ogni piè sospinto di abbandonare questa pagliacciata di Superlega. Come se a furia di dirlo volessero convincere se stessi oltre che gli altri che la Superlega non esiste, che la Superlega è il male. Si direbbe quasi un disturbo ossessivo compulsivo, quasi come quello del Cervo Portoghese di cui spesso si riportano i post su queste pagine... Inviato dal mio SM-G781B utilizzando Tapatalk
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3 pointsSi è fatto tatuare come quell'altro sfigato di Pioli che se lo è fatto l'anno scorso. Una poverata da perdenti certificati. E qualcuno lo vorrebbe da noi
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3 pointsSocietà intransigente e severa coi propri tifosi, passiva e molle coi nemici.
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3 pointsL'UEFA è ormai un esercito di burocrati e politicanti che vuole banchettare sugli enormi rischi d'impresa che pesano sul groppone delle società di calcio, lasciando loro le briciole. Pensano solo a spartirsi poltrone, grana e potere. La pandemia ha fatto venire a galla tutte le magagne. O si riforma pesantemente il sistema calcio a tutti i livelli, ma seriamente, o non ne usciamo. In termini di spettacolo e appeal la vera Superlega è ormai la Premier, e questo l'UEFA lo sa benissimo.
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3 pointsDelusione proprio come uomo. Posso capire la testa ai mondiali, è umano. Posso capire che alla sua età non si possa giocare 90 minuti intensissimi. Ma in una partita come quella di Siviglia, non capire il momento e fare quella ciofeca di colpetto sotto, cercando la giocata ad effetto invece che il gol a tutti i costi, scegliendo PROFESSIONALMENTE la soluzione con meno rischi, è inaccettabile. Fuori dalle palle, e si vergogni. Qui abbiamo avuto giocatori che valevano 10 volte lui, e nessuno ha bisogno di riempirsi gli occhi con numeri da foca ammaestrata.
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2 pointsCome ha scritto anche Zampini in un post su FB, il ricatto (mafioso) supera il diritto e diventa esso stesso legge. Io Uefa non ti punisco perché hai violato qualche regola, ma uso questa presunta violazione, a questo punto molto presunta proprio perché viene usata come pretesto, per punirti perché vuoi fare la Superlega.
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2 pointsSi esatto, l'ho scritto la pagina prima, in pieno stile mafioso. ma ripeto, per chi ancora continua a guardare il dito e non la luna, che non bisogna pensare alla SuperLega così come è stata malamente presentata, cioè un torneo d'élite per 12 squadre. Ma come un segnale di rottura verso lo status quo imposto dalla uefa. I club, giustissimamente, non vogliono più che la Uefa gestisca e trattenga gran parte del denaro che sono invece gli stessi club che generano con investimenti e attrattiva delle singole squadre.
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2 pointsQuesto fine dicitore ha espresso quello che pensiamo tutti, con sobrietà, rispetto per l'istituzione Juventus e soprattutto senza arroganza. Le mani giunte simboleggiano, in maniera inequivocabile, un invito sincero, quasi una preghiera, ad assumere un atteggiamento più consono alle difficoltà che stiamo attraversando!
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2 pointsMa infatti io me la prendo con chi li compra. Tu sei libero di metterli a 200 euro e tu sei libero di non comprarli. Se riempi lo stadio fai passare il messaggio che quel prezzo andasse bene
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2 pointscontinui a non capire che il problema è POLITICO/ECONOMICO ed è ben più grosso degli introiti di 2 anni della coppa. qui non si sta parlando dei prossimi 2 anni, ma dei prossimi cinquanta.
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2 pointsPer me il presente attuale, con gli attuali presupposti, è niente più e niente meno che una presa per il hulo.
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2 pointsLello Merola, ci spiega che basta il sospetto... Mentre per abodi, dppo che si è punita la juve, si può liberare la caverna...
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2 pointsMA DAI! ma chi l'avrebbe mai potuto immaginare, eh....
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2 pointsBoicottare e non cedere di un millimetro sulla questione ESL. Inviato dal mio SM-A528B utilizzando Tapatalk
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2 points"Eh ma loro fanno i comunicati su twitter!!!!!" strano, son capaci di scrivere 4 rutti su twitter, ma di far mandare una pec dal loro avvocato chiedendo la riomozione del loro logo dal sito con una bella diffida a fianco non sono capaci. si vede che avranno perso la password della pec di aruba...
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2 pointsstrano, a sentire gli utenti che pensano di saperla molto lunga sulla faccenda la UEFA ci sta ricattando eprchè vuole che rinunciamo a una cosa che non è mai esistita e che è morta e sepolta. chissà come mai...
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2 pointsi conti hanno cominciato a non andare bene proprio quando è venuta meno l'etica del lavoro. Un acquisto a gazzo non rovina nessuno due idem ma se canni 3-4 campagne acquisti di fila poi la matematica quella è... una rosa è composta da 22-25 acquisti. Rabiot e Ramsey a zero nella stessa sessione tutta la finanza creativa dei vari Romero, Pellegrini, Demiral,Arthur, Mandragora,ecc. Kulusevski pagato 35 milioni dopo letteralmente 6 MESI di calcio in provincia McKennie medioman Locatelli strapagato ( il prezzo per averlo avuto in prestito 2 anni gratis) Kean strapagato (il prezzo per essere andati ad elemosianrlo a 6 ore dalla chiusura del mercato) Pogba preso per 4 anni quando era da 3 che giocava pochissimo (e ora siamo tutti a pregare ) Paredes già detto Di Maria idem Zakaria preso a fare la mezzala (??!!) ecc.ecc. Questo stiamo stati negli ultimi anni. E tutto è cominciato quando le cose andavano bene. E dato che andavano bene ci siamo seduti comodamente a trastullarci, annullando in poco tempo un gap tecnico che era semplicemente allucinante. Questa era la rosa dell'inter quando arrivò marotta: https://it.wikipedia.org/wiki/Football_Club_Internazionale_Milano_2018-2019 nessun trucco, nessun inganno, tutto vero: Joao Mario, Keita Balde, Vecino, Karamoh, Nainggolan, Dalbert, Vrsaljko, borja Valero, Ranocchia,ecc.ecc. Ma poi voglio dire... chi sono stati i nostri migliori acquisti (o comunque innesti in rosa) quest'anno? per me in ordine: Fagioli - Gatti - kostic Ossia un ragazzo con tecnica e voglia di emergere un 25enne che ha fatto tanta gavetta e c'ha tanta grinta un esterno che nel fare quel lavoro (quinto a centrocampo) è da anni tra i migliori in europa. Non un fenomeno, ma un onestissimo mestierante. In sintesi: gente giovane, gente motivata e gente utile ad un progetto. Non è difficile. Se hai voglia
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2 pointsper me la soluzione è semplice: mix tra incompetenza e poca voglia di lavorare. Ti serve un regista? e che problema c'è. Il psg ha come esubero Paredes. Guadagna uno sproposito, non gioca da 6 mesi, ma ehi, perchè provare a sviluppare Rovella o spendere 15 milioni su Enzo Fernandez? prendiamo questo qui, facile, easy La squadra ha problemi realizzativi? e noi prendiamo il capocannoniere della serie A 22enne per 80 milioni. Dopo 18 mesi stiamo a dire se merita la Juve o no. Serve un centrale dopo aver venduto De Ligt? e che problema c'è. l'inter sta chiudendo bremer a 30, noi gliene offriamo 45 e quasi raddoppiamo l'offerta di ingaggio interista ehehehe Il tutto ovviamente quando per evitare proprio di scomodarsi d'estate rinnovano i vari De Sciglio, Alex Sandro,ecc.
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2 pointsPiù mi rileggo il mio manuale di diritto comunitario sulla concorrenza più mi rendo conto che l'abuso della posizione dominante della UEFA è, per l’appunto, da manuale
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2 pointsLa risposta è "Juventus caccapopò"
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2 pointsFa tenerezza vedere ancora molti qua dentro che si arrabattano coi punti, l'EL, la Conference, quest'anno no, l'anno prossimo sì, o forse no. Quelli che sperano nel patteggiamento. Come patteggiare con un rapinatore. Eppure nel 2006 ci hanno mandato in B con uno scudetto appena vinto. E non abbiamo capito. Pensavamo che ritornando, (quasi) forti come prima, ci avrebbero rispettati. E invece no, hanno rosicato e si sono attrezzati. Quest'anno si sono divertiti a darci punti a c****, come gli gira, senza nemmeno un motivo, anzi "proprio per non mandarti in Europa". Non c'è più nessuna regola, nessun motivo: gli stiamo sulle palle e ci bastonano come gli pare. E' inutile ascoltare avvocati, opinionisti, fare ragionamenti. Probabilmente oggi stiamo facendo cose, regolarissime, che domani ci verranno contestate e porteranno a nuove condanne. Anche se oggi patteggi, domani si ricomincia. Finché non lo capiamo non possiamo andare avanti. Quando lo capiremo, probabilmente seguiremo il curling. La proprietà è complice? Non lo so, mi sembra da idioti. E' possibile, ma me ne frega sempre meno. Se vogliono questo, che se lo tengano. Non mi diverte, non mi interessa, più passa il tempo più cresce lo schifo.
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1 pointè sicuramente un povero deficiente pure lui
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1 pointDi Lello qualche anno fa, indovinate per chi dice di tifare https://m.calciomercato.com/news/di-lello-commissione-antimafia-report-e-esposto-piu-agnelli-di-m-50435
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1 pointDisastro totale. Piazza pulita dalla proprieta alla squadra, via tutti senza se e senza ma.
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1 pointPraticamente ci stanno dicendo chiaramente che i mandanti erano loro... Non ci puniscono per le plusvalenze ecc, ma per la questione superlega... E tutto nell' indifferenza totale. Una società normale avrebbe già portato questi mafiosi in tribunale con richiesta danni incalcolabile.. Invece noi staremo muti, 2/3 anni fuori dalle coppe, in attesa della superlega tra chissà quanti anni, ammesso che veramente partita'....
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1 pointUn lettore scrive alla giornalaccio rosa, leggete la risposta I MERITI DELLA JUVE E LA NASCITA DI UNA NUOVA ERA DEL CALCIO ITALIANO di FRANCO ARTURI · 26 mag 2023 Tutti addosso alla Juventus: ma proprio non abbiamo combinato niente di buono noi bianconeri? Fulvio Accesini Credo che il quesito meriti una risposta onesta e affermativa. La Juventus, anche di questi tempi, conserva importanti meriti. Ne individuo tre principali. Il primo è aver costruito il proprio impianto di proprietà, pur se un po’ sottodimensionato rispetto ai grandi club d’Europa: da questo punto di vista la società è avanti anni e anni rispetto alle principali concorrenti italiane. Il secondo è la cura del vivaio e dei giovani, che si è notata anche in questa stagione: da Fagioli a Miretti, da Iling a Soulé, da Kean a tre elementi importanti e di un passato non lontano, come Marchisio, Giovinco e De Ceglie. Solo il Milan negli ultimi 20 anni (ma non di recente) ha saputo produrre altrettanto bene. Il terzo punto di grande contenuto etico è la coerenza e la durezza con le quali il club ha preso più volte la distanza dalla frangia esagitata degli ultrà: gli episodi a proposito sono stati tanti. Ci vuole coraggio, anche personale, per questi comportamenti virtuosi, che non sono poi molto diffusi nel nostro calcio. Naturalmente i pregi elencati non diminuiscono per nulla la gravità dei comportamenti, improntati all’arroganza, che le dirigenze Juve hanno mostrato dal 2006 a oggi, con una serie senza precedenti di condotte censurabili. Ed è soltanto una fuga dalla realtà sostenere che quest’anno senza la penalizzazione la Juve sarebbe seconda sul campo: se quella rosa, che ti conferisce il piazzamento, è stata costruita anche sulla slealtà e su magheggi di bilancio, come stanno dimostrando sentenze in serie, non ha proprio senso essere orgogliosi di quel secondo posto, come Allegri continua a fare. Ma temo che sia proprio questa la tossina letale che tradisce spesso la Juve: quel considerare la vittoria «l’unica cosa che conta». Un vero e proprio antivalore, l’anticamera di errori in serie. Mi auguro proprio che, una volta passata la tempesta in atto, su tutti i fronti ancora aperti, non sentiremo più parlare per sempre di dimissioni in blocco di dirigenti della Juve e di processi a suo carico. Tuttavia, questo avrà un prezzo: la «normalizzazione» del club, dal punto di vista del fatturato. Dubito, anche a causa di una probabile assenza dalle coppe europee, che la Juve possa continuare a permettersi un monte-ingaggi doppio o più di quelli del Milan, della Roma o del Napoli, per non parlare di Lazio e Fiorentina, ottenendone, almeno da un paio di stagioni in qua, risultati scadenti. Da questo punto di vista può essere che l’intero calcio italiano stia entrando in una nuova epoca, nella quale mancherà la (o le) società-faro. Quattro scudettate diverse nelle ultime quattro stagioni sono un segnale già importante: non accadeva da vent’anni. L’abilità sul mercato, soprattutto dei giovani, la qualità e la modernità del gioco, la voglia di stupire sapendo di non essere sconfitti in partenza costituiranno i nuovi asset per sognare. E, anche grazie al Var, se lo potranno permettere molti, se non tutti. Tanti alibi cadranno uno dopo l’altro: là fuori non c’è più Mangiafuoco.
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1 pointl'abuso dell'uso del buso
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1 pointA me viene più facile pensare che "siccome per la questione superlega la UEFA non può punire la Juve", ha fatto in modo di creare ad arte le condizioni per fargliela pagare comunque. Dopodiché si racconta la cosa come se fosse normalissima perché di mezzo c'è la Juventus...
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1 pointsecondo lq giornalaccio rosa la uefa vorrebbe che la juve scendesse s patti per evitre l'esclusione dalle coppe per uno o più anni, stamattina l'antijuventino Agresti in radio diceva che la uefa è rimasta sorpresa che la juve non avesse preso le distanze dall'intervista di AA sul fatto che la superlega fosse necessaria..spero che la proprietà non si faccia ricattare
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1 pointMa tutto questo non è la vendetta di Ceferin, NOOOOO La Juve rischia grosso: passo indietro sulla Superlega o arriverà la stangata in Europa https://www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/Juventus/26-05-2023/juve-sanzioni-uefa-bivio-passo-indietro-superlega-o-stangata-4601753443181.shtml
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1 pointDio bo....Lapo a questo punto guadagna 1000 punti per me. Queste sono parole che dovrebbero uscire dalla bocca del fratello. Onore a Lapo
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1 pointHa bisogno di tranquillità e organizzazione, iniziare a giocare con gli stessi con continuità c****.... non ad ogni partita cambiare formazione, e questo vale per tutti..... ALLEGRI SE NE DEVE ANDARE
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1 pointhttps://www.rivistaundici.com/2023/05/24/juventus-crisi/ La Juventus ha bisogno di essere resettata? E dovrebbe riguardare prima di tutto la cultura, la filosofia e la comunicazione del club, prima ancora che i nomi in campo e in panchina. 24 Maggio 2023 Claudio Pellecchia Da qualche tempo, diciamo pure da quando a fine gennaio è stato nominato responsabile dell’intera area sportiva della Juventus, le interviste e le dichiarazioni di Francesco Calvo si somigliano tutte. Nei contenuti, certo, ma soprattutto nella prossemica, nel modo in cui il linguaggio del corpo restituisce a chi lo ascolta quell’idea di incertezza nel futuro che, per certi versi, è persino più logorante di una stagione da 16 sconfitte in 54 partite, una ogni tre. C’entrano, naturalmente, le vicende extra-campo connesse alle logiche non sempre chiare e coerenti della giustizia sportiva – e che, per questo, sfuggono a qualsiasi tipo di controllo e programmazione. Ma c’entra in particolare il non sapere cosa fare e da dove ripartire dal punto di vista del campo e di un progetto sportivo che è evidentemente naufragato. Che si è manifestato male quando era ancora nella fase embrionale, a causa della distanza emersa tra ciò che si voleva fare e ciò che, invece, era necessario fare. La sensazione, andando oltre la seconda stagione consecutiva senza trofei e le prospettive nebulose di un possibile ridimensionamento tecnico ed economico, è che la Juventus sia una società incapace di programmare e di progredire, prigioniera di retaggi e convinzioni che hanno trasformato la squadra dei nove scudetti consecutivi in un mostro che mangia sé stesso, una specie di uroboro in grado di sovvertire il normale rapporto causa-effetto. Fino al punto da rendere impossibile anche solo pensare di progettare qualcosa senza che sopraggiunga il fantasma dell’ennesimo fallimento previsto e prevedibile. In questo senso le dichiarazioni che Calvo ha rilasciato ai microfoni di Sky prima della semifinale di ritorno di Europa League contro il Siviglia sono lo specchio della difficoltà di mettere ordine in un contesto caotico in cui alle parole non seguono i fatti. E in cui i fatti finiscono spesso con lo smentire le parole: «Stiamo costruendo il presente, ma anche il futuro. Vogliamo rendere orgogliosi i nostri tifosi. Con i giocatori e gli agenti parliamo quotidianamente per via dell’incertezza che riguarda il futuro visto che non sappiamo ancora per cosa giochiamo. Ma abbiamo calciatori che stanno bene qui ed è facile dialogare con loro. In più oggi in prima squadra abbiamo tre giocatori nati dopo il 2000 e di questo siamo molto orgogliosi». Queste frasi contengono due tipi di verità: una più oggettiva, e cioè che da gennaio la Juventus è una squadra che gioca per obiettivi che sa già di non poter raggiungere, e che convive con le difficoltà emotive di una situazione per cui l’annuncio ufficiale di una nuova penalizzazione arriva letteralmente a dieci minuti dal fischio d’inizio di una partita decisiva per un posto in Champions League, con tutte le conseguenze del caso; la seconda riguarda l’orgoglio per lo spazio e il minutaggio che tanti giovani hanno trovato e stanno trovando in prima squadra. Anche questa verità è altrettanto fattuale fino a quando non si constata l’assoluta casualità – da intendersi nel senso proprio del termine, quindi come di un fatto accidentale o comunque non cercato volontariamente – di uno dei pochi aspetti positivi della stagione bianconera. Questo discorso è la rappresentazione plastica di tutto ciò che non funziona nella Juventus attuale al di là di penalizzazioni e deferimenti, il motivo per cui il reset da effettuare dovrebbe riguardare prima di tutto la cultura, la filosofia e la comunicazione del club, prima ancora che i nomi in campo, in panchina, dietro la scrivania. Quando Calvo ci racconta dei giovani che sono il presente ma soprattutto il futuro della Juventus, fa riferimento – e non potrebbe essere altrimenti, almeno in pubblico – alla conseguenza e non alla causa, o meglio al motivo. Quindi non alla circostanza che se i vari Fagioli, Miretti, Iling Jr., Soulé e Barbieri sono diventati così importanti per la prima squadra è per via degli infortuni in serie occorsi a Chiesa, Pogba, Di María, Vlahovic e Milik. E per via delle difficoltà di Allegri di trovare una quadra, anzi una coerenza di fondo, in una rosa che ha espresso oltre 100 formazioni diverse in due anni. La prevedibile obiezione secondo cui l’obiettivo della valorizzazione del talento prodotto in casa è stato comunque raggiunto viene facilmente smentita da tutto ciò che è successo nel frattempo in termini di svalutazione del parco giocatori, di impatto sui risultati individuali e collettivi, di legittimazione dei rapporti di forza nei confronti di società con rose costate la metà o un terzo rispetto a quella dei bianconeri. Tra tutte, la mossa-simbolo di questa progettazione non proprio lungimirante sembra essere il rinnovo automatico scattato per Alex Sandro – un calciatore dal rendimento insoddisfacente, almeno in questa stagione – dopo un certo numero di partite disputate. Se il progetto-giovani è esistito ed esiste davvero, qual era il senso di inserire questa clausola nel rinnovo firmato nel 2018? Qualcuno potrebbe obiettare: nel 2018 le cose erano diverse. Vero. Ma nel frattempo perché non sono state trovate delle alternative valide e/o un accordo per scongiurare questo rinnovo automatico? Le strategie del club non sarebbero potute cambiare, alla luce di ciò che è successo dentro e intorno alla Juve? Dal 2018 a oggi sono passati degli anni in cui la Juventus è riuscita ad azzerare un vantaggio competitivo che appariva incolmabile. Quindi la rapidità dell’implosione dovrebbe stupire fino a un certo punto: la dimensione verticale di questa crisi sistemica e di risultati è tale da farci pensare che il fondo non sia stato ancora toccato, che il peggio debba ancora arrivare perché nessuno ha ancora avuto il coraggio di guardare in faccia la realtà, per poi agire di conseguenza. Sembra quasi di assistere in loop all’iconica scena di Matrix in cui Morpheus spiega a Neo che quello in cui aveva vissuto fino ad allora era un mondo fittizio, un inganno creato da un’intelligenza artificiale che aveva progressivamente preso il controllo, costringendo la razza umana a vivere una nuova vita basata sul concetto di scelta, sulla necessità di comprendere la vera natura delle cose; all’inizio Neo ne è terrorizzato, quasi rifiuta l’idea di essere stato inconsapevolmente prigioniero così tanto e così a lungo in una prigione senza sbarre apparenti, poi però accetta il cambiamento, lo asseconda, si adatta per sopravvivere in un contesto nuovo, diverso, non necessariamente peggiore. Il secondo mandato di Massimiliano Allegri sulla panchina della Juventus, iniziato nell’estate 2021, ha fruttato 57 vittorie, 21 pareggi e 28 sconfitte in 106 partite di tutte le competizioni (Valerio Pennicino/Getty Images) Il parallelismo ci sembra azzeccato nella misura in cui la Juventus continua ad apparire sconnessa dal mondo e dal tempo in cui si trova. Quindi nel modo in cui ha dato, e sta continuando a dare, risposte e soluzioni semplici a questioni ben più complesse, nel far credere che alla fine tutto dipenda dal calciomercato, dal giocatore che manca in questo o in quel ruolo – poi presi comunque, da Paredes a Kostic a Bremer – e dall’attaccante che non segna, degli ex fuoriclasse generazionali protagonisti in infermeria più che in campo, persino dall’allenatore più o meno adatto a gestire e far rendere una rosa dal valore di quasi 600 milioni di euro tra cartellini e ingaggi: «Sono convinto che Allegri abbia fatto un ottimo lavoro: ha reso quasi normale una stagione che di normale non ha avuto quasi nulla. Non è dalla singola partita che giudichiamo un allenatore, il giudizio complessivo lo diamo a fine stagione, non su una singola gara». Così aveva parlato Calvo prima che la Juve fosse eliminata anche dall’Europa League. Ecco, il fatto che solo a questo punto si sia arrivati a parlare direttamente di Massimiliano Allegri è la dimostrazione di come il tecnico sia una parte – rilevante – del problema, ma non certo l’origine; quella, semmai, è da ricercarsi nell’idea per cui, nel 2021, uno come lui potesse essere l’uomo giusto al posto giusto per i quattro anni successivi. Al punto da accordargli un contratto che, oltre ad alimentare la percezione di un club legato a un tecnico indipendentemente dai risultati che ottiene, ha reso inevitabile la domanda su chi fosse emanazione di chi, se Allegri della Juventus o viceversa. Il cortocircuito, perciò, è stato inevitabile. Anche perché a un certo punto è stato lo stesso Allegri ad alimentarlo, trasformandosi consapevolmente in un meme vivente, nella rappresentazione fisica di quell’anacronismo che dall’esterno si trasferiva direttamente sul campo sotto forma di una proposta di gioco superata, inadeguata, inefficace, espressione diretta di quel livore e di quella volontà di allenare per avere ragione che hanno finito per divorarlo. Per di più nella timeline in cui i successi in serie dei vari Pioli, Spalletti, Inzaghi e Sarri hanno clamorosamente smentito il “teorema delle categorie” e del «ci sarà un motivo se ci sono allenatori che vincono e altri che non vincono mai», amplificando ancor di più il fallimento di una strategia di comunicazione degenerata fino a ridimensionare di volta in volta gli obiettivi teoricamente alla portata della squadra, poi a rifugiarsi nell’alibi dell’annata «folkloristica» e nella retorica dello «stillicidio», e infine a scaricare qualsiasi tipo di responsabilità su quei giocatori – vedi Szczesny – che più di una volta lo avevano cavato d’impaccio. Anche in questo caso, però, la non-comunicazione di Allegri è figlia legittima della non-comunicazione della Juventus. Una società che ha lasciato a un uomo di 55 anni il compito di spiegare il calcio in un certo modo a una generazione cresciuta con canoni, esempi e modelli diametralmente opposti. Il risultato è stato quello di rendere la Juventus un brand poco appetibile, esaurendo il credito passionale ed emotivo con i suoi tifosi. Un’ulteriore dimostrazione, l’ennesima, di come le risposte della società bianconera in un’epoca in cui conta anche il percorso che ti porta a vincere – e non solo la vittoria in sé – siano state insufficienti, ben prima delle inchieste e degli sconquassi giudiziari e societari: su questi ultimi si sta lavorando per provare a porre rimedio, sui primi bisognava iniziare a lavorarci per tempo andando oltre l’idea che tutto dipendesse dalla conquista o meno di un titolo, di una coppa, di un piazzamento. E pensare che adesso basti semplicemente un altro ds o un altro allenatore non è altro che la reiterazione dell’errore, l’ultima polaroid, in ordine di tempo, dell’uroboro che mangia sé stesso rendendo impossibile cambiare davvero.
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1 pointE Ekdal Albin Elia Eljero Elliot Jonothon Carlos Emerson Emmanuello Simone Emoli Flavio Esnáider Juan Esposito Esposito Filippo Esposito Simone Essabr Oussama Estigarribia Marcelo Alejandro Eula Mario Evra Patrice
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1 pointC Cabal Juan Cabibi Alberto Cabrini Antonio Cáceres Martin Cafasso Giuseppe Caglieris Silvio Cais Davide Calanchi Francesco Caldara Mattia Caligara Fabrizio Caligaris Umberto Calosso Ugo Calvanese Salvador Camani Fabrizio Cambiaso Andrea Camilleri Vincenzo Cammarata Fabrizio Cammarata Michele Camoletto Luciano Camoranesi Mauro German Campagnola Gianluca Campidonico Franco Can Emre Cancellieri Mario Cancelo Joao Candiani Enrico Candreva Antonio Canfari Enrico Canfari Eugenio Cannavaro Fabio Caocci Renato Capaccioli Ostilio Capellini Riccardo Capello Domenico Capello Fabio Capocasale Francesco Cappelletti Cappelli Alvaro Capraro Arduino Caprile Emilio Caprili Araldo Caputo Nicola Capuzzo Luigi Carantini Sergio Carapellese Riccardo Carcano Carlo Carfora Gianluca Cargnelutti Massimo Caricola Nicola Carini Fabián Carmignani Pietro Carniglia Luis Caroli Angelo Carraro Renato Carrera Franco Carrera Massimo Carretto Luca Carver Jesse Casalini Corrado Casati Domenico Cascella Lorenzo Caselli Roberto Casiraghi Pierluigi Cason Lino Cassani Bruno Cassani Mattia Cassarino Carmelo Cassata Francesco Castaldo Silvestro Castano Ernesto Castano Giuseppe Castelli Ugo Castello Armando Castellucci Eugenio Castiglia Luca Castoldi Filippo Cat Berro Enrico Catella Vittore Cattozzo Giovanni Caucci Luigi Caudera Tommaso Causio Franco Cauzzo Lino Cavagna Matteo Cavalli Filippo Cavalli Roberto Cavallito Dario Cavallo Gerry Caverzan Andrea Cecchele Cristiano Centanni Emiliano Ceresoli Carlo Cergoli Francesco Cerri Alberto Cerri Leonardo Certosio Cerutti Luciano Cervato Sergio Cesarini Renato Cessario Vittorio Cevallos Enriquez Josè Cevenini Luigi Chalmers William Charles John Cheula Dario Chiampan Mauro Chiapirone Ferdinando Chiarenza Vincenzo Chiatellino Giuseppe Chiavaroli Paolo Chiazzolino Giacomo Chibozo Ange Josuè Chibsah Raman Chiellini Giorgio Chiesa Federico Chimenti Antonio Chiò Chiogna Ezio Chiumiento Davide Chiusano Vittorio Cimenti Fiorenzo Cinesinho Cingolani Nicola Cipriani Loriano Ciravegna Giuliano Citi Alessandro Citti Leonardo Clemente Gerardo Clemenza Luca Cobolli Gigli Giovanni Coccolo Luca Col Claudio Colaneri Lelio Colangelo Fabrizio Colausig Giordano Colaussi Luigi Colella Leonardo Collino Sandro Collino Giuseppe Collino Mario Colombari Colombi Goffredo Colombo Angelo Colombo Arnaldo Colombo Rosangelo Colombo Umberto Coman Kingsley Comba Ivano Combi Gianpiero Combin Nestor Comenencia Livano Comolli Damien Compagnon Mattia Comte Charles Conceicão Francisco Consonni Luigi Conte Antonio Conte Mauro Conti Raul Conti Ugo Copasso Umberto Coramini Alberto Corbelli Ettore Corini Eugenio Corradi Giuseppe Corradini Cristiano Corradini Giancarlo Corrado Corradino Corte Giacinto Corticchia Niccolò Coscia Aristide Costa Costantino Marco Craveri Enrico Cravetto Luigi Crespi Gian Marco Crippa Dante Criscito Domenico Crivello Roberto Crosio Aldo Crotti Carlo Cuadrado Juan Cuccureddu Antonello Cudrig Nicolò Cuneaz Andrè Curti Giovanni Curti Nicolò